GRICE ITALICO A/Z VWZ (2024)

Grice e Vacca – l’ala del silenzio -- filosofia italiana – LuigiSperanza (Bari). Filosofo italiano. Essential Italian philosopher. Grice: “My favouriteof his books is “L’ala del silenzo” -- great title, from Alighieri about litotesand understatement. Deputato della Repubblica ItalianaLegislature. Gruppo parlamentare Collegio Bari Partito Comunista Italiano,Partito Democratico della Sinistra, Partito Democratico Laurea ingiurisprudenza e filosofia del diritto. Docente universitario. Si laurea infilosofia del diritto discutendo una tesi sulla filosofia politica e giuridicadi CROCE. Svolge una intensa attività di organizzatore di cultura, culminatacon l'impegno dedicato alla casa editrice De Donato. Membro del comitatocentrale del Partito Comunista Italiano è poi stato nella direzione del PartitoDemocratico della Sinistra. Libero docente in storia delle dottrine politiche, vincela cattedra di tale disciplina a Bari.-- è stato nel consiglio diamministrazione della RAI. Deputato per il PCI nella IX e X Legislatura nellacircoscrizione elettorale Bari-Foggia. In occasione delle elezioni comunali, siè candidato a sindaco con il sostegno della coalizione di centro-sinistra, ma èstato sconfitto da Abbrescia. Ha ricoperto incarichi di partito in Puglia e alivello nazionale.Ha rivolto poi i suoi studi alla storia del marxismocontemporaneo. Dirige la Fondazione Istituto Gramsci di Roma, diventandone poiPresidente. Membro del Cda dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana presiede laCommissione scientifica dell’Edizione degli scritti di GRAMSCI. Professore diStoria delle dottrine politiche a Bari, si è occupato in particolaredell'idealismo novecentesco e dell'hegelismo italiano nella seconda metà delXIX secolo, con particolare riferimento alla genesi del marxismo inItalia.Saggi: “Politica e filosofia in SPAVENTA” (Bari, Laterza); Lukàcso Korsch? (Bari, Donato); Marxismo e analisi sociale (Bari, Donato); Scienza,Stato e critica di classe. VOLPE (vedi) e il marxismo (Bari, Donato); Politicae teoria nel marxismo italiano, Antologia critica (Bari, Donato); PCI,Mezzogiorno e intellettuali. Dalle alleanze all'organizzazione, curatela (Bari,De Donato); Saggio su TOGLIATTI e la tradizione comunista (Bari, Donato); Osservatoriomeridionale. Temi di politica culturale” (Bari, De Donato); Quale democrazia.Problemi della democrazia di transizione (Bari, Donato); Criticità etrasformazione. Korsch teorico e politico (Bari, Dedalo); Gl’intellettuali disinistra e la crisi, curatela, Roma, Editori Riuniti, Comunicazioni di massa edemocrazia, curatela, Roma, Editori Riuniti, L'informazione Roma, EditoriRiuniti, Il marxismo e gl’intellettuali. Dalla crisi di fine secolo ai Quadernidel carcere, Roma, Editori Riuniti, Tra compromesso e solidarietà. La politicadel PCI (Roma, Editori Riuniti); Gorbačëv e la sinistra europea, Roma, EditoriRiuniti, Tra Italia e Europa. Politiche e cultura dell'alternativa (Milano,Angeli); “Gramsci e Togliatti” (Roma, Editori Riuniti); Dal PCI al PDS.Intervista (Bari, Delphos); Togliatti sconosciuto, Roma, l'Unità, Pensare ilmondo nuovo. Verso la democrazia, Cinisello Balsamo, San Paolo, Per una nuovaCostituente, Milano, PasSaggi Bompiani, Vent'anni dopo. La sinistra framutamenti e revisioni, Torino, Einaudi, Da un secolo all'altro. Mutamenti dellapolitica nel Novecento, Milano, Bompiani, Appuntamenti con GRAMSCI:Introduzione allo studio dei Quaderni del carcere, Roma, Carocci, GRAMSCI (Roma, Carocci); Presente futuro. Ideeper lo sviluppo ecosostenibile della Puglia, Bari, Dedalo, X. Riformismovecchio e nuovo, Torino, Einaudi, In tempo reale. Cronache del decennio, Bari,Dedalo, Ritorno in Puglia. Tre anni di volontariato politico, Bari, Palomar, Federalismo,sviluppo economico e coesione sociale in Puglia, e con Masella, Lecce. Martano,L'unità dell'Europa. Rapporto sull'integrazione europea, curatela, Bari,Dedalo, Roma, Nuova iniziativa editoriale, Il dilemma euroatlantico. Rapporto dellaFondazione Istituto Gramsci sull'integrazione europea, curatela, Roma, Nuovainiziativa editoriale, Dalla Convenzione alla Costituzione. Rapporto dellaFondazione Istituto Gramsci sull'integrazione europea, a cura di, Bari, Dedalo,I dilemmi dell'integrazione. Il futurodel modello sociale europeo. Rapporto sull'integrazione europea, e con Sausi (Bologna,Il mulino); “Il riformismo italiano: dalla fine della guerra fredda alle sfidefuture” (Roma, Fazi); “Gramsci tra MUSSOLINI e Stalin” (Roma, Fazi); cura di Gramsci,Nel mondo grande e terribile. Antologia degli scritti Torino, Einaudi, Studi gramscianinel mondo. e con Schirru, Bologna, Il mulino,Perché l'Europa? Rapporto sull'integrazioneeuropea, e con Sausi, Bologna, Il mulino, Studi gramsciani nel mondo. Gli studiculturali, e con Capuzzo e Schirru (Bologna, Il mulino) Le forme e la storia.Scritti in onore di Giovanni (vedi), e con Montanari e Papa, Napoli, Bibliopolis,Il Novecento di Garin. Atti del Convegno di studi, e con Ricci, Roma, Istitutodella Enciclopedia Italiana. Studi gramsciani nel mondo. Gramsci in America, econ Kanoussi e Schirru, Bologna, Il mulino, Vita e pensieri di Gramsci. Collana Storia, Torino, Einaudi, Collana ETStoria, Einaudi, Moriremo demo-cristiani? La questione cattolica nella ri-costruzionedella repubblica, Roma, Salerno); “Il FASCISMO in tempo reale: studi e ricerchedi Tasca sulla genesi e l'evoluzione del REGIME FASCISTA, con Bidussa (Milano,Feltrinelli); Togliatti e Gramsci. Raffronti, Pisa, Edizioni della Normale, Modernitàalternative. Il Novecento di Gramsci, Torino, Einaudi, Togliatti, La politicanel pensiero e nell'azione, Scritti e discorsi, V. con Ciliberto, Bompiani,Milano Quel che resta di Marx, SalernoEditore, Roma, L'Italia contesa.Comunisti e democristiani nel lungo dopoguerra, Marsilio, Venezia. V., su storia.camera,Camera dei deputati. Vacca. Keywords: solidarietà conversazionale, fascismo.Per H. P. Grice’s Play-Group, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.

Grice e Vaccarino: la ragione conversazionale dell’errore del filosofo– filosofia italiana – Luigi Speranza (Pace del Mela). Filosofo italiano. Essential Italian philosopher. Grice: “I appreciatehis metaphor of the ‘chemistry of the mind,’ la ‘chimica del pensiero,’and theidea that philosophers commit only ONE mistake (“l’errore dei filosofi”)!” Flosofo Figlio del titolare di un importante saponificio. Laureato a Milano.Fonda “Sigma” pubblicata a Roma. Fonda “Methodos”, trimestrale di metodologia edi logica simbolica. Si occupa prevalentemente di logica edepistemologia.Pubblica una serie di articoli sulla rivista Archimede suinvito di GEYMONAT. Abilitato alla libera docenza in filosofia della scienza,ma assorbito dai suoi studi e da altre attività non si dedica all'insegnamento.Ha incarico di tenere il corso di storia della filosofia antica presso Messina.Riceve anche quello di filosofia della scienza. Nominato professore associatodi filosofia della scienza, ma non ottenne mai la cattedra di ordinario.Partecipa a vari congressi. In quello di Amsterdam ha l'occasione di conoscereBochenski e incaricarlo di dirigere la sezione di logica simbolica di Methodos.A quello di Parigi partecipa insieme con CECCATO (vedi), SOMENZI (vedi), eLANDI (vedi), con i quali era in stretti rapporti di amicizia. Contribusce allafondazione della rivista Methodologia nata per iniziativa della Società di culturametodologica operativa a Milano, presieduta da Accame. Molto vicino alle vedutefilosofiche dei neo-positivisti, ma in seguito si capì che per dare soluzioneai problemi posti dalla tradizionale filosofia bisogna anzitutto effettuareun'indagine sul metodo scientifico onde spiegare perché è l'unico considerabilecome valido.Sviluppa in questo senso sulla “Sigma” una teoria che chiamadella "meta-conoscenza", in quanto ricondotta a una disciplina aventeper oggetto la conoscenza. Successivamente si convince che per procedere inmodo effettivamente scientifico bisogna eliminare ogni a-priorismo effettuandoun'analisi sistematica dei significati di tutte le parole di cui ci avvaliamo ericonducendoli alle operazioni da cui sono costituiti. Sotto questo profilo isuoi interessi si incontrarono con quelli di CECCATO e della scuola opperativa.Ma mantenne una posizione autonoma, ritenendo che la ricerca di base devepuntare su una semantica e non su una ricerca di tipo cibernetico, come invecesostene CECCATO.Però accetta e condivide il concetto che bisognaoccuparsi del modo come operiamo a livello mentale per descrivere isignificati. Perciò respinge vedute allora in auge, come quelle della filosofiaanalitica, che riconducendo il SIGNIFICATO semplicemente all’USO che se ne faparlando, li lascia in analizzati assumendoli implicitamente come prius, inquanto tali, dogmatici. Si dedica assiduamente a queste ricerche, pervenendoalla elaborazione di un metodo generale di analisi dei significati. Le suericerche conduce, tra l'altro, all'introduzione di una formulistica idonea alladefinizione delle operazioni mentali, prospettando una sorta di chimica della mente.La vastità e la complessità delle sue indagini lo costringe a procedere a moltiripensamenti e revisioni. Pubblica “La chimica della mente” (Carbone,Messina), in cui espone i principali risultati a cui e pervenuto. Vince ilpremio L'Inedito con il racconto “Lo sporco”, pubblicato da Marsilio. Prospettaampliamenti e modifiche delle sue teorie nel saggio “Analisi dei significati” (Armando,Roma). Pubblica “Scienza e semantica costruttivista” (Cooperativa LibrariaUniversitaria del Politecnico, Milano) dedicato a una critica di correntivedute professate da filosofi della scienza. I suoi interessi si rivolgenoanche alla codificazione di una logica contenutistica in grado di fissare icriteri di compatibilità e incompatibilità tra i significati in riferimentoalle loro operazioni costitutive. In tal modo la logica diviene una filiazionedella semantica. La summa dei suoi lavori di semantica è pubblicata in “Dalleoperazioni mentali alla semantica” (Ciddo, Rimini). Nella prefazione al volumeIntroduzione alla semantica edito da Falzea a Reggio Calabria, si lo consideral'ultimo dei grandi illuministi.Altri saggi: “L'errore dei filosofi” (D'Anna,Messina); “Introduzione alla semantica” (Falzea, Reggio Calabria); “Scienza esemantica” (Melquiades, Milano); “Prolegomeni”, “Lo sporco. Il pulito, duepuntiedizioni. Repubblica Semantica Filosofiadella scienza Centro Internazionale DiDidattica Operativa onlus, su ciddo. Methodologia on-line, su methodologia. Vaccarino.Keywords: construzione prammatica. Per il H. P. Grice’s Play-Group, TheSwimming-Pool Library, Villa Speranza.

Grice e Vaccaro – implicatura come eteropia -- filosofia italiana –Luigi Speranza (Palermo). Filosofo italiano. EssentialItalian philosopher. Grice: “My favourite of his books is ‘eteropie,’ a pun onhom*otopos.” Si laureaa Palermo, inizia l'attività di docenza presso lo stesso ateneo prima comeprofessore a contratto, poi come ricercatore e come professore associato. Titolaredel corso di filosofia politica e supplente di scienza politica nella facoltàdi scienze della formazione dell'ateneo palermitano. -- è pro-rettore a Palermoper la politiche di solidarietà sociale e di co-operazione per lo sviluppo. Inoltreè condirettore della collana “Eterotopie” dell'editore Mimesis di Milano,membro fondatore della Società italiana di filosofia politica” e del Centrointerdisciplinare in Bio-politica, Bio-economia e Processi di Soggettivazione aSalerno. Vicepresidente dell'ONG palermitana della Cooperazione InternazionaleSud-Sud. I suoi ambiti di ricerca si orientano sulla teoria critica(soprattutto Adorno e Benjamin della Scuola di Francoforte) e sulladecostruzione post-strutturalista francese (principalmente Foucault e Deleuze)dai quali ricava strumenti di analisi da mettere alla prova nel campo dellaglobalizzazione, della governance e dei diritti umani.Saggi: “Decostruzionedi una realtà macchinica”, in Il camaleonte e l'iscrizione, Palermo, Ila Palma);“Il capitalismo regolato statualmente”, curatela con Riccio e Caruso (Milano,Angeli); “Oltre la pace” -- saggi di critica al complesso politico militare,curatela con Magno (Milano, Angeli); “Adorno e Foucault: congiunzionedisgiuntiva” (Palermo, ILA Palma); “Il pensiero (check) anarchico (Verona, Demetra);“Il secolo deleuziano” (Milano, Mimesis Edizioni); “Il pianeta unico” (Milano,Elèuthera); “Anarchismo e modernità” (Pisa, BFS); “CruciVerba: lessico per i libertari”(Milano); “Zero in condotta, Globalizzazione e diritti umani” (Milano,Mimesis); “Biopolitica e disciplina” (Milano, Mimesis); “Lo sguardo diFoucault” (Roma, Meltemi); “Governance e democrazia” (Milano, Mimesis). Vaccaro.Prof. Salvatore delegato alle politiche di solidarietà sociale e di co-operazioneper lo sviluppo, su Università degli Studi di Palermo. Mimesis Edizioni: collane. Archiviato Palermo:scheda docente., su scienze formazione.unipa. Biblioteca nazionale di Firenze:catalogo autore., su opac. bncf.firenze..Foucault: scheda autore., su portail-michel-foucault.org. Vaccaro.Keywords: congiunzione e disgiunzione. Per H. P. Grice’s Play-Group, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.

Grice e Vailati – la semanticafilosofica di Peano– filosofia italiana – Luigi Speranza (Crema). Filosofo italiano. Essential Italianphilosopher. an important figure in the history of formal semantics, influencedby PEANO, who in turn influenced Whitehead and Russell, and thus Grice. Si laurea a Torino. Insegna a Torino, dopo aver lavoratocome assistente di PEANO e VOLTERRA. Lascia il suo posto universitario e così puoproseguire i suoi studi in modo indipendente, e si guadagna da vivereinsegnando matematica. Scrive saggi e recensioni che toccano un'ampia gamma didiscipline. La sua opinione nei confronti della filosofia è che essa fornisseuna preparazione e gli strumenti per il lavoro scientifico. Per questa ragione,e perché la filosofia dove essere neutrale fra opposte convinzioni, concezioni,e strutture teoriche, il filosofo evita l'uso di un linguaggio tecnicospecialistico, ma usa il linguaggio che la filosofia adotta in quelle aree incui è interessata. Ciò non vuol dire che il filosofo debba soltanto accettarequalunque cosa egli trovi. Un termine del linguaggio ordinario potrebbe essereproblematico, ma la sua carenza e corretta piuttosto che sostituite con qualchenuovo termine tecnico.La suo filosofia sulla verità e sul significato einfluenzato da filosofi come Peirce e Mach. Con cautela, distinse fra SIGNIFICATOe verità. La questione di determinare che cosa vogliamo dire quando enunciamouna data proposizione, non solo è una questione affatto distinta da quella didecidere se essa sia vera o falsa. Tuttavia, dopo aver deciso cosa si vuoledire, l'azione di decidere se ciò è vero o falso è cruciale. V. ha unafilosofia positivista moderata. La tattica adottata dai pragmatisti in questaloro guerra contro l'abuso delle astrazioni e delle unificazioni consiste nelproporre che, anche nelle questioni filosofiche si esiga, da chiunque avanziuna tesi, che egli sia in grado di indicare quali siano i fatti che, nel casoche essa fosse vera, dovrebbero, secondo lui, succedere o esser successi, e inche cosa essi differiscano dagli altri fatti che, secondo lui, dovrebberosuccedere o essere successi, nel caso che la tesi non fosse vera. Le influenzee i contatti di V. sono molti e vari, e spesso e etichettato come"l'italiano pragmatista". Deve molto a Peirce e James – V. è uno deiprimi a distinguere i loro pensieri --, ma subì anche l'influenza di Platone e Berkeley-- che egli vide come precursori importanti del pragmatism -- Leibniz, V. Welby-Gregory,Moore, Russell, PEANO e Brentano. V. corrispose con molti dei suoicontemporanei.La prima parte della sua filosofia comprende scritti sulla logicamatematica. In questi saggi, focalizza l'attenzione sul suo ruolo in filosofiae distinguendo fra logica, psicologia ed epistemologia. La dottrina recentepone V. e il suo allievo CALDERONI (vedi) nella categoria storiografica delpragmatismo analitico italiano. I suoi principali interessi storiciriguardarono la meccanica, la logica e la geometria. Egli da un importantecontributo in molti campi, compreso lo studio della meccanica post-aristotelica,dei predecessori di GALILEI (vedi), della nozione di definizione e del suoruolo nell'opera di Platone e Euclide, delle influenze matematiche sulla logicae sull'epistemologia, e sulla geometria non-euclidea di SACCHERI. S’interessa particolarmente ai modi in cui quelli che potrebbero esserevisti come gli stessi problemi sono inquadrati e trattati in periodidifferenti. Il suo lavoro di storico della scienza e strettamente connesso conquello filosofico. Per le due attività, infatti, utilizza gli stessi pensieri emetodologie di fondo. Vede lo studio storico e lo studio filosofico comedifferenti nell'approccio ma non nell'argomento. Crede, inoltre, che dovesseesserci cooperazione fra filosofi e scienziati nell'approfondimento degli studistorici. Ritene anche che una storia completa richiedesse che si tenesse inconto anche il background sociale pertinente. Il superamento delle teoriescientifiche, grazie a nuovi risultati, non comporta la loro distruzione,perché la loro importanza aumenta proprio per il fatto di essere superate. Ognierrore ci indica uno scoglio da evitare mentre non ogni scoperta ci indica unavia da seguire. La posizione di V. sulla storia della scienza ricalca quella diuna serrata critica al positivismo, in un contesto teorico dove il pragmatismoammette nuovi strumenti di comprensione e anche di valutazione della scienza,come mostrano anche le vicende di CALDERONI (Pozzoni, Il pragmatismo analiticoitaliano di Calderoni, Roma, IF Press) e di PEANO, il quale vanta certeaffinità con il pensiero filosofico del periodo (Rinzivillo, V., Storia emetodologia delle scienze in Una epistemologia senza storia, Roma, NuovaCultura, e PEANO, Contributi invisibili in Una epistemologia senza storia, Pozzoni,Il pragmatismo analitico (Villasanta, Liminamentis); PEANO, In Memoriam, Bolletinodi matematica, Pozzoni, Cent'anni di V.”(Liminamentis, Villasanta); Zan, “La formazione di V.” (Congedo, Galatina); Sava,La psicologia tra V. e Brentano, in "Il Veltro", Roma, Giordano, V., filosofodella scienza (Firenze, Le Lettere); Pozzoni, Il pragmatismo analitico italianodi V., Liminamentis Editore, Villasanta,Ronchetti, L'archivio in Quaderni di Acme, Bologna, Cisalpino, Scrittifilosofici. Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana;Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana; giovanni-vailati.net.Fondo archivistico e librario conservato presso Milano, Il contributo italianoalla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. GiovanniVailati, Vailati. Keywords: Peano. Refs.: LuigiSperanza, "Grice e Vailati: la semantica filosofica," TheSwimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

Grice e Valent: la ragioneconversazionale e la forma del linguaggio – filosofia italiana – Luigi Speranza (Treviso). Filosofoitaliano. “Some like Vitters, butValent’s my man.”Grice. Grice: “Valent wrote the only legible introduction toVitters’s thought!” EssentialItalian philosopher. Insegna a Cataniae Venezia. Si occupa di ontologia, logica dialettica, linguaggio, storia einterpretazione delle grandi categorie della filosofia. Dai primi studisull'empirismo-scetticismo, sulla filosofia e sull'analisi del linguaggio(Wittgenstein), è giunto ad indagare attorno alla teoria della negazione e deldivenire in chiave dialettica. Sulla base di tali premesse, che orientano versouna rilettura dei canoni e dei presupposti del rapporto ragione-follia, si èimpegnato a ri-disegnare, insieme con un gruppo di psichiatri e psicologi del centropsico-sociale di Orzi nuovi cresciuti nel solco dell'esperienza criticainaugurata da BASAGLIA, un modello della psiche adeguato alla comprensione ealla cura della malattia mentale, dando vita a quello che è stato definitol'approccio dialettico-relazionale. Collabora con il gruppo teatrale Scena Sinteticanella messa in scena di testi filosoficamente rilevanti (VELIA, VELINO,Eracl*to, Melville, SEVERINO, GALIMBERTI). Presso Moretti l'edizione delle sue opera.La sua filosofia muove da un'originale riformulazione di alcune questioni legatealla filosofia di SEVERINO (vedi), alla tradizione neo-idealistica italiana (GENTILE)ma anche neo-scolastica (BONTADINI), e dipendenti dalla riconsiderazionespeculativa del concetto del negativo. Descrivendo la sua formazione si define resciutoa una scuola filosofica di ispirazione ontologica, screziata da un nettodisegno dialettico e pungolata dallo scrupolo fenomenologico. Analizzando leimplicazioni concettuali e pratiche della negazione così com'è stata pensata inuno dei punti più alti e rilevanti della tradizione dialettica, ovvero nella “Scienzadella logica” di Hegel, critica l'idea intellettualistica della negazioneintesa come esclusione, proponendo al contrario una negazione come inclusione euna filosofia animata dal principio di ospitalità. Il "no" dellanegazione, lungi dal dar vita a una realtà separata, è ciò che innerva il realenella sua essenza metamorfica e vitale, nella sua splendida apertura allanovità, alla trasformazione e al cambiamento di cui il filosofo è appassionatoinvestigatore. A questo scopo e in evidente autonomia rispetto all'impiantodestinale della filosofia della necessità di SEVERINO, esplora la categoriamodale della possibilità, cercando di mettere in discussione sia l'opposizionefrontale tra realtà e irrealtà, sia la priorità assoluta della positività delreale nonostante la negatività dell'irreale. L'esserci e non l'essere è, per V.,che legge Hegel con Wittgenstein, la determinatezza semantica e sintattica, ilplesso grammaticale e vitale che ricongiunge l'esperienza intesa come luogodell'emergere della differenza e dell'incalzare degli eventi con la teoriadella razionalità quale analisi del permanere e della necessità. Ecco che dicontro all'ontologia fondamentale di Severino si fa largo l'idea di una micro-ontologiaintesa non come una “ontologia del piccolo”, bensì, piuttosto, nel senso chenon c'è nessun evento che non si disponga per virtù propria in una peculiaritàdi significato, nel vigore elementare e insieme metamorfico di un qui. Ma micro-ontologiaanche come ontologia del remoto, dell'avverso-diverso, dell'improbabile,dell'anonimo, del folle: di tutto ciò che insieme si ritiene minore nellacapacità di realtà. Con la proposta di una micro-ontologia intendevasottolineare l'autonomia e la resistenza del diamante della dialettica comeprincipio di determinazione semantica fondato sulla relazione-negazioneinclusiva e situato nella prospettiva strategica propria dell'esserci, rispettoal rischio delle ricadute nella mistica dell'essere e di quella totalitàassoluta che, in quanto tale, appare separata e isolata, esercitando la suaimposizione distruttiva al di fuori della logica della relazione edell'inclusione. Di contro all'autentico totalitarismo di questa idea ditotalità assoluta propone la ripresa del detto eracl*teo del Panta δια pánton,ossia di quel tutto attraverso il tutto che è la forma radicale della illacerabilerelazionalità della vita. Solo se ogni differenza tra gli umani è un mododifferente di essere il tutto allora le discriminazioni tra piccolo e grande,forte e debole, femmina e maschio, nero e bianco, ricco e povero, sano emalato, non avranno ragione d'essere (se non in quanto differentimanifestazioni dell'identico, invece che differenze di principio e di valore. Saggi:“Verità e prassi” (Vannini, Brescia); “La forma del linguaggio: studio sul Tractatuslogico-philosophicus” (Francisci, Abano Terme, Padova), Invito a Wittgenstein,Mursia, Milano; “Asymmetron, Quaderni de "Il Palazzo della GrandeUtopia", Milano; Dire di no. Filosofia Linguaggio Follia, Teda,Castrovillari (Cosenza); Dire di no. Scritti teorici, Opere (Moretti, Bergamo);“Asymmetron: micro-ontologie della relazione. Scritti teorici in Opere di V., ac. di Tagliapietra, Moretti e Vitali, Bergamo. Panta διαpánton. Scritti teoricisu follia e cura, in Opere di V., a c. di Tagliapietra, Moretti e Vitali,Bergamo. La forma del linguaggio. Studio sul "Tractatuslogico-philosophicus. Scritti su Wittgenstein, Sophón. Aforismi per l'anima, a.c. di Valent, con un saggio di Tagliapietra, Moretti e Vitali, Bergamo. Opere. Lafilosofia, prima di ogni altra definizione dotta, è amore per la realtà. Inricordo, in "XÁOS. Giornale di confine", Dire di no. Scritti teorici,Panta διαpánton. Scritti teorici su follia e cura. Italo Valent. Valent.Keywords: la forma del linguaggio. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Valent”, TheSwimming-Pool Library.

Grice e Valentino:la ragione conversazionale a Roma – Romolo divino -- filosofia italiana – LuigiSperanza (Roma). Filosofo italiano. He moves from elsewhere to Romewhere he created a sect called ‘The Valentinians’, who Valentino described asbeing the only ones who would save themselves. Ippolito di Roma did not likehim. Valentino. Keywords: Roma antica, Ippolito. Per H. P. Grice’s Play-Group,The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.

Grice e Valeri:la ragione conversazionale dello spazio tra sè e sè – l’antropologia filosoficacome ricerca dell’inter-soggetivo – filosofia italiana – Luigi Speranza (SommaLombardo). Filosofo italiano. Essential Italianphilosopher. Grice: “I especially like his idea of anthropology, alla Kant, asthe search for the subject.” “Tra se e se.” Silaurea in filosofia a Pisa, quale allievo pure della scuola normale superiore,discutendo una tesi sul pensiero di Lévi-Strauss, con relatore BARONE (vedi),si rivolse agli studi di antropologia, conseguendo un dottorato di ricerca aPisa. Le sue ricerche riguardarono molti argomenti, fra cui, i sistemipolitici, la parentela e il matrimonio, la ritualità, così come l'antropologiasociale ed economica, la storia comparata degli usi e costumi dei popoli, checondusse lungo la linea di pensiero del suo maestro Lévi-Strauss. Gl’è statoassegnato per i suoi studi e le sue ricerche di antropologia culturale, ilpremio ”Guggenheim Fellowship“ per le scienze sociali. Fra i molti suoi saggi,cura pure diverse voci antropologiche per l'Enciclopedia Einaudi. Tra lesue molte saggi, il saggio “Uno spazio tra sé e sé. L'antropologia come ricercadel soggetto” (Roma) può considerarsi una sua autobiografia intellettuale.Ghiaroni,"Società, soggetto, sacrificio. La teoria del sacrificio di V.", inStudi e materiali di storia delle religioni, Ghiaroni, ”Società, Soggetto,Sacrificio. La teoria del sacrificio di Valerio Valeri tra Hawaii e Indonesia“,Studi e materiali di storia delle religioni. Natura e cultura: introduzionealla teoria dello scambio e della parentela di Levi-Strauss, Pisa. Per notiziebiografiche più esaustive, riferirsi allexxvii-xix dell'opera: in merito alla rilevanza di V. come studioso ericercatore; Valerio Valeri. Valeri. Keywords: antropologia. Refs.: LuigiSperanza, “Grice e Valeri” per H. P. Grice’s Play-Group, The Swimming-PoolLibrary, Villa Speranza.

Grice e Valerio: la ragione conversazionalea Roma – morale togata – il gentiluomo romano-- filosofia italiana – LuigiSperanza (Roma). Filosofo italiano. A philosopher oflittle originality, and a notorious flatterer of TIBERIO (vedi). He is bestknown for producing his IX books of memorable doings and sayings – the work isdesigned primarily as a resource for moral education by means of examples –showing how virtue is rewarded and vice punished. It preserves many otherwiselost snippets taken from a variety of sources – including newspapers. His ‘saggi’are not much regarded today, but they were bestsellers throughout the dark agesand the Italian renaissance, “and I do find them incredibly amusing on a lazyafter-noon,” – Grice. Morale pretesto. Ed Shackleton, Loeb. Skidmore,“Practical ethics for Roman Gentlemen”. Valerio Massimo. Keywords: Romaantica. Per H. P. Grice’s Play-Group, The Swimming-Pool Library, VillaSperanza.

Grice e Valerio: la ragioneconversazionale a Roma – alla villa -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. He has a statue erected in his honour in his ownvilla (‘Ain’t that cute?’). Publio Avianio Valerio. Keywords: Roma antica. Peril H. P. Grice’s Play-Group, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.

Grice e Valla:la ragione conversazionale della volutta – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofoitaliano. Essential Italian philosopher. Nato da genitoridi origini piacentine -- il padre era l'avvocato Luca della Valle -- riceve lasua prima educazione a Roma e Firenze, imparando il greco da Aurispa e Aretino.Lo guida lo zio Scribani, un giurista funzionario in Curia.Il suo primo saggio e il “De comparatione CICERONISQuintilianique” in cui elogia Quintiliano a scapito di CICERONE (vedi), andandocontro all'idea corrente e mostrando già in questo primo saggio il suo gustoper la provocazione. Quando muore lo zio, spera di ottenere un impiego nellaCuria Pontificia. Ma i due autorevoli segretari Loschi e Bracciolini, ferventiammiratori di CICERONE, si opponeno all'assunzione. Grazie all'aiuto diBeccadelli, detto il Panormita, e chiamato ad insegnare retorica a Pavia,succedendo al maestro bergamasco BARZIZZA. Questi anni furono fondamentali perlo sviluppo della sua filosofia. Pavia e infatti un vivo centro culturale e puoapprofondire le sue conoscenze giuridiche, osservando inoltre l'efficacia delprocedimento di analisi critica dei testi, che lo studio pavese applicava conrigore. Acquire una grande reputazione con il dialogo “Della volutta”, nelquale si oppone fermamente alla morale del Portico e all'ascetismo, sostenendola possibilità di conciliare la morale ricondotto alla sua originarietà, conl'edonismo dei filosofi dell’orto, recuperando così il senso della filosofia diLUCREZIO (vedi), che sottolinea come tutta la vita dell'uomo siafondamentalmente volta alla volutta, intesa non come istinto, ma come calcolodei vantaggi e svantaggi conseguenti ad ogni azione. A conclusione del “Dellavolutta”, sottolinea, però, come per l'uomo la suprema voluttà e la ricercaspirituale. Si tratta di un saggio considerevole. Per la prima volta, unatendenza filosofica che era rimasta confinata nell'ambito della filosofiaromana classica e ri-valutata. Le polemiche che seguirono alla pubblicazionedel “Della volutta”, gli costringe a lasciare Pavia. Da allora passa daun luogo all’altro, accettando brevi incarichi e tenendo lezioni in diversecittà. Fa la conoscenza d’Alfonso V al cui servizio entra. Il re ne fa il suosegretario, lo difende dagl’attacchi dei suoi nemici e lo incoraggia ad aprireuna scuola a Napoli.Durante il pontificato di Eugenio IV, pubblica sullafalsa donazione di COSTANTINO, “De falso credita et ementita Constantinidonatione". In esso, con argomentazioni storiche e filologiche, dimostrala falsità della donazione di Costantino, documento apocrifo in base al quale icattolici giustificano la propria aspirazione al potere temporale. Secondoquesto documento, infatti, e lo stesso COSTANTINO, trasferendo la sededell'impero a COSANTINO-POLI, a lasciare al pontifice massimo di ROMA ilrestante territorio del principato. La dimostrazione di V. è accettata e loscritto è datato all'VIII secolo o IX secolo. “Quid, quod multo est absurdius,capit ne rerum natura, ut quis de CONSTANTINOPOLI loqueretur tanquam una patriarchaliumsedium, que nondum esset, nec patriarchalis nec sedes, nec urbs nec sicnominata, nec condita nec ad condendum destinata?” “Quippe privilegium concessum est triduo, quam CONSTANTINUSesset effectus christianus, cum Byzantium adhuc erat, non Constantinopolis.” V. dimostra che anche la lettera ad Abgar V attribuita a Gesù e unfalso e, sollevando dubbi sull'autenticità di altri documenti spuri e ponendoin discussione l'utilità della vita monastica e mettendone in luce anchel'ipocrisia nel “De professione religiosorum” suscita l'ira delle altegerarchie ecclesiastiche. E obbligato, pertanto, a comparire davanti altribunale dell'inquisizione, alle cui accuse riusce a sottrarsi soltanto grazieall'intervento del re. Visita Roma, dove i suoi avversari sono ancora molti epotenti. Riusce a salvarsi da morte certa travestendosi e ritornando a Napoli.Vengono divulgati gli “Elegantiarum libri sex”. Il saggio raccoglie una serie straordinaria dipassi desunti dai più celebri scrittori latini – CICERONE, LIVIO, VIRGILIO -- dallostudio dei quali occorre codificare i canoni linguistici, stilistici e retoricidella lingua latina. Il saggio costitue la base scientifica del movimentoumanista impegnato a riformare il latino sullo stile di CICERONE. In le"Emendationes sex librorum Titi LIVII" discute, col suo modo discrivere brillante e caustico, correzioni ai libri di LIVIO in opposizione adaltri due intellettuali della corte napoletana Panormita e Facio che nonavevano il suo stesso spessore filologico.Con la morte del re, la suafortuna inizia a volgere in meglio. Recatosi nuovamente a Roma, e ricevuto da NiccolòV. Assume il ruolo a lui più consono di professore di retorica, ma non perdenemmeno il suo spirito caustico e inizia a criticare la Vulgata, facendoconfronti con l'originale greco sminuendo il ruolo di traduttore di GIROLAMO(vedi) e DONATO e giudica spuria la corrispondenza tra SENECA e Paolo.SottoCallisto III raggiunse il culmine della carriera, divenendo segretarioapostolico. È quasi impossibile farsi un'idea precisa della sua vita privata edi suo carattere, essendo i documenti nei quali vi si fa riferimento sorti incontesti polemici e, pertanto, fonte più di esagerazioni e calunnie che ditestimonianze attendibili. Appare comunque come persona orgogliosa, invidiosa eirascibile, caratteristiche cui però si affiancano le qualità di eleganteumanista, critico acuto e scrittore pungente nella sua continua e violentapolemica sul potere temporale dei cattolici.-- è un personaggio dieccezionale importanza soprattutto quale rappresentante del più puro umanesimo.Con le sue spietate critiche ai cattolici e un precursore di LUTERO contro VIO,ma fu anche il promotore di molte revisioni di testi. La sua filosofia si basasu una profonda padronanza della lingua latina e sulla convinzione che fossestata proprio un'insufficiente conoscenza del latino la vera causa dellinguaggio ambiguo di molti filosofi. V. e convinto che lo studio accurato el'uso corretto della lingua e l'unico mezzo di acculturazione feconda ecomunicazione efficace. La grammatica e un appropriato modo di esprimersi sonoa suo modo di pensare alla base di ogni enunciato e, prima ancora, della stessaformulazione intellettuale. Da questo punto di vista, la sua filosofia e tematicamente coerente, in quanto ciascuna delleparti si sofferma innanzitutto sulla lingua, sul suo impiego rigoroso esull'individuazione delle applicazioni erronee della grammatica latina.Ilprofondo distacco storico ci permette di distinguere la sua filosofia in duefiloni, quello filologico e quello critico. Sebbene sa mostrare eccezionalidoti di storico negli saggi critici, questa capacità non è però riscontrabilenell'unico saggio definito storico, cioè nella biografia di Ferdinandod'Aragona, tutto sommato un modesto elenco di aneddoti.Il principato romanoinizia a tramontare, il che si palesava non solo nell'indebolimento delle forzepolitiche e militari, ma anche nello sfaldamento dell'ordinamento interno esoprattutto nell'imbarbarimento della cultura. La crisi generale el'accettazione di molte genti non italiche tra i cittadini romani provocano unlento ma significativo allontanarsi dalla lingua verso forme dialettali e menoeleganti. Si evidenzia la necessità di uno sviluppo della lingua che presupponela canonizzazione della parlata popolare e della sua semplice grammatica. Sonoi primi sintomi della nascita del volgare, che necessita di un millennio persvilupparsi pienamente. Durante questa lunghissima transizione, in tutta l’Italiaci fu un'enorme incertezza linguistica. Il romano classico cede lentamente ilposto ad una mescolanza di nuovi idiomi che combatteno per la supremazia.Gl’effetti di questo periodo di passaggio sono ben visibili soprattutto nelletraduzioni che via via nasceno dal romano verso l'italico, poché la linea didemarcazione tra il romano e il volgare e fluttuante e nessuno dei traduttori puodirsi un vero esperto in materia. E il primo a stabilire un limite alla volgarizzazione,decidendo che un cambiamento oltre tale limite e già parte del processo disviluppo. In questo modo, riusce non solo a salvaguardare la purezza del romano,ma pone anche le basi per lo studio e la comprensione del volgare nato dalromano. Si pone tra i maggiori esponenti dell'umanesimo non solo per ilsuo costante apporto di punti di vista umanistici, bensì anche per la suaannosa avversione alla cultura scolastica. È indicativa ad esempio la suatesi in “Della volutta” sugli errori de PORTICO praticato dagli asceti che nonavrebbero preso in debita considerazione la legge naturale. La moraleconsiglierebbe infatti, a suo avviso, un'esistenza allegra e godereccia che nonprecluderebbe in alcun modo l'aspirazione alle gioie del paradiso.Analogamente, nelle “DIALECTICAE DISPUTATIONES”, confuta il dogmatismo diAristotele e del LIZIO e la sua arida logica che non offre insegnamenti oconsigli, bensì discute solo di parole senza raffrontarle con il lorosignificato nella vita reale. Altrettanto critico si dimostra nelle “Adnotationesin Novum Testamentum” quando usa la sua profonda padronanza del latino perprovare che sono state le traduzioni maldestre di alcuni passi del NuovoTestamento a causare incomprensioni ed eresie. È a lui dedicata una fondazioneche in collaborazione con Mondadori, pubblica la collana dei romani i in cuivengono proposte edizioni critiche di testi classici. L'arte dellagrammatica, Casciano (Milano, Mondadori); “La falsa donazione del principe Costantino”,Pepe, Firenze, Ponte alle Grazie, Scritti filosofici e religiosi, Radetti,Firenze, Sansoni, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, “Repastinatiodialectice et philosophie” (Padova, Antenore). Treccani enciclopedia, IlContributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia) ; Garin, "Laletteratura degl’umanisti", in Cecchi-Sapegno Letteratura italiana (Milano,Garzanti); Basilica Papale SAN GIOVANNI IN LATERANO, su Vatican. Pubblicate per la prima volta da Erasmo daRotterdam. Antonazzi, “V. e la polemica sulla donazione di Costantino, Roma); Camporeale,Valla. Umanesimo e teologia, Firenze, Istituto Nazionale di Studi sulRinascimento, Fink, Laffranchi, “Dialettica e filosofia in V.” (Milano, Vita ePensiero); Mancini, “Vita di V.”, Firenze, Sansoni; Regoliosi, “V.. La riformadella lingua e della logica” (Atti del convegno del Comitato Nazionale, Prato);Firenze, Polistampa, Donazione di Costantino. Dizionario di storia, Istitutodell'Enciclopedia Italiana, Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'EnciclopediaItaliana, Rita Pagnoni Sturlese. Su treccani. in Il contributo italiano allastoria del pensiero Filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Lafalsa donazione di Costantino, su classic italiani. La tomba su Penelope uchicago,Laurentius Vallensis. Lorenzo Valla. Valla. Keywords: Cicerone, Virgilio,Quintiliano, Livio, rinascimento, grammatica, dialettica e rettorica. Refs.:Luigi Speranza, “Valla e Grice,”per la Fondazione Lorenzo Valla, TheSwimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

Grice e Vallauri: la ragioneconversazionale e l’interpretazione giuridica -- filosofia italiana – LuigiSperanza (Roma). Filosofoitaliano. Essential Italian philosopher. “Italians, especially noble ones, lovea long surname, so this is Luigi Lombardi Vallauri. I say: if he wants to keepthe Vallauri, that’s what he’ll go with by!” Grice: “He favours animal rights,as I do.” Professoreuniversitario italiano.Èstato Professore di filosofia del diritto a Milano e Firenze. Insegnaall'Università degli Studi dell'Insubria e all'Università degli Studi diSassari, dalla quale è stato chiamato per chiara fama.Nipote delpredicatore gesuita Riccardo Lombardi, cugino del direttore della Sala stampavaticana Federico Lombardi, nonché nipote di Gabrio Lombardi, si avvia allaformazione teologica alla Gregoriana di Roma. Si laurea in giurisprudenza colmassimo dei voti a Roma, suo maestro è stato BETTI. Dopo la laurea perfezionagli studi giuridici in Germania e vince molto presto il concorso per la liberadocenza.Diviene professore in filosofia del diritto a Firenze, dove hainsegnato anche argomentazione giuridica e filosofia del diritto. Ottiene lacattedra in filosofia del diritto a Milano. Dopo il collocamento a riposoinsegna presso le Como e Sassari.Massimo esperto di teoriadell'interpretazione giuridica, già direttore dell'Istituto per ladocumentazione giuridica del CNR e presidente della Società italiana difilosofia giuridica e politica -- è autore di saggi filosofico-giuridici. Conil suo Terre: Terra del Nulla, Terra degli uomini, Terra dell'Oltre ha apertoun nuovo filone della sua ricerca, dedicato alla filosofia della religione edella spiritualità. Al saggio Nera Luce, V. ha consegnato la sua criticaserrata ai dogmi del cattolicesimo e l'approdo all'apofatismo. I suoi interessirecenti riguardano la tutela giuridica dei diritti degl’animali. Èvegano.Fonda e conduce, un gruppo di meditazione teso a esplorare lepossibilità di una vita contemplativa all'altezza del sapere moderno. Il suolibro traduce in scrittura il seguitissimo corso di meditazioni tenutodall'autore per Radio Tre Rai, propone una mistica laica, ossia una mistica cheprescinde da rivelazioni soprannaturali coniugando il pensiero scientificooccidentale con le tecniche di meditazione tipiche delle filosofieorientali. Allontanamento dall'Università Cattolica. Insegna filosofiadel diritto presso l'Università cattolica di Milano.Tiene una conferenzaa Bari e all'inizio decide di sedersi in terra, giustificandosi pressol'uditorio con la frase. Del Dio che emoziona non mi sento di parlare seduto suuna sedia, quindi, mentre parlerò di questo Dio, starò seduto in terra».Sospesodall'attività didattica a causa del suo insegnamento ritenuto eterodossorispetto alla dottrina della chiesa cattolica.Fra i punti problematicisecondo le autorità ecclesiastiche, un giudizio di V. sul dogma dell'inferno,da lui definito: incostituzionale in quanto nessun atto per quanto gravepuò meritare una pena eterna e perché è contraria ai princìpi più avanzati deldiritto, e specificamente del diritto influenzato dal cristianesimo, una penache in nessun modo tenda alla rieducazione/riabilitazione del condannato. Ilprofessore ha affermato in seguito. Quando i giudici ecclesiastici mi hannocacciato fuori dall'Università Cattolica non riuscivano a formulare l'accusa edio ho detto. Ve la do io, il papa è quasi infallibile nell'errare. Dopo l'esitonegativo dei ricorsi giudiziari interni, si è rivolto alla corte europea deidiritti dell'uomo. La corte si è pronunciata a favore del ricorrente,ritenendo che fossero stati lesi i suoi diritti alla libertà di espressione(per il provvedimento adottato dalla cattolica senza contraddittorio) e a unequo processo (per il rifiuto a pronunciarsi opposto dagl’organigiurisdizionali amministrativi), entrambi garantiti, rispettivamente, dagliarticoli della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo edelle libertà fondamentali. Nei suoi corsi e libri V. si è occupato divarie tematiche: filosofia del diritto, critica dei riduzionismi, filosofiadella mente, misticismo, buddismo, sessualità, meditazione, diritti deglianimali.Riassumeva la situazione storica attuale tramite la seguenteformula: [E = (m+e) + i (ab) + fd + oid] -> [N.O.] -> [(N. e/ax/es)] +(I.P.)] La prima parte è l’equazione del riduzionismo ontologico. L’essereè riducibile alla somma di materia, energia e informazione. L’informazione è didue specie: algoritmica e biologica. Il riduzionismo diventa poi scientismotecnologico, con l’aggiunta di un fattore di dominazione, ossia la teoriabaconiana del conoscere per dominare, e dell'organizzazione industriale deldominio portata dalla rivoluzione industriale. Le conseguenze dello scientismosono il nichilismo ontologico, ossia la scomparsa di ogni tipo di spirito (dioangeli anima), il quale può avere due esiti antitetici: le filosofie delsoggetto assoluto e quelle della morte del soggetto. L’ultima conseguenza delprocesso è il nichilismo etico assiologico ed esistenziale, ossia la negazionedi norme e valori oggettivi. Esso genera un vuoto, che nella nostra epoca vieneoccupato dall’individualismo possessive, ossia la credenza che gli unici benisono ricchezza successo e potere. Occorre dunque articolare una rispostafilosofica al riduzionismo, individuando quali realtà si sottraggano alle suepretese. L’oggetto principale che sfugge alla riduzione è la mente.Saggi:“Saggio sul diritto giurisprudenziale” (Milano); “Amicizia, carità e diritto” (Milano);Corso di filosofia del diritt (Padova); Cristianesimo, secolarizzazione ediritto moderno (Milano) Terre: Terra del Nulla, Terra degli uomini, Terradell'Oltre, Milano. Il Meritevole di tutela, Milano, Logos dell'essere Logosdella norma, Bari, Nera luce (Firenze); Riduzionismo e oltre: Dispense difilosofia per il diritto, Padova, Trattato di Bio-diritto. La questioneanimale, Milano, Meditare in Occidente.Corso di mistica laica, Firenze, Scrittianimali. Per l'istituzione di corsi universitari di diritto animale, Gesualdo, Note. Magister, L'inferno? Una vergogna,L'Espresso. Guadagnucci; Scritti Animali. Per l'istituzione di corsiuniversitari di diritto animale, in Visionari, Gesualdo (AV) (Gesualdo,Guadagnucci); Bosco, Cristo o l'India, Verona, Fede e Cultura, Guadagnucci. Sulloscarso fondamento dei fondamentalismi, Nuovamente. V., Neuroni, mente, anima,algoritmo: quattro ontologie, Lettura magistrale al VI congresso della Societàitaliana di neuroscienze, Guadagnucci,Il filosofo degli animali, in Restiamo animali: Vivere vegan è una questione digiustizia, Milano, Terre di mezzo, Meditare in occidente Corso di mistica laica, ciclodi trasmissioni radiofoniche su Radio3 Rai. Meditare in occidente Corso dimistica laica, ciclo di trasmissioni radiofoniche su Radio3 Rai, Meditare inoccidenteL'anima di paesaggio, ciclo di trasmissioni radio-foniche su Radio3Rai, edizione. Conferenza/lezione tenuta dal titolo: Non-violenza e Animali: untema antico come le montagne e sempre più ricco di futuro. Evento organizzatoda Progetto Vivere Vegan, Interviste Sì agli interventi che aiutano inascituri, intervista di Perna, LIBERO, l'Unità, Firenze, e Rassegna stampa sul"Caso V." I Nuovi Inquisitori, di Pace, a Repubblica, A dialogo conV., di Pollastri, Phronesis, Note, di Franza, Officina sedici. Luigi LombardiVallauri. Vallauri. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Vallauri” – TheSwimming-Pool Library.

Grice e Valletta: la ragioneconversazionale dei liberali e dei libertinisti -- filosofia italiana – LuigiSperanza (Napoli). Filosofoitaliano. Eessential Italian philosopher. Grice: “He was a libertine fromNaples. I like him. His oeuvrepublished in Firenze. Studia dapprima letteratura presso i gesuiti per poi dedicarsial diritto. Insieme a Andrea, e fra i fondatori degl’investiganti, che da impulsoal grande rinnovamento culturale che prende grande avvio. Nelle accesepolemiche filosofico-scientifiche tra progressisti e conservatori, insieme a CORNELIO,ANDREA, CAPUA e agl’altri investiganti appoggia attivamente iprogressisti. Istituì a sue spese lacattedra di lingua greca a Napoli, affidando l'incarico di insegnamento al suomaestro ed amico MESSERE (vedi, illustre filosofo. Cura l'edizione napoletanadelle opere e del Bacco in Toscana dello scienziato toscano REDI. Grandeappassionato e conoscitore di libri, meritandosi l'appellativo di Helluolibrorum et Secli Peireskius alter. Grazie all'interessamento di VICO, il fondolibrario confluì nella Biblioteca dei Girolamini. Saggi: “Lettera in difesadella moderna filosofia e de' coltivatori di essa”, “Historia filosofica”. Lombardi, Storia della letteratura italiana, Tipografiacamerale. Nicolini, V., in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'EnciclopediaItaliana. Gl’Investiganti Andrea, Redi, V.,, nipote di V. Breve schedabiografica, Redi. Scienziato e poeta alla corte dei Medici. Letteradi V., napoletano fn difetta della modernaFilofòfia , e de' coltivatori di eflà , INDIRIZZATA ALLASANTITÀ’ DI CLEMENTE XL Aggiuntavi in fine un'ojfumazioni fopra ' la medefima . IN ROVERETONella Stamperia di Pierantonio Berno Libr. ALL’ XLWSTRISS. SIC. AB.’f FRANCESCO PARTINI • • * è ;DE NAJOF, • f + • - Nobile Provinciale del Tirolo, ec.ec,, l ♦ « » »# » , » • * * » , »* • » • Olto tempo è, Jlluflriffmo Signor Abate , cheper darvi qualche piccio- lo contraffegno della divo - Zioa miaverfo di voi , io vado tra me ftejjo meditando , qual co/ a , non deltut- to di] pregevole , e di . voi indegna , do - vejft offerirvi .Ed ora ufcendo da’ miei * 5 tor- / ' « ' *- .4 . * * ' p t * •# /« •. è . * » . • * •* . • * . - j» % ■ T“ » 'f '' i*' *'* *-ì r .! *orri&; la prima volta una dotta * ed eruditaOpera del Sig. Giufeppe Val* tetra , la quale manofcritta lungamen-te era andata per le mani de* virtuofi; quefta appunto ho . difegnato d'indiriz- zare a voi , sì 5 per darvi un picciolo fa*ggio del defiderio ardentìjfimo > eh' io bo d' incontrare con e fio voi ferviti ,sì ancora per fare un pubblico attediato al mondo della /limagrande , ch'io con- fervo della voftra ragguardevole Perfo- ra . Enel vero fé , com * a tutt' altri è in ufo di fare , io voleffiraccoglier qui le glorie de * trapaffati , teffendo un lunoocatalogo di tanti e tanti glorio fi Antenati della vofira nobile Famiglia, i quali e nell' armi , e nelle . lettere rif- plendendo , nonmeno il vofiro Ceppo , che tutta cotejìa Patria ili ufi r areno ;certo de non ■; uno > ma ben mille moti- osi io avrei per indurmi aciò fare . . Concioffiachè allora egli . mi fi farebbe .tofto innanzi la fingolar perizia nell' ar- mi di PIETRO , illu (Ire, e.antico ger- irne della vofira onorati fiima Prof apia , *il Digitized by Google il quale da Galeazzo VìfconteDuca di Milano meritò d* ejsere fatto Condot tiere delle fue. armi> Mi . fi prefent crebbe fitto gli occhi il valore di quell*altro PIET RO d' età ma ? non di merito inferiore , a cui ieccellenza nel mefiier te ftmil mente della guerra , acqutfiò l*uffizio d) Capitano dell*. Imperador Maj • fimifiano J. i , e diALESSANDRO altresì , che in qualità pur di Capita • no fi morì inUngheria . Ma molti , e molti ì anche fiudiof amente, trapalan- doy come potrebbe . poi .fuggirmi dalla vijìa la , decantata dottrina . ,fingolar- mente nell* arte Medica > e la probità 9 e integritàde' cofiumi di FRANCES- CO P ART INI , il quale in quel feli- cefecola del cinquecento cotanto s* avan- zò > e ft difiinfe , chemeritò le lodi , e gli applaufi d'uno de' maggiori letterati diquell'età , che fu Andrea Mattioli > (i) • e d'ef-(i)Nell* Epiftola dedicatoria de 1 Di/cor fi /opra Diofcoride al PrincipeFerdinando d* A u Aria . Ve- nezia 1668. E negli fte/fi Difcorfi /opra illibro 4- di Diofcoride capitolo 80. e d' e ([ere fatto Protomedicodì due Ce- fali , cioè Ferdinando I . , e - Maffimilia- no li.'?Cèrto che i pregi di co fiat , i quali di molto accrebbero lo fplendoredel- la vofira Stirpe -, io non potrei per mo- do alcuno nonJommamente celebrare : e tanto meno que' di MELCHIORE fuo figlio iil quale dalla matura pru- denza pur di Maffimiliano li. Impera -dorè » di cui era ' Configliero , > fu' (celta a far efeguire^Imperiai comandamento di por giù /’ armi , fattola'- judditì delFinale in Italia '.(*) Ma io non ne verrei sì toflo a' capo , : quando'a’ me- riti degli Avi'-vojìrì i.'com' -bó det- to piuttofiò cheavoi mede fimo va- le jft riguardare . " I pregj degli ante-nati' apportano più (limolo >3 -che lode a' ■ (uccefiori \ , ed èmolto ' mifer, abile la condizione di colui -, ' il quale notipo((a in altro . mod o diftinguerft , che col! aprire i (epolcri de’ fuoimaggio- ri » . \ • r t • r i n* •* a (2) Mambrino Rofeo Storie del Mondo libro II. a io4« ri , e temendo nn lungo panegirico del- le loro gloriofe azioni , far ficorona al capo di meriti non fuoi . ■ Per la qual cofa , ponendo da/’ • un de' lati quelle lodi , le quali non fono sì pro- prie dìvoi , che comuni non fieno an- cora a tutta la Famìglia , ed allefole voftre t in cui gli altri non v* hanno parte alcunarifiringendomi ; dico > che quello , che principalmente rn hainvogliato a procacciarmi luogo nel no- vero de' vofìri fervidori t e chenon pojfo fe non grandemente ammirare , fi è quella incredibilegentilezza , ■ e foavità di coftumi.y e di maniere , per mezzodella quale ben fate chia- ramente apparire da qual . forgentetraete t origine , e i natali . h non fo per cagion di quefla conqual fronte poffano riguardare in voi cer- te anime t le quali nonriflettendo > che • /’ e (fere nate nobili è fiato un accidente, cui altro loro non appor- ta , che impegno di ben imitare gliantecejfori ; di tanta rufiicìtà , e fai - ...V3&7' falvatkhe^za ripiene comparirono folamente nell *afpre , ed altiere fembr ano .avere ripofia la loro gloria .Poi fiete certamente di un amaro rim- provero a tutti cofioro % e Cumanità vofìra , quando attentamente vi riguar- da Q ero , non potrebbeche riufcir loro di jomma vergogna , e confo fione . Ma fic- come ynè alterigia , o di / prezzo altrùi la nobiltà della Famìglia , perchiara , eh' ella fi fa , è fiata giammai baftan- te ad infpirarvi, . Così nè al fafio y o al- la. libertà le •comodità » e gli agj >che dalla fortuna avete : nè .alla vanaglo- ria * o allaprefunzione le nobili quali- tà. dell’ animo voflro , hanno giammaipotuto aprirvi la firada , Tanti rari pregi- finalmente , tutti infiemeuniti , non fono -fiati valevoli a feemar punto di quella vofiranaturale affabilità , e dolcezza di tratto , la quale quanto inaltri è più rara > altrettanto in voi ab- bondantemente appari fee t ecampeggia . Qttefta vi eccita la maraviglia di tut- ti coloro , chedi voi hanno alcuna co. no- • >. . / *'t d - * *• 'V. •4 ami. * - ' Digitized by Google difienpìguefia concilia ì* amore , e ^uCfi^nera^iòni de- vojìri Concitoadì* . niy^ 0?quefia finalmente induce , an- zi con una dolceviolenta quaft rapi* ffce , e sforzai cìafcbeduno a farvi unvolontario tributo de* fuoi affetti , e del fuo cuore . Ma che dirò diquel - i* bontà j ingoiare , con cui prendete a protteggere qualcheperfona ingiù • fiamente oppreffa , e oltraggiata > fa- cendovedere , non altrimenti effervi fenfibili- i torti > che fi fannoalla ragione , e alla gtufiìzia , che fe a voi me de fimo f off erofatti ? Voi con quel rincrefcimento fiete folito fentìre i colpi tche la fortuna vibra con - tra /’ onefie infelici perfine > col qua-le gli fentirefie , fi contra voi me- ' de (imo foffero fcagltati ; e conqueir occhio riguardate gl * infortuni » e mi- ferie altrui , concui riguarderefie quel- le de* vojìri più cari congiunti . Di qui èy che e col configlio , e con /’ opera non mai vi mofìrate fiancodi fivvenire > e beneficare coloro > i qua- Digitized by Google * quali per la loro innocenza fi ren-dono meritevoli della vofira protezio- ne ; ; ed avendo avvertito , cheil ve- ro carattere degli animi nobili , an- zi quello , che piu.all' Al tifiimo ld- dio viene ad accodarci , è * il f al-levamento delle per fine \o dalla ma- lignità degli uomini, >o dall'.avver- ata della fortuna inìquamente fir ac-' date ; voi perciò,avete creduto im - prefa degna di voi lo fendere a que- > fie benignamenteil braccio , acciò la Patria vofira potefse andare altiera ; e darfi vanto -, d'. avere >■ d mercè di voi maifempre aperto un a filo all' innocenza , re .fempremai pronta una fpada cantra la malvagità ,e la co* lunnia . Con tal- mezzo voi rifiorate - i danni , che lame de [una '.per /’ im. matura morte dì MELCHIOR PAR- TINI vofiro .degnifsìmo , Fratello ha que fi* anni addietro, fifferti # e quello~ fplendore le ritornate ,%che allora per efser ella refiata priva-d'-uno de'-fuoi ■ più cofpicui , e qualificati Cittadini ,ave- aveva pèrduto l ; A che fero molto t moltocontriluifcono ancora gli altri due vofìri meritevoli (fimi Fratelli , di- co GIOVA M BA TJS T A 'PA RTI- NI > Abate della Reai Badìadi San Pietro di Loreto nell ’ Abruz- zo , e il Padre CARLOPAR- TINI , Definitor Perpetuo Carmelita- no t la prudenza ,e pietà di cui è così nota , e pale/e in quefìa Cit- tà. .y che.inut il cofa farebbe il farne per me qui parole . Ma troppo chiaroio m’aveggio d* avere già foverchiamen- te la modejìia vofira offefa ,non ri- flettendo f che una delle maggiori lo- di > che vi fidebbono , è appunto il franco rifiuto , anzi difpregio , che voifate delle medefime , Solo mi re- fia adunque di fupplicare ilgenerofo animo voflro a ricevere in buon grado ia piccolezza deldono , che umilmen- te vi offro , non alla qualità di ejfo , ma alde fiderio dei donatore riguardan- do \ e pregandovi in fine a nondifdir- mi la fofpirata grazia d’effere anch' io al- A >** » * * allogatotra i voflri ~ fso v • y i , , , • Di V.S ♦ . / f. * * i l Rovereto 17.Ottobre 1732; V *'> 1 ^ «a ^ V . o V^ / «' • 1 . . . . t i » ‘ t •• « • V « • 1 J VmìUfs.Devotìfs. ObbUgatìfs. Servo Pierantonio Berno. lo Digitized by Google LO STAMPATORE ACHI LEGGE. * - , • . N ON poco tempo e (Tendo , cheva per le mani degli ftudiofi una Lee* tera manoferitta del SignorGiu » feppe Valletta Letterato Napoletano in di- fefa dellaFilofofia moderna , e d’ alquan- ti Tuoi concittadini profeflori dellamedefi» ma , .fino dal 1700. dirtela : ed avendo rav. v ifato ,com’ ella è molto avidamente ricer. cata , e letta dagl’intendenti ; ho(limato di far colà grata al pubblico , ed alle per* Ione letterate, dandola fuori per mezzo delle (lampe, sì per renderla più comune,e sì ancora per levare la briga a chi deli* dera averla, di farlatralcrivere.* (concia co*, là parendomi , che un così utile lavorove* nirte tuttavia contaminato, e guado dalla trafeuraggine, efonnolenza de’copifti. Io a» vrei per verità molto caro avuto diabbatter* mi (e non all’ Originai medelimo dell’ Auto- re , almenoa qualche copia elàtta , e fedele; il che per diligenza ufata non m* èvenuta pienamente fatto di conlèguire. Spero però,' che mercè 1’afliftenza da perlbne delle buo- ne lettere amanti predatami > lequali lì fono validamente adoperate in correggerla , rive-dendo poco men che tutti i palli nel proprio fonte, e togliendovi que*moiri , e quali in- finiti errori incorfivi nelle copie ; ilcottele Lettore non avrà molto che deliberare . V* ho in fineaggiunta un’Offervazione fopra la medefi ma, affai tortele mente dal Sig.Gir ola- 7 ino Tartarotti Róveretano comunicatami , la quale fonopiù che certo , o Lettore , che non t’ increfcerà d’aver Ietta. Vivifelice , e - favorirci col tuo aggradimento la buona incli-nazione,- ch’io ho d* adoperarmi a tuo van- taggio . La fegùente notizia, polla per più contezza dell* Autore dell’Opera , è tratta dalLeffico degli Eruditi del Sig. Burcardo Men. thenio . • ’ '• '■ » •Giufeppt Valletta Giureconfulto Italiano , na. Io in Napoli a* 6 .d' Ottobre V anno 1 666. fece la pratica nella fua Patria , e ranno unacopio, ftffimd libreria , injìeme con un gabinetto prezio fo dimonete antiche , in frizioni ecì Corrifponde . va co ’ più infigniLetterati d’ Europa . Traduf- fe alcuni libri dall ’ Inglefe in Italiano. Scriffe un libro della necejjìtà della [olita pratica in ma-teria di religione , come pure un ’ opera toccante V impresone di monetemove . Morì a' $. di Marzo Vanno 17.14. '• BEA. Digltized by Google I v s * 2 . BE AT 1S SIMO « P A D R E. f * »**• ♦ » « 4 %# * • * t • • • f f •f l,i * • » ; r r* « *I. ’ s. »4 I Ntichìflìmocoftumefu Beatissimo Pad re ,o dir il vogliamo naturai genio,ovvero inclina- zione, o qual egli fi .fia avvenimento degliuomini, i quali a’pofteri hanno avuto in penfiero di lafciar qualcheme- moria per mezzo delle lettere, di muo- A * verfi Digltized by Google % verfi a tal opra dapicciola e lieve oc- cafione , ed. alle voi ce incominciare daballe , e aHai deboli fondamenta , ed indi poi pian piano p a dare piùolcre fin- ché al defiato fine fi aggiunga ; e quali Tempre digiuni, e non mai fazj di di- vorare fulle carte il tempo , e l’ore.Quindi è , che veggiamo , che una fa- - tica, la quale fui principio fuftimara opra di pochi fogli , tratto tratto li avanzi » e fiaccresca in tanta gran- dezza , e mole , che a gran pena fe ftelfacomprenda . Lo ftelfo eflere av- ' venuto a me io già divido; ma nonfo com’egli avvenuto fia . Perocché aven- do già per foddisfare algènio de* Depu- tati » incominciato a fcrivere una lette- raindirizzata alla Santità' Vostr a intorno al procedimento del SantoUf- fìzio nella noftra città di Napoli ; cer- to è, che io non ebbialtra intenzione^ che di raccorre breve e femplicemente le ragioni)ch’ella ne tiene. ..Indi po>i crefcendo da giorno in giorno , ociò folfe per l’ampiezza della materia > o per r Digitized by Google pér la moltitudine delleragioni , e va» rietà degli argumenti, e delle autorità che firecavano in prova; s’ è tant’ol- . tre la fcrittura avanzata. , eh* è-per comporre un volume intero .. Così io mentre penfava di averegià compita tutta la fatica , volli ancora inveftiga- r e lacagione , el’ origine de* movimen- ti > e tumulti della noftra città,acca» * » duti per tal procedimento nel tribunaledel Santo Uffizio ; quand’ecco che io conobbi-, Ae vidi chiaramente, chela cagione-di tai tumulti altro non fia fra- ta c che una talgelofia, per così dire, di Scuole coll* occafione d' una . cer* taFilofpfia , nomata- comunemente Moderna , avvegnaché dia fia anct»chiffima , e profetata dagli uomini mi- gliori, e più fa vj della noli ra città. £ perchè la cofa o non è pur ben intefa , ovvero fe intefa, per ambizione, por aftio, o per altra cofa , è contrafiata acampo aperto , fono forzato , come av« vifai nella fuddetta altrafcrittura > con quell* altra lettera , indirizzata pari- A2 racn- f i Digitized by Google mente alla Santità* Vostra , dimoi Ararne apertiflinumente laverità. ( per ordine ancora datomi da’ medefimi De- putati )acciocché niente li taccia per quello , che convenevolmente appar-tiene alla difefa così della vita » come della fama de’ noftri cittadini; e difen- dere un lungo ragionamento > per far palefe una volta> e più chiara teliimo- nianzaal mondo dell* empietà della Fi-iofolia Ariftotelica * « dell* innocenza di quell* altra che chiaman Moderna;al di cui manifeflamento ben poteano dare opera gli altri , e nonftarfene sì lentamente a ripofo in una caufa pub- blica, e ditanta, importanza ,• perla quale ne lìamo malignamente tacciati ,echi per Eretico» e chi per Ateo» fe- condo il livore» e l’ignoranza diquelli banditori del Periparo; mentre vene fono pur moltiintendentilììmi di que- lla novella Filofofta , che meglio di me» epiù profondamente l’appararono» il che loro eforco a fare ugualmente ,per non cadere almeno nel bialìmo» che Ci- .cerone diede acoloro , che appretto di fefolirengon na 'corti i tefori delle let-tere!,, fenza farne partecipi gli altri ; così dicendo nell’orazione afavore di Archia . Pudeat , ft qui ita fe litteris abdiderunt , utnibil po fjìnt ex bis , ne - que ad communem adferre fruSìum ,ncque in : adfpeSìum , lucemque proferì re . Ma non con animo , chepubbli- candoli quella fcrittura » vi lìa taluno, che fcrivcndofull’ifteffa materia , del- le medelìme co fe li avvagha , facen-done un’ altro edificio , in cui non vi ila di nuovo che una deferentefigu- ra, e dimenfione. . . Laonde tralafciando la partedifpu- tabile, dalla quale fempremai la veri- tà fugge , e ne valontana , opponen- doli ragioni a ragioni , . argomenti adargomenri , e fpette volte iofifmi co* fofifini pugnando » con aliaidelibera- to conliglio ho, fcelta la-parte idonea, in qua ponete,argumenta licei , non argument ari . , La quale ettendo màe- firadella vita , e de’ tempi , e de’co- A 3 ftu- «« _ _ fiumi allo ferì vere di Cicerone fteflò jpotrà affai bene acconciamente com- parire più fchietta, e piùfinceramen- te difenderli avanti la Santità* Vo- stra la caufaoneftilfima, e il diritto di quella Filofofia iniquilfimamenteoltraggiata dalla turba de’ Peripateti- ci . Così furon degni digrandiffima lo- da tanti fcrittori , e Greci , e Latini ; i- qualiall* i fioria fi appigliarono , po- nendo perpetuo filenzio alle difpute, tormento degl* ingegni delle Scuole li- cenziofiflime dellefeienze : così anco- ra fu degnilfimamente commendato an- che daglieretici fiefii il dottilfimoCar- dinal Baronio , il quale dovendofcri- vere delle colè appartenenti alla noftra Chiefa cattolica »lafciando a’ chioftri le controverfie , e le quefiioni , elefie conaffai maturo , e più fano avvedi- mento la parte ifiorica > per trarnele confeguenze- più vere , e reali . Plus enim Annate s Baranti> quam Contro - verfue Bellàrmini bar etici s necuerunt . • .£qui io avrei già finito , nè bifb. gne- ; . 7gnerebbe più dilungarmi : ma perchè 1* origine di tutto ciò è. d’uopo che Ha palefe , prima di paflare più oltre , e affine , ,-cbeniente fi taccia per quello, che appartiene alla difeia , cosìdella vita , come della fama de’noftri citta- dini; egli èneceflario far noto ancora alla Santità' Vostra, che 1 * origine diquelli nuovi rigori dell' Inquifizio- ne ella è data , che vedendoli purtrop- po fuora de’chioftri dilattate le lette-, re, e propagatanella noQra patria la Filofofia , la quale o fia. propria fata-lità / portando fempremai feco defla difa*gj , e fyenture , come diceBoe- zio , Atque boe ipfo affine s fuiffe vtde- mur maleficio ,quod tua imbuti dìfcU pìtnis o Pbìlofopbia :o-fia per propria-gelosìa delle fcuole degli altri Filofo-, fanti ; perchè Nibil voluntinter borni' nes credi jmlius , quam quod ipfi te w, nent / hacagionato a’ medefimi fai movimenti,. che fi fon lafciati a dire,.che quella fpffe di pregiudizio aliano* Ara fede , perchè da’ principid’ A-ri-, A4. fio- . /•» »Itotele lontana fia, come per la tanta autorità data ad Arinotele ,diede mo* tivo a taluno di dire fcherzando: Se»* %a Ariftotele noimancavamo di molti articoli dì fede : come fe quelli fof- fero(tati cavati dalla dottrina d' Ari- notele , e non dalla facra Scrittura, e da altro ; che tanto dir non fi po- trebbe di S. Paolo , quantoalcuni han detto d’ un autore gentile , quando, come fcrifle unaltro autore , e con fenno : Sanila fanliorum non babet _ betePbilofopbia . Ma prima di venire allo fcioglinaen- to diquelle vaniflìme oppofizioni , egli è di bifogno ricordare allaSantità* Vostra , quanto fia (tata commenda, ta la Filofofia nonmeno da' Gentili, che da* fanti Padri medefimi . Ecco quel > chese diffe Tullio . Pbilofopbia am vita parentem , & hoc parricidiofe ( quifquam ) inquinare audet y & tam impie ingratus effe ,ut e am accufct , quam vereri de ber et etiamfi minus per - ciperepotuijfet ? S. Giuftino così : Pbi- lo m I ! 9 lofopbìa efl revfrà maximum lonutn t &poffeffio i & apud Deum verter abili fi qua" ducit ad eum >&■ fi flit fola > & fanti i , beatique Htì, qui mentem etdo- nane. E più oltre: Nemo fine Pbilofo- pbia reti am rationemintelligit ; quare omnes homines pbilofopbari % & barrepracipuam fanti ione m ducere (de. San Clemente 1* Aleflandrino n* avvifalo fteflò, e Sant* Agortino parimente co- sì : Qui Pbilofopbiamfugiendam putat % nibil ■ vult aliud , quarti noi non amarafapientiam . E 1’ A portolo quando dif» fe , Videte ne quii vos decipìatper Pbi- lofopbiam t egli intefe di quella Filofo- fia , la qualecon folli argomenti da Sofirti > e fecondo lemalfime del mon- do6 produce ; il che chiarirtimo fi feor- ge dalle parole che feguono , aut ina • nem fallati am % fecundum traditionem bomìnum , fecundumdementa mundi . 11 che vien dichiarato da Sant’Agoftk no medefimo,detto luogo fpiegando: Et quia ipfum nomen Pbiiofopbia ft con-fiderete rem magnam , totoque animo ap- Digitized byGoogle *° appetendam ffgnifieat ( fiquìdemPbiìoì fophia e fi amof yfiudìumque f apienti* ), . cautifftmeApcfialus h ne ab amore fapie a*, ti* deterrere videretur , fubjeeitfecun - d*m dementa bujus mundi . . Egli è dunque affai benchiaro, che nè Satv Paolo , nè Sant* Agoftino , o niun altro fantoPadre , Greco, o La- tino , abbia giammai pretefo , che quel» laapparare non fi doveffe ; anzi che leggiamo tutto il contrario , comes’è detto. Al che aggiugner u può - l’av- vertimento di S. Clementel’ Aleffan- drino fopral lodato; Pbilofopbiam ante Domini adventùm, Crucis ad jufiitiam fui (fé neeeffariami nunc autem ad pei caltumt & pietatem utilem effe (*j La m* * » i j C|tt3e l •». ■ • » » ... " « » « ... ’ *(*) Quello non fi vuol in terpefrar In modo, che S* ClementeAimafle , che I Greci fi giufti6catfe- ro per mezzo della Filofofia .»Egli credeva , che la Filofofia remotamente gli difndnetfe alla cogni-zione di Crifio , dando lor notizia del vero Dio, c fomminiftrando loro imezzi per isfuggire gli er- rori . Per altro fenza la Divina grazia , lafede, la carità &c. non credette, che uom fi giuftificaf- • fe.Vedi Naral Alefiàndro Dijfert. Vllh in Hijior . , E cc kf. f*c. IL Digltlzed by Google qual co fa ugualmente avverti ilCardi* nal Palla vicino : La Fibfofia nelle dot- trine Teologiche èutile come i foldati frante ri negli eferciti; cioè in maniera chefervano > ma non comandino . Im- perocché a tutti fi permette laliber- tà di fìlofofare. Bona mene ( dice Se- neca ) omnibat patet, omnes admittit , omnes ad hoc fumus nobile r , nec rejicitquemquam Pbilofopbia , nec digit > omni- bus lue et . Tantomaggiormente che la natuta invidiofà per così dire a li- vellare ifuoi Segreti avarifiimaraen- te permette , che ora una cola , oraun* altra fi fveli , come s’ è finora fperimentato per tanteofiervazioni fatte e che fi fanno in molte cele- bri Accademiedell* Europa , (copren- doli fempremai novelli arcani » non chenuove, e plausibili opinioni nel- le Filosofie . Jn Pbilofopbia (lafciò fcritto Seneca fcefio ) re maxima , & involai iffima ,cum etìam multum atìum fuerit , omnis tamen atas , quod agat ,inveniet . Quindi Atenagora , che det- tò k* tèun’ Apologia . a prò de’Criftiani agl* Imperatori Antonino , eCommodo ambeduo filofofi , dille : Nulìum in Pbilofopbia rcdundatCrimea .. £ più oltre così : Profeto autem bac crimine vacat .Tutto ciò però intender fi dee per la cognizione di quelle cole >che dipendono da caufe naturali, non al* tri menti foprannaturali.Il che fu con- fiderà to dal medefimo Seneca , ancorch* ei foflegentile . Perfeveras ire ad bo~ nam mentem , quam fiultum ejì opta- re, cum pojfis a te impetrare. Non fune ad Ccelum eleva» damarnisi &c. £ pri- ma di lui avvisò Simplicio , Eos folum decauffis naturalihus pbilofopbari fiata « ifie: nequaquam autem de Ut ^qua fa « fra naturam exifiebant . r : Ora fia lecito d* efaminarepiù efpref- famente, fela Filofofia, che chiama» Moderna fia d*alcun pregiudicio alla noftra fede cattolica . .Primieramente è neceflario, ch'io rinnovi alla mente della Santità*Vo- stra quei tempi più frefchi , in cui sì Digitized by Google sì felicemente apparò le feienze tut- te, e con ciò : io rinnovèlli , e rallegri infìeme . 1* idee della primafua età ; perchè non v'è co fa (come ditte il Cardinal Bentivoglio) che maggior- mente I’ animo ricrei , che la memo- ria degli annifcolarefchi , perchè ciò egli non è altro , che un tornare a vi-vere quella vita innocente , e piò lieta dell’ uomo. Si ricorderàdunque Vostra Santità» , che malamente quefta Filofofìa fia nomatamoder- na , perocch* ella è più antica , anzi la primiera d’Bardefane, ed altri difenfori della Religione, furono tuttiPlatonici • Ed a chi non è palefe l’A- leffandrina fcuola in Oriente ,ripiena di tanti fanti Padri, e tutti Platonici? Origene, Clemente,Cirillo, Eraclio, Dionifio , Atanafio , ed altri , io modo cheAleflandria , non meno per lofplen» dorè della difciplina Ecclefiaftica ,che della domina, fu dimata un’altra Ro- i ma, e la feconda fediaPatriarcale do» po quella di S. Pietro . Sant’Agoftino nel librodelle Confefttoni di fe fteffo , e \ d* altri rettifica eflere flatiPlatonici , quan- / Digltized byGoogle quando e’ narra la vilìta , che fece a Si m>pliciano > maeftro dì Sant’ Ambrogio, raccontandogli i libri eh' egliaveva letto de’ Platonici , da' Vittorino Ora- tore Romano tradottiin Latino , che morì poco dopo d’elferfi fatto Criftia- no . Soprala qual cofa fè palefe anco- ra il piacere, che ricevetteSimplicia- no in fentire , che non era caduto nel- la lezioned'altri libri di Filofofia , pie- ni di menzogne, e d* inganni; malo- lamente in quei de' Platonici , che in* fegnavàno la conofcenzadi 'Dìo, e del Verbo Divino , le di cui parole fono qu ette:Gratulatiti eft ntìbi , quod non in aliorum Pbilofopborum f cripta incidif- fem , piena faltaciarum , & deceptionum , fecundum dementabujus mundi : in illh autem omnibus in ftn aari Deum ' % & ejusVerbum . Indi Agostino ileflo poi gli 1 chiamò i Filofofi di Dìo amatori; ed Eufebio nel libro XI. della Demolirà- zione Evangelica , narra, commendan- do tanto le contemplazioui di Plato- ne, averle tratteda’facri libri degli E-' B x brei , IO *,* brei, cioè dell’Ente primiero ndelPI- dee , deli*,immortalità dell’ Anima , della produzione dell’ Univerfo ,;del bruciamentodel Mondo , del R i forgi - mento de’ morti , della Terra cele (le*e del Giudicio'. ultimo : il cbe vieti ri- portato ancora da TeofiloGaleo in di- fefa della Filofofia Platonica; ed Eu- febio. (lefibla difugualianza tra la Fi- lofofia Platonica ,.e T Ariftotelica inquella maniera divisò : Mofes , Hebra't- que Pro.pheta beate Divendifinem tn P r ih mòdo • che fecondo la jua dottrina il Mondo * non ègià - una monarchia , ma poliarchia y o piuttòflo anarchia p. ciòche -San 'Gregorio Na%i. anzeno ha' affai ben ■ condannato . *II, Platone chiama 'Dio nofìro fovra - no Padre:' Arinotele nonconofce ver fin Dio' per padre . 1 * «4 u«>v > -.-v. ->III. Platone nel primo- libro della fua Repubblica affìcura ,- che Dio fia > una fo fianca (empiici fftma : • Arinotele ah duo-decimo della fua 'Me taf (tea , lo pone nelC ordine degli animali > edell' effe n^e compone. B 3 IV- il . ; IV.Platone nel [e fio della fua Re- pubblica , che Dio fta nofro fommobe- ne : Arinotele al duodecimo, della fua Metafiftca , che' Diofta un bene , che conviene folamente al primo Cielo > del qualeegli è Motore. > , . V. Platone nel quinto della ' fuaRepub- blica y che Dìo fta la fovraha Sapienza: . Arinotele y che.fta un' intelligenza , che conofcendo le cofe un he rf ali » non, f appia le. particolari . • •**..« VI. Platone nel Timeo y che Diofta onnipotente,: Ari fot eie nell Opere fue , che, non abbia' altra potenza. > che di far muovere il Cielo. , . VII.Platone nel.Filebo , , nel Soffia* e nel Parmenide % thè . Dio abbiacrea- to le foftanze incorporee: Ari fatele che tati .? X; Piatone , che il Mondo offendo' un corpo , abbia . una potenzafinita: Ari-, (tot eie , che il Cielo , e il Mondo abbia- no unapotenza infinita dì muover fi . XI. Platone y che il Cielo , e ilMon- do^ come corporei ftano corruttìbili • A* tintoteleincorruttibili « - = XII. Platone , che- Dìo [taf opra ogn\ efiere , J opra ogni foftaitzai Arifioteic-y. cbe’fìa falò foftanza . ^ X /. . Platone che hi fogna pregare D.io .a fiacche ci 'faccia buoni.: Anfiote - le , , che Dio. -non .poffa- fentire, le no fire preghiere , non conofcendo le cofe parti» eoi ari .XXllvPlaton* i/ebe p uomo di buo- na vita. i:. fta gradevole' aDio: Art fia- te le , che non .io gradifc4-\ t % 'non cono»fcendolò\ «'■Vi ( , .. . . ^ viv ■.XXIII, Platone , che dopo morte, 7* ani- «* *5 animede * malfattori fatto gafligate : ' A- ri flot eie-, ube /’ anime e fendocorrotte Col corpo i non -patif canti- più altro . f ■ XX^fV.-Piatone y^ thè, i' morti rifer- gerantio' 1 Arijìotele , che dallaprivanti* otte all'abito non vi fia "rif òr pimento .XXK Piatone , che V anirne derub- ili faratino collocate in luogo ydove fa- ranno molto' felici i' Arinotele non cono- fce alcun-luogo di quefia fori a . • '■ ' Quindi il Sidonio-difle,Explicatut Plato, ìmpiicat ut Ari fot elei, 'e il Pei trarca deldifcorfo dell* ignoranza di fe ftefloy e d’altri, attéfta , chePia* toner» Divinum, Ari fot e lem Damo» iuta Grati nuncupabant ; eperò nel Trioni» fo della Fama, così di lui. degnamene tecanto: A • \ \ • t I n it .V'olfimi dà man manca , e vidi . Plato, ....... Cfo n quellafcbiera andò più prefr , . fo al fegno, . s «* 4 / ?«*/ aggiunge ,a chi dal cielo ...... ^ dat o • .. '*■ ... E fi- Digltized by Google *, £ finalmente tutti concordano,che la Filofofia di Platone fia fiata la più favorevole > edacconcia , e quella d* «Ariftotele la più contraria , e pregiu-diciale alla dottrina della nofira Chie- fa cattolica, E Sant* Agoftinoattefla. Platonica f amili* Pbilofopbos facillìme omnium ,paucifque mutatiti r fieri poffe Cbrifiianos , Anzi un Autore, chefé* ce una Diftertazione del modo di ftu- « \ 1diare la Teologia , impreca coll’altre di Ugone Grozio De Jìudiisinflit uendis , vituperando aifatto la Filofofia Ari» fio te lica ,e ragionando egli degli anti- chi Filofofi Crifiiani , così dice \\Qm quis effet Arifiot elicti s , eo minus • Còri- flianum fuiffeE, de’ Padri foggiunge : Olir» multi viri pii , (S doElì % Origene:t Clemens Alexandrinut , Jufiinus , Augu - jlinu ! , & alit yex Plafoni s fcbola ad £c- clefiam Cbriftianamtranfierunt : f ednul- li y aut certe pattei ex fcbola Ariftotelis , qui metaphyftcisejus fpeculationibtn , & arguti is inferii erant . E ilmedefimo Autore dice f che Pietro £amo era -fi d’opi* Digitized by Google d’ opinione , che fi dovefle bandire daT tutte le Scuole , ed Accademie la Me-t tafifica d’ AriftoteleuPetrus Ramasi I ( fono parole dello fleflò Autore )stiri do fi us , & perfpicacis in Philofopbia ju- dici't ( luetAriftotelici contra fentiant ) Tbeologiam illam , quam ? Arinotele sin Metapbyjica docet » impietatem omnium impie tatum maxime execrabìlem, & de-> tefiabilem effe confirmat , adeoque ex A- cadem'ùsexterminanàam , ut a multi s fa- flit atum efi . Avendo egli ancorapropo- fto> fecondò l'ufo dell’ Uni ver (Ita di Pa* rigi ,primach’ ei fofle creato Maeftro , e primachè caduto fofle nell’erefla,pub* bliche Conclufioni,per le quali foftenne, Qutecumque ab Arijlot eie dì fi a funt^falfa 4 & commentiti a effer , e perciò ifuoifcrit- ti in Francia in grandiflimo pregio fono tenuti . £ diGuftavolte di Svezia rap* porta il medeflmo Autore > che OmnesMetapbyficas a regno fuo expulit t & exfu- Idrejuffit . Comeprimamente Antonino Caracalla, conofcendo ancor egli quefra verità, vietò affatto l’ Accademie de’ ‘ Pe- / Peripatetici , 'facendo bruciare ancora tutti i Iibrrd’ Arinotele . EPietro Poi- ret nel libro de Deo , le diede più. che bando dallefcuole con quella ’ defini- zione: Pbilofopbia e fi contemplatiti ,vel cotnpages nugarum Scbolafìicarum ) Ari - fiotelicarutii t velfimiVtum , ad oblivi] ce n- dum Dettm , mentemque tumidi s tenebri!t & inquieta - pet ulani ta implendam ; In modo che da’mèdefimi Eretici fi con- feda edere la Filosofia Ariftotelica dan-nofilfima al Criftianefitrio. ■: £ chi potrà giammai dubitare ,che la Fftofofia Ariftotelica- fia Hata l’uni- ca e fola cagione,anzi l’origine ftefta di tutte 1* creile, eflendo ciò mani fe- lloper l’autorità di tutti gl’lftorici, e di tutti i fanti Padri , ' che inquei tempi fiorirono, i quali erano preden- ti alle difpute , e ne’Concili ftefti per confutarle ? Aezio Vefcovo d* Antio- chia ne’primi tempi appunto della no- ftra Chiefa , non fu egli Eretico, epoi foprannomato Ateo: Astìus Atbe- usì non peraltro, fe non perchètrop- *9 po addetto alle Categorie d*Arinote- le egli era , come nota Svida; ed Epi- fanio , e GregorioNifi'eno lo ftefio afr fermano.. De Chrijìo magis Academico t quantEccleftaftico more f ape differebat . E fattoli pertai fofifmi Eretico ,e poi Ateo, coro’ è detto,; fu. privato della Chiefa, e la fuafetta, ,ch’è la ftefla, che l’Eunomiana , detta da Eunomio fuo,difcepolo , e compagno nell’erefia; fu fino alla morte perieguitatadagl* Imperadori Onorio „ è Arcadio ; e Te- miftio Ariftotelico ,come nota Svida ftefio , chefcriffe fopra il trattato del- la Fifica». dell*. Animai» e d’altri libri d’ Arinotele , fu Eretico, comeGio- vanni Filopono. ; N ice foro così d’eflb loro dicendo :Johannes ifte Philopone - us Alexandrìnus , . ita ut diximus Trithei- tarum i hdereticorum pr afe Bus fuit , prò- inde atque olimTbemiftius Pbilofopbut jub .Valènte Agnoetarum feft & , qua conventi»lucis ad Be- Hai? £ S. Gregorio Nazianzeno ugual- mente ne fa moltadoglianza, dicendo : In Ecclefiam irrepftffe captiones fopbiflicas, ac pravum art if cium Arinotele# artìs , & bujus generis alia, veìut ALgyptiacas quafdam piagar . E altrove così . AbjiceAriflotelis minutiloquium , Jagacitatem , & art ifi cium: abjicemortale s illos fuper Anima fermones,& human a illa dogmata. Edin altro luogo deteftando in tutto e per tutto Ariftotele il chiamaStruggit »• re della provi de n^a Divina . Ireneo in in quefto modone parla: Minutiloquium, & fubtilitatem circa quajìiones , cumftt Ariflotelicum , fidei inferre conantur : Lattanzio così ;Arijlotelem de Deo ìpfum fecum dtfftdere , & repugnantiadi- cere t & Jentire immo Deum nec colu- ti, % nec curavit «San Girolamo ad Eu- ftochio feri vendo : Attende & tu fa -tuorum fapientum princeps Ariftoteles . In altro luogo . Omniumb*reticorum do- ppiata fedem fthi & requiem inter Art -fiotelif , 0 Cbryfippi [pineta reponunt , & Ut fub diem cunfiaconcludam fer mo- ne , de illis fontibus univerfa dogmata ar -gumentationum fuarum rivulis . trabunt . E femprcmai.con aperto vocaboloGi- rolamo fteflb verfutiet chiama gli ar- gomenti di lui. Origenene* libri ch’ha fatto contro Celfo , grida in più luo- ghi controd’ A ri Itotele come nocivo al Criftianefimo > e la maggiorparte degli altri fanti Padri fono del mede- limo fentimento, comeSàn Giuftino nel Dialogo per la verità della religio- ne Criftiana-con Trifone Giudeo : S. Clemente PAleflandrino nelfuo avver-timento , . che fa a’ Gentili ; Eufebio in più luoghi delle fue Opere:Sant’Ata- nalio contra Macedonia no : San Gre- Digitized byGoogle gorio Ni fieno eontra Cunomio : San GregorioNazianzeno più voice nelle fue Orazioni ; Sant* Epifanio ne* libricontro l’ercfie : Sant’Ambrogio di nuo- vo ne* libri degli Uffizi : SGio. Grifo- ftomo fall* Epistola a* Romani ; e fo- pra tutto, quel»che ne feri fie Tertul» liano in più d’un luogo nel libro dellePrefcrìzioni , e dichiarando egli quel di San Paolo , Ne quii totdecipiat per Pbilofopbiam , intende egli quella d’A« riftorele vana, e fallace per fentenza di tutti. Quindi Cirillo l’ A leflandrU nogridava.* Heeretici- nìbil aìiud , quarti Arifiotelem ruSlant . E Sant’Ambrogio con ugual fentimento, e colle lagrime agli occhi dicea ,Reliquerunt Apofiolunt » fequuntur Arifiotelem . E fra ModerniMelchior Cano così ; Habent Arifiote- lem prò Cbrtfto , Averroem pròRetro , & Alexandrum prò Paulo . E tant' ab tri, i qualil'hanno riprovato, e con* futato , foto per timore, che non s’irn-primefle al Criftiano un carattere deb fa fua dialettica » per eflertutta con» *• C tra- traria alla femplicità della fede> la qua» le altro non richiede , che una umile fommiffione» etotale credenza, fenza veruno ragionamento , e difcorfo uma- no . Efinalmente lafciar non fi dee ciò , che ne fcrifle S. VincenzoFerre-- rio » che fremeva contro un tanto abu- fo nelle Scuole .Quel Predicatore io dico tanto zelante , che introduce la vigilanzadell’ Inquifizione .per man- tenere la purità della fede, nonappel- la egli queft-a dottrina d’ Arinotele, e quella d‘ Averroefuo feguace, Pbia ìas ir che nell’ anno MCCIV. fotto Filip-po ;1* Augufto , per pubblico confi- gli©,' come dannevoli alla noftrafe- de i libri della Metafilica , che al- lora folamente vedutis’erano, e tut- ti gli altri ancorché, non veduti , e foflcro per^comparire , fu ordinato > che fi ì mandafiero alle fiamme . Ec-co le : parole . , dell’ Iflorico riporta- .te dal medefimo Padre Petavio> in diebus .uillis .legebantur, Parifiis. li- belli quidam abArinotele > ut dice ? » C i ban- Digltized byGoogle * bamur, compo fiti t luì aocebdnt Meta- pbyftcatn , éf 4 Graco in Latinum translati; qui quoniamnon folum pre- dilla bareft fententiis (ubtitibus occafto * **0»prabebant , ò»/»o 6 * 4/»/ sondane investii pr abere poter ant , jufifunt 0- mnes comburi t & fub paena excommuni- eationis cautumeft in eodem Concilio , ne quìi de cetero eoi fcribere , legere frafumerete vel quocumque modo b abe- re. Esfei anni dopo che fucondanna- ta ia Metafilica dei medeiimo , il Car- dinal di S.Stefano mandato in Fran- cia da Innocenzio III. in qualità di Le-gato , proibì a* Profeffori dell* Oniver- fità di Parigi d’ infegnare piùla Fifica del medefimo Arifrotele , il che fu con- fermato poi peruna Bolla di Gregorio IX. come ancor prima per lo Concilio •Tu rosefe fotto Aleflandro IIL fu pa- rimente vietato leggerli più laFifica a’Religiofi ; quindi dall* Università del- la FacultàTeologica di Parigi , c da Francefco primo fu fcabilito > Che s*r Digitized 37 infognale la f 'antaScrittura , i fanti Canoni > i fanti Padri , la Teologia an-tica con tutta la purità e femplicità pofjtbile , e che fe ne sbandi(fero tutte le vane fattigliele , come riferifce coll* autorità dimolti , M. Baillet . Alma* rico ( narra il medefimo Ifrorico , ri*portato dal P. Petavio (tetto ) non fu egli eretico , come feguace de*princi* pj d* Arifrotele? Simone de Turne ce* iebre Profettòre diTeologia della me- defima Univerfità di Parigi, e David Dedinant, pocotempo dopo , non fu- rono acculati per eretici , come trop- poattaccati, a* fentimcnti d* Arinote- le ? Gli Abailardi t i Lombardi , iPoi- * tierfi, i Porretatii» come Iettatori del medefimo , nonfuron eglino eretici ? Quefte fono le parole del prologo del librocontro le fentenze de* medefimi condannate « Quii quii hoc legerit ,non dubitabit quatuor labyrintbos Francia , id efl Abaelardum ,& Lombardata , Pe- trum PìEìavìnum , & Cilbertum Porre*tanum uno fpiritu Arijìotelico affiatos , C j dum 3 *. dum ineffabtìia Trmitatis , & Incarna- tionìsfcholaflica levitate t raffi arcnt , multai barefet olim vomuiffe , &adbuc errore s pullulare. I Luteri, i Calvini , iMelantoni , iBuceri, i Zuinglj , e ' gli altri loro feguaci , ancorché apparen-temente fi dimoftraflfero nemici. d’Ari- ftotele, gettarono, ecoltivarono i loro velenofi Temi , non con altri ^principi fe non'con quelli d’Ariftotele ftefio . I Pomponazj , i Porzj , ed altritraligna- rono da’ veri fentimenti deirimmorta- lità dell’anima,non con altro errore , fe non con quello d* Ariftotele medefi- mo .I Serveti , i Socini , i Poftelli , non con altra direzione che di luiftefio divulgarono que’ loro pefiimi ritrovati ; e fceleratifiìmeinnovazioni alla noftra Religione . 11 Macchiavellifmo, ch’è loftefio che l’Ateifmo Exiit ( dice il Campanella , col fentimento ancoradi Melchior Cano , dottifiimo Spagnuolo, ed uno de’ più facondiScola dici del Tuo tempo, ed il maggior ornamento della famiglia Domenicana, degnifiimo Vef- , co- Digltized by Google J9 covo nell* Ifole Canariè, e fu eziandio unode'Padri , che intervennero ahCon- cilio di Trento) exiìt t torno adire,, ex Pcripateticifmo - Il quale aggiunge anco- ra : ExArinotele nata funt in Italia pe* fiifera illa dogmata de mori alitateanimi , & divina circa res bumanat improvi dea- tia. £ Senecaancorché Stoico , perchè la Filofofia Stoica alla Criftiana li ag-guaglia,' come dice Girolamo il Santo nelle Aie Epiftole » non fuvalevole ar cancellare dal cuore di Nerone Aio di- fcepoloque* peftilènriflìmi. fentimenti, che imprefli. gli *avea. Alèflandrod\E- gea Aio primiero maeftra f efilofófo Pe- ripatetico. ComePeripatetico fu ancor ' Sergio , il maeftrcnperfidilfimodi Mau-mety il che* vien -riferitò da Pico della Mirandola ; avendo ancoi egli (Arido* tele io dico) d’ una maniera- infegnato la fua Fitofofìa adAlèflandro , e d’ um al- tra in Atene, quafi che varia , ediver- fàla.lnat ural Filofofìa infegnar fi dovef» fe ad un Principe ciré alpopolo ; del che molto-de me. querelò «Alèflandro • cor» 4 ®. . „ Arinotele fteflb , il quale fu atnbiziofó neldominio delle lettere , come fa di più mondi . £ il Carpentario ,an- corché eretico, nel principio del libro della fuaJFilofofìa libera , non dice li- • \ bera mente cosìtjQuis enim ita ferver fi genti e fi , qui mecum nitro non fatea*tur., Pbilofophorum Principi ( d* Arino- tele ei parla )) ut bomini multafalja » & erronea ; : ut etbnico, & pagano mul* ta impia ,& profana ; ut primo in* fìauratori multa . manca , & $mperfe* fi a excictife». £ il Padre Petavio ftef- fo , torno a dire , ilgenio veramente della Teologia * e delle feienze , il qua- ledegnamente appellare fi dee il fior degl’ ingegni , e ’1 primieroletterato tra i Padri Gefui ti , allegando l’auto* rità.d’Anaftafio Sinai ra, non dice egli così ?, Anaftaftus Sinaita . in eolibro quem Via: Ducem nominavif, tefiit e fi , ha* reticos omnet ,qui vel contra Incarna* tionit dogma nefarium movere belìum , exilio Ari fìat elico fonte f*ckiffe . Indi egli è , che 1\ Autore fiefibdella Filo- Digitized by Google 4 * .fofia volgare re fatata ; così contro i fetrarj del medefimo grida: Et adbuà Arifiotelem leghi s t interpretamini , de- fenditi ! ,& exornatis. Quindi egli è , che da’fan ti filmi Pa- drimedefnni , e da molti favillimi , e dotti (fimi Autori è (lato ancoranota- to di gravifiimi errori . S Giuftino fcrif- fe tutto unTrattato contro i dogmi a e le fentcnze d* Arifiotele , nel princi-pio del quale così ragiona : It nibil dà rebus , quas definiendas ftbicommenta - tionibus fui f ftatuit . San Cirillo nel li- bro controa Giuliano fra i Filofofi » eh’ hanno errato , principalmente ri-pone Arinotele . E' perciò molto deri- fo da Bafilio , e particolarmenteper quello , eh’ egliafierì intorno alla Ma- teria prima , e che lamateria abbia una limpatia naturale d* unirli i e per- fezionarticolla forma - Eufebio nel li- ti ro della Preparazione dell’Evangelio* e in quello contro i Filofofi detefia non (blamente lavita» i cofiumi, la Filo- fofia morale > e naturale ; ma la fuaMe- 4 ** Metafifica, come una pelle delleRe- pubbliche. Lattanzio Firmiano il dan- na come Sofilla ., ed afe fteflo contra- rio . Ambrolio ugualmente come va- rio, eincollante.- Come menzognero, efavolofoil riprendono Ago (lino, Teo-, doreto, S. Bernardo, e il .Beato Sera- fino da Fermo . SanTommafo allegane do Agoftino medefimo coll’autorità del Gcllio,prova, che fia un impoflore > come rapporta il Campanella..Scoio, e Francefco Mairone , come un igno- rante affatto dellaMetafifica, e che le cofe tra effo loro repugnanti a-yefle ap-provato . Gio. Pico della 'Mirandola , e Francefco Patrizio il riprendononel- la Geografia , e nell’ Agronomia, nel- le Meteore ,nejl’jftorie degl’ animali; e eh* egli abbia ! malamente creduto ,che la terra fia più elevata verfo il Settentrione, che altrove.* che’lDa- nubio prenda l’origine da’ Pirenei . Pie- tro Gaflcndp lobiafima nell’errore in- torno alla Galaflìa , all’ origine' delleVene, c jje* nervi del cuore t c in mol- . . •> te s VN Digltized by Google te altre fimili cofe . Telefio,Duran- do , Baccone , Baffone ,. l’ Harveo >• Cherneo , Galilei, Maurneo , e Pie- tro Alliacenfe , e Niccola di Cufa Car-, dinali, ed ultimamente il P. Valeria- no Magno , piiffimo , e dottiamoau- tore Cappuccino , che fu Miffionario al Nord, il confutano» l’acculano, e lo tacciano di molte altre limili fcioc- chezze . Lafomma , e la foffanza fia, dice il medefimo Gaffendo ,che non v’èper fona, che fenza roffore diffen- der lo poffa , nè fenza tema , e notaef- preffa d’infamia, e di vituperio , che l'eguire lo voglia nell’impoffibilità del- la creazione per lo ftabilimento del fuoprincipio , che noii fi faccia niente dal niente: che il Mondo fiaeterno» e l’a- nima mortale : che la previdenza di Dio fia talmentelimitata nelle cofe ce- letti , che non fi eftenda più di queir lo,ch’è fopra la Luna , negando an- corai’ idee, e confeguentemente ilVer- bo di Dio , non che Dio fteffo auto- re di tutte le cofe : l’efiftenzadegli . An- ^ ^ ' - Angeli, de* Diavoli! ,l’Inferno , eia gloria beata,, e con ciò le pene adat- tivi, e ipremj a ’ buoni . Inferni , & Supere s , effe fabulas Legislatori! e'dif- fe nel libro II. e XII. della fua Meta- filica. £ tutto ciò ofia propria difav- vedutezza , o fi a perchè fi ano fiate trafilate, e guade le fue opere , co- llie vogliono alcuni , perocché eglifa uno de’ maggiori Filofofi della Grecia» di cui molto n* hannocelebrata la fa- ma , e la dottrina, come dice Macro- bio : Nibiltantus vir ignorare potuit * Certo egli è nondimeno , che leggia-mo predo Diogene Laerzio , antichif- fimo autore , che Cleante Stoicofin da’fuoi tempi dir folea , Peripateticit idem uccidere , quodlitteris , qua cum bene fonent , fé ipfas tamen non nudi*- unt * £che il medefimo Arifiotele fof. fe fiato chiamato in giudicio apena capitale dagli Ateniefi, per non poter (offrire anche nellaloro politica , e falfa religione quei bugiardi , e corrot- tiprincipi d’ Arifiotele, diruttori per così Digitizedby Google così dire dell* uomo , e di Dio freffo } la qualpena egli fchifò colla fuga . Per la qual cofa in quella manierafcla- mò il Campanella di fdpra lodato; Et nos Cbrtfiiarìtretinebimus tanquam ma - gijlrum , ne àum tontra Patres > &Con- cilia / aera jubentia , quod jubebant A *> tbenienfes ;& quod jus : naturar damnat in illis, fciolonm au£lori%abit innobisì Abfit Cosi il fuo difeorfo conchiu* dendo. O Ecelefiaprudente r paftores , & o prudente s priucipes , vefirum eftbanc domenicani perni eiem agnofeert » & prodigate . : i .£ quel , che maggiormente reca maraviglia egli è , che queimedefimi, che 1* hanno comentato , difendono Platone , doveAratotele lo danna , e quei > che 1* hanno feguifato in moltecofe , non folamente 1* hanno contrad* detto y ma 1* hanno quali infamato. Alberto Magno l’arguifce , Quod ani- mai Coeli mot or e m facit .San Tomma* fo lo beffa , Quod bine Mundi eterni- tatem adferuit> illine animarum immor • 4 « . . t alitatevi filicontradixerit . Scoto il fot- tiliffimo Io. fchernifce , Quod tamin - conflanter de anima fenferit . E quel , che fommamente notarfi dee egli è , che il mentovato Alberto Magno, tan- to feguace d’A ri (lo te le, per lo dubbio, ch’egli aveva» fe bene, o male avef-fe ragionato , in quello modo prote- •ftandofi ne’ Tuoi comentarj ,conchiu- fe : In bis nibil.dixi fecundum opimo- nem me am propriam; fed juxta pofitio - nes Peripateticorum ; & ideo illos l.au-det , vel reprebendat , non me . Quindi S. Tommafo fteflò,difcepo- lo d’Alberto Magno, fi avvalfe nella fua Teologia diquella Filofofìa , e di .quella morale d’ Ariftotele , che più.purgatamente fu difcefa in compendio ! da S- Gio. Damafceno , avendo daef- • & * % « , v - ^ * W fo prefo un modo, piùparticolare, e (incero ; e il Campanella afferma , che S. Tommafo .Nullo palio putandum efl Ariftotelizaffe ; fed tantum Arifìote- lemexpofuiffe , ut occurreret malis per I Arifìotelem illatis. E S. Tommafome- Digltized by Google 47 defìmé^iìlamentò molto con altri Fi- lofofi più giudiciofi del fuo tempo, che gli Arabi, e i Mori colà nell' Àfri- ca avevan contaminatalaFilofofia, e T Opere tutte d’ Ariftotele , per non faper eglinomolto bene di Greco; per la quai cofa Giovanni Lomejero nel fuolibro della Biblioteca n* avvisò ; Qtiod fi Graca exemplaria corrupta fue- runt , quid de bis putandum e fi , qua in Lattnum.converfa funt ?Sed melius cum eo a Slum efi, qtsam cum aliis , . quo* rum operafunditus perierunt , & ipfe c auffa cxtitit cur multa per irent ,qui aliar um gloriam adfetraxit .. Indi Monfignor Ciampolichiamolla Filo- fofia Morefca t Monfignor Minturno Barbarica , etutti Pagana-. E ben- ché in «tempo poi dello /cadimento dell*Imperio , e dell; Imperatore Pa- leologo > venuti alla noftra Italiai Greci filosofanti , e, fcienziati, forte ri- fiorita; la nobiltàdell’ idioma Greco 9 delle filofofie , e delhaltrd Scienze, ap-prettano! già eStinte* e tamraerfc coll* ♦*innondatone de* Barberi ; eglino parò fi manifeftarono gagliardidifenfori del* la Filosofia Platonica » e particolar. mente ilCardinal BeiTarione Arcivef* covo di Nicea , e il più dotto traelfi fai merito di cui tolfe il Papato laru* fiicità dell*Arcivefcovo Perotti Tuo fa* migliare » e concia viftaj dicendo inpri* mo luogo contro i Peripatetici , eh* e* glino .malamente .Conantur Ariftote • lem ex gentili) & infitteli Apoflolumf& sere . Quoniamfides nojlr * Religionis cum Feripatcticorumdottrina no» convenite Ne formò molte E pi (loie ; il quale fu poifeguitato da' maggiori ingegni Italiani» cioè da Marfilio Ficino ,Gio. Pico della Mirandola , e da altri cat- tolici , eparticolarmente da Niccola di Cufa , e da Pietro Bembo ambe* dueCardinali ; il quale contro d* Ari* itatele così fclamò: Fovemusferpentem inter vifeera noftra . Di maniera che vedeli per lo piùTempre ofiervata là Platonica t la Democritica , e 1' Epi- cureaFilofofia « e (fendo che fono tut- to \ Digitlzed by Google z. . 49 te uniformi in concedendo, che gli Ato- mi foflero i primi principi di tutte le co fécorporee , e che il fovrano bene del piacere non confìtta ne’ dilettiin- degni , e brutali ; ma (blamente nell» animo , e nellavitaonetta, e tranquil- la della virtù : non come altrimenti volevaArittotele , conti* è detto . .Fu notato bensì Epicuro per così direpla- giario > avendo pubblicati per fuoi i li- bri degli Atomidi Democrito, «dan- nata in lui l' opinione della mortalitàdell’anima . Gii altri fuoi fentimenti, per la fua moderazione, emoralità , fembrarono così giutti , e ragionevoli a Girolamo ilSanto , che propofe a* Crittiani di fuo tempo la lezione de* fuoilibri ; e da molti fanti Padri eì fu commendato . E San GregorioNaziao- zeno, così ne ragiona: jQuis crederete Mode rat us , &cafìus dum vixit fuìt fi- le , dogma moribui probans. E Sant’Am-.brogio ancorché più fevero d'ognaltro fanto Padre, e nelle Filofofie piùri- gido» pur egli ftimò effere più cpmpa* * . D ti* 59 tìbili gli orti d’ Epicuro , che d’ Ari- notele iportici , come affatto danne- voli non che pericolofì ; perocchéne* libri degli uffizj al Cri diano apparte- nenti » così n’ avvisò; Epicuri Hortot tolcrabiliorcs effe Lyceo Arinoteli; . Il che rienconfettato ancora da Lattan- zio » e da Origene contra Cello . Ari*Jlotelem effe deteriorerà Epicurei / . Que- lla Filofofia adunque d’Epicuro , o fe altrimenti chiamar fi voglia Democri. tica » vienmolto largamente di vi fata, e comprovata dall* incomparabile PierGattendi > Canonico , e poi Propoflo nella Chiefa di Digne fua patria, Teo- logo , e profeffore delle Matematiche feienze in Parigi» ilquale fu di pura* e cadiflìma vita , e uno de* più illuftriornamenti della Francia» o quali l’ora- colo detto delle lettere delfecol no- Uro» di cui giudamente dir li potreb- be , eh* egliintorno alle cofe filofofi- che » e feienze Matematiche ne diede ilgiudicio cóme Pittagora , e fpiegol- le come Platone . Indi il volere quiri- pe. 5 1 petere , anche in menoma partequel* 10 , eh* egli medefimo n’ ha fcritto , farebbe unridire miferamente ciò » eh’ egli felicemente ne diffe ; e tantomag- giormente , quantochè noi richiede la prefente fcrittura, peredere il tutto notiflìmo alla Santità' Vostra. An- zi in qualunquealtra occalione che fofle , farebbe un cimentar la propria ftima ,ed acquetarli certamente la rota di temerario , e d’arrogante. Mada lecito farne qualche parola , e dir folo > che il Galìendi avendoapprefo nelle, fcuole la Filofofia d’ Ariftotcle, e da eflo poitutti i varj fiftemi degli antichi Filofofanti , per quanto gli fupermeilo dalla condizione umana » e dal fuo proprio intendimento » eabi- lità ; volle dopo feguitare , e perfe- zionare quella d’Epicuro , come piti acconcia , e proporzionata Filofofia d’ognaltra , ammettendo gli Atomi principi di tutte le cole corporee; come fende di fe Giacomo) Colonna 11 Vefcovo alPetrarca: Da Se 5 * Se leparti del corpo mio diflrutte , E ritornate in atomi > e faville. Softenendo però , che Dio gli abbia creati , e che Dioaverte lor dato il movimento) e il dirtendimeato , e lafigura. E che il corpo umano, fia di minu- ti ffimeparticelle coni porto, leggefine* libri del diritto Civile, epropriamen- te nel Titolo de judiciis , nella Lege ' Proponebatur ,così dicendo A 1 fono Var- rò, gran Filofofo, e gran Giurcconful-to, e Confole di Roma, Quod fi quis pittar et , partibut commutati s ,aliam rem feri: f ore, ut ex ejus ratione nos ipfi non idem eflemus, qui abbine anno fuiffemur, fropterea quod , ut pbilofopbi dicerent ,ex quibus particul'ti mìnimts confliteremus , bue quoti die exnoflro corpore dee e dere nt, aliaque extrinfecus in earum locumacce* derent. Ouapropter, cujus rei Jpecies e a-dem confifieret , rem quoque eandem ef- fe exifìimari &c.Quelta Filofofia è (lata feguitata / v in Digitized by Google 51 io molte i e qualiinnumerabili carte- dre dell’ Europa, e ballerebbe fol di- re, eh*ella non è altrimenti proibita da verun Pontefice voftro predeceflb-; re; anziché quali in tutti i luoghi cat- tolici pubblicamente s*infegna , ù. ap- para , e li profèta . Sia ancor lecito aggiungerea tante dottrine che li ad- ducono dal mede fimo G a flcndi , e daaltri, per corroboramento di tal Filo-: fofia, un’ altra autorità di S.Grego.: rio Vefcovo di Nilfa, la primiera «fé-: dia dellaCappadocia, il quale viveva nel quarto fecolo, fecondiamo di tan-ti e tanti fanti Padri , e Dottori della noftra Chiefa , fratello di S.Balilio il grande , e di S» Pietro Vefcovo di Se perocché eglidiffe: Fuit fuhita , urgebat , nova rei fui fa - bat aures . £finalmente foggiunfe , Che Veritas placet , & vincit . Carte -fius bene intelleflut, nibsl cont'met ma- li . Onde ravvedutili gli altri, fi di- chiararono ugualmente Cartefiani . ^Soggiungendo ancoraaltriTeologi , che fentimenti di Renato intorno all’efi» ftenza diDio fi conformavano con quei medefimi di Sant* Agostino , diftefinel librò X. della Trinità > e -propria- merv 5* mente nel capitolo X. Ed un dotti f- fiimo Padre , di cuine lafcia il no- me lo fcrittore della vita di Rena- to , viaggiunfe molte altre limili dot- trine > eh’ egli aveva ritrovato inpro- va delle opinioni di Renato ; in mo- do che ciò fu di grangioja.a Rena- to fteflò, in fentire, che i fuoi penile- ri eranouniformi con quei di Sant’A- goftino , e di Sant'Anfelmo nel libro,detto Profologio , e d’altri fanti Padri. E per li fentimenti dell' animaio vi aggiungo Glaudiano Mamerto , uno de’ più celebri fonti Padri,. che fiori nel quarto fecolo ftefiò della noli ra Chiefa , checompofc un divinilfimo Trattato dell’anima t in confutando quell’enormilfimo errore di Faufto , Ve f covo di Rems nella Francia, chetenea quella falfiffima opinione >xhe nelle creature non vi fia niented’ in- corporeo; ma Solamente in Dio . Que- llo Trattato fudedicato. a Sidonio Apollinare, amiciflimo di Mamerto; .ed egli èmolto elegantemente, e con foni- 59 fommogiudicio , e finimmo • ingegno dirtelo , in cui trattanfi lequeftioni metafifi che con ogni chiarezza , e fa- cilità poflibilein prova dell’immorta- lità dell’ anima in modo che non vi è fiatochi migliore, di lui ciò abbia comprovato . Fondando egli con ro«bufiifiitne ragioni, che l’anima operi tutta intera ne’ Tuoi movimenti:che non fi mova nè verfo l’alto, .-nè ver- fo il baffo , o altrove; eh* ella non fia nè lunga» nè, larga, nè più alta r eh’ ella nonabbia parti interne , nè efierne ; e eh* ella penfi , ella fenta,ella immagini , e penetri tutta in tutte le fofianze : eh* ella fiatutta intendimento , tutta fentimento , tut- ta immaginazione ,tutta di. qualità» e non altrimenti di quantità; e final- mente ,che fia immagine di Dio » e confeguentemente incorporea , e im-mortale. Et quia imago Dei efi , non e fi corpus . E che però cerchiTempre Dio , e defideri conofcerlo , non con al- tra immagine diDivinità, chedelia /ua 6o propria ; e che fola menteil corpo fi tnifuri per lo fuo di (tendi mento in lunghezza»larghezza, e profondità , e con altri fomiglianti principi , de*quali fe la maggior parte fi veggono nelle Meditazioni , e negli altrilibri di Renato » dir fi potrebbe , o che Renato gli abbia stoltida Mamerto , ò ch’egli abbia avuto un ingegno geo» metrico » giudo» e uguale a quello di Mamerto . Da tutto ciò adunque fi vede » chequelli principi di Rena» to fiano gl’ ideili d* un Tanto Padre ,che fu Mamerto » gran Filofofo , e gr.and* Oratore , il quale fugiudicato uno de’migliori, e favillimi Padri del- la Chiefa: chemeritò la dima d’ ef- fere tenuto dotto , quanto Girolamo;dedruttore degli errori , quanto Lat- tanzio ; provatore della verità »quan- to Agodino; e che fia levato in alto t quanto Uario ; cheabbia ancora fa- vellato , come Grifodomo ; riprefo , come Bafilio; confortato» come Gre- gorio/ e che fia dato fertile » comeÒro- « Digitized by Google $t Orofio; robufto, come Ruffino; nar- ratore, come Eufebio;dettatore, co* me Eucherio ; declamatore , come Paolino ; efoavitfimo , come Ambro- gio . Quella adunque nuova Filofofia, o rinnovellata per dir meglio Filofofia di Renato, è fiatafeguitata, e dife- fa dalle migliori Uniycrfità, e proviti- eiedell'Europa, ed infegnata pubbli- camente nelle cattedre piùrinomate del Mondo ; e i cattolici fieffi ne fo- no difenfori , nonche gli autori , e fer- rar] ancora , così attefiando il dottif-fimo Sorel ne’ Tuoi libri della Scienza universale . La dottrina di MomìtDefi cartes oggigiorno è feguitata in molte , Accademie , econferenze . V* ha de* Prof e (fori di Filofofia , che /*infegnano. Molti fe ri appagano piu , che del - la Filofofia antica. La quale vien con- fermata con pubbliche (lampe da mol- tiReligiofi , che n’han divifato tanti e tanti libri che nulla più,approvati da’ loro Superiori , e fpeciali/fimamen- te Digitized by Google te ne fono Seguaci nelle cofe piùprin- cipali i dottiifimi Padri Merfenni , e Detei , e Niceron Minimi. IIP. Mai- gnani, e il P. Barde : T incomparabi- le P. Nicolle , eil P. Malebranche , che nel fuo libro de inquirenda Verità - te vipofe tutti i principi , e tutti le parti della fua Filofofia Opera , chefi potrebbe appellare ' 1’ ultimo sforzo dell’ ingegno umano ; edaltri Padri dell* Oratorio di Parigi , i quali furo- no ancoraamiciffimi di Renato, e fo- pra ognaltro affezionati (fimo , e mol-to famigliare di lui , e della fua JFilo- _ rf * fofa feguace, A ntonioArnaldo uno de» maggiori Teologi della Sorbona , e che M perla fublimità del fuo ingegno , ed eccellenza della fua dottrina , fipuò - £ /giustamente chiamare l’Aquila degl* ingegni, lo Splendoredell’età noftra, e il più gagliardo foftenitore della fe- ‘uWw^r^deContro il Calvinifmo ; il quale col __ . , , ~fuo libro della perpetuitàdella fede, in ~ * cui con robufte ragioni , e con eloquen-za veramente Grifciana ha fondata 1* eli* J Digltized by Google e fi (lenza reale di Cri (lonella fantini** ma Eucaristia , e poi con altri volu- mi ,autorizzando colle fentenze de* fanti Padri e Greci, e Latini difeco- lo in fecolo, e della Chiefa Orientale ancora , che fervironodi ri fpofta al li- bro di Monsù Claudio , Minirtro di Charenton ,approvati da tutti gli Ar- ci vefcovi , Vefcovi * e Curati dellaFrancia > e da altri Teologi , e Dotto- ri della Sorbona ; ha dato talconfu- sone a'Calvinirti , colla lezione di quel* lo , che moltid’elfi illuminati , fi fo- no uniti alla nortra Chiefa , come il Vefcovodella Roccella , uno degli ap- provatoti fuddetti l’attefta: e pertan- ti altri libri , che quali ogn’ anno di fua vita ha dato alle(lampe , fe ne va carco di gloria , e d* anni con quella folitudine, propria d* un let- terato in Olanda , dove gran tem- po menò lafua vita ugualmente Renato , con rifiuto magnanimo delle cofe delMondo . Parimen- te furono di Renato amorevoli il Car- I «4 , Cardinal de Bagne , e il Cardinaldi Ecrè, e il Cardinal Berul , e il Car- dinal Barberino* quando eifu Lega» to alla Francia * il quale tanto fu a- mantiflìmo dellecofe dell’anima > che non per altro . pare * eh* egli avelietrasportato dall’ idioma Greco al no* Uro Italiano la vita di MarcoAure* lio Antonino Imperadore , eh* ei def* crifle di fe fteflb afa fteffo * fé non per dedicarlo all’ anima fua , come Specchioveramente, e dottrina , quel libro* delle cofe morali * che ponde-rar fi debbono dall* uomo ; perciocché tutte le cofe di quaggiù, anche inai- tiamo grado confiderate * fvampano in nulla . Fu protetta » edifefa anco* ra quefta Filofofia da tutti i Principi* e potentatiftelfi d* Europa } e partico- larmente dal Re di Francia* chegrati- ficò di due penfioni Renato* e dalla Re- gina di Svezia * incafa di cui egli mo- ri * ed ella in grembo della Chiefa ; coftàvenuta , e fatta cattolica per o- pera fola d’un folo Renato * com’el- la 65 la fteffa afferma in fualettera , che fi legge nella vira del medefimo; l’auto- re della qualenarra ancora , che la iua maniera di parlare della Religio- ne fececonvertire alla noftra. Chiefa il Marefciallo di Torrena , un Ateo, e due Proiettanti; e dalla Principcfla Ehfabetta r fu nomato ilrefugio de’ cattolici di Olanda , ed al medefimo furono celebrati ifunerali con aflìften- za di molti Prelati, e delì’Ambafcia. toredi Francia -, e d* altri perfonaggi illuftri t ed Ecclefiattici , e fucompian- to con funeftiffime Orazioni, e lugu- bri apparati dallemigliori Accademie, a cui ugualmente furono rizzati più e. pitafj emaufolei, ed impreffe medaglie in memoria della fua pietà , e dottrina. - Ed ancorché i Padri Gefuiti , i quali poffono dar norma, edefemplo per la loro dottrina , e - fantità di coftumi , abbiano,particolare infti- tuto , e regola di feguitare affolu- tamente .la. Filofofia d’ Ariftotele ; il che vien riferito ancora da unoE fcrit- 66 fcrittore , così dicendo : ApudJefuitas ie gibus fauci curii e fi , neminem in Pbilo - fopbiaprater Ariftotehm [equi , qua caufja e(ì, cur rnjtltt Ortbodoxi nonalia de c auffa Pbilofopbiam rimentur , quam qmd abfque ea nonpoffe cum Jefuitis rette difputari ; nulladimeno vedefi , che moltid’ elfi di celebre .fama , e d’ una vita efemplare , non fedamentela FUofofia.Ariftotelica hanno trala. fciata, ma quella novella formadifi- lofofare hanno abbracciata , come fo- no il P. Fabbri , • ilP. Cafati , ' il P. Grimaldi, il P Lana, il P. Pardies » e il P.Bartoli . La qual cofa li olTer- va per lo modo di filofofare , fpiegan-do gli effetti della natura per mezzo delle particelle, eh’ eglino -hantenu- to ne’ loro libri già pubblicati alle (lam- pe , le quali nonaltrimenti permettonli fe non coll’ approvazioni d’altri Padri, , aciò deflinati dal medefitno lor P. Generale, o Provinciale . Il P.Char- let , ugualmente Gefuita , che fu affi- ttente Francefe delP. Generale della Com- Digltized by i 6> Compagnia, e milfionario nell’Attjefi* ca, non fu egliamico , protettoref^é direttore di Renato? 1} rJ*>j Giacomo*Dinet ^Provinciale nella Francia,:^* conf flore di Lodovico XIII. e diLo-: dovico XI V. non fu affezionato di Re-- nato raedefimo ?Ilr:P.:Braudin firnil-j mente Gefuita, benché una volta, gli?avelie contraddetto » e riprovate lo, Meditazioni , non fu egli medefimo£> che ravvedutoli, fi riconciliò con Re» nato IfelTo per mezzodel medefimo P.; Dinet ? Il P. Atanafio Kircher preoc-' cupato unavolta dall’odio contro Re-» nato, non procacciò poi la fua amici»zia, e corrifpondenza èri! P. Miland ugualmente Gefuita, non fufeguace della Filofofia. di Renato, riducendo; in compendio le dilui Meditazioni , ed in metodo Scolallico per infegnarle a’ fuoidifcepoli ? Anzi quello medefimo Padre prima di partire per 1*America, volle oflequiofamente , e con particó* lar fentimento dar.1* ultimo addio: a Renato fuo amiciflìmc , quali che in £ 2tal 68 ' tal dipartenza non fendile altro cor-doglio, che di lafciar Renato , non già i Tuoi compagni , i parenti , ela patria fteffa. Il P. Stefano' Noe! non fu egli parziali (fimo diRenato, e fat- to Rettore del Collegio di Chiaramon-' te a Parigi ,non dedicò i due fuoi li- bri di Filìca a Renato , conformandolico’ fentimenti del medefimo ? Pren- dendo ancor egli la difefa controPaf- cale per l’opinione toccante il Vacuo. IlP.Vatier, parimenteGefuita , non fu egli fettario di Renato , ed appro- vante dellemaniere di fpiegare il fa- crofanto mifterio della Santilfima Eu-cariftia, fecondo i fuoi principi, e ra- gioni? Il P.Grandamy gli fufinalmen- te amiciflirao i II P. Francò , il P# Fournier furonotanto amici di lui , che gli dedicarono i loro libri-. Il P.Fonfeca, benché Portoghefe , e il P. Ciermans Fiamingo , ma ugualmenteGefuiti, fecero un elogio alla Metafi- lica del medefimo . In fomma tuttii ' Padri-Gefuiti de’ Collegi della Fran- i eia Digltized by Google 69 eia furonoapprovatori , efettatori della filofòfia di Renato, co’ quali egli ebbe unacontinua corrifpondenza , e vicen- devoi commercio di lettere ; e dellaTua vita ne' due libri ultimamente pubbli- cati. Ed ancorché pochianni fono ilP. Rapini , Umilmente Gefuita fi fia al- quantoallontanato da’fentimenti di Re- nato , dicendo egli molte cofe contralui, ie quali quanto fian meritevoli di rifpo- ila lo dican glialtri , noi comportando la prefente Scrittura ; nulladimeno ilxnedefimoP Rapini, parlando egli pri- 3 fiieramente del CavalierDigby,eflerfi egli tròppo attratto nel fuo Trattato dell* immortalitàdell'anima , così di .Renato favella : Le Meditazioni Meta «.fifiche del Defcartes hanno avuto della re. f> ut azione j perch'eglis'interna più che al - .trinci midollo di quefte materie. Soggiun-gendo a quefte parole l’autor della vita di Renato . Senza eccettuarne tGefuiti Suarez , e Fonfeca , de* quali prima egli aveva parlato, eche p affano per i migliori, e più profondi Met affici delle Scuole .• E 3 Ag- Aggiungendoli ancora , che-veden* dole Univerlìtà Protettami di Bafilea e d* Olanda effer pur troppo pregiudi- ziale la Filofofia di Renato al Calvi* nifmo, Il concitaronotanto contro Re* . nato , che non contenti di fori vere con-tro la fua dottrinargli ordirono anco- ra contro la per fona moltecalunnie, in modo che GisbertoVoezio Miniftro d* Utrecht , peravergli oppofto con malignità il Irr» V ► *{ t > t ì| * * t .ì r• — 74 tìamo le vivande fenza penfarci , dice ildottiffimo Boezio , noi refpiriamo dormendo fenza ciò considerare, etan- to meno faper fi, pofTono 1* altre cofe naturali , e celefti .Jacent ( ne laSciò fcritto Cicerone ) ita omnia crajjts oc» calta ,& circumfufa tenebris , ut nul- la acies bumani ingenti tanta fit ,qua penetrare . in coelum , & terram intrare pofjit i Corporanoftra non novimus , qui fit fitus partium , quam vim unaquaquepars , babeat ignoramus . L’Angelo del- le Scuole manifestandone laragione nella fua Somma, così favella : Quia ratio bumana in rebusbumani s ejl multum ■ defciens , cujus fignum ejl , quia Pbilo/o-pbi de rebus bumanis naturali invejìi- gatione perfcrutantes in multiserrave • runt , & / ibi ipftt contraria \fenferunt .. Il cheSimilmente avea detto Crifo. hom*o ; Hi ipji , qui ad omnem pom- pamde Pbilofopbia gloriantur, multos , & plurimos de eifdem caufftsfcribentes libros , non modo fimpliciter difcepta- rmt t fed ttiamftbi contraria pleraque ' di » X 1Sdixerunt . Quindi Sant’ Agoflino fteflb, delle cole Metafificheragionando, con* figliò : Noli qu^rere quid fit Veritas % fiatimentra fé' oppone nt calìgine! imagi • num corporalium , & "nubila ■ pban t af- ta at a , & pertutbabunt ferenitatem t quaprimo iftu diluxit tìbi , ut dìce- rem Veritas . • Non perchè quella nonvi lìa ; ma perchè di quella capaci non fu- mo , dille il medelimo! Cicerone . Ve- ri effe al'tquìd non negamut , pertipi pof- fenegamus : E altrove : Non enim fu- mar ii , quibus nihil verum effevidetur ; fed qui omnibus veris fai fa quidam a- djunSla effedicamus tanta fimilitudi - ne y ut nulla inftt certa judicandi ,& difcernendi nota . £ quella è la cagio- ne , per ria- qualetanto fi lamentava A gofiinò medelimo dell* ignoranza u- •mana.QUomodo hoc fcio, quando quid fit tempus nefcioì-An forte ne fetoque- madmodum- die am quod fcio ? Hei mi- bi , qui nefcio faltem'-quod nefeiam ! Come Plinio parimente compaifionan* do tuttol’uomo , ftimollo in ciò piò mi* L 9 f » '1 $ i an incredibili celeritate vol-vatur : quanta fit terra crajjitudo , aut qtitbus fundamentis librata> & ( ufpen - fit . £' volere ciò difputare, e con-ghietturare Lattanzio il medefimo di- ce , non e (Ter altro , chedifeorrere , e giudicare di cofe fatte in remotifiime parti non maida noi vedute , o fapu- te . Quindi il medefimo Lattanzio- , cosìragionando , il fuo difcorfo con- chiude : Si nobis in ea refeientiam vendicemus , qua non potejl feirì , non- ne infanirevideamur , qui id affirmare audeamus , *» quo revinci po/Jimus ?Quanto, magis , qui natura Ha , qua jet* ri ab bomine non poQunt , /city/>«- , furìofi , dementefque funt ju di- cati di ? £ A rnobiocosì ; X?*»*/ incerta r fuf- penfa ; magìfque omnia verifimilia ,quam vera , Minuzio Felice dille , Indi il Poeta .j In- 8 $ Incerta bac ft tu poflules ' Battone certafacere nihilo plus ■ 1 agas > Quam ft des operata , ut cumra- • tione infantai . £d in confermamento di ciò , fs noiriguardar vogliamo a quel, che n’han giudicato i medelimi , e i primifetta- tori delle Filofofie, ritroveremo , eh’ eglino fteffi handetto > aver fondato il filofofare fu i principi dell’ ignoran-za medefima, comen’avvifà Arnobio fteflo . Ipft denique principe t &feti a- rum patres , nonne ipfa e a , qua dic*nt , fuit ereditafufpicionibus dic*nt* Zeno- ne, e tutti gli Stoici negarono 1’ opi-nazioni ftefle .• Opinar i entra , te feire , quod nefeias , non ejlfapientis , fed te- mer a rii potius , ac fluiti . Socrate , Quodneque feiri quicquam poteft, nec opinati oportet . Adunque TotaPbilo- fophia fublata efl , difle Lattanzio. Ariftotele fteffo ne’libri della Metafi- sica così ; De bis- enìm omnibus non mo- ** ’Fi do \ 84 do invenire veritatemdifficile ejl , verune ncque bene ratione dubitare facile ejl . GliAccademici contro a’ Filici, Nul- la m effe fcientiam , ed ogni colaproba- bile . Democrito , che la verità delle fcienze ftia nell’-abiflò nafcolta . Arce- fila ( narra Epifanio ) nomato il mae- ftrodell’ignoranza da Lattanzio ftef- fo , niente doverli affermare di certo, negando all’ uomo la fcienza , riponen- dola lolo in Dio , e Dioftelfo Non nifi ignorando fcire pojftmus Là onde Cice- rone cosìtutto il fuo detto fiabililce : Arcefilas ftbì otnne certamen inftituit ,non pertinacia , aut fludìo vincendi , ut mihì quidem videtur , fed earumtettine ohfcuritate , qtu ad confejjionem ignora- tionif adduxerantSocra tem , & velutì a- mantes Socratem, Democrìtum , Anaxa-goram , Empedoclem , orane s pane vele- rei ; qui nìbil cognofci , nihilper dpi , ni- hil fciri pofje dixerunt : angttjlos fenfus ,imbecillos animoiy brevia curricula vita t & y ut Democritus , inprofundo verita- tem effe demerfam; opinicnibus , & injìi -tu- S J Digitized by Google 85 tutìs ornata teneri : . nìhil ■ ventati reità* qui :deinceps omnia tenebri! circttmf ti- fa effe dixerunt . £ della varietàdi tan- te opinioni , dell* incertezza delle fa- enze y e dellamoltitudine di tanti Fi- losofi giudiciofiffi ma pirico così neragiona : Ita etiam in' hunc mundum , velati in quamdamma - i gnamdomum , accefjìt multitudo Pbi - lofophorum t ad quarendam veritatem, quam qui acceperit e fi veriftmile e am non credere , quod reEìeconjecerit . li quidem certe non dicit ejse \aliquid , quodjudicetur verità! , propterea quod 4 in eorum ,r qua funt natura , nìhilpef- ftt comprebendi . Il che vien confermato ancora da Galeno,così dicendo: Scien- tiam neque apud Pbilofophoi , prafertim dumrerum naturam perfcrutantur , in- ventai . Ammonio tanto fettario d’A- riftotele fteffo n’allega la ragione: Quia diverfitateopinionum, diverfo modo rei ef- fe verni velf alfa! : quoniam autemopinio- ne ihominum varine funt ,& incerta , ideo fcientiatquoque e] se variai , & incerta!, ac F l prò - 86 proinde nuìlam effe rerum eertam f, eie ». tiam , &veritatem. Avendo ciafcuno il fuo fenfo , e la fua fantafia aparte, perchè , come fi dice , quanti uomini, tanti pareri:m Mille homìnum fpecies , & rerum difcolor ufus. Per la qual cofa è egli moltd virifimi- le, che ognunodipenda dalle fue fan- tafìe, ed opinioni , Cum fit ftngulis o- pinioaffluxus diffe Empirico fletto; di qui viene , che Eracl*to nominavaO- pìnìonem facrum morbum . Quella è quella , dalla quale fìamtocchi , e non dalle co fe medefìme, la quale di. - pende dalleprevenzioni , ed anticipa- zioni della mente , Sua cuique cum (ttanimi cogitatio , colorque prior . Come ancora per la flima fuperiore almeri- to , eh’ ognuno fa di fe flefTo * cagio- natagli dall’ amorproprio, eh’ è il più cieco, ed il più violento d’ognalero,, aniuno ceder volendo : Pbilautia enim ejl omnium amorum violentiffìmus ,cete- .. * ToJ- i Digitized byGoogle *7 rofque fuperat ; vien fempremai adarli cieco , ed imperfetto il giudicio . A - mor , ftcut odium ,ventati! judicium nefcit , ditte Bernardo il Santo. E 1* uomo nonha altro di proprio, che il mentire, e *1 peccare . Nemo enìmba vhet de fuo y nifi mendacium , & pecca - tum . Per la qual cola ,torno a dire con Lattanzio fteffo: dov’eglièla Fi- lofofia? Ocoll'autore de’ cinque Dia- loghi , della Filofofia fletta parlando: Non e fi enìm de terminisi fed de tota profefftone coment io .Cioè, che non vi fia affatto certa , e determinata Filo- fotta,anche Propter natuv alerti borni - num ad difjentiendum facilitatem .Re- nato medefimo per primo principio nelle fue Meditazioni nonpone egli 1’ averli Tempre a dubitare nelle co- fe filofofiche? Inmodo eh’ e’ con mo* deftiflima protefiazione la Tua Filo- fottadirtele , confettando egli . dì fe fletto nella IV. Meditazione così .Cum enìm jam feiam naturam me am effe vai - di tnfirmam , &limitatam . Ed etten* F 4 do- 88 dogli(lato una volta afpra, ed acerba- mente jfcritto contro da un PadreGe- fuita , di cui virtuofameate non volle palefare il nome alle(lampe , fé ne la- mentò benignamente in una lettera , che fcriffeal P. Dinet Tuo amico , ri- chiedendogli , ch’ei tro valle il modo,acciò gli fi notificaflero gli errori , per emendargli , così dicendo-;Nibil enim inibì cptatius efl , cjuam vel opinionum mearumcertitudinem experiri , fi forte a magni! viris ex aminata nulla exparte falfa rsperiantur , vel faltem errorum admoneri , ut ìpfosem*ndem . Come di (e (teffo Agoftioo il Santo : Si ahquid velincautius , vel tndoSìius a me pofitum , ab aliis merito reprebenderetur, necm't- randum e fi , nec dolendum ; fed pottus ì- gnofcendum ,atque gratulandum , non quia errai um eft ; fed quia improbatum. Epure quello Padre non aveva lette, nè vedute l’opere di Renato ; cosìegli fcrivendo nella medefi ma lettera: Etfi enim mibi valdeindignum videretur , hominem Rtligìofum , cum quo nulla n *9 mibt unquam inìmìcitia , nee quidem notitiaintercejjerat , tam . publice t tam aperte , tam infolenter de me ma• le dixìfje , nibilque aìiud balere excu « f atlanti , . quotaquod diceret , fe Dif* fertationem meam de Metbodo non le* gip--\ • £ tutto quello perchè ben Sapeva non eflervi certofiltema di Filofofia, che l’uomo Scuramente Seguitar do* vede ;elfendo ella in tante fette di- vifa j che Varrone fin da* Suoitem- pi ducento ottantotto ne conta , e Temiftio trecento: ondeSant’Ambro- gio gridò: lnter bas diffenfiones , qu& veri potejleffe affina t io ? £ Lattanzio ugualmente così : In qua ponimus ve*ritatem ? In omnibus certe non potejl Or che direbbero Ambrogio, eLat- tanzio Hello fe foffero a* tempi no- ftri , ; vedendoli inmaggior numero Sopraggiunte , ecrelciute ? E quella fra Religiofi(ledi , dalla Chiefa non con- traddetta , quella io dico sì fiera , eda non mai rappattumarli , e quietarli tra Tom- 9 . „ . . Tommifti» e Scotifti , Nominali , Re- alifti,ed altri, e tutti Ariftotelici , a fembianza degli Arabi , de* Greci ,e Latini , i quali eran difcordi in fegui- re , ed interpetrare 1’opinioni del me> delimo Arinotele, come rapporta Pi- to dellaMirandola . Per la qual .cola Teodoreto fin da* Tuoi tempi fciamò :In litibus omne fiuditim , ornai s nibiì denique de quo univerfiuna men- te , ac voce confentiant . £ San Bafilio di quei , chefuron tenuti i primi Savj della Grecia, dice non efiervi nè an- cheuna fola ragione ferma, e collan- te . Nee fola quidem ratio , apud Grita ut eos refel- lere nibil fit negotii , cum illi propriadogmatibus evertendo fujficiant. E Teo- > doreto (ledo in quellamaniera favel» la : Et Ht fiorici, & Pbilofopbi , & Po~ etàtum de anima , tum de corpore , tum de bominis genitura , & confiitut io- ne inter fe litem exercent , dum olii qttidem bac » altivero illa pr a ferunt , alti rurfus & bis & - illis contrariamo- pinionem adduc*nt , neque enim verità- tìs dicentes fiudio ,& defiderio teneban- tur ; fed inani gloriola » & ambitionifervientes, ex quo fané faBum efi, ut in errores multo: inciderint . Perla qual cofa in quella maniera n’avvisò Minu- zzo Felice : Itaqueindignandum omni- bus y indolofcendumque efi , audere quof- damcertum aliquid de fumma rerum , ac majeftate decernere » de qua abo- mnibus faculis feftarum plurimarum uf- que adbuc ipfaPbilofopbia deliberat * Ed i t Ed allora» che le Filofofie de’Greci in* cominciarono a comparire al cieloRo- mano, i Romani ftelfi non s’appiglia* rono a veruna d’cfle,foggi ungendo Ci- cerone , perchè non eran sì balli gl’ in- gegniRomani , che avelfero a foggia* cere alle altrui difcipline ; perocchéRo- ma t che aveva trionfato nell* armi , non comportava farlifervile alle lette* re : anzi i Romani ftelfi non fi manife*fìarono giammai fettatori d* alcuna Fi- losofia, ed i Nobili liguardavano, co* me da una pelle , di non efl'er tenuti tali ;perchè certi , che avevano prò* felfato la fetta Stoica , come Bruto, e Caffio ; Aruleno , e Sorano ; Sene* ca, e Trafea , ed altrierano tutti mal capitati , come macchinatori di congiu- re >quantunque Seneca flelTo avelie altrimente prote flato in una dellefue .Epi Itole , dicendo : Non me cu'tquam mancipavi , nttlliusnomen fero , multum magnorum ingenio virorum tribuo , ali - quid etfi meo vindico . Onde lubito che alcuno attendeva alla Filofofia,ca- , 93 deva nell* ifteflo fofpetto , come di (TeTacito di Agricola fuo focero . E a 'tem- pi notòri dal Re diFrancia con un fuo arrefio delli d’Ottobre 1668. fu proibito atutti i fuoi fudditi di chia- marli l’un l’ altro fettario > efpecial* mente Gianfenitòa. I fanti Padri me- defimi avvertirononon dover elfere fettario 1 * uomo , e fra gli altri Cle- mente 1’Aleffandrino > così dicendo : Praterea non particularìs fefia efieli- genda , [ed quidquìd omnes reile dixe - runt Stoici ,Platonici , Epicurei > Ariflo- telici . Hoc totum [eie Slum dicoPbilofo- pbiam. E Sant’Agoftino nel libro deh le Confezioni, diffe,Non iftam , a ut illam feti am , [ed ipfam , quacumque ef- jet ,fapientiam diligebam > q vare barn , & ampie Sì ebar , Quindi SanTommalo ne’ fuoi Opufcoli infegnò con Agotòino medefimo , Non effeadfentiendum alieni Pbilofopbo in fcbola Cbriftiana , [ed exomnibus decerpendum^quodreiìe dixerint. E fra moderni filofofanti PietroPetito afferma nelle Differtazioni , che fece in- Digitized by Google f »♦ incornoalla Filofofia ftelfa di Cartellò , doverli notare d’arroganza colui,che* preflumcr voglia d’ alfentire più ad u- na fetta, che adun’altra , la ragione egli rendendo : Ne uni precipue inba- rentes, in alias fotte me Hot e s , iniqui, & contumeliofi viderentur . Edancora quell’ altra» perchè non puote perfo- na veruna, benché atutt’ uomo vi s* applicale , apparare , e farli capace di tutte;conciolfiecofachè non potreb- be darne retto giudicio , lodando piùuna , che un’ altra Filofofia . Omnium ( die’ egli ) fetta rum fieriperfette pe- ritum , humanum piane captum exce- dit . E a fen lenzad’ Euripide .* Unus non omnia vìdet . E Galeno così : Dif- ficileeffe , ut qui hom*o fit , non in multis peccet , quadam videlìcetpeni- tus ignorando , quadam vero male in- dicando , & quadamtandem negligen- tius fcriptis tradendo . E quando vo- glia alcunovantarli di fapere , appet- to di quel , che non fa , egli è nul-la , dille Temiltio . Ea , qua novimuty por- I i Digitized by Google 9 $ por tione minima contìnentur , fi .colla* ta, & comparata bis fuerint ,qua igne* ramus. E Paganino Gaudenzio Teolo- go , e Protonotario Apoftolico nel Li- bro degli errori delle Sette , parlando eglidelle Scuole di Zenone) di Plato- ne , di Democrito , e d’ Arinotele, così n* avvisò : Illusi quoque colligendum, in iis , in quibusnobis Cbnfiianis diffi- derà licet > non effe exploratam verità* tem. Magna nobis fas e fi uti liberiate extra illa , qua arcem Religio ni s non refpidunt , ut defendamus , quod nobis probabiliusvideretur. , Ora egli è vero , com’ è verini- mo, che queimedefimi tanto fegua- ci d’ Arinotele fono gli autori , oppu- regli approvatoti neflì dell* opinione probabile nelle cofe Morali ,ammet- tendola per lo parere di due , ed an- che alle volte d’unfolo Teologo, dot- to , e dabbene ; perchè nella Èilofofia nonammettono ugualmente la proba- bilità per tanti, e tanti gravifiimi au-- tori, e Teologi , e fanti Padri medeli- mi. 9 t mi , dove ancora vi è la libertà di file* fofare ,fecondo Ariftotele fteffo ? Per- chè concedere la probabilità nelleco- fe Morali, e poi nelle Fifiche negarla? Perchè amettere laprobabilità in quel- le co fe, che riguardano i precetti delDecalogo, e di Cri Ilo, e poi contrad- dirla nelle Filofofie , cosìincerte , e dubbiofe? Perchè approvar , per co- sì dire, la libertàdi teologare, e poi oppugnare la libertà nel filofofare ? In-trodurre il probabile nelle cofe fpiri- tuali, l’improbabile nellefeienze uma- ne : magnifiche opinioni nel mefiiere dell’ anima,Gretti cancelli nell* ope- razioni dell’intelletto, argomenti nel-la Morale, freno agl’ingegni : fetenza nelle confcienze, confidenza nellefet- enze : ed in un motto , Accademici nella ^Teologia, Dogmaticinelle Filo- fofie : Filofofi nella Teologia , e nella FilosofiaTeologi? Di qui neceffariamente nefegueper forza de’ loroargomenti medefimi , o che neghino affatto la probabilità nel-le 97 ' le co fé Morali , o feguitandola , lacon- fe(fino .lunga certamente s’ in- gannerebbe , perocchéeflendo.fi dopo tante fette fcòvérro, -nuove' delle, nuo- vipianeti , ed altri fenomeni,: e tane* altre cofe, e quali :un nuovo Mondo* par eh’ egli era d’uopo di nuova Filo- fofia per inveli igarle ,non badando 1* antiche, per le quali torno 3 dire con Seneca dedo ,Multum adhuc re fìat 0- - pe- / Digltizedby Google IOf perii, multumque refìabit ; nec ultinoi to pofl mille facula pracludetur oc c a fio aliquid adbucadjiciendi . E altrove c Veniet tempus i quo po/leri nojìri tam a+perta noi nefcìffe mirentur . Plotino predo Teodoreto così : Multa ,qua nobis 'ohm latebant , ipfa die i invenie tJ Ed ilPoeta: • v . * • Multa dies 9 tabilii avif 4 k • • t * Rettulit in melius • 4 * # « * • 0t • • » • * ' ,» * » t E noi fopravanzando in due milaanni d’ efperienza , fiam piuttofto fuperio- ri . . Indi Ciceronetteflò fin da* Tuoi tempi vantava d* efferfi la fua etàl.u-gualmente fatta fuperiore nell’ arti, e nelle» feienze , perchè più finamenterefe migliori , e perfette , come ugual- mente de’fuoi tempi affermòTacito .• Nec omnia apud priores meliora , fed nojira quoque atasmulta laudit > . & art tu m imìtanda pofleris . £ che i Mo-derni abbiano trapaflato , e fopraftat- to gli Antichi > egli è chiaroper tanti G 3 fpe- variufque lai or ma- I 102 . fperimenti , e. nuovi inftrumenti perelfi fatti nelle celebri Accademie di Firenze, della Fraocia , dellaGerma- nia, dell’Inghilterra , di Lipfia , ed al- trove ; comeancora per molti libri ciò fi comprova ,• e particolarmente perquelli delPerhault nel paragone tragli Antichi, e i Moderni; e del.P.Rapi- ni nella comparazione de’ medefimi % , * * i « V * * '* . | * * dottilfimi in vero , ed eloquenti Ili mi fcrittori. Quelle fono le parole del me* defimo P’ Malebranche : Si quisAri- jìoteiem , & Platonem taf allibite s fui ([e crederet ,tum ih folis dumtaxat intei « ligendis merito • forte incumberet ,[ed quii id credat , cui faltem mens jana fuerit ? quin ratio noemonet ìpfos no- vi s Pbilofopbis inferiore s effe , quippe bismille annorum , quo tempori s fpatio silos Pbilofophos fuperamus ,experien- ti a nos efficere debuit pe/tticres . E più nobilmente daRenato {ledo in quella maniera : Non eft quod anti- quis multum.tribuamus propter antiqui- tatem , (ed nos ■ potius jis antìquiores.... di- Digitized by Google 10 $ dìcendi ; jam en'rn fenior e fi mundus t quatti tutte » major emquebabemus rerum experientiam . Il che fu detto fi foll- mente primadal P. Antonio Pofle- vini dottillimo , ed eruditismo Ge« fuita -\Quamobrem fi diutius vtxijjet Anftotekt , vel fi jam revwifceretpofl tot fxcttla » quibtts ali £ res innumera t ac propemodum alterorbis emerfit , mul- ta effet correSìurus , quia contraria notexperimur . Ed anche fulle feene dal latiniStno Comico . • r-I Res y tetas , ufus » aliqtiid adpor- ' ; tetnovi y Aliquid admoneat , ut qu quos varia de parte Ventaiéff anditi- non cernant , propte>ea quod uni fefe Arinoteli nondediderunt fnodo y fed adeo devoverunt , ut fi fue - rit opus , pròdogmatibus ejus tuendit in fierrum , fiammamque ruaUt;' in cu - jusPbilofopbia fi quafdam opinione s pra- va! conce perù ut $ ut iffum , fifurgeret e a defiomacbaturum putem &c. -E vicn confermatoancora dal medesimo So- rel , così dicendo .* Noi ci' prete jìia-mo di voler men male ad Arinote- le , che agli 'Arifiot elici . ; JZjfifono guelfi , che ofiinatamente #* oppongono a cofe > ch’egli ,fe vive (fé riceverebbe con piacere , per far profitto de'nuovi lumi , che ai .Mondo comparir vedreb- be. Lamentandoli ancorail medefimo P. Malebranche , che li ut piar imam, qui adverfusquafdam Pbilofopbia veri - ’tates : ree e ns ‘ compertas pertinacia sob- firepunt , quibufdam innovatìonibus in Tbeologia detefiandis,pertinacia! a db at- tere 1 & indulgere videntur-. Quandoi fe- Digltized by Google iò 5 ifeguaci fteflì d” Ariftotel® , Ammo- nio dico» e Simplicio» : antichilfimiau- tori, avvertirono non dover effere gl» Interpetri ^cogìattaccati a’fentimenti delmedefimò» cornei ex tripode pro-nunziati, e tanto meno , come fetta- rj fcguirgti . Ammonio così:Horum . vero explanatcr debet ; neque per bene - volentiam afiruereconari ea , qua per - per am funt ditta , ac velati a tripode earecipere t fed fuum ìpftus adferre dicium . Simplicio in quell’ altrama- niera : Dignum autem Ariftotelicorum fcriptorum expofetoremoportet , non ef- fe vacuum undequaque magnitudine il- lius mentis. Oportet quoque judicium babere fwcerum^ jut neque ea , que re-tte ditta funt , malo more fufcipiendo , invalida ofiendat , neque ftquid ani- madverftone indigeat , omni contentane inculpabiliamoneret , velati in Pbilofo- pbi fettam fe fe infcripfe/tt •Anzi infra i Giureconfulti ancora , i quali a guifa di Filofofantifi divife- ro ugualmente in fette , chiamandole Tul- v ioS Tullio Famtlias diffentìentet ; leggefi, ch’eglino non erano cosi pertinaci in feguire le loro fette ,che liberamen- te non dicefiero i loro proprj lenti- menti , edalle volte a quei della con- traria fcuola non aderifiero , come fivede praticato tra Capitone , e La- beone > i quali furono i primi fetta-tori affatto contrari fotto Auguflo ,* e fotto Vefpafiano , ancorché vifolle quella de' Proculejani , e Pegafiani , e l’altrade’Sabiniani, e Caffiani, af- fai più contrarie fra efiò loro ,perchè quei 1’ Aritmetica proporzione, e quc- fti la Geometricafeguitavano, gli uni Stoici , e gli altri Accademici elfendo;nulladimeno fu riguardevole la loro modeflia in non aderire tantofervil- jnente alle loro famiglie , che volle la loro modejfliaavellerò apportato freno alla libertà delle loro opinioni.Matiifejia futi , & confpicua vtterum Jurifconfultorum mode fi a yquod non ita nec certa alicujus feSìa opinionibus, nec futi quoquepeculiaribus fententiis inh il quale ragionando di Cello; contrarioalla fetta di Jabo* leno , fotto Adriano > e Antonino Pio f cosìloggiunge : Et fané videtur bh Celfus non adeo partium fiudiisaddislu*t fuiffe ; • quintino Uberrima voluntate in utraque verfatutbarefi , & qua ( ibi ad palatum fuere , nullo babito feSìa fuarefpetlu [elegiffe . E in ritornando al medefimo Arinotele , leggelinell’ O- pere di effo lui, ch’egli non prelume- va tanto di fe ,che altri onninamen- tefeguitar lo doveffe. Nec alìud ( dif- fe unautore ) noi docet Arìftoteles * quam quod etiam docuerat Plato :ni» mirum fe ipfum refutare. Dicendo dife quello medelimo autore.Omne equidem genus Pbilofopbia peragravi , nulli acqui e f- co,& quamvis ex pr : mis fludkrum rudimen- ti! , Peripatetici , Stoici ,aut Ac aderitici audivimus, pofiremotamen fapientijjimumquem- IO? f uemque Scepticam faSlum ,tanquam ffanum aliquem in fetenti* campii in - gredientem video . Echi fece la nota al libro del fuddetto autore, foggiun- fe : Platodocuit Veritatem omnibus re* bus effe anteponendam . Male ergo fibiconfulunt , qui veterum , a ut Arijlote - ìis placitis ita ob finateinbarent , ut tnalint cum illis . Uro Lionardo da Capua ne’ TuoiPare * '■ r», e nelle Mofetc , e di Francesco Re- di . Ilnobilissimo ritrovamento dell* argento vivo ne* cannelli per laprova del vuoto del Torricelli , efaminata alla lunga dal P.Bartoli Gefuita : de* Vortici del gran Renato ; e di tanti , etant* altri ritrovati del Verulamio , del Sorelli , del Keplero , delGil- berto, dello Steiliola, del Campanel- la , del Digby , delGaSTendi , del Boy- le , ed’ altri. Neil’ Algebra il Cardi- nalSlulio , che non ha rinvenuto col fuo libro Mefolabium , e ilCardinal Ricci in quello De maximis , & mini- mii ? Nell’Agronomia che non hanno fcoverto i moderni ? dimostrando i Cieliedere fluidi, e non più orbi So- lidi, come vollero gli antichi : ipia- neti Stimati prima fare i loro giri in- ili>» torno alla terra , muoverli intorno al Sole;Venere mutar le lue fall , o figure a gutfa di Luna : Mercurio , eMarte ancora far lo' Hello : Giove • « t ederecircondato da quattro delle , chiamate Medicee, e Saturno da cin-que altre , come ditte il Cattini .* ef- fer la Lunà un corpo difùperficie di- fuguale , e montuofa : ritrovarli nel-- la facciadel Sole molte macchie di' difuguale grandezza , e di varia dura*zione, agli antichi affatto ignote; eia qualità, e difpolizione delleComete» e d’altri corpi celelti non intefe da A- riftotele , ed ;inveftigàte da Ticone ; e dal" Galilei : la Zòna torrida ere-duta inabitabile, etter abitabile, Antì- pode! , qui imaginarììdicelantur , nunc rt- vera effe t & alia f excent a , ditte ilnoftro Luca Tozzi nella fua Lezione: e final- mentel’agghiacciamento de* liquori non etter condenfazione.ma rarefazionecon- tra Ariftotele:ne’gravi cadenti accelerar- fi il moto fecondoi numeri fpari , ed ef- fer il tempo radice quadrata dello fpaziode- Digitized by Google r I « ì * Jt # Ir I t IM ' '#1 « J ij V I 1:i r 11. ' avverandófi quello, che dagli antichi (ledi fupre- detto , e fi confeda da Cicerone anc'o^ ra : O pintori umcommenta delet dies 't natura judicia confrmat . E però egli è vero, che quella Filofofia d’ Ari- notele dagli Àriftotelici (ledi nonè altrimenti commendata , così dicendo 1 il ; medefimo P. •Podevini i' Deiride monjìrandum ( id quod etiam tritura ejì apudomnet Ariflotelicos ) nidiata- e!}e in Arifìotelis libris fcientificamde- fnonftrationem qua ' perfedìiffma fit y & omnibus numerisabfoluta' it agite nàti effe ipfius doSlrinam inconcuffam . Laquale ha avuto- tanta varietà , ed incodanza di fortuna , óra 5abbrac- ciandofi , ora rifiutandoli > che nul- la più , dome fipuò- leggere Irt quel libro di Giovanni Launoi ^ quin- di in fimilcalo ebbe a dire un au- tore Francefe : In effetto fi vede 1 ';che la fortuna ugualmente efercita il fuo capricciofo impero .fopra 1‘ opinio- ni , che jopr a /’ altre coje umane ; . Hma ma. non già fopra ìe mentì purìffime , e tétte de’ TantiPadri, da* quali lem* pre è (lata bìafi mata, come nociva al* lanoftra religione , e proibita da’ Sommi Pontefici , e da* Concililtefli, com* è detto, e da quello Lateran eTe nella Seflìone ottavaaffatto vietato da infegnarfi piu nelle Scuole, come rap- porta ilCampanella , e Giovambati- ila Neri nel libro, detto Setta Pbilo -fopbica , dicendo quefti ; Pracepit Con- ciliarti Scbolajiìcìs inPbilojopbia drijlo- telila non immorari , quoniam babet ra- dicainfetta!. ' J ' ' * ■ * i ■ ■ . , Ma Te, come pocodianzi io dilli , fra tanti Filofofì , i prìncipi di Rena* to fonopiìi conformi alla nollra reli- gione, chi non dirà, che colf ui, piùche Ariftoteie .feguìr li debba ? Perocché chiunque hlofofarvoleffe fra noi Cri- lliani co* medelimi principi di Renato, liuniformerebbe Co’ fentimenti d’A- goftino il. Santo , da cui oavvertito Renato , o Renato col proprio fpirito Criftiano, efilofofico meditandogli , Digltized USgli ha pubblicati , e dirteli. Parole del Santo , nella Città diDio , fecondo i documenti -del quale compofe il fuo Cftema Renato :Quìcumque igitur Pbi- lofophi de -Dea fummo > & vero ifìajen- jerunt y quod & rerum creatarum fit ejfefior y & lumencognofcendarum , & borni m agendarum » quod ab ilio nobis ftt& princtpium'- natura meritar doZìrin# * & felicita s vitee, five Pla- tonici accomoda tius numupentur ? fi ve quodlibet aliudfu a feti a. nomea impo * nani ; five itant ammodo J onicigeneriti- qui in eit precipui -fuerunt , ifìa jenfe - rinty ficutidem Plato , & qui eum be- ne intellexerunt : five etiam Italiciprò- pter Pytbagoram , &• Pytbagoreos , & fi qui -fortealii: ejufdem Pententi# in ìd idem fuerunt : -.five -. aliar um quoquegen- tium , qui f apiente t y vel Pbilojopbi ba li , Hi f pani. ,alìique reperiuntur , qui boQ viderint. , ac docuerint ; eos amnes.ceterii' anteponimi •;» eofque nobis . prò -tV* H 2 fin - x1 6 pìnquiores fatemsir . Chi filofofa f vo- lt fleco’principj diRenatofi unifor- merebbe con S. Gregorio Nifleno, di-cendo egli nella narrazione della vira di Moisè : Si immortalerà effeanimarti Pbilofopbus perbibet tic, & Deum effe non negat , -creatoremque omnium , d quo curiti a depende nt , & vere adfeve- rat , ac rationibus quantum fieri potè fi , demonftrat ;propìtius nobis Dei angelus fiet. Quella adunque è la Filofofia ve-ramente Criftiana , e non altrimente Pagana , come quella d’.Arinotele Quella è la '. Filofofia veramente cat- ' tolica ,fecondo gli avvertimenti de’ fanti Padri-.»..... . Quella èquella Filofofia di Rena- to, il quale fdegnando di vedere piò-involte , e deturpate le fcuole Criftia- ne nelle Filofofiede’ gentili,meditò, e diltefe una Filofofia affatto lontana dal Paganefimo ,conformandola, alla, noffra fanta religione, alla quale pa- reagli, che folo mancafle ,* per laper • egli molto bene , che Definitisi! erat- - i Pia - » r «7Plato J & Arinotele } , po/l mortem Cbri - ■ fii , & eo rumI afte atta in Ecclefta pro> nibilo' babetur , come il dottiflìmoRe- my l’Arcirefcovo di Lione , re l’ avea infegnato colla fentenzafuddetta; de- liri dimando le Filosofie d’ ambedue il piiflimo.Prudenzio , in quella ma-: niera dicendo . ,t ■ ■ ■ Confalebarbati delir amenta Pia - >tonis .« Confale » & bircefot Cynicos > quos • fomniat , Ó* quos ■ Texit Arijlotelestorta vertigine , -nv- nervotv • Quella .è quella Filofofìadi Re- nato il quale confederando , che tutta la FilofofìaAgoflino il Santo diftinfe in due foli principi , che fo- no1* immortalità dell’anima , accioc- ché noi ftelfi riconofciamo ; e 1’efi- lienza diDio» acciocché riconofciamo la noftra origine .Pbilojopbi# duplex guaflio e fi , una de Anima > altera deDeo . Prima ejficit y ut'nofmet ipfot nove rimas : altera originerànoflram ; H 3 fon- ri8 fondò i principidei fuo fi'lofo/are fu quefte eterne,. ed infallibili verità., v ;.Quella è; quella Filofofia di Rena*, to, la quale non folo , comedidi, fu > lodata da tanti e tanti Relig'tofi , ed uomini difantiffima vira,. -ma fpecial- mente dal P. Merfcnni ,intendentifli- xno delle Matematiche, e 'Teologiche fcienze , cosìdicendo in un' Epiflola : Son refiato forprefo , che .un -uomo , ilquale non ha fluitato in Teologia , ab - ha rifpofio sì fondatamente /opra punti import antijfimi della noftra religione . lo l'hotrovato così uniforme- collo, fpirito , e dottrina dì Sant' Ago fino.,che. offerì vo quaft le cofe.. medeftme negli .ferii ti dell'uno ,e dell altro . E più oltre così : Lo . fpirito di Monsu Defcartesinfptra Soavemente l' amor di Dio , di modo che non pojfo perfuadermi ,che la Filofofia di lui non fta , per Aornare in bene , e inornamento dell a.. ver a re - ligione . Ed in un’ altra Lettera. ,che fi legge registrata nel primo Tomo della Geometria . delmedefimo P. Mer- Merferini, cosi feri ve à Retiatdfteffiò:' Quibus omnibus , cum a udì am Pbyfii cam illam 'aberuditi: viri: adeo exo- ptatam , prope dieta edìturum , qud longeperfeSfius cum dofir# fdei myftfr riis conveniat > omniumcatbolicoriim nomine iibì maxima: ,qua: poffum , gratids b’abtó> qui non folum Pbilofp- pbicis » fed' edam Tbeologicìf verltatVbus tam feliciter patrocinarli V ’ ' , . Quella è quella Fflofófiadi Ruba- to , alla quale diedeiJtìtolo Moiìsù Parlier Antiqua'fide:, Tbeologia no? va perchè Vincenzo Lirinefe dicea, Ecclefiamnon dovere nova , fed nove \ Sòltenendó egli , che i principi diRe- nato fono più acconci > ed oppdrtuni di quelli , onde fifervono' volgarmén- te gli altri , in ifpiegando ì mifteij dellanolfra religióne - , ‘ e :che non "vi fia cofa nella fuaFilófofià > che non s’accord» co* principi della hofira Chie- facattolica , così il detto Parlier at- teftando ; Ma egli ba fatto altresìve- dere t non avervi altra Filo fifa ,~che d H 4 me- 1 t V ! , .1 b* ‘H*’ •h »• .t nomeglio della fu a j* accordi co’.prinìcpj della fede della Cbiefa .: .. ... Quella è quella Filofofia di Rena* to , della qualeil profondo , ed acu- tilfimo ingegno 4* Monfignor Caramu* .cle nediede il giudizio . , e prefa*gio infieme , dicendo., che 1' opinionidi Renato faranno un giorno comuni . ed univerfalmente ricevuta ,toltene però alcune pochiflìme cofe, copie ri* ferifle llaut I pj;eG della vita del medefi- mo . • Monfignor \ Caramuele ba predetto ,che l opinioni del • DejcarW,. diverrei * ** » « Li V. • • » »* A'i. * * botto un.', giorno affatto comuni t e fareb» fonouniver/aìmente ricevute . , rr»r alcune poche . E con ciòverifican- doli 1* altro prefa*gio d’Alefiandro Taf- fone, intornoad Arinotele Iteflò , di- cendo cosi; i L‘ opinioni d* ziri fot ile ,le quali innanzi (e vittorie di Siila non erano introdotte , nèconofciute in Italia , potrebbe venir tempo , che non oftante /’ ofiinanione degl ’ idolatri di quel Filofofo , fi vedranno f cartate , *. / r Quella è quella Filofofia di Renatola * V 'Cattolica religioni* profefftone perfeverans y me prafente , &exbortante , mortem cum vita commu- tanti , Cbrifti Salvator»redemtionem petit ur us . In ipforum fidem coram Dee tejìimoniumperbibens , prafentem Aflum fubftgnavi in Conventu SanEìi Augufli -ni de Urbe r Rom* t die nona Ma ìì 1667. Que- Digitized by Google o pur per geiofia di gloria» dacui vien tócca, e facilmente turbata la Repubblica de’ Letterati .E fe in alcune cofc la Tan- ta .Sede-ha voluto , che refii doneccpYrigatur , potrebbe alla fine la San- tità' Vostra purgandola , fedaretan- te liti, e difpute , ancorché il contra-, rio malamentepretenda, e con danna- bile temerità la famiglia d’ alcuni Re.ligiofi , Solo per mantenere odi nata- mente le loro opinioni nelle loroFilo- fofie , come vien riferito dal P. Gre- gorio di Valenza , dalVefcovo Fra Melchior Cano , e da altri . . Ma refiino purnelle , fcuole que- lli , e sì fatti argomenti , e ragioni intornoalla varietà delle Filofofie, e Vostra Santità* a cui s’appartie-ne di fiabilirne la verità./ perocché non **$non ceffan mai tali contefe ; concor. dandoci piuttofto , comeSeneca ditte» la divertirà degli orologi ne’ momenti» chede’filofofànti le fcuole,e partico- larmente tanto più fiere ,quantochè fono d’ ingegno ; ond’ ebbe a dire uni certo autore:Citiut in gratiam , pojt mutuai cladei ingerita redeunt 'regei- »'quam partium fìudio infiammati pkilo- fopbi . Vnaqueque enim feda (Lat-' tanzio ditte-) omnei aitai- evertit , ut fe j fitaqueconfrmet , nec ulti - alteri fapere conce dit , ne fe dèfipere fatea- tur . Ita ut ( foggiunfe Eufebio non lingua , & calamo foltim, verum etiam manibui pralium -geratur . E sì fiottili ? e faciliin rifutando beifando 1* una 1’ altra , com’; egli’ è più agevoleil riprendere , .che 1* insegnare ■; il convincere la bugia , cheritrovare la verità E. in ve-- ro che ha che fare la Filofofia u—mana colla - ' celefte , eh’ è • la reli- gione , così appellandolaCrifnftomo in più luoghi ? Religio Cbrijìiana ve- Digitized by Google I.i6 9 0 • vera »& caelejlìs Pbilofopbia eft . Che hi che fare la Filofofia umana >o fia l’an- tica , o fia la moderna colla fede , quan- do non v,’èaltra Filofofia più vera, che la dottrina della Chiefa ?• Hancipfam folata comperi efse ver am , atque utilem Pbilofopbiam .»di/Te Giudino . C fe al- cuna cofa di vero avellerò detto i Fi-Iqfofi , come ingiudi pofleflòri di quel- la-rgli riprende Agodino . Siqua Pbi- lofopbi vera dix/rqnt , ab eis effe tan- quam injufiispoffefforibus vindicanda . E però 1* Apodolo delle genti , fopraognaltra cofa efprelfamente comandò: Captare intelleRum in obfequiumjidei noe debere qua rat ione demon - firari nequeunt .Conciolfiecofachè la nodra fede derivi da principi altiflìmi, efopraqnaturali . Che ha che fare la ragione umana colla Teologia ftelfa? Qjtemadmodum enim ( dice il Ver u la- mio ) Tbeologiam inPbilofopbia qua* rere per inde e fi , ac fi viver quarat intermortuos , ita contra Pbilofopbiam in Tbeologia quarert aliud non e fiV quarti mortuos quarere inter v'tvos . Ol- treché la Filofofiaegli è ancella , e ferva della Teologia medefìma la quale , comeregina , delle fcienze , tragge dietro di fe incatenate tutte 1*altre facoltà > e difcipline umane ; la. qual cofa in piìi luoghi viendetta da S. Gio Grifo domo. Ex Pbilofopbia res divinar intelligerevelie , e fi candent. ferrant i , non forcipe yf ed digito conteeSlare . Lo fteffo in quelF altro modo .* Nibil commune babet bumanaratio collata in divinis ; ideoque * blafpbemia I \ 1 ' 4 *# .| f ■' condan- nata per comune parere de’ mede li miArillotelici , • a tellimonianza del, !*. PolTevini di fopra lodato ;ardirono di dire quella eflere la vera -, quella elTere la piùcerta, quando mon effer- vi niente di vero , e di certo nelle Fi*lofofie , Porfirio dilTe : Nulium effe in Pbilofopbia locum nondubitabìlem . Lo Hello altrove : De rebus Pbilofopbia multa diSlaeffe a Gradi , veruni ex conjeSìura . Quindi è, che.Adexerci- tattorie m ingenti Pbilofopbias > effe inven- tar ,-Seneca manifellò .£d altrove co- sì : Pbilofopbias ft elegantias , & argu- tiasdixero , reSìe cenfeam appella fj e . Anzi dalle ciance , e favole de’Poeti } efler quelle originate arrelìa PlutarcOi Omnes videlicet Pbiìofopborum feSlas ab fìomero originerà fumfiffe . lpfeque Art -fioteles fatetur Pbilefopbos natura Pbi - lotnytbos , hoc efi fabularumfludtojos ■ ' '/• .--J Digltizedby Google li* effe. De’ quali per li loro fogni , efe- gni dati alle delle , diffe Manilio Fit totum fabulaCoslum — • '• . Vuole però Macrobio-» che Nec omni- bus fabititi Pb lo jopbia repugnai , nec o- mnibus acquìi'fcit . E San r ’Epifanio fpezialmenre chiamò' la Filofofia d’A- ri Itocele quoddamfabulamentum . Leg- gendoli preìfo Varrone' ancora : Porre- mo nemoagrotus quidquam (orrtniat tam ìnfandum , quod non alìquis dìcat Pbi- Jofopbus . E predo Cicerone lo (ledo: Nefcto quomedo nibil tamabfurdi dici potelì , quod non dicatur ab aliquo Pbi - lofopbo . Eparlando della barbarica Filofofìa Clemente 1’ Aledandrino cosi nelafciò fcrirto: Quod hi novi Pbilo • fopbi apud Gr fecondo il Paflavanti, diconfot- tigliezze , e noviradi , e varie Filofo- fie con parolemiftiche , e figurate , che nulla conchiudono , come di Por. firiol’Ariftotelico , tanto nemico de* Crittiani , e della Criftianadottrina cantò il Petrarca: Pot firio y .cbe d'acuti,fillogifmi Empiè la dialettica faretra , Fa- Digitized by Google Facendo contea s / vero arme i fo- fifmi. Dicendo fimilmente il Petito , eh’ e- glino (ledi nonintendono quello, che dicono, e tantomeno gli uditori. Nonìntellìgunt neque , qua loquuntur , ne- que de quibus affirmant . Il ,hefece dire al Verularmo : Habet hoc ìnge - nìum bumanum , utcum ad folida non fuffeccrìt , in futihbus atteratur . Po- co onulla badando, quando fentono altrimeore parlare nella Teologiadell' Evangelio , de’ Padri , de’ Concilj Aedi, come n’avvifa il P.Malebran- che . Nejcio tamen qua mentis per- turbatione nonnullieferantur , fi ali- ter quam Arijìoteles , pbilofopbari a si- de as, dum parum curant , an in re- bus T beolcgicis ab Evangelio Patribust & Concilìis non difeedas . Il che fu detto primamente daMonlignor Ciam- poli , chiamandogli in primo luogo ambizioni diparere più Peripateti- ci , che Cattolici , poi fclamò; Cheperversione di gìudicio è quefia , volere f ...Il f f ! i fk • « ,j t| Sì * Ir 134 introdurre una religione piùfedele ad Arijlotele , che a Dio ? E quel eh’ è di maraviglia,proccurano coltoro ('dice l’autore de’ cinque Dialoghi ) Di jof-fogare tutte l' altre fette nella maniera dagli Ottomani ujata , i qualinon la- j ciano vivere alcuno de’ fuoi fratelli , per ijlabilire sìmagi fralmente i loro do- gmi in tutte le fctiole Crìfiane . Comeriferifee d’ Arinotele fteflo il Verula- mio. Arifìoteles moreOtbomanorum re- gnare jebaud tutopoffe putaret , nifi fra - tresfuos omnes trucidaret . Credendo ancora di ritrovar in quello loromae* Aro la falute , e di Ilare con elfo lui sì llrettamenteattaccati , come ad un fallo, ad uno fccglio , qualìchè foffe- robuttati da una tempella per fuggi, re il naufragio . E così appiccati ,ed ubbidienti , dice un altro autore alla Filofofia del medefimo ,che fembra lor commettere un delitto di fellonia il partirli unmenomo punto da lui , in modo che non dicefi Peripatetico chiunquein tutto non s’ abbandona a’ fen. Digitized byGoogle H5 feriti menti del medefimo. Eaàem men-te ( dice il medefimo P. Malebranche in un altro luogo ) Pbilofopbia iftadi- scenda eji , qua leguntur bì fiori* ; fi enìm eo licentiadeveniat ut ratióne & mente tua Utaris > ..nonefi quoà fpe-res te evafurum effe in magnum Philo- fopbum : oportet enim difcipulumere. dere > £ il giudiciofiflìmo Sorel di fo- pra lodato , inquell’ altra maniera .* Jntantb quefii ciechi volontari ar di) co-no di pubblicare , che non bi fogna Sof- frire alcuna innovazione nè'riformazione nelle .fetenze ; benché quefio fi a il. filo piezzoper. renderle perfette . • Ma. a chi creder affi; piuttofio , a degli fchiavi , e mercenari* che non. fanno jemplicemente, che. difiribuireper gli feriti i t e per le loro lezioni la dottrina , ch'eglino hannotro- fvata negli ,.fcr itti degli altri} E pi fi oltre il medefimoSorel così : Ci fino delle perfine così f empiici , che credono,che non fi debba ; rivocar pili in dubbio quello , eh' è in Arjfiotele ,che quello » eh' è nell' Evangelio . , ■ . .. I 4 ' Non ■ i ¥ ' » I l‘ " .vjfl :l*V « / !> 4 1 Digitized by Google . Non mancandoviancora degli altri, ì quali per difendere cotefta lor Filo-, fofiafi danno alle maldicenze , ed alle fatire , poco avvertendo non ef-fervi fatira maggiore > che quella della ragione llefla , la qualerende bugiardo , ed ignorante colui , che vien convinto dafbrtifiimi argomenti , facendo ingiuria ancora a tanti uomi- nidabbene , e a tanti Religiofi, co- me fono i Padri de’ Minimi , e iPadri dell’ Oratorio , ed i migliori Gefuiti , eh* han feguitato laFilo- fofia moderna , e foraftieri , e Ita- liani , e in Bolognaparticolarmente , dov* è Campata la Filofofia moder- na , fottonome Burgundi a , infegna- ta pubblicamente a tempo , che VostraSantità’ era ivi Legaro . E perciò coftui in quella maniera vienriprefo da Sant* Agoftino : Illius [cri- pta fumma funt , & aufioritale dignif- ftma , qui nuìlum verbum , quod revo- care deberet omifit . Hoc quifquis non efi adjequutus fecundas babeat partes *37 modeftU , quia primas non potuti ba- lere Captinti & catbedrar primas ambiente s ; in quello modo con in-crepazione favella : A deo nimirum altercando • non modo verità farnitti- tur , jed caritas exjìinguitur , & dif- pntandi modummajorum exemplo tan- tum agreffos , nulla modeftia repagu- la cohibent; ; Onde Luca Holftenio eruditilfimo Bibliotecario , -dolendolidella difunione della Chiefa Orien- tale , ed Occidentale ebbe a-di- re : LuEluofum fcbtfma Orienti! , & Occidenti sEcclefias divìdens induxit dijput aridi pruritus , omnia inquafito- nem , & controverfiam > • poftb abita cantate ,adducens ; nulla venta » ' tis cura , fed uno vincendi ftudio; .e a confuet udine , vel opinione aliis legern fr^jcribens» & quod • mife- ra , Digitized by Google * 3 $ ra j ó* afflìtta fortuna duri (firn atto ha- hjet , é?iniquijfmum efi, qttod ir, fugati- ti um ludibriis impune pateat -,Dicendo un altro autore : Jd nec Pbìkfophum , multo minusCbrijlianum decuiffe videtur. Nè qui termina la loro baldanza, ar-rogandoli , ]a medelìma poteftà della SENTITA'- Vostra in condannare quel-lo., che non mai ha condannato nè Vostra Santità’ , nè altroPontefi- ce , dico, 1’, opinare nelle Filofofie, for- zando gl’ingegni umani a feguir folo ifentimenti d’un gentile. Peripatetico,e con noyp giogo privarli di quella li- bertà, ch’.abbiamo per diritto dina- tura , e per legge d’ Iddio , che ci ha Jafciato il liberamentepenfarc e medi- tare :> il che è quali l’ unica, e fola ra.gione , colla quale provali , che l’uo- mo lia ragionevole, e l’animaimmor- tale . Quindi è , che prefe giufta oc- cafione Tommafo Moro( alle di cui lodi ogni penna è ..vile per elTer egli chiari (fimonon meno nelle lettere , che nella pietà Criftiana, per la quale *39 facrifìcò fa vita , c i beni , e la fami- gliadella ) di formare appodatamen- te una DilTertazione intorno a que*Teologi di fuo tempo » dandole que- llo titolo : Differtatio Epiftolicade a- lìquot fui tempori s Tbeologaftrorum ine • pt'jis ; non peraltro , fe non perchè quedi co* principi d’ Aridotele difen- derevoleano , o piuttodo offen- dere la Teologia , • in quella ma-niera fgridandogli : Quamobrem piane non video qu qui in fuofterquilinio fuperbit > ac. extra illa fepta fi panilo producaturlongius » illico ignota rerum omnium facies , tene- bras > acvertiginem offundit . E più ol- tre il fuo dilcorfo feguendo : Etmi- rum in modum verfa rerum vice contin- gity ut qui prius omnesfapie ntia numeros in argumentoja loquacitate pofuerat > jam I 140 fenex infantijfimus omnibus rifui foret~ nifi fluititi^ fu* fuperciliofum fuentium t fapientia locopratexeret ; imo potute hoc ipfo ridìculus , quod qui fueratStentore 'damo fior , taciturnior pj[ce reddatur , & inter loquentesfedeat , v" * ' % Per fon* muta > truncoqueftmìlli- tnus Herma. • . * ' E UmilmenteGio. Gerfone il gran Cancelliere della Chiefa , e dell’U* niverfitàdi Parigi , non potè atte- nerli di non- querelarli ancor egli de*Teologi di fuo tempo , in que- lla maniera dicendo : Cur appellati-tur Tbeologi nofìri tempori s fopbifl* , ut verbofi , imo &pbantafiici , nifi quia r elidi is utilibus , intelligibilibus pròauditorum qualìtate > transferunt fe ad nudam Logicam , vel Metaphy• ficam , etz/nw Mathematica™ > ubi t & , quando non oportet, i». ten fionc formarum , nunc de div'tfione continui , nuncdetegendo fopbifmata The- ologicis termini s adumbrata , pri-ori- Digltized oritates quafdam.in Divini! , menfuraf% ' durationes , injìantias » ftgna natura , éf ftmilia in mediumadducentes , vera r & foli da effent , ficut non funt ,ad fubverfiotiem tamen magie . audientium • , vel irriftonem , quamre Sì am fidei adipe ationem proficiunt . •• Come eziandio de’filofofanti diiuO tempo il giudiciofiflimo Niccola Le- oni co ,{limato il più dotto delia fua età , nel Dialogo , a cui diede iltitolo di Peripatetico , così lafciò fcritto : An non ego decem integros annos , borum auditori a , ne die am ìufira , ad fidu acontrivi opera ? om - nefque illorum ineptiat , . & futile sco- ptionum tricas , ficcis , ut ajunt , an* ribus ebibi ? anxiefemper quteritans fi quid inde excerpere poffem , ne va- cui s ,quod dic*nt , manibus & ofei- tans domum rtdirem . Verum , Diiimmortale s , quam rerum inanità - tem ■ apud silos , quantam ? ■ u ? r I y i r4.it: mìb't magis faperevifus fum , f »» quod cum Ulti de fi pere aliquando de (li- ti ;» così egli' ragiona ? Quofdàm pbilofopbantium avibus fimilesvide ri, qui levitate quadam , & ambi- tione ingenti e lati , altapetunt , & Phiftca fcrutantur tantum : aliot cani- bit t , quilaniare , & vellicare avidi * foli Logica adbarefc*nt ut pelli ,& in ea rixantur , & mentem ad ulteriora non mittunt. Indi leggiamo predo La* erzio , che da Euclide fofle fiata no-mata la Logica Rabiem difputandi : e leggiamo ancora che Arifioneantichif- firno Filofofò quelli tali Cum iis compa - rabat ,quicancros comedunt . Nam prò- pter exiguum alimentum circa crujìas, & teftat diu occupantur . Quindi Mario Nizolio, chefece un Trattato de' veri principi , e del vero modo di filofofare,fi lamentò non po- co di Leonico parimente , e di Pico ,com* I Digitized by Google I if I \ * t i i» ì* 4 r 1 I com’ eglino s’aveflero folamente rifen- tirodegl’ Intepetri e non d' Arino- tele , origine, e caufadi tutti. imali* così dicendo: Hac quoque Jo Pieus Mi- randola co» trabarbato* Ariflotelis Inter- prete* conqueritur , & vere Me quidemt Jed quemadmodum Leonicus , non cami- no jujìe , quia pratermittiteum , qui tan- forum illis errorym. c auffa fuerat , boa eji Arijìotelem . Sed o Bice non re Sì e faci* , cum de foli s Ini erpretibusArifto- teli $ quereris , ipfum autem Ariflotelem , qui omniummalorum cauffq , & origo f it- iti. » omittis ; dìcen* te perdidiffemeliores anno* , tantafque vigilia* apud Interpre- te* Arinoteli *, & nollens illud dicere quod erat verius , eadem ■ illa omniate multo ante perdidiffe apud Ariftot.elem ; Per la qual cofapareagli , che miglio- re d’ ognaltro avefle fatto il Valla , chelafciando gl’ Interpetri fi prele la briga in dar la colpa ad Ariftotele,co- me vero autore, e primo fonte di tan- ti errori , e fallita ,riprendendolo a- pertilfimamente dov* egli andò errato.Ma- « « • ♦ . j. Digilized byGoogle 145 Maravigliandoli grandemente il mede-fimo Nizolio ancora della barbarie del , . lorfavellare , Qui 5 e fi enim in fcbolit ijiorum pbilofopbaflrorum tamparum ver* fatti s , qui non centies audierit , potentia - Ut atei,quidditates . entitates , ecceitates , univerfalitates , formalitates ,materiali - tates , & alia Jexcenta hujufmodi verbo - rummonfira , qua qui pattilo frequentiut ufurpant , ufquc adeo l^duntur ,& per • vert untar , ut neceffe ftt eos , non folum valdefalli, & errare in pbilojophando , fed etiam in loquendo , &fcrìbendo ve - hementer fadari , & confpurcari . Co- meugualmente molto fé ne querelò Apulejo per alcune novità di parolea fuo tempo introdotte , le quali difle egli non fervire cheall’ofcurità delle cole. Datar venia novitati ve ri or um , rerumobfcuritatibus fervientibm . E fi- nalmente cosi il medefimoNizolio tutto il fuo difcorfo conchiufe: Qui- bus ita monftratìs ,ut tandem aliquan- do & Caput hoc pofìremum , & totumbttnc Librum abfolvamus , ita concludi - K mus , X4$ tnuf , ut reììnquamus duo memoria man» danda , &adfidtte diligenter cogitanda omnibus , r^iìte pbilofopbari cupiunt, quorum unum e fi , Ubicumque, & quot» Cumque Dialettici,Metaphyfìcique funt , ibidem , & totidem effe capitales . verii latti bofìes : alterum vero » Quandiu in fcboiii pbilofopborumregnabit, Ari fio - rrtex 7/te Dialetticus , Ó* Metapbyftcus,fonditi in eis & falfitatem & barbari - fi» „ fi non lingua &orit , at perocché la Digitized by Google «47 la Pitagorica > nomavafi Italiana } ilaPlatonica per efler egualmente Pitta* gorica non potea (limarli , anzipiut- tolto dottrina , e Capienza > tche •Filo* fofia, comedipendente da quella de* gli Ebrei. La Stoica poi , Epicurea , o(ìa Democritica riguarda più la Mo* tale , e il regolamento de’coltumi.che altro. E quella d* Arinotele io 'fon per dire edere lamedeiima con quella d* A ree fila, (limata la più enorme ; per- chèquelli malamente (i ferviva della Platonica , infegnatagli daCrantore Platonico t imbrattandola co* (odimi di Diodorot(ottilifiuno dialettico , e col mutabile» e fuggitivo di Pirrone*acutiflìmo fillogilta. Indi egli è » che dicealì di lui » come narraPlato > 'ex pojìerioribus Pyrrbo * ex mediti Diodo • rui ; E(eguitando Eufebio (ledo » cosi parla di lui : H/c autem fubtìlìtchtibus-. Diodori , qui actttui dìalefttcus erat , . & Pirrbonisratiocinationibus Pia* tonte am eloquentiam feedavit ■ , & modoK a toc y / I I > «I * qua ! pria ! aflruxerat, confutare . Erat igitur Hydra capita fap proprio enfe amputantinec aliquìd habem utile » , nifi quod libenter > & audiretur, & videretur . E dell’ of- curità , e ftrepiro di parole , dicui fon pieni i libri d’ Arinotele con ter- mini vaghi , e generali, in modo che appena rinvenire fi poflan due , an- corché fuoifeguaci , e Tettar j , che convenir fappiano in un medefimofen- Digltized by Google fentimento ;ecco il P. Malebranche come ne fa chiari/lima testimonianza:Quamvii cairn Pbilofopbiipftus do Sì ria am fc docere adfeverent &autument , vìx tamen duo reperientur , qui circa ejat fententiaminter fe conjentiant ; quanti, am revera /iriflotelis libri adeoobjcurl funt , totque fcatent termini t vagit & generalibui ,ut eorum opinione s , qunC ipft maxime adverfantut non fine verift-milìtudine pojfìnt ipft trtbuì . In non- nulla illìus operibus quidlibetipft adfcri- bere lìcet , quia in ijs ntbil pene dicìt t quamvtsmulta magno (Irepitu deblate- ret : quemadmodum pueri campwnas fo-ndu fuo quidlibet dicere fingunt , quia campana ingentem edunt fonum ,nec quicquam dic*nt . ' \ Quindi non fenza roSTóre de’me- desimi Ariftotelici Gio. Sculero nell* Orazione per cosi direinaugurale , eh’ ei fece intorno al riftauramer- to della Filofofiacon quel princi-’ pio-: . ‘ i diffe : Quid maglinoxiura Cbrijlìanre }uventuti Cógitarì fot e fi , a tenertiaudire ? Quid periculoftus quarti tene* riniti eofum animiti > qui admajo » ra defìinantut , & qu bui > juo tempo • re > fineReìpubVtca » fitte Eoclefue ad L tninìfiratio committenda , talia , in fiahi» lire , aperte Tbeologis Cbriftian qui ex prafcripto propri tinftitu- tì \ five ex adfeSlu erga praceptores. certi! opinionibuiadharent , omnia fe- cundum illos dtjudicanl , quacumque auEìorìtale y & demonflratione po fi b abi- ta , ad eafdem trahentesquidqutd au- diunt i qmdquid ìegunt . Il che fo al- mamentedifpiacque ancora a Rodol- fo Agricola , uno de’ primi - letteratidel fecolo pattato, (*) che di tanti FU lofofi 'dell’ antica età erafolamente - • * ■ * ■ * * 4 ri- • * • » •m 1 , -»«. % • * • * »• » •> * , (*} Cioè del fecolo fedicefimo,mentre il Signor Valletta { criflfe la fua Lettera nel 1700. inpun- tò : ma veramente Rodolfo Agricola non toccò plinto ildecin*ofefto fecolo , pbiché nacque Tan- no *44 x.e mori l’anno 1485,come notò il Trite- mio • * v Ci u * ir tì ì 1• f y v»A' r (■ ’i I Digitlzed by Google \ t I 'I Jil f :n ; -ib, pra coftui muore T ultimo Audiode*, vecchi . ... Ecco le Aie parole ? Quid de Ari ftotele die am ?hic gnìm prope* modum [ohi omnium prife a alati! Pbi- ìojopborumpermanfit in manibui : hunc [ohm , -, qui \ Pbilojopbite , defìinantur, attìngunt : hunc .primum pueri difeunt buie ultimum jenum jluditi m immori - tur : hunc artet omnei , omnia fiu* diorum generaterunt , trahunt,, dif* cerptmt . Ma non già dopo che il Cartelloaprì, il vero fentiero al mi- gliore , e più certo modo di filofo*fare;, che ad un Criftiano convenga*. Come ugualmente tutto ciò fu con»fiderato dal dottilfimo Vanhelmon- zio , dicendo ; Jndignor & merito» quod ScboU •• Pbilofopbia ethnica ado » lefcentet male ìmbuant .Lamentan- doli egli fra 1* altre cofe , non ben Digltized byGoogle / convenire la definizione pi che Ari*Itotele diede all* uomo chiamando- lo Animai ' Rat tonale ; , ■ • nonavendo egli conofciuto la Tua creazione > nè T effetto d’ ella ;e perciò 1 , dice il fud« detto autore malamente fervirfènele * • fcuole Criftiane Vituperai am ìtaqttcdefinitìonem exìfiimo t qua hom*o Ani * mal rat tonale , vel e aeffenti ee defcrì- ptione depìngitur . Siquidem ex ulti • mato finedejìinationum . proprietatibus in creando - dejiniendut erat , fi .finiifit cauffarum prima ex Arinotele . Qua- propter nec hominii de fini fio efonte Pagani f mi mendicanda erat ì qui ere* ationem , ejufquefines piane ignora* vit , Così egli defìniendolo ; hom*o ergo eftcreatura vivent in corpore • per. a rum am immortalem oh honorem Dei* fecundum lumen » &: ad tmaginem Ver- bi . Quando Arinotele-diede una definizione all* uomo che nulla va-» le » - non'Vedendoli in quella nè crea* tura di Dio , nè immortalità dell*anima , da ‘ effo lui affatto negata * Digitized by Google *54 come Cerna verun dubbio l’ affettano Ciucino nellaParerteli , Teodoreto nel Libro della natura dell* uomo , GregorioNifleno nel Libro dell* Ani- ma Origene in più luoghi delle TueOpere, Gregorio Nazianzeno nella dif- puta contro Eunomio , ilCardinal Gaetano nel Trattato deli’ Anima , Plutarco y Galeno , edinfiniti altri fcrittori profani . Per lo che non fen* za ragionechia mai Io Tertu]]iano«?//é- to f dicendo nel Libro dellePtefcrizio- ni Miferum Arijlotelem ; foggiung; ndo, J Qui illisDiale Che am inHituit , artifi - eem (Intendi , & defiruendiverfipellem t in fententiìs co a Cium , in conjeCìurit nec tallietate Panos - , oec ar* tibusGracos, nec denique hoc ipfo bu -jus' sentii , & terra domenica > . nativo • que - fenftt Jtalosiffoi > & Latìnot $ fed pktate , ac religione , atquenaiionel ’• que [uperavìmus . •• ’• • :i E finalmenteeonofeendofi ancora dagli Ebrei , la Filofofia d’ Arinoteleef- li •* * è 1 >: » f r f Ì-1 h È i l - i Ir À , • If ./■» t •1 a #• i li I Digitlzed byGoogle t5* eflere in pregiu diciò della religione, fa. pubblicato decreto nel Sinedrio de- gli Afrnonei ( come filegge nell* irto- ria de’ loro tempi ) così dicendo .• Ma- le ditius qui docet filium fuum Pbtlofo- pbiam G rac am . : Il che vienriferito ancora da Arrigo Enefiio nel fuo Li- bro Vir fapiens .Quindi, non fia ma- raviglia , quando leggiamo preffoCle- mente 1’Aleflandrino , Grata itaque • Pbilofopbia , ut alti volunt , aDiabo- lo mota e fi i Anzi i Giudei dopo la venuta del noftroSalvatore, ancorché * empj , pur dannarono la Filofofìa d’A-riftotele ; perocché avendo pubblicato il Re Moisè un Libro» a cui diedeil titolo 1 Mereh Nevekim , fu acculato, dagli altri Dottori d’avercorrotta la loro religione » per aver in effo pur troppo mefcolatala Metafilica d’ Ari- flotele , come narra il P. Si mone nelfupplemcnto al Libro delle cerimonie/ e de’coftumi de’ Giudei di LeoneMo- dena .. Ed io in finendo dirò di lui con il gran Pico dellaMirandola ; *57 Mali prtnctpiì finis masut .Da turco ciò , che fi è fin qui rap* portato , potrà la Santità 1 Vostra pienamente avvifare quànto fian da ri- prenderti co fi oro ,ì quali ardi (cono di biafimare quefta Filofofia , che mala- mentechiaman moderna , e nuova , e dannarla come fcandalofa , e mala - rquando finora nè la Santità’ Vostra* nè gli altri fantiflìmi Ponteficiantecefi» fori * hannola giammai penfiata con- dannare . Anzi ilcontrario leggiamo riabilito dalla Santità d’Innocenzio XI» in unaBolla ; ciò egli è * . che niuna. cola tra filofofanti , ed altri , chefico- lafiicamente fi contende, giammai fi' danni o in difiputando*o fcrivendo , o in pubblicando , che pria dalla Santa RomanaChiefia condannata non fia ; Ma quando anche ciò non fofie , qualfurore , o fpinto dii zelo ijpinge tant* oltre, cofioro ad incagionarcoma- rea * e mala una Filofofia * che ha per au- tori uomini cattolici, • dabbene , e di integrifiìma vita ; avendo per lo con* x$8 trario la lor Filofofia per autori fio. mini gentili , etra gentili i più per- vertì, e federati ? Qual ila (iato già illor Padre Arinotele, e di che coftumi l’iftorie de* Greci, e de’. Latinine fan piena , ed affai- ampia tedimonianza ; Quai fentimenti , equanto perniziofi sì alle Repubbliche , sì alla j religione, che a*Tuoi tempi lì tenea tra Greci , egli lanciato abbia a’ poderi laSan- tità' Vostra, rivolgendo l’occhio a quello , che per 1*autorità d’ infiniti fanti Padri , e di molti altri autori pro-fani fi è riportato, porrà benignamen- te giudicarlo., Non evvi TantoPadre, che per otto e più - fecoli riprefo - , e biafimato nonl’abbia , nè mai leggia- mo , che alcuno l’abbia feguito, o fiadato così dettamente legato alla di lui dottrina , come tuttavia foncodo- ro. Dottrina veramente tre volte per- niziofiflìma , madre, efonte di tante e tante erefie + che per tanto tempo didurbarono. edaffliflero la Chiefa , e di Crido la vede lacerarono . E fe .. :rifor- 159 riforgefle il gran Bafilio, quantiequa-' li de’ noftri tempi riprenderebbe più fortemente, che nonfece ad Eunomio^ ed agli Eunomiani- de* Tuoi tempi j t - qualigiuravano Tulle parole d* Arino- tele, come full* Evangelo > e poferoin ifcompigtio la Chiefa d’ Oriente? Che diremo degli Atanasj, edegli A leffa n* dri Vefcovi d\ Aleffandria ? . Quanti Crilìianitaccierebbono d’ Arianifmo, yeggendogli così attaccati adArinotele, onde Tempio Ario prefe Tarmi , e le faettc contro delVerbo ? Non farei per mai finirla , fe voleffi addurre par*titamente tutte Terefie , • che da’fegua* ci d’ Arinotele fono fiateindotte nell» Romana Chiefa per tanti fecoli , e di giorno. ingiorno van riforgendo. Baffi fol dire , che da fei , o più. fecolitut- ti gli errori fian venuti da oriondi per così dire , efigliuoli del grande Aride* tele ... i ' « • Ma fliafì purcolla fua pace Arido* tele , con quella pace , che nel più cu- podell’ Inferno, ov’egli fea.giace, dar > fi può i6ofi può- Siali ' flato Arinotele non tan- to federato ; anzi diròpiù , fiati (tato uomo dabbene, avvegnaché gentile ei lì (offe .Sianli Santi tutti gli Arifto- telici, i quali hanno avuto , edhanno il nome di Criltiano . Siali la lor dot- trina ottima-, e diniun pregiudicio j non però avrà che far nulla colla no- Itral’anta' religione nè di buono , nè di malo . Siali io dico , e ridico lalor dottrina profittevole in ifpiegare gli ar- cani della natura ,la natura delle pian- te » degli animali , e che lo io ; non dovranperciò biafimare tutte 1’ altre Filofofie , eh’ eglino non profèlTano, quando quelle niuna cola infegnano , che contraria lia a’ buonicollumi , al- le leggi naturali, ed alle leggi di Cri- Ho , e dellaChiefa . Coloro, che rin- novate l’hanno tutti fon già morti cat-tolici , ed in feno della Chiefa , lenza veruno fofpetto , quantunqueminimo d’ erefia . E* conceduto , che in qual- che Libro d’ alcunFilofofo Criltiano vi folle qualche opinione » chiaramentecon- rii 'contraria alla verità della religione, fenza dubbio 'veruno toccherebbe alla Chiefa di condannarla .Potrebbe!! pe- rò ( parlo pieno di rifpetto, e di zelo, con quellariverenza ed ubbidienza , che lì dee alla Santità* Vostra , ed allaSanta Chiefa ) dìdimamente con- dannare quella opinione eretica ,ovve- ro fcandalofa > come fece per molte dichiarazioniAlelTandro VII. ed altri Pontefici ; e non ributtarli tutto il cor-po d’un libro , il quale lì compone d* infinite, e varie opinioni , dellequali la maggior parte niuno attaccamento ha , ovvero dipendenzacolla verità del- la fede. Così leggiamo Origene , e Tertullianolìcuramente , avvegnaché ambedue in molte co fe lian traviati , comepoco ollervanti della nollra reli. gione . Così leggiamo ancora ' SanCi-' priano Martire , quantunque folle fia- to d'opinione , che ibattezzati dagli eretici lì doveflero ribattezzare ; laqua- le poifu dannata dalla Santa Chiefa' per mezzo d’ un Concilio > comean« L co. 3 \ * 6 »cora tanti altri errori di Lattanzio >d* Arnobio» e d’altri. Orfe ciò fia lecir- to nelle cofe di tanta importanza » cioè nellaTeologia , potrà ancora efler-Te- / cito nelle Filosofie , le quali vande- correndo femplicemente degli arcani della natura .Il filosofare , Beatissimo Padre , fu Tempre mai , conforme s* èdimo- ftrato , libero , e permefiò a chi che fia , purché contrarioegli non fia alla religione > alle leggi umane > ed a’ buo-ni coftumi. Non han cofa gli uomini» che fia più lontana > e menfoggetta al- le poteftà terrene, che il loro Spirito. Nè v’ è cofapiù intollerabile , cl}e quando fi veggono rapire la libertà de*loro penfieri ; perocché tanto è toglie- re la libertà del filosofare ,■quanto è togliere la libertà dell’ opinare ftefTo, non effendoaltro le Filofofie che opi- nazioni * Quindi è, che coloro, i qua-li per dura legge delle genti fono fchia- vi delle altrui volontà >pur fi riman- gono liberi nelle loro opinioni , ed i lor pa-e Digitized by Google padroni > i quali hanpoteftà della lor vita, non poflòno difporre de’ loro li* berifentimenti . Solamente lo fpirita dell’ uomo a Dio è tenuto renderliav- vinto , elfendo egli folo la prima veri- tà per elfenza , laquale non può giam- mai nè ingannarli , nè ingannare ; ed iòdi poiancora la fua Chiefa > la qua- le ci favella da fua parte , toccandoa lei d’interpetrare gli oracoli , ed arca- ni di Dio . Indi quellaubbidienza del- la nollra ragione libera all* autorità Divina fufempre giudicata da tutti la prima , e più grata vittima , che noidobbiamo offerire a Dio. Il facrifizio certamente non è egli fanguinofo ,è ben però il più pregiato , e caro ; pe- rocché conduce glifpiriti nollri , na- turalmente di ripofo impazienti a sì felicefervi tù , principio » e mezzo d* ogni nollro bene, e falute • Perchèli dee in ciò ufare grandilfima diligenza, nè legare sìllrettamente quello nollro libero arbitrio in cofe , le quali poco, o nulla montano ; perocché potreb- Lz beli befi temere di qualche rivolgimento , o per così dire temerità dalvederli sì ftretto , e incatenato . Oltreché po- trebbeli da ciòdar luogo di penfar malamente , che la noftra fede dipcn- deffe da’principi delle Filofofie, e che la noftra religione » ed Arinotelefot fero sì Erettamente uniti , e me (cola- ti , che 1' una fenzal’altro non polla da noi crederli. Sarebbe ben tre volte incollantela noftra fede , fe ftabilita folle fopra così balle , e poco(labili fondamenta , ed andalfe dietro a’fogni, ed alle frafche de’Filofofanti . La ve- rità vien ricercata si dalla Filofofia ,• ed èHata ricercata già per migliaia d* anni ; ma non giammai però èHata ella ritrovata ; perocché Iddio ha vo- luto lafciare il Mondoall’efercizio in- nocente delle Filofolie , ed all’incertoinveftigamento delle cole naturali , e però alle difpute . Mundumtradidit difputation'tbus eorum. Conforme anco- ra va dimoftrandoSan Gregorio Na- zianzeno in un difeorfo, ch’egli dettadelle / . *65 delle dìfpute. LaTeologia fola ha ri- trovata la verità, perch’ella fola s’ ag- giraintorno alla vera luce , e prima 1 ferità , eh’ è Iddio , principiod’ ogni j noftro fapere; onde gloriavafi 1* Apo- flolo di nonfapere altra cofe, cheCri- tto crocifitto. Quefla verità ritrovatanella Teologia altri non poffede , che 1 la noftra fanta religione, la quale quan- tunque contrattata , ed afflitta da tan- ti etanti tiranni , pur fempre mai • vìttoriofa per tanti » e tantifecoli ha trionferò , e trionferà per fempre più gloriofa .Veritatem ( ditte un autore ) Pbilofopbia quper ciò fare havolu- to fervirfi ; perocché verfando quefte intorno ad una caufa ,la quale al prefente fi può dir prelfochè comune, di comune , eduniverlal difefa ancora elleno pedono molto acconcia- mente fervire. . . Recando adunque le molte parole fue m una , quellanella foftanza fembra edere fia- ta T idea di lui . Egli ha come in dueparti divifa tutta la Lettera , in una delle quali s* è ingegnatodi biafimare, e deprimere il pia che ha potuto Ariftotile; e nell’altralodare, e portare alle ftelle Renato Defeartes. Egli ha depredoAriftotile , comparandolo prima- mente con Platone , e inoltrando , cheil principato tra i filolòfi è di quello fecondo; L 4chc *6$ che da tutti i fanti Padri molto èflato cele* brato: che la fua filofofìa è la più favorevo- le, edacconcia alla Chiefà cattolica ; e che quella d’ Ariftotile è la piùcontraria, e pre- giudiziale . S’ e poi ingegnato di inoltrare ,che Ariftotile è flato 1* origine di tutte l’ere- fie.* eh’ è flatobiafimato da tutti i fanti Pa- dri , e finalmente tutto quello haraccolto , che può fèrvire di biafimo , e di vitupero di quellofilolofo • Di qui è pallato a glorifica- re il Defcartes . Ha mcftrato daquanti e quali uomini e fiata la lita filofofìa appro- vata , ericevuta : com’ ella s’ uniforma a’fen- timenti de’ fanti Padri : comeferve molto per difi reggere l’erefie , e così fatte altre cofe af-fai. Onde porta l’incertezza di tutte le filo- fofie per cagione delcorto intendimento u* mano , e porta Umilmente la libertà di giu-dicare , eh’ hanno gl’ intelletti nelle materie fìlofcfiche y haconcitilo, ellère molto da ri- provare Tattaccarfi fidamente adAriftotile . C jntra il quale molte colè di nuovo adducen* do, emoltiflime altresì a favore di Renato, della filofofìa di cui teffe unlungo panegiri- co ; finalmente conclude , effere forte da ri-prendere coloro , che ardifeono biafimare la filofofìa moderna , la qualenon fido al paro coll’ Ariftotelica può andare; ma in oltre ad ertadee ellère antiporta , come quella , che dalla Platonica fi deriva , eper più altre lo* 4 i6$ di, ch’egli affaiminutamente, e a lungo ya numerando. Ora volendo (opra cosifatta argomentazio- ne col medefimo fine dell* autor fuo , cioè aprò della moderna filofòfia , alcuna colà of* fervare; dico in prima, noneffere molto da commendare Io ftabilire la difefa di effe mo- dernafilofòfia fopra la depreffione d’Arifto- tile, e fopra la deificazione,per dir così, di Renato delle Carte . Quantunque volte uneccellente fcrittore ha occupato un poftocon- fiderabile nella repubblicadelle lettere, non manca mai la fazione di quelli, che Pefàlta- no, e di coloro , che lo deprimono fuori del dovere . Vero è , che ci fonoancora difcreti eftimatori delle cole, i quali il buono dal reofeparando , quel prudente mezzo eleggono nel dar giudicio , che fecondodirittura di ra* gione fi vuol tenere. Molti efèmpj io potreiaddurre per confermazione di ciò: ma perchè fopra Ariflotile procedeilnoftro ragionamen- to , volentieri io non mi partirò da eflo. Perefempio adunque de’ glorificatori affettati di quello filofofo fiaAverroe , il quale in que- llo modo lafciò fcritto di lui : j4riflotelirdo * Urina efl Stimma Veritas, quoniam ejus intei* lelhts fuitfinis bumani intclleftus ; quare bene dicitur de ilio , quod ipfe fnitcreatus , & da* tus nobis Divina providentia , ut non ignorimus Doffibilia feiri . E nella Prefazione alla ..Fi- / I 170 Fifica; Complevii (Ix>gicam , Ethicam -, óc Metaphyficam ) quia nullus eorum , qui fecu *ti funt eum ufque ad hoc tcmpus , quod efl mille & . quingentorumannorum , quidquam ad* didit , nec invenies in ejus verbi s erroremali* cujus quantitatis , # ta/ew £// per quan- to egli raedefimo nedice , venti anni interi fpefi avendo iti Squadernare i libri d*Ariflo- tile , anzi oracolo , che giudicio è da repu- tarli . Cosìadunque egli fcrive nel Prolago al libro JY. del fuo Examen vanitati*dottrir Tue gentium : Multa apud Ariflotelem erudì . f >tio , multa eleganti a fcribendi , inulta etiam , fcrtajfeverità* : fed certe non parva vanita* * - JLo fcrutinio fin qui danoi fatto di varj , c oppofti giudicj intorno al medefimo fog-getto formati, può fervir di regola nel giudi- 1 care di. tutti glieccellenti fcrittori. Noq bifir gna nè alla bellezza della virtù, nè aliabrut- tezza de’vizj lafciarfi cosi rollo ingannare , nè ' 2 1 - Digitized by Google I 7 i * ■ .. fafcinare in modo la vi (la , che fi travegga e fifinarrilca quel fenderò dì mezzo, per cui Tempre colla (corta dellaragione dobbiamo proccurare d* incamminarci . Ma egli fi ritro-vano uomini d’ immaginazione tanto gagliar- da e forte , che poiché hannofidato la men- te nella qualità d’ un oggetto , non (anno tanto oquanto fidarla per dominarne le al- tre - Conoro confederano ' le colè(blamente per quel verfo, a cui dal moto de* (oro fpi- riti fonoportati , e di qui è, che o il bene folo , o il male precifamentecontemplano » Quello predominio dell’ immaginazione in nelfun’altra opera per mio avvilo meglio fi fcorge , quanto in quella de verisprincipiis , & vera ratione pbilofopbaudi di Mario Nizo- iio.Quello fcrietore avendo al principio con- ceputo della (lima verfoCicerone, e vdeldifi credito per • Ari dotile ,‘a poco a poco s* èlafeiato condurre a tale , che nuli*- altro che il lodevole in quello , ein quello nuli* altro che il biafimevole egli vedeva . Gli è fi-nalmente» paruto , eh’ ogni cofa , anche 1’ imperfezioni del primo roderòdivinità , e le cole anche buone del fecondo fodero vizj , emagagne . Di qui è , che negli accennati li- bri , egli conculca ogniopinione, e lèntenzia d’ Arillotile, e glorifica ogni detto diCice- rone ; per qualunque definizione anche de- bole , eimperfetta del quale, egli s’ ingegna di * di ritrovare principi , da cui fi deduce com* ella è giuftiflima ,e vera. Quella lòrta di li- bri può efler utile per quelli , che all*oppo- fla parte fono dalla palfione portati / perchè fcorgendonella lettura di elfi il rovescio, co- me fi dice , della medaglia , puòavvenire , che s* inducano a dubitare di quello, che fi- no alloraaveano tenuto per fermo . Per al- tro e T uno e 1* altro di quellieflremi me- rita grandilfimo biafimo , nè v’ ha colà ,che più iretti giudici impedifca quanto quello fv la- mento della ragione, a cuila fantafia ha tolto la briglia di mano,. Intanto la vanità, elafu- perbia dell’ uomo fi palce molto di così fat- to cibo ,perchè o colla deificazione, o colla deprelfione altrui o coll’uno el’altro inlìeme, fi fpera di potere llabilire la propria fama «Egli avviene nonpertanto , che la colà il più delle volte va tutt* all’oppollo . Nulla è che minor imprelfione faccia nelle menti de- gliuomini, e che più agevolmente dimenti- chino , quanto quelli sforziviolenti : degl’ intelletti da troppo gagliarda immaginazionetrafportati : non altrimenti appunto , che 1* azioni llravaganti , einufitate de’ pazzi , ap- pena s’oflèrvano . E chi è egli , chefìlolò- fando fi Ila giammai attenuto a’ principj di- MarioNizolio? lo non ritrovo appena regi- flrato il filo nome tra i nemicid’Àrillotile . . Ma ritornando in via, dico, che l’autoredi Digitized by Google ! di quellaLettera fembra effere (lato alquan* to tocco dal prurito y di cui abbiamofin qui favellato , mentre con tutto lo sforzo dello fpirito s y èingegnato di raccogliere il polfibL. le con tra Ariftotile, e dall* altrocanto por- tare fino alle ftelle il Delcartes ; ogni prova facendo> e nulla intentato lalciando per ap- pannare, e far violenza agl*intelletti de’luoi leggitori . Per contraflegno della fila palilo*ne , anche dentro a* cancelli di puro racco* glitore degli altruigiudicj, offervifi il modo , eh* egli tiene alla pagina 34. in iftorcerevio- lentemente contra Ariftotile alcune parole del P. Petavio,dette ad altro intendimento, anzi in propofito tutto conti ario. QuelloPa- dre nel capitolo III. numero V. dei Prolago alla fua Opera de*Dogmi Teologici , dopo avere addotto un lungo palio di S. Bafiiio ,nel quale lèmbra , eh* e* rigetti in tutto la filolòfia Ariftotelica ,foggiunge al fine cobi: Ceterum iifdem in verbi * videtur Bafìliusin totum abdicale , ac rejecijje ab fidei , Theo* hgiécqueconjortio univerfam Ariflotelis philofo* phiam tanquam Cbriflo irrvifam ,& inimicami atque ab bofle illius Diabolo proferì am . Quamuonmllorum opinionem refellit Clemens Ale*an- drinus in primo Stromateon> ut alibi memini - mus . Sed ab bujufmodi Jufpicione Bafiliumpaullo pofl purgabimus . Ora il nollro autore prende da quello palioquelle lòie parole ; Ari m Digitlzed by Google Ari flotti is j>hilofophiam tanquam Chriflo invi, fam , &inimicam i atque ab hofle illitis Dia. bolo profeti am ; e le porta comeun detto del P. Petavio contra la fìlolòfia d’ Ariftotile. E chinon vede però che il prurito di conculcare quello filofofo ha fuggeritoall’autore della let- tera una sì aperta , e abominevoleftorpiatura? E pure y fe per 1* altro verfo vogliamo ri-guardare e Arillotile , e il Delcartes , non ci mancherà motivo , nèfcrittori , i quali ci a- prirànno la ftrada a deificare il primo , eda deprimere , e conculcare ancora il fecondo , lènza nè pure averbifogno di ricorrere a tali artificj . Ogni volta che uno fcrittore s’haa. cquiftato un gran nome nella repubblica del- le lettere , emafTìme per lungo tratto di tem- po , ’è pazzia l’immaginarli , che tuttele co- fe lue pollano eflère tee . Il buono làrà mi- fto col menbuono , come di tutte l’ umane cofe , che perfette giammai non li videroj fiiole avvenire ; e però quelli , eh’ amano dì cogliere neglieftremi , troveranno in amen. - due le parti da làttollarli . Il punto Uà, che non lì lufinghino d’innalzare una fabbrica , che non pollaeflère da alcun altro colle ilei* fe forze diftrutta , per non ritrovarlicontra la loro efpettazione ingannati. Un altro, che riguardi lofteflò oggetto dal lato oppofto a quello , che 1’ hanno riguardato efli ,ritro- verà tolto gli liromenti da dilhuggere in quel* ! I 176 quella fletta fucinadov’eglinò gli avevano ri. trovati per fabbricare - Di quella difputad’ Ugone da Siena, al tempo del Concilio , che fi cominciò inFerrara , riferita dall* autor della Letteta, come colainftituitaperefalta- re Platone, e deprimere Ariftotile, così nel.,la fua Cronaca lafciò fcritto Filippo da Ber- gamo : Cumque NicolausMarchio , & multi in Synodo congregati pbilofophi excellentes ad- venijfent , cuniios in medium philofophia jocos adduxit ( Ugo )de quibus inter fe Plato ± Arifloteles fuis in Operibus contendere ,ac magnopere dijfentire videntur , cdocens eamfe partem defenfurumy quamGraci oppugnandam ducer ent , five Platone m y fi ve alium jefequen - dum arbitrarentur . Lo fletto atteftano Enea Silvio nelcapitolo LI I. della Dedizione delF Europa , e Andrea. Tiraquello nelcapìtolo XXXI. del libro de Nobilitate . Ecco pertan- to , che ilfine d’ Ugone non fu V efaltazion di Platone , e Pabbaflàmento d*Ariftotile , come vien fuppofta : ma fi profefsò di voler difputareproblematicamente , che vai a dire, difendere la parte impugnata , e perconfe- guenza difendere o l’uno, o l’altro di quelli due fUofofì .Cosi il Concilio Lateranefe V. a torto vien portato alla facciuola 114.come difàpprovatore , e condannatore della filofo- fia Peripateticanella Scffione Vili. Bafta fo- to leggere P accennato luogo per chiarirli, che f \ Digitized byGoogle *77 che quello Concilio non condannò nèAnda- tile, nè Platone, nè alcun altro filofofo in particolare : mageneralmente della filofòfia ragionando , proibì primamente I* abufoa que’ tempi introdotto di difendere nelle pub- bliche Tefi, checirca lo dello punto, quel- lo era da dire fecondo la filofofia , equefto fecondo la verità : ovvero tal colà fecondo la filosofia e ra vera, che fecondo la fede erafal- fa . In fecondo luogo ordinò a tuttii Lettori pubblici delle Univerfità , chefpiegando i fìlofòfi,avvertilfero la gioventù degli errori loro , alla fede noftra contrari ,-confutando* gli, e riprovandogli . E finalmente (labili , cheniunCherico doveffe dopo io ftudio della Grammatica appigliarli aquelloodeilaPoefia, o della Filolòfia, lènza ftudiareinfieme Teolo-gia , e Canoni, acciocché, foggiugne, In bis Janlìif , & utilibusprofijfionibus Sacerdotes Domini inveniant , unde infili a s Pbilofopbia, & Poe fi s r adice s purgare, & fanare valeant. E tanto èlontano , che i Padri di quefto Concilio abbiano avuto in animod’oltraggia- re Ariftotile, eh’ anzi lette le poco fa accen- natecofe , e ricercato , fe alcuno avelTè pun- to che dire in contrario, filevò fufo Niccolò Lippomano Vefcovo di Bergamo, e sì difle^ Quodnon pìacebat fìbi , quod Tbeoìogi impo - nerent Pbilofopbis difputantibusde veritate in - ielle fi us tanquam de materia po/ita de menteM - Ari» Digitized by Google 178 ....Ariflotelis y quam [ibi imponti Averroes : lieti fecundum veritàrem tali* opimo e fi fai fa . Si- milmente di queir Aezio Vefcovo * chedall* autor deir Epiftola è rapportato come uno * che per troppoftarfi attaccato alle Categorie cT Ariftotile , cadeffe in erefia * ediventaflTe Ateifta , Socrate nel libro II. capitolo XXXV- dellaTua fteria Ecclefiafticacosl ragion a: Hoc aiitem facit Cat egorii sAriflotelis ( fic liber iU le e fi ir.fcriptus ) fidem habens * exquibus difputando * ac fe ipfum fallendo y non int clie- nti yncque a feientibus didicìty quis fìt Ari fio - telis feopus . Ille namquepropter fopbifias phi* lofoph'ue lum illudentes id genus exerctiii con- fcripfit y & Di al etite en per fophifmata novis fopbiflisdicavti. Itaque Academici * qui Pia- toni* y ac Plotini fcripta e L 9immaginazioni belle piut- rollo ad udirli , che fiifliftenti e fode, le quali fono fparfe per tutto il corpo del- la fua filolòfia y eche tinta di fanatifmo T hanno fatta comparire . I Vortici , che dafonti torbidi Italiani , come fono quel- li di Giordano Bruno Nolano , haprefi il . Defcartes per far girare la fila tripli- ce materia ;fono colori , che poffono fer- vire a fare un ritratto di lui tuttodiver. fo da quello , che ha fatto V autor del- la Lettera * IlPadre Malebranche mede, fimo 5 uno de* più acerrimi difenfòri , eapprovatori della dottrina di Renato , co- sì lafciò fcritto nel libroili. patte L capitolo» IV. della ricerca della Verità . MortsùDefcartes era anch'egli uomo y fog - getto all 9 errore , e all 9illufione , come gli altri . Non v 9 ha alcuna delle fue Ope- re ynon eccettuando nè pure la fua Geome* * tri a y in cui non fi a . qualchefegno della debolezza dello fpirito umano . Non bifo- gna adunquefi are alla fua parola ; ma leggerlo cautamente , com 9 egli ftejfo ciav~ vertijfe . Non fono anche mancati uomi- ni dotti , i qualihanno fatto vedere , che Ja fua filofofia è di pregiudicio alla fede, i8i cd è contrarla a molti dogmi cattolici -AI- cuno ha pretefo , eh * ella rinnovi V ere- fie di Pelagio , edi Neftorio : ed altri , eh* ella fia la firada allo Spinofifmo , eall* Ateifmo * Io fò , eh 5 è flato rifpo- fto a quefli tali , e che vifi rifponde. rà : ^ma quello appunto è quello , che il di fopra danoi detto conferma , e che moftra quanto agevol colà fia o, eccedernella lode , o ecceder nel biafimo , quan- do non s 9 ami di fidar Vocchio che o ne* fòli vizj , o nelle fole virtù . Non fem- braadunque , com > ho detto , degno di molta lode il difegno di ftabilirela difefa della filofofia moderna fopra le lodi , el* efaltazionedi Renato Defcartes , e fopra i biafimi , e depreflione d * Ariftotile ,fic- oome fopra un fondamento , che fi può di- ftruggere con quellafteflà facilità , con cui s è innalzato : e per mezzo del quale ,fermo e inconcuflò renando , fi verrebbe a flabilire quello , che V autorfilo medesi- mo in alcun luogo con molte parole s 9 e ingegnato didiftruggere , cioè il farli fè- guace indivifibile d* alcun filofbfopartico- lare . Ora diciamo alcuna cofa della principalra- gione, fopra cui Pautor della Lettera ha pian- tato la difefadella filofofia modèrna ; la qua- le fi è , che derivando ella dal fontedi Pia- rvi 3 «o* iS z tone, fìlofcfofupcrioread Ariftotile, appro- vato dagli antichi Padri, e riconofciutocome molto vicino a’dogmi cattolici; ella non vuol eflere riprovata, maflimamente in confronto dell* Ariftotelica, la quale, fecondo lui, èJ }a* fa V unica , e fola cagione , anzi l y orìgine JìcJfa ditutte V erefie. E quanto al primo , cioè quanto al prin-cipato ,tra Platone, ed Ariftotile ; molto dif- ficile, molto dibattuta,e da niiino per anche decite quiftione ha prefo a diterminare ilno- Aro autore , augnandolo al primo • La dif- ficoltà di taldecisione procede , che molti ef- ffendo i pregj delfinio e dell* altrofilofofo , amendue ancora hanno le loro imperfezioni. Secondcchèpertanto fi vogliono riguardare sì nell* uno, che nell* altro più quelli,che ques- te, fi ha campo ancora di antiporre , o pote porre V unoall* altro. Ma per quello , che riguarda il fecondo y cioèquanto al far ufo dell* uno, o delP altro nella Teologia , e nelle coledella religione , non fono pure ben d* accordo tra loro gli uo-mini dotti qual fia da preferirli . Se per Pla- tone fta P ufo , chemoftrano averne fatto i primi Padri della Chiete: nè ancheAriftotile va privo in tutto di fimi! pregio , mentre al riferired’Eufebio nel libro VII. cap. XXXIL della Storia Ecclefiaftica , inAleftàndria , an- che al tempo , che i Dottori Apoftolici rif-pJea« plendevano , l’Ariflotelica (cuoia fioriva. Gle-mente Aleffandrino lib.V. Stromatam, riferita, che Ariltobolo con moltilibri provò, la (liofoba Peripatetica dalla legge di Mosè,e daglialtri Profeti derivarli. E Gioleffo nel lib. I. contvaAp* pìonem ,infieme col mentovato Eufebio nel lib. IX. cap. V. de preparatane Evangelica, recano un luogo di Clearco,ditapoIod’ Annotile, da cui fi fcorge,come quello filofofo, eliendo m A- fia, tenne lunghi, e fciendficiragionamenti con un dotto , e favio Ebreo , da cui apparo mol. tebelle, ed eccellenti cofe ne’ Divini libri con* tenute . Anzi fu opinioned’alcuni , che lo «el- fo filofofo , avendo avuti per mezzo dAlelìan. dro i libri di Salamone , molte cofe da quelli rac-coglielTe,e trafportalfene’ fuoi .Ne mancarono fra moderni ( lafciandoper ora da parteltare i libri de vietate Arijlotelis , de f alateAnflotchs , ed altri limili dati fuori ) chi comparazioni tra laScrittura facra , ed Ariftotile facendo , s in- segnarono a tutta lorpolla di moftrarc, eh e- alino pattano d’accordo , come GiorgioTrape- zonzio, Giovanni Zeifoldo , AgofiinoSteuco, ed altri . Sopracosì fatta lite pertanto a muno , s’ io non vado errato , difpiacerà ilprudente giudiciodi Melchior Cano, (limato meritamen- tedall’autor del la Lettera il maggior ornamen- to della famiglia Domenicana.Divo Augufli , wofdice quell’ autore nel lib. X- cap. V . de loetsTbeologicis ) Pialo fummus efl : Divo Tbom Enea Gazeo , di TeofìloPatriarca d’ Antio- chia, di Lattanzio Firmiano, d’ Eufebio Ce-fàrienfe, d’ Epifanio, di Gregorio Nazianze- [ no , di Girolamo , diCrifoftomo , e di Teodo- reto, ne’quali, tutti concordementebiafima- no , e {gridano Platone , e la fua fìlofòfia , co- mequella, ch’era fiata l’origine , ed aveva dato palcolo, e fomento adinfiniti errori , ed erefie. Ecco adunque , che Ariflotile non èfiata la fola pietra dello fcandalo : ecco eh* egli non i Digitlzed by Google f 188non è l’unica cagione di tutte V erefie : ma Platone fenz’alcundubbio, in quella parte lo fupera, ed è flato guardato di malocchioda* Padri; e l’ accollarli , ch’egli fa in qualche modo più a noi ,è ridondato in nollro mag- gior pregiudicio . Di qui fu però , che negìiultimi tempi , quando Giorgio Gemillo , il Cardinal BelTarione , ilCardinal Gufano , e Marlilio Ficino illullrarono , e fecerorifiori- re la Platonica limola, quali tutti nonpertan- to{limarono miglior avvifo, o almeno minor pericolo, attenerli tuttavia adAriflotile. Sen. tali lòpra ciò 1’ avvedutiflìmo Giovan Fran- celcoPico Mirandolano , il quale nel libro 1 V. capitolo IL del fuo Ex amenvanìtatis dotivi, ttee gentium , in quello modo lafciò Icritto.Alti nihilominus , Platone poflhabito , haferunt Arifloteli ,exiflimantes illum noflr & exatìe, fed in comuni defumta ) prxbereaditum faci - lius po/fit , quam Arifloteles , qui rationibus , nonfide , foleat plurìmum & fere femper inni - ti . Ma il talento diavvallare Ariflotile , e cacciamelo del mondo , e della memoria de-gli uomini; non ha lalciato Icorgere all’ au- tor della Lettera, non dicole lodi fue ; ma nè Digltized by Google nè pure i biafimi, «Squali i medefimi Padri ne’medefimi luoghi, in cuinello ripigliano, » anche il fuo maedro fogliono non puntodi- verfamente trattare . Per cagion d y efempio nel capitolo XJ.del Libro intitolato Regala Monacharum , a S. Girolamo già attribuito, fi leggono quelle parole ; Attende , & tu fa- tuorumfapientum princeps Arifloteles . Elleno però fono Hate tolto notate dalnodro auto, re , e nella lettera aliai avidamente inferite : maqueir altre: Verum non fine labore didicu ) fii tuam Japientiam fatuamPlato y folamente due verfi lontane,* e quelle ancora aliai vicine;Non banv fatuitatem doéìijjimam Athenis Plato didicit , non Arifloteles ynon Anaxagoras > non cete - rorum fiultorum mundi fapientum turbapercepita non fono Hate avvertite da lui , nè notate , nonaltrimenti, che feo non iforitte, o rafe, e cancellate Hate li fodero. Mache diremo, che dopo quel detto da lui in difcredito d* A- frillotilc recato , immediatamente al medefimo . filofofo quedo elogio èteduto, o leurato fi mil- mente, non fo come, c tolto agli occhidel nollro autore? Et fi fueris abfque dubitano, ne prfdigium ,grandeque miraculum in tota na+ tura y cui pene videtur infufum ,quicquid naturai iter efl capax humanum genus , 43c. Le qualiparole anzi della foiocca abbjezio- > ne , e viltà del ChiofatoreArabo, che del- la gravità Geronimiana tenere mi fcmbra-no ► Digltized by Google r 190 no (*) Vero è però, che da tutti i Critici eflfendo coiai opera da quelle di Girolamo fe pa- rata , e come lavoro dipiù baili tempi , non fu* (*) Averroe nella Prefazionealla Fifica 4 parlan- do d’ Afiftotile difTe : Talem ejfe virtutem inindi- viduo uno tniraculofum & extra neum exifiit . A che pa-re , che corrifpondano qtìeft e parole : Si fuerir ab - fque dubitation eprodigi um 3 grand eque mìraculurn in tota natura . Averroe ancora foprail libro JL della generazione degli animali , così lafciò fcrirto :Lau* demur Deum , qui feparavit lune virum ab a li ir in perfezione5 appropriavitque ei vltimam dignità tem bumanam ò quam non omnis hom*opottft in quacum - que £tote attingere . Alle quali parole s }accofta- no ùmilmente quell* altre : Cui pene videtur infu - fum ,quicquid naturaliter efl capax bumanutn gsnut . Di qui fi può formarconghiettura , che cotal Li- bro non fia flato feri ero prima del 1150 ,in cui fio- rì Averroe . Oltre a moire voci de 9 tempi baffi , eparecchj veftigj di fcolaftico , e Parigino idioma , che vi s* incontranoy e che pofTono fervire per confermazione di quello 3 maggiormenteancora tutto ciò fi ftabilifce dalle parole , che fi leggo* Do nelcapitolo X. Ut quafi quorundam pbilofo - pborum videretur in eisverificavi opinio , qui unam ponunt in bominibur univerfir animar» folam. La qual è opinione venuta fu ne* tempi baffi ,dai rappor- tatoAverroe mefTa fuori e difefa , impugni 3 da S. Tommafo,e finalmentecondannata nel V. Con- cilio Lateranefe alla Seffione Vili. Ma perchèper . altra parte nel capitolo XXXIV. , e XXXViU’ dell* accennataopera fi fa menzione del pranfodo- po nona ne’ dì di digiuno ; il qua!ufo s* è nella Chiefa confervato fin verfo il fine del XIV. fecole5 perciò potrebbe argomentarli 3 che il Libro non fof- f Digitized by Google . *9i fna giudicata* (**) non era da farfi arma fuor di ragione contra lo Stajpritadel nome d’un tanto Padre . Ben piu vantag- giofo e per V autoredella Lettera , e per la verità flato farebbe , eh’ egli nelle vereope- re i veri '(entimemi di sì gran Santo intorno a ciòrintracciato , e quafi fpigolato avefle , mentre in quella guifa ilperfeguitato Arifto- tile dal glorificato Platone non mai guarilon- tano ritrovato avrebbe - Come (opra il capi- tolo X. v. XV.deir Ecclefiade . Lege Plato- ne m : Arifloìdis revolve verfutias y &proba - bis verum effe quod dicitar : labor flaltoram affliget eos. Sopra il Salmo CXL v. Vi. al- tresì. Nane ipji hareticì licet perArìftotelern y & Platonem videantar fimplicitatern Ecdefi e findove fi debba fèguitargli • Poflòno è vero accodarli f chi piu , echi meno a* dogmi della noftra re- ligione , fecondo i fonti da* qualiattinie* ro le loro cognizioni ; ' ma non è però giammai da fperare, che ferifcano il fe. gno , perchè le tenebre , nelle quali vi-veano , loro non permettevano d y arrivare tant* alto . Altro dunque nonfi può in /quella parte , che com piagnere la mifèria, e infelicitàloro : per altro il biafimo , e la lode non ha propriamente luogofòpra elfi ,?fe non quando fi confiderano • da fe, come purifilofòfi , e fèparatamente da* do- gmi de* Criftiani. T Orapalliamo a dilcorrere brevemente dell* idea generale , che P amoredella prefènte Lettera ha avuto ; il quale ha divifato > che ladifefà di Renato Defcar- tes fia la difefa della filofofia moderna ,e la condannagione d* Ariftotiie fia la con. dannagione cellavolgare. Incorno a ciò è da avvertire , che la mo- dernafilcfòfia non è in modoconftituita dal- la filofofia del Defcartes, cheCartellano, e N Mo' Digìtized by Google 194 Moderno fìa la medefitrià cofa. E 1 ben vero, che non fipuò eflère Cartellano lènza eflère ancora Moderno; ma non è vero, chenon fi pofla eflère Moderno fenza eflère Cartefia- no , Per la qualcofa la filolòfia Cartefiana fi ha alla Moderna , come la fpezie algene- re. Ancora è da notare, che avvegnacchè la volgare fiJtfofiaabbia voluto unicamente ac. taccarfi ad Ariftotile , tuttavia eflèndofiella lèrvira per intenderlo dell* ioterpetrazioni de- gli Arabi , iquali per l’ignoranza delle lirt^ gue, e per mancanza d’erudizione,peflima- mente 1’ hanno iotefo: nè lette avendo gli Scolafliciquefte interpetrazioni nell’idioma , .in cui da’ loro autori erano fiatefcritte ; ma dall’Arabico trafportate in Latino , o come alcun dice, in Ebreo dall’ Arabico , e po. fcia dall’Ebreo in Latino trafvafate ;può et fere per ciò aflai facilmente avvenuto , che la mente d’AriflotiJe per lo diritto intendi- mento prefo , fia del. tutto oppofta aquella degli Scolaflici, e cosi la mente degli Scola. Ilici aquella d’Ariflotele. Ora di qui ne fé- gue, che come vituperandoli, econdannan- doli i modei ni , per avventura nè fi vitupe- rerebbe ,.nè fi condannerebbe il Defcartes ; ' così per l’oppoflo lodandoli, edifendendoli il Defcartes, può eflère , che nè fi lodino , nè fidifendano i moderni . Similmente fi c- come vituperandoli , econdannandoli gli Sco- la- Digitized by Google lattici, è facil cotti, che nè fi vituperi, nè fi condanni Arittotile •cosi potrebbe dare il calo, che vituperandoli, e condannandoliAriftotele , nè fi vituperaflèro , nè li con- dannaflèro gli Scolatici ,eh’ è quanto dire la filolòfia volgare. E* ben vero però, chequell’ ultima . eiTendo colà dilEcilittima , e preffochè imponibile ;perchè non è da cre- dere, eh’ elfi Scolatoci perverlàmente inten-dendo Arittotile 1’ abbiano migliorato : ma piuttotto piggiorato affai ;cosi il vituperare, e il condannare Arittotile pare , che provimolto quanto al vituperare , e condannare la filolòfia volgare . Ma per1’ oppofta {ra- gione il lodare, e il difendere Renato Dett cartesnon pare, che provi tanto per quello^ che fpetta al lodare , e difenderela filcfofia moderna;.. . Perbene adunque, e acconcia dientedifen- dere, e lodare quella filofofia, {ómbra di me* ftiericercare il fuo verocottitutivo, dalla bon- tà ^.o difetto del quale, lalode , e il bia* fimo ad eflà Umilmente fe ne derivi. Ora quello ,che fembra la filofofìa moderna conttituire , e alla volgare degliScolali ici immediatamente oppofta; renderla , fi è lo lcotimentodel giogo Peripatetico , e di qualunque altro particolar filolòfo ; ela pura ricerca della verità. dove , e in qua- lunque luogo ella fifia . La ichiavitù nel. N * la 196 . . laquale, feguendo gli Arabi, gente d f ani* ino baffo , e fervile , avevanopollo il loro intelletto gli Scolaftici , per ellere dapper- tuttofparfi , e difufi, s’era ancora dapper^ tutto difufa , e inoltrata , edavevano cbbli* gato tutto il mondo a non filofofare con al- tramente , che con quella ' d* Ariflotile • Avvegnaché fopra infinitequiflioni di filo- lofi a 7 col là pere* la mente di quello filofo-fo, non fi fappia per anche nulla y tuttavia eglino s* erano immaginatidi làper tutto ♦ Nequc erìnn- Philofophum ; ( cóme dice Gio- va nFrancefco Pico ) fed Pbìlofopbi* legem pkrique omnès arbitrobantur .Quella però è la cagione, che fi fono veduti fopra tal qui.ftionepiù libri, deflinati ad eliminar la men- te d’ Ariflotile,' che aricercare la lidia veri, tà della colà . Molti hanno incominciato ariflettere , che quello era un travaglio molto penofò , e che il fruttonon -iftance era aliai tenue. Hanno offervato, che per quella via,al più non fi’ poteva venire in cognizione che di quanto fapevaAriflotile , che vuol dire di pochiflìme cofe , rifpetto a quelle, ches* avrebbono potute fcoprire . Dove 1* altre ar- ti al tempo de*primi ritrovatori • fono Tem- pre comparlè rozze , 197 tempi d’ A ri Rotile >' di Piatone , di Demo- erito, ed’ Ippocrate , molto fi làpeva per squelPctà, allo ’ncontrocol tratto deltempo era venuto anzi perdendo che no, e le fet- enze s* erano piuttolìoabballate , e o Taira te, ^he illuflrate, e innalzateli , com’era dira- gione - Conchifero adunque , che quello mo- ■do di filofofaredegli Scolatici èra irragione- vole , e barbaro , e non tendeva ad altro, che a coprire tutto il mondo d’ una miferabile i- gnoranza,mentre , come avvertì anche Sene» .Qui aitimi fequtiur tiibil inventi ,imo ne* que quarti.. Lorenzo Valla Romano fu il pri- , che a’adpprò a trarre la filofofia del mi. fero fervaggio , in cui li giaceva ,inoltrando èllere lecito fentire diverfo da Ariftotile co* duci treLibri Diale Elie arum difputatwmm , che fcriflfe a ^quello fine . Anche.Giovati Francei- co Pico Mirandolano ne’ tre .ultimi Libri del fuoE* amen vanitati s dottrina gentium , molte colè difputò contra lo lìdiofilofofo ; e mol- te altresì ; Lodovico iVives ne* fuoi Libri decauffts corrupanrm artium , per non dir nulla delTelefio, del Patrizio ie d’altri fomiglian. ti ,ii quali pure tennero la ll'eflà via .Die* tro le velìigie di coltoro Galileo Galilei in Italia, ePrancefeo Barcone, in Inghilter- ra inftituirono Un modo di frlólòfarelibero, e del tutto oppolto, all’ antico. Scola Iti co, e gittaronole prime fondamenta di quella ft- r«o n ? • ■ io. t98 lotcfia che fi chiama Moderna/ non perchè fidamente ora Ìfuoi principi fieno /tari po. Iti in ufo; che Tempre, e in tutti ifiecoli gli uomini ragionevoli altra via non hanno mai tenuto ne!tilofcfare; ma perché dopo ? in. fezione orribile , e univerfale degiiScolaftick iqtiali amava n meglio di fcioccheggiare cotiAriftotile, che con altri tàggiameme'iditcop* rere , come alcun diffe j qnetti ottimi pria, eipj fono fiati felicemente richiamati , e pa.fti in ufo da moderni . Aperta cosi Ja fi rada da queftì due nobili, evalorófi ingegni . « primo de* quali fu il primo ancora , che chia.mo in ajuto della filofofia le Matematiche, e che con profperoavvenimento Je v’ intro- dufie; comparvero ben tofloCartefio, e Gali, do ?r, r £ na . altri ec. celienti filofofì, i quali t a nte ^ e sì diverte ecfe e in cielo *, e in terra difcóprirono ,e cosi fatto utile recarono a tutte I» altre arti , e fpecialmentealla Medicina , che ben fece, ro conofcere cogli effetti, quantoinfelice, e miterevole fia la condizione di qpefti aridi , fd, g' 1 ™ d* Ariftotifc ; e quanta fia la necetfita di batterealtra via per ben fìioi babugemus in Italia Galil quotiefeumqueipfi permittitur libere quo* cumque vagari. Verumenimvcro nec argumen- ta in oppofitum defunty pracipue quantum ad pbilofopbiam . ^Eccequanam plus minufve . /. Ouod nonHdeo rerum fcìentia aequiritur yfla- tim ac auttpfis innotefeit opimo 5 quacumque aliter fentiendi, aut fcribendi pr aclu fa facuh tate . Ih Qupd fape fapius temporismultum fruflra tranfigitur , germanum vefligando prò* prii auttorisfenfum > fpeciatim in aliquibus con- troverfiis y quas ipfe fubobfcurerefolvit : III Hinc ea penitus non declinari y qua timentur abfitrda, hoc efl circa opinandi libcrtatem ; Magifler enim nonnibil acutuSyauttorem quem- piam ad proprhtm fenfum jugiter potè fi expo -. i ntn - Digltized by Google tottendo trabere , ita ut in eunlfis fihi patroci. nari videatur. IV.Quod in pbilcfapbicis libe . rum unieuique effe debeat fuopte nutu dere. .rum natura fentire , & quod fcrutanda veri, tati plurimumobefl ita jur are in verba dolio, rum, ut borum auHoritatì , baudquaquamli. eeat refragari.V-, Quod iflopotifftmum loco Divi Atfguftinìnorma m fequi cportet , adferen. tis , quantavis auiloritate , acfanlìitate fulge. fit aliquis aulior, ipfi tamen indubitatum , fir.tnumque affenfum co folum effe prabendum , ? to rationes ejus illuma nobis extorqent . VI. andem Deum onice. effe , cujus auHoritati, nipote maino infallibili , fit tace fidendum. « I 3 4 t 1 » i INE. 0•* • ) Digitized byGoogle :t \ 2O3 INDICE ;u • * * • M s i Delle cofe notabili ,contenute nella preferite Lettera , . e -nell’; ; ; Offer vazione.■ M * * • » si ponein Dio. 84. gran fbfifta. 147. 148 AriflptplicìJ Vedi Perl pitici . TjfJ AriflotUe rfòvetchia autorità dataglida alcuni 8 . * 1 ?4-condanna Platone, e n*è riprefo. 1 j.fiioi * : ièguaeV eretici . 30Ì 38.15 9. pròBaMJifti . 95 venerato còme idolo. 30. i59.bia/tmatoda> fanti Padri .. 32; 35^4. 35. 154. 158. 191 da altri . 40. 41.45. fuoi libri condannati . 35. 36. notato di gravi errori da’ Padri ,ed r , altri. 41. 4Z. 43.,'fu uno de 9 maggiori filo- . lòfi deliaGrècia 44. fu chiamato in giu- *5 ^icio . 44. fuoi principi bugiardi .44.; infa- mato da 1 fuoi feguaci lteffi ., 45-46. fe ve- nifle oraal mondo fi difdirebbe. 103. 104 c noniftimò di dover eflère normauniverfà- le . 107. e 1 origine di tutti gli errori de interpetri.i^.fwacrfcurità. 148. 149. è li ìóJò tra tanti filofofi,(:he fiaftudiatq, fxid ila V n izio ne deIL*iTOii\c> biajtj ma|? - 1*- immortaJi^delranima.24. 153. fua Logica T fofìftica . 154. lodatoaffettatamente .169 flrabocchevolmente biafimato> 170.. 172giudici retti fopra il medefimo . 171. non •%• • C Ano (Melchior ) ; Tuo elogio •: 38. giu- ì dicio del medefimo intorno aPiatone , . ; e jAnilotile. ; !.. 183 Capitone : fctraggiante i, ; ■ ... ; 106 Caramuele ( Gio. ) : ilio prelag iointorno al- , la filofofìa Cartefiana. . {, 120 Cartefto (Renato ): lii che fondamenti pian- « tane il fuo fiftema - 53.. fiioiprincipi giu* ili y e buoni. 55* 114. fuoi fèguaci. 56. 57 «‘ fo*!64 . 66. 67. 68. 70. fuoi protettori 64 ; 67. .converte la Reginadi Svezia . 64. e . altri . 65. lupi fentimenti fi conformanov «> n que , de y Padri. 57, 58. 60. 1 14. 1 15 ; 116. n8. chiamato ilrefu gio de J cartoli- . • 65* onori fattigli. 65. calunniato dalleuniverfità Protettami . 70. fuoi nemici - 70. 71. 88. fiioidifenlòri . 71. 72. pone per primo principio il dubitare . 87-fuaprote- it azione , $7. a ma d’effère corretto. 88. per- chè fine meditateuna nuova, fflofofìa. 116 lodato dal P. .Merlènni . 118.119. s’uniformafo’ftntimenti di Platone. 121. fuoi coltami. : Ì21. iiz. 123.giudicio fòpra il medefi. ino del Malebranche . 180. fuafilofofia -difefa dalle migliori univerfità d’Europa. 61.ù Digltized by Google »Ojr 61. fi deeantiporte a quella d* Ariftolile. 114. è veramente Criltiana . 116.lodata. 11 9. prefa*gio del Caramuele intorno al* la medefima- 120.è tratta dalla Genefi • 121. perchè contraddetta da alcuni. 124 hadato motivo a molti di dar in pazzie . ed empietà. 179. fuoi difetti ,'i8o. 181. U ha alla Moderna come la fpecie al genere. 194Cartellano , e Moderno non è lo fteflq. 19+ P. C afati: abbraccia la fìlolòfia Moderna. 66 Caffi ni: fila oflervazione .ili Celfo: contrario a J a bolero. 107 CeJ alpini (Andrea ) .* fua. (coperta. 109 P. Charlet : amico del Cartello.. • .66 Cbiefa: fua dottrina è la vera fìlolòfia . 126 èinterpetre degli arcani Divini . 163. Ve- di Teologia . P.Cbirchero ( Atanafio ): proccura 1’ amici- zia del Cartello . , ■67 Clemente ( AlefTandrino ): non iftimò, che i Greci figiuftificafièro per mezzo della fìlo- lòfia. ■ .10 Cicerone (M. Tullio ) .* divinizzato dal Nizo- Ito. 172 Cielo : (itagrandezza , materia , e moti igno- ti. • . . .• '• '>'••• '81 S. Cipriano ( Martire ): fao errore . 16 1P.Ciermans : loda il Cartello. ■ - 68 Concilio Latermefe V. :filo luogo alla Seflìo- ne Digltlzed by Google to8 Tie 8. fplegato . D■Daniel ( Niccola ) : impugna il Carte- bracciata . 48. fua opinioneintorno alla i . . • P- Detei: Cartellano . 62Defcartes . Vedi Carte fio. Digiuno ■: fin quanto abbiadurato nella Chie- *'• là il pranlò dopo Nona. 190 p. Di net( Giacomo )ì amico del Cartello . • 67. 88. > Dio: èla prima verità. . 163 Difpute : la verità fogge da eflè . 5. fonoun tormento degl’ingegni . 6 . hanno diftrut. * to lafilolofìa . 87. 89. 90. altro lor pelfi- -■ mo effètto. 137. VediFilofofi i Perìpate. E Berardo ( Gio. ) difende il Cartello.71 Epicuro : plagiario. 49- commendato da’ Padri . 49. 50. 53. fuafilofofìa abbracciata. 48. 51. 53. anche da’ Padri . 54. 55. meri.•• tò della medesima . 49. 53. illultrata dal tiri)Sette. E Gal' . ; 209 v ;G^irenaiv T " - ; ' 5 ° Erbe : non fi fa la loro virtù •'80 Ereboore : ( Adriano ) : Cartellano. ■ . 7 O Euclide: fuodetto ’ ; \ r \ * : f ’ 14 > Eunomiam: giurano 4 filile paroled’Ariftotile. - ^ 59 . , Etintìniicr: compagno d’ Aezionell’erefia . 29 ‘ ^ fi vanta di conofcer Dio r . 7 6 : è riprefoda ’ Bafilio. ' ’ " : i ! ' , 7* 77 .178 Eurìpo :fuoi vortici non fi fa donde derivi- ■ ' • 81 no*. « ,. • .op * u:- t \ r r *jLvì r r f r *• » /i# ' »IA «4 • al * ,1 *l*v* • 1 I • # 5 " Fabbri i abbraccia lafìlofofia Moderna. p. Farvagtie : difertfore del Cartefio. •5^ Fede : 'richiede fommiffiorie. 34. Vedi Chic. • *'/», ‘ :v>- ! v . Ecmrib( S. Vincenzo ) : introduttore dell In.'• cfuifizione. * * .. . .. . 34 Fìlopono X Giovanni ) .*eretico . ^ ' ■ 2.9 Filo fof are : è permeilo à tutti . -ir.liberta di •' éffo . l 72. 97- 99: 1?8. die fine deb- : bàavere.' • ^ ^ — ^*54 Filofofi'r contrari a fe medefimi .' 74.ton- ’ dano i principi del fi lofofare foli’ igno. •' ... .-L'i. a_ . 1 14 fri- • I • « » » « t “ « •. ?» tii.t 22.'fonó amanti delle favole . • i-! o *J°» 1 Digltized by Google ZIO 330. dicono lemaggiori pazzie. *3 1. fé. ne - può trar bene, e male per la religione ,19^ non poflòno eflère biafimati di queftó *191. • nonbilbgna fperare , che parlino da Cri- tìiani. 193. biasimo 1 e lodequando abbia, luogo lopra euì. ' 19 ) Filofopa: commendata’da’ Gentili ) $ da^Pa- dii. 8. 9. io. 11. ip. non è fapienza..rV7^: non è altro che opi nazione. 80. 162- non . ve n'ha al mondo. . 8 3.87. divife in mille fette . 89. 90. 129. fua incertezza . 00. 91130. non abborrifce Je novità * 98. fogget- ta a nuove (coperte. 100.101. ancella del. . la Teologia. 127. 129. è (tata ritrovataper efercitazion dell’ ingegno . 130. Jia avuto t. origine dajlefàvole de’ Poeti . 130. . non è . contraria a tutte le. favole.131.nan.haan. cor trovato la verità. .,-y '^64Filofofia Antica : fua / debolezza . j Hj-è up • giuocofanciulldco . 199. Vedi Àrtjlotùc ~ y . 'Peripatetici t Scelffiiai• Fihfofià, ' Moderna : malamente n; ’4 • v - . 198 ‘" j; - :l ;;;;i 51 Gtfitttr:' hanno partkolar irtftituto difeguita* c re Ariftotile. 65. molti hanno abbracciato la fìlofofìaModerna*. 66. 69 Gianfenifla : titolo proibito in Francia. 93G indie io : norma .da tenerli nel. dar gfridició. .cr 171. noti bifògnadar negli cftremi. ■ 175 Giureconsulti : non fono così pertinaci ,come v : i iPcripa tctìdl*;! f: >\ fi j . vui !;; .1,06.107Giuflino ( Martire ) : convertito per mezzo -ideila fìlofofìa Platonica i\ :U iV *7 f. Grandamy : amico del Cartello . 68 O 2Gran* i 212 . Grandini: non fi fa cómes’ingenerino. 8r S, 'Gregorio ( Nifleno ) fuo elogio. 53. Epi-_ laureo. . .. 53- 54 P. Grimaldi : abbraccia la filofofiaModerna. • L ^ • ^ ' t \ * ; , M • - » . •■ \ • «•..*# t 4 ( / 1 »» M « ^ 1 f » V • * ' i»»•' #..*•> « y i » ♦ • f . r I ** % 4 \ * • I Gnoranz* ì & uopanegirico. 1 -- : % V« % ’ Incendy: ne* monti , non fi fa come fii-ì facciano. . • *:,. ' \ r . . » . ^ . »... » irf-.' % » “ 1 . «ili i • » r - • r ■ ■» M ' • « 1 » t :♦: io5 i Lampi : non n fa come s’ ingenerino. . ci. ; P. Lupi : fi fa Cartellano. 56. perchè. 57, ? . S . • Stoici : negano 1 * opinarionì . 83.lofpetti ap- po i Romani. - * ' T Affitti - fAlefiàndro ^ : fuO prefa*gio in- torno ad Ariftotilc verificato a120 ■Temiflio: eretico. ’ *9 Teologi: loro>difetti- • • 1 ^ 9 - * 4 ° Teologia : le novità in eflà fimopericolofe . 98 ammeflè dagli Scolali ici. 164.133. è regina dellefcienze. 127. non ha che fare colla fi- , lofofia.127. 128. ha ritrovatola verità. 165 Icolallica non fi dee riprovareperchè fa ufo . • d*Arittotile." . » 7 ? Terremoti : non fi là come fi facciano .81 Terra : ignoto fu qual baie fi libri , e quanto Ilagrande. "8* Tejt pubbliche : loro abufo al tempo del V.Concilio Lateranelè . *77 Ticcùne: file {coperte: • ” ^S. Tommafo ( d’ Aquino ) : come , e a che fine iludiafleAriftotile . 46. fuo lamento . * . * » • • , , 47 - ' •- _ Digltized by Google iZlO Tmricdli :.dio ritrovamento . . ' jio De Turne ( Simon ) : perchè acculato d*ere- fia. , ... 22 f • f V' “ f*** j »' i • ■* ^ * • • ♦ I V' Alla ( Lorenzo .) r Tuo penfiero appro- vato dalNizolio. 144. Fu ilprimo a li. re: nega Topinazioni. 83. fua fetta fofpetta appo iRomani. a 9 * i • | ' 12 FINE. Mi 2cZ£/o2o « Digltlzed by Google 1 \ / t ' ’ \ !« • k » / » - . *f .. t „ • »,> « 4 ) * • ' • ' *• -Vr c. .. «- 'r*.*"• > *. • i i'* t •*... . *"ìr • ♦M' . • t •- W .^ » • 4 » r V * • • .I • « i • } «vi », 9 \ ■' Wl{ i *■ vii' ^ m «'.'i i • # . •% r • . •* f vi • a.« 4 4 « • w • ' ^ ► • * • - {•• * i»# » »* i «# i» • j, 1 . ì 9 'r 4 » # fi . r • i , . « ff» » * l «. « fc li . A,' i A. ■T '? r :t t • % « « / ► .• r /*• # • (/ r* i t » Il / -5 :^ 1 / « V I .r^A: V, w( ' - t » c | <* . 4 « \ Digitized by GoogleGiuseppe Valletta.Valletta Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Valletta” – TheSwimming-Pool Library, Villa Speranza.

Grice e Valore: la ragioneconversazionale dell’inventario del mondo – filosofia italiana- Luigi Speranza.(Milano).Filosofo italiano. Essential Italian philosopher. Grice: “Having philosophsidedon what Italians call ‘valore,’ I admire Valore!” Si occupa di metafisica, di ontologia generale edelle implicazioni ontologiche delle teorie formali. Si interessa anche deiprogetti di linguaggi artificiali e di lingue ausiliarie.Si laurea in filosofiaa Milano, vi ha conseguito il dottorato di ricerca con uno studio su riferimento,rappresentazione e realta. Ricerca a Milano, dove insegna storia dellafilosofia. La sua prima produzione è stata dedicata principalmente a studisulla filosofia dell'Ottocento e del Novecento e alla riabilitazione di unaprospettiva trascendentalista soprattutto in metafisica. Partecipa al gruppofondatore della rivista Problemata. Quaderni di Filosofia, di cui è statocaporedattore.Quando la Facoltà di ingegneria industriale del poli-tecnicodi Milano gli ha affidato un corso di "Verità e teoria dellacorrispondenza", la sua ricerca si è spostata su tematiche sempre piùteoriche, collegate alla filosofia analitica, alla metafisica e all'ontologiaanalitica. Organizza e cura il progetto. Diviene quindi professore aggregato distoria della metafisica a Milano, di filosofia teoretica al poli-tecnico concorsi dedicati all'ontologia formale e di filosofia degl’oggetti sociali(ontologia sociale) a Milano.Fonda In Koj. Interlingvistikaj Kajeroj,rivista di studio e discussione accademica sulle tematiche dei linguaggiartificiali. È stato membro del gruppo di ricerca European collaborative researchfinanziato dall'European science foundation e è il responsabile delprogetto per il programma Euro ScholarsUSA European Under-graduates Research Opportunities. Lavora su un suo progettodi ricerca di ontologia formale per il quale ha vinto una sponsorizzazioneFulbright nella categoria Fulbright Visiting Scholar. Collabora con la Rivistadi storia della filosofia, è nel comitato scientifico delle riviste Materialidi estetica, Rivista Italiana di Filosofia Analitica Junior e Multi-linguismo esocietà ed è direttore delle collane di filosofia Biblioteca di Problemata(editore LED di Milano) e Ratio. Studi e testi di filosofia contemporanea(editore Polimetrica di Monza).Saggi: “Trascendentale e idea di ragione.Studio sulla fenomenologia di BANFI” (Firenze, Nuova Italia); “Rappresentazione,riferimento e realtà” (Torino, Thélème); “L'inventario del mondo. Guida allostudio dell'ontologia” (Torino, Pomba); “La sentenza di Isacco: come dire laverità senza essere realisti” (Milano-Udine, Mimesis); Curatele BANFI, Platone.Lezioni, (Valore), Milano, Unicopli, Formadat esse rei. Studi su razionalità e ontologia, Milano, Led, Paolo Va Arsexperientiam recte intelligendi. Saggi filosofici, Monza, Polimetrica, Da unpunto di vista logico. Saggi logico-filosofici (Milano, Cortina); Materiali perlo studio dei linguaggi artificiali (Milano, Cuem); “Questioni di metafisica” (Milano,Il Castoro); Quine (Milano, Angeli). Monaco di iera, Grin Verlag,. Pubblicatoanche come “Inter-linguistica e filosofia dei linguaggi artificiali”, come numeromonografico per la prima uscita del giornale accademico multilingue InKoj. InterlingvistikajKajeroj. Pisa, E di studio, Dispense universitarie La categoria di sostanza inAristotele, Milano, Cuem, Introduzione al dibattito sulla distinzione traanalitico e sintetico (Milano. Cuem); Questioni di ontologia (Milano, Cusl); Lastruttura logico-analitica dell'ontologia di HERBART (Milano, Cusl); Laboratoriodi ontologia analitica (Milano, Cusl); Verità e teoria della corrispondenza (Milano,Cusl); Philosophy of Social Objects (Milano, Bocconi); Bibliografie ragionateOntologia, Milano, Unicopli, Verità, Milano, Unicopli, Saggi e articoli Acme, "Idealizzazione della verità ecoerentismo. Due perplessità sul realismo della 'seconda ingenuità'", inIride. Filosofia e discussione pubblica, "La 'posizione' esistenziale e ilgiudizio ipotetico nell'ontologia di HERBART: il caso degl’oggettiinesistenti", in POGGI, Natura umana e individualità psichica. Scienza,filosofia e religione in Italia (Milano, Unicopli); “Sull'idea di una logicatrascendentale", in Chora. Laboratorio di attualità, scrittura e culturafilosofica, "Alcune note sull'attualità dell'ontologia nella filosofiacontemporanea più recente", in V.,Forma dat esse rei..., "L'interpretazione semantica del trascendentale el'ontologia del mondo reale in PRETI", in V., Forma dat esse rei..., "Il mestiere antico e nuovo delfilosofo", in la Repubblica, (Milano). "Fisica e geometria come modelli dilavoro per l'ontologia. Un'interpretazione del metodo delle relazioni”, Dall'epistolariodi PRETI a BANFI", Ad BANFI cinquant'anni dopo, Milano, Unicopli, "Duetipi di parsimonia. Alcune considerazioni sul costruttivismo e il nominalismoontologico", in La filosofia e i linguaggi, Macerata, Quodlibet. "Cosac'è che non va nell'idea di una lingua cosmica. Il caso del LINCOS diFreudenthal", in Multilingusimo e Società, "Nothing is part of everything", inGiornale di filosofia, Ontologie, Milano, Volume recensito da Utri sullarivista Iride. Filosofia e discussione pubblica, Secretum on line. Scienze,saperi, forme di cultura, e da Marazzisulla Rivista di filosofia neoscolastica, Volume recensito da Gesner sullarivista Belfa*gor. Rassegna di varia umanità, Volume recensito da Bianchetti, Chora.Laboratorio di attualità, scrittura e cultura filosofica, Volume recensito da Giardino sulla Rivista difilosofia, nell'articolo "Tra i cavalli alati e la realtà" – cf. H.P. Grice, “Pegasus is Pegasus” Nomi vacui, su Il manifesto, Armezzani su SWIF Volumerecensito da Corsetti su “L'esperanto. Revuo de itala esperanto-federacio”, recensitoda sulla rivista web Secretum. Scienze, saperi, forme di cultura Si tratta diun Book accessibile con password. Si tratta di una replica critica all'articolodi Valduga "Filosofi all'anagrafe", pubblicato su la Repubblica,sezione Milano. Profilo accademico su immagini della mente. Elenco completodelle pubblicazioni sul sito universitario academia.edu. Paolo Valore. Valore. Keywords:Pegasus is Pegasus. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Valore” – per il H. P.Grice’s Play-Group, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza

Grice eVanini: la ragione conversazionale dei peripatetici – filosofia italiana –Luigi Speranza (Taurisano). Filosofo italiano. EssentialItalian philosopher. “If you speak Italian, you should never confuse Vaniniwith Vannini” -- Grice. Fra i primi esponenti di rilievodel libertinismo erudito.Nasce al casale di Terra d'Otranto, nellafamiglia che il padre, uomo d'affari originario di Tresana in Toscana, costituscesposando una Lopez de Noguera, appartenente a una famiglia appaltatrice delleregie dogane della Terra di Bari, della Terra d'Otranto, della Capitanata edella Basilicata. Anche un successivo documento scoperto nell'srchivio segretovaticano, lo qualifica pugliese, confermando il luogo di nascita ch'egli siattribuisce nelle sue opere.Nel censimento ufficiale della popolazionedel casale di Taurisano figurano solo i nomi di Giovan Battista Vanini, delfiglio legittimo Alessandro, e del figlio naturale Giovan Francesco. Nessuncenno della moglie e dell'altro figlio legittimo Giulio Cesare. Si ha motivo diritenere che il padre sia ri-entrato a Napoli.Sistemata ogni pendenzaeconomica, entra nell'ordine carmelitano assume il nome di Gabriele e sitrasfere a Padova per intraprendere gli studi. Giunge nelle terre della repubblicadi Venezia quando le polemiche provocate due anni prima dall'interdetto di PaoloV sono ancora vivacissime. Durante il soggiorno padovano entra in contatto conil gruppo capeggiato da SARPI che, con l'appoggio dell'ambasciata inglese aVenezia, alimenta la polemica anti-papale.Consegue a Napoli il titolo didottore in utroque iure, superando l'esame che gli consente di esercitare laprofessione di dottore nella legge civile e canonica. Come verrà descritto indocumenti posteriori, assimila una grande cultura. Parla assai bene il latino econ una grande facilità, è alto di taglia e un po' magro, ha i capelli castani,il naso aquilino, gl’occhi vivi e fisionomia gradevole ed ingegnosa. Divenutomaggiorenne, si fa riconoscere da un tribunale della capitale erede di GiovanBattista. Con una serie di rogiti e procure notarili redatte a Napoli, inizia asistemare ogni pendenza economica conseguente alla morte del padre. Vende unacasa di sua proprietà sita in Ugento, a pochi chilometri dal suo paesed'origine. Dà mandato a uno zio di assolvere incarichi dello stesso tipo,incarica l'amico Scarciglia di recuperagli una somma e gli vende alcuni benirimasti a Taurisano e tenuti in custodia dai due fratelli.Partecipa alleprediche quaresimali, attirandosi i sospetti delle autorità religiose.Inconseguenza dei suoi atteggiamenti anti-papali, e allontanato dal convento diPadova e rinviato, in attesa di ulteriori sanzioni disciplinari, al provincialedi Terra di Lavoro con sentenza del generale dell'Ordine carmelitano, SILVIO,ma fugge in Inghilterra, insieme con il confratello genovese GENOCCHI. Nelviaggio, toccano Bologna, Milano, i grigioni svizzeri e discendono il corso delReno sino alla costa del mare del nord, attraversando la Germania, i paesi bassi,il canale della Manica e giungendo infine a Londra e a Lambeth -- sedearcivescovile del Primato d'Inghilterra. Qui i due frati rimarranno per quasi IIanni, nascondendo la loro reale identità perfino ai loro ospiti inglesi, poichéè provato che lo stesso arcivescovo di Canterbury, ABBOT, li conosceva sotto unnome diverso da quello reale.Nella chiesa londinese detta dei MERCIAI odegl’italiani, alla presenza di un folto auditorio e di Bacone, V. e il suocompagno fanno una pubblica sconfessione della loro fede cattolica,abbracciando la religione anglicana. In realtà i due frati non hanno tagliato iponti con i loro ambienti di provenienza: infatti nel GENOCCHI viene raggiuntoda una lettera molto amichevole di un amico e confratello genovese, SPINOLA. Aloro volta, le autorità cattoliche vengono subito informate di questo caso. -- èil nunzio a Parigi ad avvertire la segreteria di stato vaticana che due frativeneziani non meglio identificati sono fuggiti in Inghilterra e si sono fattiugonotti, che un vescovo italiano sta per seguirli e che lo stesso SARPI, mortoil doge e privato della sua protezione, per non cadere in mano dei suoi nemici,è sul punto di fuggire in Palatinato tra i protestanti. Analoga notizia,arricchita di altri particolari, viene inoltrata dal nunzio in Fiandra alcardinale BORGHESE a Roma, che risponde mostrandosi già al corrente dei fatti edell'esatta identità dei due frati. Sa che la fuga di V., di GENNOCHI, di SARPI,e di un non ancora identificato vescovo italiano potrebbe portare allaricostituzione in terra protestante del gruppo di opposizione al papato giàoperante nella repubblica veneta al tempo dell'interdetto. Il nunzio UBALDINI daParigi continua a inviare a Roma dettagli sulla condotta dei due fratirifugiati in Inghilterra, sulle loro predicazioni, su come sono stati accolti acorte e dalle autorità religiose, su come si continui a parlare dell'arrivo delvescovo italiano. La segreteria di stato vaticana esorta il nunzio in Franciaad attivare i suoi confidenti in Inghilterra al fine di scoprire l'identità delvescovo intenzionato a rifugiarvisi. Il cardinale UBALDINI da Parigi assicuraalla segreteria di stato tutto il suo impegno in merito all'argomento dei duefrati. Nello stesso dispaccio afferma che non mancherà di informare di ognidettaglio anche il cardinale ARROGONI, che gli ha scritto in merito per contodel papa e della congregazione del sant’uffizio. Evidentemente a quella data lacondotta veneziana e la successiva fuga dei due frati era già diventataargomento di discussione dell'inquisizione romana.Un'altra lettera delcardinale BORGHESE invita il nunzio in Francia ad essere vigile sulla faccendadella fuga del vescovo in Inghilterra e, nel caso egli passi per il suolofrancese, a far di tutto per «farlo ritenere», come suggerisce il Papa e «comesarebbe molto a proposito». In dicembre il Nunzio UBALDINI invia da Parigi alcardinale BORGHESE notizie dettagliate e di tenore molto diverso rispetto alleprecedenti sui due frati, attestando la buona reputazione di cui essi godono inInghilterra e la fiducia che possano presto essere recuperati alla chiesa diRoma. Questa lettera viene poi trasmessa al tribunale dell'inquisizione romanache nei primi giorni del gennaio successivo inizia di fatto a istruire ilprocesso contro V..Nei mesi successivi si hanno varie notizie di un grantraffico di suppliche e lettere dei due frati a Roma, specialmente tramite l'ambasciatorespagnolo a Londra, per ottenere il perdono del papa e il ri-entro nel cattolicesimo.Le autorità religiose inglesi ne vengono segretamente informate e dispongonoun'attenta sorveglianza nei confronti dei due frati. Tra la fine delel'inizio del V. si reca in visita a Cambridge e poi ad OXFORD (cf. H. P.GRICE). A OXFORD, V. confida ad alcuni conoscenti la sua ormai imminente fugadall'Inghilterra, cosicché in gennaio i due frati vengono arrestati dallaguardie dell'arcivescovo dopo una funzione religiosa nella chiesa degliItaliani e rinchiusi in case di alcuni servi dell'arcivescovo. Scoppia ungrande scandalo e dell'episodio vengono informati il re e le massime autoritàdello stato, in quanto nelle operazioni di recupero appaiono chiaramentecoinvolti agenti di nazioni straniere accreditati nelle ambasciate a Londra.Altissime personalità cattoliche da Roma seguono la vicenda e la favorisconocon grande calore. GENOCCHI, eludendo la sorveglianza e con l'aiuto diagenti stranieri, fugge dalla prigione e dall'Inghilterra. In conseguenza diciò, viene trasferito in luogo più sicuro e rinchiuso nella carzel publica,ovvero nella gate-house adiacente all'abbazia di Westminster. Dilaga loscandalo. Volano le accuse di leggerezza nei confronti dei fautori della fugadei due frati dall'Italia, mentre cominciano a circolare apertamente i nomi delcappellano dell'ambasciatore veneto a Londra, MORAVO, e dell'ambasciatore spagnoloquali autori del clamoroso recupero. Dalla curia romana si continua a seguirela vicenda e a favorirla in ogni modo. A Londra viene intanto istruito ilprocesso a V. Il frate rischia una severa punizione, non il rogo come i martiridella fede -- come il carmelitano scrive con enfasi poi nelle sue opera --, mauna lunga deportazione in desolate colonie lontane, come l'arcivescovo ABBOTsuggerisce al re. Anche V. riesce a evadere di prigione e a fuggiredall'Inghilterra, sempre grazie all'aiuto degli agenti dell'ambasciatorespagnolo a Londra, incoraggiato da alte personalità romane e del cappellanodell'ambasciata della repubblica veneta, che si avvale anche dell'opera dialcuni servi dell'ambasciatore stesso, ma all'insaputa di questi. II annidopo, durante il processo della repubblica veneta contro l'ambasciatore FOSCARINIper spionaggio e per aver consentito ad ABBOT di sottoporre ad interrogatorioil personale dell'ambasciata, vengono alla luce anche dettagli sulla complicitàdella fuga di V. da Londra.V. e GENOCCHI arrivano a Bruxelles e sipresentano al nunzio di Fiandra, BENTIVOGLIO, che li attende da tempo. Vengonoiniziate le prime pratiche per la concessione del perdono per la fuga inInghilterra e per l'apostasia e viene loro accordato di tornare in Italia e divivervi in abito di prete secolare, senza più indossare l'abito religioso, macon il vincolo dell'obbedienza al loro superiore. Forti di tali concessioni,alla fine di maggio i due frati vengono posti sulla via per Parigi, dove devonopresentarsi al nunzio di quella città, UBALDINI. All'incirca nello stessoperiodo giunge a Parigi anche l'ultimo frate recuperato dall'Inghilterra, MARCHETTI.Altri due frati, invece, non ottengono il perdono dalle autoritàcattoliche.A Parigi, durante la permanenza presso la sede del nunzio UBALDINI,V. si inserisce nella polemica relativa all'accettazione dei principi del conciliodi Trento in Francia, che tarda ad arrivare a causa del rifiuto di parte delclero gallicano. Per orientare gl’animi nella direzione voluta dalla santa sede,scrive i Commentari in difesa del concilio di Trento, di cui egli poi intendeavvalersi, come scrive UBALDINI ai suoi superiori in Roma, per dimostrare lasincerità del suo ritorno nella fede cattolica. Riprende quindi la stradaper l'Italia, dirigendosi a Roma, dove deve affrontare le difficili fasi finalidel processo presso il tribunale dell'inquisizione. Dimora per qualche mese aGenova, dove ritrova l'amico GENOCCHI e si guadagna da vivere insegnandofilosofia ai figli di DORIA.Nonostante le assicurazioni ricevute, ilritorno dei frati non è del tutto tranquillo. GENOCCHI viene inaspettatamentearrestato dall'inquisitore di Genova. A Ferrara accade lo stesso all'altrofrate "recuperato", MARCHETTI. V. teme che gli accada la stessasorte, fugge nuovamente in Francia e si dirige a Lione. Gl’esiti finali delleesperienze capitate al frate genovese e a quello ferrareseche vennerorilasciati dopo un breve periodo di detenzione e restituiti alla normale vitareligiosasembrano indicare che forse V. esagera il pericolo insito in questeoperazioni di polizia dell'inquisizione.A Lione, pubblica l' “Amphitheatrum”,che egli intende esibire in sua difesa alle autorità romane, come si legge inun dispaccio di UBALDINI alle autorità romane. Esso è dedicato a CASTRO, ambasciatorespagnolo presso la santa sede, già collegato con la famiglia V., da cui ilfrate fuggiasco s'aspetta un aiuto nell'operazione della concessione delperdono da parte delle autorità romane.Poco tempo dopo, grazie anche agliappoggi acquisiti presso certi ambienti cattolici con la pubblicazione dellasua opera, V. ritorna a Parigi e si ripresenta al nunzio UBALDINI, chiedendoglidi intervenire in suo favore presso le autorità di Roma. Il prelato scrive alcardinale BORGHESE, chiedendo chiare indicazioni sulla sortedell'ex-carmelitano. Non si conosce la risposta del segretario di stato. V.,comunque, non ritorna più in Italia e riesce invece a trovare la strada e imezzi per entrare in ambienti molto prestigiosi della nobiltà francese.V.completa un'altro suo saggio, il “De Admirandis Naturae Reginae DeaequeMortalium Arcanis” ed l'affida a due filosofi della Sorbona perché neautorizzino la pubblicazione, secondo le norme del tempo vigenti in Francia. Ilsaggio è pubblicato in settembre a Parigi. Esso è dedicato a BASSOMPIERRE, uomopotente alla corte di Maria de' MEDICI, ma è stampata da Perier, tipografonotoriamente PROTESTANTE. Il saggio vede la luce in un ambiente ricco dipubblicazioni che vengono guardate con sospetto e che provocano pesanticondanne. L'opera del V. ottiene un immediato successo presso certi ambientidella nobiltà, popolati di spiriti che guardano con interesse alle innovazioniculturali e scientifiche che vengono dall'Italia. In questo senso il “DeAdmirandis” costituisce una summa, esposta in modo vivace e brillante, delnuovo sapere. Dà una risposta alle esigenze del momento di questo settore dellanobiltà. Diviene una specie di manifesto culturale di questi esprits forts erappresenta per V. una possibilità di stabile permanenza negli ambienti vicinialla corte di Parigi. Tuttavia, pochi giorni dopo la pubblicazione del saggio,i due teologi della Sorbona che espressano la loro approvazione allapubblicazione si presentano ai membri della facoltà di teologia in sedutaufficiale e li informano di aver letto, a loro tempo, certi dialoghi scritti daV. Di non avervi trovato allora niente che contrastasse con il cattolicismo; diaverli restituiti muniti della loro approvazione alla stampa e con lacondizione che il manoscritto da essi controfirmato fosse depositato presso diessi a pubblicazione avvenuta, a testimonianza della fedeltà del testopubblicato a quello da loro approvato; che ciò non era avvenuto e che circolainvece un testo dell'opera diverso da quello approvato e contenente alcunierrori contro la comune fede di tutti, per cui i due dottori avanzano lasupplica che il saggio non circoli più con la loro approvazione e che talerichiesta venga trascritta nel libro delle conclusioni della facoltà stessa. LaSorbona accoglie tale richiesta che costituì di fatto un DIVIETO dicircolazione del testo.La Sorbona, però, sembra non occuparsi più delsaggio di V., non prenderne più in esame l'opera, non elencarne o denunciarne,come da prassi, gl’errori da emendare, né mai condanna il suo contenuto o ilsuo autore. Comunque, una condanna espressa dal vicario episcopale di Tolosa, RUDÈLE,a sottoscritta anche dall'inquisitore BILLY. Inoltre anche la congregazionedell'indice pronuncia una condanna con la quale il “De admirandis” e condannatocon la formula del “donec corrigatur” -- in base alla quale il SOTOMAIOR collocaV. nella prima classe degli autori proibiti nel suo indice. La collectio judiciorumde novis erroribus qui ab initio duodecimi seculi post Incarnationem Verbi, inEcclesia proscripti sunt et notati, di ARGENTRÉ, dottore della Sorbona evescovo, edita a Parigi, esamina le censure e le conclusioni espresse dalla facoltàche aveva condannato l'Amphitheatrum Aeternae Sapientiae di KHUNRATH e la “DeRepublica Ecclesiastica” di DOMINIS) non menziona invece provvedimenti contro V..Tutto questo porterebbe a ritenere che non vi siano stati atti ufficialispecifici di persecuzione contro V. da parte delle autorità parigine, néreligiose né civili, né in questo periodo né negli anni seguenti. Ma soloproteste e minacce nei suoi confronti da parte di alcuni settori. Una condannadel saggio di V. non avrebbe trovato fondate giustificazioni, né sul pianogiuridico né su quello culturale, in quanto gran parte delle teorie esposte daV. non costituivano una novità. Fuggito da pochi mesi dall'Inghilterra,impossibilitato a ri-entrare in Italia, minacciato da alcuni settori cattolicifrancesi, V. vede restringersi intorno gli spazi di movimento e ridursi lepossibilità di trovare stabile sistemazione nella società francese. Ha paurache venga aperto un processo contro di lui anche a Parigi, per cui fugge dallacapitale e si nasconde in Bretagna, in una delle cui abbazie, quella di Redon,è abate commendatario il suo amico e protettore, SAINT-LUC. Ma intervengonoanche altri fattori di preoccupazione. Viene ucciso a Parigi CONCINI, favoritodi Maria de MEDICI, uomo potentissimo e molto odiato in Francia. L'episodio,seguito poco dopo dall'allontanamento della regina dalla capitale con il suoodiato seguito di italiani, crea notevole turbolenza politica e suscita unvasto movimento di ostilità nei confronti degl’italiani residenti acorte.Altre cronache del tempo segnalano la presenza di un misteriosoitaliano, con un nome strano, in possesso di una grande cultura ma dall'incertopassato, ancora più a sud, in alcune città della Guienna e poi della Linguadocaed infine a Tolosa. Nella particolare suddivisione politica della Francia, il ducadi MONTMORENCY, protettore degli esprits forts del tempo, sposato con laduch*essa italiana ORSINI, è governatore di questa regione e sembra poteraccordare protezione al fuggiasco, che continua comunque a tenersiprudentemente nascosto. La presenza a Tolosa di questo misterioso personaggio,di cui si ignora la provenienza e la formazione culturale, ma che fa mostra digrande sapienza, di grande vivacità dialettica specialmente e di affermazioninon sempre allineate con la morale del tempo, non passa inosservata ed attira isospetti delle autorità, che cominciano a sorvegliarlo. Dopo averlo ricercatoper un mese, le autorità tolosane lo fanno arrestare e chiudere in prigione. Losottopongono ad interrogatorio, cercano di scoprire chi egli sia, quali sianole sue idee in materia di di morale, perché fosse arrivato fin in quel lontanoangolo della Francia meridionale. Vengono convocati testimoni contro di lui, manon riescono ad accertare nulla, né a farlo tradire.Il misteriosopersonaggio viene improvvisamente riconosciuto colpevole e condannato al rogo.Ormai isolato, braccato, impossibilitato a chiamare a sua difesa un passatotravagliatissimo e ricco di nodi mai sciolti, abbandonato dai pochi amicirimastigli fedeli perché impotenti ad organizzare una chiara strategia in suadifesa, muore di morte atroce. Il Parlamento di Tolosa lo riconosce colpevoledel reato di ateismo e di bestemmie contro il nome di Dio, condannandolo, sullabase della normativa del tempo prevista per i bestemmiatori, alla stessa penacui erano andati incontro, in luoghi diversi ma in circostanze analoghe, certi FREMONDe FONTANIER. Gli viene tagliata la lingua, poi è strangolato e infinearso.Subito dopo l'esecuzione furono pubblicati due anonimi che fannoesplicitamente il nome del V. e quindi nel misterioso italiano giustiziatoviene riconosciuto V., l'autore del “De Admirandis” che suscita i sospetti dialcuni settori cattolici parigini. Comparvero le Histoires memorables di ROSSET,che, con la quinta Histoire, divulga con poche modifiche il secondo dei duecitati canards. RUDELE, teologo e vicario generale dell'arcivescovado diTolosa, avverte pubblicamente di aver esaminato le due saggi di V. insieme con BILLYe di averle trovate contrarie al culto e all'accettazione del vero Dio eassertrici dell'ateismo, emettendo ufficiale ordinanza di condanna eproibendone la stampa e la vendita nella diocesi di Tolosa, territorio postosotto la sua giurisdizione. In precedenza, La Sorbona non ha comunicato di averadottato analogo provvedimento.Saggi: “Amphitheatrum Æternæ Providentiædivino-magicum, christiano-physicum, necnon astrologo-catholicum adversusveteres philosophos, atheos, epicureos, peripateticos et stoicos” (Lione). Ilsaggio si compone di esercitazioni, che mirano a dimostrare l'esistenza di Dio,a definirne l'essenza, a descriverne la provvidenza, a vagliare o confutare leopinioni di Pitagora, Protagora, CICERONE (vedi), BOEZIO (vedi), AQUINO (vedi),l’orto, Aristotele, Averroè, CARDANO, i peripatetici dei LIZIO, il PORTICO,ecc., su questo argomento. “De Admirandis Naturæ Reginæ Deæque MortaliumArcanis libri quattuor” (Parigi, Périer). Il saggio si divide in IVlibri: un Liber I de Cœlo et Aëre; un Liber II de Aqua et Terra; un LiberIII de Animalia Generatione et Affectibus Quibusdam; un Liber IV de Religione Ethnicorum;in forma di dialogo -- che avvengono tra lui, nelle vesti di divulgatore delsapere, e un immaginario Alessandro, che si presta ad un gioco sottile edivertente nel corso del quale, con un atteggiamento compiacente e un po'complice, tra espressioni di meraviglia e ammirazione per la vastità del saperedi cui l'amico fa mostra, sollecita il suo interlocutore ad elencare e spiegaregli arcani della natura regina e dea che esistono intorno e all'internodell'uomo.Così, in un misto di rilettura in nuova chiave critica delpensiero degli filosofi antichi e di divulgazione di nuove teorie scientifichee religiose, il protagonista del lavoro discetta sulla materia, figura, colore,forma, motore ed eternità del cielo; sul moto, centro e poli dei cieli; sulsole, sulla luna, sugli astri; sul fuoco; sulla cometa e sull'arcobaleno; sullafolgore, la neve e la pioggia; sul moto e la quiete dei proiettili nell'aria;sull'impulsione delle bombarde e delle balestre; sull'aria soffiata eventilata; sull'aria corrotta; sull'elemento dell'acqua; sulla nascita deifiumi; sull'incremento del Nilo; sull'eternità e la salsedine del mare; sulfragore e sul moto delle acque; sul moto dei proiettili; sulla generazionedelle isole e dei monti, nonché della causa dei terremoti; sulla genesi, radicee colore delle gemme, nonché delle macchie delle pietre; sulla vita, l'alimentoe la morte delle pietre; sulla forza del magnete di attrarre il ferro e sullasua direzione verso i poli terrestri; sulle piante; sulla spiegazione da daread alcuni fenomeni della vita di tutti i giorni – SUL SEME GENITALE -- sullagenerazione, la natura, la respirazione e la nutrizione dei pesci; sullagenerazione degli uccelli; sulla generazione delle api; sulla prima generazionedell'uomo; sulle macchie contratte dai bambini nell'utero; sulla generazionedel MASCHIO e della femmina; sui parti di mostri; sulla faccia dei bambinicoperta da una larva; sulla crescita dell'uomo; sulla lunghezza della vitaumana; sulla vista; sull'udito; sull'odorato; sul gusto; sul tatto e solletico;sugli affetti dell'uomo; su Dio; sulle apparizioni nell'aria; sugli oracoli;sulle sibille; sugli indemoniati; sulle sacre immagini dei pagani; sugliàuguri; sulla guarigione delle malattie capitata miracolosamente ad alcuni altempo della religione pagana; sulla resurrezione dei morti; sulla stregoneria;sui sogni.Empio osarono dirti e d'anatemi oppressero il tuo cuore e tilegarono e alle fiamme ti diedero. O uomo sacro! perché non discendesti infiamme dal cielo, il capo a colpire ai blasfemi e la tempesta tu non invocastiche spazzasse le ceneri dei barbari dalla patria lontano e dalla terra! Ma purcolei che tu già vivo amasti, sacra Natura te morente accolse, del loro agiredimentica i nemici con te raccolse nell'antica pace. Hölderlin. L'interpretazionenaturalistica dei fenomeni soprannaturali che POMPONAZZI (vedi) chiamato da V.magister meus, divinus praeceptor meus, nostri speculi philosophorum princepsda nel “De incantationibus” “aureum opusculum”, è ripresa nel De admirandisnaturae, dove, con una prosa semplice ed elegante,fa riferimento anche aCARDANO, a BORDONI e ad altri cinquecentisti. Dio agisce sugli esseri sub-lunari(cioè sugli esseri umani) servendosi dei cieli come strumento. Di qui l'originenaturale e la spiegazione razionale dei pretesi fenomeni sopra-naturali, dalmomento che anche l'astrologia è considerata una scienza. L’esere supremo,quando incombono pericoli, dà avvertimenti agli uomini e specialmente aisovrani, agli esempi dei quali il mondo si conforma. Ma i reali fondamenti deipresunti fenomeni sovrannaturali sono soprattutto la fantasia umana, capace avolte di modificare l'apparenza della realtà esterna, i fondatori dellereligioni rivelate, Mosè, Gesù, Maometto e gli ecclesiastici impostori cheimpongono false credenze per ottenere ricchezze e potere, e i regnanti,interessati al mantenimento di credenze religiose per meglio dominare la plebe,come insegna già MACHIAVELLI, il principe degli atei per il quale tutte le cosereligiose sono false e sono finte dai principi per istruire l'ingenua plebeaffinché, dove non può giungere la ragione, almeno conduca la religione. Seguendoancora POMPONAZZI e PORZIO nella loro interpretazione dei testi aristotelici,mutuata dai commenti di Alessandro di Afrodisia, nega l'immortalità dell'anima.Anche il cosmo aristotelico-scolastico subisce il suo attacco distruttivo. Analogamentea BRUNO, nega la differenza peripatetica tra un mondo sub-lunare e un mondoceleste, affermando che entrambi sono composti della stessa materiacorruttibile. Scardina nell'ambito fisico e biologico il finalismo e ladottrina ile-morfica aristotelica, e, ricollegandosi a l’orto di LUCREZIO,elabora una nuova descrizione dell'universo d'impianto meccanicistico-materialistico.Gl’organismi sono parago orology. E concepisce una prima forma di trasformismouniversale delle specie viventi. Concorda con gl’aristotelici del LIZIO sull'eternitàdel mondo, considerando in particolare l'aspetto temporale. Ma, contro di essi,afferma il moto di rotazione terrestre e appare respingere la tesi tolemaica infavore di quella eliocentrica copernicana.Se il primo curator CORVAGLIA elo storico RUGGIERO, ingiustamente, considerarono la sua filosofiasemplicemente un centone privo di originalità e di serietà scientifica, Garasse,ben più preoccupato delle conseguenze della diffusione della sua filosofia, li giudicala filosofia più perniciosa che in fatto di ateismo fosse mai uscita negliultimi cento anni. E stato ampiamente ri-considerato e ri-valutato dallacritica, mettendo in mostra l'originalità e le intuizioni metafisiche, fisiche,biologiche, talvolta precorritrici nei tempi, dei suoi saggi.Visto chenasconde la sua filosofia, secondo un tipico espediente della cultura del suotempo, per evitare seri conflitti con le autorità religiose e politichecostituite, conflitti che, come paradossalmente e sfortunatamente avvenne,nonostante le cautele, lo condussero infine alla morte), l'interpretazione delsuo pensiero si offre a diversi piani di lettura. Tuttavia, nella storia dellafilosofia, resta di lui acquisita un'immagine di miscredente e persino di ateo(il che non era). E questo perché avversario di ogni superstizione e di fedecostituita (meglio un proto-agnostico), tanto da essere considerato uno deipadri del libertinismo, malgrado avesse scritto persino un'apologia del conciliodi Trento. Per una sintesi della sua filosofia si deve guardare da un lato alretroterra culturale, che è quello abbastanza tipico del Rinascimento, conprevalenza di elementi dell'aristotelismo ma con forti elementi di misticismoplatonico. Dall'altro lato egli trae dal Cusano dei tipici elementipanteistici, simili a quelli che si ritrovano anche in Bruno, ma piùmaterialistici. La sua visione del mondo si basa sull'eternità della materia,sulla omogeneità sostanziale cosmica, su un Dio dentro la natura come forza chela forma, la ordina e la dirige. Tutte le forme del vivente hanno avuto originespontanea dalla terra stessa come loro creatrice.Considerato ateo, neltitolo del suo saggio pubblicato a Lione nel Amphitheatrum aeternaeprovidentiae divino-magicum, christiano-physicum, nec non astrologo-catholicumadversus veteres philosophos, atheos, epicureos, Peripateticos et Stoicosdimostra di non esserlo. Come precursore del libertinismo vi sono invece moltielementi che lo avvicinano al pensiero dell'ignoto autore del trattato dei treimpostori anch'egli panteista. Pensa infatti che i creatori delle tre religionimonoteiste, Mosè, Gesù Cristo e Maometto, non siano altro che degl’impostori.In“De admirandis Naturae Reginae Deaeque mortalium arcanis libri quatuor” stampatoa Parigi nelvengono riprese le tesi dell' “Amphiteatrum” con precisazioni esviluppi che ne fanno il suo capolavoro e la sintesi della sua filosofia. Vienenegata la creazione dal nulla e l'immortalità dell'anima, Dio è nella naturacome sua forza propulsiva e vitale. Entrambi sono eterni. Gl’astri del cielosono una specie di intermediari tra dio e la natura che sta nel mondo sub-lunaree di cui noi facciamo parte. La religione vera è perciò una religione dellanatura che non nega Dio ma lo considera un suo spirito-forza.La sua filosofiaè abbastanza frammentaria e riflette anche la complessità della sua formazione.E un filosofo, un naturalista, un religioso, ma anche un medico e un po' unmago. Ciò che ne caratterizza è la veemenza anti-clericale. Tra le coseoriginali della sua filosofia c'è una specie di anticipazione della teoriadell’evoluzione, perché, dopo un primo tempo in cui sostiene che le specieanimali nascano per generazione spontanea dalla terra, in un secondo tempo -- lopensa anche CARDANO -- pare convinto che esse possano trasformarsi le une nellealtre e che l'uomo derivia d’animali affini all'uomo come la bertuca, ilmacacho e la scimmia in genere. Appaiono due saggi che consacrano il mito del V.ateo: La doctrine curieuse des beaux esprits de ce temps, di GARASSE e leQuaestiones celeberrimae in Genesim cum accurata explicatione, di MERSENNE. Idue saggi, però, anziché spegnere la voce del filosofo, la amplificano in unambiente che evidentemente e pronto a ricevere, discutere e riconoscerne lavalidità delle affermazioni.Il nome di V. viene nuovamente proiettatoall'attenzione della filosofia in occasione del clamoroso processo che vienecelebrato contro VIAU. Il progetto di interrogatorio che il procuratoregenerale del re, Molé, predispone con ben articolati capi d'accusa su cuiinterrogare VIAU, contiene impressionanti analogie colla filosofia vaniniana,cui vien fatto esplicito riferimento mentre MERSENNE torna a martellare su V.,analizzandone alcune affermazioni nel suo “L'Impiétè des Déistes, Athées etLibertins de ce temps, combatuë, et renversee de point en point par raisonstirées de la Philosophie, et de la Theologie”, nel quale porta il suo giudizioconcernente CARDANO e BRUNO. Anche Leibniz, oppositore al pari di Mersenne dellibertinismo, si esprime duramente contro V., considerandolo un empio, un pazzoe un ciarlatano.Je n'ai pas encore vu l'apologie de V., je ne pense pasqu'elle mérite fort d'être lue. La philosophie de ce personnage e bien peu dechose. Mais un imbécille comme lui, ou pour mieux dire, un fou ne méritoit pasd'être brûlé. On étoit seulement en droit de l'enfermer, afin qu'il ne séduisîtpersonne -- Epist. ad Kortholtum in Opera omnia, Genève. Ancora la leggendanera creata intorno alla figura di V. sopravvive al passare del tempo, siespande ed affascina molti studiosi, che si avvicinano alla sua filosofia e netentano dei profili biografici. Così anche la cultura inglese mostra interesseper il filosofo di Taurisano ed è soprattutto con BLOUNT che V.entra nellafilosofia inglese ed acquista una dimensione che non abbandona mai più, quandodiviene un elemento cardine del libertinismo e deismo. Un manoscritto ineditodella biblioteca municipale di Avignone custodisce delle Observations surLucilio V. redatte da Velleron, ma fornisce solo delle incerte notizie sulfilosofo, in gran parte rettificate dagli ultimi studi. Viene effettuata unacopia manoscritta dell'Amphitheatrum, su commissione di Uriot, il quale latrasferisce poi nella biblioteca ducale del duca di Württemberg. Attualmenteessa si trova nella Württembergische Landesbibliothek di Stoccarda.Un'altracopia manoscritta del saggio si trova nella Staats und Universitätbibliothek diAmburgo, a testimonianza del perdurante interesse per V. Viene data alle stampea Londra una biografia vaniniana con un estratto delle sue opere, dal titolo“The life of ‘Lucilio’, alias V., burnt for atheism at Toulouse, with an abstractof his writings. Il saggio, pur ricollegandosi alla consueta storiografiavaniniana e quindi con i soliti errori d'origine, sottopone ad un dibattitoponderato la figura ed il pensiero del filosofo italiano, a cui riconoscequalche merito. Ma la strada per una collocazione europea di V. e del suopensiero è ormai aperta.Saggi: “Amphitheatrum aeternae providentiaedivino-magicum, christiano-physicum, nec non astrologo-catholicum adversusveteres philosophos, Atheos, Epicureos, Peripateticos et Stoicos, Auctore IulioCaesare Vanino, Philosopho, Theologo et Iuris utriusque Doctore, Lugduni, ApudViduam Antonii de Harsy, ad insigne Scuti Coloniensis” (Galatina). “IuliiCaesaris Vanini, Neapoletani Theologi, Philosophi et Iuris utriusque Doctoris,De admirandis Naturae Reginae Deaeque mortalium arcanis libri quatuor, LPombaiae,Apud Adrianum Perier, via Iacobaea” (Galatina). Le opere di V. e le loro fonti,Milano (Galatina,); “Opere” (Porzio, Lecce); “Anfiteatro dell'eternaProvvidenza” Galatina; “I meravigliosi segreti della natura, regina e dea deimortali” Galatina); “Opere (Galatina); “Confutazione delle religioni “AnnaVasta, Catania, De Martinis & C.); “Opere” (Milano, Bompiani). Bucciantini,Lutero in Campo dei Fiori, in Il Sole 24 ORE Terzapagina. Filosofia ed ecologiaper il "compleanno" di V., Una lettera dell'ambasciatore inglese aVenezia, Carleton, fa risalire l'episodio a nove anni prima. Raimondi, “V. e illibertinismo” Atti del Convegno di Studi, Taurisano (Galatina, Raimondi, “Dal tardo Rinascimento alLibertinismo erudite” Atti del Convegno di Studi, Lecce-Taurisano Galatina, Spini,“Vaniniana” in «Rinascimento», Paola, “Il primo seicento anglo-veneto”Cutrofiano; Paola, “V. da Taurisano filosofo europeo, Fasano); Paola,“Documenti per una lettura di V., in «Bruniana & Campanelliana», Raimondi,Documenti vaniniani nell'archivio segreto vaticano, in «Bollettino di Storiadella Filosofia dell'Università degli Studi di Lecce», Raimondi, Il soggiornovaniniano in Inghilterra alla luce di nuovi documenti spagnoli e londinesi, in«Bollettino di Storia della Filosofia dell'Università degli Studi di Lecce», Raimondi,“La Santa Inquisizione, Taurisano, Raimondi, “L'Europa del Seicento. con unaappendice documentaria, Pisa Roma. L'appendice contiene la più completadocumentazione sulla biografia vaniniana: documenti dalla nascita al rogo. Fasano,Fazio, V. nella cultura filosofica (Galatina); Marcialis, “Natura e uomo in V.”in «Giornale Critico della Filosofia Italiana»; Marcialis, V. nell'Europa delSeicento, in "Rivista di Storia della Filosofia", Paganini, LeTheophrastus redivivus et V., in «Kairos», Papuli, Le interpretazioni di V., Galatina, Perrino,"V. nel Theophrastus redivivus", in «Bollettino di Storia dellaFilosofia dell'Università degli Studi di Lecce», Raimondi, V. e il "Detribus impostoribus", in «Ethos e Cultura», Padova, G. Spini, Ricerca deilibertini. La teoria dell'impostura delle religioni nel Seicento italiano,Roma, Firenze); Teofilato, V. nel III Centenario del suo martirio, Milano, Tip.Ed. La Stampa d'Avanguardia. Teofilato, V., in The Connecticut Magazine,articles in English and Italian, New Britain, Conn, C. Teofilato, Vaniniana, inLa puglia letteraria, mensile di storia, Roma; V., Riflessioni sul problema V.,in Bertelli, Il libertinismo in Europa, Milano-Napoli, Vasoli, V. e il suoprocesso per ateismo, in Niewohner e Pluta, Atheismus im Mittelalter und in derRenaissance, Wiesbaden); V. in Inghilterra. La seguente è una lista di alcunidocumenti in cui è possibile trovare riferimenti alla presenza del frate carmelitanoa Lambeth a Londra. Trascrizioni complete, riassunti e contesto di questidocumenti sono disponibili. "V. e il primo seicento anglo-veneto" ein "V. da Taurisano filosofo europeo", Schena Editore, Brindisi.Documenti: London Public Record Office State Papers Venice Notizie sullaMercers' Chapel a Londra, dove V. sconfesso la sua fede cattolica e tenne varisermoni. London Public Record Office State Papers Petizione di due Carmelitani,V. e Genocchi, a Carleton, ambasciatore inglese a Venezia, per essere accettatiin Inghilterra. Venezia. London Public Record Office State Papers Lettera diCarleton a Salisbury. Da Venezia, Carleton informa Salisbury che due frati glihanno chiesto permesso di rifugiarsi in Inghilterra per evitare persecuzionidai loro superiori. London PublicRecord Office State Papers. V. a Carleton. Da Lambeth. V.manda a Carleton informazioni riguardanti alla sua ricezione a Lambeth e labuona stima di cui gode lì. LondonHistorical Manuscripts Commission De L'Isle and Dudley Manuscripts, Sir JohnThrockmorton al visconte Lisle. Flushing. Corrispondenzatra i due statisti riguardo ad una missione segreta di Florio, che forseaccompagnò V. e il suo compagno a Londra. London, Manuscripts of the Marquess of Downshire preserved atEasthampstead Park Berk. Papers of Trumbull. Albery a Trumbull.Londra. Albery, un mercante inglese e corrispondente di Trumbull, agente inglesea Bruxelles, manda informazioni sull'arrivo di V. e le sue esperienze aVenezia. London HistoricalManuscripts Commission Report on the Manuscripts of the Marquess of Downshire,Trumbull Papers. Albery a William Trumbull. Londra. Unacopia della lettera da una fonte diversa. London Public Record Office State PapersDa Spinola a Ginocchio. Genova London Public Record Office State Papers Wake a Carleton.Londra London Public RecordOfficeState Papers Wake a Carleton. Londra London Manuscripts of the Marquessof Downshire preserved at Easthamstead Park Berk. Papers of William Trumbullthe Elder Alfonse de S. Victors a William Trumbull Da Middolborg (Middelburg) LondonHistorical Manuscripts Commission Report on the Manuscripts of the Marquess ofDownshire, Trumbull Papers, Alfonse de St. Victor a William Trumbull.Middelborg. London Public Record Office State Papers Domestic Series Jac.Chamberlain a Carleton. Londra, London Public Record Office State PapersCarleton a Lake. Da Venezia London Public Record OfficeState PapersDomesticSeries, Biondi a Carleton. Da Londra LondonPublic Record Office State Papers, Carletona Chamberlain. Da Venezia London Manuscripts of the Marquess of Downshirepreserved at Easthampstead Park Berks. Papers of William Trumbull the Elder. GeorgeAbbot a William Trumbull. Da Lambeth. London Historical Manuscripts Commission Reportof the Manuscripts of the Marquess of Downshire, Trumbull Papers, Abbot a Trumbull. Lambeth London Public Record OfficeState Papers Carletona Chamberlain. Venezia, London Public Record Office State Papers Carleton aGiovan Francesco Biondi. Venezia, London Public Record Office State PapersDomestic Series, Abbot a Carleton. Lambeth London Public Record Office StatePapers Sarpi a Carleton. Venezia London Record Office State Sarpi a Carleton.Venezia, London Public Record OfficeState Papers Paolo Sarpi a Sir DudleyCarleton. Venezia, giugno. London Historical Manuscripts Commission ReportHastings, Notes of speeches andproceedings in the House of Lords. London Historical Manuscripts Commission Hastings,Notes of speeches and proceedings in the House of Lords London Public RecordOffice State Papers Carleton a Sua Signoria l'Arcivescovo di Canterbur. VeneziaLondon Manuscripts of the Marquess of Downshire preserved at Easthampstead ParkBerks. Papers of William Trumbull the Elder Abbot a Trumbull. Lambeth London HistoricalManuscripts Commission Report of the Manuscripts of the Marquess of Downshire, IV, Trumbull Papers George Abbot, Arcivescovodi Canterbury, a William Trumbull. Lambeth Archivio diStato di VeneziaInquisitori di Stato, Istruzioni degli Inquisitori di Statoall'ambasciatore in Inghilterra. LondonCalendarof State Papers on English Affairs in the Archives of Venice and other Librariesof North Italy Inquisitori di Stato, busta Venetian Archives. Gli Inquisitoridi Stato a Gregorio Barbarigo, London Calendarof State Papers on English Affairs in the Archives of Venice and other Librariesof North Italy Inquisitori di Stato, Venetian Archives. Examinationsfor Foscarini. Archivio di Stato di Venezia Inquisitori di Stato, Londra, Interrogatoriodi Lunardo Michelini sulle modalità della fuga di V. da Lambeth. Archivio diStato di Venezia Inquisitori di Stato, Interrogatorio di Alessandro di GiulioForti da Volterra sulle modalità della fuga di Vanini da Lambeth. ArchivioGeneral de Simancas fondo Inglaterra Legajo foglio privo di indicazioni.Bentivoglio a Sarmiento. Bruxelles. Il nunzio apostolico a Bruxelles informal'abasciatore di Spagna che Vanini e il suo compare sono arrivati sani e salvidopo la loro fuga da Londra. Archivio General de Simancas Bentivoglio a Sarmiento.Bruxelles. Il nunzio apostolico a Bruxelles informa l'abasciatore di Spagna cheVanini e il suo compare sono partiti verso l'Italia, come era stato concordatoa Roma.Documenti inclusi nell'opera di Namer La seguente è la lista deidocumenti inglesi inclusi nel lavoro Documents sur la vie de V. de Taurisano diĖmile Namer, che può essere considerato come un utile punto di partenza per ladelineazione di una biografia di Vanini, e di cui la nuova documentazione deveessere considerata un completamento. London Foreign State Papers. Venice. Carleton ad Abbot. LondonForeignState Papers. Venice.Abbot a Carleton LondonState Papers Domestic. JamesI. Carleton a Chamberlain. Venezia, London Foreign State Papers. Venice. Sir D. Carletonall'Arcivescovo di Canterbury. LondonState Papers Domestic. James I. Chamberlain a Carleton. Londra, London StatePapers Domestic. James I. 7 Chamberlaina Carleton. London Foreign State Papers. Venice Abbot a Carleton. London StatePapers Domestic. James I. Carleton aChamberlain. London State Papers Domestic. James I. l'Arcivescovodi York al conte di Suffolk. London State Papers Domestic. James I. V. a Dudley Carleton. Da Lambeth, iLondonStatePapers Domestic. James I. Giulio CesareVanini a Sir Isaac Wake. Da Lambeth iLondon State Papers Domestic. JamesI. John Chamberlain a Carleton. daLondra. London State Papers Domestic. James I.Abbot a Carleton. Lambeth London State Papers Domestic. James I. JohnChamberlain a Dudley Carleton. Da Londra London State Papers Domestic. JamesI. Biondi a Carleton. Da Londra London ForeignState Papers. Venice. Carleton a Abbot. London State Papers Domestic. James I. JohnChamberlain a Dudley Carleton. Da Londra London StatePapers Domestic. James I. Abbot al vescovodi Bath Da Lambeth. London StatePapers Domestic. James I. Lake a Carleton.Dalla corte a Royston, London State Papers Domestic. James I. John Chamberlain a Sir Dudley Carleton. DaLondra London Foreign State Papers. Venice Carleton a Abbot London Foreign StatePapers. Venice. Carleton a Sir Thomas Lake. London State Papers Domestic. JamesI. Abbota Carleton a Venezia. Lambeth, London State Papers Domestic. JamesI. John Chamberlain a Dudley Carleton. Londra, LondonForeign State Papers. Venice. Carleton a Abbot. Archivio de Simancas,Estado, Cardinale Millino a Alonso deVelasco, ambasciatore spagnolo a Londra. Roma, Archivio de Simancas,Estado, Cardinal Millino a DiegoSarmiento de Acuña, ambasciatore spagnolo a Londra. Roma, Archivio de Simancas,Estado, Cardinal Bentivoglio a DiegoSarmiento de Acuña, ambasciatore spagnolo a Londra. Bruxelles, Archivio deSimancas, Estado, Bentivoglio a DiegoSarmiento de Acuña, ambasciatore spagnolo a Londra. Bruxelles,V. el'Inquisizione di Roma Elenco di alcuni documenti presenti nella corrispondenzatra alcuni Nunzi apostolici in Europa e le autorità vaticane, dove è possibiletrovare informazioni relative alla fuga, permanenza e rientro segretodall'Inghilterra del frate carmelitano. Le trascrizioni complete, i sommari ele contestualizzazioni di questi documenti sono disponibili per studiosi elettori in V. da Taurisano filosofo europeo, Schena Editore, Fasano (Brindisi),Il pontefice Paolo V e l'Inquisizione in Roma furono informati continuamentedella vicenda di V. con dispacci dei Nunzi apostolici in Venezia, Francia eFiandra e con missive dell'ambasciatore di Spagna a Londra, a cominciare dallasua fuga da Venezia sino al suo desiderio di rientrare nel mondocattolico. RomaArchivio Segreto VaticanoSegreteria di StatoNunziatura diFrancia, Ubaldini, Nunzio papale in Francia,al Borghese, Segretario di Stato di Paolo V, de Parigi. RomaA. S.Vaticano Segreteria di Stato Nunziature diverse, Fiandra, il Nuntioalla Segreteria, Bentivoglio, Nunzio papale in Fiandra, al Card. Borghese.(Bruxelles) Roma A. S. Vaticano Segreteria di StatoNunziature diverse, Francia,lettere scritte al Nuntio in Francia Borghese a Ubaldini. Di Roma li Roma A. S.Vaticano Segreteria di Stato Nunziatura di Francia, Ubaldini da Parigi aBorghese Roma A. S. Vaticano Segreteria di StatoNunziature diverse,Francia, 293A, lettere scritte al Nuntioin Francia Borghese a Ubaldini. Di Roma Roma A. S. Vaticano Segreteria di StatoNunziatura di Francia, Ubaldini a BorgheseRom aA. S. Vaticano Segreteria di StatoNunziature diverse, Francia, lettere scritteal Nuntio in Franci Il card. Borghese a Ubaldini. Di Roma Roma A. S. Vaticano Segreteriadi Stato Nunziatura di Francia Registro Ubaldini a Borghese Londra, BritishMuseum, Lettere di Ubaldini, nella sua Nunziatura di Francia, Ubaldini aBorghese Roma A. S. Vaticano Segreteria di Stato Nunziatura di Francia, Ubaldinia Mellini, membro del Sant'Uffizio, il Tribunale dell'Inquisizione di Roma. RomaA. S. Vaticano Segreteria di Stato Nunziature diverse, Francia, lettere scritteal Nuntio in Francia da Borghese, Borghese a Ubaldini. Roma A. S. Vaticano Segreteriadi Stato Nunziatura di Francia, Registrodi Lettere della Segreteria di Stato di Paolo V al Vescovo di MontepulcianoNuntio in Francia Il Segretario Porfirio Feliciani vescovo di Foligno al Nuntioin Francia. Roma, RomaA. S. Vaticano Segreteria di Stato Nunziatura di Francia,Ubaldini al Mellini Roma A. S. Vaticano Segreteria di StatoNunziatura di Francia,Ubaldini a Mellini RomaA. S. Vaticano Segreteria di Stato Nunziatura di FranciaRegistro Ubaldini a Borghese. Di Parigi RomaA. S. Vaticano Segreteria di Stato Nunziaturadi Francia Registro Ubaldini a Millini Roma A. S. Vaticano Segreteria di Stato Nunziaturediverse, Francia, lettere scritte alNuntio in Francia dal Card. Borghese, Il card. Borghese a Ubaldini. Di Roma RomaA. S. Vaticano Segreteria di Stato Nunziatura di Francia Ubaldini a Borghese DiParigi. RomaA. S. Vaticano Segreteria di Stato Nunziatura di Francia RegistroUbaldini a Millini Roma A. S. Vaticano Segreteriadi Stato Nunziatura di Francia Registro Ubaldini a Borghese Londra, BritishMuseum, Lettere del Card. Ubaldini, nella sua nunziatura di Francia, Card.Ubaldini a Borghese Parigi, Bibliothèque nationale de FranceDepartement desManuscrits, Italien Registro di Lettere della Nunziatura di Francia di Ubaldinidell'anno lettera, Ubaldini a Borghese Parigi) Roma A. S. VaticanoSegreteria diStato Nunziature diverse, Francia, Letteredel Sir. Card.le Ubaldini nella sua Nunciatura di Francia Ubaldini a Borghese TreccaniEnciclopedie Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana,Amphitheatrum e De admiandis. Raimondi Il contributo italiano alla storia delPensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giulio Cesare Vanini.Vanini. Keywords: Vanini, Oxford. Refs.: Luigi Speranza, “Vanini e Grice,”Villa Grice, Luigi Speranza, “La statua all’aperto di Vanini,” Luigi Speranza,“Il medaglione di Vanini a Roma.”

Grice e Vanni: la ragioneconversazionale dell’azione e dell’inter-azione conversazionale – filosofiaitaliana – Luigi Speranza (Città della Pieve). Essential Italian philosopher. Filosofo italiano.Inizia la carriera a Perugia e successivamente insegna a Parma, Bologna, eRoma. Tra i fondatori del positivismosoziale, la sua filosofia si ispira a Kant e agli principali filosofi del positivismo.A lui si deve anche una originale lettura positivista della dottrinastoricistica di VICO. Il suo è stato definito un positivismo critico, che vuoledistinguere cioè tra la scienza dell’uomo dalla filosofia’ dell’uomo,contestando e rifiutando l'assimilazione positivista di quest'ultima con lamorale e la sociologia, dottrina nata nell'ambito del positivismo, verso laquale V. ha un interesse particolare cercando di teorizzarne il carattere scientificodifferenziandola però sia dall'evoluzionismo che dalla biologia. V. considera essenzialel'autonomia teorica del ‘ius’ o devere dai rapporti con gli aspettistorici-etnografici delle istituzioni giuridiche. V. è convinto che la filosofia,come analisi concettuale, del diritto ha la funzione pratica di definire il ‘fine’(métier) della inter-azione umana. In questo modo, V. ribade l'impostazionecriticista kantiana che acquista un tono metafisico criticato dai positivistiortodossi che lo accusano di eclettismo. Saggi: “Della consuetudine nei suoirapporti col dritto e con la legislazione” (Perugia); “Saggi critici sullateoria socio-logica della popolazione” (Città di Castello); “Prime linee di unprogramma critico di sociologia” (Perugia); “Il problema della filosofia deldiritto nella filosofia, nella scienza e nella vita ai tempi nostril” (Verona);“La filosofia del diritto” (Verona); “La funzione della filosofia consideratain sé ed in rapporto al socialismo” (Bologna); “La filosofia del diritto e la ricercapositivista” (Torino); “Il dritto nella totalità dei suoi rapporti e la ricercaoggettiva” (Roma); “La teoria della conoscenza come induzione socio-logica el'esigenza critica del positivismo” (Roma); “Filosofia del diritto” (Bologna);“Filosofia sociale e filosofia giuridica” (Bologna). Biografia in Scuola normalesuperiore, Pisa, su picus.unica. Marino, Positivismo e giurisprudenza, Napoli, Cuculo,La sociologia positivista di V., in A. Millefiorini, Fenomenologia deldisordine. Prospettive sull'irrazionale nella riflessione sociologica italiana(Nuova Cultura, Roma); Amelio, Positivismo, storicismo, materialismo storico inI. Vanni, «Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno», Pusceddu,La sociologia positivista in Italia (Roma). siusa. archivi.beniculturali,Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Opere u open MLOL, Horizons Unlimitedsrl. Opere. I. Vanni. Vanni.Keywords: action, interaction, azione, interazione, Vico, positivismo,positivismo critico, etologia, ethology -- Refs.: The H. P. Grice Papers,Bancroft MS, -- Luigi Speranza,, “Grice e Vanni: azione ed inter-azione” – TheSwimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Vannini – il mistico –scuola di mistica -- di ‘Vitters’ – filosofia italiana – Luigi Speranza (San Piero a Sieve). Filosofoitaliano. Essential Italian philosopher. “Never to be confused with the vainVanini!” -- Grice. Dopo gli studi al ginnasio Michelangiolo di Firenze,si laurea in filosofia a Firenze, discutendo una tesi su “‘Vitters’: metafisicoe mistico”! Ha vissuto nel convento agostiniano di S. Spirito a Firenze, ospitedi Ciolini. Ha compiuto viaggi e soggiorni di studio in Europa. Insegna filosofianei licei. Per un triennio storia della filosofia a Firenze e storia della misticaall'Istituto di scienze religiose a Trento. Ha tenuto seminari econferenze in università ed accademie italiane e straniere: Genova, Trento,Ancona, Perugia, Urbino, Pavia, Pisa, Macerata, Napoli, Fermo, Parma, Arezzo,Chieti, Roma, Avila, Strasburgo, Berlino.Considerato il maggior studiosodi mistica o anche il più importante studioso italiano di Eckhart e dellamistica cristiana, ha curato l'edizione italiana delle opera latine di Eckhart,nonché quelle di altri autori spirituali, come AGOSTINO, Gerson, Fénelon,Porete, Taulero, Anonimo Francofortese, Lutero, SILESIO, Czepko, Franck, Weigel,ecc. Lungo un percorso ormai di quasi mezzo secolo, è stato traduttore ecuratore di importanti testi della mistica; critico della fenomenologia, da unpunto di vista teoretico e storico; filosofo della religione, soprattutto neisuoi rapporti con la ragione e con la fede. V. legge il fenomeno mistico inmaniera innovativa ma, soprattutto, pone lo stesso a fondamento di ogni formaed esperienza religiosa. Tale presupposto impone come fuori da un'esperienzadiretta di questo tipo sia pressoché impossibile cogliere il senso, le modalitàe le finalità delle varie dottrine e pratiche religiose. Per V., lamistica è un sapere spirituale, inoggettivabile ma, soprattutto, un sapere cheè un essere: è l'identità mistica il vero e proprio criterio per discernere ilvero dal falso. Tale ermeneutica costituisce una propedeutica all'inverarsi insenso mistico della religione cristiana. La filosofia di V. si basa suuna esperienza spirituale, unitiva e teo-morfica. Centrali appaiono pertantoconcetti appartenenti alla sfera semantica della divinizzazione, dell’hom*oiosistheo, quali vuoto, fondo dell'anima, generazione del logos, complementarità tradistacco ed amore.Tale esperienza risulta comprensibile solo quando si èfatto il vuoto nell'anima attraverso il distacco, diventando in tal modorecettivi alla luce proveniente dall'alto, tali da rendere il soggetto esso stessoluce eterna. Al vuoto in cui si perviene nel distacco corrisponde una pienezza,una traboccante ricchezza ed energia, una gioia sconfinata edinesauribile.Il rapporto tra il divino e uomo non è quindi statico, dimutua esclusione, ma “dialettico” o dinamico, di reciproca compenetrazione. La“salvezza” viene letta nei parametri teologici di una escatologia realizzatanel presente, come immanente esperienza dello spirito.Essenziale diventaperciò il recupero della antropologia classica corpo, anima, spirito ove l'uomoè un corpo, piccola parte dell'universo; una psiche, fluttuazione infinita dipensieri, sentimenti, volizioni, soggetta al determinismo del tempo, dellospazio, delle circostanze. Ma soprattutto uno spirito universale, eterno,libero, uno nell'uno.L'attualità e l'originalità della posizione di V. hasuscitato e continua a suscitare un acceso dibattito in seno al panoramaculturale italiano, filosofico e teologico: nei confronti dell'autore variinfatti sono stati i commenti, le recensioni, i contributi e gli interventicritici da parte di personalità quali (in ordine alfabetico) BOZZO, BALDINI, BIANCHI,CACCIARI, MONTICELLI, ESPOSITO, FORTE, GIVONE, MANCUSO, MUCCI, RAVASI, REALE, TORNO,VATTIMO, e VOLPI. La particolarerilevanza della filosofia di V. può trasparire anche, ad esempio, dalleseguenti affermazioni in meritocitate in ordine sparsodi alcuni dei suddettiillustri filosofi. GIVONE: “A V., cui siamo debitori d'un lavoro filosoficoestremamente prezioso, rivolgiamo questa domanda. A V. dobbiamo non soltantoedizioni impeccabili delle opere di Eckhart, Porete, Silesius, Gerson; ma ancheil pensiero vigoroso e chiaro, qualunque cosa gli si posa obiettare, che lamistica è da un lato il cuore e la radice viva di ogni religione, ma dall'altro“la filosofia nel suo senso più reale e profondo”, la conoscenza e la praticadell'essere e “la gioia dell'essere”. CACCIARI: “È un grosso debito quello chela filosofia e la teologia hanno accumulato in questi anni nei confronti di V..Grazie al suo instancabile lavoro o sotto la sua direzione il nostro paese puòoggi contare su impeccabili edizioni di Gerson, Silesius, Porete ed Eckhart.MUCCI: “In questi tempi di declino dell'ontologia, V. è certamente, in Italia,fuori dell'ambito ecclesiastico, il più illustre studioso di mistica.” REALE: “L'esperienzamistica è comunque per sua natura connessa con il religioso, come viene mostratonella filosofia di V.i “La mistica delle religioni (Le Lettere) in questigiorni in libreria. V., uno dei massimi esperti in materia a livello nazionalee internazionale, analizza in modo dettagliato questa esperienza spiritualenell'induismo, nel buddismo, nell'ebraismo, nell'islamismo e nelcristianesimo.” TORNO: “Segnalare un livre de chevet, vale a dire una di quelleopere maneggevoli che mai dovrebbero allontanarsi dal capezzale, è diventatodifficile oltre che inattuale. Eppure qualcosa circola, come prova l'ultimodelizioso saggio di V. sulla grazia». FORTE: “L'ultimo bel libro di V. su “Misticae filosofia” rivela ancora una volta la sua straordinaria competenza di storicoe interprete della mistica.” Al pensiero di V. è stato dedicato “Mistica efilosofia in V. ” Saggi: “Lontano dal SEGNO. Saggio sul cristianesimo” (LaNuova Italia, Firenze); “Esame della certezza” (Cenacolo, Firenze); “Eckhart.Opere” (Nuova Italia, Firenze); “Dialettica della fede” (Marietti, CasaleMonferrato -- Le Lettere, Firenze); “L'esperienza dello spirito” (Augustinus,Palermo); “Mistica e filosofia” (Piemme, Casale Monferrato -- prefazione di CACCIARI-- Le Lettere, Firenze); “Il volto del Dio nascosto: l'esperienza misticadall'Iliade a Weil” (Mondadori, Milano); “Storia della mistica occidentale” (Mondadori,Milano; Lettere, Firenze); “Introduzione alla mistica” (Morcelliana, Brescia);“La morte dell'anima: dalla mistica alla psicologia” (Lettere, Firenze); “Lamistica delle grandi religioni” (Mondadori, Milano; Lettere, Firenze); “Tesiper una riforma religiosa (Lettere, Firenze);
“La religione della ragione” (Mondadori, Milano); “Sulla grazia” (Lettere,Firenze); “Prego Dio che mi liberi da Dio: la religione come verità e comemenzogna” (Bompiani, Milano); “Lessico mistico: le parole della saggezza” (LeLettere, Firenze) – under M, ‘scuola di mistica fascista’; “Il santo spiritofra religione e mistica” (Morcelliana Brescia); “Oltre il cristianesimo: daEckhart a Le Saux” (Bompiani, Milano); “Inchiesta su Maria: la storia veradella fanciulla che divenne mito” (Rizzoli, Milano); “Indagine sulla vita eterna”(Mondadori, Milano); “Introduzione a Eckhart -- profilo e testi” (Lettere,Firenze); “L'Anti-Cristo: storia e mito” (Mondadori, Milano); “All'ultimo papa:lettere sull'amore, la grazia, la libertà” (Saggiatore, Milano); “VIO controLutero e il falso evangelo” (de' Medici, Firenze); “Il muro del paradisoL dialoghisulla religione” (Medici, Firenze); “Mistica, psicologia, teologia” (Lettere,Firenze); liceo ginnasio Michelangiolo, Firenze. Mancuso, Lutero è vivo e lottacon noi, s.a., in: <Panorama> Azzarà, su Materialismo Storico Bio-Givone, Luce mistica dei moderni in: «Il ManifestoAlias», in il manifestoAlias, V., Mistica e filosofia, Prefazione, Firenze, Le Lettere, Mucci, Ilpensiero di V., in «La Civiltà Cattolica»; Reale, Il misticismo vive in tuttele culture. Il testo di V., le «Upanishad» riedite, su corriere. Torno, Allaricerca della grazia nel segno di Eckhart, «Corriere della Sera», Cultura, Forte,Mistica, l’enigma dell’altro, in «Avvenire», Schiavolin, Mistica e filosofia inV. (Nerbini, Firenze). Mistica Misticismo cristiano Mistica renana MeisterEckhart Hadot Henri Le Saux. Marco Vannini. Vannini. Keywords: the mystic, dasmystische, la scuola di mistica fascista. Refs.: The H. P. Grice Papers,Bancroft MS – Luigi Speranza, “Vannini e Grice: il mistico di ‘Vitters’ – TheSwimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Vario: laragione conversazionale della filosofia della vita -- Roma – Philosophy of Life-- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. L’orto. Friend of FILODEMO (vedi).A poet. One of his works, “On death,” was doubtless shaped by L’Orto. He had asignificant influence on VIRGILIO (vedi). His tutor was SIRO (vedi). Lucio Vario Rufo. Per H. P. Grice’s Play-Group, TheSwimming-Pool Library, Villa Speranza.

Grice e Varisco: la ragioneconversazionale, o per un sommario di filosofia critica – filosofia italiana –Luigi Speranza (Chiari).EssentialItalian philosopher. Filosofo italiano.Grice: “We all learned about the ‘gnothi seauton’ at Clifton – Varisco composeda full tract about it! Calogero has analysed the implicatures! The idea is thatyou need a ‘thou’ to tell ‘thou’ ‘knowest THYself” – although the oracularmystique is still there!” – Insegna filosofia a Roma e senator. La sua formazione filosofica coincide con la crisidel positivismo. Si laurea a Pavia. Partendo da posizioni solidamentescientifiche, V. avverte sollecitamente il limite di ogni conoscenza che vogliaessere esclusivamente composto di ragione, e scopre insieme la concomitantecomponente fideistica di ogni affermazione di verità. Questo ricorso allafede come sentimento del sopra-naturale è utilizzato da V. sia per affermare lapreminenza della filosofia come conoscenza concreta sui processi astrattivi dellascienza -- “I massimi problemi” (Milano, Libreria Editrice Milanese) -- sia perapprodare ad uno spiritualismo pluralistico con forti accentuazioni teistiche --“Dall'uomo a Dio” (Padova, Milani). Altre saggi: “Scienza ed opinione”(Roma, Alighieri); “La patria” (Roma, Provenzani), “Conosci te stesso” (Milano,Libreria Milanese); “La scuola per la vita” (Milano, Isis); “Linee di filosofiacritica” (Roma, Signorelli); “Discorsi politici” (Roma, Alberti); “Sommario difilosofia” (Roma, Signorelli). Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia nastrinoper uniforme ordinaria cavaliere dell'Ordine della corona d'Italia, ufficialedell'Ordine della Corona d'Italia nastrino per uniforme ordinaria Ufficialedell'Ordine della Corona d'Italia, Commendatore dell'Ordine della Coronad'Italia nastrino per uniforme ordinaria Commendatore dell'Ordine della Coronad'Italia. Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia nastrinoper uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Coronad'Italia. Senatori d'Italia, Senato della Repubblica. Varisco. Keywords: knowtheyself, oracular implicature, Calogero. Refs.: The H. P. Grice Papers, BANCMS, -- Luigi Speranza, “Grice e Varisco: per un sommario di filosofia critica”– The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Varrone: la ragioneconversazionale della semiotica filosofica – filosofiaitaliana – Luigi Speranza (Rieti). Filosofo italiano. Grice: “I count Varrone as thefirst language philosopher. He woke up one day, and realised he was speaking‘lingua latina,’ and dedicated 36 volumes to it!” --. Grice: “’Lingua latina’has a nice Roman ring to it. In modern Italian, the ‘t’ has become an ‘z,’ asin “Lazio, -- the calcio team fromLatium – or a ‘d’ as in ‘ladino.’” Grice: “I know his Loeb edition by heart!” – Grice:“The Greeks never studied their lingo as Varro studied his! Of this Austinalways reminded me: ‘We should be like Varro, analysing our tongue as a ‘fluid’semiotic system!’”. Academic, Roman polymath, author of essays on language,agriculture, history and philosophy, aswell as satires, and principal conversationalist in CICERONE’s"Academica.” Questore della repubblicaromana. Gens: Terentia. Questura in Illyricum. Pro-pretura in Spagna. Tu ci haifatto luce su ogni epoca della patria, sulle fasi della sua cronologia, sullenorme dei suoi rituali, sulle sue cariche sacerdotali, sugli istituti civili emilitari, sulla dislocazione dei suoi quartieri e vari punti, su nomi, generi,su doveri e cause dei nostri affari, sia divini che umani -- CICERONE,Academica Posteriora. Detto reatino, attributo che lo distingue da “VarroneAtacino,” vissuto nello stesso periodo. Nato da una famiglia di nobili origini,ha rilevanti proprietà terriere in Sabina, dove e educato con disciplina eseverità dai familiari, integrate dall'acquisto di lussuose ville a Baia efondi terrieri a Tusculum e Cassino.A Roma compe studi avanzati presso imigliori maestri del tempo. Lucio Elio Stilone PRECONINO (vedi) lo fa appassionareanche agli studi etimologici ed oratoria. Studia la lingua italiana con Lucio ACCIO(vedi), a cui dedica “De antiquitate litterarum.” Come molti romani, compe un grandtour in Grecia, dove ascolta filosofi accademici come Filone di Larissa eAntioco di Ascalona, da cui deduce una posizione filosofica di tipoeclettico.A differenza di molti altri filosofi del tempo, non si ritiradalla vita politica ma, anzi, vi prende parte attivamente accostandosi agl’optimates,forse anche influenzato dall'estrazione sociale. Dopo aver, infatti, percorsole prime tappe del cursus honorum – trium-viro capitale, questore, e legato -- evicino a POMPEO, per il quale ricopre incarichi di grande importanza. Legato epro-questore, combatte nella guerra contro i pirati difendendo la zona navaletra la Sicilia e Delo.Allo scoppio della guerra civile e propretore. Inuna guerra che vede i romani contro i romani, tenta un’incerta difesa del suoterritorio che si concluse in una resa che GIULIO (vedi) CESARE (vedi), neiCommentarii de bello civili, define poco gloriosa.Dopo la disfatta deipompeiani, si avvicina, comunque, a GIULIO CESARE, che apprezza il reatinosoprattutto sul piano culturale, affidandogli la costituzione di una biblioteca.Dopo l’assassinio di GIULIO CESARE, anzi, e inserito nelle liste diproscrizione sia di MAR’ANTONIO che di OTTAVIANO -- interessati più alle suericchezze che a punire i congiuranti -- da cui si salva grazie all'interventodi Fufio CALENO (vedi) per poi avvicinarsi a OTTAVIANO a cui dedica il “De vitapopuli Romani” volto alla divinizzazione della figura di GIULIO CESARE. Ha unaproduzione di oltre 620 libri, suddivisi in circa settanta opere.Saggi: “Dere rustica” (Varrone) e “De lingua Latina”. La sua vasta produzione è suddivisada Girolamo in un catalogo. Le sue opere di sono verosimilmente 74, suddivisein 620 volumi, sebbene stesso egli rifere di aver scritto 490 saggi. I suoisaggi possono essere suddivise in varigruppi, dalle opere di erudizione, filologia (filosofia del linguaggio, osemantica) e storia a quelle giuridiche e burocratiche, dalle opere difilosofia (filosofia del linguaggio, semantica, semiotica) e agricoltura alleopere di poesia, di linguistica e letteratura; di retorica e diritto, con ben15 libri De iure civili; di filosofia.Di questa enorme produzione èpervenuta quasi integra solo un'opera, il “De re rustica”. Del “De linguaLatina” sono pervenuti solo 6 libri su 25. Probabilmente, causa del quasicompleto naufragio della immane varroniana è che, avendo compulsato tanta partedella cultura romana precedente, divenne la fonte indispensabile per i filosofisuccessivi, perdendosi, per così dire, per assimilazione.Della sua attivitàfilologica fa testimonianza il cosiddetto canone varroniano, elaborato apartire da due opere, le “Quaestiones Plautinae” e il “De comoediis Plautinis”,in cui riparte il corpus plautino, che include 130 fabulae. Di queste, 21vengono definite autentiche, 19 di origine incerta (dette"pseudo-varroniane”); le restanti, spurie.Si occupa soprattutto di antiquaria, con i 41 libri di “Antiquitates”, il suocapolavoro, divisi in 25 di “res humanae” e 16 di “res divinae”, fonte precipuadi AGOSTINO nel “De civitate Dei.” Proprio d’AGOSTINO si evidenzia l'attenzionedi V. sulla religione civile, con una compiuta disamina su culti e tradizioni,pur con acute critiche alla teologia mitica dei poeti in nome di una theologianaturalis. A questo gruppo appartiene anche l'opera, non pervenuta, “Debibliothecis”, presumibilmente legata alle incombenze come bibliotecarioaffidategli da GIULIO CESARE.Nell'ambito filosofico, notevoli dovevanoessere “I logistorici” -- dal greco “discorsi di storia” -- in 76 libri,composta in forma di dialogo in prosa, di argomento morale e antiquario, in cuiogni libro prende il nome di un personaggio storico e un tema di cui ilpersonaggio costituiva un modello, come il “Mario”, “de fortuna” o il “Cato”, “deliberis educandis”. Questi dialoghi storico-filosofici sono tra i modelliespositivi del “Lelio”; “de amicitia” e del “Catone maggiore”, “de senectute” diCICERONE.Al suo interesse filosofico e divulgativo, probabilmente scrittelungo tutto il corso della sua parabola culturale, riconducevano le “SaturaeMenippeae”, che prendeno come modello Menippo, esponente della filosofia cinica-- da cui il nome. Le “Saturae Menippeae” si componevano di 150 libri, in prosae in versi, di cui però ci rimangono circa 600 frammenti e novanta titoli, diargomento soprattutto filosofico, ma anche di critica dei costumi, morale, conrimpianti sui tempi antichi in contrasto con la corruzione del presente.Ciascuna satira reca un titolo, desunto da proverbi (“Cave canem” -- conallusione alla mordacità dei filosofi cinici) o dalla mitologia (“Eumenide”contro la tesi stoico-cinica per cui gl’uomini sono folli, “Trikàranos”, ilmostro a tre teste, con un mordace riferimento al primo triumvirate, ed eracaratterizzata da lessico popolaresco, polimetria e, come in Menippo, uno stiletragi-comico.Valerio Massimo, Aulo Gellio. Ce ne parla lui stesso in “Delingua latina”. Cicerone, Academica posteriora, Appiano, Guerre civili. Varrone,De re rustica. Svetonio, Cesare, Appiano, Ausonio, Commemoratio professorumBurdigalensium, Chronicon, ann. Aulo Gellio, Gellio, I cui frammenti sono editinell’edizione di Cardauns: “Antiquitates rerum divinarum” Cfr. Zucchelli, V.logistoricus. Studio letterario e prosopografico, Parma, Cfr., ad esempio, ilFr. XIX Riese: "Da ragazzo, avevo solo una tunica modesta e una toga,calzature senza fascette, un cavallo non sellato; bagno giornaliero, niente e,davvero di rado, una tinozza".Horsfall, V., in Letteratura Latina (Milano, Mondadori). Cfr. Salanitro,Le Menippee di V.: contributi esegetici e linguistici (Roma, Ateneo). Sullasatira varroniana, cfr. Alfonsi, Le Menippee di V., in "ANRW". Attidel Congresso di studi varroniani. Rieti, CENTRO DI STUDI VARRONIANI. Cenderelli,“Varroniana” Istituti e terminologia giuridica nelle opere di V. (Milano,Giuffrè); Dahlmann, “V. e la teoria della lingua” (Napoli, Loffredo), Corte, “V.,il terzo gran lume romano” (Genova, Istituto universitario di Magistero); “Devita populi Romani” Introduzione e commento, Pisa; Riposati, “V. De vita populiRomani”. Fonti, esegesi, edizione critica dei frammenti (Milano, Vita epensiero), Riposati, “V.: l'uomo e il filosofo” (Roma Istituto di studiromani); Traglia, Introduzione a V., “Opere” (Torino, POMBA), Zucchelli, “V.logistoricus: prosopo-grafica”, Parma, Istituto di lingua e letteratura latina,Satira menippea Biblioteche romane Antiquitates rerum humanarum et divinarum TreccaniEnciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana,Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Dizionario di storia, Istitutodell'Enciclopedia Italiana. V. “De lingua Latina libri qui supersunt: cumfragmentis ejusdem” Biponti, ex typographia societatis. Biblioteca degliscrittori latini con traduzione e note: “V. quae supersunt opera” Venetiis,excudit Antonelli, “Grammaticae Romanae Fragmenta”, Gino Funaioli, Lipsiae, inaedibus Teubneri. “M. TerentiVarronis saturarum menippearum reliquiae” -- cur. Riese, Lipsiae, in aedibusTeubneri. In passing from Rome to Rieti we enter a different world.Onerightly speaks of the Greco-Roman era as a period of unified civilisationaround the Mediterranean area, but the respective roles of the Italotes and theRomns are dissimilar, if complementary.Without the other, thecontribution of either would have been less significant and lessproductive.The Romans have for long enjoyed contact with Hellenic andEtrurian material culture and intellectual ideas, and further through the Greeksettlements in the south of Italy: Sicily and Magna Grecia.The Romans learned towrite from the western Greeks.But the Hellenic world fell progressivelywithin the control of Rome, by now the mistress of the whole of ItaliaTheexpansion of Roman rule becomes complete, and the Roman Empire, as it now is,achieves a relatively permanent position, which, with fairly small-scalechanges in Britain and on the northern and eastern frontiers, remains free ofserious wars for years.The second half of this period earns Gibbon'sencomium,'If a man were called to fix the period in the history of theworld during which the condition of the human race is most happy andprosperous, he would, without hesitation, name that which elapsed from thedeath of DOMIZIANO to the accession of COMMODO.' In taking over the Hellenicworld, the Romans bring within their sway whatever they find on the way.The intellectualbackground of Etruria and the Hellenes and the polical unity and freedom ofintercourse provided by Roman stability are the conditions in which the RomanEmpire shines. To the Romans, Europe and much of the entire modern world owethe origins of their intellectual, moral, political and religious civilisation.Fromtheir earliest contacts, the Romans cheerfully acknowledge the superiorpompousness of the Greeks – by which they included the Etrurians. Linguistically,this is reflected in the different languages of the eastern and the westernprovinces.In the western half of the Roman empire, where no contact hadbeen made with a recognised civilization, Latin-- which subsists in Italian – becomes he language of administration,business, law, learning, and social advancement.Ultimately, Latindisplaces the former languages of most of the western provinces, and becomes inthe course of linguistic evolution the modern Romance, or Neo-Latin, languagesof contemporary Europe, notably French (Italian is no romance; Italian ISLatin!). In the east, however, already largely under Hellenic administrationsince the Hellenistic period, Greek retains the position it has alreadyreached. Roman officials often complain about having to learn and use Greek inthe course of their duties, and Hellenic philosophy was quite respected for itseccentricity. Ultimately this linguistic division is politically recognized inthe splitting of the Roman Empire into the Western and the Eastern Empires,with the new eastern capital at COSTANTINO’s Constantinople enduring as thehead of the Byzantine dominions through much trial and tribulation up to thebeginning of the western Renaissance.The accepted view of the relationbetween Roman rule and Hellenic civilization is probably well represented inVergil's summary of Rome's place and duty:let others (i.e. the Greeks)excel if they will in the arts, while Rome keeps the peace of the world. Duringthe years in which Rome rules the western civilised world, there must have beencontacts between speakers of Latin and speakers of other languages at alllevels and in all places.Interpreters must have been in great demand, andthe teaching and learning of Latin -- and, in the eastern provinces, of Greek-- must have been a concern for allmanner of persons both in private households and in organizedschools.Translations are numerous.Greek literature issystematically translated into Latin.So much did the prestige of Greekwriting prevail, that Latin poetry abandons its native metres and was composedduring the classical period and after in metres learned from the Greekpoets.This adaptation to Latin of Greek metres find its culmination inthe magnificent hexameters of VIRGILIO and the perfected elegiacs of OVIDIO. Itis surprising that we know so little of the details of all this linguisticactivity, and that so little writing on the various aspects of linguisticcontacts is either preserved for us or known to have existed.The Romans areaware of multi-lingualism as an achievement. AULO GELLIO tells of theremarkable king Mithridates of Ponto who was able to converse with any of hissubjects, who fell into more than twenty different speech communities. Inlinguistic science, the Roman experience is no exception to the generalcondition of their relations with Greek intellectual work.Romanlinguistics is largely the application of Greek philosophy, Greekcontroversies, and Greek categories to the Latin language.The relativelysimilar basic structures of the two languages, together with the unity ofcivilization achieved in the Greco-Roman world, facilitate this meta-linguistictransfer.The introduction of linguistic studies into Rome is credited toone of those picturesque anecdotes that lighten the historian'snarrative.CRATES, a philosopher of the Porch and grammarian, comes toRome on a political delegation, and while sightseeing, falls on an open drainand is detained in bed with a broken leg.CRATES passes the time whilerecovering in giving lectures on literary themes to an appreciativeaudience.It is probable that Crates as a philosopher of the PORCHintroduces mainly that doctrine in his teaching. But Greek philosophers andGreek philosophy enter the Roman world increasingly in this period, and by thetime of V., both Alexandrian and Stoic opinions on language are known anddiscussed.V. is the first serious Latin philosopher on linguisticquestions of whom we have any records.V. is a polymath, ranging in hisinterests through agriculture, senatorial procedure, and Romanantiquities.The number of his writings is celebrated by hiscontemporaries, and his "De lingua Latina", wherein he expounds hislinguistic opinions, comprise XXV volumes, of which books V and VI and somefragments of the others survive.One major feature of V.’s linguistic philosophyis his lengthy exposition and formalization of the opposing views in theanalogy-anomaly controversy, and a good deal of his description and analysis ofLatin appears in his treatment of this problem.He is, in fact, one of themain sources for its details, and it has been claimed that he misrepresents itas a matter of permanent academic attack and counter-attack, rather than as themore probable co-existence of opposite tendencies or attitudes.V.'s styleis criticised as unattractive, but on linguistic questions he is probably themost original of all the Latin philosophers.V. is much influenced by thephilosophy of the Porch, including that of his own teacher STILONE. But V. isequally familiar with Alexandrian doctrine, and a fragment purporting topreserve his definition of grammar, 'the systematic knowledge of the usage ofthe majority of poets, historians, and orators' looks very much like a directcopy of Thrax's definition. On the other hand, V. appears to use his Greekpredecessors and contemporaries rather than merely apply them with the minimumof change to Latin. His statements and conclusions are supported by argumentand exposition, and by the independent investigation of earlier stages of theLatin language.V. is much admired and quoted by later philosophers,though in the main stream of linguistic theory his treatment of Latin grammar doesnot bring to bear the influence on the successors to antiquity that morederivative scholars such as PRISCIANO does, who set themselves to describeLatin within the framework already fixed for Greek by Thrax's Techne and thesyntactic works of Apollonius.In the evaluation of V.'s work on languagewe are hampered by the fact that only two of the XXV books of the “De linguaLatina” survive.We have his threefold division of linguistic studies,into etymology, morphology, and syntax, and the material to judge the first andsecond.V. envisages language developing from an original set of primal words,imposed on things so as to refer to them, and acting productively as the sourceof large numbers of other words through subsequent changes in letters, or inphonetic form -- the two modes of description comes to the same thing for him..Thesechanges take place in the course of years. An earlier forms, such as"duellum" for classical "bellum", V. cites as an instance.Atthe same time, a *meaning* may change, as, for example, the meaning of “hostis”,once 'stranger', but in V.'s time, 'enemy.' These etymologico-semanticstatements are supported by scholarship. But a great deal of V.’s etymologysuffers from the same weakness and lack of comprehension that characterizes Hellenicwork in this field. "Anas", from "nare", to swim, “vitis,”from “vis;” “cilra, “care, from “cor iirere,” are sadly typical both of V.’sphilosophy and of Latin etymological studies in general.A fundamentalignorance of linguistic history is seen in V.'s references to Hellenism.Asimilarity in a form bearing comparable meanings in Latin and Greek is obvious.Take the first personal pronoun: 'ego.' Some similarities are the produ.ct ofhistorical loans at various periods once the two communities made indirect andthen direct contact. Other similarities are the joint descendants of an earliercommon Aryan forms whose existence may be inferred and whose shape may to someextent be reconstructed by the methods of comparative and historicallinguistics.But of this, V., like the rest of antiquity, has noconception.All such bunch is jointly regarded by him as a direct loanfrom the conquered Greek, whose place in the immediate history of Latin ismisrepresented and exaggerated as a result of the Romans’ consciousness of theircultural debt to Greece and mythological associations of Greek heroes -- andtheir enemies, like Aeneas! -- in the story of the founding of Rome.In hisconception of vocabulary growing from alterations made to the forms of primalwords, V. unites two separate considerations: historical etymology and thesynchronic formation of derivations and inflexions.Certain canonicalmembers of paradigmatically associated word series are said to be primal -- allthe others resulting from “declinatio”, the formal process of change. A derivationalprefix is given particular attention. One must regret V.’s failure todistinguish two linguistic dimensions, because, as with other linguisticphilosophers in antiquity, V.’s synchronic descriptive observations are muchmore informative and perceptive than his attempts at historicaletymology.As an example of an apparent awareness of the distinction, onemay note V.’s statement that, within Latin, "equitiittis" and"eques" -- stem "equit-" – may be associated with anddescriptively referred back to "equus". But that no furtherexplanation on the same lines is possible for "equus". Within Latin, ‘equus’is primal. Any explanation of its form and its meaning involves a dia-chronicresearch into an earlier stages of the Indo-European family and cognate formsin languages other than Latin.In the field of word form variations from asingle root, both derivational and inflexional, V. rehearses the arguments forand against analogy and anomaly, citing Latin examples of regularity and ofirregularity.Sensibly enough, V. concludes that both the principle ofanalogy and the principle of anomaly must be recognized and accepted in theword formations of a language and in the meanings associated with them.Indiscussing the limits of strict regularity in the formation of words V. noticesthe pragmatic nature of language, with its vocabulary more differentiated inculturally important areas than in others.Thus "equus" and"equa" have separate forms for the male and female animal, becausethe sex difference is important to the Romans. But "corvus" does not,because in them the difference is not important to Romans. Once this is true of"columba" -- formerly all designated by the feminine noun. But since"columbae" are domesticated, a separate, analogical, masculine form"columbUS" is ‘coined.’ V. further recognises the possibilities opento the individual, particularly in poetic diction, of variations or anomaliesbeyond those sanctioned by majority usage or 'ordinary language', a conceptionnot remote from the Saussurean interpretation of langue and parole.One ofV.'s most penetrating observations in this context is the distinction betweenderivational and inflexional formation, a distinction not commonly made inantiquity.One of the characteristic features of inflexions is their verygreat generality. Inflexional paradigms contain few omissions and are mostlythe same for all speakers of a single dialect or of an acknowledged standardlanguage.This part of morphology V. calls 'declinatio naturalis’,because, given a word and its inflexional class, we can infer its other forms. Bycontrast, synchronic derivations vary in use and acceptability from person toperson and from one word root to another. From "ovis" and"sus" are formed "ovile" and "suile.” But"bovile" is *not* acceptable to V. from "bos" -- althoughrustic CATONE is said to have used the form as opposed to the more standard"bubile.” The facultative and less ordered state of this part ofmorphology, which gives a language much of its flexibility, is distinguished byV. in what he dubs ‘declinatio VOLUNTARIA.’ V. shows himself likewise originalin his proposed morphological classification of Latin words.His use inthis of the morphological categories shows how V. understands and makes use ofGreek sources without deliberately copying their conclusions.V. recognises,as the Greeks do, case and tense as the primary distinguishing categories ofinflected words, and sets up a quadripartite system of FOUR inflexionallycontrasting classes. Those with case inflexion. Those with tense inflexion. Thosewith case and tense inflexion. Those with neither. Noun (including Adjective).Verbs. Participle. Adverb.These IV classes are further categorised as a formswhich, respectively, names, makes a statement, joins (i.e. shared in the syntaxof nouns and verbs), and supports (constructed with verbs as their subordinatemembers). In the passages dealing with these IV classes, the adverbial examplesare all morphologically derived forms -- like "docte" and"lecte". V.’s definition would apply equally well to the un-derivedand mono-morphemic adverbs of Latin -- like "mox" and"eras". But these are referred to elsewhere among the uninflected,invariable or 'barren,’ sterile, words.A full classification of theinvariable words of Latin would require the distinction of syntacticallydefined sub-classes such as Thrax used for Greek and the later Latingrammarians took over for Latin. But, from his examples, it seems clear thatwhat was of prime interest to V. is the range of grammatically different wordsthat may be formed on a single common root -- e.g. "lego" (VERB –CLASS II) , "lector" – NOUN, CLASS I --, "legens" –PARTICIPLE, CLASS III -- and "lecte" – ADVERB – CLASS IV. In histreatment of the verbal category of tense, Varro displays his sympathy with thedoctrine of the Porch, in which two semantic functions are distinguished withinthe forms of the tense paradigms, time reference and ‘aspect.’ In his analysisof the VI INDICATIVE indicative tenses, active and passive, the *aspectual* division,incomplete-complete, is the more fundamental for V., as each aspect regularlyshares the same stem form, and, in the passive voice the *completive* aspecttenses consists of *two* expressions, though V. claims that, erroneously, mostpeople only consider the time reference dimension. IS Active Time past presentfuture Aspect incompleteDISCIBAM IwasDISCO I learnDISCAM I shall learning learn completeDIDICERAMI hadDIDICI I have DIDICERIII shall learned learned have learnedPassive incompleteAMTIBAR I was AMOR I amAMITBOR I shall be loved loved loved completeAMTITUSI had AMTITUS I haveAMIITUS Ishall ERAM been sum been ERA have been loved loved loved The Latin future perfectis in more common use than the corresponding Greek (Attic) future perfect. V.puts the Latin perfect tense forms DIDICI, etc., in the present *completive*place, corresponding to the place of the Greek perfect tense forms. In what wehave or know of his writings, V. does not appear to have allowed for one of themajor differences between the Greek and Latin tense paradigms -- viz. that, inthe Latin perfect tense, there is a syncretism of a simple past meaning ('Idid'), and a perfect meaning ('I have done') -- corresponding to the Greekaorist and perfect respectively.The Latin perfect tense forms belong in *both*completive and non-completive aspectual categories, a point clearly made laterby PRISCIANO in his exposition of a similar analysis of the Latin verbaltenses.If the difference in use and meaning between the Greek and Latinperfect tense forms seems to escape V.'s attention, the more obvious contrastbetween the V-term case system of Greek and the *VI*-term system of Latin forcesitself on him, as it does on anyone else who learned both languages.Latinformally distinguished an ABLATIVE CASE. 'By whom an action is performed' isthe gloss given by V.. THE ABLATIVE CASE shares a number of the meanings andsyntactic functions of both the Greek GENITIVE and DATIVE case forms.V. takesthe NOMINATIVE form not as a casus but as as the canonical word forms, fromwhich the oblique forms -- cases -- are developed. Like his Greek colleaguesacross the pond, V. contents himself with fixing on one stereo-typical meaningor relationship as definitive for each case. V., who was no Cicero – ‘he is aVarro’ implicates ‘he is a know-it-all’ in Roman -- mistranslates ‘aitiatikeptosis’ by ACCUSATIVUS rather than the more correct, CAUSATIVUS. V. is probablythe most independent and original philosopher on linguistic topics among theRomans. After V. we can follow discussions of existing questions by several philosopherswith no great claim on our attention.Among others, GIULIO CESARE – thewell-known general assassinated by the senators -- is reported to have turnedhis mind to the analogy-anomaly debate while crossing the Alps on a campaign. Thereafter,the controversy gradually fades away.PRISCIANO uses ‘analogia’ to meanthe regular inflexion of an inflected word, without mentioning ‘anomalia’. ‘Anomalia’appears occasionally among the late grammarians.V.'s ideas on theclassification of Latin words have been noticed. But the word class system thatis established in the Latin tradition enshrines in the ‘saggi’ of PRISCIANO andthe late Latin ‘philosophical’ grammarians – cf. CAMPANELLA, ‘Grammaticafilosofica’ -- is much closer to. the one given in Thrax's Techne.Thenumber of classes remains now at VIII, with one change.A class of wordscorresponding to the Greek definite article ‘ho,’ ‘he,’ ‘to,’ does not existin Latin. The definite article of Italiandevelops later from weakened forms of the demonstrative pronoun ‘ille’ (il) and‘illa’ (la). The Greek *relative* pronoun is morphologically similar to thearticle and classed with it by Thrax and Apollonius.In Latin, therelative pronoun – ‘qui’, ‘quae’, and ‘quod’ -- is morphologically akin to theinterrogative pronoun – ‘quis’, ‘quid’ -- and both are classed together eitherwith the noun or the pronoun class.In place of the article, Latingrammarians recognise the ‘interjection’ as a separate ‘pars orationis’,instead of treating it as a subclass of adverbs as Thrax and Apollonius do. PRISCIANregards the separate status of the interjection as common practice among Latinscholars. But the first philosopher who is known to have dealt with it in thisway is REMMIO PALEMONE, a grammatical and literary scholar who defines theinterjection as having no statable meaning but merely indicating – via naturalmeaning, as H. P. Grice would have it – emotion, as in Aelfric he he versus haha (Roman versus English laughter).PRISCIANO lays more stress on the syntacticindependence of the interjection in sentence structure.QUINTILIANO, aSpaniard, not a Roma, is PALEMONE’s pupil. This Spaniard writes extensively oneducation, and in his “Institutio aratoria”, wherein he expounds his opinions,he dealt briefly with ‘GRAMMATICA’ – the first of the trivial arts -- ,regarding it as a propaedeutic to the full and proper appreciation ofliterature in a liberal education, in terms very similar to those used by Thraxat the beginning of the Techne. In a matter of detail, QUINTILIANO discussesthe analysis of the Latin case system, a topic always prominent in the minds ofLatin scholars who knew Greek by default (Who didn’t have a Greek slave?).QUINTILIANOsuggests isolating the instrumental use of the ABLATIVE -- "gladiii"-- as case VII, since, as he notes, this instrumental use of the ablative case hasnothing in common semantically with the other meanings of the ablative. A separate‘instrumental’ case forms is found (but a Spaniard wouldn’t know) in Sanskrit,and may be inferred for unitary Indo-european, though the Greeks and Romansknew nothing of this.It was and is common practice to name the cases byreference to one of their meanings – DATIVUS, 'giving', ABLATIVUS, 'taking away', etc. -- buttheir formal identity as members of a VI-term paradigm rests on their meaning,or more generally, their meanings, and their syntactic functions beingassociated with a morphologically distinct form in at least some of the membersof the case inflected word classes.PRISCIAN and DONATO see this, and inview of the absence of any morphological feature distinguishing an alleged instrumentaluse of the ablative case forms from their other uses, PRISCIANO explicitlyreproves of such an addition to the descriptive grammar of Latin as redundant –or “supervacuum,” as he said for ‘otiose.’ The work of V., QUINTILIANO, showsthe process of absorption of Greek linguistic theory, controversies, andcategories, in their application to the Latin language.But Latinlinguistic scholarship is best known for the formalization of descriptive Latingrammar, to become the basis of all education in later antiquity and thetraditional schooling of the modern world.The Latin grammar of thepresent day is the direct descendants of the compilations of the later Latingrammarians, as the most cursory examination of PRISCIANO’s “Institutionesgrammaticae” will show.PRISCIANO’s grammar, comprising XVIII books andrunning to nearly a thousand pages may be taken as representative of theirwork.Quite a number of writers of Latin grammars, working in differentparts of the Roman Empire, are known to us. Of themDONATO and PRISCIANO arethe best known.Though they differ on several points of detail, on thewhole these philosopohical grammarians set out and follow the same basic systemof grammatical description.For the most part, Roman philosophicalgrammarians show little originality, doing their best to apply the terminologyand categories of the Greek grammarians to the Latin language.The Greektechnical terms are given fixed translations with the nearest available Latinword. ‘onoma’, ‘NOMEN’ ‘anto-nymia,’ ‘PRO-NOMEN’‘syn-desmos,’ ‘CON-IUCTIO’ etc.In this procedure they had been encouraged by DIDIMO, a voluminous scholar, who states that everyfeature of Greek grammar IS TO BE found in Latin. DIDIMO follows the word classsystem of the PORCH, which included the article (absent in Latin) and thepersonal pronouns in one class, so that the absence of a word formcorresponding to the Greek article does not upset him or his classification. Amongthe Latin philosophical grammarians, MACROBIO gives an account of the'differences and likenesses' of the Greek and the Latin verb, but it amountedto little more than a parallel listing of the forms, without any penetratinginvestigation of the verbal systems of the Latin language – his own, or Greek. Thesuccession of Latin philosophical grammarians through whom the acceptedgrammatical description of the language is brought to completion and handed onto the Middle Ages spanned the centuries until the foundation of Oxford. Thisperiod covers the pax Romana and the unitary Greco-Roman civilization of theMediterranean that lasts during the first two centuries, the breaking of theimperial peace in the third century, and the final shattering of the westernprovinces, including Italy, by invasion from beyond the earlier frontiers ofthe empire.Historically these centuries witness two events of permanentsignificance in the life of the civilized world. In the first place,Christianity – or the coming of the Galileans -- which, from a secularstandpoint, starts as the religion of a small deviant sect of Jewish zealots,spread and extended its influence through the length and breadth of the empire,until, in the fourth century, after surviving repeated persecutions andattempts at its suppression, it is recognized as the official religion of thestate! (Except Giuliano). Its subsequent dominance of European thought (exceptLuther) and of all branches of learning for the next thousand years is nowassured, and neither doctrinal schisms nor heresies, nor the lapse of anemperor into apostasy could seriously check or halt its progress. As Christianitygains the upper hand and attracts to itself men of learning, the scholarship ofthe period shows the struggle between the old declining pagan standards ofclassical antiquity and the rising generations of Christian apologists,philosophers, and historians, interpreting and adapting the heritage of thepast in the light of their own conceptions and requirements. The second event isa less gradual one, the splitting of the Roman world into two halves, east andwest. After a century of civil turmoil and barbarian pressure, Rome ceasesunder DIOCLEZIANO to be the administrative capital of the empire, and his latersuccessor COSTANTINO transfers his government to a new city, built on the oldByzantium and named Constantino-polis (literally: ‘my (kind of) town’). By theend of the fourth century, the Roman empire is formally divided into an easternand a western realm, each governed by its own emperor (who often did not speakto each other – and for whom there was no lingua franca to be found). This divisionroughly corresponds to the separation of the old Hellenized area conquered byRome but remaining Greek in culture and language, and the provinces raised frombarbarism by Roman influence and Roman letters. Constantinople, assailed fromthe west and from the east, continues for a thousand years as the head of theEastern Byzantine Empire, until it falls to the Turks. During and after thebreak-up of the Western Empire, Rome endures as the capital city of the RomanChurch, while Christianity in the east gradually evolved in other directions tobecome the Eastern Orthodox Church. Culturally one sees as the years pass onfrom the so-called 'Silver Age' a decline in liberal attitudes, a gradualexhaustion of older themes, and a loss of vigour in developing new ones. Saveonly in the rising Christian communities, scholarship is backward-looking,taking the form of erudition devoted to the acknowledged standards of the past.This is an era of commentaries, epitomes, and dictionaries. The Latingrammarians, whose oudook is similar to that of the Alexandrian Greek scholars,like them directed their attention to the language of classical literature, forthe study of which grammar serves as the introduction and foundation. Thechanges taking place in the spoken and the non-literary written Latin aroundthem arise VERY little interest – ‘the plebs use it!’ --; their works areliberally exemplified with texts, all drawn from the prose and verse writers ofclassical Latin and their ante-classical predecessors Plautus and Terence. Howdifferent accepted written Latin is becoming may be seen by comparing thegrammar and style of GIROLAMO's fourth translation of the Bible (the Vulgate),wherein several grammatical features of the Romance languages are anticipated,with the Latin preserved and described by the grammarians, one of whom, DONATO,second only to PRISCIANO in reputation, was in fact GIROLAMO’s teacher – andlearned from him that God could be allowed a solecism or two! The nature andthe achievement of the Latin philosophical grammarians can best be appreciatedthrough a consideration of the work of their greatest representative, PRISCIANO,who teaches Latin grammar in Constantino-polis. Though PRISCIANO draws muchfrom his Latin predecessors, his aim, like theirs, is to transfer as far as hecould the grammatical system of Thrax's Techne and of Apollonius's writings toLatin. PRISCIANO’s admiration for Greek linguistic scholarship and hisdependence on Apollonius and his son ERODIANO, in particular, 'the greatestauthorities on grammar', are made clear in his introductory paragraphs andthroughout his grammar. PRISCIANO works systematically through his subject, thedescription of the language of classical Latin literature. Pronunciation andsyllable structure are covered by a description of the “littera’, defined asthe smallest part of articulate speech, of which the properties are “nomen”,the name of the letter, “figura”, its written shape, and “potestas,” itsphonetic value. All this had already been set out for Greek, and the phoneticdescriptions of the letters as pronounced segments and of the syllablestructures carry little of linguistic interest except for their partialevidence of the pronunciation of the Latin language. From phonetics PRISCIANOpasses to morphology, defining the “dictio” and the “oratio” in the same termsthat Thrax uses, as the minimum unit of sentence structure and the expressionof a complete thought, respectively. As with the rest of western antiquity, PRISCIANO’sgrammatical model is word and paradigm, and he expressly denies any linguisticsignificance to a division, in what would now be called morphemic analysis, *below*the word. On one of his rare entries into this field, PRISCIANO misrepresentsthe morphemic composition of words containing the negative prefix “in-“ -- “indoctus”-- by identifying it with the preposition “in.” These two morphemes, “in-“,negative, and “in-”, the prefixal use of the preposition, are in contrast in “invisus”,which may negate or strengthen the stem that follows (two words with twomeanings, not a polysemous expression). After a review of earlier theories ofGreek linguists, PRISCIANO sets out the classical system of VIII word classeslaid down by Thrax and Apollonius, with the omission of the article but theseparate recognition of the interjection. Each class of words is defined, anddescribed by reference to its relevant formal category and “accidentia,” whencethe later accidence for the morphology of a language, and all are copiouslyillustrated with examples from classical texts. All this takes up XVI of the XVIIIbooks, the last II being devoted to syntax. PRISCIANO addresses himself (OBVIOUSLY)to readers already knowing Greek, as Greek examples are widely used andcomparisons with Greek are drawn at various points, and the last hundred pagesare wholly taken up with the comparison of different constructions in the twolanguages. Though Constantinopolis was a Greek-speaking city in aGreek-speaking area, Latin is decreed the official language when the new citywas founded as the capital of the Eastern Empire. Great numbers of speakers ofGreek as a first language needed Latin teaching from then on. The VIII parts ofspeech, or word classes, in PRISCIANO’s grammar may be compared with those inDionysius Thrax's Techne. Reference to extant definitions in Apollonius and PRISCIANO’sexpressed reliance on him allow us to infer that PRISICIANO’s definitions aresubstantially those of Apollonius, as is his statement that each separate classis known by its semantic content. “Nomen,” including adjectives. The propertyof the noun is to indicate a substance and a quality, and it assigns a commonor a particular quality to every body or thing. The property of the VERBUM isto indicate an action or a being acted on; it has tense and mood forms, but isnot case inflected. The PARTICIPIUM is a class of words always derivationallyreferable to a VERBUM, sharing the categories of verbs and a NOMEN (tenses andcases) -- and therefore distinct from both. This definition is in line with theGreek treatment of these words. The property of the PRONOMEN is itssubstitutability for a proper nouns and its specifiability as to person -- first,second, or third. The limitation to proper nouns, at least as far as thirdperson pronouns are concerned, contradicts the facts of Latin. Elsewhere, PRISCIANOrepeats Apollonius's statement that a specific property of the PRONOMEN is toindicate substance *without* quality, as a way of interpreting the lack of lexicalrestriction on the NOMEN which may be referred to anaphorically by a PRONOMEN.The property of the ADVERBIUM is to be used in construction with a VERBUM, towhich it is syntactically and semantically subordinate. The property of the PRAE-POSITIOis to be used as a separate word before case inflected words and in compositionbefore both case-inflected and non-case-inflected words. PRISCIANO, like Thrax,identifies the first part of words like “PRO-consul” and “INTER-currere”, as PRAE-POSITIO.INTER-IECTIO is a class of words syntactically independent of a VERBUM, andindicating a feeling or a state of mind. The property of the CON-IUCTIO is tojoin syntactically two or more members of any other word class, indicating arelationship between them. In reviewing PRISCIANO' s work as a whole, onenotices that in the context in which he is writing and in the form in which hecasts his description of Latin, no definition of grammar itself is foundnecessary. Where other late Latin grammarians do define the term, they do nomore than abbreviate the definition given at the beginning of Thrax's Techne.It is clear that the place of grammar, and of linguistic studies in general, ineducation is the same as is precisely and deliberately set out by Thrax andsummarily repeated by QUINTILIANO. PRISCIANO's omission is an indication of thelong continuity of the conditions and objectives taken for granted during thesecenturies. PRISCIANO organises the morphological description of the forms ofnouns and verbs, and of the other inflected words, by setting up canonical orbasic forms, in nouns the nominative singular and in verbs the first personsingular present indicative active. From these he proceeds to the other formsby a series of letter changes, the letter being for him, as for the rest ofwestern antiquity, both the minimal graphic unit and the minimal phonologicalunit. The steps involved in these changes bear no relation to morphemicanalysis, and are of the type that finds no favour at all in recent descriptivelinguistics, though under the influence of the generative grammarians somewhatsimilar process terminologies are being suggested. The accidents or categoriesin which PRISCIANO classes the formally different word shapes of the inflectedor variable words include both derivational and inflexional sets, PRISCIANO followingthe practice of the Greeks in not distinguishing between them. V.’s importantinsight is totally disregarded! But PRISCIANO is clearly informed on the theoryof the establishment of categories and of the use of semantic labels toidentify them. Verbs are defined by reference to action or being acted on. ButPRISCIANO points out that on a deeper consideration – SI QUIS ALTIUS CONSIDERET-- such a definition would requireconsiderable qualification; and case names are taken, for the most part, fromjust one relatively frequent use among a number of uses applicable to theparticular case named. This is probably more prudent, if less exciting, thanthe insistent search for a common or basic meaning uniting all the semanticfunctions associated with each single set of morphologically identified caseforms. The status of the VI cases of Latin nouns is shown to rest, not on theactually different case forms of any one noun or one declension of nouns, buton semantic and syntactic functions systematically correlated with differencesin morphological shape at some point in the declensional paradigms of the nounclass as a whole. The many-one relations found in Latin between forms and usesand between uses and forms are properly allowed for in the analysis. Indescribing the morphology of the Latin verb, PRISCIANO adopts the system setout by Thrax for the Greek verb, distinguishing present, past, and future, witha fourfold semantic division of the past into imperfect, perfect, plain past – aorist-- and pluperfect, and recognizing the syncretism (as V. does not) of perfectand aorist meanings in the Latin perfect tense forms. Except for the recognitionof the full grammatical status of the Latin perfect tense forms, PRISCIANO’sanalysis, based on that given in the Techne, is manifestly inferior to the oneset out by V. under the influence of THE PORCH. The distinction betweenincomplete and complete aspect, correlating with differences in stem form, onwhich V. lays great stress, is concealed, although PRISCIANO recognises themorphological difference between the two stem forms underlying the VI tenses. Strangely,PRISCIANO seems to have misunderstood the use and meaning of the Latin futureperfect, calling it the ‘future subjunctive’, though the first person singularform by which he cited it – “scripsero” -- is precisely the form whichdifferentiates its paradigm from the perfect subjunctive paradigm – “scripserim”-- and, indeed, from any subjunctive verb form, none of which show a firstperson termination in -im. This seems all the more surprising because thecorresponding forms in Greek -- “tetypsomai”-- are correctly identified. Possibly his reason was that his Greekpredecessors had excluded the future perfect from their schematization of thetenses, in that this tense was not much used in Greek, and was felt to be an atticism.A like dependence on the Greek categorial framework probably leads Priscian torecognize both a subjunctive mood (subordinating) and an OPTATIVE mood(independent, expressing a wish) in the Latin verb, although Latin -- unlikeGreek -- nowhere distinguishes these two mood forms morphologically, as PRISCIANin fact admits, thus confounding his earlier explicit recognition of the statusof a formal grammatical category. Despite such apparent misrepresentations, dueprimarily to an excessive trust in a point for point applicability of Thrax'sand Apollonius's systematization of Greek to the Latin language, Priscian'smorphology is detailed, orderly, and in most places definitive. His treatmentof syntax in the last two books is much less so, and a number of the organizingfeatures that we find in modern grammars of Latin are lacking in his account.They are added by later scholars on to the foundation of Priscianic morphology.Confidence in PRISCIANO’s syntactic theory is hardly increased by reading hisassertion that the word order, most common in Latin, nominative case noun orpronoun (subject) followed by verb is the NATURAL one, because the substance(“hom*o”) is PRIOR to the action it performs (“currit”). Such are the dangers ofphilosophising on an inadequate basis of empirical fact. In the syntacticdescription of Latin, PRISCIANO classifies verbs on the same lines as had beenworked out for Greek by the Greek grammarians, into active (transitive),passive, and neutral (intransitive), with due notice of the deponent verbs,passive in morphological form but active or intransitive in meaning and syntaxand without corresponding passive tenses. Transitive verbs are thosecolligating with an oblique case -- “laudo te”, “noceo tibi,” “ego miserantis”-- and the absence of concord between oblique case forms and finite verbs isnoted. But the terms subject and object were not in use in PRISCIANO’s time asgrammatical terms, though the use of “subiectum” to designate the logicalsubject of a proposition is common. PRISCIANO makes mention of the ablativeabsolute construction, though the actual name of this construction is a laterinvention. PRISCIANO gives an account and examples of exactly this use of theablative case -- me vidente puerum cecidisti -- and -- Augusto imperiitiireAlexandria provincia facta est. Of the systematic analysis of Latin syntacticstructures PRISCIANO has little to say. The relation of subordination isrecognized as the primary syntactic function of the relative pronoun -- qui,quae, quod -- and of similar words used to downgrade or relate a. verb or awhole clause to another, main, verb or clause. The concept of subordination isemployed in distinguishing nouns (and pronouns used in their place) and verbsfrom all other words, in that these latter were generally used only insyntactically subordinate relations to nouns or verbs, these two classes ofword being able by themselves to constitute complete sentences of thefavourite, productive, type in Latin. But in the subclassification of the Latinconjunctions, the primary grammatical distinction between subordinating andcoordinating conjunctions is left unmentioned, the co-ordinating “TAMEN”, beingclassed with the sub-ordinating “QUAMQUAM” and “QUAMSI”. – cf. Grice on ‘if’ assubordinating. Once again it must be said that it is all too easy to exercisehindsight and to point out the errors and omissions of one's predecessors. Itis both more fair and more profitable to realise the extent of PRISCIANO’sachievement in compiling his extensive, detailed, and comprehensive descriptionof the Latin language of the classical authors, which is to serve as the basisof grammatical theory for centuries and as the foundation of Latin teaching upto the present day. Such additions and corrections, particularly in the fieldof syntax, as later generations need to make could lie incorporated in theframe of reference that Priscian employs and expounds. Any division oflinguistics (or of any other science) into sharply differentiated periods is amisrepresentation of the gradual passage of discoveries, theories, andattitudes that characterizes the greater part of man's intellectual history.But it is reasonable to close an account of Roman linguistic scholarship with PRISCIANO.In his detailed -- if in places misguided -- fitting of Greek theory andanalysis to the Latin language he represents the culmination of the expressedintentions of most Roman scholars once Greek linguistic work had come to theirnotice. And this was wholly consonant with the general Roman attitude inintellectual and artistic fields towards 'captive Greece' who 'made captive heruncivilized captor and taught rustic Latium the finer arts. PRISCIANO’s work ismore than the end of an era. It is also the bridge between antiquity and theMiddle Ages in linguistic scholarship. By far the most widely used grammar, PRISCIANO’s“Institutiones grammaticae” runs to no fewer than one thousand manuscripts, andforms the basis of mediaeval Latin grammar and the foundation of mediaevallinguistic philosophy – i modisti or philosophical grammarians. PRISCIANO’s grammaris the fruit of a long period of Greco-Roman unity. This unity had already beenbroken by the time he writes, and in the centuries following, the Latin west isto be shattered beyond recognition. In the confusion of these times, thephilosophical grammarians, their studies and their teaching, have beenidentified as one of the main defences of the classical heritage in thedarkness of the Dark Ages. ARENS, Sprachwissenschaft: der Gang ihrerEntwicklung von der Antike bis zur Gegenwart, Freiburg. Bolgar, The classicalheritage and its beneficiaries, Cambridge. J. Collart, V. grammairien latin,Paris. FEHLING, 'V. und die grammatische Lehre von der Analogie und derFlexion', Glotta, LERSCH, Die Sprachphilosophie der Alten, Bonn, H. NETTLESHIP,The study of grammar among the Romans, Journal of philology, ROBINS, Ancientand mediaeval grammatical theory in Europe, London, JSANDYS, History of classicalscholarship, Cambridge, STEINTHAL, Geschichte der Sprachwissenschaft bei denGriechen und Romern, Berlin. GIBBON, The decline and fall of the Roman Empire(ed. BURY), London, VERGIL, Aeneid 6, Ssi-3:Tu regere imperio populos, Romane, memento (hae tibi erunt artes), pacisqueimponere morem, parcere subiectis et debellare superbos. Noctes Atticae GEHMAN, Theinterpreters of foreign languages among the ancients, Lancaster, Pa., FEHLING,FUNAIOLI, Grammaticorum Romanorum fragmenta, Leipzig. Ars grammatica scientia est eorum quae a poetishistoricis oratoribusque dic*ntur ex parte maiore. De lingua Latina CHARisrus,Ars grammaticae I (KEIL, Grammatici, Leipzig). On Varro's linguistic theory in relation to modernlinguistics, cp. D. LANGENDOEN, 'A note on the linguistic "theory of V.',Foundations of language 2, SUETONIUS, Caesar, GELLIUS, Noctes Atticae PRISCIANO, Institutio de nomine pronomine etverbo 38, Institutiones grammaticae PROBUS, Instituta artium (H. KEIL,Grammatici Latini), DIONYSIUS-THRAX, Techne BEKKER, Anecdota Graeca, Berlin,APOLLONIUS DYSCOLUS, Syntax As noun, PRISCIAN as pronoun,- PROBUS, Instituta(KEIL, Grammatici APOLLONIUS, De adverbio, BEKKER, Anecdota Graeca , CHARISIUS,Ars grammaticae KEIL, Grammatici -- Nihil docibile habent, significant tamenadfectum animi. QUINTILIAN, Institutio aratoria Their works are published inKEIL, Grammatici Latini, Leipzig, PRISCIAN De figuris numerorum PRISCIAN De differentiis et societatibusGraeci Latinique verbi, KEIL, Grammatici 5, Leipzig, Artis grammaticae maximiauctores', dedicatory preface Dictio est pars minima orationis constructae;Oratio est ordinatio dictionum congrua, sententiam perfectam demonstrans.Proprium est nominis substantiam et qualitatem significare; Nomen est parsorationis, quae unicuique subiectorum corporum seu rerum communem vel propriamqualitatem distribuit. Proprium est verbi actionem sive passionem significate;Verbum est pars orationis cum temporibus et modis, sine casu, agendi velpatiendi significativum. Participium iure separatur a verbo, quod et casushabet, quibus caret verbum, et genera ad similitudinem nominum, nee modoshabet, quos continet verbum; Participium est pars orationis, quae pro verbaaccipitur, ex quo et derivatur naturaliter, genus et casum habens adsimilitudinem nominis et accidentia verba absque discretione personarum etmodorum. The problems arising from the peculiar position of the participleamong the word classes, under the classification system prevailing inantiquity, are discussed there. Propriumest pronominis pro ali quo nomine proprio poni et certas significare personas; Pronomenest pars orationis, quae pro nomine proprio uniuscuiusque accipitur personasquefinitas recipit. Substantiam significat sine aliqua certa qualitate. Propriumest adverbii cum verbo poni nee s·ine eo perfectam significationem possehabere; Adverbium est pars orationis indeclinabilis, cuius.significatio verbisadicitur. Praepositionis proprium est separatim quidem per appositionemcasualibus praeponi coniun~tim vero per compositionem tam cum hahentibus casusquam cum non habentibus; Est praepositio pars orationis indeclinabilis, quaepraeponitur aliis partibus vel appositione vel compositione. 48. IS-7·40:Videtur affectum habere in se Yerbi et plenam motus animi significationem,etiamsi non addatur verbum, demonstrare. Proprium est coniunctionis diversanomina vel quascumque dictiones casuales vel diversa verba vel adverbiaconiungere; Coniunctio est pars orationis indeclinabilis, coniunctiva aliarumpartium orationis, quibus consignificat, vim vel ordinationem demons trans. so.cp. MATTHEWS, 'Theinflectional component of a word-and-paradigm grammar', :Journal of linguisticsHORACE, Epistles 2.1.156-7: Graecia capta ferum victorem cepit et artes Intulitagresti Latio. .LOT, La fin du monde antique et le debutdu moyen age, Paris. Marco TerenzioVarrone. He led an activeand sometimes risky political life. Although he backed the wrong side in thecivil war, he survived. He was a pupil of Posidonio at Rome. He was influencedby Antioco d’Ascalon. He wrote hundreds of works, most of which have since beenlost. Amongst them was an extended series of fictional philosophical dialgoues,the Logistorici, in wich assorted Romans debated a variety of toipics,illustrating the arguments with examples from history. Tertulliano calls himthe Roman Cynargo, perhaps because of some satires he wrote but it is highlyunlikely that he was a Cinargo. Better attested is his interest inPythagoreanism, whose cult he followed to the letter. MarcoTerenzio Varrone. Varrone. Keywords: centro di studi varroniani, idioma, idiom,lingua latina, lingua anglica, Lazio, Lazini, la lingua del Lazio, Varrone,Prisciano, Donato, Girolamo, Giulio Cesare – Refs.: The H. P. Grice Papers,Bancroft, MS – Luigi Speranza, “Grice e Varrone: semiotica filosofica” – TheSwimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Varzi:la ragione conversazionale delle parole, degl’oggetti, e degl’eventi –filosofia italiana – Luigi Speranza (Galliate). Filosofo italiano. Essential Italian philosopher. Some Italians do notconsider Varzi an “Italian” philosopher in that his maximal degree was earnedelsewhere! If philosophy is a branch of the belles lettres, part of Varzi’sessays belong in English literature. He has written on ‘universal semantics.’ All'Trento. Grice: “Varzi rather freely uses‘universal’ as in ‘universal semantics’ – while my own pragmatic rules havebeen challenged universal status, by, of all people, Elinor Ochs!” Grice: “SomeItalians consider Varzi a specimen of ‘brain drain’ in more than one way: hismaximal degree was obtained without Italy, not within Italy, and not in Italian– plus the fact that he is at Colombo’s Columbia!” Esponentedella filosofia analitica, è noto principalmente per le sue ricerche di logicae per il suo contributo alla rinascita degli studi in ambito di metafisica eontologia.Laureatosi a Trento con una tesi, “La logica libera” statoinsignito della Targa Piazzi per la ricerca scientifica e del Premio Bozzi perl'Ontologia.Dopo un periodo dedicato soprattutto allo studiodell'immagine del mondo propria del senso comune, si è indirizzatoprogressivamente verso posizioni di stampo nominalista e convenzionalista,nella convinzione che buona parte della struttura che siamo soliti attribuirealla realtà esterna risieda a ben vedere nella nostra testa, nelle nostrepratiche organizzatrici, nel complesso sistema di concetti e categorie chesottendono alla nostra rappresentazione dell'esperienza e al nostro bisogno dirappresentarla in quel modo. Noto anche per la sua attività divulgativa, spessoin collaborazione con Casati, ispirata al principio secondo cui la filosofia èuna sfida in cui il pensiero parte dalla semplicità delle cose quotidiane e nemostra la meravigliosa complessità. Saggi: “Semplicemente diaboliche”(Laterza); “L’amicizia” (Orthotes); “I colori del bene, Orthotes,.L'incertezzaelettorale (Aracne). Le tribolazioni del filosofare. Comedia Metaphysica ne laquale si tratta de li errori & de le pene de l’Infero (Laterza); Il mondomesso a fuoco, Laterza, Il pianeta dove scomparivano le cose. Esercizi diimmaginazione filosofica, Einaudi, Ontologia, Laterza, Semplicitàinsormontabili storie filosofiche, Laterza, Parole, oggetti, eventi e altriargomenti di metafisica, Carocci. “Logica” McGraw-Hill Italia, Buchi e altre superficialità, Garzanti. Studi:Casetta e Giardino,Mettere a fuoco il mondo. Conversazioni sullafilosofia di V., Isonomia Epistemologica,Calemi, V.. Logica, semantica, metafisica (Albo Versorio, Milano); Il mondomesso a fuoco, Laterza. Dal risvolto di copertina di Semplicità insormontabili,Laterza. Da questo libro è stato tratto lo spettacolo teatrale InsurmountableSimplicities, per la regia di Glick, presentato dall'All Gone Theatre Companyall'edizione del New York InternationalFringe Festival. Biografia "negativa" di V., su columbia. Intervistaad V. di Caffo, Rivista italiana di filosofia analitica. Achille Varzi. Varzi. Keywords:‘universal’. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Varzi:semantica filosofica," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-PoolLibrary, Villa Grice, Liguria, Italia.

Grice e Vasa: la ragioneconversazionale della RAGIONE E LIBERTÀ – filosofia italiana – Luigi Speranza (Aggius). Essential Italianphilosopher. Filosofo italiano. Società Filosofica Italiana Congresso NazionaleL'Aquila. Nacque al paese della Gallura di forte e suggestivo paesaggio e diforti vicende. Compiuti in anticipo gli studi secondari, anda a studiarefilosofia a Milano dove si laurea. Insegna nel liceo ginnasio “Arnaldo” di Brescia.Dove interrompere l’insegnamento a causa della sua partecipazione allaResistenza con il gruppo che fa capo a Parri. Alla fine della guerra ripresel’insegnamento a Milano nel liceo classico Carducci nel liceo ginnasio Manzoni.Ottenne la libera docenza. Assistente volontario e poi incaricato di filosofia,Milano. Vincitore di un concorso a cattedre di filosofia teoretica, chiamato a Cagliari e Firenze. Rimase sempre fortementelegato al paese natale. Il Comune di Aggius ne ha conservato la memoria. Negli anni di formazione, si trova apartecipare al tentativo condotto da BONTADINI, di cui era allievo e amico, disuperare la contrapposizione tra la scolastica e l’idealismo, comprendendo eassimilando quanto della metafisica hegeliana e cristiana era in questoindirizzo. In questa operazione prende una sua via personale. Abbandonal’interesse metafisico simpatizzando per l’attualismo di GENTILE (vedi) perquanto esso restituiva all’uomo dignità e responsabilità, mettendone tuttaviain luce l’impossibilità di una fondazione logica. Nacquero così le indaginisulla logica di Hegel che portarono a rilevanti osservazioni critiche riguardoall’idealismo. Con l’idea che i valori immanenti costituiscono l’orizzontetrascendentale nella prassi razionale ed etica dell’uomo vienne a cadere per V.l’opposizione di immanenza e trascendenza.Nella comune partecipazione alla Resistenza si lega di amicizia con PRA(vedi), filosofo di profonda esperienza religiosa e sociale e innovatore dellastoriografia filosofica. Tramite PRA, V. entra in contatto con BANFI, cherappresenta la scuola filosofica milanese. Nel confronto con il razionalismocritico di BANFI, che mira a chiarire una struttura della ragione nel solcodella tradizione kantiana, V. pensa ad un razionalismo che anda oltre ognistruttura presupposta della ragione verso un orizzonte di possibilità nonancora prevedibili. Questo comporta l’idea della ricerca di una logica dellapossibilità. Si pone così quella proposta filosofica detta “trascendentalismodella prassi”, radicalmente critica e programmaticamente aperta, e che vennedifesa da PRA e Vn, sia nella «Rivista di storia della filosofia» fondata da PRA,sia nei Congressi della “Società filosofica italiana” ri-nata dopo loscioglimento imposto dall’autorità del FASCISMO. Il “trascendentalismo dellaprassi” è contrapposto al "teoricismo", inteso come il carattere ditutta filosofia che presuppone un principio di datità del reale e del valore,cioè di tutta filosofia metafisica. Il trascendentalismo della prassi non vuoleessere una teoria, ma un atteggiamento pratico possibile, effettivo, chericonosce la temporalità della prassi e ne rivendica la libertà e laresponsabillità. La proposta del trascendentalismo della prassi, che èimmediatamente critica del pensiero di CROCE e GENTILE, ma che investiva tuttigli indirizzi contemporanei, è il modo più radicale del domandarsi dopo la guerra,sul métier della filosofia. La «Rivista di storia della filosofia» costituì il contattocon il “neo-illuminismo”, che, animato da ABBAGNANO (vedi), avendo come centroTorino, collega e confronta in convegni periodici i nuovi indirizzimetodologici e anti-metafisici. Affermatisi gli indirizzi della fenomenologiatrascendentale, della filosofia analitica e dell’empirismo. Con il suo metodo,caratterizzato dall’apertura e dalla tensione critica ad un continuo “andaroltre”, V. da di essi interpretazioni originali in numerosi studi e seminari.La sua ricerca, ora caratterizzata come razionalismo della prassi, continua amettere in discussione ogni naturalismo limitativo della libertà della persona.Conferma così l’idea di una “via negativa alla filosofia” a cui siamo costrettiin mancanza di principi universali oggettivi o di autorità universali nellaprassi. Questa negazione confuta la tematizzazione ingenua del mondo, mette fraparentesi la tradizione, toglie l’unicità di senso al nostro rapporto con larealtà e, aprendo la ricerca alla prospettiva di generalizzazioni nuove,risponde al bisogno della persona di costruirsi e perseguire finalitàproprie. Per influenza dell’amico GEYMONAT,e in discussione con lui, V. vide concretamente nelle scienze in sviluppol’orizzonte effettivo delle possibilità razionali, pertanto si cimentò nellacomprensione di esse attraverso l’epistemologia e la logica. Esamina il modernoformalismo logico-matematico di Russell; l’analisi del linguaggio (formale ed ordinario)di ‘Vitters’; il convenzionalismo logico e linguistico che egli coglievanell’empirismo di Carnap e nella discussione di Quine sull’ontologia; lo stessosvolgimento dell’epistemologia dagli inizi col circolo di Vienna ai successivisviluppi autocritici e “liberali”; le rivoluzioni concettuali delle scienze. Sonotutti problemi che hanno all’origine e segnalano una crisi del fondamento. V. vuolechiarirli leggendovi la sollecitazione a porre fra parentesi ad aggredire o avariare all’infinito ogni “conoscenza, di spazi e tempi, di atomi, masse ecause naturali. La sua ricerca mantene così l’etica dei fini umani. La logica èanche logica della Speranza. La filosofia ritrova il senso originario di “amoredella saggezza”. Saggi: “Il problema della ragione” (Bocca, Milano); “Ricerchesul razionalismo della prassi” (Sansoni, Firenze); “Logica, scienza e prassi”(Nuova Italia, Firenze); “Logica, religione e filosofia” (Angeli, Milano); “Logica,scienze della natura e mondo della vita” (Angeli, Milano); “Poeti di Aggius.Michele Andrea Tortu, Pisanu (Antologia di Lepori con prefazione, traduzione enote di V.), Nota introduttiva di Pirodda, Istituto Superiore RegionaleEtnografico, Nuoro. “Il Trascendentalismo della prassi, la filosofia dellaResistenza. Sandrini, Mimesis, Centro Internazionale Insubrico, Milano. Inmemoria di V., filosofo della modernità, La Nuova Sardegna, Treccani: V. Ragionee libertà. Saggio sul pensiero di V. V., Una discussione con Bontadini sumetafisica e filosofia, in Studi di filosofia in onore di Bontadini, Vita ePensiero, Milano I saggi di V. sono raccolti in “Logica, religione e filosofia:Scritti filosofiici”. Memoria di Gentile, in Giornale critico della filosofiaitaliana, Vedi Croce, Le cosiddette ‘riforme della filosofia’ e in particolaredi quella hegeliana, a proposito del saggio di V. su RUGGIERO (vedi) -- Quadernidella Critica, poi in Indagini su Hegel, Laterza, Bari. Pra, La filosofiaitaliana oggi, Rivista critica di storia della filosofia, Sul trascendentalismodella prassi, in Il problema della filosofia oggi. Atti del Congresso nazionaledi Filosofia (Bologna, promosso dallaSFI, Bocca, Roma-Milano, Vedi: saggi come l’Introduzione alla trad. Di Husserl,L’idea della fenomenologia (Rosso), Il Saggiatore, Milano, Logica e religione di fronte al compito di unapossibile unificazione del sapere, in «Il Pensiero», L’ateismo religioso diWittgenstein, in «Archivio di Filosofia», (Esistenza, Mito, Ermeneutica), e lelezioni raccolte nel volume Logica, scienze della natura e mondo della vita. V.,Logica, scienze della natura e mondo della vita. La frase (di V.) compare nella presentazioneeditoriale del volume Logica, scienza e prassi. Luporini, Casari, Pra,Geymonat, Marinotti, Ricordo di V.. Corsi, seminari, Olschki, Firenze, Natale,Storicità della filosofia e filosofia come storiografia. Un dibattito trafilosofi italiani in Dentro la storiografia filosofica. Questioni di teoria edidattica (Dedalo, Bar). Cambi, Razionalismo e prassi a Milano, Cisalpino-Goliardica,Milano. Marinotti, Handjaras, “Ragione elibertà: la filosofia di V., Prefazione di Pra (Angeli, Milano); Pra, Filosofidel Novecento, Angeli, Milano, vi è raccolto il contributo già in, Ricordo di V.(Olschki, Firenze); Monti, Religione e prassi in V., in «La Fortezza. Rivistadi studi», Liberalismo etico e prospettive razionalistiche in V., Etica escienza. Saggi di filosofia, Carocci, Roma. Sandrini e Al., V. uomo e filosofo(Atti del convegno di Aggius. Comprende: relazioni di Sandrini, “L’ereditàvasiana”. Lecis, Viaggio verso una meta incerta. L’universo dei mondi possibilidi V.; F. Minazzi, La strada per Megara e l’irriducibilità della libertà umana.Il problema della ragione nel trascendentalismo della prassi di V.; E. Palombi,Sul senso dell’uomo nel pensiero di V.; alcuni brevi Scritti e testiinediti, Minazzi e Sandrini, in «IlProtagora», poi in volume con lo stesso titolo, Barbieri, Manduria. Marinotti,Ragione e prassi in V. e in Geymonat. Memoria di una discussione filosofica edi un’amicizia, in Geymonat un maestro del Novecento. Il filosofo, ilpartigiano e il docente, Minazzi, Unicopli, Milano; Rambaldi, La formazione di V.,in Pala filosofo laico, appassionato delle scienze. Studi e testimonianze, Maiorca,Cuec, Cagliari, Rambaldi, Da Gentile a Hegel. Trascendentalismo e anti-fascismoin V.. Con un’appendice di testi e documenti, in «Rivista di storia della filosofia».Andrea Vasa. Vasa. Keywords: liberta, freedom. Refs.: The H. P. Grice Papers,Bancroft MS – Luigi Speranza, “Grice e Vasa: ragione e liberta” – TheSwimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Gricee Vatinio: la ragione conversazionale a Roma – della setta di Crotone -- filosofiaitaliana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. A politician, supporter of GIULIO(vedi) CESARE and a friend of CICERONE, who at different times, attacks anddefends him. V. calls himself a Pythagorean, but Cicerone questions V’s rightto do so on account of his dubious behaviour. Publio Vatinio. Keywords: Romaantica. Per H. P. Grice’s Play-Group, The Swimming-Pool Library, VillaSperanza.

Grice e Vattimo: la ragioneconversazionale dell’implicatum come communicatum debole -- filosofia italiana– Luigi Speranza(Torino). Filosofoitaliano. Essential Italian philosopher. Grice: “It may be argued that whatVattimo means by ‘strong’ is what I mean by ‘weak’ and viceversa – With Popper,‘I know’ is weaker than ‘I believe’ and ‘every x’ is weaker than ‘some (atleast) one’ or ‘the’ – I have explored ‘the’ – Keyword: massima della debolezzaconversazionale; massima della forza conversazionale” – Filosofo italiano. --not one that provinicial Beaney would include in his handbooks and dictionaries.Vattimo’s philosophy shares quite a bit with Grice’s programme, as anyonefamiliar with both Vattimo and Grice may testify. Vattimo has philosophised onHeidegger and Nietzsche, and one of his essays is on the subject and themaskanother on reality. There is a volume in his honour. Participante del Foro Internacional por la Emancipacióny la Igualdad. Partito Comunista. In precedenza: DS PdCI IdV Indipendente. Laureain Filosofia. Torino. Filosofo, professore universitario. Tra i massimiesponenti della corrente post-moderna, è teorizzatore della filosofia debole.Ilpadre è un poliziotto calabrese, che muore quando V. ha I anno e mezzo. Lamadre è una sarta. Ha una sorella di otto anni più grande. Durante la guerra sitrasferisce con la famiglia in Calabria, restandoci per II anni e ritornando aTorino. Studente del liceo classico Gioberti è attivo nella GioventùStudentesca di Azione Cattolica, e collabora a Quartodora, rivista delmovimento diretta da Straniero. Si autodefine come un cattolico militante,influenzato dalla lettura di Maritain, Mounier e dei racconti di Bernanos,portato dalla fede ad un disinteresse per il razionalismo storico,l'Illuminismo e le filosofie di Hegel e Marx.Allievo di PAREYSON (vedi)assieme a ECO (vedi) con cui ha condiviso amicizia e interessi, si laurea infilosofia a Torino. Lavora ai programmi culturali della Rai. Consegue laspecializzazione a Heidelberg, con Löwith e Gadamer, di cui ha introdotto lafilosofia in Italia. Professore incaricato e ordinario di estetica a Torino,nella quale è stato preside, della facoltà di Lettere e Filosofia. Ordinario difilosofia teoretica presso la stessa università. Professore emerito, titolo chenon gli precluse lo svolgimento d’eventuali attività didattiche presso la suddettauniversità. Idea e condotto su Raitre il programma di divulgazione filosofica “Laclessidra.” Insegnato come visiting professor negli Stati Uniti e ha tenutoseminari in diversi atenei del mondo. Direttore della Rivista di estetica,membro di comitati scientifici di varie riviste, socio corrispondentedell'Accademia delle Scienze di Torino, nonché editorialista per i quotidianiLa Stampa e La Repubblica e per il settimanale L'espresso. Dirige la rivistaTropos. Rivista di ermeneutica e critica filosofica edita da Aracne Editrice.Per i suoi saggi riceve lauree honoris causa dalle La Plata, Palermo, Madrid eLima. È stato più volte docente alle Vacances de l'Esprit. Svolge attivitàpolitica in diverse formazioni: nel Partito Radicale, Alleanza per Torino, Democraticidi Sinistra, per i quali è stato parlamentare europeo, e nel Partito deiComunisti Italiani. Candidato da una lista civica a sindaco di una cittadinacalabrese, San Giovanni in Fiore (Cs), per combattere la degenerazioneintellettuale che affligge quel paese, ma non è riuscito ad arrivare al secondoturno.Annunciato la sua candidatura a parlamentare europeo nelle listedell'Italia dei Valori di Pietro, rivendicando tuttavia le proprie originicomuniste, venendo eletto nella circoscrizione Nord-Ovest.Nel giornodell'anniversario della fondazione del PCd'I, annuncia la sua adesione alPartito Comunista. Il suo ideale politico-religioso si riassume in unaforma da lui definita comunismo cristiano e comunismo ermeneutico, un' idealeanti-dogmatico di comunismo debole nel pensiero e nell'essere, che si ispiraalla vita comunitaria delle prime comunità cristiane. Esso rinnega e si opponealla violenza delle industrializzazione pesante forzata e dello stalinismo ingenere, così come anche alle tesi di Lenin e del terrorismo, muovendo a favoredi una sinistra improntata al dialogo, alla dialettica e alla tolleranza.Accusatodi antisemitismo, a causa delle sue dichiarazioni sul controllo ebraico dibanche. "Ricordiamoci che la Federal Reserve è di proprietà di Rothschild.Gattegna, presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, lo accusa dianti-semitismo, additando le sue dichiarazioni come "parole di odio chenon aggiungono nulla di nuovo e che sono accompagnate dalla riproposizionesquallida di stereotipi anti-semiti". Anche Aiello, primo rabbino donna inItalia, corrobora queste accuse, tacciando V. di antisemitismo.Rilasciaun'intervista al Corriere in cui dichiara, riguardo a Israele«bisognerebbe procurarsi missili più efficaci dei Qassam e portarli laggiù». Ladichiarazione, riferita ai missili Qassam con cui Hamas colpisce Israele, hasuscitato molte polemiche. Il filosofo ha tuttavia chiarito che le sue prese diposizione sono rivolte contro Israele e che non hanno nulla a che vedere conl’anti-semitismo.In occasione dell'aggressione di Tartaglia a Berlusconi haespresso a Radio Radicale la convinzione che quell'aggressione fosse stata unamontatura. Afferma inoltre che se l'aggressore avesse voluto veramente fare delmale a Berlusconi era preferibile usare una pistola invece di unastatuetta.Si è occupato dell'ontologia ermeneutica, proponendone unapropria interpretazione, che chiama “debolita”, in contrapposizione con lediverse forme di pensiero forte (fortitude) dell'hegelismo con la suadialettica, il marxismo, la fenomenologia, la psicanalisi, lo strutturalismo.Ognuno di questi movimenti si è proposto come superamento delle posizionifilosofiche precedenti e smascheramento dei loro errori. Ma ogni volta l'erroreconsiste proprio in questo gesto teoretico. Non ci sono nuovi inizi, l'erroreconsiste proprio nella volontà di rifondare fundamenta inconcussa che non vi possonoessere. Debolita è invece un atteggiamento della postmodernità che accetta ilpeso dell'errore, ossia del caduco, dell'effimero, di tutto ciò che è storico eumano. È la nozione di verità a doversi modellare sulla dimensione umana, nonviceversa.La debolita è la chiave per la democratizzazione della società,la diminuzione della violenza e la diffusione del pluralismo e dellatolleranza. In questa maniera deve essere almeno segnalata la grande e decisivaimportanza che assume nella sua filosofia la nozione di nichilismo, che rimetteall'eredità di Nietzsche e Heidegger e si lega a vari temi vattimiani(dall'etica, alla politica,dalla religione -- l'indebolimento del divino allateoria della comunicazione – implicatura come communicatum debole. Con i suoi saggicome “Credere di credere” rivendica allaproprio filosofia anche la qualifica di autentica filosofia cristiana per lapostmodernità. Avvalendosi infatti della visione cristiana del maestro PAREYSONe di Quinzio, V. rifiuta l'identificazione del divino nell'essere razionale,così come concepito dalla tradizione filosofica occidentale. Di PAREYSON e Quinzio, però, non condivide la visionereligiosa tragica. Suggestionato da Girard, V. legge la vicenda di Cristo comerifiuto di ogni sacrificio, anzitutto umano ed esistenziale. La kénosis -- lett.svuotamento -- divina è a vantaggio della libertà e della pace umana. Le posizionidi V. rappresentano una svolta, sia nella sua impostazione filosoficadell'interpretazione del presente, sia nel campo dell'attività politica. Abbandonail partito dei Democratici di Sinistra e abbraccia il marxismo rivalutandonepositivamente l'autenticità e validità dei principi progettuali, auspicando unritorno al pensiero del filosofo di Treviri e a un comunismo epurato daglisviluppi delle distorte politiche pubbliche sovietiche da superaredialetticamente. Per quanto la svolta possa apparire contraddittoria con leprecedenti posizioni, V. rivendica la continuità delle nuove scelte con ilprocesso di ricerca sul pensiero debole, pur ammettendo il cambiamento di"molte delle sue idee". È lo stesso filosofo a parlare di un"Marx indebolito", ovvero di una base ideologica capace di illustrarela vera natura del comunismo e adatta nella pratica politica a superare ognitipo di pudore liberal. L'approdo al marxismo si configura quindi come unatappa dello sviluppo del pensiero debole, arricchito nella prassi da unaprospettiva politica concreta. V. ha anche espresso posizioniambientaliste ed in particolare a favore dei diritti degli animali. In un'epocain cui l'umanità si vede sempre più minacciata nelle stesse elementaripossibilità di sopravvivenza -- la fame, la morte atomica, l'inquinamento -- lanostra radicale fratellanza con gl’animali si presenta in una luce piùimmediata ed evidente. Da parlamentare europeo si è battuto, tra l'altro,contro la sperimentazione animale e contro il maltrattamento degli animalinegli allevamenti.Pubblicamente dichiara la sua omosessualità. Sviluppauna concezione di Cristianesimo secolarizzato, il quale, conseguentemente, nonnecessita di istituzioni ecclesiastiche, fondandosi sulla kénosis, ossiasull'abbassamento e sull'indebolimento dell'idea di Dio. Per V. il nonriconoscimento di un "assoluto", inteso come una verità definitiva,porterebbe ad una maggiore accettazione della diversità sociale e culturale.Il compagno di V., Mamino, storico dell'architettura, malato di tumore aipolmoni, muore nel bagno dell'aereo che lo portan nei Paesi Bassi pereffettuare un'eutanasia. Ad accompagnarlo c'era con lui sull'aereo lo stessoV. Collabora con vari quotidiani (La Stampa, L'Unità, il manifesto, IlFatto Quotidiano), con editoriali e riflessioni critiche su vari temi diattualità, politica e cultura. Saggi: “Il concetto di fare in Aristotele”(Giappichelli, Torino); “Essere, storia e linguaggio in Heidegger” (Filosofia, Torino);“Ipotesi su Nietzsche” (Giappichelli, Torino); “Poesia e ontologia” (Mursia,Milano); “Schleiermacher, filosofo dell'interpretazione” (Mursia, Milano); “Introduzionead Heidegger” (Laterza, Roma); “Il soggetto e la maschera” (Bompiani, Milano);“Le avventure della differenza” (Garzanti, Milano); “Al di là del soggetto” (Feltrinelli,Milano); “Il pensiero debole” (Feltrinelli, Milano); Vattimo e Rovatti); “Lafine della modernità” (Garzanti, Milano); “Introduzione a Nietzsche (Laterza,Roma); “La società trasparente” (Garzanti, Milano); “Eticadell'interpretazione” (Rosenberg e Sellier, Torino); “Filosofia al presente”(Garzanti, Milano); “Oltre l'interpretazione” (Laterza, Roma); “Credere dicredere” (Garzanti, Milano); “Vocazione e responsabilità del filosofo”(Melangolo, Genova); “Dialogo con Nietzsche” (Garzanti, Milano); “Tecnica edesistenza: una mappa filosofica” (Mondadori, Milano); “Dopo la cristianità. Perun cristianesimo non religioso” (Garzanti, Milano); “Nichilismo edemancipazione. Etica, politica e diritto, Zabala” (Garzanti, Milano); “Ilsocialismo ossia l'Europa” (Trauben); “Il Futuro della Religione, S. Zabala,Garzanti, Milano, “Verità o fede debole? Dialogo su cristianesimo erelativismo, Antonello, Transeuropa Edizioni, Massa); “Non essere Dio.Un'autobiografia a quattro mani, Aliberti editore, Reggio Emilia, “Ecce comu.Come si ri-diventa ciò che si era, Fazi, Roma, “Addio alla Verità, Meltemi, Introduzioneall'estetica, ETS, Pisa, “Magnificat. Un'idea di montagna, Vivalda, “Dellarealtà, Garzanti, Milano, Pubblica presso Laterza un annuario filosofico acarattere monografico (Filosofia). La sezione Filosofia ha vinto il PremioBrancati. V. a Lima, Perú. Pecoraro, "Dossier Vattimo",Pecoraro, in: "Alceu". Rivista del Dip. di Comunicazione. Monaco, V..Ontologia ermeneutica, cristianesimo e postmodernità, Ets, Pisa; Weiss, V..Einführung. Vienna, Passagen Giovanni Giorgio, Il pensiero di V..L'emancipazione della metafisica tra dialettica ed ermeneutica (Franco Angeli,Milano); Numero della rivista A Parte Rei (Madrid), dedicato a V.. Pensarel'attualità, cambiare il mondo, Chiurazzi, Mondadori, Milano); Redaelli, Ilnodo dei nodi. L'esercizio del pensiero in V., Vitiello, Sini, Ets, Pisa L'apertura del presente. Sull'ontologiaermeneutica di V., L. Bagetto, Tropos. Rivista di ermeneutica e criticafilosofica. Kopić, V. Čitanka, V. Reader. Zagabria, Antibarbarus. Gutiérrez,Leiro, Rivera. Fondazione verano centini/images/allegati Movi100 Cent'anni di Movimento Studenti di Azione Cattolica, sumovi100.azione Gallo, V. Interview, supublic seminar.; V.: viva i giustizialisti. Corro con Tonino Di Pietro. Rizzocon GRAMSCI alla Camera (il nipote omonimo) e il filosofo V., nuovi iscritti alPartito Comunista. Comitato Centrale a Livorno, su Ilpartito comunista, Angus,Interview with V.: “Only Weak Communism Can Save Us”, su MRANSA, Italianphilosopher politician slammed as anti-Semite, su la gazzetta delmezzogiorno. 'Shoot those bastard Zionists': Italianscholar, su the local Corriere della Sera, Non acquistiamo i prodotti di lì, suarchivio storico.corriere. Repubblica -V.: "Non sono un antisemita. Soloanti-israeliano", su torino repubblica. A Radio Radicale Il delirio di V.:«Per fargli male doveva sparare» IlGiornale, In questo senso Cfr, tramolti, La fine della modernità e Nichilismo ed emancipazione. Etica, politica ediritto, dello stesso V. e Niilismo e (Pós-Modernidade) dell'italo-brasiliano Pecoraro,libro pubblicato a Rio de Janeiro e San Paolo. Da Animali quarto mondo, in, I diritti degl’animali,Battaglia e Castignone, Centro di Bioetica, Genova. Dichiarazione scritta sulriconoscimento dell'obiezione di coscienza alla sperimentazione animalenell'UE, su gianni vattimo. Interrogazione scritta alla Commissione sulbenessere degli animali, su Gianni vattimo. 4Vattimo: accanimento sui gay, maio non bacio in pubblico, Corriere della Sera, su corriere. «Il mio compagno voleva farla finita Ma morìin viaggio tra le mie braccia» Corriere della Sera, su corriere. Albo d'oropremio Brancati, su comune. zafferana etnea.ct. Pensiero debole. Blog su Giannivattimo blog spot V., su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. su open MLOL,Horizons Unlimited srl. V. su europarl. europa.eu,Parlamento europeo. Registrazioni su RadioRadicale. Revista A parte rei, su personales. ya.com. Dicussion e sul PensieroUnico su mito11settembre. Lezione di congedo dall'Torino La verità e l’evento:dal dialogo al conflitto, su teologiae liberazione. blogspot.com. Credere dicredere. Genesi e significato di una conversione debole Giornale di filosofiadella religione V. Un comunista postmoderno? (di Preve) RAI Filosofia, sufilosofia.rai. Gianteresio “Gianni” Vattimo. Gianteresio Vattimo GianniVattimo. Vattimo. Keyword: debole/forte – implicatum come communicatum debole. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Vattimo," TheSwimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

Grice e Veca: la ragioneconversazional e la massima dell’altruismo conversazionale – filosofia italiana– Luigi Speranza(Roma). Filosofoitaliano. Grice: “I like Veca. Like me, he speaks of altruisn, and he hascontributed to a collective volume, “Cooperare e competere.”” Essential Italian philosopher. Svoge un ruolo chiave nell'introduzione nel dibattitoculturale italiano dell'approccio alla filosofia politica derivatodall'impostazione di Rawls, divenendo un punto di riferimento filosofico dellasinistra, sia come teorico che come militante. La sua formazione di tipoanalitico -- sensibile quindi alle metodologie e alle questioni della filosofiadel linguaggio e della logica -- insolita rispetto alla figura del teoricopolitico così come tradizionalmente concepito in Italia, ha permesso alla suariflessione di spaziare anche negli ambiti dell'epistemologia e dellametafisica, indagandone le connessioni con l'ambito della filosofia morale epolitica. V. da un impulso decisive nel dibattito filosofico italiano atemi quali il realismo, il problema della completezza nelle teorie epistemichee politiche, la giustizia globale e la sostenibilità. Studia a Milano, dove silaurea con una tesi sotto PACI (vedi) e GEYMONAT (vedi). Assistente volontario,borsista CNR e assistente incaricato presso la cattedra di filosofia teoreticaa Milano. Professore incaricato di filosofia a Calabria.Professoreincaricato di storia delle istituzioni e delle strutture sociali presso la facoltàdi filosofia di Bologna. Professore incaricato, professore incaricatostabilizzato e professore associato di filosofia politica presso la facoltà di scienzepolitiche di Milano.Professore straordinario di filosofia politica pressola facoltà di filosofia, Firenze.Professore di filosofia politica, facoltàdi scienze politiche, Pavia. Vicepreside della facoltà di scienze politiche, Pavia.Presidente della Facoltà di Scienze politiche, Pavia. Membro del Comitatodirettivo della Scuola Superiore IUSS di Pavia. rettore del Collegio UniversitarioGiasone del Maino, Pavia. Direttore del Centro Inter-Dipartimentale di Studi eRicerche in Filosofia sociale a Pavia; prorettore per la didattica dell'Pavia; componentedel Consiglio di amministrazione della Fondazione Romagnosi di Pavia e delComitato scientifico dell’European Centre for Training and Research inEarthquake Engineering presso l'Pavia; parte del Consiglio d'amministrazionedell'Istituto italiano di scienze umane di Firenze; vicedirettore dell'IstitutoUniversitario di Studi Superiori di Pavia. Coordinatore dei corsi ordinaridell'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia.Pro-rettorevicario dell'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia.Professoredi Filosofia politica presso l'Istituto Universitario di Studi Superiori diPavia.Insegna Filosofia politica nelle Classi di Scienze umane e Scienzesociali dell'Istituto Universitario di Studi Superiori, Pavia.Tienneseminari e cicli di lezioni a Cambridge (Christ's), a San Paolo, Campinas,Bogotà, Evora, La Sorbonne, Grenoble, Istituto Universitario Europeo. Svolge un'intensaattività di consulenza e direzione editoriale. Ha assunto, grazie a un invito diBo, la direzione scientifica della Fondazione Feltrinelli di Milano presidentedella Fondazione Feltrinelli, promuovendo lo sviluppo del suo Centro di Scienzapolitica. Direttore degli "Annali" della Fondazione, impegnal'istituzione in una ampia gamma di attività di ricerca, documentazione epubblicazione nell'ambito della teoria politica e sociale contemporanea cheperseguono lo scopo di coniugare la tradizione della ricerca storico-socialecon l'innovazione dei metodi e degli esiti della teoria normativa e descrittivadella politica. Coordina le attività del Seminario annuale di Filosofiapolitica, promosso dalla Feltrinelli in collaborazione con il Centro StudiPolitici Farneti di Torino e la Scuola Normale Superiore di Pisa. Avvia ilprogetto della “Biblioteca europea” della Fondazione Feltrinelli, di cui èdirettore. Designato Presidente onorario della Fondazione Feltrinelli ed èdirettore scientifico del suo Laboratorio Expo -- è inoltre stato condirettoredi Aut Aut con PACI (vedi) e ROVATTI. Dirigge la collana Readings perl'Università della Casa editrice Feltrinelli, di cui è consulente per lasaggistica nel campo della filosofia e della teoria politica e sociale. Consulentedella saggistica de il Saggiatore, di cui ha diretto, con Mondadori, la collanaTheoria. Fa parte del comitato scientifico o di direzione di rivistequali "Rassegna italiana di sociologia", "Teoria politica","Biblioteca della libertà", "Transizione", "Eticadegli affari", "Iride", "European Journal ofPhilosophy", "Filosofia e questioni pubbliche", "Reset","Quaderni di Scienza politica", "Il Politico","Rivista di filosofia", “Italianieuropei”. Direttore de “Il giornaledi Socrate al caffè. Bimestrale di cultura e conversazione civile; curatorescientifico della Carta di Milano per Expo.Parte del Comitato direttivodi "Politeia", Centro per la ricerca e la formazione in politica edetica di Milano, di cui è stato uno dei fondatori. Comitato etico dell'IstitutoEuropeo di Oncologia di Milano e del Comitato etico dell'Istituto Mondino diPavia; Comitato scientifico della Fondazione Rosselli di Torino; coordinatoredel Comitato Scientifico dell’Associazione per la ricerca e l'insegnamentodella filosofia, parte del Consiglio direttivo nazionale della SocietàFilosofica italiana. Componente del Consiglio nazionale presso il Ministero deiBeni culturali e ambientali; presidente dell'Associazione “I quattro cavalieri”che ha promosso le attività dell’ensemble cameristico “I solisti di Pavia”,diretto da Dindo. Comitato generale Premi della Fondazione Balzan “Premio” diMilano.Presidente della Fondazione Campus di Lucca; direttore delleScuole di formazione politica dell'Associazione “Libertà e giustizia; presidentedella Fondazione Grassi La voce della culturadi Milano; Presidente del ComitatoGenerale Premi della Fondazione Balzan di Milano; membro del Comitato dei Garantidella Scuola Galileiana di Studi Superiori di Padova.Socio corrispondenteresidente della Classe di Scienze morali dell'Istituto lombardo di scienze elettere; consigliere della Fondazione del Centenario della BSI di Lugano. Membrodel Comitato Scientifico della Fondazione Gualtiero Marchesi.Accademicocorrispondente non residente della Classe di Scienze Morali dell'Accademiadelle Scienze dell'Istituto di Bologna; designato da Pavia quale Garante deidiritti degli studenti; presidente della Casa della Cultura di Milano. Sociocorrispondente non residente dell'Accademia delle Scienze diTorino.membro effettivo dell'Istituto Lombardo di Lettere e Scienze ecomponente del Comitato dei Garanti del FAI.Premio Castiglioncello sezionedi filosofia per il saggio “Dell'incertezza” e gli è stata conferita, condecreto del Presidente della Repubblica, la medaglia d'oro e il diploma diprima classe, riservati ai benemeriti della Scienza e della cultura. Riceve ilpremio dell'Accademia di Carrara per il saggio “La filosofia politica”. Premioper la filosofia “Viaggio a Siracusa” per La priorità del male e l'offertafilosofica; premio “Ponte per la cultura” della Fondazione Europea Venosta peril saggio “Etica e verità”. Medaglia d'oro di benemerenza civica dal Comune diMilano.Nella sua filosofia sono individuabili tre fasi distinte. Laprima fase della sua ricerca è stata dedicata a questioni di teoria dellaconoscenza o di epistemologia. Pubblica “Fondazione e modalità in Kant” e altrisaggi su problemi di filosofia della logica, della matematica e della fisica inWhitehead, Frege, Cassirer e Quine. Il suo centro di interesse scientifico sisposta sulle teorie di Marx in rapporto alle scienze economiche, sociali epolitiche, delineando una seconda fase i cui esiti sono formulati in “Marx e lacritica dell'economia politica” e, soprattutto, “Il programma scientifico di Marx.”Siimpegna in un programma di ricerca nell'ambito della filosofia politicainfluenzato dalla prospettiva della teoria normativa della politica. Dopo “Lemosse della ragione,” introduce la discussione sulla giustizia con “La societàgiusta” ed elabora e sviluppa la sua prospettiva teorica in “Questioni digiustizia” e “Una filosofia pubblica.” Dedica un saggio divulgativo agli esitidi questa fase della sua ricerca, “L'altruismo.” Gli sviluppi successivi dellasua ricerca, orientata al problema dei rapporti fra teoria normativa e teoriadescrittiva della politica e incentrata sulla questione del pluralismo comefatto e come valore per la teoria democratica, sono rinvenibile in “Libertà eeguaglianza.” Una prospettiva filosofica in Progetto Ottantanove, in Etica epolitica e, in particolare in “Cittadinanza: riflessioni filosofiche sull'ideadi emancipazione.” Lavora alla stesura di tre meditazioni filosofiche intorno aquestioni di verità, giustizia e identità, in cui estende la gamma dei suoiinteressi teorici. Sviluppando una serie di idee originariamente presentate in Questionidi vita e conversazioni filosofiche, gli esiti di questa ricerca sono contenutiin “L’incertezza.” Pubblica “L'idea di giustizia da Platone ad oggi.” Pubblicaun saggio di filosofia sociale e politica, “La lealtà civile: un messaggio nellabottiglia” e un saggio dedicato alla interpretazione e alla ricostruzione dellateoria politica normative, “La filosofia politica.” Pubblica “La penultimaparola e altri enigmi. Questioni di filosofia” in cui sono approfonditi alcuniesiti di Dell'incertezza ed è affrontata la questione meta-teorica dellarelazione fra l'attività filosofica e la sua storia nel tempo. Pubblica “Ilbello e gl’ppressi: l'idea di giustizia” in cui sono presentate alcune idee dibase per una teoria della giustizia globale. Presenta la sua prospettivafilosofica nel saggio “Il giardino delle idee: passi nel mondo dellafilosofia.” In “La priorità del male e l'offerta filosofica” sviluppa eapprofondisce le questioni di una teoria della giustizia globale e mette afuoco, fra l'altro, le connessioni fra l'offerta di filosofia politica e lecircostanze e i soggetti di politica. “Le cose della vita: congetture,conversazioni e lezioni personali” estende l'esame delle questioni di vita,inteso come tentativo di autoritratto, e lo connette al problema dell'ereditàintellettuale, nel senso della dimensione storica del sapere filosofico.Il“Dizionario minimo. Per la convivenza democratica,” esamina e discute alcunitemi fondamentali per l'interpretazione e la valutazione della forma di vitademocratica, sulla base di una tesi sulla natura della libertà democratica.“Etica e verità” raccolge saggi incentrati sui rapporti fra la crescitadell'impresa scientifica e i nostri criteri di giudizio etico. “Quattro lezionisull'idea di incompletezza” presenta i primi risultati di una ricercafilosofica sull'idea di incompletezza, messa a fuoco in distinti domini diapplicazione, quali quello della interpretazione, della giustificazione e delladimostrazione.In “Incompletezza” espone gli esiti delle sue ricerchefilosofiche cercando di esplicitarne la coerenza e la connessione conl’incertezza. In “L'immaginazione filosofica” sviluppa la tesi conclusive delcontributo all'idea di incompletezza e sullo sfondo di una definizione delleprincipali linee della propria ricerca filosofica.In “Un'idea di laicità”propone un argomento a favore della laicità delle istituzioni e delle sceltesociali basato su un'interpretazione della natura della libertà democratica e delfatto del pluralismo.In “Non c'è alternativa. Falso!” mette a fuoco, inuna prospettiva filosofica, alcuni aspetti rilevanti della crisi economicastrutturale e dei rapporti fra capitalismo e democrazia rappresentativa.In“La gran città del genere umano” tratta temi differenti accomunati dalla prospettivaglobale “degli occhi del resto d'umanità”. In “La barca di Neurath” affrontaquestioni epistemologiche, normative e meta-filosofiche sullo sfondo dell’incertezzae dell'incompletezza; curatore del volume degli Annali della Fondazione GiangiacomoFeltrinelli, Laboratorio Expo. “Il senso della possibilità, dove Veca,raccogliendo intuizioni sviluppate in quegli anni nelle lezioni presso laScuola Superiore IUSS di Pavia, espone il suo interesse per lal'interpretazione filosofica delle modalità. In particolare, le questionimetafisiche delle modalità (specie il confronto tra mondo attuale e mondipossibili, esaminando le differenti posizioni di Kripke, Lewis, e Armstrong)costituirebbero la chiave di volta filosofica a cui si riconducono le questioninormative ed ontologiche relative all'epistemologia, all'etica e alla politicaesposte nel saggio sull’incompletezza e sull’incertezza. In particolare, ladistinzione tra mondi possibili e realtà modale, che fornirebbe una fondazione allacompatibilità tra costruttivismo griceiano e realismo, proposta in chiusura,può considerarsi l'apertura di una nuova fase di sua filosofia, stavolta distampo prettamente metafisico, e che si ricollega peraltro all'interesse per lemodalità centrale nella sua opera prima.Altre saggi: “Fondazione emodalità in Kant” (Milano, Saggiatore); “Marx e le critiche dell'economia”(Milano, Saggiatore); “Il programma scientifico di Marx” (Milano, Saggiatore);“Le mosse della ragione” (Milano, Saggiatore); “La società giusta: argomentiper il CONTRATTUALISMO” (Milano, Il Saggiatore); “Crisi della democrazia e neo-CONTRATTUALISMO”(Roma, Riuniti); “Questioni di giustizia” (Parma, Pratiche); “Co-operare ecompetere” (Milano, Feltrinelli); “Una filosofia pubblica” (Milano,Feltrinelli); “L'Altruismo” (Milano, Garzanti); “Etica e politica” (Milano,Garzanti); “Progetto Ottantanove” (Milano, Il Saggiatore); “Cittadinanza.Riflessioni filosofiche sull'idea di emancipazione” (Milano, Feltrinelli); “Questionidi vita e conversazioni filosofiche” (Milano, BUR, Biblioteca UniversaleRizzoli); “Questioni di giustizia. Corso di filosofia politica. Torino,Einaudi, Europa Universitas. Tre saggisull'impresa scientifica europea, Milano, Feltrinelli, Filosofia, politica,società. Annali di etica pubblica, Roma, Donzelli, L'Idea di giustizia da Platone a Rawls, Roma,Laterza, Dell'incertezza. Milano, Feltrinelli, La politica e l'amicizia,Milano, Edizioni lavoro, Della lealtà civile: un messaggio nella bottiglia.Milano, Feltrinelli, La penultima parola e altri enigmi. Roma, Laterza, Lafilosofia politica. Roma, Laterza, La bellezza e gli oppressi: sull'idea digiustizia. Milano, Feltrinelli, Ilgiardino delle idee. Quattro passi nel mondo della filosofia. Milano,Frassinelli, collana "I libri di Arnoldo Mosca Mondadori", La priorità del male e l'offerta filosofica” (Milano,Feltrinelli); Le cose della vita. Congetture, conversazioni e lezionipersonali. Milano, BUR, Biblioteca Universale Rizzoli, Dizionario minimo. Le paroledella filosofia per una convivenza democratica. Milano, Frassinelli, Quattrolezioni sull'idea di incompletezza. Milano, La Scuola di Pitagora); “Etica everità” Milano, Giampiero Casagrande editore, collana "Attualità estudi", L'idea di incompletezza. Quattro lezioni. Milano, Feltrinelli, Sarabanda. Oratorio in tre tempi per vocesola. Milano, Feltrinelli, Kant. Milano,Book Time, Tolleranza. Le virtù civili.Milano, ASMEPA, L'immaginazionefilosofica” (Milano, Feltrinelli); “Un'idea di laicità. Bologna, ilMulino, Ragione, giustizia, filosofia, scrittiscelti, Antonella Besussi e Anna E. Galeotti. Milano, Feltrinelli, OmniaMutantur. La scoperta filosofica del pluralismo culturale (Milano, Marsilio,.Non c'è alternativa. Falso! Roma, Laterza,. La gran città del genere umano. Milano,Mursia,. La barca di Neurath. SPisa, Scuola Normale Superiore,. LaboratorioExpo. Milano, Fondazione GiangiacomoFeltrinelli,. Il giardino di Camilla. Milano, Mursia,.Responsabilità-Uguaglianza-Sostenibilità. Tre parole-chiave per interpretare ilfuturo (Bologna, Dehoniane); Il senso della possibilità” Milano, Feltrinelli);“Le virtù cardinali: prudenza, temperanza, fortezza, giustizia” (Roma,Laterza), A proposito di Marx. Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli,.Quasi un diario. Socrate al caffè. Milano, Casagrande, “ Qualcosa di sinistra.Idee per una politica progressista. Milano, Feltrinelli,. Libertà. Roma,Treccani. Cura, introdotto la filosofia di Rawls, Nozick, Dahl, Easton, Nagel,Williams, Parfit, Putnam, Walzer, Berlin, Sen, Goodman, Arrow, Regan, Elster, Passmore,Pontara, Dunn, Larmore, MacIntyre, Harsanyi, Hempel, Finetti, Meade, Dworkin,Axelrod, Moore, Hampshire, Pettit, Spence, scrittore britannico Scuola di Milano. Treccani Enciclopedie Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Socrateal Caffè, su socrate.apnetwork. Biografia. Pavia. Centro di filosofia sociale ScrittiPavia. Centro di filosofia sociale la teoria della giustizia RAI Filosofia Presentazione del volumeRagione, Giustizia, Filosofia. Scritti in onore. Le mosse della ragioneconversazionale – La mossa della ragione conversazionale – dinamicaconversazionale – la dinamica della ragione conversazionale. Salvatore Veca. Keywords:altruismo, Hampshire, Hart, Grice, giustizia, cooperare e competere, – ragione – virtu capitali, le mosse dellaragione – ragione conversazionale -- -- Refs.: The H. P. Grice Papers, BancroftMS – Luigi Speranza, “Grice e Veca: la massima dell’altruismo conversazionale”– The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Vecchio: la ragioneconversazionale -- il kantismo contro il positivismo di neo-Trasimaco –filosofia italiana – Luigi Speranza (Bologna). Filosofo italiano. Essential Italian philosopher. Interessiprincipali: Etica, filosofia del diritto, filosofia politica. Influenzato a BOBBIO.Eminente filosofo italiano del diritto. Tra gl’altri, ha influenzato BOBBIO. Famosoper il suo saggio “Giustizia.” Insegna a Ferrara, Sassari, Messina, Bologna eRoma. Rettore a Roma. Aderito al FASCISMO, come molti filosofi del diritto inItalia -- anche se lui stesso rimosso dal l'ideologia fascista nella faseiniziale. Perde la sua cattedra per due volte e per ragioni opposte. Per manodei fascisti, perché e un ebreo. Per mano di anti-fascisti, perché è accusatodi simpatizzare con il fascismo all'inizio della sua carriera. Reintegratonell'insegnamento durante la seconda guerra mondiale, lavora con il Secolod'Italia e la rivista Pages libero, pubblicazione regia di Panucci. Fa partedel comitato organizzatore di INSPE, un Istituto di ricerca che negli anniCinquanta e Sessanta si è opposto alla cultura marxista, la promozione diconferenze internazionali e pubblicazioni. Fondatore e direttore del giornaleinternazionale di Filosofia del Diritto. Considerato tra i maggiori interpretidel kantismo. Criticato il positivismo, affermando che il concetto di ‘ius’ nonpuò essere derivata dall'osservazione dei fenomeni giuridici. A questoproposito, le sue convinzioni concordarono con una vertenza che si svolge inGermania tra filosofia, sociologia e legale Teoria generale che sembra diridefinire la "filosofia del diritto" a cui Vecchio ha attribuitoquesti tre compiti: compito logico:costruire il concetto di ‘legge’ -- compito fenomenologico: lo studio deldiritto come fenomeno sociale. Compito ontologico: la natura del ‘giusto’ -- o l'essenza del diritto come – dovere -- dovrebbeessere. Saggi: “Senso giuridico: presupposti del concetto di legge, Il concettodi legge, Il concetto di natura e il principio di diritto, Sui principigenerali della legge, Giurisprudenza, Lezioni Filosofia del diritto, La crisi dellascienza del diritto, Storia della Filosofia del diritto, Mutevolezza edEternità della legge, Gli studi sul diritto. Treccani. “Principi generali deldiritto.” Vechio: essential Italian philosopher. Grice: “Note that it isDelVecchio.” SCOPO DELLO STATO È ATTUARE LA GIUSTIZIA LUG 25, 2022 Giorgio Del Vecchio in una foto d'epoca Inanni di incontrastato positivismo, la pubblicazione in successione di tre operedi Giorgio Del Vecchio, I presupposti filosofici della nozione del diritto(1905), Il concetto del diritto (1906), Il concetto della natura e il principiodel diritto (1908), sconvolse il mondo degli studi filosofico-giuridiciitaliani. Al suo interno fermenti antipositivistici covavano, ma non trovavanola via per svilupparsi, mentre molti positivisti si risvegliarono da quello chesi potrebbe chiamare kantianamente il loro sonno dogmatico. Ebbe inizio inItalia – così come in Germania con R. Stammler – quel capovolgimentodell’impostazione del problema filosofico del diritto, che vedrà quest’ultimoosservato non dalla parte dell’oggetto, come fenomeno che il pensieropassivamente conosce, bensì dalla parte del soggetto. 1. Giorgio Del Vecchio è rimasto semprelegato a Bologna, dove è nato il 26 agosto 1878, fino alla morte avvenuta nel1970, tanto da interessarsi da ultimo anche della storia cittadina. Iltrasferimento a Genova del padre – docente di statistica –, lo porta alaurearsi e a vivere in questa città, dove nel 1902 pubblica su Il Convito esulla Rivista ligure di scienze lettere ed arti. Nello stesso periodo si dedicaa due saggi scientifici, uno “L’evoluzione della ospitalità”, apparso sullaRivista italiana di sociologia, e l’altro, “Il sentimento giuridico”, sullaRivista italiana per le scienze giuridiche. Insegna Filosofia del diritto nel1903 all’Università di Ferrara e pubblica Le dichiarazioni dei dirittidell’uomo e del cittadino nella rivoluzione francese[1] . Nel frattempo avvia alcune delle relazioniinternazionali che caratterizzeranno la sua attività scientifica, frequentandol’Università di Berlino, dove conosce Lasson, Kohler e Paulsen[2]. Nel 1906viene chiamato presso l’Università di Sassari e successivamente, nel 1909, inquella di Messina; diventato ordinario, si trasferisce dall’Università diMessina a quella di Bologna, e nel 1920 a Roma. Nel 1905 scrive I presuppostifilosofici della nozione del diritto, nel 1906 Il concetto del diritto e nel1908 Il concetto della natura e il principio del diritto, raccoltesuccessivamente nell’opera Presupposti, concetto e principio del diritto,denominata Trilogia nel 1959, apparsa in America già nel 1914 con il titolounitario The formal bases of law, per la Boston Book Company, inserita nel 1921nella The modern legal philosophy series.Presupposti, concetto e principio del dirittorappresenta a pieno titoloil pensiero filosofico-giuridico di Del Vecchio: in esso egli definisce ildiritto come «la coordinazione obiettiva delle azioni possibili tra piùsoggetti, secondo un principio etico che le determina, escludendonel’impedimento». Gli studi su Kant e le riflessioni in un orizzonte diproiezione universale lo portano ad approfondire e ad avvicinare i neokantiani,che in Italia vede studiosi come Petrone, Bartolomei e Ravà. Il suo lavoro, inrealtà, si muove tra idealità e prassi del diritto, nella ricerca costante diun’armonia che chiarifichi le distonie; l’ispirazione a Kant lo fa assimilarealla Scuola di Marburgo, mentre l’attenzione all’idealismo tedesco lo porta acriticare, in modo metodico, sia il positivismo filosofico che quellogiuridico. 2. Alla filosofia del dirittoDel Vecchio pone un problema preliminare: quello della possibilità delladeterminazione del concetto del diritto. È questa la prima delle tre ricercheproprie, come già avevano ritenuto Vanni e Petrone, della filosofia deldiritto, la ricerca logica, quella fenomenologica, e quella deontologica. Alla ricerca logica devono accompagnarsisecondo Del Vecchio quelle fenomenologica e deontologica. La ricercafenomenologica, studio misto di filosofia della storia del diritto e disociologia giuridica, non è fra gli aspetti più significativi del suo pensiero:essa dovrebbe consistere nella determinazione delle linee generali dellosvolgimento storico del diritto, che dimostrerebbero la tendenza degliordinamenti giuridici positivi a una progressiva adeguazione all’ideale dellagiustizia, in quanto nel corso del tempo emergerebbero, sarebbero riconosciute,e a poco a poco si attuerebbero le prerogative essenziali della personaumana[3]. Questo fine che Del Vecchioriconosce nello svolgimento storico del diritto – o piuttosto assegna a esso –indica quale sia la sua prospettiva riguardo al problema «deontologico», ossiadi ciò che il diritto dovrebbe essere: in altre parole, al problema dellagiustizia. In questa materia, da un’iniziale posizione kantiana Del Vecchio viavia si avvicina a quella del giusnaturalismo cattolico: mediante l’attribuzionedi un significato sempre meno formale e più contenutistico del concetto dipersona. Del Vecchio dichiara «legge etica fondamentale» il dovere di operare«non come mezzo o veicolo delle forze della natura, ma come essere autonomo,avente la qualità di principio e fine…, non come individuo empirico (hom*ophaenomenon), determinato da passioni e affezioni fisiche, ma come io razionale(hom*o noumenon), indipendente da esse»[4]. Il concetto, e la stessaterminologia, sono kantiani, e del resto il richiamo al Kant è esplicito. 3. Nel campo dell’«etica oggettiva», ossiadel diritto, da questa concezione della natura (nel senso di essenza)dell’uomo, discende logicamente il diritto soggettivo a non essere costretto adaccettare un rapporto con altri che non dipenda anche dalla propriadeterminazione; e questo diritto soggettivo costituisce il «principio, oidea-limite, di un diritto proprio universalmente della persona, insito in essae non esauribile mai in alcun rapporto concreto di convivenza»[5]. Del Vecchio non esita a chiamare tale diritto«diritto naturale», considerandolo «anteriore ad ogni applicazione e ad ognirapporto sociale» – di cui esso è anzi la legge[6] –, ed indipendentemente dalrispetto che un ordinamento giuridico positivo ne compia. Del Vecchio sostennesempre, seguendo un giusnaturalismo che da quello kantiano andò avvicinandosi aquello tomistico, il limite al potere dello Stato costituito dai dirittinaturali dell’individuo (o della «persona»).Nella prospettiva ideale di uno «Stato di giustizia» la cui ragioneprima è la tutela di tali diritti, egli respinge ogni teoria che ponga lo Statoal di sopra o al di fuori del limite giuridico costituito dalla sua intimaragione d’essere, l’attuazione della giustizia, in quanto solo da questa suamissione esso trae la propria autorità[7]; anzi, di uno Stato che agisca incontrasto con la giustizia Del Vecchio giunge a parlare come di «Statodelinquente»[8] . La giustizia è da lui affermata perciò «valida ed efficaceanche contro un sistema giuridico positivamente vigente» quando questocontrasti irreparabilmente con le esigenze elementari della giustizia che sonole ragioni della sua validità: è legittima allora «la rivendicazione deldiritto naturale contro il positivo che lo rinneghi»[9]. Daniele Onori[1] Del Vecchio, La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadinonella rivoluzione francese. Tra le sue opere: Il sentimento giuridico, 1902;L’etica evoluzionista, 1902; Diritto e personalità umana, 1904; I presuppostifilosofici della nozione del diritto, 1905; Su la teoria del contratto sociale,1906; Il concetto del diritto, 1906; Il concetto della natura e i principio deldiritto, 1908; Sull’idea di una scienza del diritto universale comparato, 1908;Il fenomeno della guerra e l’idea della pace, 1909; Sulla positività comecarattere del diritto, 1911; Sui principi generali del diritto, 1921; Sullastatualità del diritto, 1929; Stato e società degli Stati, 1932; La crisi dellascienza del diritto, 1933; La crisi dello Stato, 1933; Il problema delle fontidel diritto positivo, 1934; Individuo, Stato e corporazione, 1934; Etica,diritto e Stato, 1934; Diritto ed economia, 1935; L’hom*o juridicus el’insufficienza del diritto come regola della vita, 1936; Sulla involuzione neldiritto, 1938; Sul fondamento della giustizia penale, 1945; Verità e ingannonella morale e nel diritto, 1945; Dispute e conclusioni sul diritto naturale,1948. [2] R. Orecchia, Bibliografia diGiorgio Del Vecchio, p. 11 [3] DelVecchio, Lezioni di filosofia del diritto, pp. 350-351 della 13 a ediz.,Milano, 1965 [4] Del Vecchio, Ilconcetto della natura e il principio del diritto, p. 72, Torino, 1908 [5] Ivi, p.85[6] Ivi, p. 86 [7] Del Vecchio,Etica, diritto e Stato, nel vol. Saggi intorno allo Stato, Roma, 1935, pp.168-169. Nello stesso volume, nel saggio Individuo, Stato e corporazione, v. iltentativo di fare rientrare nel concetto di Stato di diritto lo «Statocorporativo» fascista (p. 134 ss.). [8]Del Vecchio, Lo Stato delinquente (1962)[9] Del Vecchio, La giustizia, pp. 121-124 della 6 a ediz., Roma, 1959.Ma le idee di Del Vecchio circa il diritto naturale appaiono in numerosi suoiscritti: fra quelli dedicati espressamente a tale argomento v. Dispute econclusioni sul diritto naturale (1948), Essenza del diritto naturale (1952), eMutabilità ed eternità del diritto naturale (1952), gli ultimi due ora in Studisul diritto, I e II.Giorgio Del Vecchio. DelVecchio. Vecchio. Keywords:neo-Trasimaco, Hart, ius, kantismo, positivism, giustizia, il giusto, fascismo,Bobbio. Refs.: The H. P. Grice Papers, Bancroft, MS – Luigi Speranza, “Grice,Hart, e Vecchio: il kantianismo dell’ ‘ius.’”

Grice e Vedovelli: la ragioneconversazionale di una furtiva lagrima -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Essential Italian philosopher.Filosofo italiano. Rettore a Siena, assessore alla cultura del comune di Siena.Laureato in filosofia a Roma. Insegna a Siena, dove Precedentemente svolgeattività di ricerca e di docenza a Heidelberg, Calabria, Roma, e Pavia. I suoisettori di ricerca si muovono nell'ambito della glossologia, la semiotica, lasociolinguistica e la linguistica acquisizionale. Introduce il concetto di linguaimmigrata. Le sue ricerche si concentrano sull'insegnamento e apprendimentodelle lingue in contesto migratorio. È autore di un commento al quadro comuneeuropeo di riferimento per l'insegnamento delle lingue e co-autore dellaricerca italiano, indagine motivazionale sui pubblici dell'italiano all'estero,realizzata sotto la guida di Mauro. Fondatoree direttore della certificazione di italiano come lingua straniera, e delCentro di eccellenza della Ricerca Osservatorio linguistico dell'italianodiffuso fra stranieri e delle lingue immigrate in Italia, istituiti a Siena. Saggi:“Lessico di frequenza dell'italiano parlato” (Milano, IBMEtas), Italiano, I pubblici e le motivazionidell'italiano diffuso tra stranieri (Roma, Bulzoni); Guida all'italiano perstranieri: la prospettiva del quadro comune europeo per le lingue” (Roma,Carocci); “Una furtiva lagrima: l'italiano degli stranieri – specialmente neitenori di opera” (Roma, Carocci); Lingua in giallo. Analfabeti, criminali,sordomuti, certificazioni di lingua straniera, Perugia, Guerra, Storialinguistica dell'emigrazione italiana nel mondo, Roma, Carocci, SienaCertificazione CILS Linguistica educativa Glottodidattica Semiotica Registrazioni di V. su Radio Radicale. MassimoVedovelli. Vedovelli. Keywords. Refs.: The H. P. Grice Papers, Bancroft MS, --Luigi Speranza, “Grice e Vedovelli” – The Swimming-Pool Library, VillaSperanza, Liguria.

Grice e Vegetti: la ragione conversazionalee il platonismo oxoniense di Pater – filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Essential Italianphilosopher. Filosofo italiano. Insegna a Pavia. Si laurea a Pavia con la tesi,“La storiografia di Tucidide,” quale alunno del collegio Ghislieri. Liberodocente e successivamente professore incaricato in storia della filosofiaantica. Professore di questa disciplina a Pavia dove ricopre più volte il ruolodi direttore nel dipartimento di filosofia. Docente presso la scuola superioreIUSS di Pavia e la scuola europea di studi avanzati dell'Università degli StudiSuor Orsola Benincasa di Napoli. Membro del Collegium Politicum e sociodell'Accademia di scienze morali e politiche di Napoli, e dell'Istituto lombardoaccademia di scienze e lettere. Condivise il lavoro intellettuale e l'impegnosociale con Finzi. Si dedica alla filosofia greco-romana, secondol'insegnamento del suo maestro GEYMONAT (vedi). Fa studi sulla medicina e sullabiologia da Ippocrate a Galeno. Il primo in Italia a impartire un corso distoria della filosofia antica che prende in considerazione i riferimenti allastoria della scienza, particolarmente in ambito greco-romano. Nella ricercadella connessione fra scienze e filosofia, segue la metodologia di GEYMONAT. Ilcampo d'indagine approfondito da V. consistette nello studio degl’aspetti eticie politici della filosofia, in particolare il platonismo dell’accademia, ilaristotelismo del lizio, e il PORTICO, in rapporto con l'ambito sociale edideologico della cultura greco-romana. Relativamente all'etica, che assimilal'ordine stabilito dalla legge morale e politica con l'ordine naturale insitonel kósmos, l'universo ordinato, V. ritenne che si configurasse per la primavolta nell' “Iliade” proseguendo poi nella riflessione orfica-pitagoricasull'anima. Apprezzato per i suoi studi su Platone, Aristotele, Ippocrate,Galeno e sull'etica. Saggi: “Il coltelloe lo stilo” (Saggiatore, Milano); “Tra Edipo e Euclide” (Saggiatore, Milano); “L'eticadegl’antichi” (Laterza, Roma); “La medicina platonica” (Cardo, Venezia); “LaRepubblica platonica” (Napoli, Bibliopolis); “Il platonismo” (Einaudi); “Socrateincontra Marx. Lo Straniero di Treviri, ed. Guida; “Guida alla lettura dellaRepubblica di Platone (Laterza, Roma); “Un paradigma in cielo. Platone politico,ed. Carocci. Collabora in: “Marxismo e società antica” (Feltrinelli, Milano); “Oralità,scrittura, spettacolo” (Boringhieri, Torino); Il sapere degl’antichi” (Boringhieri,Torino); “L'esperienza religiosa antica” (Boringhieri, Torin) (con Giannantoni)La scienza ellenistica, Bibliopolis, Napoli, Le opere psicologiche di Galeno,Bibliopolis, Napoli, Nuove antichità, "Aut Aut", "Dialoghi congl’antichi", Sankt Augustio. TraduceIppocrate, Opere, Vegetti, POMBA, Torino, Aristotele, Opere biologiche,Lanza e V., POMBA, Torino, Galeno, Opere, Garofalo e Vegetti, POMBA, Torino, Platone,Repubblica, Vegetti, Libri I-III, Dipartimento di Filosofia, Pavia,"Platone, Repubblica", Vegetti, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, Milano.“Nell'ombra di Theuth: dinamiche della scrittura in Platone, in Sapere escrittura in Grecia, Detienne (Laterza, Roma); “Tra il sapere e la pratica: lamedicina ellenistica” in Storia del sapere medico occidentale Grmek, Laterza,Roma-Bari. “L' idea del bene nella Repubblica di Platone, in "Disciplinefilosofiche", Passioni antiche: l'io collerico, in Storia delle passioniS. Vegetti Finzi, Laterza, Roma. Curato inoltre, per Zanichelli, “Filosofie esocietà.” Biografia su Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche, suemsf.rai. Vegetti, Finzi, Celli, Fare società, ed. Einaudi Entrambi collaboratori della rivista “Iride”delle edizioni del Mulino. Biografia su Enciclopedia delle scienze filosofiche,su emsf. rai. Filosofo studioso di Platone, su corriere. Curci, Intervista a Gastaldi, in ricordo di V.,la provincial pavese. Enciclopedia Treccani alla voce "Galeno"Intervista Carioti, "Critico il Platone di REALE, il marxismo nonc'entra", intervista di V., Corriere della Sera, Opere su open MLOL,Horizons Unlimited srl. Opere V. Pubblicazioni su Persée, Ministère del'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation. Registrazioni su Radio Radicale. L'etica e lafilosofia antica, su emsf. La retorica e la persuasione, su emsf. La medicinagreca. Aristotele. I pitagorici. Socrate., su emsf. L'etica in Platone eAristotele, su emsf. V.: il primato del filosofo per Aristotele, sul RAI filosofia. Mario Vegetti. Vegetti. Keywords:ariskant, plathegel. -- Refs.: The H. P. Grice Papers, Bancroft MS, -- LuigiSperanza, “Grice e Vegetti e il platonismo oxoniense di Pater” – TheSwimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Velino: la ragione conversazionale dei velini– filosofia italiana -- Luigi Speranza (Velia). Italian philosopher Grice: “”A = A,”Parmenides says,” “Le donne sono le donne,” “La guerra è la guerra.” Enough to irritate an Italianneo-non-parmenideian“ One of the most important Italian philosophers, if onlybecause Plato dedicated a dialogue to him!” Grice. -- Parmenide Parmènide di Velia.Παρμενίδης, Parmenídēs. Velia. Filosofo antico. Autore di un poema sullanatura.Viene considerato il fondatore dell'ontologia, con cui hainfluenzato l'intera storia della filosofia occidentale. È il filosofo dell'esserestatico e immutabile, in contrasto col divenire d’Eracl*to, secondo il qualeviceversa, tutto cambia. A V. si deve la nascita della scuola eleatica – ovelina -- a cui appartenevano anche Zenone, o ‘Senone’ nella grafia antica piùcorreta -- di Velia e Melisso. La rivalità tra Parmenide ed Eracl*to è statareintrodotta negli odierni dibattiti sulla concezione del tempo, e della fisicamoderna. Nacque a Velia, in Ascea, da una famiglia aristocratica. Della suavita si hanno poche notizie. Secondo Speusippo, nipote di Platone, e chiamatodai suoi concittadini a re-digere la legge di Ascea. Secondo Sozione è discepolodel pitagorico AMINIA (vedi), di Crotone. Per altri, è probabilmente discepolodi Senofane di Colofone. Ad Ascea fonda inoltre una scuola o setta, insieme alsuo discepolo prediletto, Zenone. Platone nel “Parmenide” riferisce di unviaggio che Parmenide intraprese alla volta di Atene, dove conosce Socrate colquale ebbe una vivace discussione. L'unica opera di Parmenide è il poema inesametri “sulla natura”, di cui alcune parti sono citate da Simplicio in “Decoelo” e nei suoi commenti alla fisica del Lizio, da Sesto Empirico e da altri saggifilosofichi antichi. Di queso poema sulla natura ci sono giunti ad oggi XIX frammenti,alcuni dei quali allo stato di puro stralcio, che comprendono un proemio e unatrattazione in parti II: la via della verità e la via dell'opinione. Diquest'ultima abbiamo solo pochi versi. Εἰ δ' ἄγ' ἐγὼν ἐρέω, κόμισαι δὲ σὺμῦθον ἀκούσας, αἵπερ ὁδοὶ μοῦναι διζήσιός εἰσι νοῆσαι· ἡ μὲν ὅπως ἔστιν τε καὶ ὡςοὐκ ἔστι μὴ εἶναι, Πειθοῦς ἐστι κέλευθος - Ἀληθείῃ γὰρ ὀπηδεῖ - , ἡ δ' ὡς οὐκ ἔστιντε καὶ ὡς χρεών ἐστι μὴ εἶναι, τὴν δή τοι φράζω παναπευθέα ἔμμεν ἀταρπόν· οὔτεγὰρ ἂν γνοίης τό γε μὴ ἐὸν - οὐ γὰρ ἀνυστόν - οὔτε φράσαις. ... τὸ γὰρ αὐτὸ νοεῖνἐστίν τε καὶ εἶναι. Orbene io ti dirò, e tu ascolta accuratamente il DISCORSO,quali sono le vie di ricerca che sole sono da pensare. L’una che "è"e che non è possibile che non sia, e questo è il sentiero della persuasione -- infattisegue la verità. L’altra che "non è" e che è necessario che non sia,e io ti dico che questo è un sentiero del tutto inaccessibile. Infatti nonpotresti avere cognizione di ciò che non è -- poiché non è possibile -- népotresti esprimerlo. Infatti lo stesso è pensare ed essere. Sostiene che lamolteplicità e i mutamenti del mondo sono illusori, e afferma, contrariamenteal senso comune, la realtà dell'essere: immutabile, ingenerato, finito, immortale,unico, omogeneo, immobile, eterno. La narrazione si snoda intorno alpercorso intellettuale del filosofo che racconta il suo viaggio verso la dimoradella dea della giustizia la quale lo conduce al cuore inconcusso della benrotonda verità. La dea, in quanto tutrice dell'ordine cosmico, e vista in talsenso anche come garante dell'ordine logico, cioè del corretto filosofare. Ladea gli mostra la via dell'opinione, che conduce all'apparenza e all'inganno, ela via della verità che conduce alla sapienza e all'essere -- τὸ εἶναι.Pur non specificando cosa sia questo essere, è il che per primo ne mette a temaesplicitamente il concetto. Su di esso egli esprime soltanto una lapidariaformula, la più antica testimonianza in materia, secondo la quale l'essere è, enon può non essere. Il non-essere non è, e non può essere -- ἡ μὲν ὅπως ἔστιντε καὶ ὡς οὐκ ἔστι μὴ εἶναι … ἡ δ' ὡς οὐκ ἔστιν τε καὶ ὡς χρεών ἐστι μὴ εἶναι-- è, e non è possibile che non sia … non è, ed è necessario che non sia»-- Simplicio, Phys., Proclo, Comm. al Tim.). Con queste parole intendeaffermare che niente si crea dal niente -- ex nihilo nihil fit -- e nulla puòessere distrutto nel nulla. Già i primi filosofi avevano cercato l'origine (ἀρχή)della mutevolezza dei fenomeni in un principio statico che potesse renderneragione, non riuscendo a spiegarsi il divenire. Ma i cambiamenti e letrasformazioni a cui è soggetta la natura, tali per cui alcune realtà nascono,altre scompaiono, non hanno semplicemente motivo di esistere, essendo puraillusione. La vera natura del mondo, il vero essere della realtà, è statico eimmobile. A tali affermazioni giunge promuovendo per la prima volta unafilosofia – discorso filosofico -- basato non più su spiegazioni mitologichedel cosmo, ma su un metodo razionale, servendosi in particolare della logicaformale di non-contraddizione, da cui si traggono le seguenti conclusion. L'essereè immobile perché se si muovesse sarebbe soggetto al divenire, e quindi orasarebbe, ora non sarebbe. L'essere è uno perché non possono esserci due esseri.Se uno è l'essere, l'altro non sarebbe il primo, e sarebbe quindi non-essere.Allo stesso modo per cui, se A è l'essere, e B è diverso da A, allora B non è.Qualcosa che non sia essere non può essere, per definizione. L'essere è eternoperché non può esserci un momento in cui non è più, o non è ancora. Se l'essereè solo per un certo periodo di tempo, a un certo momento non è, e si cade incontraddizione. L'essere è dunque ingenerato e immortale, poiché in casocontrario implicherebbe il non essere. La nascita significa essere, ma è anchenon essere prima di nascere. La morte significa non essere, ovvero essere solofino a un certo momento. L'essere è indivisibile, perché altrimentirichiederebbe la presenza del non-essere come elemento separatore. L'essererisulta così vincolato dalla necessità (ἀνάγχη), che è il suo limite ma alcontempo il suo fondamento costitutivo. La dominatrice necessità lo tiene nellestrettoie del limite che lo rinserra tutto intorno. Perché bisogna che l'esserenon sia incompiuto. L'essere, secondo Parmenide: privo di imperfezioni eidentico in ogni sua parte come una sfera paragona l'essere a una sferaperfetta, sempre uguale a se stessa nello spazio e nel tempo, chiusa e finita --il finito è sinonimo di perfezione. La sfera è infatti l'unico solidogeometrico che non ha differenze al suo interno, ed è uguale dovunque la siguardi. L’ipotesi collima suggestivamente con la teoria della relatività diEinstein. Se prendessimo un binocolo e lo puntassimo nello spazio, vedremmo unalinea curva chiusa all'infinito in tutte le direzioni dello spazio, ovvero,complessivamente, una sfera. Per lo scienziato infatti l'universo è finitosebbene illimitato, fatto di uno spazio tondo ripiegato su se stesso. Fuoridell'essere non può esistere nulla, perché il non-essere, secondo logica, nonè, per sua stessa definizione. Il divenire attestato dai sensi, secondo cui gl’entiora sono e ora non sono, è una mera illusione -- che appare ma in realtà non è.La vera conoscenza dunque non deriva dai sensi, ma nasce dalla ragione. Non c'ènulla di errato nell'intelletto che prima non sia stato negli erranti sensi.Questa è la frase che d'ora in poi è attribuita a Parmenide. Il pensiero èdunque la via maestra per cogliere la verità dell'essere. Ed è lo stesso ilpensare e pensare che è. Giacché senza l'essere non troverai il pensare, aindicare come l'essere si trovi nel pensiero. Pensare il nulla è difattiimpossibile, il pensiero è necessariamente pensiero dell'essere. Diconseguenza, poiché è sempre l'essere a muovere il pensiero, la pensabilità diqualcosa dimostra l'esistenza dell'oggetto pensato.Tale identità immediata diessere e pensiero, a cui si giunge scartando tutte le impressioni e i falsiconcetti derivanti dai sensi, abbandonando ogni dinamismo del pensiero,accomuna Parmenide alla dimensione mistica delle filosofie apofaticheorientali, come il buddhismo, il taoismo e l'induismo. Una volta stabilito chel'essere è, e il non-essere non è, restava tuttavia da spiegare come nascessel'errore dei sensi, dato che nell'essere non ci sono imperfezioni, e perché gl’uominitendano a prestare fede al divenire attribuendo l'essere al non-essere.Parmenide si limita ad affermare che gl’uomini si lasciano guidaredall'opinione (δόξα), anziché dalla verità. Ossia, giudicano la realtà in baseall'apparenza, secondo procedimenti illogici. L'errore in definitiva è unasemplice illusione, e dunque, in quanto non esiste, non si può trovargli unaragione. Compito del filosofo è unicamente quello di rivelare la nuda veritàdell'essere nascosta sotto la superficie degl’inganni. Il tema è ripreso daPlatone che cerca una soluzione al conflitto tra l'essere e il molteplice. Persciogliere il dramma umano costituito dal divenire per cui tutto muta che siscontra con una ragione, altra dimensione fondamentale, che è portata anegarlo, Platone conceve il non-essere non più alla maniera di Parmenidestaticamente e assolutamente contrapposto all'essere, ma come diversodall'essere in maniera relativa, nel tentativo di dare una spiegazionerazionale anche al tempo e al molteplice. Il rigore logico di Parmenidegli valse inoltre l'appellativo di "venerando e terribile" da partedi Platone. La fiducia di Parmenide in un sapere completamente dedotto dallaragione, e viceversa la sua totale sfiducia nei confronti dei sensi e di unaconoscenza empirica, fa di lui un filosofo profondamente razionalista.Parmenide e la scuola di Veli. Parmenide ne "La scuola di Atene",affresco di Sanzio. Parmenide è il fondatore della scuola o setta di Velia,dove ha vari discepoli, il più importante dei quali è Zenone. Il metodo usatodagli velini è la dimostrazione per assurdo, con cui confutano le tesi dellavversariogiungendo a dimostrare la verità dell'essere, nonché la falsità del divenire edelle impressioni dei sensi, per una impossibilità logica di pensarealtrimenti. Stupiva i contemporanei un ragionamento che scaturiva dallaradicale contrapposizione essere/non-essere e da un'immediata conseguenza delprincipio di non-contraddittorietà dell'essere e del pensiero, teorizzato inseguito da Aristotele nel Lizio come evidenza prima e indimostrabile allaragione senza la quale diverrebbe impossibile qualsiasi conoscenzanecessaria-filosofica, restando solo il mondo dell'opinione. Parmenide e ivelini si contrapponevano soprattutto al pensiero d’Eracl*to, lorocontemporaneo, filosofo del divenire che basa la conoscenza interamente suisensi. Nella prospettiva della storia della filosofia, è quindi Hegel aconcepire l'essere in maniera radicalmente opposta a Parmenide. Anchel'atomismo democriteo intese contrapporsi alla teoria velina dell'essere -- checerca una soluzione al problema dell'archè negando alla radice un fondamentooriginario al divenire -- presupponendo gl’atomi e uno spazio vuoto, diversodagl’atomi, in cui essi potessero muoversi, ipotizzando in una certa manierauna convivenza di essere e non-essere. In seguito furono i sofisti acercare di confutare il pensiero dei velini, opponendo al loro sapere certo eindubitabile (επιστήμη) sia il relativismo di Protagora, sia il nichilismo diGorgia di Leonzio. Uno dei maggiori problemi sollevati da Parmenide riguardavain particolare l'impossibilità di oggettivare l'essere, di darne un predicato,di sottrarlo all'astrattezza formale con cui egli l'enuncia, e che sembracontrastare con la pienezza totale del suo contenuto. È seguendo questa stradache Platone, nel tentativo di risolvere il problema, approde al mondo delleidee. L'interpretazione della "doxa" REALE (vedi) ha elencatole diverse interpretazioni contemporanee sullo statuto e il significatodell'opinione ed il suo rapporto con la verità. Accanto ad una lettura che levede contrapporre radicalmente, ne esiste una diversa, che REALE appoggia,secondo cui l'opinione (δόξα) non è da intendersi in Parmenide come negazioneassoluta della verità, ma come un modo improprio di accostarsi ad essa. Non sitratterebbe cioè di puro non-essere, della via dell'errore scartata a priori,ma di una TERZA possibilità in cui i fenomeni (δοκοῦντα) sarebbero entitàpensabili e quindi plausibili, se non altro come manifestazioni esteriori delfondamento occulto e autentico dell'essere. Nelle parole della dea, infatti,Parmenide è chiamato a conoscere anche le opinioni dei mortali, in cui non ècertezza verace. Eppure anche questo imparerai. Come l'esistenza delleapparenze sia necessario ammetta colui che in tutti i sensi tutto indaga. Sitratta di un'interpretazione condivisa in varia misura anche da Schwabl, Untersteiner,COLLI (vedi), RUGGIU (vedi), sebbene respinta da altri, che fa di Parmenide unanticipatore della futura ontologia platonica, mentre i suoi discepoli invecemantenneno una concezione più rigorosa dell'essere, quella tradizionalmenteattribuita ai velini. Tra le filosofie volte al recupero del pensiero classicoin chiave attuale, in direzione del quale si sono mossi specialmente gli studidi Heidegger e di BONTADINI, l'opera di SEVERINO si segnala come una parzialeripresa della dottrina di Parmenide, e viene perciò definita neo-parmenidismo.In particolare nel suo saggio “Ritornare a Parmenide”, SEVERINO intendeproporre un'originale re-interpretazione delle categorie fondamentali delpensiero alla luce della rigorosa logica del velino. Secondo Platone in “Parmenide”.Dopo che è scoperta in uno scavo ad Ascea un'erma acefala con l'iscrizioneΠα[ρ]μενείδης Πύρητος Οόλιάδης φυσικός -- Parmenide figlio di Pirete medicodegli Uliadai -- dove Parmenide viene cioè indicato come capo della scuolamedica di Velia degli Ούλιάδαι, si ritrova in seguito la testa-ritratto conbarba qui raffigurata, con la base del collo adattata ad essere sovrapposta inun'erma del tipo di quella precedentemente ritrovata con l'iscrizione citata.Altri ritengono invece che questa scultura riproduca il busto del filosofoepicureo Metrodoro di Lampsaco (Picozzi, Parmenide, Enciclopedia dell'arteantica Treccani). Logos: rivistainternazionale di filosofia, Bartelli e Verando. I paradossi di Zenone controil movimento vennero enunciati proprio per argomentare la posizione filosoficadi Parmenide. Lugiato, L'uomo e il limite, Milano, FrancoAngeli, SecondoPlatone in Parmenide, Diogene Laerzio. Così Plutarco, Contro Colote. Fra questiAristotele, (Metafisica) e Platone (Sofista) e così anche Diogene Laerzio, Vitedei filosofi. I presocratici, a cura di Giannantoni, Bari. Platone, Parmenide,Simplicio, De cœlo. Simplicio, In Aristotelis Physica commentaria. SestoEmpirico, Adversus mathematicos. Finito non da intendersi come imperfettoperché per la mentalità antica il segno di perfezione è la compiutezza, ilfinito. L'infinito vorrebbe dire che non è completo, che gli manca qualcosaquindi imperfetto. Sul tema del viaggio in Parmenide si veda quest'intervista aRuggiu, tratta dall'Enciclopedia delle scienze filosofiche. Dalla raccolta Ipresocratici di Diels e Kranz. Jellamo, Il cammino di Dike: l'idea di giustiziada Omero a Eschilo, Roma, Donzelli. Sull'ipotesi che la dea della giustizia è interpretatada Parmenide in una maniera nuova, filosofica, cfr. Fränkel, Wege und FormenFrühgriechischen Denkens. Literarische und Philosophiegeschichtliche Studien,München, Beck -- per il quale essa veniva ora vista come dea della giustezza oesattezza (dikaiosyne), preludio di quella platonica. Sulla dike"filosofica" cfr. anche Deichgräber, Parmenides' Auffahrt zur Göttindes Rechts, Untersuchungen zum Prooimion seines Lehrgedichts, Magonza. Lanascita della parola "filosofia" è molto controversa, in quanto hadiverse accezioni. Già anticamente, così come altri termini composti colsuffisso "philo-" (cfr. Hadot, Che cos'è la filosofia antica?,Torino, Einaudi) essa indicava una passione, una tensione (φίλος, fìlos) versoil sapere (σοφία, sofìa). Secondo Capizzi, tuttavia, Parmenide non era unfilosofo nel senso etimologico, in quanto più che al "sapere per ilsapere" propende per le applicazioni politiche del sapere, ma la questioneè tutt'altro che definitiva. Principio enunciato da Melisso e poi reso in latinoda LUCREZIO (vedi), ma implicitamente presente in un fragmento di Parmenide(cfr. Garrigou-Lagrange, La sintesi tomistica, Fede & Cultura. Il principiodi non-contraddizione, introdotto da Parmenide per rivelare l'essere stesso, laverità essenziale, è successivamente impiegato come strumento del pensierologicamente cogente per qualsiasi affermazione esatta. Sorsero così la logica ela dialettica -- Jaspers, I grandi filosofi, Longanesi, Milano). Della raccoltaDiels e Kranz. Einstein si espresse tra l'altro in maniera sorprendentementesimile a Parmenide, in quanto anch'egli tende a negare la discontinuità deldivenire e il suo svolgimento nel tempo. Secondo Popper, grandi scienziati comeBoltzmann, Minkowski, Weyl, Schrödinger, Gödel e, soprattutto, Einstein hannoconcepito le cose in modo similare a Parmenide e si sono espressi in terminisingolarmente simili. La materia, secondo Einstein, si curverebbe su se stessa,per cui l'universo sarebbe illimitato ma finito, simile ad una sfera, che èillimitatamente percorribile anche se finita. Inoltre Einstein ritiene che non hasenso chiedersi che cosa esista fuori dell'universo (Riva, Manuale di filosofia).Meinong, proprio come Parmenide, difesead esempio l'idea che anche la montagna d'oro sussista poiché se ne puòparlare. Diels e Kranz. Sull'analogia tra la posizione parmenidea e lefilosofie dell'Oriente, cfr. Severino. Il Poema, le fonti, le interpretazioni,su filosofico. Cfr. anche l'intervista a SEVERINO (Venezia, Museo Correr,Biblioteca Marciana) in Parmenide su Emsf.rai Platone, Teeteto. Un famosoesempio si ha nelle aporie note come paradossi di Zenone. Si veda La filosofiadei Greci nel suo sviluppo storico, di Zeller, Mondolfo, Eleati, a cura di Reale,Firenze, La Nuova Italia, a cura di Girgenti, Milano, Bompiani. Dunque,Parmenide ha esposto un'opinione plausibile, oltre a quella fallace, e cerca, asuo modo, di dar conto dei fenomeni -- Reale, Storia della filosofia antica,Vita e Pensiero, Milano, trad. di Reale. Schwabl, Sein und Doxa bei Parmenides,Wiener Studien, Untersteiner, La Doxa di Parmenide, in Parmenide. Testimonianzee frammenti, Sansoni, Firenze, COLLI, Physis kryptesthai philei, ed.dell'Ateneo, Roma. Ruggiu, Saggio introduttivo e commentario filosofico, inParmenide, Poema sulla natura: i frammenti e le testimonianze indirette,Rusconi, Milano. Di origine evidentemente iranica è il dualismo luce-tenebreche per Parmenide sta alla base della dóxa, mentre è addirittura di origineindiana il carattere puramente apparente da lui attribuito al mondo sensibile(sostenuto dalla corrente Samkya delle Upanishad nella famosa dottrina del"velo di Maya", ripresa da Schopenhauer), e lo stesso viaggio del filosofoal cospetto della dea, esposto nel proemio del poema parmenideo, ricorderebbe iviaggi degli sciamani asiatici -- West, La filosofia greca arcaica e l'Oriente(Mulino, Bologna). In esso, tuttavia, SEVERINO afferma dapprima di avercompiuto il secondo grande parmenicidio, dopo quello di Platone. Parmenidesvaluta e quindi annulla i fenomeni. Ma questi appaiono, quindi esistono e, seesistono, non divengono. Ma tutti sono eterni. In secondo luogo, SEVERINO usala logica parmenidea per confutare l'etica e la fede in Dio. Poiché il divenirenon esiste, non sarebbero possibili la libera scelta morale e l'esistenza di uncreatore che tragga l'essere dal nulla, creandolo ex nihilo. Diogene Laerzio, Vitee dottrine dei più celebri filosofi, a cura di Reale con la collaborazione diGirgenti e Ramelli (Milano, Bompiani); Albertelli, Gli Eleati: testimonianze eframmenti (Bari, Laterza); Vitali, Parmenide d'Elea. Peri physeos, una ricostruzionedel Poema (Faenza, Lega); Reale, Ruggiu, Parmenide. Poema sulla natura (Milano,Rusconi); Cerri, Parmenide. Poema sulla natura (Milano, BUR); Nolletti, Checos'è l'essere di Parmenide: spiegazione di un enigma filosofico” (Teramo, LaNuova Editrice); I presocratici. Prima traduzione integrale con testi originalia fronte delle testimonianze e dei frammenti di Diels e Kranz, a cura di Reale(Milano, Bompiani); Untersteiner, Eleati. Parmenide, Zenone, Melisso.Testimonianze E Frammenti (Milano, Bompiani); Severino, Ritornare a Parmenidein Essenza del nichilismo (Paideia, Brescia); DIANO (vedi), Parmenide in Studie saggi di filosofia antica, successivamente ne Il pensiero greco daAnassimandro agli Stoici (Bollati Boringhieri); Ruggiu, Parmenide (Venezia,Marsilio); Capizzi, Introduzione a Parmenide (Laterza, Roma); CAPIZZI (vedi),La porta di Parmenid: saggi per una nuova lettura del poema” (Ateneo, Roma); CALOGERO,Studi sull'eleatismo (Roma, La Nuova Italia, Firenze); Hussey, I presocratici,Rampello (Mursia, Milano); Heinrich, Parmenide e Giona: studi sul rapporto trafilosofia e mitologia” (Guida, Napoli); Casertano, Parmenide il metodo lascienza l'esperienza” (Loffredo, Napoli); Popper, “Il mondo di Parmenide: allascoperta dell'illuminismo presocratico” (Piemme, Casale Monferrat); Heidegger,
“Parmenide”, a cura di VOLPI (vedi) (Adelphi, Milano); Gadamer, Scritti suParmenide, a cura di Saviani (Filema, Napoli); Colli, Gorgia e Parmenide.Lezioni (Adelphi, Milano); Cordero, “By Being, It is. The Thesis of Parmenides,Parmenides Publishing, Las Vega); Pulpito, Parmenide e la negazione del tempo.Interpretazioni e problemi” (LED, Milano); Sangiacomo, La sfida di Parmenide.Verso la Rinascenza, Il Prato, Padova); Abbate, Parmenide e i neoplatonici.Dall'Essere all'Uno e al di là dell'Uno” (Edizioni dell'Orso, Alessandria); Toro,L'enigma Parmenide. Poesia e filosofia nel proemio” (Aracne, Rom); Ferrari, “Ilmigliore dei mondi impossibili: Parmenide e il cosmo dei Presocratici” (Aracne,Roma); Donà (vedi), Parmenide. Dell'essere e del nulla, (Alboversorio, Milano);Sperduto, Il divenire dell'eterno (Aracne, Roma); Dizionario di filosofia,Istituto dell'Enciclopedia Italiana,Parmènide (filosofo), su sapere; Agostini. Spiegazione dell'enigma dell'esseredi Parmenide, su parmenide; Severino. Il Poema, le fonti, le interpretazioni,su filosofico. Severino: Parmenide, su rai scuola; Sull'Essere" recitatoin greco antico ricostruito, su podium-arts; Un'ampia lista degli studidedicati a Parmenide su Parmenides; Parmenides and the Question of Being inGreek Thought, su ontology. con una bibliografia annotata degli studi recenti edelle edizioni critiche.Stanford. Refs.: H. P. Grice, “Negation and privation,”“Lectures on negation,” Wiggins, “Grice and Parmenides”. Parmenide. Keywords:Velia, velino, velini, la porta. Refs.: Luigi Speranza, “Il parmenideismoitaliano,” Luigi Speranza, "Grice eParmenide," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, VillaGrice, Liguria, Italia.

Grice e Velia: la ragione conversazionale -- Zenone –i veliani – filosofia italiana -- Luigi Speranza (Velia). Filosofo italiano. Cf. senofane, parmenide -- Velia-- (or as Strawson would prefer, Zeno). Sometimes spelt ‘Senone’ "Senone*loved* his native Velia. Vivid evidence of the cultural impact of Senone'sarguments in Italia is to be found in the interior of a red-figure drinking cup(Roma, Villa Giulia, inv. 3591) discovered in the Etrurian city ofFalerii.It depicts a heroic figure racing nimbly ahead of a largetortoise and has every appearance of being the first known ‘response’ to theAchilles (or Mercurio, Ermete) paradox. “Was ‘Senone’ BORN in Velia?” --that is the question!” -- Grice. Italianphilosopher, as as such, or as Grice prefers, ‘senone’ – Zeno’s paradoxes.“Since Elea is in Italy, we can say Zeno is Italian.” H. P. Grice. “Linguisticpuzzles, in nature.” H. P. Grice. fourparadoxes relating to space and motion attributed to Zenone di Velia. The race-track,Achilles and the tortoise, the stadium, and the arrow. Zenoe’s work is known tous through secondary sources, in particular Aristotle. The race-track paradox.If a runner is to reach the end of the track, he must first complete aninfinite number of different journeys: getting to the midpoint, then to thepoint midway between the midpoint and the end, then to the point midway betweenthis one and the end, and so on. But it is logically impossible for someone tocomplete an infinite series of journeys. Therefore, the runner cannot reach theend of the track. Since it is irrelevant to the argument how far the end of thetrack is -- it could be a foot or an inch or a micron away -- this argument, ifsound, shows that motion is impossible. Moving to any point involves aninfinite number of journeys, and an infinite number of journeys cannot becompleted. The paradox of Achilles and the tortoise. Achilles runs much fasterthan the tortoise. A race is arranged between them, and the tortoise is given alead. Zenone argues that Achilles never catches up with the tortoise no matterhow fast he runs and no matter how long the race goes on. For, the first thingAchilles has to do is to get to the place from which the tortoise started. Butthe tortoise, though slow, is unflagging. While Achilles is occupied in makingup his handicap, the tortoise advances a little farther. The next thingAchilles has to do is to get to the new place the tortoise occupies. While Achillesis doing this, the tortoise has gone a little farther still. However small thegap that remains, it take Achilles some time to cross it. In that tim, thetortoise creates another gap. So, however fast Achilles runs, all that thetortoise has to do, in order not to be beaten, is not to stop. The stadiumparadox. Imagine three equal cubes, A, B, and C, with sides all of length l,arranged in a line stretching away from one. A is moved perpendicularly out ofline to the right by a distance equal to l. At the same time, and at the samerate, C is moved perpendicularly out of line to the left by a distance equal tol. The time it takes A to travel l/2 relative to B equals the time it takes Ato travel to l relative to C. So, it follows that half the time equals itsdouble. The arrow paradox. At any instant of time, the flying arrow occupies aspace equal to itself. That is, the arrow at an instant cannot be moving, formotion takes a period of time, and a temporal instant is conceived as a point,not itself having duration. It follows that the arrow is at rest at everyinstant, and so does not move. What goes for arrows goes for everything: nothingmoves. Scholars disagree about what Zenone himself takes his paradoxes to show.There is no evidence that Zenone offers any “solution” to his paradoxes. Oneview is that the four paradoxes are part of a programme to establish that *multiplicity*-- including motion -- is an illusion of the senses, and that reality is aseamless whole. Zeno’s argument may be reconstructed like this. If you allowthat reality can be successively divided into parts, you find yourself withthese four insupportable paradoxes. So you must think of reality as a singleindivisible one. Senza le premesse di tale discussione eproblematica si precisano chiaramente nei finissimi argomenti di Zenone diVelia, discepolo e difensore di Parmenide di Velia, in cui si vede bene iltaglio netto tra l'essere che è e in cui tutto si annulla, e il mondo umanocostruito dall'uomo stesso. All'inizio del “Parmenide” Platone narra che unavolta, durante le grandi Panatenee, Parmenide e Zenone vennero ad Atene.Parmenide e d'aspetto bello e nobile. Zenone, di grande statura e bell'uomo anche(“Parmenide”). Platone dice, poi, che in quell'occasione Zenone legge un saggioche scrive per difendere la tesi di Parmenide di Velia, ma che quel saggio Zenonecompose per amor di polemica e che per giunta un tale glielo ha sottratto, percui, Platone fa dire a Zenone. Non ha neppure il tempo di pensare se fosse o noil caso di darlo alla luce. Platone, forse, per dare avvio alla suadiscussione, probabilmente nei confronti della setta di Velia, si riallaccia diproposito a Parmenide e a Zenone mettendoli in rapporto con Socrate. Può darsi,dunque, che Platone forza la notizia di Zenone e Parmenide ad Atene in un'epocain cui sembra difficile, per ragioni cronologiche, che Parmenide sia potutovenire ad Atene. Nulla vieta, invece, di pensare che lui sia statoeffettivamente ad Atene, anche se in epoca diversa. Discepolo di Parmenide,Zenone nasce a Velia. Platone (“Parmenide”) narra che Zenone e venuto conParmenide ad Atene. Tutte le fonti lo presentano come uomo prestante ealtamente intelligente, che prende attiva parte alla vita politica di Velia,dove sarebbe eroicamente morto combattendo il tiranno Ncarco, quando, preso daNearco e torturato, per non parlare si spezza la lingua con i denti, sputandolaaddosso al tiranno. Sembra che la struttura originaria del saggio di Zenone, odei suoi saggi, e anti-nomica, e che [Altro punto sospetto è che Platone diceche il saggio che Zenone scrive e stato fatto circolare senza il permessodell'autore. Potrebbe questo essere indice che Platone, in effetto, non esponela tesi vera di Zenone, anche se, nella finzione del dialogo, lui stessoapprovi, con qualche riserva, il sunto che dei punti salienti dà Socrate.Platone, nel “Parmenide” tende a dimostrare l'impossibilità di pensare l'esseredi Parmenide che porta dietro di sé l'altrettanta impossibilità di pensare imolti, onde, postici sul piano di Parmenide, risulta impossibile il discorso,un qual-sivoglia giudizio. Non interessa ora la soluzione di Platone e il suotentativo di poter pensare l'essere come dialetticità corrispondente alladialetticità del pensiero, per cui si rende possibile porre un tutto oggettivo.come ordine dialettico e misura su cui scandire, attraverso la conoscenza disé, lo stesso ordine politico. È tuttavia importante sottolineare che neiconfronti dell'uno di Parmenide e delle opere di lui -- che accettandol'ipotesi di Parmenide e anche accettando che l'uno di Parmenide si può,all'estremo, ritenere assurdo, vuoi dimostrare che altrettanto assurdo è porreunità accanto a unità, come i pitagorici, quando si ritenga che queste sianorealtà per sé e non puri nomi -- la polemica di Platone chiarifica quella chestoricamente dev'essere stata l'aporia fondamentale in cui si trova il lettoredel saggio di Zenone. In verità - abbietta Zenone nel Parmenide di Platone -questo mio saggio vuol essere in certo modo una difesa della dottrina diParmenide contro quelli che cercano di metterla in ridicolo sostenendo che latesi dell'esistenza dell'uno va incontro a molte conseguenze ridicole e contraddittorie.Vuole confutare perciò questo mio saggio quelli che asseriscono l'esistenza deimolti e render loro la pariglia e anche di piu, cercando di mostrare che laloro ipotesi dell'esistenza dei molti va incontro a CONSEQUENZE ANCOR PIU RIDICOLE di quella dell'uno se si vuoleandare in fondo alla ricerca. In effetto, qui Platone corregge la sua primaaffermazione che Zenone e Parmenide diceno la stessa cosa ("dite su pergiu la cosa medesima”), e per i suoi intenti lascia cadere la precisazione diZenone. Ma ciò è fondamentale, perché, in genere, è con questi abili accenniche Platone distingue, quello che a Platone importa da quello che accantona, mache corrisponde, quasi sempre, alla verità storica. Zenone, quaranta fossero gl’argomenticontro la tesi che sostiene il molteplice e il moto. Platone che vede in Zenoneil difensore dell’Uno di Parmenide, lo chiama il "palamede eleatico"(Fedro) ] dunque, sarebbe parmenideo alla rovescia. Zenone accetta che l'uno-tuttodi Parmenide porta alla finale contraddizione dell'impensabilità -- propriosulla via del pensiero -- dell'uno stesso. Solo che la facile criticadell'annullarsi dell'uno deve tener presente che, ammessa la esistenza deimolti, di punti accanto a punti, come enti reali, si cade nelle stessecontraddizioni di chi pone l'uno. Zenone non dice mai cosa sia l'essere. Zenonenega che posti i molti come esistenti, sul piano logico i molti esistano,confermando cosi la tesi di Parmenide che i molti in quanto tali, in quantodefinizioni, non sono che puri *nomi* (nel piano linguistico) o illusione (nelpiano cognoscitivo). Ammessa, dunque, pitagoricamente, l'esistenza di puntireali costituenti le cose, bisogna necessariamente ammettere che ciascuna ditali unità in quanto punto ha una grandezza, anche se minima, onde in ognipunto vi sono infiniti punti e quindi ogni punto-unità e infinitamente grande.Se il punto poi non ha gradezza, poiché le cose si costituiscono come aventigrandezza per l'unione dei punti, come e mai possibile che punti senzagrandezza diano luogo a grandezze? Un punto dunque, se non ha grandezza, non è.Ancora: ammesse piu cose costituite di punti, esse saranno ad un tempo innumero finito e infinito, il che è contraddittorio. Saranno in numero finito,perché non possono essere piu o meno di quante sono. Saranno in numero nfinitoperché tra l'una e l'altra ve ne sarà un'altra ancora, e tra questa e l'altraun'altra ancora all'infinito. Ancora: ammessa la molteplicità di cose reali persé, bisogna ammettere o che sono continue, onde la molteplicità si annullanella continuità, che, essendo divisibile all'infinito, è costituita d’infinitipunti a loro volta divisibili all'infinito, fino al nulla; oppure che ognicosa, limitando l'altra, occupa uno spazio e si distingue dall'altra per unospazio. Ma allora ogni spazio in quanto luogo implica un altro luogo e cosiall'infinito, sino all'unico luogo cioè l'uno, cioè il nulla (Aristotele,Fisica; Simplicio, Fisica). Entro questa linea rientra anche il cosiddettoargomento del grano di miglio. Un grano o la decimillesima parte di un grano dimiglio fa rumore. Ora, se fra un grano di miglio e un medimmo c'è proporzione,vi sarà proporzione anche tra i suoni, per cui se un medimmo di miglio farumore lo fa anche un solo grano (Aristotele, Fisica; Simplicio, Fisica). Maciò non avviene. Evidentemente quest'ultimo argomento rientra nei termini deiprimi. Se l'uno, o la totalità, è impensabile irrelativamente, altrettantoimpensabili sono i molti qualora si pongano quali realtà accanto a realtà.Nessuna parte del molteplice costituie il limite ultimo e nessuna e senza unarelazione con un'altra. Poiché i molti sono impensabili, se non determinaticome variazione di quantità di un CONTINUO, e poiché IL CONTINUO si puòrappresentare come retta all'infinito, fino al nulla, i molti, se posti comerealtà per sé, non sono. Cosi nell'ipotetica retta -- nulla è pensabile se nonin quanto estensione ed estensione che si qualifica -- altrettantoinconcepibile è il moto, o meglio la possibilità dello spostamento e delpassaggio da punto a punto, ché, dato, ad esempio, un segmento AB, tra A e Bposta una metà A', necessariamente tra A e A', vi sarà una metà A" e cosivita all'infinito – eis apeiron -- (argomento della dicotomia, cioè delladivisione in due: Aristotele, Fisica; Simplido, Fisica). Evidentemente non vi èallora passaggio tra un ipotetico primo punto A e il punto della linea accantoad A, onde si può dire che Achille piè veloce" in A non raggiunge mai latartarugà che sia un passo avanti in A", ché, in effetto, logicamente, nél'uno né l'altra si muovono -- argomento dell'Achille—pie-veloce: cfr.Aristotele, Fisica; Simplicio), tanto piu che la linea, essendo costituitad'infiniti punti, è divisibile all'infinito, e quindi, all'infinito, siannulla. Analogamente LA FRECCIA non raggiungerà mai il bersaglio, dovendopercorrere l'infinito e rimanendo sempre ferma al punto di partenza -- argomentodella freccia: cfr. Aristotele, Fisica; Simplicio, Fisica; Filopono, Fisica;Temistio, Fisica). Infine, dei presunti XL argomenti con i quali Zenonedimostra la contraddittorietà in cui pone o l'esperienza sensibile o ladefinizione dei dati che implicano la molteplicità o il movimento, abbiamol'argomento detto dello stadio. Considerando in uno stadio un punto mobile cheva ad una certa velocità, se lo si considera rispetto ad un punto fermo andrà,ad esempio, a X chilometri l'ora. Se lo si considera invece rispetto a un altropunto mobile che vada alla sua stessa velocità in senso opposto, quello stessomobile va a XX chilometri all'ora. Il argomento IV - dice Aristotele - è quellodelle due serie di masse uguali che si muovono in senso contrario nello stadio,lungo altre masse uguali, le une cioè a partire dalla fine dello stadio, lealtre dalla metà, con velocità uguale. La conseguenza è che la metà del tempo èuguale al doppio (Fisica; cfr. anche Simplicio, Fisica). I celebri argomenti controil movimento, con cui, accettata la premessa che esiste il moto, con ferreaconsequenzialità, di deduzione in deduzione, si dimostra come sul piano logico,contraddicendosi, non si possa se non negare il moto -- onde, appunto,Aristotele, secondo Diogene Laerzio, nel “Sofista” andato perduto - ha potutodire che lui e padre della DIALETTICA, e non Gorgia da Leonzio -- come arte delconfutare -- ci sono rimasti attraverso le discussioni e le critiche diAristotele. Non sappiamo, in effetto, se tali argomenti sono proprii del saggiodi Zenone, ché le fonti precedenti, ivi compreso Platone -- che fa intravederesolo gli argomenti contro l'esistenza della molteplicità -- ne tacciono. Certogl’argomenti contro il movimento potevano essere conseguenza di quelli sullapluralità, che, portando a dimostrare l'intraducibilità della fisica in terminilogico-matematici, per l'impensabilità del CONTINUO SPAZIALE, portano anche arendere impensabile il continuo spazio-temporale su cui si determinano,definendoli, i punti-geometrici, i cui rapporti di movimento divenivanorapporti spaziali e, quindi, ancora una volta impensabili o contraddittori. La suapolemica sembra quindi rivolta sia contro i punti-cose dei primi della setta diCROTONE (o se si vuole contro la riduzione a numeri interi delle cose da partedei primi de quella setta), supponendo i numeri irrazionali, sia control'impossibilità di ridurre le esperienze della vita, della mutevolezza, allasfera della ragione e dei numeri, senza perdere in puri nomi quella stessavitalità. Le conseguenze della discussione di Zenone di V., tenendo presenticerte posizioni a lui contemporanee o immediatamente posteriori - lasciando daparte le implicazioni che vi hanno veduto certi storici, riferendo le sue tesi adalcune delle concezioni della matematica e della fisica moderna -- sembranopotersi indicare nei seguenti punti. L’impossibilità di ridurre la fisica intermini matematici. La conseguente impossibilità di pensare, e quindi didefinire, sia l'essere come totalità, sia la molteplicità. La consapevolezzache ogni ricostruzione matematica è valida, in quanto ipotetica e chealtrettanto ipotetica è ogni ricostruzione fisica. Sul piano storico sideterminano cosi. Posizioni diverse, a seconda di quale aspetto dellaproblematica, impostata da Zenone, viene approfondito. O si insistito sulcontinuo giungendo a risolvere e ad annullare i molti (che restano comedeterminazioni valide su di UN PIANO PURAMENTE LINGUISTICO) nel continuostesso, cioè nell'infinita unità (Melisso).O si è risolto l'uno su di un pianopuramente matematico, per cui l'uno non è nessuno dei punti della serie, né ilpari né il dispari, ma la possibilità dell'uno e dell'altro, e chenell'opposizione-armonia dà luogo a un'ipotesi logica che spiega un'ipotesifisica (CROTONE e TARANTO). O si è assunta l'ipotesi fisica del continuodivisibile all'infinito in infiniti punti ognuno dei quali, infinito, ha in sétutte le infinite possibilità, gl'infiniti semi vitali, onde in ogni puntotutto è tutto (Anassagora); o si è fatta l'ipotesi che gli infiniti punti,proprio perché infiniti e quindi escludenti un passaggio dall'uno all'altroall'infinito costituiscono infiniti limiti, d'onde una infinita serie dilimiti, d'indivisibili (atomi) implicanti nel limite una separazione, cioè unaltro limite come vuoto (Leucippo, che fu discepolo di Zenone di V., eDemocrito). Infine, se da un lato la sua problematica portava a impostarel'intelligibilità del reale non come afferrante la struttura in sé del realestesso, ma come ipotesi o fisica o matematica, dall'altro lato portava, nellaconsapevolezza dell'impossibilità logica dell'essere o del divenire, della verità,a rimanere sul piano dell'opinione e del discorso umani, entro i termini dellostesso mondo dègl’uomini e dei loro rapporti (Protagora, Gorgia). Senone diVelia. Keywords: reductio ad absurdum, alievo di Parmenide di Velia, scuola diVelia, scuola di Crotone, i veliati, i veliani, Adorno, velino. Refs.: H. P.Grice, “Zeno’s sophisma;” Luigi Speranza,"Senone e Grice," “Grice e Zenone” -- The Swimming-Pool Library,Villa Grice, Liguria, Italia.

Grice e Velleio:la ragione convresazionale a Roma –- l’orto divino -- filosofia italiana –Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. L’orto. Usedby Cicerone as a representative of L’orto -- on the topic of the divine in “Denatura deorum.” Although a senator, his philosophical views lead him to steerclear of ‘dirty’ politics. Gaio Velleio. Velleio. Keywords: Roma antica. Luigi Speranza, for H. P.Grice’s Play-Group, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza. Velleio.

Grice e Venanzio: la ragioneconversazionale dell’estetica -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Portogruaro). Essential talianphilosopher. Filosofoitaliano. Dov'e nato gli e dato a precettore Fortis, prete onesto, né senzaingegno. A' tredici anni studiò nel patrio seminario belle lettere e filosofia;ed è ben curioso a pensare, come a quel tempo, che pur anch'esso gloriavasi diciviltà e cominciava a combattere la tirannia de vecchii errori, non mancassepiù d'uno che con ra-gionamento, meglio specioso che giusto, sentenziassedoversi apprendere prima filosofia e poscia retorica, perché, innanzi discrivere, era debito d'imparare a pensare. Una fedele immagine di quelle scuoleci presenta lo stesso V. In retorica continue traduzioni dei classici latini,affatto pedantesche, per non dire meccaniche; della letteratura italiananeppure un cenno; Dante, Petrarca, Tasso, Ariosto, nomi ignoti; non siprefiggeva allo scrivere italiano altro modello, che il Cesarotti nei versi, edil Thomas nella prosa; onde chi produceva versi più sonanti, o periodi piùtronchi, più smozzicati, più era lodato. In FILOSOFIA, la lettura di qualche TESTOLATINO DI LOGICA E DI METAFISICA, che poscia si mandava alla memoria senza beneintenderlo; qualche libamento di fisica; le quattro operazioni fondamentalidell'aritmetica ed una occhiata al calcolo delle frazioni; le primeproposizioni d'Euclide; a ciò tutto riducevasi allora il tirociniofilosofico'». qualche cosa. Il Venanzio abbracciò coll'acutezza dell'ingegno econ solerte diligenza la filosofia e la giurisprudenza: nella quale fuaddottorato; e fra la gravità degli studii continui, che lo feceroprematuramente vecchio, fra le publiche cure e l'esemplare affetto alla suafamiglia può dirsi ch'egli abbia spesa la vita. E fu la sua veramente vita nonvaga di brighe, né di mondano romore, ma quale si conviene a chiunque amisinceramente gli studii e voglia rendersi non talso sacerdote del bello. Lanatura lo aveva arricchito di tutte le doti che sono richieste al filosofo e alletterato. V. abbraccia coll'acutezza dell'ingegno e con solerte diligenza lafilosofia e la giurisprudenza: nella quale fu addottorato; e fra la gravitàdegli studii continui, che lo fecero prematuramente vecchio, fra le publichecure e l'esemplare affetto alla sua famiglia può dirsi ch'egli abbia spesa lalunga vita. E fu la sua veramente vita non vaga di brighe, né di mondanoromore, ma quale si conviene a chiunque ami sinceramente gli studii e vogliarendersi non talso sacerdote del bello. La natura lo aveva arricchito di tuttele doti che sono richieste al filosofo e al letterato. Forza e acumed'intellet-to, tenace memoria, pronta e fervida fantasia; animo capace disentir alto e soave. Tentata, non intelicemente, la lirica e la drammatica, nontardò a comprendere il grandissimo bisogno che di buoni prosatori, più che dipoeti, aveva l'Italia. E a conseguire il nobilissimo fine stimò necessarii glistudii estetici; ai quali si siede con largo apparecchio di filosofia efilologia, apprendendo altresì con volere fermissimo il greco. Onde compose epubblica quell'opera, che dall'amore del bello non saprei perché intitolasseCallofilia me-glio, che Filocalia. Della quale meritamente egli colse a que'giorni bellissima fama, come di lavoro d'alta natura e di sottiliinvestiga-zioni, chiaramente e ordinatamente esposte e di certa eleganza eamenità di stile vestite. Divide lamateria in tre libri. Parla nel primo del bello naturale; e definito essere labellezza non una verità, ma un sentimento, dimostra che in tutte le età, intutte le condizio-ni, in tutte le sue principali tendenze l'uomo è dominatodalla forza del principio estetico, e prova sempre il bisogno di porre inmovimento le proprie facoltà vitali. Famiglia, patria, religione, aspettinaturali, avvenimenti storici d'ogni maniera, tutto agita, tutto commuove,tutto modifica la sua vita. La storia de popo-li, tanto somigliante alla vitadegl'individui, (poiché questi fanno per giorni ciò che quelli per secoli) nefa certi che la brama di senti-re, di pensare, è in tutte le nazioni operosa eassidua. Ondeché, ristrignendo le osservazioni al bello e alle facoltàsensitive, pone l'autore che il bello naturale consiste nell'at-titudine chehanno gli oggetti componenti la universale natura di esercitareproporzionatamente le facoltà sensitive dell'uomo. Svolge ampiamente esottilmente le conseguenze che se ne traggono; e, detto della differenza tra ilvero, il bello e il buono, dimostra come l'accoppiamento del vario coll'uno siail necessario generatore della bellezza. E poiché primo bisogno dell'animanostra è, che sieno le facoltà convenientemente esercitate, ed è proprio edessenziale uffizio della bellezza il soddisfare a questo bisogno, per quantospetta alle facoltà sensitive, il Venanzio stabilisce i principii, secondo chesi può conoscere quali tra le passioni abbiano veracemente in sé il pregiodella morale bellezza, e in qual grado e per quali motivi. Di che si famanifesto che la morale bellezza, la quale è l'esemplare della vita e la regolade' costumi, non è un ente speculativo dipendente dai pensamenti e dai capriccidegli uomini, talora dagli errori oscurato, spesso alterato e contraffatto da'bisogni, dalle vicende, da ogni maniera di malvagità; ma un ente che per le sueispirazioni può dirsi reale ed effettivo, reggentesi sul fondamento posto dallanatura e dettante le leggi sue con una voce, ch'è una in tutti. Per la qualcosa, essendo la bellezza morale riproduzione della naturale, ne segue che lestesse norme e condizioni attribuite all'una sieno da attribuire ancheall'altra; onde primieramen-te e solamente la vista e l'udito sono organi dellamorale bellezza; della cui molteplice e ordinata varietà d'aspetti egregiamentediscorre V., e ne addita la scala, che una serie di gradi progressivid'efficacia e di forza compone. E così procedendo a faticosa e ingegnosaanalisi pon fine al secondo libro.Materia al terzo è il bello artificiale; obietto precipuo dell'opera.Quando in un uomo perfettamente costituito la bellezza genera le sueimpressioni, havvi un punto, in cui la sensazione si trasforma in imagine; eper l'ettetto simultaneo della della imagine sorgono nell'anima gl'impul-sicreatori e le determinazioni della volontà.Ivi è l'origine della poesia, ch'è nel suo più ampio concetto lacommozione dell'animo eccitato dalla bellezza a operare. Tutte le operedell'uomo, nate dalle ispirazioni della bellezza, costituiscono vera e schiettapoesia; ma come non tutte le azioni della vita hanno in sé l'impronta dellabellezza, così alcune sono di lor natura poetiche, e altre non sono. Senza che, varie son le maniere di presentarele inspirazioni del bello; o cercando nelle forze fisiche e morali, commosse asplendidi impeti, la via di palesare con fatti la propria commozione; o, inluogo di fatti, figurando un sentimento vero con mezzi che non son veri. Di qual'origine della imitazione; la quale viene l'autore mirabilmente considerandoin tutte le possibili relazioni e in tutte le varietà de fenomeni ch'ellapresenta; né meno maestrevolmente esamina quella parte della poesia, che nellaimitazione è riposta, distinguendo in essa il concetto, la composizione e laesecuzione. Molto poi sottilmente ragiona del bello ideale, che tanto elungamente diede a pensare e discutere. E vinti tutti i sofismi, egli ammettel'esistenza di questo bello idea-le, che molti pur negano, e n'espone gliufficii e ne dimostra i caratteri con assai giuste ragioni ed esempiiautorevoli. Né con minore importanza tralascia di parlare della esecuzione,punto in cui nascono e si partono le arti imitative, onde l'ingegno rendemanifesti e sensibili i suoi proprii concepimenti. E, o imiti l'artista ilbello naturale per mezzo delle arti del disegno, o il bello morale per quelledell'armonia, si troveranno spesso amendue queste parti rannodate fra lorodall'espressio-ne; santissimo vincolo della bellezza naturale colla bellezzamorale. Appartiene finalmente all'estetica e alla retorica, non meno che allepratiche istituzioni additar l'uso de' mezzi materiali, particolari aciascun'arte; e insegnare le forme, le figure, i modi acconci ad efficacementee nobilmente rappresentare il concetto. In fine conchiude, non essere il belloargomento di diletto e di piacevoli in-vestigazioni, ma motore principalissimodella natura morale, dalla quale e impulso e norma e qualità e misura ricevonole passioni; doversi e per importanza e per dignità agguagliare alla logica;perocché l'una mira a bene indirizzare la mente; l'altra educa il cuore; questasegue il lume della verità: quella, della bellez-za; potere insomma e l'etica ela metafisica e il diritto in generale e l'economia trarre grandissima utilitàdall'amore della bellezza.Carrer. Pietose esequie per lui si celebrarono nellaBasilica di S. Marco, e il dolore apparve su tutti i volti, qual era in tutti icuori, solenne e profondo; ed il municipio di Venezia gli decreta sepolturapropria ed iscrizione monumentale nel comunale cimiterio. Così quella fecondavita innanzi tempo si spense e la gloria dell'estinto ormai più non dura chenella memoria delle sue virtù e nella splendida bellezza delle sue opere.Sventura acerbissima! che priva la patria di un cospicuo decoro e tolse allaitaliana filosofia di cogliere il pieno frutto dei nobili studj di un tanto filosofo,ed a questo di godere più a lungo, dopo i sofferti infortunj, il meritatoriposo e e ben conseguite ricompense. -- Dal Comentario della vita e delleopere di Carrer, in Carrer, Poesie (Le Monnier, Firenze). Sulla eccellenza deiprosatori. Chiunque alle prime origini ed alle rarie vicende della italiana filosofiavolga la mente, scorgerà dì leggieri, che ogni epoca di essa è renduta dallealtre singolare da pregi non solo segnalati in se stessi, ma eziandio aiprogressi della letteratura medesima in partìcolar modo accomodati; cosicché,mentre le altre nazioni la maggior loro gloria in un solo secolo ripongono, la nostrapuò a giusto diritto di molti egualmente vantarsi. Amore ardentissimo dipatria, zelo di libertà e quel senso squisito del bello che alla prima auroradella civiltà corse a risvegliare gli animi per lungo sonno inoperosi, mosseroi nostri padri del trecento a fondare la lingua e la letteratura italiana; etanta fu la fiamma allora accesa nei petti sdegnosi dell'antica barbarie, chesursero ad un tratto quei miracoli di sapere e d'ingegno, Dante, Petrarca, eBoccaccio; ai quali tenne dietro la onorata comitiva dei Villani, dei Cavalca,dei Passavanti, dei Compagni, e di parecchi illustri Volgarizzatori, dalle cuiscritture la purissima vena discorre dell'italiano favellare. E nella eccelsa carriera, dappertutto, edalla testa di tutti si mostra GALILEI; spirito che più che a decoro della suapatria e del suo secolo parve nato a lume ed a stupore dell'universo. Ch'eglipensò e previdde come Bacone, ma con alacrità inoltrossi pel sentiero chequegli aveva soltanto additato; dubitò come Cartesio, ma alle opinioni rivocatein dubbio non sostituì come quello vane chimere e sognate ipotesi; osservò escoprì come Newton; ma la progressione dei tempi riservò al filosofo inglese ilvanto di dare il suo nome al grande sistema per cui l'italiano aveva in granparte approntato i materiali. Imperciocchè dopo avere in terra stabilite leleggi della caduta dei gravi, delle velocità, delle resistenze, delle percosse,e dopo aver per così dire valutati i corpi in numero, peso e misura, collapupilla armata del telescopio da lui forse inventato e certamente perfezionatospeculò arditamente nel cielo, ed ivi con invitta forza stabilì l'impero delsole ed il nostro mondo gli rese soggetto, vide valli e monti nella luna, videdi nuove stelle risplendere il firmamento, e Giove che prima per solitaria viamoveva deserto fornì d'astri seguaci, ed il vaghissimo volto di Venere aseconda dei tempi e delle vicende fece che in vari aspetti ai cupid'occhi simostrasse: felice! chè le opere ed i trovati mostrarono quanto in lui vi fossedi divino, le sole sventure quanto di mortale. Il Dizionario della Crusca è ilsolo da cui e precettori e discepoli trar possano norme e soccorsi, serbiamocon ogni cura intatta la fede e la dignità di questo libro reverendo; e nonferiamone l'autorità coll'arme del ridicolo. Gli alti pensieri, lo stileacconcio e severo e le scelte ed accresciute parole costituiscono le qualitàdistintive delle prose dei buoni scrittori del seicento; per le quali la linguaitaliana giunse in quel secolo ad un vigore e ad un nerbo, che fra le splendidepompe e le floride eleganze del secolo antecedente non aveva forse saputoacquistare. A niuno inferiore e superiore a molti è Redi, e sia che il proprioanimo manifesti nella epistolare corrispondenza, sia che della inferma salutede' suoi ammalati discorra, sia ch'espenga le sue gravissime osservazioni allaistoria naturale pertinenti, sia che si applichi ad illustrare la patriafavella ed a risolverne le più sottili questioni, dagli altri di lunga mano sidistingue per la spontanea leggiadria con cui le scritture condisce senzarenderle affettate o leziose, per le grazie ingenue e festive di cui le sparge,pel patrimonio prezioso di schiette e adequate parole di cui le arricchisce,esoprattutto per certi ritorcimenti e per certe giudiziose piegature con cuinuovi significati e vaghezza nuova alle voci radicali sa dare. Girolamo Venanzio, Sulla eccellenza deiprosatori, in Memorie scientifiche e letterarie dell'Ateneo di Treviso, Andreola,Treviso. Girolamo Venanzio Venanzio. Keywords: filocallia, callofilo, il bello,l’estetica. Refs.: The H. P. Grice Papers, Bancroft, MS – Luigi Speranza,“Grice e Venanzio” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Vera: la ragioneconversazionale dell’idealismo italiano – filosofia italiana – Luigi Speranza (Amelia). EssentialItalian philosopher. Senatore delRegno d'Italia. Filosofo italiano. Grice: “One of my own favouriteunpublications is “Absolutes,” which took its inspiration from a little tractby Vera which was especially influential on Flaubert, “Il problemadell’assoluto.” Strawson remarked: “it was a boojum, you see!” Senatore delRegno d'Italia. Compe i suoi studi alla Sapienza di Roma,terminandoli alla Sorbona di Parigi. Mostra subito un immenso talento perl'insegnamento, caratterizzato da lucidità di esposizione e genuino spiritofilosofico, reggendo svariate cattedre in città importanti della Francia edella Svizzera.Il colpo di stato di Napoleone III lo costrinse arifugiarsi in Inghilterra a causa delle sue idee eterodosse. Qui intraprese lastesura in francese dell’“Introduzione alla filosofia” di Hegel.Torna inItalia, riuscendo a diventare il più geniale e originale comunicatore dellafilosofia di Hegel, insegnando storia della filosofia dapprima all'accademia diMilano, e poi, su invito di SANCTIS (vedi), a Napoli. Continua a intrattenerescambi fecondi con la Società filosofica di Berlino e con gl’ambienti hegelianitedeschi e francesi. Divenne socio nazionale dell'accademia dei lincei. Esuo fedelissimo allievo MARIANO. E durante i suoi studi con Cousin aParigi che V. arriva a conoscere la filosofia, risentendo fortementedell'hegelismo allora in voga, di cui divenne in Italia promotore indiscusso.Sideve infatti a V. il risveglio in Italia dell'interesse per la filosofiaidealista ed hegeliana in particolare, anche se egli godette di maggior fortunaall'estero, mentre ha un influsso molto minore in patria rispetto a quelloesercitato ad esempio dai lavori di SPAVENTA. A differenza di SPAVENTA, infatti,che reinterpreta la filosofia di Hegel in chiave critica, V. si mantennesostanzialmente fedele al dettato ortodosso della dottrina. Nei suoi saggi,che esaltano la capacità di Hegel nel collegare ogni aspetto della realtà in unsistema organico, prevale l'attenzione per il problema religioso. V. interpretal'idea logica hegeliana in senso trascendente, come il concetto del divino venendoper questo accostato in certa misura alla destra hegeliana in Germania, sebbeneuna tale lettura possa apparire una forzatura. Centrale è il primatodell'idea, che si articola nella storia come organismo spirituale, e perattingere la quale occorre trascendere la natura. L'idea esiste bensì anchenelle piante e neg’animali, ma in maniera incosciente, e nel’imperatore diPrussia in maniera consciente. Solo nell'essere umano – la persona -- essagiunge a pensarsi come idea, divenendo in tal modo storia, e rendendo possibileanche il progresso delle entità collettive di personi che sussistono come una nazione.Finchéuna nazione vive nella sfera del suo essere sensibile e animale, essa non simuove. Essa ripete ogni giorno la stessa vita e gli stessi eventi. Essa provasempre gli stessi bisogni. Che se non fosse possibile trascendere questa sfera,la storia stessa non sarebbe possibile. Queste poche considerazioni ci spingonoadunque a riconoscere con più pieno convincimento che solo l'idea o l'assolutoè il motore della nazione italiana e dell'umanità, ovvero il principiodeterminante della storia” -- “Introduzione alla filosofia della storia” (Monnier,Firenze). La sua “Introduzione alla filosofia di Hegel” influenza Flaubertnella stesura di Bouvard e Pécuchet. In Italia invece è statodeterminante per aver stimolato, insieme a SPAVENTA, la nascita dell'idealismocon CROCE e GENTILE.Il suo saggio filosofico più famoso è “Il problemadell'assoluto.” Si dedica anche a tematiche giuridiche e politiche su Cavourcon Libera Chiesa in libero Stato, in cui attribuie il ritardo del processo dirinnovamento liberale in Italia alla mancanza, durante il suo rinascimento, diuna riforma luterana come quella d'oltralpe.Tesi in latino: “Platonis,Aristotelis et Hegelii: de medio termino doctrina. Quaestio philosophica”. Saggi:“Amore e filosofia: orazione inaugurale nel solenne riaprimento dell'accademia(Milano); “La pena di morte” (Napoli); “Prolusioni alla storia della filosofiae alla filosofia della storia” (Napoli); “Ricerche sulla scienza speculativa esperimentale” (Napoli); “La filosofia della storia” (Firenze); “Cavour e liberaChiesa in libero Stato” (Napoli); “Problema dell'assoluto” (Napoli); “Platone el'immortalità dell'anima” (Napoli); “Saggi filosofici” (Napoli). Cavalieredell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro nastrino per uniforme ordinaria. Cavalieredell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Enciclopedia Italiana. V., su treccani.La Civiltà cattolica, Firenze, libraio L. Manuelli. Sträter osserva inproposito che V. sembra la degna riproduzione italo-francese di quel tipo a cuiin Germania usiamo dare il nome di hegeliani o anche di ortodossi di strettaosservanz -- cit. in Tortora, Le filosofie italiane, de "Le filosofie contemporanee",Università degli Studi Federico II di Napoli. La rinascita hegeliana a Napoli,su eleaml. altervista.o. Lezioni di V.,raccolte e pubblicate con l'approvazione dell'autore da Mariano, Monnier, Firenze,Revue Flaubert, L'escatologia pitagorica nella tradizione occidentale, su rito simbolico.Cotroneo, Filosofia e storiografia, Rubbettino, Mariano, Introduzione allafilosofia della storia. Lezioni di V. raccolte e pubblicate con l'approvazionedell'autore da Mariano (Firenze, Monnier). Gentile, V. e l'ortodossismohegeliano, in Le origini della filosofia contemporanea in Italia, Messina, Enciclopedia Italiana, Roma,Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani, PLEBE, Spaventa e Vera, Torino, Edizionidi Filosofia, Oldrini, “Gli hegeliani di Napoli. V. e la corrente ortodossa” (Milano,Feltrinelli); Cricelli, V. e la filosofia hegeliana, Il Testo. Treccani Enciclopedie,Istituto dell'Enciclopedia Italiana. V.,Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. V., Senatorid'Italia, Senato della Repubblica. Vita e opere di V., su malerba. Introduzionealla filosofia della storia. Lezioni di V. raccolte e pubblicate conl'approvazione dell'autore da Mariano (Firenze Monnier). Gatti, per farmeglio conoscere ai lettori della sua Rivista napoletana Augusto Vera, ilpensatore illustre che insegnava già da due anni nell'Università di Napoli, manon pare godesse la riputa-zione e la simpatia di altri professori aderentialla stessa scuola filosofica e assai men noti fuori d'Italia, pubblicava dueinediti frammenti di filosofia hegeliana del Vera: e si accingeva quindia voltare in italiano e a divulgare in elegante opuscolo una discussionedell'empirismo inglese, dall'autore già pubblicata a Londra nel 1856 %.Gli pareva che le questioni toccatevi fossero cosi fondamentali e riguardasserocosi da vicino l'essenza stessa del sapere filosofico da poter giovareall'Italia non meno che all'Inghilterra, aiutando gli studi nostri adorientarsi verso un concetto esatto della filosofia come scienza dell'assoluto,da conseguire con un metodo adeguato al suo oggetto, ossia parimenti assoluto:che era la tesi propugnata dal Vera dal punto di vista dello hegelismo, che è acome a dire l'ultima parola della scienza». Giac-ché la reazione sorta inGermania, in quegli anni, contro questa filosofia, era, agli occhi del nostroGatti, fallita, non essendo riuscita ad opporre allo hegelismo e un altrosistema della medesima comprensione, il quale abbia potuto come quelloimpadronirsi di tutto il sapere e penetrarne tutte le parti». E intanto ilGatti vedeva che non c'era campo di studi che il pensiero hegeliano non avessefecondato, « e le scienze naturali e le filologiche e le istoriche son tutte pienedel suo spirito. Prova indu-bitata che quel sistema rappresenta la generalmaniera di pensare e le esigenze del pensiero contemporaneo e che ha le sueradici, come ogni altra filosofia le ha avute, nelle intime condizioni dellospirito stesso del secolo», Le proteste individuali erano state sopraffattedall'energia del pensiero; e lo spirito della filosofia combattuta aveva, senzache essi lo sapessero, soggiogato i suoi stessi avver-sari, « riducendoli,quasi direi, a muoversi nella sua atmo-sfera, a respirarne l'aria, a guardareattraverso di essa le cose e i fatti e le loro relazioni e trasformazioni». Questa filosofia con sforzi perseveranti e con ricchezza non comune disapere il Vera s'era studiato di diffondere, di renderla accessibile al maggiornumero in Francia, «d' inocularla colle sue genuine fattezze in Italia » ed'ini-ziarvi anche l'Inghilterra. Di questa vasta filosofia il Gatti nonconosceva « né più intero interprete, né più ardente propagatore, né più liberoe insieme più fedel seguace; e ne tesseva l'elogio con evidente intenzione dicontrapporlo a un altro interprete della stessa filosofia, che insegnava alloranella Università di Napoli accanto al Vera, e che molti pel rigore e laprofondità del pensiero come pel libero atteggiamento verso l'autore delsistema propendevano a mettere al di sopra del Vera. « Con una conoscenzaprofonda del sistema che ha accettato, con una persuasione intima che fuori diquello non sia salvezza per la filosofia, il Vera è lontano da quellapedan-teria che fa consistere la profondità o la sostanza di un sistema incerte astruserie di formole, le quali spesso perdono il significato passando diuna lingua in un'altra. Né meno è lontano da quella affettazione d'indipendenza per la quale i discepoli più pedissequi si credono taloraambiziosamente obbligati a cercare un punto in cui si possano mostrare indisaccordo col maestro». Dove par di udire l'eco di certi giudizi privati dellostesso Vera, che, come vedremo, fu di proposito e per forza il più ortodosso deglihegeliani. Non v'ha dubbio d'altronde che egli, in perfetto accordo col Gatti,fosse convinto che la sua perfetta ortodossia non stesse per nulla a scapitodella sua originalità: « Francamente e compiutamente hegeliano ha invece tuttaquell'aria di originalità che viene dall'intera padronanza di una dottrinadivenuta propria x 1. 2. — Pure questo franco e compiuto hegeliano,questo geniale e originale espositore di Hegel in un paese cosi ben preparato aricevere un insegnamento di filosofia hegeliana, come forse nessun altro inEuropa, insegnò a Napoli per circa un quarto di secolo senza quasi lasciarvitraccia della sua opera. E il suo nome, se vivo ancora in Francia e altrovecome quello del traduttore francese dell' Enciclopedia e di parte della Filosofiadella religione di Hegel, è presso che dimenticato in Italia, dove Hegel ora sipuò leggere in traduzioni italiane migliori e s'è spenta la fievole eco de suoiscritti. Il discepolo, l'unico discepolo del Vera, fu Raffaele Mariano che, afuria di dilucidare in prolisse elucubrazioni quei profondi concetti che glipareva d'aver imparato a intendere alla scuoladel suo maestro, fini col nonraccapezzarne più nulla 1. E anche lui non mancò mai di fare le protestedel Gatti intorno all'originalità del maestro, sciogliendole bensi nel suostile lungo e nella sua più libera logica. La mente dell' Hegel, disse egli,una volta, tessendo l'elogio del Vera, «appunto per la novità, e ancorapiù per la vastità sintetica ed organica, era apparsa pressoché impene-trabile.Non solo fuori della Germania, ma quivi stesso la forma astrusa ed inviluppataaveva fatto intoppo agli stessi discepoli immediati di lui, i quali inmolti, e forse nei punti più essenziali, non giunsero ad affer-rarla». Ma quelche non giunsero ad afferrare gli scolari immediati, l'afferrò,miracolosamente, il Vera, che mai non vide l' Hegel; e con sapienteaccorgimento poté comunicarlo a chiunque poi ne avesse voglia. * A renderlauniversalmente accessibile e intelligibile, era necessario spezzarne il rigidoinvolucro formalistico, schiuderne e rivelarne lo spirito e le intime erecondite potenze. E tale è lo scopo a cui il Vera ha mirato». Egli nonriprodusse, non ripeté le cose da colui insegnate; ma vi aggiunse laspontaneità ed originalità del proprio pensiero ». Come si possa aggiungerealle cose un'originalità e spontaneità di pensiero, lasciando le cose quellecose che erano, il Mariano naturalmente non può dirci se non ripetendo, allasua volta, la metafora del viluppo formalistico che il Vera spezzò, perassicurarci che « passando attraverso la mente di lui, l' Hegel esce rifatto,rinnovato, compiuto; non è più l'Hegel, che, nel primo intuire e manifestare isuoi nuovi e profondi concetti rimane incompreso e riesce in molta parte incomprensibile;ma è l' Hegel che, a dir così, s'è ripiegato sopra di sé, è ritornatosuiconcetti suoi, e, pel ripetuto lavorio riflessivo e cogita-tivo, vi haacquistato consapevolezza perspicua e piena ». L'originalità non consiste« nell'avere e nel propalare una dottrina di nostro capo». La dottrina del Veraè quella di Hegel: tal quale. Ma l'essenziale dell'originalità consiste, agiudizio del Mariano, nel contribuire a mantener viva, svolgendola edallargandola, la tradizione filosofica (anzi «la continuità» di questatradizione): consiste nel concorrere « a spingere, a condurre il pensieroe la ragione ad una più intima, ad una più consapevole comprensione di sé edell'universo». O che volete che il Vera inventasse? L'invenzione non è affardella filosofia (ciò che proverebbe troppo, perché bisognerebbe allora indurneo che Hegel non ha trovato nulla di nuovo, o che quel che ha trovato, non hache fare con la filosofia). « Più dell'escogitare e porre nuovequestioni, vale a gran pezza il dare alle antiche questioni soluzioni soluzionipiù adeguate, più determinate e concrete che penetrino più addentro nellanatura di quelle»* In- somma, il Vera fu più originale di Hegel! 3.- Ma se l'originalità è stata per solito messa in dubbio, la fedeltà, invece,agl' insegnamenti dell' Hegel, la schiettezza e rigorosità dell' hegelismo dalui professato sono state sempre riconosciute universalmente; e perfinohegeliani tedeschi come il Rosenkranz lo proclamarono tra i più autorevoli efelici interpreti della dottrinaOnde spesso nei paesi di lingua latina èaccaduto che detti e modi del Vera passassero per detti e modi di Hegel, e chei più trovassero comodo di cercare l'immagine del filosofo tedesco nelsuo traduttore e manipolatore italo-francese, fattosi l'apostolo ispirato e ilprivilegiato maestro del suo verbot. Hegel e Vera furono per molti anni duenomi inseparabili. Lo stesso Vera, rinato nello spirito hegeliano, non serbòquasi più nessuna memoria della sua vita precedente e dovette finire colpersuadersi di non essere mai stato altro che illuminato da quella su-perioreluce, che fu per lui l'hegelismo. Non pare che il suo scolaro e intimo amico,che se ne fece biografo, cono- scesse direttamente i primi scritti dilui; né si può spie-gare se non come un'eco di conversazioni dello stesso Veraquel che racconta dell'esame pel dottorato sostenuto dal Vera alla Sorbona:dove gia egli si sarebbe presentato, nel 1845, paladinodell'idealismo assoluto. Fu questo il momento, racconta il Mariano, incui gli screzi già latenti tra lui e il Cousin si fecero mani-festi. L'appoggioda costui prestatogli non era valso a far velo alla mente del Vera. Le dottrinee un po' anche il carattere, tutt'altro che schietto e sincero, dell'uomogli avevano ispirato sin dal principio forte ripugnanza. Ora che nellafilosofia di Hegel s'era addentrato e ne aveva misurato davvero l'intimo eprofondo valore,gli faceva sopra tutto nausea la guerra sleale da coluimossale, dopo averla sfruttata». Guerra che avrebbe fatto tremare un candidatomeno del Vera coraggiosamente risoluto a scendere in campo per le proprieidee. Questi invece, irremovibile nelle sue convinzioni, deciso adaffermate a viso aperto, facendo tacere considerazioni e rispetti umani emondani, quella che egli reputava la verità, non esitò un istante a presentaredue tesi pel dottorato, il Problème de la certitude e il Pla-tonis, Aristoteliset Hegeli de medio termino doctrina, delle quali il Cousin non voleva affattosentir parlare.. Fortuna che, se il Cousin fu fieramente avverso(argo-mentando, ci assicura il Mariano, contro quelle tesi a in modo pocodegno, nonché per un filosofo, ma per un uomo serio*), tutti gli altri membridella commissione furono unanimi nel dire che « da un pezzo alla Sorbona nons'era avuto un esame si splendido»; e uno di essi, il Saint-Marc-Girardin, «discutendo sull'essere e non essere, fece una specie di professione di fedehegeliana i con grande sorpresa del Saisset che lo sapeva solito ad andare amessa tutte le domeniche. Ma il Mariano lascia credere che dopo quell'esame sisarebbe voltata in Francia pel Vera la ruota della Fortuna, che vi avevapercorso piuttosto rapidamente la carriera dell'insegnamento. Sicché ilfilosofo italiano avrebbe incominciato fin d'al-lora, a proprie spese, il suoapostolato, durato fin presso alla morte, incoltagli nella solitudine enell'abbandono, a Napoli, in mezzo alla quasi indifferenza d'una nazioneincapace d'apprezzare l'alto valore scientifico e morale della dottrina edell'uomo che se n'era fatto campione.imparare da giovinetto l'inglese.Compiuti gli studi letterari nei seminari di Amelia, Spello, Todi, era passatoa studiar leggi nella Università di Roma; ma non pare venisse a capo di nulla.E nell'inverno 1835 cedé agl' inviti d'un suo parente, archeologo e antiquario,che dimorava in Francia; e si recò a Parigi. Dove conobbe alcuni scrittoriillustri; frequentò la Sorbona; e il 1837 poté ottenere il posto d'insegnantedi latino e letteratura francese nell'Istituto di Hofwyl, presso Berna, direttodal Fellenberg, discepolo del Pestalozzi. Vi rimase un anno, e vi studio iltedesco e la filosofia germanica, specialmente Kant; ma alla fine di quell'annogli convenne dimettersi a causa delle sue opinioni religiose non cosirigidamente cristiane come le avrebbe volute il direttore dell'Istituto,quantunque il Vera allora riconoscesse la divinità di Cristo. Passò in un altroistituto, a Champel, vicino a Ginevra 1; e vi comincio a insegnareanchefilosofia. A Champel un suo collega hegeliano l'introdusse nella conoscenzadella filosofia di Hegel. Ma nel 1839 era tornato a Parigi, dove ilCousin cono-sciutolo e avuto con lui un colloquio intorno alle condizioni deglistudi filosofici, gli avrebbe chiesto: Voules-vous vous enrôler sous mabannière? E di li a pochi giorni gli avrebbe recato a casa egli stesso ildiploma (Io settembre 1839) di professore di filosofia nel collegio comunale diMont-de-Marsan, L'anno dopo il Cousin, ministro dell'istruzione, lo promoveva aTolone. Donde il Vera, che intanto s'era fornito dei necessari gradiaccademici, era nel 43 trasferito a Lilla. Di qui nel novembre 1845 a Limoges:dove rimase fin al 48, quando per un anno suppli il Franck in un liceo diParigi. Da Limoges nell'aprile 49 passò a Rouen, e quindi nel settembre 1850 aStrasburgo. Che fu l'ultima tappa del suo insegnamento in Francia. Dopo ilcolpo di Stato, non si sa perché, lasciò questa sua seconda patria; e si recòin Inghilterra. Dove sperò da principio di ottenere una cattedra filosoficanell'Università di Londra; ma dovette contentarsi di vivere de' magri proventidi conferenze private e lavori letterari. Alla fine del 1859 torno in Italia, enel gennaio del 1860 il Mamiani lo nominava alla cattedra di Storia dellafilosofia nell'Accademia scientifico-letteraria di Mi- lano; donde il 24ottobre dell'anno successivo il ministro De Sanctis lo tramutava, insiemecon Bertrando Spa-venta, all' Università di Napoli. E qui rimase tutto il restodella vita; e mori il 13 luglio 1885.5. - Quandera a Tolone nel maggio 1843,secondo il Mariano, egli avrebbe pubblicato nella Revue du Lyon- nais «ilsuo primo scritto filosofico»: Philosophie alle-mande: Doctrine de Hégel, chedovette essere un breve articolo informativo. " Rapido schizzo», e'informa lo stesso Mariano, « della filosofia germanica da Kant ad Hegel»: e continua: Certo, come primo scritto, si risente dell' insufficienzadegli studi. Il pensiero non vi è per anco profondo né appieno sicuro e maturo:pure, er ungue leonem: ci è uno sguardo a dir cosi fatidico sulla secondamaniera della filosofia di Schelling, che allora insegnava a Berlino. Quel cheessa propriamente fosse, il Vera non mostra saperlo in modo chiaro e preciso;e, nondimeno, in una nota osserva che non potrebbe aggiungere nulla di nuovo alpensiero filosofico tedesco, il quale con Hegel aveva toccato al più alto puntodi svolgimento, e che con le sue nuove speculazioni lo Schelling. lungidi accrescersi gloria, se la sarebbe diminuita 1 Checché ne sia diquesto scritto (che io non ho potuto vedere), a leggere il giudizio che delsistema di Hegel il Vera faceva anche due anni dopo, si stenta a credere chequesto sistema potesse nel '43 esser detto da lui il più alto punto disvolgimento della speculazione germa-nica. Certo, non fu quello il primoscritto di carattere filosofico pubblicato dal Vera. Nel Museo scientifico,letterario ed artistico, che si pubblicava a Torino sotto la direzione delpoeta estemporaneo Luigi Cicconi (che il Vera conobbe in Francia e fu da luipresentato a Mme Louise Colet, presso la quale ebbe frequente occasioned'incontrarsi col Cousin) 3, egli aveva già inserito il 16 febbraio 1839 unarticolo sulla Filosofia della storiadel Ballanche, annunziando il proposito di« scrivere alcun cenno sui più famosi sistemi che governano il movimento delleidee de tempi nostri, in Francia e in Ale-magna, al fine di « spargere inItalia alcun soffio della vita intellettuale che si vive», egli diceva, al diqua de' monti». Egli avrebbe fatto soltanto la parte dell'espo-sitore, lasciandoal lettore quella del critico e riserbandosi intatta la propria opinione. Manon cela le sue idee a tal punto da non lasciare scorgere che il Ballanche, chefu uno dei primi scrittori francesi che egli personalmente conobbe e coi qualistrinse relazioni amichevoli, un forte influsso aveva esercitato sulla suamente giovanile, Per spiegare infatti il vivo interesse cosi largamente diffusonel periodo della restaurazione per gli studi di filosofia della storia, ilVera rappresenta coi colori proprii dei tradizionalisti cattolici del tempo ilsenso di sgomento onde fu presa la società in seguito all'opera demolitricedelle dottrine del sec. XVIII. Le quali avevano distrutto, anche secondo ilgiovane scrittore umbro, « l'edificio sociale, senza poterlo ristorare. eabbandonata «l'umanità come perduta in una vasta solitudine senzareligione, senza costumi, senza leggi ». Il turbine della rivoluzione,dopo aver solcato il suolo di Francia e dell'Europa, dopo aver scosso escompaginato i troni e gli altari, e offerto dappertutto olocausti di sangueumano colpevole e innocente, andava a spegnersi sulle spiaggie lontane edeserte dell'Africa. La ragione gemette allora sui suoi travia-menti, gittò unosguardo pieno d'ansia e di dolore sul passato e sul terribile avvenire, e nonvide ovunque che ruite, nazioniin aspro travaglio, credenze affievolite ospente, l'uomo avvolto nel fango del senso, dimentico di sé, di Dio e dell'altofine a cui è creato. Ma in mezzo a questo trambusto d'opinioni.... vi furonodegli uomini generosi e santi, che custodirono puro ed intatto il sacrodeposito della verità e della scienza, e lo condussero a salvamento a traversogli incendi e le ruine, e lo mostrarono qual segno di salute all' Europaattonita e sfiduciata. Si nobile officio adempirono l'illustre autore del Geniodel Cristianesimo, il conte De Maistre, De Bonald e Ballanche. Dopo laRivoluzione, la società dovette pensare al proprio avvenire per rialzare quantoera stato demolito; e per questo bisogno sarebbe sorta questa profondariflessione di tanti pensatori sull'andamento delle cose umane e sulle leggiche governano il corso della storia. *Noi rigettiamo a tutta possa ledottrine del XVIII se-colo, e gli effetti che ne sono derivati. Saremmo peròingiusti e irragionevoli se ricusassimo loro il beneficio di aver risvegliatouna novella energia nella società ». Anche nel 1839 dunque dopo la primaconoscenza dell' hege-lismo fatta già in Svizzera, egli era dominato dallospirito tradizionalista e aspirava anche lui alla ristaurazione nellareligione; e se inneggiava alla novella energia della ragione risvegliatasi inFrancia e in Germania, (e doveva ignorare quel che intanto, più profondamente,aveva fatto in Italia il Rosmini, e già s'apprestava a fare con maggior forzail Gioberti), questa energia non gli appariva ancora nella forma più possentedell'idealismo assoluto; quantunque gli studi che in quel torno continuavasugli scrittori tedeschi gli facessero intravvedere di là dal Reno una granluce nuova. Caratteristico, sotto questo riguardo, l'esordio di unarticolo su Koerner pubblicato nello stesso giornale, nell'aprile dell'annodopo. In esso, ricordata la Germania di Tacito, scritta con la speranza che alparagone i concittadini avrebbero provato onta della propria degradazione e sisarebbero indotti a ristorare le vecchie e cadenti istituzioni della patria,protestava:Io non ho né la forte penna, né l'autorità dell'austero patrizio diRoma, ma ho ugual affetto pel mio paese, ugual sentimento della grandezza edignità dell'uomo, e mi stimerei ben fortunato se questi scritti invogliasseroi miei concittadini a comprendere e studiar il movimento della scienza eletteratura tedesca. Allorché Tacito scrivea, era ben lungi dal prevedereciò che segui. Il settentrione fece irruzione sul mezzodi, e il giovinsangue germano scese a rinvigorire le razze vecchie e spossate degl'itali. Ora l'umanità è più ricca d'esperienza e di previsione; e chi puòe sa esaminare lo stato della società e della scienza, vede chiaramente che avvenimentianaloghi si preparano; ma ora i popoli non si rinnovellano per dir cosifisicamente, per mezzo d'emigrazione e di grandi catastrofi, ma spiritualmente.per virtù e commercio delle idee e della scienza. E questa si e una delle piùgrandi, e forse la più gran differenza tra il vecchio e il nuovo mondo.Idea non mantenuta poi interamente, dopo che ebbe meglio conosciuto Hegel; mache già era attinta a quella stessa corrente del romanticismo tedesco, da cuiera sorto il pensiero hegeliano, e che, meglio determinata più tardi inconformità delle opinioni espresse da Hegel, segnatamente nella Filosofia dellastoria, resterà uno degli articoli più saldi del credo del Vera. 6. - Gliarticoli, che tra il 40 e il '45 dovette venite scrivendo in vari giornali, dalui stesso poi dimenticati (o rifiutati), ci aiuterebbero forse a illuminarequesto periodo di formazione della sua mente, e a determinare quindi meglio ilcarattere del suo posteriore sviluppo. Ma siamo costretti a saltare allatesi francese e alla tesi latina del 45, che lo stesso Vera citò sempre nellesue opere degli anni più tardi come contenenti dottrine hege-liane; e inveceserbano alla nostra curiosità la inaspet-tata scoperta di un Vera (del piùvecchio Vera, non destinato presumibilmente a sparire del tutto nel nuovo !)antihegeliano. Vera antihegeliano! Si direbbe una contradictio inadiecto. Eppure in questi due scritti il Vera non solo combatte Hegel, dandoglibattaglia sul terreno stesso della sua logica, e come nella piazza forte dellasua dot-trina; ma si inspira a tutta una concezione recisamente avversa allospirito hegeliano. Ci sia permesso di studiare con qualche curaquesto Vera antihegeliano, nella speranza che la conoscenza di esso cigiovi ad intendere meglio il Vera di dopo, e fors'anco a darci la soluzione diquel problema storico, in cui ci siamo di sopra incontrati: di un cosi poderosohegeliano, che per molti anni insegnò e scrisse liberamente con l'autorità diun ufficio universalmente tenuto in grande estimazione e reverenza, e in unpaese già pregno di spirito hegeliano, senza lasciar quasi nessunatraccia dell'opera propria. 7. - Sedici pagine della tesi francese 1contengono una rapida esposizione e una critica dei principii fondamentalidella logica hegeliana; ma delle sedici, l'esposizione ne ha sole quattro. Dovesi dice che, secondo Hegel, l'essere e la conoscenza, l'esistenza e la veritàfanno uno: sono due forme d'una stessa unità, percorrono gli stessi gradi, sisviluppano e finiscono simultaneamente. L'essenza delle cose è la ragione, e laragione è il pensiero puro, perché il pensiero non ha altro oggetto che sestesso, cioè la nozione o l'idea. Porre con un processo d'analisi ciò che èessenzialmente contenuto nell'idea, sviluppare L'idea sotto tutte le sueforme, seguirla e, per cosi dire,ritrovarla ne' diversi gradi dell'esistenza,questo il compito della filosofia. Ed ecco spuntare un' interpretazione dellohegelismo, che si può certamente difendere sotto il riguardo storico, ma chepuò anche condurre a una radicale falsificazione del significato storico diquesta filosofia. Giacché altro è dire che l'essere e la conoscenza, il reale el'idea sono uno, altro che siano due forme, due facce di un'unità, tra loroperfettamente parallele. Nel primo caso siamo sulla via dell'idealismoassoluto; e nel secondo siamo nello spinozismo e potremmo finire addiritturanel platonismo accentuando, come fa il Vera, l'organismo dell'idea come unicooggetto della filosofia. L'idea, secondo il Vera, è da prima, nel suo statoastratto e assoluto, separata da ogni esistenza concreta e da ogni oggetto.Come tale si sviluppa in una serie di termini, il cui insieme costituisce lalogica. Questo sviluppo ha luogo in virtù d'un movimento proprio e interno allastessa Idea, prodotto dalla dialettica dell'Idea, ossia da una necessitàinerente a questa, per cui l'Idea si nega e passa nel suo contrario, e annullaquindi l'opposizione in un terzo termine che ci dà l'unità e la conciliazionedei due primi. Con questo processo l'Idea attraversa tutte le forme logichefino all'ultima, che è l'Idea asso-luta: con la quale si compie la logica che è«l' Idea allo stato astratto», ossia: una realtà, una forza infinita, ma unarealtà, una forza che ignora se stessa ». Essa deve realizzare l'idea della suainfinità, deve acquistare la coscienza di sé: deve, per dir cosi, manifestarsia se medesima, ponendo un oggetto alla propria attività .. Evidentemente,qui il Vera concepisce il passaggio dall'Idea alla Natura, o dall'astratto,com'egli dice, all'esi- stenza, come un'aggiunta anzi che come unosviluppo. L'oggetto che l'Idea si dà nella natura, non par che ei loconcepisca come la stessa Idea. E vero, che chiarendo poi l'antinomia di Logicae Natura, dice: «l'Idée, DE-VENUE NATURE, se sépare en quelque sorte d'ellemême»; ma, poco dopo, definisce lo Spirito (il tetzo termine in cui conciliaLogica e Natura) «un idéal où l'Idée a acquis la conscience d'elle même, où,APRÈS AVOIR, pour ainsi dire, FAÇONNÉ SON OBJET el s'être retrouvée en lui,elle rentre dans son absolue antén. Ma, e questo è più notevole, pelVera, lo Spirito, come mediatore dell'Idea logica e della Natura, non è,logi-camente, dopo la Natura; bensi nella stessa Natura, quantunque non vi sipossa realizzare. V' è dentro, ed esso (come finalità) la muove da dentro. Ondela triade vien capovolta. Non è la dialettica dell'Idea che crea il mondo. Ladialettica dell'Idea hegeliana, al pari della pigra dialettica delle ideeplatoniche, non genera nulla, non vive, non si muove. « L'Idée ne devient pas,à pro-prement parler; car elle est éternelle et infinie.. E lo Spirito farebbeproprio le parti del demiurgo del Timeo. * Son oeurre consiste à fairedescendre l'Idée dans la Nature, et puis à vamener la Nature à l'Idée par unacte pur et simple de la pensée». E cosi col divenire dello Spirito l'Ideaspiegherebbe tutta la ricchezza delle sue forme, penetrando nella Natura edentrando in possesso della sua esistenza assoluta. Per se stessa, adunque, laLogica potrebbe restare un arsenale di armi arrugginite. Ma non èmeraviglia se qui il Vera non penetrasse nell'intimo del sistema hegeliano,poiché protestava che esso «donne lieu à des graves objections», purgiudicandolo una delle più vaste e profonde concezioni della filosofia moderna.I due elementi, egli notava, di questo sistema, sono 1' Idea e il movimentodialettico, Gravi difficoltà s'affollano intorno ad entrambi. L'Idea è daprincipio essere puro, che trova la sua negazione nel puro niente, e laconciliazione con questo nel divenire. Ma, dice il futuro hegeliano: è propriovero che l'essere puro contiene il niente? «L'essere puro, dice Hegel, richiama[appelle)il niente, perché non c'è in esso nessun segno, nessun carattere, eniente si può pensare né affermare di esso ». Questa spiegazionedell'identità essere - niente più tardi apparirà anche a lui ineccepibile: quiinvece non riesce a rendersene conto. L'essere, egli dice, o è, o non è. Se nonè, allora tanto vale cominciare dal niente, quanto dall'essere. Se è, ci saràsoltanto l'essere, e non si vedrà il suo contrario. Così, in due parole,la prima proposizione della Logica è bella e spacciata. Non monta che Hegelinviti a considerare che proprio lo stesso concetto dell'essere che è,puramente e semplicemente, s' identifica col non-essere, da se medesimo (e cheinsomma richiami l'attenzione sulla impossibilità di tener separati i dueconcetti di essere e non-essere). Il Vera non sa vedere altro essere chel'essere di Parmenide (l'idea stessa platonica): e però sentenzia che «l'ideadel niente è qui aggiunta all'essere da un pensiero finito, anzi che esserdedotta dall'analisi pura dell'idea stessa dell'essere». E così anche il Vera,almeno qui, resta tra le corna di quello stesso dilemma, in cui si impiglio,come vedemmo, il Passerini *. E come era da prevedere, non riesce quindi acapacitarsi del terzo termine della triade: il divenire. Questo termine non sipuò, egli dice, dedurre legittimamente dai primi due. Infatti, se difronte all'essere puro c'è il puro niente, il niente annullerà l'essere, e nonci sarà punto divenire. Inoltre: di ciò che diviene si può dire che i o che nonè, ma non che è e non è a un tempo; perché, se ciò che diviene è realmente a undato momento del suo divenire, non si potrà dire di esso se non che ¿, e ilniente sarà avanti o dopo di esso. Che se al contrario si concepisce ciò chediviene come tale che in ogni momento del suo divenire non sia, tutto quelloche se ne potrà dire, è che non i, e non che diviene. Ancora: da quale dei duetermini il divenire è dedotto? O dall'essere o dal niente divisi, odall'esseree dal niente congiunti. Ma non può esser dedotto dal niente, perchéil niente, non essendo, non può divenire. Né dall'essere, perché l'essere è, enon diviene. Né dall'essere e dal niente presi insieme, perché, quel che nonpossono separati, non potranno neppure congiunti. E del resto, chi licongiunge? il divenire ? ma allora il divenire non sarà dedotto dalla lorocombinazione. Ovvero sono riuniti prima di divenire? ma allora non sivede più quale sia l'ufficio [le vôle] del divenire. Sofismi dello stessogenere di quelli di Zenone, di Gor-gia, dei Megarici; e che avevano ungrandissimo valore quando la logica era la logica degli Eleati, dell'essere chenon può essere altro che essere: la logica che con Platone e Aristotele sifisso e s' irrigidi come logica dell'idea astratta; ma che dopo Hegel giovaconoscere soltanto come documento dell'educazione mentale del Veratrentaduenne, indugiantesi tuttavia agli antipodi della nuova concezione dialetticahegeliana. Procedendo, l'oscurità si addensa, com'è ovvio, al passaggiodalla Idea logica alla Natura. « Questo passaggio non è spiegato». Si dice chel'Idea nella natura si dà l'oggetto, per conoscersi poi nello spirito. Dunque,nella logica non si conosce. E come da questa idea senza oggetto e ignara di sépuò ricavarsi la realtà e la cono-scenza? E se non ha un oggetto in cuiconoscersi, come va che la meta di tutto lo sviluppo è la conoscenza appuntodell'Idea nella sua pura idealità logica? - Voi volete dedurre da questa Idealogica la natura e lo spirito. Ma, quantunque sia difficile vedere comesi possa, con una deduzione pura l'intervento dell'esperienza,cavare l'idea della natura dall'idea logica, ad ogni modo non si potràtirare altro da un essere logico che un essete egualmente logico: e cosi non siavrà più una natura reale, ma una natura ideale: non si avrà esseriorganizzati, qualità e una materia concrete, ma esseri organizzati, qualità euna materia astratte. E in fine sarà sempre l'Idea logica. Solamente,I'Idea-natura espri- merá altra cosa dell'Idea-logica, ma, in quantoIdea,non ci sarà tra loro nessuna differenza. E lo stesso si dica dellospirito, Giacché, con una simile deduzione, si avrà uno spirito ideale e nonuno spirito reale e personale. Obbiezioni, senza dubbio, tutt'altro chelievi, ma che provano appunto che egli aveva inteso la dottrina di Hegel comeuna nuova edizione non corretta, in verità, né riveduta della platonica: l'Ideafuori del mondo, e non come lo stesso principio interno e assoluto del mondo.La Idea hegeliana, non essendo natura né spi-rito, è astratta, pel Vera, e cioènon reale. E invece per Hegel è la stessa realtà. Onde lo sforzo maggiore cheegli dovrà fare per entrare nell' hegelismo, e quasi la breccia che gli dovràaprire il varco per introdursi in questa filosofia, consisterà proprio inquesto punto: d'intendere l'idea come realtà, e fin da principio l'es-sere, noncome l'idea dell'essere, ma l'essere dell'Idea. 8. - Quanto allo Spirito,ci sono altre gravi ripu-gnanze, O l'Idea, egli dice, pensa fin da principio,nello stato d'Idea logica, o pensa quando diviene Spirito. Ma nel primocaso l'edifizio hegeliano crolla; ed Hegel infatti esclude questa alternativa.Per pensare, adunque, deve farsi Spirito. E allora o la facoltà di pensarec'era nell'Idea fin da principio, o le si viene ad aggiungere quando sitrasforma in Spirito, Ma, se l'Idea come tale avesse già la facoltà di pensare,non potrebbe non pensarsi, almeno come Idea. Se questo pensiero le si aggiunge,allora il pensiero sarà altra cosa dall'Idea, e dovrà avere un'altra origine. Epoiché il pensiero, non derivando dall' Idea, conterrebbe in sé l'Idea e larea-lizzerebbe, sarebbe un principio superiore all'Idea, la quale non si potrebbepiù dire essenza di tutte le cose. - Obbiezione anche questa assai grave, mafondata sulla falsa concezione dell'Idea hegeliana come contenuto-oggetto dipensiero, e non, qual'è, forma assoluta e cioèassoluto soggetto, sichwissende Wahrheit, come dice Hegel: onde, se si distingue uno Spirito daun Logo, anche questo, per Hegel, è pensiero. Se si nega, insiste ilVera, la successione di Idea, Natura e Spirito, facendone tre terminiinseparabili e simultanei di un'unità, che è la pienezza dell'esistenza e lavita del mondo, viene a mancare il movimento: tutto è, e nulla diviene. Ildivenire nel sistema hegeliano non è nell'Idea in sé. « Si elle devient,c'est-à-dire si elle se ma-nifeste, c'est par l'action successive de l'espritqui la pense». Bisogna dunque ammettere una successività, che importanello spirito qualche cosa che non è nell'Idea: bisogna concepire questoSpirito non come l'idea dello Spirito, bensi come pensiero di un soggetto uno eindivisibile, che genera le idee e comunica loro attività e vita. Cosi aquesta unità dell'essere e del conoscere, che si pretende realizzare nell'unitàdell'Idea, sfugge, e la molteplicità degli elementi riapparisce ». Ancheammesso che il pensiero possa ricavarsi dall' Idea, esso penserebbe bensi insiemei due contrari, ma distinguendoli, non unificandoli. Essere e non-essere, ideae natura, bene e male, giustizia e crimine restano nel pensiero opposti.E del resto « lors même que la pensée pourrait effacer l'op-position descontraires, il ne suivrait pas de là nécessai-rement que l'opposition auraitdisparu dans la réalité », Ora che l'opposizione non possa esser cancellata dalpensiero, si è visto per le due categorie di essere e non- essere: ma sipuò dimostrare in un modo più generale «en signalant un vice qui atteint elruine, suivant nous, tout le système d' Hégel». 9. - Quest'ultimacritica è il suggello dell'incapacità del Vera a superare, con tutto l'aiuto diHegel, la posizione platonica. In questo sistema, egli dice, la verità el'essere non sono principii, ma risultati. La natura e ilpensiero non sonomossi da un principio posto fuori del mondo, e in possesso della pienezzadell'essere e della verità. L'essere da sé non si muove, né muove. Ilnon- essere piuttosto sollecita l'essere; e come essere e non-essere si uniscono nel divenire, il principio non è l'essere ma il divenire. Elo stesso si dica della triade maggiore Idea-Natura-Spirito. L'Idea in séè morta, e non si moverebbe mai. Dev'esser negata nella Natura, perché abbialuogo la vita dello Spirito. Se mai, la Natura, non l'Idea, dovrebbeconsiderarsi come principio dello Spi-rito, svegliando in certo modo l'Idea ecomunicandole con la sua negazione una certa energia. Ma il vero principio è loSpirito, in cui si concilia l'opposizione di Idea e Natura; e che trascinerànel flusso del suo divenire l'essere e il non-essere dell'Idea, ossia Idea eNatura. E insomma: o nulla diviene facendosi l'Idea principio di unaNatura come Idea-natura e di uno Spirito che è Idea-spirito; che sarebbe il partitodella logica; o tutto diviene, facendosi lo Spirito principio di tutto; chesarebbe il partito dell'esperienza. Nel primo caso si hanno tre idee pure edimmobili, e non si ha il mondo, Nel secondo si ha il divenire dello Spirito, equindi della Natura e della stessa Idea, ma non si ha più principii, néasso-luto: e lo stesso spirito del mondo, di cui parla Hegel, non sarà, infondo, se non una generalizzazione dell'esperienza e degli spiritifiniti. In conclusione, la principale esigenza della critica del Vera èil concetto dell'assoluto estramondano; e la legge del suo pensiero ilprincipio astratto d'identità. 10. - Nella tesi latina (dove la dottrinahegeliana confrontata a quella platonica e a quella aristotelica del terminemedio è appunto la dialettica, la cui sintesi vien considerata come terminemedio tra tesi e antitesi) il Vera ripete in parte la critica cheabbiamoesposta della sua tesi francese, ma formula pure la prima: e capitaleobbiezione nella più schietta forma teistica, che giova a determinarenettamente la sua posizione mentale. Dice qui presupposto gratuito quello diHegel quando ideas aeternas rerum causas el principia esse contendit!. Le ideepossono aver questo valore, oppone il Vera, si cui vi, vel menti, insint, quodsensit Plato. Ciò che non è storicamente esatto, ma serve a dirci in che modoil Vera intendesse il platonismo da cui era do-minato. E accumula controle prime categorie altre difficoltà. Hegel vede il niente nell'esserecome una sua determinazione (o nota), perché dell'essere non si può dire se nonche è. Ma questo è piuttosto una ragione perché l'essere respinga da sé ilnulla. Affinché infatti si possa dire che l'essere è, non occorre che in essoci sia determinazione di sorta: e il niente vi sarebbe se l'essere fosse inqualche modo determinato: - Poi, se tutto deve cominciare con l'essere e nienteci dev'esser prima del- l'essere, nec vor, nec res, nec cognitio, alloraprima dell'essere non ci sarà altro che il niente; e dal niente si dovrebbecominciare piuttosto che dall'essere. Ancora: per Hegel l'essere diviene; eniente è. Ma, affinché qualche cosa divenga, bisogna che qualcosa sia, e nondivenga. Giacché se a prima vista pare che quel che diviene sia e non siainsieme, in realtà, chi consideri con più diligenza, esso non è, solamente.Giacché quel che ora diviene,dev'essere stato e non divenuto; e poiché era,diviene. - Inoltre, essere e niente son cose; il divenire, invece, è stato oproprietà d'una cosa; e non può quindi congiungere l'essere e il niente. Haeenim verum proprietatibus virtus inesse nequit. - La verità e la potenza che eè nel divenire, deve ricavarsi da quel che era e che è. Sicché l'esseredovrebbe essere alcunché di più perfetto di quel che ne deriva, realtà ocognizione. Laddove Hegel muove da un essere, che non è il primo essere, ma unessere, per così dire, passato attraverso il niente. Onde il processo va dalmeno al più, dall' imperfetto al per- fetto; il divenire invece èincremento di perfezione. Verum haec rationi repugnant. E c'èaltro. O c'è un principio delle cose, o no. Se c'è, qualunque sia, o una forza(vis quaedam), o solo una idea (ens logicum), deve preceder tutto, rispettoalla forza, al tempo, al moto, al vero. Hegel muove dall'essere: ebbene daquest'essere, se forza, dovrà ricavarsi la forza di tutto; se idea, tutte leidee. E non si uscirà mai quindi dall'essere; il principio sarà semprel'essere. - Che se la conclusione dovesse essere il divenire, il divenire noncessa mai, non è mai un atto esaurito: e il processo del reale e del conoscereandrebbe all'infinito. - E guardando ai rapporti non più intelligibilidell'Idea con la Natura e con lo Spirito, la tesi latina, con qualche variantedalla tesi francese, trae questo colpo finale contro la dottrina di Hegel: «Infine, se lo spirito sta di mezzo tra la natura e la idea e per ciò stesso vainnanzi alle idee, le idee non sono i principii. E ammesso che siano principii,poiché lo spirito diviene, e le idee sono inerenti allo spirito, è necessarioche divengano anch'esse. Se non che quel che diviene, non è, masarà; né intende, ma intenderà; sicché né spirito né idea avranno coscienza disé, né ci sarà un fine nel mondo, ma il tutto andrà soggetto alla ciecanecessità delle idee».11. - Dei quali errori tutti il Vera trova la primaorigine in due cause principali. L'una, che Hegel torse la dialettica dal suovero ufficio, che è di respingere il falso, alla scoperta e dimostrazione delvero: pretendendo di edificare con uno strumento di demolizione. L'altra, cheben vide doversi cercare nell'infinito la ragione del suo rapporto col finito,ma errò presumendo di rendersi conto del modo di questo rapporto, onde fucostretto a cercare il finito nella stessa natura necessaria dell' in-finito: ponendo un infinito semplice che si dirompe suapte natura e quodamnecessario impetu nelle cose finites, e non potendovi poi restare si sforza ditornare a sé e ri-staurare certo infinito composto, con un circolo che Hegelper altro non riesce a chiudere, perché l'infinito, una volta mescolatosi allecose finite, non può più tornare infinito. Egli è, insomma, che Hegelvide il vero problema della scienza; mai però appunto andò più lungi dal segno(sed ob ipsum forsan longius a vero provectum). Perché il Vera è convinto chetale problema è troppo più grave che non possa sostenere l'omero mortale.Funzione del termine medio, fulero d'ogni dimostrazione, è unire il finito conl'infinito. Ma come questa unione avvenga né Aristotele, né Hegel, né lo stessoPlatone, quantunque la sua dottrina sia la più soddisfacente, han potutoad-ditare, perché il rapporto muove dall'infinito, la cui natura sfugge allamente umana. Si enim intelligeremus (dice il Vera riecheggiando un motivo dellafilosofia ales-sandrina, già accolto dal Ficino, e tornato in onore nel Deantiquissima Italorum sapientia del Vico) *, Si enim intelligeremus (infinitinaturam], non solum rerum ratio, sed el quomodo res perficiuntur nobisinnotesceret, neque id tantum, sed el res ipsas quodammodo perficerenobisconcessum esset. Qui enim verum vim naturamque pentusagnoscit, his recte uti ad res ipsas conficiendas valebit. Isqueabsolute demonstrat qui non modo res intelligit, sed et intelligendo conficit.Quemadmodum summus is est artifex qui opus non modo in mente revolvit, sed etconficit et confi-ciendo sibi et aliis mentem suam patejacit et demonstrat1. 12. - Di questo scetticismo teistico il Vera tratto di proposito nelProblème de la certitude. Dove, è superfluo dirlo, non solo Hegel, ma anche Kantè assai bistrattato. Basti per un esempio la prima obbiezione che il Veramuove contro la Critica; ed è che la distinzione di senso, intelletto e ragioneè più artificiale che reale; perché né la sensazione è altro che un giudizio,né la categoria ha caratteri diversi dalle idee. « Che l'atto intellettuale nonvenga ad aggiungersi [sic] all'impressione esterna, e la sensazione non avràluogo. Essa è dunque un giudizio sollecitato da una causa esterna, ma che, comeogni altro giudizio, non può aver luogo senza l'intervento dell'in-telletto.Sicché senso e intelletto non sono due facoltà distinte; ciò che Kant stessoconfessa implicitamente, allorché attribuisce certe categorie al senso non menoche all'intelletto. Infatti, il tempo e lo spazio sono concetti puridell'intelligenza, né più né meno della causa, della sostanza, ecc., e quellinon sono meno di queste condizioni essenziali di ogni pensiero. Non si vededunque in che differiscano queste due facoltà, poiché sono sede di nozionidella stessa natura»?. E con osservazioni della stessa forza continua adimostrare che non c'è modo di distinguere per davvero le categorie dalle idee,fino a far sospettare che il Vera non avesse mai letto la Critica (per la qualeinfatti rinvia 3 alle lezioni del Cousin).In tutta la storia della filosofianon vede se non sforzi vani per superare lo scetticismo; e il suo lavoro vuolessere un nuovo saggio di teoria della conoscenza. Ogni conoscenza riguarda ifatti o i principii. Fatti sono le esistenze e le qualità fenomeniche;principii, le cause delle une e delle altre. La causa d'un fenomeno non è ilfenomeno che lo precede, ma il principio interno, la natura dell'essere che simanifesta nel fenomeno: l'es-senza. Altro è la sostanza, sostrato o soggettodelle qualità; altro l'essenza, forma intelligibile della stessa sostanza. Ed èchiaro che il pensiero non può mirare di là dell'essenza alla sostanza; perchédi questa che altro potrebbe cercare che l'essenza? La vera cognizione, che nonsi arresti al puro fenomeno, s' indirizza all'essenza. Ma l'essenza non èconoscibile, per ragioni derivanti in parte dalla natura sua, in parte dallacostituzione della nostra intelligenza. L'essenza è una; e intanto è uopoche si moltiplichi negl' individui. Che è il problema della creazione,inespli-cabile, Si ammetterà un'essenza per le cose periture e una per leeterne? Ma quale sarà il loro rapporto? e quale la loro differenza se, comeessenze, saranno pure entrambe eterne ed infinite? Si ammetteranno soltantoessenze individuali (atomismo): e allora l'essenza in sé sarà una sempliceastrazione. - O si ammetterà una sola essenza; e allora tutti gli individuidiverranno fenomeni transitori e apparenze. - E poi è necessario ridurre tuttele essenze a un solo principio, e che questo esista; perché quando ve nefossero molte, dovrebbero sempre essere tra loro in un rapporto; e questoimporterebbe un principio superiore, il quale sarebbe perciò il vero principioe unico. E che sarà questo principio? Gli si possono attribuire, come s'è fattoin tutti i sistemi, tanti caratteri; ma questi caratteri non ci faranno maivedere l'intimo del principio e la sua propria natura.La natura poi dellanostra mente ci toglie la possibilità di montare all'unità assoluta; perchéniente possiamo pensare che non si presenti alla nostra coscienza come suooggetto e che, sia esso Io o non-lo, non si ponga pel fatto stesso d'esserpensato come non-lo di contro al nostro Io. Né giova la pretesa intuizioneintellettuale di Schelling. Perché o in essa il pensiero conserva la coscienzadi sé, e allora permane la dualità: o smarrisce questa coscienza, eassorbendosi nell'oggetto, non sarà più pensiero, ma il niente delpensiero. Ignorando l'essenza, non si possono spiegare i rapporti.Si conoscono le esistenze e si conoscono i rapporti degli esseri; ma dal chenon si passa al come. Non si può contestare che io sia, e che siano i prodottidella mia attività interna e del mio pensiero e gli oggetti e fenomeni delmondo esterno. Saranno tutti fenomeni, apparenze fugaci; ma non si potrà negarloro un certo essere e dire che non siano, almeno nel momento in cui sono. Chisi provasse a farlo, si contraddirebbe. Ma se vi sono esistenze che cominciano,che sono e non erano, e, insomma, effetti, questi effetti devono avere unacausa. La quale causa o bisognerà cercarla tra le cose finite, o sarà lacollezione delle cose finite, o la sostanza infinita di cui le sostanze finitesiano emanazioni, o infine un principio separato dal mondo e avente esistenzapropria e indivi- duale. Le prime tre ipotesi sono da escludere. a)E evidente che non può esser causa del finito un fini-to, che come tale èeffetto, e richiede esso stesso una causa. 6) La collezione dei finitinon aggiunge ai finiti se non una unità artificiale ed astratta, esistente solonel soggetto che la pensa. Quindi non può contenere più dei finiti, né esserealtro che finita: cioè un effetto, anch'essa. Senza dire che lacollezione è risultato e non principio, e suppone una causa radunatrice deglielementi e quindi costitutiva di essa collezione.c) La sostanza che producesseeternamente le cose, effondendosi in esse senza potersene distinguere, anzifacendone parte, potrebbe essere o un Io, o una causa meccanica. Un lo, di cuile coscienze individuali fossero parti integranti, sarebbe tanto causa diqueste, quanto queste di esso. Giacché in un tutto essenziale alle parti comele parti al tutto, non ci può essere efficienza o causalità vera, ma solo unacausalitá logica. Che se l'Io assoluto si concepisca come una forza infinitamanifestantesi negli individui, si potrà chiedere: e perché si manifesta osviluppa? per darsi così una coscienza più chiara e più larga? ovvero perpassare dalla potenza all'atto? In un caso e nell'altro l'effetto conterrebbequalche cosa di più che la causa, e questo di più resterebbe senza causa. - Osarà la sostanza una causa cieca e meccanica? Ma la sola vera causa è lalibertà. Se un corpo in movimento ne mette in moto un altro, noi diciamoimpropriamente il primo causa del movimento del secondo; laddove ne è solo la condizione.Infatti esso non può non muovere il corpo, e non può non muoverlo con lavelocità e la direzione con cui lo muove perché non è esso stesso la causa delproprio movimento, né quindi del movimento che ha comunicato. La vera causa delmovimento non dev'esser mossa, ma deve muovere da sé: esser libera.Sicché la causa assoluta dev'essere separata dal finito, libera, personaassoluta. Libera, in quanto indipendente dal suo effetto; ma legata bensi allalegge della sua es-senza. Questo già vede il Vera: che la necessità interna nonè incompatibile con la libertà, almeno quando si tratti della causa assoluta.Perché nell'uomo, che non s'è dato il suo essere, il Vera crede bene che lanecessità interna sia anche esterna; quantunque anche l'uomo che fa il bene, sefare il bene si concepisce come legge della sua natura, debba dirsi libero. Lanecessità, invece, della causa assoluta le è, per dir così, più intimamenteinterna.Il Vera, in questa tesi, non ammette nessuna reciprocità tra la causa el'effetto. Questo richiama quella: ma «l'idea di causa, lungi dal contenerequella dell'effetto, l'esclude pel fatto stesso che è causa», Insomma, dualismoassoluto. La causa assoluta, essendo libera, è intelligente, perché non èlibertà senza intelligenza. E semplice e indivisibile; perché se il suo attonon fosse uno, e si risolvesse p. e. in due parti, una di queste agirebbesull'altra, e la causa non sarebbe causa, e le due azioni causali,esercitandosi successivamente, darebbero luogo ad effetti a un dato istantesottratti alla causa, che cesserebbe perciò di essere assoluta causa. E l'attouno suppone la sostanza una. E già una sostanza composta sarebbemateriale, e non sarebbe più libera. Né occorre dire che, per essere asso-luta,la causa dev'essere universale. La causalità conferisce realtà all'ideadi sostanza, concepita come principio del finito, e conferisce realtàugualmente a tutte le idee effettrici delle esistenze finite: al bene assoluto,causa del bene relativo, alla verità assoluta, alla bellezza assoluta, e viadiscorrendo. Con la sola categoria di sostanza potremo avere l'idea di Hegel,l'essere puro, come una « concezione logica ». La causa ci fa fermare ilpiede nel reale; e la certezza del fenomeno si fonda sull'intuizione dellacausalità reale supposta dal fenomeno. * Il pensiero non comincia conl'affermazione d'una causalità astratta, ma d'una causalità reale. Ilsentimento della mia finità è inseparabile dalla mia esistenza, e col primosentimento della vita si produce a un tempo il sentimento del mio niente e d'unprincipio che mi ha fatto passare dal niente all'es-sere. Ecco già l'idea dicausa che si manifesta a me insieme con la mia esistenza. E non è una causaastratta e possibile, ma una causa reale e attuale come il suo ef-fetto; non èuna causa che deduco da un principio, mauna causa che colgo con un' intuizionesemplice e imme-diata, con un atto analogo a quello col quale affermo mestesso». Nel libro non è citato mai il Gioberti; ma questa dottrina coincide acapello con quella della formola ideale, che cinque anni prima il Giobertiaveva propugnata nell'Introduzione allo studio della f-losofia.Immediatezza della cognizione, inconoscibilità dell'es-senza, e quindimisticismo scettico; opposizione assoluta tra essere e pensiero, Dioestramondano e quindi negazione della libertà e della verità dello spirito comedella spiritualità del vero; concezione conseguente della verità o idea comecontenuto trascendente del pensiero, retto quindi dalla legge dell'identità, edella dialettica come funzione meramente negativa del pensiero soggettivo:tutta la somma delle dottrine essenziali alla vecchia intuizione platonica delmondo, contro le quali da secoli e secoli combatteva la filosofia moderna, eche furono definitivamente superate dal principio hegeliano, faceva intopponella mente del Vera all'intelligenza dello hege-lismo. La folla incompostadelle difficoltà che egli vi in- contrava, attesta chiaramente larefrattarietà del suo spirito agli incitamenti e alle suggestioni della nuovafilosofia, cosi rudemente paradossale a chi non sia preparato da un vivoaffiatamento con tutta la storia del pensiero moderno (e si può dire anche delpensiero cri-stiano, in opposizione al greco) a guardare il mondo con gli occhinuovi dello spirito conscio della sua vita assoluta. Come fece il Veranegli anni seguenti a liberarsi dalla grave mora de vecchi pregiudizi, perrifarsi con nuovo e fresco vigore intorno allo hegelismo, romperne la durascorza, e penetrarne l'intimo spirito? Rifece egli più metodicamente il camminopercorso dal pensiero speculativo da Cartesio a Hegel13. - Dopo il 1845, iprimi lavori del Vera sono quattro articoli del 1848, scritti per una rivistaLa liberté de penser, fondata a Parigi dopo la rivoluzione di febbraio daalcuni giovani professori, come il Simon, il Saisset, il Jacques e lostesso Vera. E in essi il demolitore della logica e di tutto il sistema diHegel ci si presenta in veste di hegeliano. Nessun documento illumina la crisiantecedente del suo pensiero; e bisogna contentarsi di osservare in questiarticoli il suo primo atteggiamento nel nuovo indirizzo. Il primo (LaReligion et l'Etat) fu scritto a proposito delle discussioni dell'AssembleaNazionale per definire i rapporti tra Stato e Chiesa; e combatte l'idea dellase- parazione. Sarà più tardi, come vedremo, uno degli argomenti su cuipiù si travaglierà il pensiero del Vera, senza riuscire mai a dar nettamente lasoluzione del pro-blema. In questo primo saggio, forse perché lo scrittore nonsente ancora tutta la difficoltà della questione, il suo pensiero tocca ilmassimo della chiarezza, che abbia mai raggiunto. Vede il progresso storico deirapporti tra Chiesa e Stato indirizzato verso la libertà di coscienza; egiudica la Riforma protestante, malgrado la sua proclamazione del libero esame,inferiore a cotesto principio, per cui la ragione umana può sottrarsi allatutela dell'autorità sacerdotale; perché la Riforma non proclamò insiemel'abolizione delle religioni di Stato. E religione di Stato significa autoritàche è compressione della li-bertà, in quanto non è l'autorità della ragioneinvisibile e universale, conciliatrice della regola con la libertà, delladisciplina col movimento, ma quell'autorità visibile e materiale, che, comeimprigionata nel fatto e nella lettera della legge, colpisce d'immobilitàil pensiero, contrasta ogni espansione nuova dello spirito e riesce allaviolenza e all'asservimento delle coscienze. La Rivoluzione francese hacompiuto l'opera della Riforma,ispirandosi a un principio superiore: ilprincipio dei diritti dell'uomo in generale, onde la libertà nuova da leiproclamata non è più quella di una società particolare, ma del mondo. Eabolisce la religione di Stato, presupponendo quella religione ideale eassoluta - scoperta dalla filosofia, di cui la Rivoluzione è figlia ed erede -la quale si sviluppa e manifesta successivamente nella coscienza dei popoli,domina e abbraccia tutte le religioni positive e compone ad armonia nellapropria unità le credenze parziali del genere umano: la religione, in-somma, naturale o razionale. Ma né la Francia né l'Europa eran preparate allariforma religiosa, che questi principii, rigorosamente applicati, avrebberorichiesta: e ad essi occorre tuttavia far capo per gettare le basi della nuovacarta religiosa. In un articolo successivo, ma dello stesso anno, ilVera, accintosi ad esporre la filosofia della religione di Hegel, giudicheràcon lui e rifiuterà, come idealismo ordinario, cotesto deismo prevalso nel sec.XVIII, il quale astrattamente foggiava la religione ideale e filosofica, chegiace in germe nel fondo d'ogni intelligenza »1, Ma, pure appigliandosi perqualche altro particolare alla dottrina di Hegel, è fermo nella convinzione chebasti svolgere razionalmente il principio posto dalla rivoluzione francese,fondato, come s'è visto, sulla dottrina della religione naturale. Segno cheegli non era ancor giunto a possedere un concetto determinato della religione,né, comunque, a impadronirsi di quello di Hegel. Svolgere il principiodella Rivoluzione, della libertà di coscienza, non era ciò che dal Lamennais inpoi venivano chiedendo in Francia i cattolici, e avevano finito con invocaregli stessi gesuiti? Ecco, dice il Vera: « nellapresente questione, come nellamaggior parte delle questioni sociali, la difficoltà consiste nel conciliarel'ordine e la libertà. Se si sopprime una di queste due condizioni, s'incorrerà nell' inevitabile alternativa, o di tornare all'autorità e allereligioni ufficiali, o di rinunziare a ogni azione normale ed efficace suglispiriti ", Temeva il Vera. che se l'Impero, la Ristaurazione e laMonarchia di Luglio avevano piegato dal lato della tradizione e del-l'autorità,ora si piegasse dal lato opposto, esagerando il principio della libertà. Sipreoccupava degli effetti di una libertà assoluta, che avrebbe portatoall'anarchia delle coscienze, all'impossibilità di ogni governo morale e quindid'ogni governo politico. Se la pigliava con la stessa espressione di libertàillimitata, che non può essere, diceva, se non una figura rettoricalusingatrice degli orecchi e del gusto del pubblico, non potendosi concepirepotere che non sia limite della libertà. Né pertanto è ammissibile laseparazione. I sostenitori della quale si rappresentano la società come unasorta di d'ag-gregato di parti unite insieme da legami estrinseci: laddove lastoria e la teoria ci mettono innanzi un'unità sociale organica, in cui tutto èconcatenato e la vita di una parte va di conserva con quella del tutto, eun'unità invisibile vi circola dentro. Perciò Hegel disse che le rivoluzionipolitiche e religiose sono inseparabili; e un popolo che ne fa una e non fal'altra, ha lasciato a mezzo la sua opera, mantenendo un antagonismo, che dovràrimuovere, se non vuol soccombere. E questo basta qui al Vera per concludereche Chiesa e Stato sono insepara-bili. Quantungue non sia difficile vedere cheil suo argomento supponga provato quel che è da provare: l'imma-nenzadell'elemento religioso, anzi della Chiesa, nell'organismo dello Stato.La separazione è voluta da coloro che dividono con un taglio netto la sferareligiosa da quella del diritto:nella prima delle quali lo spirito umano sisolleva all'eterno e all'infinito, laddove nella seconda l'uomo rimane strettoai suoi bisogni passeggeri e terreni, e quindi implicato negli interessi, nellepassioni, nelle lotte, da cui si libera affatto mercé la religione. In questoargomento il Vera riconosce, a primo aspetto, un'apparenza di verità. Ma glistudi che in quel torno ei doveva fare della filosofia hegeliana, glieneadditano il difetto. « Au fond, il repose sur une notion incomplète de la viereligieuse, et il se rat-tache à cette métaphysique qui ne saisit qu'un seulélément dans les êtres, el qui, en négligeant l'élément contraire, n' aboutitqu'à des abstractions ou à des inconséquences... E vero che Dio, comunque siconcepisca, trascende ogni limite, ed è termine immutabile e infinito. Ma Dio èun termine solo del rapporto religioso, onde Dio si manifesta, e l'altro èl'uomo con le sue condizioni sensibili e finite. Né la religione è un fattoisolato, chiuso nella coscienza del-l'individuo, ma un'istituzione sociale, laquale ha per iscopo l'istruzione e la guida delle anime; e pertanto non puòsorgere, conservarsi e svolgersi senza determinate condizioni materiali edesterne, insegnamento orale e simbolico, associazione, disciplina, mezzifinanziari ecc.: tutte cose che rannodano la Chiesa con lo Stato,Ebbene, esclusa la separazione (lo stesso Vera si pro-pone, come sarà sempresuo costume, l'obbiezione), come sfuggire all'alternativa dell'oppressionedella Chiesa sullo Stato, o dello Stato sulla Chiesa? Ma (come sarà pur sempresuo costume) se n'esce pel rotto della cuffia, perché non si spinge fino a unarigorosa definizione dei concetti che adopera. La soluzione qui la trova inquella astratta filosofia della religione, che ha accettata dal secolo XVIII, eche è pure quella dottrina eclettica della verità relativa di tutte lereligioni positive nell'assolutaverità della religione naturale, che, nei nostrifilosofi della Rinascenza (Bruno e sopra tutto Campanella, che ne è il verofondatore, a lui, molto probabilmente, essendosi inspirato Herbert di Cherbury)' portava logicamente alla religione di Stato. Lo Stato, pel Vera, devesanzionare la libertà di coscienza: ma in questo stesso postulato è implicatal'attribuzione allo Stato di legiferare in materia religiosa, riconoscendo atutte le religioni positive quella legittimità che è loro conferita dallareligione ideale in cui tutte sono comprese. Se lo Stato non s'incontrassenella religione, non potrebbe né anche riconoscerne e garentirne la libertà. LoStato s' investe in questo suo atto di un principio filosofico, e la filosofiagli conferisce la potenza e il diritto di dettar legge in re-ligione. La filosofiache è « la fonte della vera libertà, perché essa sola proclama ed assicuraquell'alta libertà dello spirito che è il principio di ogni libertà, e perchéessa solleva continuamente l'umanità al di sopra di se medesima, e delle coseperiture e finite, alla regione dell'eterno e dell'infinito». E perònell'alleanza dello Stato con la filosofia è il fondamento di ogni libertà:alleanza tutt'altro che facile, di certo, anzi, sotto certi aspetti. népossibile né desiderabile: ma perciò appunto fornita del carattere di ogniideale, che genera il progresso in quanto meta inattingibile. «Tout progrèspossible repose sur un principe impossiblen 3. E un altro punto, incui il Vera non si solleva fino allo hegelismo, restando al dover essere (Sollen)kantiano, messo in derisione dal pensatore di Stoccarda. E la coscienza dell'irrealità dell'ideale limita l'astrattezza, tutta platonica, di questo Statofilosofico, in cui si rifugia ilVera, assai imbarazzato poi quando si tratta ditornare fuori, per rimettersi in rapporto con la realtà storica. Se Statoe Chiesa sono inseparabili, il prete è, pel Vera, un funzionario delloStato. Dacché un culto è legalmente ammesso, esso diventa una funzione diStato. Funzione varia, diversa, molteplice, perché lo Stato ammette tuttii culti, quantunque non s' immedesimi con nessuna religione. E lo Stato perciòretribuirà i ministri di tutti i culti. - Ma proprio tutti? - Sì certamente,perché « tutti i culti, quali che siano le dottrine che professano e la partedi verità che contengono, devon o incontrarsi in un pensiero e in un'operacomune, dovendo tutti, sotto una forma o un'altra, per vie e gradi differenti,disciplinare le anime non soltanto a salvarsi, ma ad adempiere i loro dovericivili». Devono in - contrarsi: ma s'incontrano realmente? Lo Stato solo puògiudicare se e in quel misura una dottrina religiosa soddisfi questacondizione. Che se si contesta allo Stato questa facoltà, bisogneràcontestargli anche quella di concedere la libertà dei culti: poiché la libertàdei culti, ripeto, suppone questo criterio: suppone che lo Stato abbia saputoriconoscere che la verità non è prerogativa d'un solo culto, e che saprà anchedistinguere, fra le dottrine nuove, quelle che bisognerà ammettere o rigettare». Ossia, in conclusione, saranno ammessi tutti i culti, che lo Stato conla sua filosofia approverà, poiché pare ce ne possano anche essere di quelliche non siano compatibili coi fini essenziali dello Stato. E allora? Noicrediamo, conchiude il Vera, che « nello stato presente del mondo, appartengaai poteri civili e alla civiltà laica l'iniziativa della riforma religiosa, eche questa riforma debba essere imposta alla Chiesa nell'interesse dellalibertà e della Chiesa stessa ». Ma allora abbiamo lo Stato teologo e lareligione di Stato! - Parola più speciosa che vera», risponde l'au-tore. « Noipretendiamo che lo Stato, quale l'abbiamo definito, quale l'han reso lafilosofia e la Rivoluzione, sia perfettamente competente nella questionereligiosa. Lo Stato, bensì, non fa della teologia scolastica, nondisserta sulla grazia, il peccato originale e la trinità. Lascia questedispute ai teologi e ai filosofi. Ma può dire fino a che punto una religionerisponda ai bisogni della società, e studiando seriamente questi bisogni, giovandosidei lumi della filosofia e della libera discussione, ha il diritto e il poteredi imprendere la riforma delle istituzioni religiose, modificarle eringiovanirle, facendovi penetrare i germi di verità nuova na 14. - Comepossa lo Stato riformare una religione senza entrare nella teologia; comegiovarsi della filosofia, senza intendere la filosofia stessa, e quindifilosofare: come proclamare la libertà dei culti e riconoscere a tutti i cultiun valore, dovendone pure eventualmente respingere qualcuno con un criteriosuo; come imporre una riforma alla Chiesa, rispettando il principio dellalibertà: sono tutti certamente punti molto oscuri, e non i soli, dellasoluzione caldeggiata dal Vera. Ma qui giova soltanto fermare l'attenzione sulcarattere permanente di questa filosofia del Vera, malgrado il giudizio sullaRivoluzione francese, cosi diverso da quello enunciato otto anni prima, emalgrado gli spunti hegeliani contro le astrazioni dell'intelletto. Essaevidentemente è ancora una filosofia non compenetrata dal concetto dellarazionalità del reale e della realtà del razionale: una filosofia di unaragione concepita come sovrapposta alla vita, alla storia, al reale. L'infinitosi vuole congiunto essenzialmente col finito (e però la Chiesa con lo Stato).Ma l'infinito è infinito, e il finito è finito. Lo Stato non hainfinità (non havalore), se non gli viene comunicata dalla Chiesa; né esso puòacquistarsela da sé, incorpo- randosi e risolvendo in sé la Chiesa: afine di stabilire i suoi rapporti con la Chiesa deve ricorrere alla filosofia,che non è nello Stato, e non è perciò lo Stato. Tutta la storia, come progressocompiuto in virtù d'un principio impossibile, ha il proprio valore fuori di sé:ossia, non ha valore. Questo non era il nuovo mondo di Hegel. 15. - Seguila prima parte dello studio sulla Philo-sophie de la religion de Hégel, noncontinuato, perché la Liberté de penser cessò di pubblicarsi. E in questoscritto il Vera espose il punto di vista di Hegel in questa parte del suo sistemae il suo concetto in generale della filosofia con manifesti segni di adesione,sebbene qui ancora non s'incontrino quell' iperbolici elogi della filosofiahegeliana che poi diverranno frequentissimi nei suoi libri. Tornò ad esporrebrevemente il concetto della filosofia hegeliana col metodo stesso adoperatonelle tesi di tre anni prima, quantunque le difficoltà formidabili intorno aipunti fondamentali e preliminari che tre anni prima gli sbarravano l'adito alsistema, pare siano già come per incanto sparite: quel metodo, il qualeconsiste nel saltar dentro a una filosofia, dopo averla distaccata dalcomplesso della storia, in cui essa sorse e visse, e nel muovervisi dentro comealtri può percorrere una galleria di quadri che non sappia come e donderaccolti. Il metodo più antihegeliano che ci sia. E cosi ora, così sempre:anche quando egli diventerà assai più esperto hegeliano e più fervidopropugnatore di questa filosofia, Hegel sarà un filosofo, pel Vera, tuttochiuso in sé, che si lascia indietro, a mille miglia di distanza, non pure lafilosofia prekantiana, ma Kant, Fichte e lo stesso Schelling: e se qualcheriscontro potrà consentire, richiamerà Platone e Aristotele (che sono poi gliantesignani dell'oppostaconcezione del mondo). Per ora, non una parola di altrifilosofi, e le determinazioni della filosofia hegeliana, strappate dal loroterreno storico, si presentano, com'è na-turale, in un aspetto equivoco edincerto. 16. - La filosofia ricerca l'universale, l'infinito, l'assolutoin tutte le sfere sulle quali si esercita l'attività del pensiero»›,Definizione, che, se non è detto quale sia la natura di questo universale,eterno, infinito, può competere tanto alla filosofia di Hegel, quanto aqualunque altra. « Secondo Hegel, l'oggetto della filosofia è la conoscenzadell'Idea». Anche questo è troppo poco. E tutto quello che segue nongiova a differenziare 1 he-gelismo dal platonismo: « L'assoluto è lIdea, laquale si divide e si specifica in una serie di determinazioni, di cui ciascunacostituisce un modo della Idea, nonché un grado e una faccia dell'esistenza.Questa Idea e questa serie di idee non si producono a caso e secondo rapportiarbitrari ed esteriori, ma sono legate da rapporti necessari ed eterni, eformano un organismo interno, e come una trama indistruttibile su cui sonofondate l'unità e la vita del mondo»2. Lo stesso Vera sa che così c' è unaprofonda differenza tra l'idealismo « ordinario» e l'idea-lismo « assoluto » diHegel. L'idea di quello è astratta, e l'idea di questo è concreta. Cioè? - Leidee del primo sono poste meccanicamente l'una accanto all'altra: quelledel secondo hanno un concatenamento e una necessità interna. - Distinzionecosì, sulle generali, ille-gittima: perché non c'è filosofia idealistica chenon miri appunto a questo intimo concatenamento delle sue idee; e in questosenso le idee di tutti gli idealisti sono state concrete. La concretezzahegeliana non consiste tantonella concatenazione delle idee, che, tutteconcatenate, possono essere nondimeno tutte fisse, immobili: quanto nell'attostesso del concatenamento, per cui l'idea non è legata più a un'altra idea, maè l'altra; è, e non è se stessa; si muove, e movendosi, divenendo, è un'idea edè un'altra idea. Sicché non più catena, ma medesi-mezza, coincidenza di opposti.E se non si guarda a questa concretezza, l'idealismo hegeliano smarrisce la suafiso-nomia, e si confonde con l'antico idealismo. 17. - Il Vera nota chel'idea concreta è una triade: nè prima se stessa, poi il suo contrario, einfine la loro unità»; dove il 'prima', il 'poi' e l'infine', possono già darluogo ad equivoci grossi. « Cosi il vero non è né nel- Tessere, nénelnon-essere, né nella causa, nénell'effetto, nénel tempo, né nello spazioecc. L'essere e il non-essere, la causa e l'effetto, il tempo e lo spaziosono elementi essenziali del vero, ma questo non è se non nella loroidentificazione in un terzo termine: nel divenire, nel movimento ecc. essiattingono la loro completa realtà. Qui la cosa è diventata chiaris-sima, e lecritiche di tre anni prima contro le prime categorie della logica hegelianasono cose dimenticate. Capi l'autore che egli mal si era apposto,cercando come il non-essere possa uscire dall'essere, ed essere e non-essere,messi insieme, produrre il divenire? Intende egli ora il processo logico comesuperamento dell'astrattezza nella realtà della sintesi? Parrebbe ora la suainterpre-tazione. Ma anche qui può risorgere il malinteso, assai piùpericoloso, perché chi non se n'accorga, crederà d'essere già dentro l' hegelismo,e non sarà giunto invece né anche a Platone. Se l'essere e il non-essere sonoelementi del vero, e il vero completo, la realtà è nel dive-nire, unitàconcreta dei due elementi, il passaggio del-l'astratto al concreto si puòintendere in doppio modo:come passaggio dello stesso astratto alla propriacon- cretezza; ovvero come passaggio del pensiero che pensa la realtà eche, dopo averla pensata astrattamente ne' suoi elementi, si sforza di pensarlain concreto nella sua unità. Nel primo caso si tratta di un passaggiooggettivo, che è in fondo un passaggio soggettivo; nel secondo, di un semplicepassaggio soggettivo, che importa un oggettivo non-passaggio. Giacché nel primocaso si muove, realizza od invera l'oggetto, la stessa realtà; che in tanto simuove, realizza od invera in quanto la stessa realtà è pensiero, Nel secondoinvece è il pensiero, postosi di fronte alla realtà, o foggiatasi una realtàopposta a sé, che si muove nello sforzo di adeguarsi alla realtà stessa: segnoche, se vi si adegua o quando vi si adegua, non avrà più bisogno di muoversiperché la realtà è immobile. La strada eracl*tea che è la stessa stradanelle opposte direzioni in su e in giù (ádóc ava váTo pía xai duTi) dàluogo a una contrarietà e a un movimento appartenenti soltanto al soggetto: main sé è una, immutabile e immobile, come l'essere eleatico. L'idea (dell'essereelea-tico o del divenire eracl*teo) si può concepire in due modi: o come unacogitatio (modus cogitandi, ipsum intelligere) come profondamente volevaSpinoza, o come un quid mutum instar picturae in tabula. Anche il fiumeeracl*teo infatti può esser dipinto! E allora non scorre, quantunque noi viscorriamo sopra con la fantasia. Questo è stato il problema secolare delconcetto del divenire, che non poteva risolversi se non nella filosofia modernadopo il cogito (ergo sum) di Cartesio, e quell'idea che è l'ipsum intelligeredi Spinoza, e il nuovo concetto leib-niziano della monade, e la sintesi diKant, e l'Io di Fichte e l'Identità di Schelling- Se lo stesso divenire è vistocome esterno al pensiero, si ferma e sta, come pictura in tabula. Il divenire èvero divenire del reale quando il reale non è di fronte al pensiero che lopensa (movendosi lui, o illudendosi di far muovere il reale), ma dentroil pensiero, lo stesso pensiero che pensando diviene e genera appunto quellarealtà che esso è. Qui è il punto. E la costruzione difficile dell' hegelismo ècosiffatta, che molti han potuto, prima e dopo il Vera, scambiare l'Idealo-gica hegeliana con l'Idea platonica, oggetto del pensiero solo considerandola posizione di essa di fronte alla na- importante ed essenziale, che sila natura come lo spirito (fin allo spirito assoluto, e alla stessa filosofiadel filosofo che sta filosofando) sono la realizzazione dell' Ideastessa, e cioe la stessa Idea nel processo autonomo del suosvolgimento. 18. - Come l'intende il Vera in questo suo primo saggio difilosofia hegeliana? Dice: Tout le travail de la pensée consiste à poserun élément de l'idée, - moment immédiat, — à saisir dans cet élément un élémentcontraire, — moment de médiation, analyse — et à trouver un troisième terme quiconcilie et unit les deux pre-miers, - synthèse — puis à dégager de cetroisième terme une nouvelle détermination qui enveloppe les précédentes, etqui, à son tour, engendre une détermination opposée, laquelle se trouveconciliée avec la première dans une troisième, et ainsi de suite, jusqu'à cequ'on s'élève à une esistence, à une idée suprême qui efface et absorbe tousles moments, toutes les contradictions précédentes dans son unité. C'est là lavie et le mouvement éternels de la pensée, et, partant, la vie et le mouvementéternels de la réalité ! 1. Il pensiero, di cui qui si narrano le gesta,è il pensiero in sé, lo stesso reale, o il pensiero che intende il reale, ilpensiero del filosofo che tesse la faticosa tela della lo-gica? Nel primo casoil pensiero sarebbe la stessa idea;e la maniera in cui il Vera si esprime,facendo del pensiero l'artefice e dell'idea la materia del suo lavoro, sarebbeper lo meno molto fantastica e metaforica. Non che queste espressioni sianoillegittime; ma qui dan luogo al ragionevole sospetto che l'autore abbiaveramente inteso il rapporto del pensiero con l'idea in senso dua-listico, inguisa che la conchiusione (c'est là la vie et le mouvement éternels de lapénsée, et, partant, la vie et le mouvement étérnels de la réalité) non possaavere altro significato che di una dommatica inferenza, contraria del tuttoallo spirito dello hegelismo. Giacché quel partant. in astratto, potrebbe averedue significati ben diversi: o dire che il processo logico è il processo dellarealtà, perché la realtà è pensiero (identita); o dire che il processo logico èanche il processo della realtà, perché la forma della realtà è intelligibilecome pensiero, il pensie-ro si attua nella realtà, e (nella forma più rigorosadi questa concezione) ordo et connexio verum idem est ac ordo et con-nexioidearum (parallelismo, e, in fondo, duali-smo). Ma nel nostro casol'interpretazione dualistica é confortata dalla più ovvia interpretazione deiperiodi prece-denti, dove è evidente che l'autore non avrebbe mancato dirichiamare esplicitamente l'attenzione sul vero e proprio rapporto del pensierocon l'idea, se egli ne fosse stato nettamente consapevole.18. - Ed èanche confermata dal modo in cui il Vera passa ad esporre la triadeIdea-Natura-Spirito, L'Idea, egli dice, è da prima in uno stato « d'indeterminazione e semplice virtualità», quando è idea logica, e contiene ledeterminazioni più generali degli esseri. Giunta al limite estremo della suaevoluzione logica, l'Idea e esce da questa esistenza formale e indeterminata, esi dà per sua virtù propria, e come spinta da una necessità interna, unaesistenza oggettiva e determinata nella natura n. L'Idea infatti generala Natura; ma in questa non esiste nella sua forma logica, generale edassoluta, nella purezza perfetta delle sue determinazioni: diviene esterna a sestessa, si spezza in prodotti particolari esposti alla contingenza e al caso.Questa contraddizione è superata in una terza forma dell'esistenza, superiorealle due prime e che le involge nella sua unità: lo Spirito, il pensiero, dovel'idea concreta e determinata, risolleva la natura all'unità ed universalità edacquista coscienza di sé nella libertà. - Orbene: il processo nello stessoHegel è tutt'altro che facile; e lo vedremo a suo tempo; ma ha un caratteredeterminato, che a chi sia penetrato, secondo le osservazioni già fatte, nellospirito dello hegelismo, non può sfuggire. Dev'essere tutto un processo logico:una via che il pensiero pensando deve necessariamente percorrere. Ora il Veranon si mette per questa via. Egli è appunto come lo spettatore della pictura intabula: vede uscire dall'Idea la Natura, o l'Idea generare o farsi la Natura, enon sa né può sapere per quale interna necessità: non si prova nemmeno a fare(egli che è pen-siero, quella stessa idea) quel medesimo che vede fareall'idea: non si prova a pensarlo. E come potrebbe pen-sarlo, dopo averdefinito il logo una semplice vir-tualità? Posta l'assolutezza del logo, ses'intende la virtualità al modo di Leibniz (ossia nel modo più fa-vorevole),donde la ragion sufficiente ?I9. — Ma il senso di questa virtualità della idealogica ci può essere svelato da scritti posteriori del Vera, il quale, siadetto qui subito, rimase fermo a questo con-cetto. Apriamo l'Introduction à laphilosophie de Hégel (1855), che è il suo lavoro più organico su Hegel,ed ebbe molta fortuna in Francia e in Italia come autorevole esposizione dellafilosofia hegeliana: che i più si contentarono di non conoscere altrimenti 1.In questo libro si legge che nella sfera della logica, Dio è la possibilità ela forma assoluta; è l'essere anteriore a ogni cosa creata, e che contieneperciò stesso, virtualmente, tutte le cose » 3: dove possibilità non significaaltro che pensabilità, Infatti l'autore è stato trascinato innanzi a svelare econfessare quel suo segreto concetto della logica, come non la storia eterna,la gesta eterna, dell'idea, ma come la semplice scienza dell'idea, poichéintanto era germogliato il seme da noi sospettato nel saggio del 1848. Qual è,ora egli si chiede, l'oggetto della logica? La logica è « la scienza delleforme universali e assolute del pensiero e dell'esi-stenza»: forme, bensi, chenon sono semplici forme, perché queste forme si compenetrano col con-tenuto, sono le forme del contenuto, che è l'idea stessa nella serie delle suedeterminazioni. Come tale, la logica è il fondamento di tutte le scienze.La Nature et 1 Esprit costituent, il est vrai, des états, des sphères plusconcrétes et plus réelles de l'Idée, et, a cet égard la Logique peut êtreconsidérée comme une science formelleou comme la science de la méthode, maiscomme la science de la forme et de la méthode absolues, comme le type, lemodèle intérieur, sur lequel la Nature et l'Esprit doivent se développer ets'organiser, comme la forme, en un mot, sous laquelle l'être et la véritéexistent 5. Dove si può bensi distinguere tra logica e idea, di cui laprima è la scienza; ma è chiaro che quel che il Vera dice tipo e modello dellanatura e dello spirito è appunto la logica e non l'idea. Non già che eglifinisca nel concetto della categoria kantianamente intesa come condizionesoggettiva della costituzione dell'esperienza, e però della natura fenomenica,quale si trova nella nostra esperienza. Il Vera rimane molto più indietro diKant. Oscillando tra la sua ingenua interpretazione soggetti-vistica e lalettera degli scritti di Hegel, dove l'Idea é lo stesso assoluto, egli, se dauna parte non sa concepire la logica se non come una elaborazione scientificadella mente contemplatrice della verità e della mente che pensa di fatto questaverità per le idee dell'essere, della qualità, della quantità, della causaecc., dall'altra non riesce a conferire altrimenti valore oggettivo asiffatte condizioni della pensabilità del reale se non ipostatiz-zandoleplatonicamente come tipo e modello della natura e dello spirito: ai qualil'Idea fornisce - egli dice espli-cito - una parte del loro contenuto: (e chidarà il resto ?). Su questo punto il Vera si spiega chiaramente, notando che sipotrebbe dire la Logica, cosi concepita, la scienza delle possibilità assolute,non nel senso che le idee logiche siano possibilitàe non realtà, ma in questosenso che niente non e possibile né può esser pensato se non per queste idee.1. E ricorda Kant, che aveva riconosciuto le idee logiche come «condizione necessaria di ogni esistenza e verità »; ma le aveva concepite comecondizioni negative, indotto in errore dal termine stesso di condizione;laddove 1' idea ¿ condizione come elemento integrante ecostitutivo delle cose. La possibilità insomma, di cui parla ilVera, ¿ possibilità rispetto alla natura e allo spirito: in sé e reale eprincipio di realtà. La possibilità, egli dice in fine, non può toccare iprincipii; perché i principii o sono o non sono. Possibile è questo individuo,questo triangolo, ma non l'essenza dell' individuo e del triangolo. I concettiuniversali, realizzati; ecco la logica di Hegel, pel Vera: che e per l'appunto,sostanzialmente, il mondo ideale di Platone, con la sua impossibilità dirisolversi nel mondo dell'esperienza :. Ma nel saggio hegeliano del1848 la conchiusione è che « la logica, la natura e lo spirito formano unatriade indivisibile; sono tre termini consustanziali di cui l'idea è il fondocomune, ed è l'azione reciproca e la fusione eterna di queste tre sostanze chefanno l'unità e la vita del mondo«3. Dove quel che si vede è la tri-plicitàdelle sostanze, e quel che si dice di vedere l'unità dell' idea.Insomma, abbiamo fin qui un hegeliano che vuol esser tale, perché ha studiatoHegel e ha creduto d'intravve-dere il vasto mondo della sua filosofia, assaipiù sícuro rifugio dallo scetticismo del Problème de la certitude, chenon fossequella ragnatela di teismo intuizionistico in cui dapprima gli parve di poterriparare. Ma il segreto di quella filosofia rimane ancora per lui un segreto; eil suo spirito continua a gravitare verso la trascendenza platonica. 20.- Nel terzo articolo Un mot sur la philosophie el la Revolation française, ilVera, prendendo le mosse dal giudizio dato da Hegel nella Filosofia dellaStoria sulla Rivoluzione, come opera del pensiero, ritorna sul tema del primoscritto, sulla libertà di coscienza che lo Stato deve garentire ispirandosialla filosofia. Ma veniamo all'ultimo La souveraineté du peuple, che, come ilVera ci fa sapere, la direzione della Liberté de penser, all'in-domani dellarivoluzione di febbraio, non credette op-portuno pubblicare perché « il auraittrop heurté les opinions du moment». Vi era infatti combattuta la sovranità delpopolo e il suffragio universale, sostenendo che la vera autorità è l'autoritàdella ragione; che la ragione non raggiunge lo stesso grado di forza, dichiarezza in tutte le intelligenze, qui restando latente e oscura, lima-nifestandosi in una maniera incompleta, e in pochi rag- giungendo ilmaggiore sviluppo; e che pertanto l'autorità spetta alla minoranza. E guardandoquesto lato solo della verità che egli vedeva, difende la sua tesi con quelcalore d'entusiasmo, che fu con la facilità della forma una delle cause piùefficaci della riputazione conquista-tasi dallo scrittore: Si toutevérité a son origine dans l'esprit, elle est d'abord à l'état théorique etidéal avant de revêtir une forme matérielle et de passer dans les faits. Danscet état, elle se trouve en face de la réalité matérielle, il faut qu'ellelutte contre des intéréts et des croyances séculaires, contre des habitudesinvétérées; contre les préjugés et l'ignorance. C'est cette vue antérieure etprophétique de la vérité, c'est ce combat pour le triomphe d'une idée, quiconstitue l'héroisme et le génie. Or les massesne sauraient s'élever à laconception de l'idéal; car l'idéal ne se révéle qu'à la contemplation solitaireet réfléchie, il demande une culture speciale, une organisation d'élite, etcette inspira- tion, qui a sa source dans les profondeurs cachéesde l'ame, et qui ne s'éveille que sous l'action paisible et soutenue del'intelligence et de la volonté. Les masses sont comme emprisonnées dans laréalité visible, et par le gente de leurs travaux, par leurs goûts, leurshabitudes, et par la nécessité où elles sont de pour-voir a leurs besoinsmatériels, elle ne peuvent franchir les limites du fait et de l'ordre actueldes choses, ni discerner le vrai et le faux, le possibile et l'impossibile1. Il vero uomo di Stato non si confonde infatti col po-polo, non se nefa strumento - che sarebbe interdirsi ogni azione durevole e salutare su diesso; non abdica alla propria individualità, ma la fa servire al bene delpaese. Ebbene, se la luce nella società e perciò l'autorità, non sale ma scendedall'alto, al sommo della vita sociale ci sono tre sfere d'attività cheriassumono e dominano tutte le altre: la politica la religione e la filosofia.In quale di esse risiederà l'autorità suprema? Nell'uomo politico, nel prete, onel filosofo? Il Vera rinvia la ricerca a un altro studio; ma la risposta èimplicita nel suo scritto e nel primo di questi articoli: il potere cioè spettaall'uomo politico, che prende voce e norma dal filosofo. - Con tutto l'hegelismo del Vera, siamo ancora, almeno fino a questo punto, al concetto dellarepubblica di Platone! 21. - L' hegelismo tuttavia, a poco per volta,divenne un credo fermissimo pel Vera; e la storia della filosofia fini conl'esser messa da parte. Non abbiamo certo Coup d'oeil sur l'Idéalismes, chedovette esser pubblicato prima che il Vera passasse in Inghilterra. E dianterioreall'Introduction à la philosophie de Hégel non ci resta che l'opuscoloinglese del 18554, scritto in proposito di una Teorica dell'infinito del filosofo scozzese Calder-wood (contro Hamilton) e delleIstituzioni di metafisica del Ferrier: libri che parvero notevoli al Veraperché questi autori si sollevavano al di sopra del solitoempi- rismo inglese e della filosofia del senso comune. Il giudizio delFerrier su Hegel (che a guisa di gigantesco serpente boa avrebbe stretto nellespire delle sue dottrine impenetrabili come diamante tutti gli erroricorrenti) dava qui occasione al Vera di dichiarare che « ci ha nellafilosofia dell' Hegel una certa natural direzione, certi tratti cosideterminati e certe principali conseguenze che non possono sfuggire a chiunquevi si sia accostato, e che formeranno d'oggi innanzi il criterio e la normadirettiva di ogni ricerca filosofica; e di accennare quindi questi puntifondamentali della filosofia hegeliana. In questi punti, evidentemente, sicondensa l' hegelismo del Vera. In primo luogo: la filosofia è lascienza dell'assoluto: postulato indimostrabile, perché ogni dimostrazione 1opresuppone, non essendovi intendere che non sia intendimento dell'assoluto.Quindi l'assurdità di tutte le dottrine che cominciano dal negare o mettere indubbio il valore della conoscenza. In secondo luogo: chi dice scienzadell'assoluto, dice scienza delle idee, perché tutto si conosce per mezzo delleidee», né possiamo conoscer nulla di là dai limiti del mondo delle idee: onde,se diciamo che l'anima non è un'idea, ma una forza, una causa, una sostanza,che è semplice, immateriale ecc., anche allora, senza riflettervi « noi usiamodelle idee, e descriviamo l'oggetto come unaggregato di quelli stessi elementiche abbiamo respinti sotto un'altra forma ». In terzo luogo: il metodofilosofico è il metodo proprio della conoscenza dell'assoluto, o delle idee:metodo as-soluto, non essendo altro che la forma dello stesso as-soluto, o laforma in cui le cose esistono e sono cono-sciute: ossia il sistema, nel suoordinamento dialettico. In quarto luogo: il sistema importa l'unità e lamolte-plicità, elementi identici e contradittori. Il metodo assoluto ospeculativo si distingue appunto per questa sua conciliazione dei contrari,onde gli elementi discordi si compongono in armonia. Con questi concettiHegel ha dato corpo a uno de' più comprensivi e profondi sistemi che maivennero fuori della mente umana, il quale abbraccia tutte le parti del sapere,la logica, la filosofia dello spirito, la filosofia della natura, la politica,la filosofia dell'istoria, l'estetica, la religione. Anzi, strettamenteparlando, si può dire che nell'istoria della scienza il suo sia il primo e verosistema, imperocché né Platone, né Ari-stotele, né alcun moderno filosofo hannoavuto un cosi vasto concetto della scienza, e così abbracciato e legato insiemei diversi anelli dell'aurea catena a cui l'universo è sospeso. E uno de' trattiprincipali di questo maraviglioso filosofo si è che le sue più altespeculazioni hanno un carattere tutto istorico, e un risultamento positivo euna pratica applicazione. Cosi potente e cosi comprensiva era la sua mente,cosi profondo lo sguardo che egli getta nella natura delle cose 1, E ilprimo inno cantato dal Vera al suo autore, che tornerà a dire nella suaprolusione napoletana (16 dicembre 1861): « quella mente prodigiosa e sovrana,che i nostri tempi hanno prodotta, e che, non esito a procla-marlo, per laprofondità, per la vastità delle cognizioni, e anzitutto per la mente speculativae sistematizzatrice tutte le altre ha vinte, ma le ha vinte in sériepilogandolee concentrandole»*; e altrove: « le plus grand génie donts'honore l'humanité»=; colui nella cui filosofia e' è tutto, e c'è « comme ildoit y être, par là qu' il y est dans SON existence systématique»3; e lacui Enciclopedia si compiacerà di considerare come una nuovaBibbia, « la Bibbia dell' hegelismo • 4, Ed è altresì la prima volta che eglienuncia come titolo singolarissimo della filosofia hegeliana questa suaprerogativa, che poi non si stancherà mai di esibire: la sua sistematicità,parendogli pregio altissimo questo di Hegel di aver trattato ex projesso tuttele parti del sistema della sua filosofia, ed esteso il suo sguardo a tutti irami del sapere, legandoli fortemente tra loro e creando un vero sistemas: nonconsiderando che non c'è filosofia, né pensiero mai, che non abbia la suaperfetta sistematicità; e che il sistema non consiste nella configurazioneesteriore delle parti (al qual patto Wolff è più sistematico assai di Leibniz,e ogni pedante espositore dell'autore esposto), sibbene nella universalità delprincipio e nella profondità dell'intuizione originaria. Egli superficialmentesi contentava della forma estrinseca e non cercava più in là, lasciandosisfuggire i titoli più autentici del genio di Hegel.22. -— Ma, tornando aiquattro punti essenziali che gli pareva di scorgere, quando già meditava la suaIntro-duzione, nella filosofia hegeliana, non occortono commenti ad assodareche il suo hegelismo era tuttavia un hegelismo abbastanza platonico; eplatonico di quel platonismo della decadenza della filosofia greca, in cui,sorto già lo scetticismo contro la primitiva posizione platonica, la fede nelleidee era ristaurata con nuova e peggior forma di dommatismo. Che sono infattiquelle idee, in cui si risolvono tutte le categorie della realtà, così come ilVera ce le presenta, se non le stesse idee vuote della vecchia metafisicawolfiana, riduzione ideale evanescente del mondo, onde tutto si pensa senzanulla fare? quella specie d'oro di Mida, in cui si converte tutto il mondo delpovero re, esposto alla dura sorte di morirsi di fame e di sete ? Questaconcezione rimase fitta nella mente del Vera. Il quale, nella suaprolusione di Milano Amore e filosofia (11 novembre 186t), uno degli scritti,di cui più egli si compiacque!, ripetendo il ritornello che la filosofia è lascienza dell'assoluto, che l'assoluto è l'idea, in cui si concentrano eunificano la molteplicità e le diffe-renze, sostenne che perciò « la filosofiae la scienza delle scienze e, rigorosamente parlando, la sola scienza, e chetutte le scienze e tutte le filosofie, che lo vogliano o non lo vogliano, chelo sappiano o l'ignorino, sono parti di una sola scienza e di una solafilosofia»: o, come dirà altrove :, tutti gli uomini sono hegeliani senzasaperlo. Poiché pensare e intendere è pensare e intendere idee, e non e' èaltra filosofia o scienza che l'idealismo assoluto 3. Sicché il materialista,che non pensa « la materia, la forza, la na-tura senza le idee di forza, dimateria e di natura», è anche lui a suo marcio dispetto dentro l'idealismo, enon se n'accorge. E come il materialista, lo scienziato, il fisico e ilmatematico sono idealisti senza saperlo; perché tutti maneggiano le idee; e nonpotrebbero fare altrimenti. E nella già citata prolusione della fine dellostesso anno ripeté le stesse cose ponendo in forma più ingenua l' inconsapevoledualismo e il conseguente dom-matismo in cui egli restava sempre impigliato. «Nella stessa guisa che non si può pensare il triangolo, o il bene, o lagiustizia, o la luce, o il tempo, o lo spazio, o un altro ente qualsiasi senzal'idea che ad essi corrisponde, così non si può pensar l'assoluto senza l'ideadell'assoluto » 1. Non si potrebbe più chiaramente confessare che questoassoluto, il quale deve generare non solo l'essere ma la cognizionedell'essere, non si sa d'altra parte concepire se non come l'obbietto dellamente, in sé, perciò, estraneo alla mentalità, e l'idea della mente come altrodall'assoluto a cui deve corrispondere. E come corrispondere ? 23. - IlVera non ebbe mai un orientamento storico degno di una filosofia come lahegeliana, che concepisce tutte le filosofie precedenti come suoi momenti.Chiusosi nello hegelismo, ei fu subito tratto instintivamente dal suo cattivogenio a tagliare i ponti con tutti gli altri sistemi e principii filosofici, dicui avrebbe invece dovuto cercare i rispettivi gradi di verità. Nelle Ricerchesulla scienza speculativa e sperimentale, combattendo l'empi-rismo inglese, sirifà dalla dottrina baconiana dell'indu-zione, e giudica a questo propositoBacone. E lo giudica cercando se nel Novum Organum ci sia un principionuovo. L'induzione? Ma negli Analitici di Aristotele la natura di questometodo, le sue leggi, i suoi limiti, le sue rela-zioni con la conoscenzaoggettiva Sono State descritte con quella maniera concisa masostanziale che è propria del filosofo greco. Né Bacone vi ha fatto alcunagiunta essenziale. Peggio: Bacone non aveva un concetto esatto della naturadella scienza e delle sue esigenze, e però né anche della stessa induzione,come è dimostrato dalla sua pretesa che la scienza non si possa ottenere se noninduttivamente. Bacone, troppo poco versato nella flo-soha greca, non vide chele sue novità erano vecchie: i suoi contemporanei « non meglio istruiti di luisulle fonti originali e sul vero valore delle teoriche aristoteliche,accettarono leggermente le sue opinioni., Insomma, tutta la fama di Bacone èuna fama scroccata, fondata su errori di fatto, cui basterebbe a correggere ilsolo voltare la pagina di un libro». E con questi profondi criteristorici scrisse in inglese nel 57 uno studio su Bacone, in certo giornale,Emporio italiano, che egli stesso dirigeva:: dove le stesse considerazionidelle Ricerche sono svolte e confortate dall'analisi di alcune dottrinebaconiane per conchiudere egualmente, che si può cancellare dalla storia delpensiero speculativo un così importante momento qual è, per chi l'intenda,questa prima affermazione, nell'età moderna, della storicità del sapere o delmomento della certezza. Il saggio finisce con una sentenza che potrebbeesser profonda, ma è piuttosto superficiale: « La scienza, anziché essere laesatta riproduzione e la copia fedele del-l'esperienza, dev'esser in certosenso l'opposto dell'espe-rienza; e quindi voler fondare la scienza sullaesperienza è andare a ritroso della scienza stessa ». Frase che, ristampando ilsaggio nel 1883, l'autore stesso senti il bisogno di commentare con autocorrection.cancellunga nota, poiché gli si affac-ciò il sospetto che una volta che c'è il mondodell'esperienza e dell'induzione, il mondo fenomenale debb'avere anch'esso lasua ragion d'essere e contenere la verità; sicché esagera negando allacognizione empirica ogni ragione ed ogni verità». E si scusava adducendo che ilsuo scritto aveva carattere popolare, e che egli vi s'era proposto di metteresopra tutto in rilievo il lato vulnerabile del-l'empirismo, e che infine laverità della cognizione empirica è una « verità subordinata, una verità, cioè,che non rinchiude in se stessa la ragione del suo essere, e suppone quindi unapiù alta verità; e che perciò quando l'empirismo pretende di essere il solo evero organo della verità, «esso sconvolge l'ordine delle cose e nel fatto negaogni verità e cognizione. Scuse troppo magre, perché queste ragioni potevanolimitare, non negare il valore di Bacone. 24. - E in realtà quale sia laverità dell'empirismo né allora né poi il Vera volle mai dire 1. NelleRicerche, postosi sullo stesso terreno dell'empirista, l'esperienza laconcepisce, per rigettarla, allo stesso modo di chi ne fa l'unica fonte dellaconoscenza quasi sbocco nel pensiero, di una realtà esterna. E contro Lockesostiene che tutte le idee sono innate, perché non c'è sensazione che possaessere avvertita, e cioè pensata, come una sensazionesenza un ideacorrispondente; che il non esserne mai consapevoli non prova, come credette ilLocke, che non esistano, come non si può dire « che non vi siano leggi cheregolano le operazioni organiche del corpo perché da prima camminiamo,mangiamo, digeriamo senza es-serne consci, ed ignorandole». L'empirista,intento ad osservare e raccoglier fatti, non s'accorge di adoperare unaquantità di principii, che pur « debbono preesistere nella sua mente, e dee lasua mente concepirli, ancorché oscuramente e sotto un' incerta e confusa luce..- Dove parrebbe di scorgere una prova che ancora il Vera non si fosse dato lapena di studiare la Critica della ragion pura, né i Nuovi Saggi sull'intelletto umano. Di Leibniz si occupò nel 186r nella sua polemicacol Saisset e col Janet ‹, poiché il primo di questi, parlandoinsieme di Leibniz e di Hegel, aveva accennato a met-tere il filosofo dellaTeodicea al di sopra di quello della Fenomenologia: e il nome del Leibniz,grazie all' interesse per gli studi storici suscitato e nudrito dall' impulsodel Cousin, era salito in auge in Francia, e Foucher de Careil aveva dato i duevolumi del carteggio di Leibniz con Bossuet, e l'Accademia aveva messo aconcorso un tema sulla filosofia leibniziana, ottenendo due lavori degni delpremio, uno dello stesso Foucher de Careil e l'altro del Nourrisson. Il Vera,che gia insegnava storia della filosofia, e si professava hegeliano, dice aquesto pro-posito in tono tra l'ironico e lo stizzito: J'ai moi aussi leculte des morts, qui est une religion, on l'a dit, je crois, et qui, commetoute religion, est utile aux vivants. Aussi l'Acadentie mettrait-elle auconcours la vie et les gestes de Confucius, ou de Menou qu'il faudrait lui ensavoir gré. A plus forte raison, faut-il lui en savoir, lorsqu'elle fait de sonmieux pour entourer d'une nouvelle auréole un nom comme celui deLeibriz. Jusquelà c'est très-bien. Mais ce qui est moins bien, ce que du moins je ne puisapprouver, et ce qui pourrait même au besoin m'indigner et me révolter, c'estqu'on fasse du bruit autour d'un mort pour étouffer la voix des vivants, c'estqu'on veuille donner à une ombre des proportions gigantesques pour couvrir eteffacer un véritable géant. E alzando sempre più il tono: Voilà ceque je ne veux point, et ce que je combattrai de toutes mes forces, eusse-jedevant moi l'ombre de Platon ou d'Aristote. Et, en combattant ainsi, je croiraicombattre, non sculement pour la vérité et la justice, mais pour la dignité demon siècle, et de la nature humaine. E pare credesse sul serio che si «esumasse » Leibniz, e si « facesse chiasso» intorno a questo nome per dirci chel'epoca dei giganti è passata e siamo a quella dei pigmei; sicché oggi «per colpire Hegel» ci serviamo di Leibniz; domani si potrà esumarePlotino, Giamblico, per mostrare, come diceva il Saisset, che la dottrina diHegel è quella del vecchio panteismo: et nous reculerons ainsi, s'il le faut,jusqu'au paradis terrestre1 Onde ridu-ceva la questione a questi termini:Ainsi donc, vous nous dites, Leibniz est un grand personnage, et Hégel n'estpas un grand personnage, car c'est là, au fond, la pensée qui domine dansl'écrit de M. Saisset. À cela je repon-drai sans hésiter, siLeibniz est grand, Hégel est plus grand encore. passi.Ma il Vera, per rendere, com'egli dice, più preciso e più sensibile il propriopensiero, aggiunge che «se Leibniz non fosse esistito, la catena della scienzanon sarebbe punto spezzata, perché noi avremmo Newton a prendere il postolasciato da Leibniz», che è un gran matematico, ma un mediocre filosofo e undiplomatico: diplomatico non solo nelle controversie religiose, ma nella stessafilosofia. « La sua filosofia è la filosofia degli espe-dienti, delle parole edelle apparenze. Quando non intende la cosa, mette una parola al suo posto;quando una difficoltà lo stringe, non vi si sottrae attaccandola sinceramente edi fronte, ma per l'uscio di dietro ». E della sua critica concreta bastiun esempio. Che è la monade di Leibniz? Questi parte dal principio che ogniessere o ogni sostanza composta, in quanto tale, deve risolversi negli elementicomponenti semplici e indivi-sibili; che sono appunto le monadi. - Ora chemetodo è questo? Decomporre un tutto nelle sue parti: il metodo che aveva prodottol'atomismo: metodo volgare, arbi-trario, che non si preoccupa niente niente digiustificarsi. Perché si decompone? a qual fine? che si cerca? Nessunarisposta. E si può decomporre un tutto? Ma se certi elementi sono uniti in untutto, il loro essere dipende anche dalla loro unione, e separarli èdistruggerli. Donde poi le escogitazioni puramente verbali dell'armoniaprestabilita e delle fulgurazioni della monade delle mo-nadi, necessarie perricostruire alla meglio quell'unità malamente infranta. - Critica, che è veracertamente ed hegeliana: ma ha il gravissimo difetto (e difetto tutt'altro chehegeliano!) di essere soltanto negativa, e non saper vedere il pregiograndissimo della monade leibni-ziana, come la prima concezione, nella storiadel pensiero umano, dell'autonomia assoluta dello spirito. 25. - Né piùpenetrazione e simpatia storica ebbe per l'altro grande filosofo prussiano, E.Kant, malgrado la sua capitale importanza nella genesi dell' hegelismo.Ogni volta che ne scrisse 1, ne disconobbe affatto il va-lore, guardando soloal lato negativo della filosofia critica,e sconvolgendo co' suoi giudizitutta la storia che la pre- para. Non può intendere Kant, chi non intendaCartesio. E che è Cartesio pel Vera? Uno scettico, da dar dei punti aCarneade. E vero che la dottrina della versimiglianza è per l'accademico ilrisultato della scienza; e il dubbio è, invece, per Cartesio un punto dipartenza e il mezzo di purificare la mente che deve accingersi alla ricercadella verità. « Tuttavia, questa differenza fra le sue dottrine è più apparenteche reale. Imperocché ogni qual volta si fa del dubbio una condizione o unelemento essenziale della cognizione, ch'egli si mostri al puntod'arrivo... o al punto di partenza.... il risultato è lo stesso: sicolpi-sce, cioè, la scienza nella sua essenza, che è l'affermazione, e la sirende impossibile »1. E non riesce a scorgere mai né la ragione metodica deldubbio cartesiano, dimostrazione di quel carattere essenziale della conoscenza,che è la certezza, o presenza del soggetto nella verità; né della necessità diquel dubbio, per giungere all'affermazione tutta cartesiana del cogito; né ilsignificato di questo cogito 326. - Scettico Cartesio, due volte scettico*kant. Contro il quale il Vera non si stancò mai di ripetere la criticahegeliana (che in Hegel ha un valore affatto in-cidentale) della assurdità diuna ricerca sul valore della cognizione come necessario preliminare all'usodella cognizione stessa. Critica, sulla quale non giova insistere troppo controKant, che dal bisogno di una preliminare teorica della conoscenza non parte pergiungere allo scet-ticismo, ma alla giustificazione di una sua positivafilo-sofia; essendo questa la natura propria di ogni filosofia, ossia dellafilosofia, di essere un circolo, in cui non si può muovere da un punto senzavolgere le spalle a tutto il resto del cerchio che si ha da percorrere. Ma, aparte questo punto, che non fu chiaro nemmeno a Hegel, del Vera è tutta lascoperta (in un suo articolo del '60) che uno dei risultati» dell'analisikantiana dell'intelligenza « fu, com' è noto, la discoperta di un doppioelemento in ogni atto o operazione del pensiero, di un elemento estrinseco,cioè contingente e variabile, il feno-meno, e d'un elemento intrinseco,necessario e inva-riabile, il noumeno: il quale venne da Kant suddiviso incategorie e idee:!. Confusione tra noumeno e categorie o idee (ossia di ciò chevi ha di più opposto per Kant), che non impedisce al Vera di identificare poiil noumeno con la cosa in sé, mediante l'equazione del noumeno con « Dio,l'idea, l'assoluto». Onde la sua critica di Kant culmina in quest'accusa, chein realtà, la sensazione costituisce il criterio della filosofia critica, etutti i suoi ragionamenti vertono intorno a questo principio: l'assoluto, ilnoumeno, la cosa in sé (Ding an sich), come Kant la chiama, non possono esserconosciuti ed affermati, perché non possono essere sentiti e imaginati ». Cosìnon v'ha dubbio che Kant stesso (quellosopra tutto dalla seconda edizione dellaCritica) si sarebbe visto camuffato da scettico! Il Vera dovette piùtardi, io credo, leggere l'opera maggiore di Kant, e della sua dottrina tornò adiscorrere un po' distesamente all'Accademia delle scienze morali e politichedi Napoli nel 1882. Dopo la solita accusa di scetticismo larvato, prese adesporte umoristicamente la teoria kantiana dell'esperienza, accennando ladecomposizione dell'atto dell' intendimento in forma a priori e contenuto aposteriori, o categoria e dato sensibile. Due elementi, che non sono separati,ma uniti indivisibil-mente. Come, adunque, S'incontrano e si uniscono?Nulla di più semplice. Quando il mondo esterno, la natura, viene col concorsodella sensibilità a bussare alla porta della intelligenza, questa sorge dal suoletargo, trae fuori dal suo arsenale le categorie, e risponde alla chiamatabattezzando e imponendo un nome al-l'obbietto, e impartendo con ciò a se stessauna esistenza e una realtà obbiettiva. Quindi l'esperienza è un battesimo incui il neonato, l'obbietto esterno, riceve un nome, una forma razionale che lotrasforma in un qualché d' intelligibile 1. E dopo questa caricatura,eccolo a far la voce seria e a rimproverare Kant di aver diviso i due elementidel-l'esperienza: chiudendo gli occhi, malgrado i magistrali lavori delloSpaventa, che c'erano stati in Italia, e malgrado le profonde interpretazionidi Schultze e di Beck prima, e poi di Fichte (che il Vera non avrebbe dovutoignorare), su tutta l'attività creatrice dello spirito, che plasma e governal'esperienza di Kant. Qui, se non confonde più categorie e noumeni,continua a ritenere sinonimi nel linguaggio kantiano noumeni, cosa in sé eidee, e la ragione chiama • facoltà dei nou- meni, cioè delle ideepropriamente detten e dalla semi-passività delle categorie, la cui funzione èsubordinata al concorso dell'oggetto esterno, argomenta: Se gli elementi,o principii che costituiscono l'esperienza, sono limitati, subordinati epassivi, ne siegue ch'essi presuppongono un principio attivo che li domina, cheè il loro comune prin-cipio, la loro unità, e di cui sono le differenze, imomenti. La cosa in sé, il noumeno, l'idea di Kant altro non può essere chesiffatto principio. Il noumeno è principio del fenomeno, vale a dire dellacategoria e dell'obbietto sensibile, come anche del loro rapporto, della lorounione, cioé, nell'atto sperimentale, nel fe- nomeno. E cosi, perintendere la sintesi a priori guarda all'estremo opposto di quello, a cui lastoria della filosofia già, continuando Kant, aveva guardato. Eppure, nell'Introduction à la philosophie de Hégel il Vera riconobbe che accanto airisultati negativi della critica, vi son pure in quella filosofia « des germessi fé-conds, des vues si larges et si riches, et une intuition si profonde dela science, qu'elle était destinée à susciter un grand et nouveau monvement» t.Ma li dall' indirizzo stesso della sua ricerca, in cui si proponeva di sbozzarein qualche modo il risorgimento dell'idealismo fino al suo culminare in Hegel,era stimolato a cercare in Kant l'addentellato della filosotia posteriore. Maanche li, quali sono pel Vera i meriti di Kant? Tutto si riduce a questo: cheKant, pel primo nei tempi moderni, ha ricondotto l'idealismo sul terrenodell'ontologia, provocando cosi, dopo Platone, una nuova ricerca sulla naturadelle idee. Infatti, « movendo dal principio che ogni conoscenza si fondasu una forma primitiva del pensiero, fu condotto a seguire il pensiero in tuttele sue applicazioni e in tutte le sfere della sua attività, e a fissare perciascuna d'esse l'elemento essenziale che la regge e determina. Dondenumerosericerche concernenti la cerchia intera delle cognizioni, la metafisica, lamorale, la natura, la religione, il diritto, l'arte, . dove Kant si sforzasempre di cogliere le leggi invariabili e assolute dell'intelligenza ». Sicchéil pregio dell'idealismo kantiano consisterebbe nell'esempio dato di unaindagine universale governata da unità di principii: l'unità della scienza edel metodo: « voilà le côté posilij el vraiment fécond de la philosophie deKant, et c'est par ce côté qu'elle se rattache au monvement ulté-rieur de laphilosophie allemande». Concetto che non gli potrebbe servire a una qualunquericostruzione di questa filosofia; se egli (messo, forse, sulla strada dallafonte di cui si doveva servire) non passasse poi a determinarlo altrimenti,facendo consistere l'unità di principio, portata da Kant in tutta la scienza,nell'idea considerata come condizione assoluta della conoscenza, e il processospeculativo da Kant ad Hegel nel passaggio dell'idea stessa da condizione dellaconoscenza a principio assoluto delle cose. Quel che segue infatti, dove passaa mostrare che i germi di questa trasformazione erano già in Kant, non puòessere pensiero del Vera, il quale non se ne ricordo mai, in séguito, nei suoigiudizi sul criticismo. Il passaggio da Kant a Hegel era per lui oscuro, e chisa donde è attinta questa giustissima osservazione, dove per altro taluneespressioni incerte e poco esatte tradiscono una conoscenza indiretta: che «nella filosofia kantiana, quantunque essa faccia una larga parteall'esperienza, considerata come condizione all'esercizio dell'intelletto e ilsolo mezzo di verificare il valore oggettivo delle sue leggi, il pensieroconserva la sua superiorità sull'esperienza, e, anzi che ricevere da essa lesue leggi, gliele impone in guisa che esso foggia (jaçonne] e si assimila ifenomeni, i quali non possono giungere a lui se non attraverso le sue forme ele sue leggi»; e quest'altra idea, più profonda, che «l'atto trascendente esintetico della coscienza, iopenso, vi è presentato come la condizioneessenziale e, per dir cosi, il substratam di ogni conoscenza, e costituentel'unità della coscienza e di tutti i suoi elementi, delle sue appercezioniinterne o esterne, delle categorie e delle idee come dei materiali fornitidall'esperienza ». 27. - Anche il passaggio da Kant a Fichte (il Verapare non sappia nulla dei minori kantiani che spianano la via a Fichte) è benerappresentato, almeno in appa-renza: osservandosi che le leggi del pensiero nonsono poi elementi vuoti e inerti, ma potenze, forze che producono i fenomeni; eche il loro centro è in quell'unità profonda dell'Io («la cui forma più elevataè l'atto sintetico del pensiero i); e però dall'Io scaturisce ogni attivitàdell'intelletto, e quindi questo mondo esterno e oggettivo, su cui l'intellettosi esercita. Donde Fichte, che pone nell'Io l'unità delle cose. Ma le pochepagine dedicate al pensiero di Fichte sono seguite da critiche, che dimostranola scarsa familiarità del Vera con quel pensiero in relazione ai principii piùprofondi della Cri-tica, e la sua incapacità di apprezzare storicamente questipunti capitali della preparazione allo hegelismo. Tutto il progresso diFichte è raccolto in queste tre osservazioni, superficiali o del tutto erronee:1) che Fichte ristabili l'unità della intelligenza, che Kant aveva spezzata conla sua divisione della ragione, in pratica e spe-culativa; 2) dedusse conmetodo rigoroso l'una dall'altra le varie parti della conoscenza, facendo cosìsentire sempre di più il bisogno e mostrando insieme la possibilità diorganizzare la scienza secondo i rapporti interni delle sue parti; 3) facendodell'Io il principio del pensiero e dell'essere, «provocava ricerche piùprofonde sulla natura e le leggi del pensiero e i loro rapporti con le cose, epreparava la via alla filosofia dello spirito di Hegel ». Ma la partenegativa, al solito, supera di gran lunga lapositiva; e le censure siaccumulano l'una sull'altra con una desolante inintelligenza. Eccone qualcheesempio. Le deduzioni di Fichte non penetrano gran che nella natura dellecose, di modo che non si vede né perché né come si producano le opposizioni ecome si passi da un termine all'altro. — Il non-io è contenuto bensi nell'Io (anzi,dice il Vera, dans la notion même du moi) ma questo punto non è dimostrato;perché Fichte non s'era elevato a quel metodo che ricava dal concetto di unacosa la sua differenza e la sua unità. Il suo metodo era ancora accidentale edestrinseco; e però egli ridusse tutte le opposizioni a quelle di lo e non-Io,laddove la contradizione c'è anche nel non-lo preso separatamente (bel gusto,invero, a prenderlo separatamente, dopo Fichte!). - E poi l'Io è un concetto ouna forza? (domanda, che è una rivelazione o una confessione rispetto allaposizione del Vera nell'intendere la natura del movimento del pensiero nellalogica hegeliana). - Ancora: I' Io di Fichte, se è un lo relativo, contingentee finito, si lascia sfuggire l'assoluto e l'infinito della scienza; se è l'Ioassoluto, allora la sua tendenza, il suo sforzo infinito per attingerel'assoluto è inesplicabile. E via di questo passo, o con questi salti. Ma ilpiù curioso è che il Vera infine dice: «Telles (0 sont les lacunes que présentla doctri-ne de Fichle et que Schelling s'efforça de faire dispa- raitre". 28. - E sorte non migliore, per iscarsa o nessuna conoscenzadiretta e per divergenza di punto di vista, capita quindi a Schelling, di cuiil Vera, non occorre dirlo, non sospetta nemmeno il reale motivo speculativo eil progresso vero su Fichte: e il cui sistema giudica, a un tratto, come «plutot une oeuvre d'arl qu'ane ocuore waiment scientifique,.. plutôt le produitde la jeunesse que de la maturité de la pensée d'une vive et riche imagi-nationque de celle intuition profonde et réféchie, qui est le résultat des procédéssevères de la sciencent. 29. - Se cosi giudicava i maggiori filosofitedeschi, che non fossero Hegel, qual meraviglia che non tenesse in nessunconto tutti i filosofi italiani? Quanto più d' ingegno e di dottrina spiegavail suo collega napoletano B. Spaventa a mettere, come si dice, in valorela filosofia italiana, dimostrando con le sue penetranti investigazioni itesori di pensiero che si celavano nelle sue viscere, tanto più il Vera, la cuicultura s'era formata fuori d'Italia, e che, scrivendo in Francia, aveva finitocol non dire più 'i francesi ' ma 'noi'=; e imbevutosi dell' hegelismo,non aveva più saputo guardare all'Italia con altri occhi, che quelli onde, ingenerale, tutti i romantici tedeschi vi guardarono commiserando 3; tanto più,il Vera, per cuidunque non esisteva il problema dello Spaventa, di edificaresulle fondamenta, e svolgere il pensiero italiano, movendosi dentro diesso e movendosi con esso, più s' impuntava, assai poco hegelianamente, adasserire che in Italia non s'era mai filosofato, e che bisognava rifarsi dacapo. Una eccezione parve talora farla pel Bruno, celebrato da Hegel come »nobile anima, che sente in sé l' immanenza dello spirito e intende l'unitàdella sua essenza e dell'essenza universale come tutta la vita del pensiero 7.Nella sua prolusione a Napoli, la occasione stessa l'obbligò quasi a ricordarei due grandi nomi na-poletani: Bruno e Vico. E il primo mise al di sopra delsecondo, quantunque manchi a quello « sopratutto il punto di vista, o concettoistorico, concetto importantissimo e che è il segno caratteristico, e dirò comeil trionfo della filosofia moderna»: e l'abbia invece il Vico, e sia anzi lasua originalità. Pure, «Bruno è un profondo me-tafisico, a tal segno ch' è comel'eco dell'antica filosofia e il precursore della moderna». Ma non andò (nécredo potesse con la cognizione che doveva averne) oltre tali e similigeneralità. A cui si attenne anche lo scolaro Raffaele Mariano in quelsuo pamphlet sulla filosofia contemporanea italiana, in cui si fece, come giàin altri scritti, organo del pensiero del Vera. Tra Bruno e Vico il Vera nonvedeva che tenebre. Di Campanella mai una parola, che io sappia. Vico è lodatocaldamente in un articoletto (L'esegesi), scritto in Inghilterra, nel 1857% conqualche accento di italianità: lodato come « genio profondo e originale», « unodei primi, per non dire il primo, ad entrar nella carrieran in cui andarono poitanto innanzi i tedeschi, della critica erudita e della filologia: come quegliche nel De antiquissima Italorum sapientia « ha poste le basi della criticafilosofica delle lingue», nel De unico principio et fine tris (sic) « ha postele basi della critica del diritto e nella Scienza nuova ha fondato la filosofiadella storia, e quindi i principii della critica storica. e con la sua teoriasul « vero Omero » va considerato «come il punto di partenza e il motore ditutte le ricerche posteriori sulla questione omerica.. Giudizio moltomodificato più tardi:, in parte corretto (in ciò che concerne il Deantiquissima ne aveva bisogno), in parte peggiorato e ravvolto in unapprezzamento complessivo superficialissimo. « Vico è un mediocre me-tafisico.Trasportando l'idea platonica, e anzitutto l'idea della repubblica di Platonenella storia comprese che avervi una storia ideale. Questo intese, ma malcomprese; e mal comprese ed attuò, perché alla verità e altezza del concettonon aggiunse una facoltà vera-mente speculativa». Non seppe addentrarsi nellacognizione dell'idea, «sia con uno studio profondo delle dottrine platoniche earistoteliche, sia con indagini proprie e veramente originali». Avrebbe dovutocostruire prima l'idea della storia, e indi desumere il fatto o storia realedelle nazioni. E invece mosse dal fatto, la storia di Roma, e però non potéintendere l'Oriente, la Grecia, il Cristianesimo e le nazioni e la storiamoderna (che sono, come ognun vede dall'indice della Filosofia della Storia diHegel, le altre parti della trattazione hegeliana, oltre la storia romana). Piùtardi disse che Vico intravvide, non vide la vera idea della storia!.Viceversa, discorrendone più di proposito nella Introduzione alla filosofiadella Storia :, tornava ad asserire che « il gran pregio di Vico, che niunopotrà rapirgli, sta in questo, nell'aver pel primo riconosciuto che l'idea è ilprincipio della storia». Ma, con l'usata deplorevole confusione,accettava l'inter- pretazione platonica che il Vico stesso fa delle sueidee, parendogli chiaro che «studiando la teorica platonica delle idee,comprendendo, cioè, l'importanza e la funzione dell'idea dell'universo, sigiunge naturalmente al punto di vista di Vico». E d'altra parte, guardando poiall'applicazione che il Vico aveva fatto della sua dottrina alla scoperta delvero Omero, dove il Vico non avrebbe inteso che l'idea non si manifesta se nonincarnandosi in certi individui, non dubitava di arguirne che *Vico nonintese la vera natura dell'idea, né quella del suo rapporto con la storia e conl'individuo ». E dopo Vico? «Vico», risponde per lui il Mariano, « èun'apparizione che non ha antecedenti e non lascia tradizione »3. E poiché Viconon ebbe coscienza della me-tafisica richiesta dal suo concetto storico dellascienza, si può dire che « il pensiero italiano chiuda il suo ciclo storico conBruno, e s'estingua, se cosi può dirsi, sul suo rogo». Doloroso a dirsi:l'Italia moderna non esiste nella storia, se esistere nella storia significarappresentare un'idea; o esiste pel suo papato. Dall'alto di questogiudicatorio universale, che diventavano quei pigmei di un Galluppi, di unRosmini, di un Gioberti, di cui faceva tanto caso lo Spaventa? Il Marianorisponde: 533 « A nostro avviso, i filosofi italiani degli ultimitempi non hanno contribuito in nessuna maniera con le loro dottrine almovimento e allo sviluppo del pensiero filo-sofico; poiché, oltre a venirequando tutto lo sviluppo di questo pensiero era già compiuto, essi si chiudonoin punti di vista esclusivi e subordinati. Le loro dottrine non sonosiste-matiche, nascono non si potrebbe dire donde né come, senza avernemmeno una coscienza chiara di se stesse, né della filosofia in generale; einfine segnano un regresso e una decadenza del pensiero. La tesi delloSpa-venta, che non intendeva si potesse trapiantare in Italia una filosofia laquale non avesse nessun appiglio nella tradizione del suo pensiero, e cheandava orgoglioso di aver dimostrato che tutti i nostri più grandi pensatori daBruno a Campanella al Gioberti s'erano mossi nello stesso circolo del modernopensiero europeo, pareva al Mariano e al Vera « falsasse il concetto dellafilosofia, del suo oggetto e della sua storia», uno di quei « tours de forceintellettuali, che non sono rari, che sono anzi disgraziatamente troppo comuni,e consistono nel mettere in una dottrina quel che è nel nostro proprio pensieroe nel pensiero d'un altro». Bella testa davvero quello Spaventa, cheveniva a dire 'a questi asini papalini degl' Italiani, che alla fine lafilosofia di Hegel non era poi l'ultima parola dello spirito speculativo, e nonsi doveva ripetere e commentare meccanicamente le sue deduzioni come tanteformole sacramentali. « Parole sonore, ma vuote. L'essenziale è intenderequelle deduzioni e quelle formole, come piace allo Spaventa di chiamarle. Ma loSpaventa le intende ? Par di no, dacché identifica [e non era vero]Gioberti e Hegel. Poi che il pensiero di Hegel possa essere ulteriormentesvolto e compiuto entro certi limiti, nessuno hegeliano, noi crediamo, sirifiuterà di ammetterlo. Ma se lo Spaventa avesse inteso la storia dellafilosofia e l'hegelismo, avrebbe visto che non sono possibili svolgimentiulteriori deviando o uscendo dal pensiero hegeliano, e in questo senso puòdirsi che la filosofia di Hegel sia per l'appunto l'ultima parola dello spiritospeculativo ... Che poteva essere magari la convinzione dello Spaventa,ove si dia a questa frase un significato rigoroso, che non era disposto dicerto a darle né il Mariano né il Vera, quando questi scriveva p. e, che « lafilosofia di Hegel chiude, quanto alle parti costitutive, il ciclo storicodella filosofia; quantunque non vogliamo negar con ciò la possibilità di altrisvolgimenti, ma sempre di un ordine particolare e subordinato, che il pensierofilosofico potrà ammettere »3. - Uomo pericoloso quello Spaventa, infidohegeliano! Quei suoi Principii di filosofia, cominciati a pubblicare nel 1867!Sempre quel suo fare d'uomo che dice e non dice (les mêmes allures contournéeset de-tournées !), quell'ambiguità di linguaggio, quell' hegelismo che non èpunto hegelismo: « una logica hegeliana che si dà delle arie di non sappiamoqual'altra logica: infine, una filosofia nuova, ma stranamente nuova, primaperchévi si dà per nuovo quel che Hegel stesso e dopo Hegel alcuni de suoi discepolihanno esplicitamente e da lungo tempo insegnato, e poi, sopra tutto, perché nonsi potrebbe dire che cosa è, donde viene e dove va, e perché non può averealtro risultato che di creare o perpetuare l'equivoco, la confusione el'indisciplina degli spiriti». Cosi dal Vera aveva imparato a giudicaredello Spaventa, uno scrittorello, che, tanto per accreditare la filosofiahegeliana, rifaceva in quattro e quattr'otto e tenendosi sempre sulle generali,senza analisi di testi, né discussione di punti controversi, la storia dellafilosofia italiana della prima metà del sec. XIX, e sentenziava che quellaspecie di eclettismo del Galluppi era un « fenomeno isolato e accidentale, chenon s'era accorto di venire al mondo quando il movimento filosofico tedesco conHegel era « achevé, lorsque l'idéalisme étail une doctrine constituée» (poveroGalluppi!). Il pensiero del Rosmini è più vasto e completo, ma è un vano sforzo• di risuscitare la filosofia scolastica, e, per questo rispetto, un regresso.Gioberti poi « non soltanto un'apparizione inutile nell'ordine del pensierocome in quello della storia, ma la negazione della storia e della scienza" 5 Lo Spaventa ne aveva fatto la satira anticipata. A proposito dicostoro che non vedevano nulla di nulla in Italia, e la filosofia morta da dueo trecento anni, e si scalmanavano a raccomandare l'idea, a rifarsi dalla idea,e sopra tutto a far come loro (e guardate a noi, fate come facciamo noi, e ditecome diciamo noi: uno, due, tre; e ritornerete vivi, sani e salvi; e saretefelici ») aveva ricordato « un tale, bravomo del resto; il quale ungiorno, di pien meriggio, nel mese di luglio, non sapendo che fare e avendoaccolto in casa, nel suo gabi-netto, numerosi amici, chiuse ermeticamente leimpostedelle finestre e l'uscio, e all'oscuro accese subitamente un suolumicino, e fattosi in mezzo, non per gioco, ma col maggior senno del mondo,esclamò: - Non temete; ecco, io vi riporto la luce!* E la satira conchiudeva: «Mi fu detto poi, che il brav'omo fini i suoi giorni al mani-comio, e nonparlava d'altro che del lume spento e del suo lumicino » 1. 30. - Quandonel 1855 imprese la sua volgarizzazione della filosofia hegeliana, Augusto Veranon s'era proposto se non di tradurre in francese la piccola Enciclopedia di Hegel,come già erano state tradotte le opere principali di Kant, Fichte, Schelling,l' Estetica dello stesso Hegel e una parte della Logica. Ma estremamenteprolisso com'era, e com'è degli scrittori che non approfondiscono il pensiero escivolano sulle difficoltà, postosi a scrivere un proemio introduttivo allatraduzione, la materia gli crebbe ben presto tra mani fino ad imporgli lanecessità di pubblicare questo scritto a parte, come formante da solo un tutto« indipendente, sotto certi aspetti, dal sistema di Hegel», le cui tre partipensò quindi di dare poi in tre volumi distinti. Se non che, nel 1859, quandopoté cominciare a pubblicare la sua traduzione, penso che se a tuttal'Enciclopedia aveva mandato innanzi una introduzione generale, una specialeper la Logica, ossia per la prima parte, da cui gli toccava di cominciare,sarebbe stata pure opportuna. E cosi per la sola Logica occorsero già duevolumi 3;come tre gliene occorsero poi per la Filosofia della natura 5infarcita di lunghissime note, oltre la solita vasta introduzione; e due infineper la F'ilosofia dello spiritos, ma grossi: perché, pubblicato a tre anni didistanza dal primo, il secondo gli parve che non potesse andar privo di unanuova speciale introduzione. E tra introduzioni prime e seconde, avant-propos eavertissem*nts premessi agli avant-propos, commenti perpetui, appendici,pole-miche, si esauri tutta la sua attività letteraria non impiegata neltradurre il testo. Tutta, o quasi tutta. Quando parve proporsi un tema ditrattazione originale, come il Cavour (1871) e il Problema dell'Assoluto(1872-82), in fatto continuò egualmente a discettare intorno all'uno oall'altro punto di dottrina hegeliana; e quando, come nel Problema dellAssoluto, doveva pure levar l'ala pervoglia di volare, finiva tosto per farecome il cicognino dantesco, che non s'attenta D'abbandonar lo nido,e giù la cala. E lasciava interrotto il lavoro. L'opuscolo sullaPena di morte (1863) 1, che, per il vivo interesse che suscitava allora la questionein Italia, fu degli scritti più noti, più letti e discussi del Vera 3, èanch'esso un commento a un'opinione dell' Hegel. L'Introduzione allafilosofia della storia (1869) sono corsi di lezioni raccolte da uno scolaro, lequali non hanno nessuna pretesa d'originalità scientifica. Lo Strauss,l'ancienne et la nouvelle foi (1873) si propone di chiarire e confermare lafilosofia della religione di Hegel contro il radicalismo teologico delloStrauss. Si può dire pertanto che tutta l'opera del Vera si riduca allatraduzione e al commento dell' Enciclopedia di Hegel con speciale insistenzasulla parte che riguarda la filosofia della religione. Opera certamenteassai benemerita pei vantaggi arrecati alla cultura delle nazioni latine,principalmente della Francia e dell'Italia, in un tempo in cui la filosofia diHegel era venuta in discredito, le sue opere apparivano in conseguenza assaipiù difficili che in realtà non siano, e facevano torcere il muso aglistudiosi, i quali non avrebbero forse letto nulla di lui, se non avessero avutoa portata di mano quell' Hegel volgare (come avrebbero dettoi nostri antichi),così agevolmente accessibile nello sciolto francese in cui il Vera lo dilavò, ecosi largamente illustrato da chi non dubitava di parlare come l'autenticointerprete dello hegelismo. Soltanto in questi ultimi anni le sue traduzionisono state, nel rinnovato studio di Hegel, riscontrate accuratamente conl'originale; e trovate malfide. Se nella prima traduzione della Logica glierrori d'interpretazione erano frequenti, i lettori non lo seppero forse primache ne li avvertisse lo stesso Vera quando li corresse nella seconda?. Lo stilediscorsivo, senza muscoli e senza nervi, del traduttore non somigliava punto aquello di Hegel: ma chi se n'accorgeva ? I punti più delicati edessenziali dello hegelismo nelle interpretazioni veriane andavano alterati. Ilcolorito generale e il carattere fondamentale di questa filosofia attraversoquelle interpretazioni eran cancellati o apparivano troppo sbiaditi. E questoera certamente difetto ingente per la fortuna del pensiero hegeliano e ilprogresso speculativo. Ma non è per altro da credere che una più schiettatraduzione e una interpretazione più rigorosa del pensiero hegeliano sarebbebastato in quel ventennio tra il 186o e l'8o in cui cadde l'opera del Vera, adare una direzione diversa allo spirito filosofico, preso com'era dalla bramadei fatti e dal disgusto d'ogni speculazione. E d'altra parte, c'è inogni grande filosofo e in ogni grande scrittore una folla di verità particolari,frammenti e scheggie luminose di pensiero, di cui giova pure arricchire edaccade sempre provvidenzialmente che venga arricchito il patrimonio generaledella cultura, e impinguato quello che si può dire il terreno spirituale, dacui germogliano, maturate che siano le stagioni opportune,i nuovi pensieri, eda cui pur continuamente traggono il loro succo vitale tutte le formedell'attività umana. Chi potrebbe dire, da questo aspetto, quanto sia ilbe-nefizio arrecato alla cultura dalle fatiche del Vera ? 3L. - Questa fula sua parte: la parte del commen-tatore, che si chiude nel pensiero del suoautore, quasi in un cerchio di Orbilio, e non vede come sia più possibileuscirne. Il « Commentatore» per antonomasia del medio evo disse di Aristotele,che egli era stato la regola della natura e come un modello in cui essa avevacercato di esprimere il tipo dell'ultima perfezione; posto al più alto gradodell'eccellenza umana, cui nessun uomo mai aveva saputo pervenire: disse la suadottrina « la verità sovrana: perché il suo intelletto è stato il limitedell'intelletto umano, sicché di lui possa a ragione dirsi esserci stato dallaProvvidenza dato per imparare tutto ciò che è possibile sapere»; e che insommaegli « è il principio di ogni filosofia: non si può differire se nonnell'interpretazione delle sue parole e nelle conseguenze da ricavarne». E lestesse cose, su per giù, ripete di Hegel, come già in parte abbiamo visto, ilVera, lieto di potersi dire «un hégélien pur, un hégélien à outrance n3; prontoa protestare che gli anni e la riflessione non facevano che fortificare la suaconvinzione che la philosophie de Hégel est la sente philosophie véritable, laphilosophie absolue »3; che sempre Hégel a raison contre tous4, perché egli ènon pure uno dei più potenti pensatori, ma il più potente forse che sia maiesistito s. Nella Introduction del 1855 riconosceva ancora un qualche valore alconcetto (hegelianeggiante) *di Leibniz della philosophia perennis; ma nel1873. polemizzando con lo Strauss « in nome della filosofia » teneva adichiarare com'egli la intendesse. « Per me, lo confesso, quando sento parlaredi una filosofia in generale, di quella filosofia che Leibniz e altri sulle suetracce chiamano col nome sonoro di philosophia perennis, chiudo gli occhi e gliorecchi, e preferisco non vedere né sentire, che sentire e vedere mercé d'unatale filosofia». E si appellava al principio, hegeliano senza dubbio, che lafilosofia non può essere che una determinata filosofia; ma continuava,distruggendo ipso facto il valore di quel principio: « E questa filosofia nonmi stancherò di ripeterlo, e, per quanto è in me di dimostrarlo, è la filosofiahegeliana » *; laddove una delle determinazioni essenziali della filosofiahegeliana era appunto questa di adeguarsi alla storia della filosofia o, se sivuole, alla philosophia pe-rennis, in cui tutte le determinate filosofie sonola filosofia veramente determinata. E da quest'angusta e in certo sensomaterialistica concezione della filosofia hegeliana, tutta chiusa in unaindividualità semifantastica, sorretta dalla rappresentazione di certi libri edi certe parole o di una certa persona vissuta in certi tempi e luoghi, il Veraera trascinato a perpetrare un vero tradimento di Hegel: da lui disarmato econsegnato, legato mani e piedi, al primo venuto dei suoi avversari. Poiché,una volta concepito un sistema filosofico come chiuso in sé, senza rapporti congli altri sistemi, prodotto di una speciale visione del mondo, che non ha chefare con gli altri possibili punti di vista, quasi spettacolo che si goda inuna stanza, e di cui non sia dato saper nulla a chi non vi entri, cotestosistema non si può più dimostrare a chi non sia già persuaso della sua verità;perde cioè la sua universalità,la sua verità, il suo valore di pensiero, chenon è mai atto di uno senza esser atto di tutti: perde la vita del pensiero cheè espansione e forza invadente, conquistatrice e trionfatrice; per diventareuna cosa, che sta dove la mettete, in eterno, ignara di sé, inerte, esposta allibito di chi vi si abbatta! Concezione strana, umiliante, ad accettar laquale, coraggiosamente, il Vera fu anche spinto da un profondo concettohegeliano, da lui inteso a metà: che la verità di un sistema sta dentro ilsistema e in tutto il sistema. Ma Hegel stesso andava subito incontro alpericolo d'una possibile interpretazione materialistica di questa proposizione,per cui il suo pensiero sarebbe rimasto disteso sovra un'altura inacces-sibile,concependo dapprima come una prima parte del sistema una Fenomenologiadello spirito come autoaf- fermazione della propria filosofia attraversotutte le posizioni storiche e ideali del pensiero, e premettendo poi all'Enciclopedia un'introduzione critica e polemica destinata a giustificare ilproprio punto di vista di fronte a quelli inferiori. Talché, se pure era nellasua dottrina, quale si venne scolasticamente consolidando attraverso levarie redazioni dell' Enciclopedia (nata per la scuola), la tendenza a fare delsistema un dato circolo chiuso, nel quale bisognasse penetrare per non so qualegrazia sovrannaturale o luce illuminante ogni privilegiato hege-liano; questatendenza era spontaneamente frenata e corretta dalla possente vita del genioinvestito dalla forza della verità. Ed era intanto punto capitale della suadottrina, che la critica di un sistema filosofico - e quindi il passaggio a unsistema superiore - non è critica soggettiva che altri possa fare movendo daprincipii di sistemi diversi, ma critica interna, autonoma, sgorgante dalleviscere dello stesso sistema; sicché non si sale slanciandosi in alto peraggrapparsi con la punta delle dita alla proda delle balze superiori, mafermando bene ilpiede sul grado già raggiunto, e di li sforzandosi di salire,costretti dallo stesso disagio della via erta ed arta, - per tornare ancora unavolta alle immagini dantesche. Sicchè la vera dottrina di Hegel è che la veritàdella sua filosofia, se, come sistema, vive nel circolo del suo pensierosiste-matico, si conquista attraverso tutte le filosofie, e si pone percio permotivi di verità che giacciono in tutti i sistemi. L' hegelismo che si chiudegli occhi e gli orec-chi, e, come la Notte di Michelangelo, vuole « non veder,non sentir, non è quell'originale hegelismo che figge per tutto il suo occhiosereno, certo che tutto che è reale è anche razionale, ma un hegelismo veriano,alquanto adulterato. E cosi accadeva al Vera, malgrado tutta la forzadel suo hegelismo, di trovarsi come chi, in paese straniero di cui ignorila lingua, abbia bisogno di far valere le proprie ragioni, e non trovi né ancheun interprete. Non sapeva parlar altro che l'« hegeliano » 1 Nellaintrodu-zione alla Filosofia dello spirito, dopo avere intravvedute ben seigravi obbiezioni contro il concetto da lui esposto del sistema hegeliano,dovendo ribatterle, si ricordò della sua teoria dell'hegelismochiuso, gia spiattellata tre anni prima nella nuova prefazione all'Introduction à la philosophie de Hégel, a proposito delle critiche del Foucherde Careil e del Trendelenburg; e si senti in dovere di fare questaconfessione: Nous commencerons par avouer que ces objectionsnOuS embarassent très-fort, et que nous ne voyons pas comment nouspourrions y répondre d'une manière satisfaisante, d'une manière, voulons-nousdire, qui satisfasse complètement celui qui nous les adresse. Car ce n'est pas nous autres hégéliens, bien entendu[l]. qui nous faisons ces objections, ou si nous nous les faisons, nous entrouvons aussi la solution. Seulement cette solution est valable pour nous,mais elle ne l'est pas, len général, pour les au-tres, c'est-à-dire pour lesnon-hégéliens (!).Et la raison en est bien simple. C'est que la solution estdans le système, et que par suite elle ne saurait être entendue et acceptéequ'autant qu'on est dans le système. Par conséquent, celui qui fait des objections,qui les fait hors du système, c'est-à-dire en se plaçant au point de vue del'opinion, de la conscience vulgaire et irréfléchie du sens commun comme onl'appelle, et même de la philosophie de l'entendement, et qui, avant d'entrerdans le système, demande qu'on lui réponde d'une façon qui leve complètementses doutes, demande ce qu'en réalité il n'est pas raisonnable de nous demander.Car ces doutes viennent précisément de ce qu'il demeure hors du système, et quesa pensée est impuissante à saisir la vérité systématique. Par con-séquent,tant qu'il n'aura pas franchi cette limite, et qu'il ne sera pas entré dans lesystème, toutes nos réponses et toutes nos explications devront nécessairementlui paraitre insuffisantes, par la même que sa pensée et notre pensée ne sontpas la même pensée 1. Non era questo un disarmareHegel e consegnarlo agli avversari? Tommaso d'Aquino, convinto che oltregli articuli fidei, ci siano anche i preambula ad articulos, aveva potutoscrivere una somma de veritate catholicae fidei contra gentiles; ma contro igentili dell' hegelismo il nuovo apostolis gentium non vedeva come un poverodiavolo d'apostolo se la potesse cavare: e badava a ri-petere il motto diAnselmo: fides quaerens intellectum, ma senza ottemperare troppoalacremente al maggior detto dello stesso Anselmo (Cur Deus hom*o, c. 2): «Ne- gligentiae mihi esse videtur, si postquam confirmali sumus in fide,non studemus, quod credimus intelligere! ». Il mo-mento della fede, comevedremo più chiaramente, era l'essenziale per lui. Questo infatti gli bastava areggere l'opera sua di paladino di Hegel. Non confessó quel tale, che moriva induello pel Tasso contro l'Ariosto, di non aver letto nessuno dei due ?I libridi Hegel il Vera certamente li aveva letti e ri-letti. Non tutti, forse, quandoscese in campo per lui con l'Introduction, né tutti poi con la stessaattenzione e diligenza. Il Janet • notò che in quella Introduzione manca ognimenzione della Fenomenologia; e la critica che già ne abbiamo rilevata controlo Schelling autorizza a crede che ei non avesse ancor letta la prefazione diquell'opera di Hegel. Doveva allora conoscere l'Enciclopedia e, in parte, laFilosofia della religione: in parte anche la Scienza della logica; ma cosìmale, da non essersi ancora reso conto ben chiaro della redazione di questeopere. Cosi allora dimostrava di sconoscere che le appendici (Zusätze) aisingoli paragrafi dell' Enciclopedia non furono aggiunte da Hegel stesso, bensidagli scolari (Henning, Mi-chelet e Boumann) che ne curarono l'edizione postumae si giovarono di appunti del maestro e di quaderni di scuola: Anzi,confondendo con tali appendici le osservazioni che Hegel infatti aggiunse perla prima volta nel 1827 ai singoli paragrafi, - che da soli formavano il testodella prima edizione (1817), - asseri 3 che Hegel nella seconda edizionecredette di aggiungere co-teste appendici, per rendere il suo pensiero menoastratto e più accessibile. E questo errore ripeté nel '59 nell'avvertenzapremessa alla Logica, aggravandolo di un'altra inesattezza che potrebbe far crederenon aver egli allora col secondo e col terzo volume dell' Enciclopedia postuma(detta ordinariamente Grande Enciclopedia, per distinguerla dalla Piccola, cuimancano quelle appendici) la familiarità che dovevaaver acquistato col primocontenente la Logica: perché dice che nel 1827 Hegel non diede propriamente unaseconda edizione di tutta l'Enciclopedia accresciuta delle appendici, ma dellasola Logica: « Par les deux autres parties de la Grande Encyclopédie n'ont paruqu'après la mort de Hégel dans Védition complète de ses oeuvres qui a étépubliée par le soin de ses disciples et de ses amis » 1. Apparse dopo lamorte di Hegel: ma già redatte da lui stesso, comprese le appendici, come ilVera tornò a dire chiaramente nell'avvertenza al primo volume della Filosofiadella natura *. Confusionis che potrebbero anche ascriversi asbadataggine di studioso inesperto d'ogni buona usanza filologica: ma che, sein parte son pure indizio di scarsa familiarità coi testi hegeliani, in questocaso son pure da riportarsi all'indole del suo spirito, di cui abbiamo giàcominciato a intendere alcuni tratti essenziali. Il Vera era cominciatomistico: scettico verso i metodi razionalisti, aveva asserito l'inconoscibilità delle essenze, e certa intuitiva rivelazione originaria di Dio,alla Jacobi. Il mistico non può essere idealista che a mo' di Platone:per cui la verità non è processo, ma conoscenza immediata e miracolosa,presenza dell'oggetto, in cui si prescinde dal soggetto o in cui perciò ilpensiero tende a risolvere e seppellire la propria soggettività. L'idea a chicerchi una tale verità si presenta e impone da sé; è se stessa; e non puòfarsi, ancorché definita come processo (diventa allora idea del processo, e,come idea, immobile). In quanto sistema, diventa sistema in sé, che non formala mente, ma è innanzi alla mente; e non è svolgimento;ma un tutto perfetto, insé, senza passaggio da altro a esso, né da esso ad altro. E filosofia che non èla filosofia, ma una filosofia, che ha fuori di sé le altre, il pensierovolgare, l'opinione, la filosofia intellettualistica, senza un ponte da questeforme mentali a essa. - O tutto, o niente; o scetticismo, o cognizione assoluta(idest, il sistema di Hegel), come badava a ripetere il Vera. E che cosa eraper lui la mente fuori dell' hegelismo? Se la verità era tutta dall'altraparte, di qua non ci restava nulla. La sua pertanto era una concezione misticadel- 1' hegelismo, per cui il rapporto dello spirito con la verafilosofia, o illuminazione mentale, veniva concepito come una unionesoprarazionale, di là dalla quale si sarebbe instaurata la razionalità dellospirito. E questa tendenza mistica del Vera, se io non m' inganno, gli facevaprendere in mano i libri di Hegel e non guardare attentamente alle prefazioni,non cercare le varie edizioni, non studiare la storia dei testi: giacché inogni tempo la misticità è stata nimica mortale di tutte le questioniconcernenti la lettera, come ad esse piace di dire, e non lo spirito, quali sonquelle di filologia. Pericolosissima china; giacché se questa tendenza nel Veracol dispregio della filologia portò l'impossibilità di una vera dottrinastorico-filosofica, nel discepolo Mariano, che avrebbe dovuto essere diprofessione uno storico del cristianesimo, frutto tutta una boriosa e vuotateorica di metodo storico, che è una delle più solenni e funeste falsificazionidella dottrina hegeliana, cioè della prima filosofia venuta in luce dacché ilpensiero prosegue la sua eterna fatica, a giustificare non solo, ma ad esaltareogni forma di storia; e nella scuola del Vera, tra i suoi insegnamenti distoria della filosofia e di filosofia della storia, fu piegata goffamente asignificare un pensiero rispettoso bensi a parole della storia, dellosvolgimento, della determinatezza, ma, nei fatti, di una tracotantesvalutazione d'ogni sincera ricerca dellastoria, ossia dei particolari piùdeterminati, in cui pur consiste il concreto svolgimento del reale. 32. —Della quale tendenza, mistica e però antisto-rica, della mente del Vera si potrebberoraccogliere ne' suoi scritti molte manifestazioni. Il Janet, in un suo articolosul primo volume della Filosofia della religione notava finemente che il Vera,nella lunghissima introduzione che mise di suo in quel volume per ragionare deirapporti tra filosofia e religione, «est encore ici fort dans la discussion,vague et obscur dans la conclusion. Il ré-sume très-bien toutes les manières dese rapresenter le rap-port de la religion et de la philosophie. Mais on ne vorttrop quelle est la vaie». E nel '73 lo stesso Vera contro Strauss osservava chela posizione da costui assunta era très-nette. E,soggiungeva «les positions très-nettes sont souvent, surtout dans la science,très-fausses, par la raison même qu'elles sont très-nettes, par la raison,veux-je dire, qu'elles mutilent les problèmes, et qu'en les simplifiant lesfaussent». Ragione hegeliana e piena di verità; ma pretesto, pel Vera, econforto a non trarsi fuori da quel- l'oscuro, da quel vago che il Janetgli rimproverava, e a restare irresoluto tra il sì e il no. Giacché sarebbeinvero assai volgare insolenza asserire di Hegel, nuovo e pit rigorosoassertore della dialettica del sic et non, che ei si tenesse perciò di quadalle soluzioni très-nettes! Ché se rifiutava, e metteva in satira anche lui,le soluzioni semplicistiche dell' intelletto astratto, poneva nettissime, persuo conto, quelle della ragione. E non era il Vera che potesse in nome delladialettica accamparsi contro il semplicismo e l'astrattismo dei semplificatori;egli chenon sapeva entrare nella realtà se non armato di astratte definizioni;e si scalmanava contro chi nella realtà vedeva si quei concetti, ma limitati ecommisti ai loro contrari; e lo Stato reale, p. e., essere e non essere Stato:la Chiesa essere e non essere Chiesa; e l'esercito essere e non essereesercito; e cosi ogni cosa, non in quanto considerata nel mondo intelligibile,a cui egli platonicamente guardava, ma in quello reale, in cui, con tanto pocogusto (a quel che pare), era pur costretto a vivere. Egli è piuttostoche, com'è proprio dei mistici, il Vera, da una parte, doveva dilettarsi dicotesto mondo di puri intelligibili, che appunto perché tali sono estranei allavita dell'intelligenza e non si pongono se non per negazione o una meraaffermazione immediata dell'in-telligenza, e poteva d'altra parte riuscir piùnella critica e demolizione che nell'affermazione e nella dimostrazione.Giacché questo è uno dei caratteri del misticismo: che non rifugge bensi dallafilosofia, ma si pasce di una filosofia negativa che ha per conchiusione, com'è facile scorgere nella storia della mistica, una dotta ignoranza: hoc unumscio. Così nel Problème de la certitude, della età giovanile, il verbo dellaspeculazione veriana era stato lo scetticismo: la sua affermazione dommatica untimido e vago tentativo di filosofia dell'intuizione immediata di Dio,conosciuto come che, ma non come quale: postu-lato, non propriamenteconosciuto. Quella stessa menta-lità, abbattutasi quindi a una conoscenza menosuperficiale dello hegelismo, presa di ammirazione per quella vastasistemazione del mondo contemplato sub specie aeterni, cambiò forma, nonsostanza; e sotto il nuovo abito rimase presso che immutato il vecchio Vera.L'oggetto del suo mistico intuito (conoscenza immediata, senza processo) eraprima quel Dio inconoscibile e indi- mostrabile, di cui non si potevafare a meno; ora è il sistema hegeliano, cioè, non propriamente unafilosolia,ma un xóguo vontós, e insomma Dio stesso, quello di prima, egualmenteindimostrabile e irraggiungibile con un processo di pensiero. 33. — Epure nell' Introduction volle scrivere anche lui, come già tanti altri mistici,il suo itinerario della mente a Dio: o come egli disse, mettere sotto gli occhidel lettore «les recherches qui nous ont conduit nous-mêmes à l'intelligence dela philosophie hégélienne»t, Ma, posto quel concetto del sistema chiuso, cheper allora covava nel profondo della sua mente, che itinerario poteva essere ilsuo? Sarebbe facile dimostrare che questa specie di itinerario procede, nonaltrimenti da tutti gli scritti consimili, per presupposizione, fin daprincipio, del punto d'arrivo, e per conseguente critica e negazione delleposizioni diverse: non muove da queste, e non dimostra realmente il punto a cuivuol pervenire; non è insomma un processo. E già noi vedemmo a chesi riduca pel Vera il movimento da Kant a Hegel. Dopo un brevissimo capitolo(di tre pagine) sulla « fisonomia generale della filosofia di Hegel», in cui sicoglie, ma assai estrinsecamente, un tratto senza dubbio essenziale di essa,qual è quello della storicità sua, oggettiva e soggettiva, in quanto essaconcepisce il suo oggetto come manifestantesi attraverso il movimento storico esé stessa in intima e necessaria relazione con la propria storia 1, il Verapassa subito a dimostrare quella sua tesi, che già conosciamo, tutti ifilosofiessere idealisti senza saperlo: poiché, nell'antichità e nei tempi moderni,tutti, compresi i materialisti, han sempre mirato all'idea; poiché nessunfilosofo mai ha potuto fare a meno dei principii che sono al di làdell'esperienza. Basta pel Vera esser metafisico per CS- sereidealista; e in questo senso egli pensa che in ogni filosofia sia un germe diverità, che si deve svolgere e compiere, e non si può negare. Vale a dire,all'esclusi-vismo dei vari sistemi che ricorrono a una o più idee, bisogna sostituireuna filosofia comprensiva che le accolga tutte e le organizzi; fare insommaquel che aveva fatto Platone, quantunque ora si possa fare un po' meglio.Sicché l'oggetto della filosofia, quale egli lo concepisce, non è diverso daquello che aveva dato vita all'idealismo platonico; né egli sapeva concepirealtra filosofia che sul tipo di quell'idealismo, e quasi frammento di esso.Quindi tutto il resto della sua Introduzione, prima di quel rapidissimo schizzodell'Enciclopedia hegeliana che forma la seconda parte del volume, è tutta unapolemica per determinare il concetto della filosofia, come scienza delle idee,e il metodo di essa, che all'organismo delle idee non può adeguarsi se nonmercé la dialettica. Tutto 1' itine-rario, adunque, consiste nel mettersidentro alla verità, fin da principio, e difenderla contro gli errori. 34.— Ma se la filosofia per Platone e pel mistico era pura contemplazione,parrebbe che il Vera ne avesse un concetto assai più profondo e nuovo, dovesostiene che essa è non solo una spiegazione della realtà (inten-dendo perspiegazione la contemplazione appunto di tutto il reale in idea), ma « anche eper ciò stesso, una crea - zione": e una creazione,com'egli dice, nel solo e vero senso del termine»!. Ma dal detto al fattocorre8ran tratto; e quando deve realmente concepire questa creazione chedice di concepire, la cosa non gli riesce; perché tutto si riduce a dire che leessenze, l'assoluto, le idee sono eterne, e che di creato e generato non v'è senon i fenomeni, le esistenze particolari e finite; le quali sono createappunto, dall'assoluto, che ne è la ragion d'essere; e che la filosofia, se haper oggetto l'assoluto, deve non solo sapere come l'assoluto genera leesistenze particolari e finite, ma deve in certo modo (d'une certaine façon»!)generarle essa stessa, perché, se non si vuol negare la scienza, bisognaammettere «qu' il y a un point où la connaissance et l'être, la pensée et sonobjet coincident et se confondenti. Bisogna ammettere; ma è questo il punto:hoc opus! E il Vera si sente tanto poco di superate questo punto, che passasubito a intendere la creazione in un altro modo: nel senso cioè che lascienza, elevandosi all'assoluto e cogliendo la natura intima degli esseri,elle refait et dédouble en quelque sorte leur existence». Sicché, «d'unecertaine façon » prima, e «en quelque sorte » poi: e la creazione vera epropria «nell'unico senso del ter-mine» non si vede e non si tocca mai.Giacché, se c' è duplicità tra il processo dall'assoluto al relativo e ilprocesso dalla conoscenza dello assoluto alla conoscenza del relativo, il duenon è uno, e non solo si rinunzia alla creazione delle cose per tenersisoltanto alla cognizione delle cose, ma pare anche si abbia una certa voglia ditinunziare altresi a quell'unità del sapere e dell'essere, senza di cui purs'intravvede non essere vero sapere. Conchiusione innanzi alla quale siritira sgomento il pensiero del nuovo hegeliano. Egli infatti, a questo punto,per garentire il carattere creativo della cognizione assoluta sottraendola aquell'ombra che sarebbe per lei quel doppio, contorce e trae a un significatoimproprio la dottrina hegeliana del rapporto della natura con lo spi-rito. Lavera creazione, egli dice, non è quella che dal-l'assoluto va al particolaredelle esistenze finite. Perché la natura, considerata in se stessa eindipendentemente dallo spirito, è un'esistenza morta, priva di coscienza e dipensiero, un aggregato di elementi e forze individuali e isolate, che non hannoin se stesse il loro legame, il loro principio e il loro fine; e lo spiritostesso ne' suoi gradi inferiori, per cui è a contatto della natura, in quellasua vita oscura e irriflessa in cui s'ignora e mescola e confonde tutto, e silascia avvolgere nell'infinita varietà dei fenomeni e delle sensazioni, haun'esistenza imperfetta, « che non risponde né all'idea della scienza, né aquella dell'assoluto». Ora questa imperfezione sparisce per opera dellascienza, la quale « completa e rifa l'esistenza della natura e dello spirito, elevandoli,con la riflessione e col pensiero, fino al loro principio, dando loro lacoscienza di se medesimi e ordinandoli secondo la ragione. 1. Se non che,questo processo dall' imperfetto al perfetto, dalla natura allo spirito, e daigradi inferiori di questo ai gradi superiori, in Hegel è, e non può esserealtro che un processo ontologico, il processo dall'assoluto alla coscienzadell'assoluto, o dalla idea logica allo spirito as-soluto. Ma, per intenderequi la creatività di questa scienza che rifà, noi dovremmo ritornare sulprocesso stesso e ripercorrerlo, secondo la concezione del Vera. Chi gligarentisce che il secondo viaggio non sia inutile, e serva anch'esso a crearequalche cosa? Perché il processo gnoseologico creasse davvero, non dovrebberifare l'ontologico, mettendosi fuori di esso, come altro da esso, ma fare,semplicemente, continuando quell'identico processo; e la scienza non dovrebbeguardarsi indietro. Il Vera non ha quest'orientamento. Il suo assoluto èdietro le sue spalle; ed è necessario che egli si rivolti.Con la scienza sicorregge il fatto e la realtà materiale, con una specie di creazione continua,« per cui l'assoluto entra più profondamente nella vita del mondo perimprimervi una impronta sempre più visibile di se stesso, e farlo sempre più asua immagine». Egli è persuaso che « sans doute, l'absolu et le monde, l'idéeet le fail, la pensée et sa réalisation matérielle demeureront fowjoursdistinels, et même, dans une certaine mesure, opposés » 1, L'Assoluto è primadel mondo, che deve rassomigliarvisi; deve e non può, pei limiti della materia,al di sopra della quale lo spirito si solleva, per riunirsi alla sua origineideale. E la vecchia posizione platonica. 35. - L'essenza,inconoscibile nel Problème de la cer-titude, ora per definizione è conoscibile.E un progresso questo? Quella scepsi conteneva un bisogno e un'affer-mazione:quel bisogno e quell'affermazione che minavano da secoli l'universale astrattodella filosofia greca, e che dopo Hume dovevano far nascere la critica di Kant:la realtà non si coglie con idee astratte; cento talleri si possono pensarebenissimo senza che perciò esistano. Che cosa manca loro? Cartesio avevatrovata la via: cogito ergo sum: un ergo che non è sillogismo, che non muove daidee, da quegli universali, in cui ancora il Vera faceva consistere l'assoluto.E si domandava: se di ogni essere c'è un'idea corrispondente, ne segue chequella idea sia la sua essenza? O c'è, oltre l'idea, « un'esistenza più alta epiù profonda di cui l'idea non sarebbe se non la forma, una forza di cui lanatura intima ci sfugge, e che avrebbe la sua radice nell'essenza divina, oche, per dir meglio, non sarebbe altro che quest'essenza stessa?». Questa erala dottrina sua del 1845. - Ora la sua risposta suona il contrario; e laragione che gliha fatto cangiare avviso è questa: che ove si ammetta un'essenzadi là dall'idea, quest'altro quid non è pensabile se non per mezzo di idee. Mala verità è che, non avendo egli prima approfondito, attraverso Kant (che nonaveva letto), il significato della esigenza a cui obbediva il suo scetticismo,ora è di troppo facile contenta-tura; togliendosi per essenza appunto quelloche come mera idea gli appariva una volta ben altra cosa dall'es-senza, erinunziando di fatto all'essenza più preziosa, che allora desiderava. E che?dice ora per consolarsi, facendo il verso al Socrate di Platone: « quandostudiamo l'anima, non tale anima in particolare, ma l'anima in generale noivogliamo conoscere, né crediamo di possedere la scienza dell'anima se nonquando possediamo cotesta conoscenza»*: come se con l'anima in generale cifosse, o ci potesse essere un'anima! Giacché il destino curioso di questohegelismo veriano, come del platonismo, è proprio questo: che queste idee cheson tutto, poi non sono niente: e pel Vera rimangono come abbiamo vistoassolute possibilità o virtualità. Ma come con un tal concetto dell'idea,che non è Thathandlung dell' Io (per usare la gran parola di Fichte), matermine esterno o eterno presupposto del pensiero, può egli ammettere unadialettica nel senso hegeliano? Sorvoliamo sui rapporti che il Vera vedetra la dialettica di Hegel e quella di Platone; e tocchiamo brevissimamente delsuo modo d' intendere la prima nell'Introduction e nelle opere posteriori. Qui èil centro del suo hegelismo. In tutti i suoi seritti, se si paragonano aquell'articolo del 48, che abbiamo altra volta analizzato, non c'è pro-gresso,ma sempre un medesimo concetto che torna su se stesso, si rafferma sempremaggiormente e si ribadisce. Li egli saltò il fosso, sembratogli giàabisso invalicabile,affermando, come vedemmo, la posizione, innanzi alpensiero, non dei contrari singolarmente presi in astratto, ma della lorounità. Nella Introduction dice che, se i membri della contraddizione presiseparatamente sono incompleti e falsi, si contraddicono in quanto sono inrapporto tra loro mediante un terzo termine, che « non è nessuno di essi presisia separatamente sia congiunta-mente, ma è tutto insieme se stesso e i duetermini che esso involgen 1, sicché « l'essere e il non-essere si trovanoidentici nel divenire n. Posti cosi l'essere e il non-essere, e in generaletesi e antitesi, non come momenti, ma come elementi della sintesi, ci puòessere quel movimento soggettivo, che già illustrammo: ma oggettivamente c' èla sintesi, stabile e fissa, identica a se stessa. Dei tre termini, idealogica, natura e spirito, la realtà appartiene al terzo termine, che contienenel suo seno fin dal principio gli altri due: e dentro lo spirito ogni triadenon avendo mai una tesi, da cui sia da sviluppare un'anti-tesi, è come un fiumedipinto, la cui acqua non scorre. Tutto il congegno del movimento èarrestato da un pensiero intuitivo che impietra l'oggetto suo. 36. —Quasi tutti gli hegeliani s'erano travagliati e si travagliavanonell'intelligenza del dialettismo dell'idea hegeliana. Vedremo quali sforzicostasse questo punto a Bertrando Spaventa. Al Vera, quand'ebbe pensato cheessere e non essere fanno uno nel divenire, il passaggio dall'uno all'altroapparve cosi ovvio, così semplice, che nulla più (infatti era un passaggio chenon passava!). A proposito delle critiche del Janet: « Il fant voir »,diceva tutto meravigliato, «dans quel dédale inestricable de rai-sonnements M.Janet s'engage à cet égard, sans se rendre compte ni du point de départ ni dupoint d'arrivée».era dimenticato, a quel che pare, del suo labirinto del1845). L'essere, che è il termine più astratto, da cui il pensiero possamuovere, non è se non l'essere: e tutto ciò che si può dire di esso è, che essoè. E anche dicendo questo, non si rappresenta il suo concetto secondoverità; perché il pronome e la terza persona vi aggiungono elementi e glidanno una forma che gli sono estranei, e appartengono a determinazioniulteriori dell'idea. Peggio poi se vi s' introduce il concetto del vuoto, comeha fatto l'Erdmann, o pure il pensiero, come ha fatto Kuno Fischera. Quinoi siamo nella sfera della scienza, e l'essere è colto dal pensiero tal qualeè nel suo concetto. L'essere è nel pensiero, è l'essere pensato, ma ilpensiero, per coglierlo nel suo vero concetto, deve pensarlo qui come essere enon come pensiero, perché, pensandolo come essere pensato, vi aggiunge unelemento o una proprietà, che esso, in quanto essere, non ha. Con quest'aggiuntasi facilita la dimostrazione, ma non si ha più la vera dimostrazione. L'esserenon è altro che l'es-sere, l'essere assolutamente indeterminato, e però non sipuò dire neanche che esso è, e per ciò stesso non è, o è il non-essere. Oral'essere che non è, o che è il non- essere, è anche il non-essere che è,ossia è il divenire. * E la dimostrazione più semplice, più diretta e piùvera del passaggio dall'essere al non essere nella loro unità, il divenire »3.Dimostrazione, la cui ingenuità salta agli (Si —occhi; perché mentre si diceche all'essere non si deve aggiungere il pensiero, si fa divenire l'esseremettendoci dentro questo pensiero: che non si possa né anche dire che esso sia,- Nella introduzione alla Logica * (1859) aveva detto: « L'essere puro è l'essere,ma l'essere che non è se non l'essere, e che, per questo fatto che non è se nonl'essere, richiama il non-essere, o il non-essere dell'essere, o, se si vuole,ciò che l'essere non e.... In altri termini, i due concetti di essere enon-essere sono inse-parabili: dato l'uno, è dato anche l'altro, e quel che èuno, è l'altro. Formano, per conseguenza, un solo e stesso concetto, e questoconcetto è il divenire ». Dove di chiaro non c'è se non l'unità del divenire;ma quell'essere che si tira dietro il non-essere, anch'esso, come l'altro diprima, non può farlo se non aiutato dal pensiero, che lo mette in rapporto conquel che esso non è. - In una nota al § 87 della Logica in altra forma ripetelo stesso. « L'essere che non è se non l'essere, è l'essere assolutamenteindeterminato, e per quanto è permesso di far intervenire qui la possibilità ela cosa, si potrebbe dire che esso è la possibilità assoluta di tutte le cose,ma che non è nessuna cosa, non è niente; e che quindi è il niente, il non-essere», Se non che qui ha un vago sentore di certe difficoltà; ma non le affisa difronte, e se ne lascia sfuggire tutto il valore. In primo luogo egli siobbietta: Altro è dire che l'essere non è niente, altro dire che è ilniente. Cioè la prima volta si nega dell'essere ogni determinazione; laseconda lo stesso essere indeterminato. Ma il Vera non intende la cosa contutto questo rigore, perché risponde che « qui si tratta del nienteassolutamente astratto, o, se si vuole, del niente assoluto; di guisa che direl'es-sere non è niente, torna lo stesso che dire: l'essere è niente o ilniente. Il che non è vero, evidentemente. L'assolu- tamente astratto, ilniente, di cui si parla qui, è il non - determinato, non già ilnon-indetermi-nato!. - In secondo luogo: questo niente, questa negazione primae assolutamente astratta non Viene qui ad aggiungersi all'essere,dal di fuori? - E anche qui una risposta insufficiente: « Il niente non è senon il niente dell'essere: il non essere. E l'essere che si nega egli stesso». La risposta può avere un significato solo a un patto: che s'intenda ilnon-essere come non-essere dell'essere, in quanto il concetto dell'essere nonpuò prescindere (come fu detto nell' Introduction) dal concetto del non-essere; e che cioè il divenire è prima dell'essere e del non-essere 3. -L'essere, insisteva contro il Trendelen-burg, passa nel non-essere perché non èaltro che essere, per la sua assoluta indeterminatezza e astrattezza: e nellamassima astrattezza dell'essere e della sua negazione sta la difficoltà delpassaggio. « Via via che si procede nell'evoluzione dell'idea, si coglie piùfacilmente il passaggio reciproco dei termini, perché si hanno termini piùconcreti, come lo stesso e l'altro, l'uno e il più, la causa e l'effetto, ecc.,tra i quali si trova più facilmente un rapporto, laddove al principio non si hase non l'essere ». 37. - Questa è certamente la via da battere perafferrare il senso segreto della dialettica hegeliana: la quale, ormai èchiaro, malgrado le proteste dei semplicisti alla maniera del Vera 3, nonpervenne in Hegel alla chiaracoscienza della propria natura, come è dimostratodal ginepraio, in cui si son trovati involti i suoi seguaci. Ma quella è unavia che non spunta, o meglio riconduce alla vecchia filosofia da cui si crededi allontanarsi, se non si bada bene a considerare che non è via già bella efatta innanzi al pensiero, e che al pensiero non resti se non di percorrere, maè la via del pensiero, la via che esso si apre e che prolunga in eterno. Esseree non-essere sono identici (e differenti) nel divenire; ma il divenire non èniente più dell'essere che si pretende di superare, se esso stesso rimane difronte al pensiero, e non è appunto esso il pensiero che ha negato l'essere.Perché il divenire non ha da essere giustapposizione de due momenti, macompenetrazione e unità intima: la quale non è cosa, ma atto: non è termine dipensiero, ma pensiero; non è punto a cui il pensiero pervenga e da cui poidebba muovere, ma lo stesso movimento del pensiero; non è limite, ma posizionedi limite, e opera dell' illimitato. Se il divenire si vuol concepire comel'organismo, di cui essere e non-es-sere siano le membra indivisibili, ebbene,si badi che l'organismo non è il corpo che la vita debba investire o con cui debbaaccoppiarsi: l'organismo in tale astrattezza esanime non vale né più né meno diun membro avulso dal resto: è la morte. L'organismo è organizzazione continua eattualità, è anima, che crea gli organi. E così il divenire, se dev'essere larisoluzione vera degli opposti, dev'essere pure l'energia creatrice di essi:cioè, come di- cevo, il pensiero.Non basta perciò dire rapporto,anteriore ai termini: bisogna concepire questo rapporto come rapportovivo. E dalla logica movendo, come fa il Vera, per la natura allospirito, non basta dire, com'egli dice, coerentemente alla sua intuizione delmondo hegeliano che a c'est l'esprit lui-même, ou l'idée en tant qu'esprit, quipose la logique et la nature»t; e che «la pensée (= l'esprit) est l' idée activeet creatrice»; e che questa attività non è l'activité qui créeaccidentellement, ni l'activité qui crée hors d'elle-même un monde antrequ'elle-même, mais L'activité qui crée au dedans d'elle-même, qui crée un mondequi n'est pas autre qu'elle-même, mais l'autre d'elle-même, si l'on peut ainsis'exprimer, et qui crée pour être elle-même, c'est-á-dire pour être dans laplénitude de sa nature et de sa réalité»: bisogna che questo non sia soltantoil pensiero in sé, il pensiero che pensa se stesso, di cui parla Aristotele, ilpensiero divino: ma appunto il nostro stesso pensiero, tanto più divino quantopiù nostro, colto nella realtà massima della nostra intima soggettività eindivi-dualità, dove più vibra l'attualità del mondo. E perché questo pensierosia davvero il pensiero vivo, esso appunto bisogna che divenga, e si muova, eviva insomma, e vibri, e in esso vibri il mondo: e che non rappresenti iltermine fisso d'ogni desio, la morta gora ove precipiti ogni acqua correntedell'universo. Che se col Vera si dice "tout devient hormis lapensée, et tout devient parce qu' il n'est pas la pensée, et pour devenirpensée, el exister en tant que pensée»3, questo pensiero diventa qualche cosadi trascendente il pensiero storico e il mondo, e però assolutamentetrascendente; e quindi il suo stesso processo ideale (posizione e negazione dellogo e della naturaper la posizione di se medesimo) diventa tutto un processotrascendente, come la processione dello spirito nella teologia cristiana; etutto l' immanentismo di Hegel sfuma, e la sua dialettica s'irrigidisce nelmondo ideale, di là da ogni reale accadimento, e concepito ancora una volta,alla maniera del vecchio Platone, come natura (ancorché ideale) e non più comespirito. Il Vera vi dirà in tanti modi diversi, perché messo sull'avviso datante esigenze interne dell' hegelismo, che «ce qui devient n'est pas étrangerà la pensée» e che « il faut même dire que c'est la pensée qui pose sondevenir, et que, s' il devient, c'est précisément que la pensée est en lui». Madistinguerà allora tra pensiero in potenza e pensiero in attor e il pensieroimmanente nel mondo lo portà come pensiero virtuale («sculement la pensée n'esten lui que virtuellements). Tal quale è concepito il pensiero daAristotele. « Tout se ment en vue de la pensée, et tout est má par la pensée».Il pensiero è il motore immoto. Perché il pensiero « atto assoluto» è unitàd'intelligenza e intelligibile, come totalità dell'idea una esistematica. Due, dunque, i difetti capitalissimi di questa dialet-tica,a cui si solleva il Vera: 1) che il pensiero, e nel pensiero tutto il processodel reale nelle sue forme ideali o intelligibili che aristotelicamente il Veraè costretto a inchiudere nel pensiero stesso, è un pensiero trascendente, ilcui processo pertanto è egualmente trascendente; 2) che, cometrascendente, cotesto processo è un processo ideale senza essere un processoreale; non è un vero pro-cesso. Due difetti che sono un solo: la negazione purae semplice della dialettica hegeliana, sfuggita dal mondo, di sopra alla testadel filosofo.38. - Situazione disperante per una filosofia che avesse miratoalla comprensione della realtà determinata, attuale, storica, del sistema,insomma, in cui è il soggetto artefice della filosofia, anzi dello stesso mondonel sistema di esso soggetto; ma il più comodo dei piani inclinati in cuipotesse scivolare un temperamento mistico, portato perciò stesso alla negazionedi ogni determinatezza e della propria concreta individualità. E allora s'intende da una parte il vuoto di tutte le discussioni di Augusto Veraintorno ai problemi storici e concreti: esempi solenni le sue lezioni difilosofia della storia, uno dei libri più flosci e vacui, che si siano maipubblicati, pur essendovi gettati dentro, come in un sacco, taluni dei piùforti pensieri che siano stati mai pensati, ma tolti dal sistema e dall'animache li regge nella mente poderosa di Hegel; nonché quella lunga filatessa chereca il titolo di Cavour e libera Chiesa in libero Stato (1877), con annessaprefazione, apparsa la prima volta nella traduzione francese, la più stranadiscussione che si possa immagi-nare: rivolta a combattere il pensiero d'unuomo e un uomo e un sistema e tutta la storia d'un popolo, il tutto speculatodentro una formola (libera Chiesa ecc.), quando il più elementare buon sensorichiedeva che si cercasse com'era nata quella formula, nelpensiero dell'uomo, nelle circostanze e dottrine che all'uomo l'avevansug-gerita, e quali problemi, dentro quali limiti, essa mirava a risolvere, e insommaquale ne era il proprio e genuino e determinato significato. Perché egli èchiaro che l'intelligenza del Vera era la più antistorica e antibegeliana checi potesse essere. E s'intende d'altra parte il segreto motivo della preminenteimportanza da lui attribuita alla questione religiosa e quel suo perpetuobisogno di rifarsi da essa, quantunque la filosofia che aveva alle mani non glidesse modo di ottenerne una soluzione per lui molto soddisfacente.Egli è che alVera, come a tutti i mistici, il mondo restava scisso in due mondi: uno deiquali non era il suo, e (ahimé!) era tutto. In fondo alla lunga introduzionepremessa al primo volume della Filosofia della religione, dopo centocinquantapagine di schiarimenti, sentiva che gli si sarebbe potuto opporre: - Voi diteche il pensiero è l'assoluto, e che come tale è il principio supremo ege-neratore delle cose. Sicché, tutte le cose saranno pensieri. Intanto,riconoscete anche voi che c'è qualche altra cosa oltre i pensieri, poichéparlate di rappresentazione, fenomeno, natura e spirito finito. Questa qualchealtra cosa, avrà essa un altro principio? E com' è che l'asso-luto non basta ase stesso? E come conciliate l'idea o il pensiero con la storia? « La storia èmoto, sviluppo, trasformazione, laddove l'idea, il pensiero, l'assoluto èl'assoluto precisamente perché esclude ogni trasformazione ogni cangiamento,ogni divenire. Infine voi dite che l'idea è insieme forma e contenuto. E stabene. Ma l'idea sarà sempre un contenuto ideale, laddove il contenuto che la storiasviluppa e aggiunge incessantemente a se stessa è un contenuto sensibile,fenomenico, reale. Cosi ci sono due mondi....». Obbiezioni che colpivanoin pieno petto. Ebbene, risponde il Vera, noi in parte abbiamorisposto a queste obbiezioni; ma le ripiglieremo e le esamineremo neivolumi seguenti, che trattano più specialmente delle questioni a cui questeobbiezioni si riferiscono, e che si possono in generale designare come ilproblema storico. - Ma nel secondo volume il problema è appena accennato; glialtri volumi non vennero più; e li dove il problema è accennato, la soluzionenon è una soluzione, e lascia intatto il problema. Nous disons que sil'absolu est le devenir, il n'y a ni histoire ni absolu, si l'histoire n'estpas un moment de l'absolu lui-même. Par consequent notre thèse est quel'histoire est un moment de l'absolu, mais qu'elle n'est qu'un moment, etqu'ainsi pendant que d'un côté, l'absolu crée et engendre l'histoire, et qu'ilest lui-même dans la création et l'histoire, il s'élève, de l'autre, au-dessusde l'histoire, la nie, il est la negativité absolue...... Dove l'unicosenso possibile è quello aristotelico già indicato, che è in realtà lanegazione della storia: per cui cioe l'atto assoluto del pensiero è di là dallastoria. E però ogni volta che risorgeva questo problema storico, che ilVera pur sapeva essere il segreto dell' hegelismo, era un tormento pel suopovero cervello, rimasto in pre-senza di quel Dio pronto, peggio che Saturno, adivo-rate le sue creature. 39. — Suo vero problema non era quellostorico, bensi il religioso. Il suo hegelismo era cominciato, come s'e visto,con uno studio sulla Filosofia della religione di Hegel, quando non gli parevapossibile concepire altri-menti lo Stato che subordinato al divino dellareligione professata nella Chiesa 3, E quando con la Filosofia dello spiritoebbe condotta a termine la versione dell' Enci-clopedia, le ultime pagine diquesta Filosofia lo ricon-dussero a meditare il problema religioso secondo lafilo-sofia hegeliana 3 (1870). E allora scrisse il Cavour, lo Strauss, e laprefazione all'edizione francese del Cavour (1871); e si accinse alavorare attorno alla Filosofia della religione di Hegel, che, pubblicandonenel 1876 il primo volume, annunziava di voler accompagnare de plusieuresintroductions. Poiché qui si imbatteva in un arduo pro-blema: in cui egli dissedi veder chiaro, ma di cui parlò tanto da dimostrare che non ci vedeva poitutta quellachiarezza che diceva: il problema dei rapporti tra religione e filosofia:«un des problèmes les plus difficiles », come protesto una volta con tuttafranchezza, « peut-être même le problème le plus difficile que l'intelligencetrouve devant elle, ou, pour mieux dire, en elle-même et dans les profondeursde sa nature ». La soluzione hegeliana, infatti, si presenta tutt'altroche facile. Dire che la religione e la filosofia hanno lo stesso contenuto(conoscenza dell'assoluto) ma in una forma diversa (conoscendo l'una perrappresentazioni, miti, simboli, e l'altra per concetti) è porre anzi cherisolvere un problema per una filosofia che non concepisce forma separabile dalcontenuto, e non può porre perciò un contenuto in due forme. Questo bensi non èun problema speciale in seno allo hegelismo: ma sempre quello stesso problemache s'incontra già sulla soglia, dell'unità di identità e differenza implicitanel concetto del dive-nire. La forma della religione hegeliana non è una vestesoggettiva, onde nell'anima degl' ignoranti si rivesta Iddio: è una forma dellostesso Dio. Il Dio dello spirito assoluto, che è religione, diviene il Diodello spirito assoluto che è filosofia. Il rapporto tra religione e filosofia èil rapporto tra questi due momenti di Dio o dello spirito assoluto. Come sipassa da un momento all'altro ? O, in generale, come si passa? Ecco ilproblema. E il povero Vera che non era venuto a capo di questo pro-blema, se loritrovava avanti in fondo all'Enciclopedia; e per pronto che fosse asobbarcarsi a svelare altrui l'enigma, badava a ripetere: « Sans donte, déterminer,saisir l'idée de la religion, et la saisir à la fois en elle-même, et dans sonrapport avec l'idée de la philosophie, c'est le problème le plus ardu peut-êtrequi s'ofre à notre intelligence». E dopo le molte pagine spese attorno a questadifficoltà nel primo volume della Filosofia della religione, passandosi unamano sul petto, confessava:C'est celle difficulté que je me suis appliqué àlever.... L'ai-je complètement levée? Eh non! je le sais». Gli siaffacciava alla mente, a confortarlo, quella bella e comoda idea che non si puòai non-hegeliani togliere le difficoltà di Hegel. E accennava anche ciò; masoggiungeva subito con una osservazione che è una rivelazione intima: « On peutmême dire qu'il est impossible de la lever [cette diffi-culté] complètementdans un livre. Un livre est toujours une ouvre imparfaite. C'est plus ou moinsla lettre, ce n'est pas l'esprit. Un livre a toujours besoin d'être complété etvivifié.... 1. Osservazione, che è forse anche una reminiscenza dell'immortalediscorso di Socrate nel Fedros ma è pure la sincera confessione del personalsentimento dello autore analogo a quello del poeta: Ahi, fu una nota delpoema eterno Quel ch'io sentiva, e picciol verso or e: quelsentimento appunto del mistico che non vede proporzione tra il picciol verso eil poema eterno, e questo gli suona dentro come ineffabile; e se gli appariscesotto forma di problema, è un problema senza soluzione. Se la filosofia,infatti, è pensiero assoluto, se questo è di là dal divenire, qual uomo mortaleche ad ora ad ora viene imparando a meglio pensare avrà la tracotanza dipre-tendersi in possesso di quel sistema dentro il quale sarebbe la soluzione?Ora è chiaro che in questa situazione di spirito la filosofia, in quantofilosofia negativa o dimostrazione dell'impossibilità di raggiungere l'assolutacono-scenza, non può menare ad altra soluzione del problema religioso che aquella direttamente opposta professata da Hegel. Di tale soluzione, non occorredirlo, il Vera non farà mai esplicita asserzione, non essendo tale il suoatteggiamento mentale verso la dottrina di Hegelda permettergli di questiaperti dissensi; ma non perciò essa sarà meno la base di tutti i suoiragionamenti intorno alla questione religiosa, e il centro della sua vitaspirituale. Particolarmente significativa in questo proposito l'ultimalettera da lui scritta al suo diletto Mariano, prima di morire: Se alvostro ritorno [gli scriveva] la Parca fatale avrà troncato il filo della miavita, io me ne sarò andato col dolce pensiero che la mia immagine, e piú dellamia immagine, il mio insegnamento mai non si cancellerà dalla vostra memoria.Perché credo che il mio insegnamento sia la vera e genuina esposizione delladottrina hegeliana. E la filosofia hegeliana è la sola e vera filosofia; e lo èanzitutto, perché è essenzialmente reli-giosa, e religiosa nel senso profondodella dottrina cristiana. Ed è questo tratto saliente che la distingue datutte le altre filosofie, che a lei mi attiro sin dai primi passi della miacarriera filosofica, come ne fa fede uno scritto pubblicato, se ben ricordo, il1844 5, nella Liberté de penser. Ed anche il Cavour non ha altra origine.Perché io sono, e sono sempre stato, e per indole e per riflessione, un uomoreligioso. E la religione io ho sempre considerata come uno dei più altiprivilegi della natura nostra. Senza di essa l'uomo è un essere degradato emiserabile. E la dottrina hegeliana insegna ad amare ed adorare Iddio col cuoree con la mente, due cose che in una anima bene equilibrata non si esclu-dono,anzi si compiono a vicenda. E da questa via, caro Mariano, non vi scostate.Solo in essa troverete e conforto e la forza per traversare questa vita siripiena di disinganni e di amarezze. Perché Iddio é il sommo e il solobene, onde, vivendo col cuore e con la mente e con tutto l'esser nostro con luie in lui, diventiamo partecipi delle sue eterne ed immortali perfezioni3. Ora la filosofia hegeliana è sì una filosofia essenzialmentereligiosa, ma appunto in quanto risolve in sé la religione, ed è religione: siconcepisce come la rivela-zione, anzi realizzazione di Dio; e nella unità suadi sapere e saputo, concepisce tutto il suo mondo, in tutti isuoi gradi, comerivelazione o realizzazione di Dio: onde, mediando Dio, supera l'immediatezzapropria della religione come tale (insufficiente coscienza che lo spirito,secondo la dottrina hegeliana, avrebbe della propria natura, e però del realeassoluto), e non lascia posto per lei, in quanto religione pura (in quanto nonfi-losofia) in nessuna parte del suo mondo. Il mondo hegeliano, d'altra parte,non è soltanto il mondo della filosofia, in cui tutti i gradi anteriori sianogià risoluti. Una tale filosofia sarebbe astratta e trascendente. La suaconcretezza importa, quel che il Vera non poté vedere, il suo eterno divenire,ossia l'eterno risolversi degli altri gradi in questo grado supremo delprocesso dialettico della realtà. Di guisa che la filosofia hegeliana è portataa concepire tutto ciò che non è filosofia e la stessa religione come momento necessariodi se medesima: e in questo senso, a concepire razionale tutto il reale. Lareligione come tale è conservata dallo hegelismo, ma dichiarata momento dellafilosofia, e quindi subordinata, nella filo-sofia, a questa. Sit viva, dum nonsit diva. Pertanto il filosofo hegeliano: 1) ha la sua religione nella suafilosofia; 2) riconosce che ognuno, di qua dallo hegelismo, ha la propriareligione nella sua filosofia, o la filosofia nella propria religione.40. - Le questioni adunque in cui si travagliò il Vera, se nella vita dellenazioni ci sia nulla che possa sostituire la religione (ed egli era d'avvisoche non ci fosse nulla, né la scienza, né la filosofia) *: se la Chiesa debbaessere subordinata allo Stato, o lo Stato alla Chiesa, o se debbano separarsi (edegli inclinava alla seconda ipotesi, benché non sapesse poi concepire il comedella subordi-nazione, né determinare la Chiesa a cui lo Stato si sarebbedovutosubordinare) *; queste e simili questioni sono questioni suscettibili, nellohegelismo, di una sola solu-zione, che è quella derivante dal concettofilosofico hegeliano della manifestazione mediata di Dio in tutto il reale e insommo grado nella filosofia; ma anche di infinite soluzioni per tutti coloro,che non essendo hegeliani aspirano soltanto, secondo l'hegelismo, a esser tali,quantunque non lo sappiano. Ma è pur chiaro che se la verità dell' hegelismodeve valere per lui come la sola verità, egli non potrà non combattere lesoluzioni diverse dalla sua, ossia tutte le altre filosofie in quanto voglianopassare per filosofia, e dominare. Il filosofo hegeliano non solo rispetteràtutte le credenze religiose, ma avrà interesse ad alimentarle come quel terrenoda cui soltanto essa potrà germogliare; così come entra negli interessi dellospirito, secondo la sua filosofia, la cura della salute fisica. Lesoluzioni del Vera erano invece non per il dominio od autonomia della filosofiae di tutte le forme spirituali che entrano nel mondo della filosofia, ma per lasoggezione di tutto alla religione: come di chi non ha la propria religionenella filosofia, ma la propria filosofia nella religione. Egli, insomma, perusare il linguaggio hegeliano, non si sollevò mai veramente dalla sfera dellarappresentazione a quella del concetto nello spirito assoluto. 4I. - Nonsi poteva sollevare, pel suo radicale misti- cismo. Al quale non mi parecontrasti la tesi presa a sostenere nella Introduction contro l'immortalitàdell'anima: onde la sua autorità d'interprete consumato dello hege-lismoera opposta poi alla Florenzi Waddington, solatra gli hegeliani d'Italia apropugnare il concetto dell'immortalità dell'anima. Giacché non è vero quelloche Kant e tutti i filosofi della religione naturale sosten-gono, che lacredenza nella immortalità sia un principio essenziale dello spirito religioso.Che anzi la più profonda radice della religione, nel senso più stretto delmisticismo, è riposta nel senso della vanità e nullità dell'individuo, nellanichiltade cantata così fervidamente da Jacopone, nell'aspirazione al nirvana bud-distico,nell'affermazione della divinità sola; e non si capisce l'anima immortale senon si concepisce la sostanzialità assoluta dell'io individuale, senzariconoscere l'infinito nello stesso finito e insomma superare, come fa ilcristianesimo, l'astrattezza della religione imme-diata. Che anzi nellaincertezza del Vera nella Intro-duction circa l'interpretazione di questo puntodi dottrina in conseguenza dei principii hegeliani=, la sua pro-pensione versola tesi negativa non credo si possa altrimenti spiegare che con la sua tendenzagenerale a negare il finito nell'infinito, e il pensiero dell'uomo e lo spiritoindividuale nel divino. 42. - Alla stessa tendenza riporterei anchel'interesse da lui posto nella questione dell'abolizione della pena di morte,che a lui non si presentava tanto, come ad Hegel, come una conseguenza ferreadella dialettica della legge, che non si può volere disvolendola, e daaccettare virilmente come il taglio del chirurgo che arreca la vita, quanto unadelle parti più belle e più sante della filosofia della morte: poiché glipiacque considerarla più come un diritto dello Stato sull'individuo colpevoleche come un logico momento del diritto, in cui si realizza la vita dello Statoinsieme e dello stesso individuo, che ne è parte. E però ricondusse lalegittimità della pena di morte a una questione più generale: della razionalitàdella morte inflitta dallo Stato; passando quindi a quella del diritto che loStato ha di far guerra. E scioglieva appassionati inni alla guerra, che fasentire ai popoli quel che valgono e quel che possono operare, dà loro lacoscienza dei propri diritti, sveglia tutte le energie dello spirito, èstromento di civiltà e di progresso: alla guerra, dove l'uomo non muore per sé,ma per la patria e per l'umanità, e la morte adempie a un più alto ufficio eraggiunge più alti fini della semplice morte naturale: poiché inessaL'individuo si sacrifica non ai fini naturali della specie, sì a quellimorali della civiltà. E in generale, sempre, « la morte è un bene, ora perl'individuo, ora per l'uma-nità; per l'individuo anche se tutto egli periscecon la morte: perché se la morte lo colpisce nella vecchiaia, lo colpiscequando la sua vita non ha più pregio né per lui né per gli altri; e se locoglie nel vigor degli anni, essa lo eleva nello stesso istante al più altogrado della libertà e dell'amore. Ma sopra tutto per l'umanità la morte è unbene, sempre un bene. Infatti, la gioventù, la bellezza, la potenza,l'espansione dello Spirito suppongono la morte: dell'individuo, come deipopoli: giacché lo Spirito non si conserva, non si rafforza, non cresce che perla morte. L'individuo, per potenti che siano le sue facoltà, è uno spiritolimitato pel solo fatto che vive in organi limitati; ond'è che, dopo avercon-tribuito, per la sua parte, allo svolgimento e alla vita dello Spirito, nonpure ei diviene un ostacolo a nuovi svolgimenti, ma s'abbandona egli stesso, sepuò dirsi cosi: ciò che v' ha di profondo e di eterno nel suo pensiero glisfugge, e cade come colpito d'atonia e d'impotenza. E quel che è vero perl'individuo, è vero altresi per i po-poli. Cosi la Grecia e Roma, dopo averelevato il mondo antico alla più alta civiltà, diventano un ostacolo allaciviltà nuova. - Bisogna dunque che la morte, affrancando lo Spirito dai laccidella Natura, gli permetta di vivere una vita sempre giovane e sempre nuova, ed'in-nestare sull'antico lo spirito nuovo. Cosi si spiega perché l'individuocresce dopo la morte nella coscienza dell'u-manità, e perché la morte è consideratacome la consacrazione dell'amore e il segno della riconciliazione dellospirito. E infatti come la pace, che viene dopo la guerra e la termina, la paceche è il risultato dell'esercizio di tutte le potenze della vita, val meglio,checché se ne dica, di quella pace artificiale che snerva e ammollisce ilcorpoe l'anima; così la morte, liberando lo spirito dalle sue pastoie, fabrillare la verità eterna di cui egli era l'organo d'un più vivo splendore, larende più visibile agli altri spiriti, la propaga e la fortifica con la loroadesione e trionfa così della natura » 1. Quest'argomento faceva il Veraeloquente, come corda che risuonava dal profondo del suo animo. E altrove,cantando l'amore, a mo' di Platone, come l'aspirazione allo Assoluto o filosofia,si riscaldava all' ispirazione leo-pardiana di Amore e morte, facendo dellamorte « il segno, la consacrazione e il trionfo dell'amore.:. E nella morteinflitta dallo Stato, vindice dell'eterna giustizia dello Spirito, egli vedevapertanto l'olocausto dell'individuo sull'altare dello Spirito: poichénell'individuo vedeva, come testé ci ha detto, l'organo dello Spirito, ma nonlo Spirito stesso, che come tale non è individualità finita. 43. - Nonera questa l'interpretazione della filosofia hegeliana, che potesse concorrereal progresso del pensiero speculativo. Ma è indubitabile che essa puretraeva alimento da uno di quei forti amori dell'eterno e del divino,senza i quali lo spirito umano non sarebbe a volta a volta distratto dagl'interessi mondani e spinto alla ricerca filosofica. E per questo verso il Verafu uno degli scrittori più vigorosi, più sinceri, più alacri che ci siano statiin Italia negli ultimi tempi; e non possiamo passare innanzi a lui senzainchinarci. Il suo fu un vano sforzo di impadronirsi di quell'ideale disistema, unità di religione e di filosofia, che Hegel gli fece balenare allamente: vano sopra tutto per mancato orientamento nella storia della filosofia,dacui l' hegelismo aveva con stretta possente voluto spremere il succo vitale.Perciò una costante meditazione di trent'anni non valse a fargli superaredefinitivamente il punto di vista, da cui nel 1845 nelle sue tesi di dottoratoaveva cominciato a combattere Hegel. Nell'ultimo suo scritto Dio secondoPlatone, Aristotele ed Hegel sentiva egli stesso di « tornare ai primi e quindivecchi amori, poiché l'argomento» che vi esaminava « non differisce in fondo daquello trattato nell'opuscolo Platonis, Aristotelis el Hegeli de medio terminodoctrina», e prendeva di nuovo a studiarlo e svolgendo ed allargando la primatratta-zione, chiarendone e correggendone alcuni punti, e in tal sensocompiendola». Ma le correzioni non toccavano, in verità, la sostanza delle suegiovanili speculazioni. Poiché egli ancora, come nel 1845, toglieva adifendere la tesi che la filosofia muove da una fede; dalla fededell'intelligenza in se stessa; dalla fede nella conoscenza; nella conoscenzadella verità; cioè dell'Assoluto o di Dio: dalla fede dell' Efesio ady pi huntoy auniatow oin EfEupnGEL, aveEepeivntoy Eoy xoiaopov. E se ora bensi diceva, che questa fede è l'alfa della scienza e lasola possibilità di essa, la scienza, pur troppo, non seguiva. Loscritto, condotto innanzi fino al punto in cui ancora una volta il filosofostanco si ritrovava innanzi al problema della differenza tra religione efilosofia, si arre- stava, troncato dalla morte.Augusto Vera.Vera. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Vera” – The Swimming-PoolLibrary.

Grice e Vercellone: la ragioneconversazionale del bello e l’estetico – filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Essentail Italianphilosopher. Filosofo italiano. La sua filosofia si svolge inizialmente intornoall’ermeneutica e il concetto di ‘classico’ – as in English ‘classy’, in Loeb’sclassy library --. Anche il nichilismo: la sua “Introduzione al nichilismo” editoda Laterza. Continuando a muoversiintorno al rapporto tra estetica ed ermeneutica, il suo percorso filosoficoverte in seguito su ambiti decisivi: ilrapporto tra temporalità storica e coscienza estetica, la dispersione dell'estetico;il problema del ‘pulcer’ (‘il bello’) (“Oltre il bello” – Castiglioncello,Bologna, Il Mulino); e il concetto di ‘immagine’. Soprattutto quest'ultimalinea occupa le sue ricerche orientate sull'idea di un radicamento estetico.Insengna a Torino. Direttore del centro inter-universitario inter-dipartimentaledi ricerca sulla morfologia dell’Udine. Presidente dell’Associazione italianadegli studiosi d’stetica. Vice-Presidente della Società italiana d’estetica. Collaboracon La Stampa. Altre saggi: “Identità dell' ‘antico’ – (drawing from theantique”) – il concetto di ‘classico’” (Torino,Rosenberg e Sellier); “Apparenza e interpretazione” (Milano, Guerini eAssociati); “Pervasività dell’arte: ermeneuticaed estetizzazione” del mondo della vita” (Milano, Guerini); “Nature del tempo.Novalis e la forma poetica del romanticismo tedesco” (Milano, Guerini); “Estetica”,Bologna, Il Mulino); “Storia dell’estetica” (Bologna, Il Mulino); “Morfologiedel moderno” (Genova, Il Melangolo); “Lineamenti di storia dell’estetica. Lafilosofia dell’arte” (Bologna, Il Mulino); “Pensare per immagini: tra scienza earte” (Milano, Mondadori); “Le ragioni della forma” (Milano-Udine, Mimesis); “Dopola morte dell'arte” (Bologna, Il Mulino); “Il futuro dell'immagine” (Bologna,Il Mulino); “Simboli della fine” (Bologna,Mulino); “Morte dell'arte e rinascita dell'immagine: saggi in onore di V.” (Roma,Aracne); Perniola, “Estetica italiana” (Bompiani; D’Angelo); “L’esteticaitaliana” (Laterza); Franzini, Immagini del moderno, in Bertinetto, Garelli,Morte dell'arte e rinascita dell'immagine. Saggi in suo onore, Roma, Aracne. Vattimo, L'arte è morta, anzi no: è"dopo", Repubblica, Bertinetto, Garelli, Morte dell'arte e rinascitadell'immagine. Saggi in onore di V. Belpoliti, “Tra bello e brutto non c'è piùdifferenza” La Stampa, Bodei, “Là dove rinasce il bello” Il Sole 24 Ore, Bodei,Salto nel vuoto dell'immagine, Il Sole 24 Ore, Mattazzi, Aprire lo sguardo.Stili della visione in grado di agire sul reale, Il Manifesto; Vallora, Nelletorri di Kiefer per trovare un senso in mezzo alle rovine, La Stampa, Universitàdegli Studi di Torino. La filologia, il tragico, lo spazioletterario. Per una rilettura del giovane Nietzsche, in «Rivista di estetica»,11, 1982, anno XXII, pp. 40-63. Orientee ornamento nell'estetica di Hegel, in «Rivista di Estetica«, 12, 1982, annoXXII, pp. 83-90. 1984) L'Orienteromantico, in «Rivista di estetica», 16, 1984, anno XXIV, pp. 92-99, 1984, annoXXV, pp. 83-92. Scheda di "The British Journal of Aesthetics", vol. 21,n.2, primavera 1981, in "Rivista di Estetica", 16, 1984, anno XXIV,pp. 152-153. 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Zum Ansatz einer neuenMorphologie 2011, pp. 105-119. 150)Le ragioni della forma, Milano, Mimesis. 152 di ta se, o, Ene enica e4ologia, in Annuario88-5750708-8. 154) Nietzsche e l'immagine. Il mondovero è diventato favola?Francesco Cattaneo e 2012) Premessaa : Arte e Terrore. In dialogo con Félix Duque, in "Tropos". Dall'ermeneutica alla morfologia in La questione del dire.Saggi di ermeneutica perGraziano Ripanti, a cura di M. Bozzetti, (versione rivista e ampliata di 152),Mimesis, pp.85-96 157)Menas atejus jo pabaigai. Pastabos apie meno mirti siandien (Art after Its End:Notes on the "Death of Art" Today, in "Religija irKultura", 8, 2011, pp. n52-63 - ISSN 1822-4539 158) Der Untergangder Romantik in der Renaissance,in G.Maio (a cura di), Macht und Ohnmacht desWortes. Ethische Grundfragen einer personalen Medizin, Göttingen,Wallstein, 2012, pp.101-101 (trad. ted di 130)- ISBN 978-3-8353-1148- Introduzionea Ontologia dell'immagine, con di C.Ciancio, G. Cantillo, A. Trione. Nietzschey la imagen. ¿El mundo verdadero se ha convertido en una fábula? In «EstudiosNietzsche», 12, 2012, pp. 161-171, ISSN1578-6676 (versione spagnola di154). 162) L'estetica di Luigi Pareyson come ermeneutica dell'arte, in«Annuario Filosofico», 27, 2011, pp.31-40. ISBN 978-88-425-5076-1,2012 pr. 436, I o5-413 tr della belles, in Sudi d erietica 46,"Gete, Su enerthe 2,202 . 37, 1550 203-65 marima di 155) ion Sardi(rietino) 2 20d Di Sedi laso 2, evione monografica di del resataio di earia c.09, e de pensi, 3 : 7677-02 Haciala morfo-logia in : " Escritura e Imagen", vol.8, 2012, pp. 301-312,ISSN 1885-5687 , trad. spagnola di 144) ripreso anche in 150) L'Esteticadi Luigi Pareyson come ermeneutica dell'arte., in "Annuario Fi o,7-101.158 73 8 125-076-) espressione, in : La vergogna/The shame,Milano/Udine, Mimesis, pp.343-347, ISBN 978-88-5751-474-1 2013) Dopola morte dell'arte, Bologna, Il Mulino ISBN 978-88-15-24426-0, pp.5- Recensionea S. Poggi, L'io dei filosofi e l'io dei narratori. Da Goethe a Proust, Milano,Cortina, 2011, pp.93, su "Iride" 68, vol:XXVI, gennaio -aprile 2013,pp.213-214, ISBN 9788815242938 Masallá de la bellezza, Madrid, Biblioteca Nueva, pp.9-229, ISBN 978-84-9940-602-2 trad. spagnola di 118) Perchéla cornice è un modello razionale? In "Multiverso, 12, 2013, pp.59-62, Duesecoli di "morte dell'arte", in Sotto la superficie visibile. Scrittiin onore di Franco Bernabei,a cura di M.Nezzo e G. Tomasella, Padova?, Canova,pp.501-510, SBN 978-88-8409-272-4 L'esperienzadell'arte di Massimo Poldelmengo, in Poldelmengo l'opera del prima, a cura diS. Chiarandini, Udine, Venti d'Arte, pp.53-54 (con traduzione inglese e tedescasino a p. 57), ISBN978-88-907329-3-5 Dallacontemplazione all'interattività. Modificazioni dell'esperienza estetica dopola morte dell'arte, «Anterem. Rivista di ricerca letteraria» 87 (2013), pp.46-50, ISSN 0393-1838 177) After Art: Notes on the Death of Art Today, inM.F. Molder, D. Soerio e Nuno Fonseca (a cura di), Morphology: Questions onMethod and Language, Peter Lang, Bern, 2013, pp. 331- 345, ISBN9783034313766 178) Le ragioni dell'immagine. Considerazionisull'interattività, in P. D'Angelo, E. Franzini, G. Lombardo e S. Tedesco(a cura di), Costellazioni estetiche. Dalla storia alla neoestetica. Studi inonore di Luigi Russo, Guerini, Milano, 2013, pp. 481-485, ISBN9788862504287 La mort de l'art aprèsHegel, «Klesis» 28 (2013), pp. 191-207, ISSN 1954-3050. Tecnologiae classicismo in : Parole chiave nel percorso di Gian Franco Frigo a cura di M.Dalla Valle, D. De Pretis, F. Grigenti, L.Illettterati, Pasdova, PadovaUniversity Press, pp. 157-165, ISBN 978-88-97385-81-3 2014) 181) ADisenchanted Reenchantment. Hermeneutics and Morphology, in E. Ficara (a curadi), Contradictions: Logic, History, Actuality, De Gruyter, Berlin, 2014, pp.183-193, ISBN 978-3- 182) cidate leia la cilica opo la More deficie,spasi fisicre di Gian Franco Frigo. (versione rivista e abbreviata di157]. 183) La peste come metafora del mondo, «Iride. Filosofia ediscussione pubblica» 71 (2014), pp. 206-210, ISSN 1122-7893 18derPrescione, Milal, Malisia, talk I Fi orali, a cura di G. Gareli c Lafinzione necessaria. La fine dell'arte e la nascita dell'estetica, in"Tropos. Rivista di ermeneutica e critica filosofica" VII (2014), n.1, pp. 9-28 (ISSN 2036-542X-14001) 0. Breidbach-F. Vercellone, Thinking and Imagination.Between Science and Art, transl. Wilton Kaiser, (thinking European Worlds),Aurora, Colorado, The Davies Group Publishers, pp. 170, ISBN-10: 1934542342 -ISBN :978-193542-34-7 - trad. Di L'educazioneestetica nella civiltà dell'immagine. Ipotesi sul futuro prossimo, in «AnnuarioFilosofico», 29, 2013, Milano, Mursia, pp.21-33, ISBN 978-88-425-54 Notesul destino artistico della tenologia, in : Confini dell'estetica. Studi inonore di Roberto Salizzoni, a cura di E. Antonelli e A. Martinengo, volumeedito in collana Tropos Orizzonti - opere collettanee 7, Aracne Editrice Roma2014. Il nichilismo e le nuove formedell'immaginario tardo-moderno, in Aut Aut, Il Saggiatore, Milano, num. Ottobre-dicembre 2014. Nihilism and the New Forms of Late-Modern Imaginery,in Listening to Art, ed. S. Givone and G. Magherini,Firenze, Nicomp 2014, pp. 11-21 2015) 191) H. Bredekamp, Immaginiche ci guardano Teoria dell'atto iconico, a cura di F. Vercellone,Milano, Cortina, ISBN 978-88-6030-749-1 Immaginiimmaginanti, in 191) (Introduzione all'edizione italiana) , pp. XI-XIX. Modificazionidell'infinito, in Collezioni, a cura di D. Eccher, vol quarto, Allestimento2013/2014, Torino, Allemandi, 2015, pp. 19-25. L'immaginesenza logos. All'alba dell'estetica in «ISLL Papers», vol. 8, 2015, Dossier, Lavita nelle forme. Il diritto e le altre arti. Atti del VI Convegno NazionaleISLL, Urbino 3-4 luglio 2014, a cura di L. Alfieri e P. Mittica, pp. 13-17,ISSN 2035- 553X Cascia see cia, Me eliana, 20 in 225e, in Festschift inonore di Massimo 1ctitenet d mott, a i di A, Matheng, Rom, Apere 2015 mp., 1SEN Modificazioni dell'esperienza esteticatardo-moderna Abitare Possibile. Estetica, architettura, new media, Milano,Bruno Mondadori, 2015, pp. 149-159. ISBN 9788867740857, versione ampliata di176). The lost Experience of Art, in «Cosmo»,VI, 2015, Art and aesthetic experience, pp. 17-27, ISSN 22-81-6658.InSpeiosotto Nuneto 15 - F StA I, Spaio Fisoridlco. TCRS2/2014 regolazians socie, Miens il no 201n Romanticism, in Teoria eCritica ella 3orelone Mence, Tit SEN 918-3-5105-5655-rad K Veves. F. tamell, F. Das Ende der Kunst und die Geburt der Ästhetik in 201,pp.309-322. Nemo contra deum nisi deus ipse. Ilnichilismo dell'apparenza e il re- Ricensament onicanidate su. X, o losofico»Vichlismo e moderità. Conceptsof Morphology, edited by O. Breidbach & F. Vercellone, rist. rivista di122), Milano-Udine, Mimesis International- ISBN9788884838407 Chaosand Morphogenesis in German Romanticism, in Visiocrazia. Immagine e forma dellalegge/ Visiocracy. Image and Form of Law, Milano-Udine, Mimesis, pp, 129-134-ISSN 1970-5476 ISBN 978-88-5753-075-8- trad. Inglese con lievi modifiche delcap. 3) di 94) 20o a m, 30.201 , pe estelica Rico do di 012 riach, in«Anuario 207, Misil osare in eie ne ritrea prima pal do e ell eranza,p. 2016) Prefazione a A.Vianello, Sapere e fede. Un confronto credibile, Udine, Forum, pp.9-12, ISBN978-88-8420-9269 Identità a venire nello specchio del GrandTour, in «nuova informazione bibliografica», n. 1, gennaio-febbraio 2016,pp.11-15 ISBN 978-88-1526238-7 BracoDimitrijevic. La storia oltre la storia, in Braco Dimitrijevic, a cura di D.Eccher, pp. 19-21.ISBN 97888366336692. 210) L'universalitàdell'ermeneutica nel tempo dell' "immagine del mondo". Note eriflessioni, in «Lo sguardo». Rivista di filosofia. Herméneutique etinterculturalité, a cura di C.Berner, C.Canullo, J.-J. Wunenburger, pp.41-55. ISSN 2036-6558. Indirizzo elettronico:wwwLoSguardo.net 211) While Love is not a Feeling, in Love. ContemporaryArt meets Amour, edited by D. Eccher, Milano, Skira, pp.81-88. ISBN9788857233574 3326-0 Nuovoromanticismo: la civiltà dell'immagine, in G. Lingua e Sergio Racca (a curadi), La cornice simbolica del legame sociale. Prospettive sugli immaginaricontemporanei, Mimesis, Milano, 2016, pp. 75-83 (ISBN 9788857536880) FrancescaIannelli, Gianluca Garelli, Federico Vercellone, Klaus Vieweg (a cura di), Fineo nuovo inizio dell'arte. Estetiche della crisi da Hegel al pictorial turn,ETS, Pisa, 2016 (ISBN 9788846745620) Lafine dell'arte e la nascita dell'estetica, in 213), pp. 329-344. F.lannelli, G. Garelli, F. Vercellone, K. Vieweg, Oltre la leggenda della finedell'arte, in 213), pp. 7-12 Elnihilismo y las nuevas formas de la imagen tardomoderna, in «Bajo Palabra.Revista de Filosofia», II, 12, 2016, pp. 249-256. Lamorte dell'arte dopo Hegel, in Ángel Gabilondo, Patxi Lanceros Méndez, AntonioGómez Ramos, Jorge Pérez de Tudela, Valerio Rocco Lozano (a cura di), La heridadel concepto, UAM, Madrid, 2016, pp. 487-502 (9788483445433) Preface,in C. Concilio, M. Festa (a cura di), Word and Image in Literature and VisualArts, Mimesis, Milano, 2016, pp. 9-11 9788869770838. G.W.Bertram, L'arte come prassi umana: un'estetica, edizione italiana a cura diFederico Vercellone, Raffaello Cortina, Milano, 2017 214 pp. (ISBN9788860309136) Introduzione a 219), pp. XI-XVIII Ilfuturo dell'immagine, il Mulino, Bologna, 2017 152 pp. (ISBN 9788815267511) Fantasmi,fantasmagorie, agnizioni, in D. Eccher (a cura di), Boltanski: Anime, di luogoin luogo, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2017, pp. 75-79 (ISBN 978-88-Trad. ingl., Ghosts, Phantasmagorias, Agnitions, in D. Eccher (ed.), Boltanski:Souls, from Place to Place, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2017, pp.75-79 (ISBN Nuovo romanticismo? Laciviltà dell'immagine, in «Teologia», 42, 2017, pp. 286- BeyondBeauty, New York, SUNY, 2017, 164 pp., trad. ingl. di 118 (978-1-4384- Illusso come problema filosofico, in «Iride», 81, 2017, pp. 484-486 (1122-7893) Curadel numero monografico di «Azafea», La Nueva Morfologia, 19, 2017, ISSN0213-3563 E-ISSN 2444-7072 PerspectivesOn A New Morphology, in 226), pp. 19-27. Kiefere I Sette Palazzi Celesti. Ovvero l'inizio come la fine e l'inverso, in«Bollettino filosofico», 32, pp. 175-181. Luigi Pareyson, Suny Press,Albany (978-1-4384-7025-2) 231) Simboli della fine, Bologna, il Mulino,2018 (9788815274946) 2320 con esteria Maria e ilesia di) Champo delo,logaica, Palarono, Palermo University Press, pp. 7-13 ISBN978-88-31919-20-3. 233) Libri in discussione: Vita quotidiana di EnricaLisciani-Petrini (con M. Garda e S. Forti), in Iride - Filosofia eDiscussione Pubblica 82, Volume XXX - dic. 2017, pp. 643-660. 244)Dream, Geist. Strategie del Regno, in Dream - L'arte incontra i sogni -catalogo. Skira, Roma, pp. 12-15. In uscita o da verificare:en el siglo XIX" / 11 al 13 agosto 2010 presso l' UniversidadInternacional Menéndez Pelayo; traduzi lituana in corso. 213)L'educazione estetica nella civiltà dell'immagine. Ipotesi sul futuro prossimoin versione spagnola negli Atti del con vegno Schiller a Madrid 215) Lamorfologia oltre l'estetica. Ricordo di Olaf Breidbach, trad. tedesca in Attidel convegno «Anschauen, Ordnen, Deuten, Wissen». Gedächtnissymposium zurErinnerung von Olaf Breidbach, Jena 9-10 luglio 2015.Federico Vercellone. Vercellone. Keywords: bello,estetico, immagine. Refs.: The H. P. Grice Papers, Bancroft MS – LuigiSperanza, “Grice e Vercellone: l’estetico e il bello’ – The Swimming-PoolLibrary, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Verdiglione: la ragioneconversazionale della congiura degl’idioti – filosofia italiana – LuigiSperanza (Caulonia). EssentialItalian philosopher. Filosofoitaliano.Grice: “I like Verdiglione; my favourite: his “La congiura degl’idioti”– I have used the Greek root which Boezio translated as ‘proprium’ twice in myseminar on implicature. The first time to refer to ‘kick the bucket’ as a‘recognised idiom’ – idioma in Latin and idIoma, with stress on the i, in theGrecian; but more importantly – since ‘recognised by who?’ – in the nextsession I referred to a conversationalist using a one-off signaling which Ireferred to as a ‘signalling idiolect.’ Yes,Speranza and I can be pretty idiosyncratic!”. Vincitore di una borsa di studionel collegio Augustinianum, studia a Milano, dove si laurea con una tesi sullafilosofia semiotica di PIRANDELLO (vedi). Formatosi con Lacan, pubblica con lecase editrici Marsilio, Rizzoli, Feltrinelli e Sugarco, con cui collabora. Perquest'ultima dirige la collana "Bordi". Traduce la raccolta di testiScilicet di Lacan per Feltrinelli e il Seminario XXII. Con la sua casaeditrice, Spirali, pubblica testi come la traduzione del Malleus Maleficarum,Il martello delle streghe, il manuale dell'Inquisizione per la caccia alle streghe,e in seguito, sempre per le edizioni Spirali, pubblica alcuni testi di BRUNO,come “Le ombre delle idee” e “Cabala del cavallo pegaseo.” Traduce perFeltrinelli libri che in Francia animano il dibattito in ambito culturale, comeil saggio di Irigaray Speculum. L'altra donna edito da Feltrinelli nellatraduzione di Muraro, il saggio di Mannoni, Educazione impossibile. Introducein Italia Kristeva. Incontra anche Oury, fondatore assieme a Guattari dellaclinica La borde, di cui pubblica “Creazione e schizophrenia”, “Psicosi elogica istituzionale”. “Il collettivo”, Babele e la Pentecoste. La Borde e lascrittura della psicosi, La psicosi e il tempo. Traduce sempre per Feltrinellil'edizione del libro di Jean-Goux, Freud, Marx: economia e simbolico. Fonda ilMovimento freudiano e la Spirali Edizioni. Con Spirali, pubblica autoricome Daniel, Lévy, Glucksmann, Halter,Arrabal, Grillet. Esce in edicola il primo numero del mensile “Spirali: giornaledi cultura”, a cui segue l'edizione francese Spirales, Il Secondo Rinascimento.V. e il Collettivo “Semiotica e psicanalisi” organizzano a Milano, in V sedidifferenti, il Congresso internazionale "Sessualità e politica"seguito dai media italiani. Partecipano molte filosofi. Sempre con ilCollettivo “Semiotica e psicanalisi”, organizza il congresso “La follia”, chesi svolge in più sedi, tra cui il Palazzo dei Congressi e il Museo dellascienza e della tecnica. Il congresso è seguito dalla stampa di vari paesi.Intanto, inventa la “cifre-matica,” la cosiddetta scienza della parola.Nell'Enciclopedia Rizzoli Larousse viene così definita la cifrematica come dottrinadella parabola intesa come cifra -- dottrina elaborata da V. e utilizzataall'interno di esperienze di conversazione, lettura, ecc. Secondo la cifre-matica,ogni parabola può essere analizzata secondo la sua logica idiomatica – cfr.Grice, “Idioma, not language” -- o la sua qualità cifratica, come ‘cifrema.’C’e logica idiomatica della relazione, dello stigma, della funzione, dellaoperazione, e della dimensione. C’e tre 'strutture': struttura sintattica, strutturafrastica e struttura pragmatica – o griceiana, secondo cui ogni expression –idioma -- può essere 'de-cifrata.’ E aMilano, su invito di V. Ionesco. In un'assemblea di intellettuali e lettori,c’e un convegno organizzato da lui, portando la testimonianza della sua vita edella sua attività filosofica, documentata nel libro Una vita di poesia.La sua Università internazionale del Secondo Rinascimento acquista dallafamiglia Borromeo la Villa di Senago e il parco, lasciati per anni in uno statodi abbandono. I nuovi proprietari decidono pertanto di avviare un primoimportante restauro che mira alla salvaguardia stessa del bene. Il restauro siè protratto nel tempo, fedele a criteri conservativi, con la collaborazione diingegneri, esperti, architetti, tecnici, storici e filologi che hanno lavorato,insieme, sotto la direzione della sopra-intendenza ai beni ambientali ed architettonicidi Milano.L'attività editoriale prosegue quanto già avviato e siindirizza soprattutto sulla dissidenza, in particolare romanzieri. Pubblicalibri di Bukovskij, Zinovev, Naghibin, Maksimov e molti altri. L'interesse perla dissidenza lo porta a pubblicare saggisti come Suvorov, gl’ambasciatorirussi in Italia Adamishin, Jurij, il teorico della perestrojka Jakovlev, e l'exministro per l'energia e leader dell'opposizione di destra Nemtsov. Oltre agl’autori,pubblica dissidenti provenienti da tutto il pianeta. In questa direzione sonostati organizzati i convegni internazionali Festival della modernitàchepropongono, in ciascuna edizione, diverse tematiche -- scrittura, libertà,politica. Prosegue il lungo processo di restauro della Villa San CarloBorromeo di Senago, restituendo all'edificio la sua originaria bellezza etrasformandolo in un palazzo del turismo culturale e artistico, nella sededell'Università internazionale del Secondo Rinascimento e della casa editriceSpirali. In questi anni, la villa è sede di congressi, di corsi, di seminari,di riunioni di enti pubblici e privati, italiani e stranieri, di un museopermanente e di un museo per grandi mostre.V. ha totalizzato X anni e VImesi di carcere per reati vari. È stato condannato a IV anni e due mesi pertruffa, tentata estorsione e circonvenzione di incapace. Dopo un patteggiamentoè stato condannato a I anno e IV mesi. è stato di nuovo condannato in primogrado a IX anni (e la moglie a VII) per associazione a delinquere, frodefiscale, truffa alle banche e allo stato. In seguito la pena è stata ridotta a Vanni. In tale occasione ha causato sofferenze bancarie per 73,4 milioni: 18,3sono in capo a Intesa Sanpaolo, altri 25,9 milioni a Banca Etruria. Truffa,tentata estorsione e circonvenzione di incapace V. è al centro di una serie divicende giudiziarie (Affaire V.) relative all'attività sua, della sua fondazionee dei suoi collaboratori. Viene condannato a IV anni e due mesi di reclusioneper truffa, tentata estorsione e circonvenzione di incapace, condanna che passain giudicato. Intellettuali di vari paesi -- tra cui Lévy, Ionesco, Arrabal,Halter, Benamou, Henric, Bukovskij, Safouan, Xenakis, Zinovev, Mathé, Lanzmann-- acquistano una pagina del quotidiano “Le Monde” in cui pubblicano esottoscrivono un appello rivolto al presidente della repubblica italiana e aigiudici milanesi, col quale denunciano un presunto clima di caccia allestreghe. Il caso V. secondo i firmatari mette in discussione le nozioni didiritto, giustizia e libertà di parola in Italia. Daniel, direttore del NouvelObservateur, pubblica su la Repubblica una lettera, intitolata "Difendo V.",rivolta al direttore del quotidiano. Il Partito Radicale organizza un incontrointernazionale in piazza Montecitorio sul Ve., a cui partecipano ancheimportanti esponenti del "Comitato Internazionale per V.", promossoda MORAVIA, Ionesco, Lévinas, Arrabal, Bukovskij, Lévy, Halter. La Repubblica scriveche dopo quello di Tortora ci e la sponsorizzazione da parte del PR del casogiudiziario di V.”. Il programma satirico Drive In lo fa conoscere anche algrande pubblico, attraverso la parodia del "Dottor Vermilione, psicanalistasantone" impersonato da Greggio. Il caso V. è anche citato in relazione aldisegno di legge per l'abolizione del reato di circonvenzione d'incapace -- articolodel codice penale. Dopo la condanna in Cassazione, la vicenda giudiziaria siconclude con il rinvio a giudizio per i capi di imputazione stralciati inoccasione del primo procedimento giudiziario e con il definitivo patteggiamentoa una pena di I anno e IV mesi e indennizzi di oltre 3 miliardi di lire a exallievi. Si concludono le indagini della Guardia di Finanza coordinate dallaProcura della Repubblica di Milano, Viene indagato per evasione fiscale inrelazione all'emissione di fatture false, e appropriazione indebita. A seguitodella richiesta avanzata dalla procura di Milano, due dimore storichericonducibili al professore (tra cui la Villa San Carlo Borromeo di Senago) perordinanza del Gip vengono poste sotto sequestro preventivo, pur mantenendone ladisponibilità. A meno di III settimane di distanza il Tribunale del Riesame diMilano annulla i decreti di sequestro concessi dal GIP C. Mannocci al PMAlbertini, e restituisce gli immobili alle proprietà, in quanto non sussistel'accusa di evasione fiscale. Si tratta invece di neutralità fiscale, in quantol'IVA dovuta sarebbe sempre stata pari a zero. In base alle conclusioni delgiudice, sarebbero state emesse fatturazioni fittiziema regolarmente pagatetrasocietà facenti capo a V., allo scopo di ottenere crediti presso gli istitutifinanziari, potendo esibire bilanci dai quali risultano entrate ingenti, in realtàfasulle. La giudice Marchiondelli rinvia a giudizio V. per associazione adelinquere finalizzata a frode fiscale e truffa allo stato. Viene condannato aIX anni per i reati di associazione a delinquere finalizzata a frode fiscale,truffa alle banche e truffa allo stato. Nel medesimo processo vengono emessecondanne anche a carico della moglieAngeli e di due sue società, intanto fallite. Viene altresì disposta laconfisca, fino ad un valore equivalente rispettivamente di 100 milioni e 10milioni di euro, di beni come la storica dimora trecentesca Villa San CarloBorromeo a Senago con 10 ettari di parco.La sentenza di secondo gradoconferma la prima, nonostante che Procuratore generale, nella sua requisitoria,abbia chiesto l'annullamento della sentenza di primo grado per assolutaindeterminatezza e intrinseca contradditorietà delle accuse. La condanna a Vanni di reclusione diventa esecutiva. Nel pieno delle inchieste giudiziarie,l'associazione da lui fondata viene definita setta dallo psicoterapeutainfantile Foti. Analoga affermazione fu fatta da Calefato, professoressaassociata di sociolinguistica, che così si espresse in un'intervista per unquotidiano locale in occasione dell'incontro con Verdiglione organizzato a Barida Ponzio, Professore di filosofia del linguaggio, intitolato "La cifradel Levante". MUSATTI, considerato il fondatore della psicanalisiitaliana, prova una profonda avversione per V. che etichetta come "“ilmagliaro di Caulonia” ecome "cialtrone". V. ha ospitato comerelatori, nell'ambito di alcuni congressi organizzati alla Villa San CarloBorromeo, autori come Duesberg, virologo statunitense, scopritore deiretrovirus, e Rasnick, biologo, che negano l'esistenza dell'AIDS, sostenendoche gli ammalati di tale morbo morissero in realtà sia a causa dell'assunzionedi droghe sintetiche fortemente immune-soppressive sia a causa delle cure cheerano loro imposte nella prima fase sperimentale, dove si ricorrevaall'utilizzo di farmaci come l'AZT, originariamente sintetizzato a scopo anti-neoplasticoe poi abbandonato per l'elevata tossicità. Saggi: “Il carcere. La questionedella parola, Associazione Amici di Spirali,Ur-kommunismus; “La paura della parola”, Associazione Amici di Spirali, “Lagrammatica dello spirito,” L'androgino trinitario e la bilancia dell'orrore,Associazione Amici di Spirali, “I padroni del nulla” Associazione Amici diSpirali, L'Operazione guru, AssociazioneAmici di Spirali, La rivoluzionedell'imprenditore, Associazione Amici di Spirali, Il bilancio di guerra, Associazione Amici diSpirali, In nome del nulla. L'accusa diblasfemia, Associazione Amici di Spirali,Il bilancio intellettuale dell'impresa, Associazione Amici diSpirali, Parola mia, Spirali, La realtà intellettuale, Spirali, L'Affaire fiscale ovvero il dispensario deltempo, Spirali, Scrittori, artisti,Spirali, La libertà della parola, Spirali, “La politica e la sua lingua”,Spirali, La nostra salute, Spirali, Il capitale della vita, Spirali, Master dell'art ambassador, Spirali, Masterdel brainworker, Spirali, Master del cifrematico, Spirali, “L'interlocutore”, Spirali, Il Manifesto dicifrematica, Spirali, La rivoluzione cifrematica, Spirali, Artisti, Spirali, Ilbrainworking. La direzione intellettuale. La formazione dell'imprenditore. Laristrutturazione delle aziende, Spirali, Edipo e Cristo. La nostra saga,Spirali, La famiglia, l'impresa, la finanza, il capitalismo intellettuale,Spirali, Venere e Maria. La fiaba originaria, Spirali, MACHIAVELLI,Spirali/Vel, Vinci, Spirali/Vel, La congiura degl’idioti, -- cfr. Grice,“L’idioma dell’idiota” -- Spirali/Vel, L'albero di San Vittore, Spirali, Letteraall'eccellentissima corte di appello, Spirali, Quale accusa?, Spirali, Processoalla parola, Spirali, Il giardino dell'automa, Spirali, Manifesto del secondorinascimento, Rizzoli, Spirali, La mia industria, Rizzoli Spirali, Dio, Spirali, La peste, Spirali, La psicanalisiquesta mia avventura, Marsilio, Spirali, La dissidenza freudiana, Feltrinelli,Spirali. E. Roudinesco, Histoire de la psychanalyse en France, Paris: Le Seuil(réédition Fayard ) dal sito web italiano per la filosofia. il domenicale arretrati n. Domenicale miei libriScienze umane Sociologia e comunicazione Sollers-scrittore La dissidenza della scritturaLacan e altri, Scilicet: rivista dell'école freudienne de Paris, trad. di V.,Feltrinelli, Milano, Lacan, Il seminario,in «Ornicar? Venezia. Institor (Krämer), Sprenger, V., Il martello dellestreghe. La sessualità femminile nel "transfert" degli inquisitori,Spirali, Milano, BRUNO, Caiazza, Le ombre delle idee, Spirali, Milano, BRUNO,Sini, Cabala del cavallo pegaseo, Spirali, Milano, Mannoni, Educazioneimpossibile, (Feltrinelli, Milano). Spirali pubblica le opere La rivoluzionedel linguaggio poetico. L'avanguardia, : Lautrémont e Mallarmé e Poteridell'orrore. Saggio sull'abiezioneGuattari /spirali books-of-Jean+Oury. Php Goux, Freud, Marx: economia e simbolico,introduzione e cura di V., Milano, Feltrinelli, atti del Convegno Sessualità epolitica edito da Feltrinelli, 2000 partecipanti al Congresso di Psicanalisicon tema "Sessualità e Politica", svoltosi a Milano", Anquetil,"A Milan, le sage congrès de la folie", Les Nouvelles Littéraires, Dadoun,"A Milan F comme Folie", La Quinzaine littéraire, Descamps, "A Milan au congrès depsychanalyse on a débattu (vivement) de “Sexe et politique”", La Quinzainelittéraire, Congres v Milanu, “Razprave problemi”, Maggiori, "La 'JetSociety' psychanalytique reunie a Milan", Liberation, Italianistica, Cifrematica: di che cosaparliamo? Enciclopedia UniversaleRizzoli Larousse, Rizzoli, Milano, Mascheroni, il Giornale, Borzi, Etruriaperde 26 milioni nel crack V., in Il Sole 24 ore, V. affidato al servizisociali, la Repubblica, in Archiviola Repubblica. "Pour V.", Le Monde, "DifendoVerdiglione", di Daniel, direttore di Le Nouvel Observateur pubblicato dala Repubblica, Caso v.: , all'hotel nazionale in piazza montecitorio, a partiredalle ore 11.45, incontro internazionale sul tema: "il caso v.".marco pann..., su radio radicale. I radicali bocciano pannella, la Repubblica,in Archivio la Repubblica legislature camera dati/leg10/lavori/ stampati Milano,18 rinvii a giudizio per la vicenda v., Repubblica » Ricerca, non profit, v. falo sponsor e le associazione danno forfeit, la Repubblica, in Archivio laRepubblica. Turano, V. spa, in Corriere Economia, V., ovvero come sposare lo sponsore viver felici Corriere della Sera, sumilano.corriere. Archivio Corriere dellaSera, su archivio storico.corriere. Corriere della Sera, su archivio storico.corriere. Frode fiscale, IX anni a V. confiscati beniper 110 milioni, in Corriere della Sera. Lo psicanalista V. dai fasti alritorno in carcere, su milano corriere.sito dell'associazione diretta da Foti, 'V. fuori dall'Ateneo' laRepubblica, in Archivio la Repubblica. Il chiaccierato V. , la Repubblica, inArchivio la Repubblica. musatti Analisi laica, su Analisi laica. Italian guru, laRepubblica, in Archivio la Repubblica. Szaz, La battaglia della salute,Spirali. «L'Aids non è contagioso in nessun modo, non si trasmette néattraverso rapporti eterosessuali né attraverso rapporti omosessuali e neanchesenza rapporti, non si trasmette in nessun modo; l'Hiv è un retro-virus che,secondo Dusberg, è innocuo." "Muoiono per via della cura. È la cura,che li ammazza."». Dizionario dicifrematica, su dizionario di cifrematica. V. Com: Recenti Vicende, su tg mediaset. ArmandoVerdiglione. Verdiglione. Keywords: de-ciphering the cipher, cifra decrifrata,implicatura e cifra, Bruno, Machiavelli. Refs.: The H. P. Grice Papers,Bancroft MS – Luigi Speranza, “Grice e Verdiglione e l’idioma dell’idiota” –The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Vernia: la ragioneconversazionale dei peripatetici, o dellizio – filosofia italiana – Luigi Speranza (Chieti). Filosofoitaliano. Grice: “I love Vernia, but then any Englishman would, especially whenlearning that Saint Thomas (Aquino) would have made such a fuss about him!” -- EssentialItalian philosopher. Allievoa Padova di PERGOLA e Thiese e successore di quest'ultimo. Ha come collega POMPONAZZI(il Pomponaccio). Tra i suoi allievi: NIFO e PICO. Seguace dell'ermetismoimperante a Padova, cura un'edizione di Aristotele, il lizio. V. sostennel'unità dell'intelletto -- dottrina poi abbandonata a causa di una condannainflittagli dal vescovo di Padova --, l'autonomia della fisica rispetto allameta-fisica, e la superiorità della scienza della natura sulle scienzedell'uomo. Saggi: “Contra perversam Averrois opinionem de unitate intellectuset de animae felicitate”; “De unitate intellectus et de animae felicitate”; “Expositioin posteriorum capitulum secundum in fine”; “Expositio in posteriorum librumpriorem”; “Quaestio de gravibus et levibus”; “Quaestio de rationibusseminalibus”; “Quaestio de unitate intellectus”; “Quaestio in De anima. Bellis,“L’aristotelismo” – del lizeo (Firenze, Olscheki editore, Treccani EnciclopedieIstituto dell'Enciclopedia Italiana. Esaminiamoin prima quali sieno le sue cose stampate, le quali sono poco conosciute, siperché si trovano inserite in altre opere, si perché scritte con caratterimolto fitti, danno pena all'occhio anchemolto paziente. La dissertazionepiù conosciuta é l'ultima, contro l' unità dell'intelletto di Averroe; tanto èvero, che nella seconda iscrizione apposta al monumento trasportato dallachiesa di S. Bartoloneo all'oratorio dell'ospedale civile di Vi-cenza, èprecisamente questo ultimo scritto ricordato. Del Vernia sono stampate seidissertazioni. La prima porta la data del 1480 (') ed è: quuestio un ens mobilesit toliusphilosopine nuturalis siljectum ('); essa si trova nel commento sulde general. et corrupt. di Aristotele, di Egidio Romano, di Marsilio Ingnen, edi Alberto di Sassonia. La seconda é collegata colla terza, e trattadella partizione della filosofia; è una prolusione ad un corso di un annointorno alla fisica di Aristotele. La terza è: utrum medicina jure civili sitnobilior: è come una conclusione della seconda (°); tutte e due sono nellafisica di Burleo, e sono precedute da una lettera a Sebastiano Baduario,censore di Vicenza (3), nella quale ricorda il Vernia la grandezza della di luifamiglia, di cui i capitani sono scolpiti nelle immagini del Palazzo Ducale diVenezia. Il Badua-rio fu discepolo, come il Vernia, di Paolo della Pergola, edaddivenne illustre scotista. In sua casa fu educato il compaesano del Vernia,Nicola Manupello, di Chieti, che fu fisico e medico. E qui soggiunge, che essendostato pregato dagli stampatori di emendare il libro sulla fisica di Burleo cheera corrotto e che doveva leggere agli scolari, volle premettere la divisionedella filosofia e l'ampia questione de inchoatione formaruin da lui trattita,ed al Baduario dedicata. Questa ultima questione è andata perduta; almenofinora non la rinvenni. La partizione della filosofia e l'altra sulla medicinaportano la data della fine di febbraro 1482 (*). La quarta dissertazione èsul de gracibns et lucciles, dedicata a Berardo Bolderio filosofo emedico veronese; tratta se i gravi ed i leggeri inanimati si muovano da sestessi o da altro, quando sia rimosso ogni impedimento. Essa si trova nelloscritto sull'intelletto contro Averroe. La data non ci è veramente segnata; masiccome essa é citata nella quinta dis-sertazione, e non nelle altreprevedenti, è da dirsi essere la quarta. La quinta dissertazione é: questio andenter unicersalin realia, ed é premessa al commento sulla fisica di UrbanoServita, Averroista. Il Renan seguendo l'Hain, ha creduto che sia unaprefazione ('); invece è una questione a se, che la poca relazione propriamenteculla fisica. Antonio Alabante scrive al Vernia di leggere ed esaminare ilmanoscritto di Urbano Servita, e di vedere se ne sia stato l'autore GiovanniMarcanova, ovvero Ur-bano. Il Vernia risponde che il manoscritto nel primoesemplare è di Urbano: Marcanova lo copiò e fu trovato nei libro di costuisenza indice: che è degno di essere stampato, jerche Urbano supera moltissimiaverroisti, e non islugge le questioni le più difficili della fisica.Corrisponde alla gentilezza e stima di Alabante di Bologna con pari condutta,mandandogli la dissertazione sugli uni-versali, perché la legga e gli dica sepuò essere stanpata. La lettera di accompagnamento porta la data delgiugno 1492 da Padova; e la dissertazione è stata terininita nel 17 febbraio1492 (*). Sino a questo tempo il Vernia è un pretto averroista, mostrando neisuoi scritti unlampo di razionalitá e di liberta di filosofare pregevole erarissima a quei tempi. Ma alla sorveglianza del Vescovo di Padova e alla• pietá di un uomo dottissimo quale era il Barozzi non poteva sfuggire illibero pensiero del Vernia. Imperocche il Barozzi nel 4 maggio 1489 avevaemanata la scomunica lutae sententiae a tutti quelli che disputavanopubblicamente quoris quaesito colore, sull'unità dell' intelletto. IlVernia con tutto ciò si mantiene ancora fermo ai suoi principii; sperava cheessi fossero mantenuti illesi colla pubblicazione delle sue dottrine, affidataalla protezione di uomo colto ed autorevole che l'aveva accolta. Cio nonbasto a salvarlo: una più severa minaccia di seo-munica direttamente al Verniadovette venire, la quale l'obbligava a ritrattarsi. Non si puù spiegarediversamente la vicinanza delle due date, della quarta e della sestadissertazione, nella quale ultima il Vernia si ritratta interamente del suoaverroismo. La questione degli universali porta la data del 17 febbraio. Lalettera poi di accompagnamento di questa dissertazione diretta ad AntonioAlabante porta la data di giugno 1492; mentre quella contro l'unitàdell'intelletto è del 18 settembre, dello stesso anno, 1192. Nondustrente ophtelmia quae me tune molestant, soggiunge il Vernia in fine: unacircostanza tuti'altro favorevole a fare scrittura. Argomento da ciò, che ilVernia la dovuto affrettarsi a fare questa ritrattazione. Che la dissertazionesesta sia un po' affrettata ed un poco anche confusi, é in qualcle parteevidente. Che rimanga il dubbio di avere abbandonato l' averroismoperfettamente, e evidentissimo; ed il Barozi se n'era già accorto. Epperò nonpossiamo noi accettare come veridica la sua confessione, cioé, che solo perdisputare e per aguzzare l'ingegno tentò di corroborare con argonentil'opinione di Averroe intorno all'unico intelletto. Contro taledichiarazione sta non solo la dissertazione precedente dello stesso anno sughuniversali, in cui si professa pu-ru averroista, ma anche un'altra che èsparita, intorno al-1180 nella prina questione preliminare intorno al soggettodella fisica ('). Ma la vita di insegnante per 33 anni nell' universitàdi Padova sarebbe stata troppo scarsa di frutti intellettivi, se il Vernia sifosse limitato a queste sole sei dissertil-zioni. Giá abbiamo visto che egli emendola fisica di Bur-leo. Anche ai tempi di Pomponazzi il Burleo godeva all-coragrande autoritá nella scienza. Ed alcune opere di lui erano già andate perdute(°). Un altro lavoro di cur-rezione di edizione lo fece intorno al de caelo etmurulo del Gianduno. Il Pellenegra di Troja che insegno filosofia morale aPadova, ci da notizia di avere più accuratamente stampate le questioni delGiandono che furono emendate dal Vernia ('). Noto questa notizia moltorilevan-Imperocché sono di credere che molti hanno pubblicato dei lavori delVernia, non originali però, ma intorno ai commenti di Aristotele,appropriandosi in tutto e per tutto gli scritti del filosofo chietino. Che ilVernia non abbia perduto il tempo sulla cattedra, si rileva dalle sue stesseparole nelle quali dice che essendo stato professore per 33 anni a Padova,credeva essere poco decoroso, se non avesse pubblicato ció che avea raccoltocon diligenza per tanti anni dagli autori greci e latini. Egli non cessavatutti i giorni di forbire e ritrallare i commenti che aveva fatto su tutti ilibri di Aristotele, perché potessero meritare di essere pubblicati ('). Mamandava alla stampa in prima l'opuscolo sulla immortalità secondo la fedecattolica, aí-finché fosse esso come il conduttiero delle altre opere. Pregainoltre Domenico Grimani di accettare questo dono durante il tempo, che egli daun'aitra mano ai coinmenti di Aristotele. Se la lettera dedicatoria è scrittanel 1499, nella quale confessa che egli ha già pronti questi commenti, ma nonli pubblica perché hanno bisogno di essere ricor-secondo il tenore del suoopuscolo, cioè contraria ad Averroe, di cui era stato per tanti anni fautore.Quindi si può supporre, o che egli non li abbia pubblicati prima per laminaccia del Barozzi, ovvero che dal 1499 egli siasi messo a ritrattare tutti icommenti in senso anti-averroistico, e che non li abbia finiti per gliacciacchi della sua età. Pochissimo é stato anche il tempo dalla pubblicazionedell'opuscolo alla sua morte; quindi si può ritenere che i suoi scritti sienoandati nelle mani degli altri. Una caratteristica quasi costante si puònotare negli scritti del Vernia, la quale è duplice, materiale e formale.Il Vernia è molto ordinato nel suo scrivere: quasi tutte le sue dissertazionisono divise in tre parti: la prima espone tutti coloro che hanno deviato daAristotele e dal suo commentatore, Averroe; la seconda, che cosi al bunosentito entrambi intorno al quesito proposto, e la terza contuta le opposizioniaddotte dagli avversari. Questo tenore di dividere in tre parti l'argomento eraperò comune a tutti i tomisti e scotisti. Ciò riguarda la materia dei suoiargomenti. Circa la sua opinione, a quale cioé, dei filosofi più si accostava,è da dire in genere, che egli sebbene averroista, era piu veramente un albertista.Tomista non mai periettanente. Il suo storzo è di mostrare che l'opinione diAverroe poco differisce da quella di Al-berto. Lo dice finanche nella sua sestaquestione contro l'unità dell'intelletto. Sebbene in quest'ultima sia statocostretto ad essere tonista, per avvalorare la sua ritratta-zione. IlVernia insegnava propriamente li tisica nell'Università di Padova ('), e nonpoteva sottrarsi all'esameseguace, di S. Tommaso, o di Alberto ('). Talequestione era, se l'oggetto della filosofia naturale era l'ens mobile, comedisse S. Tommaso, ovvero il corpres mobile, come opinó Alberto. Osserva cheEgidio Romano combatté l'o-pinione di S. Tommaso, perché la scienza naturalenon è subalterna della metafisica; poiché tre sono gli abiti speculativi, ilmetafisico, il matematico, ed il naturale. E se la mobilità è un'accidentalità, questa non deriva punto dall' essere, in quanto questo èobbietto della metafisica. La scienza naturale non é parte dellametafisica, ma que-sta e quelle sono diverse parti della filosofia. Di S.Tom-maso la la più buona opinione, dicendolo il migliore espo-sitore tra ilatini; ma pure non solo in questa, ma in altre questioni gli é spessocontrario. Lo Scoto volevi invece clie l'oggetto dalla fisica fosse la sostanzanaturale, che é soggetto del moto e di altre aflezioni. Ma se per naturale s'intende il sensibile, soggiunge il Vernia, esso è il soggetto che éprincipio di moto e di quiete. Sostiene perció che il corpo mobile sia ilsoggetto della fisica (°). Otto sono le condizioni requisite per un subbiettodi una scienza: che sia reale, uno almeno per unitá analogica, universale,adeguato, primo noto in quanto alla sua ragion formale, che abbia parti, cheabbia affe-zioni, che abbia principii. Ora l'errore di Antonio Andrea è di averposto l'essere come comune a Dio ed alla crea-tura. Queste otto condizioni sitrovano nel corpo mobile,l'ammettere il noto come soggetto di scienza, rispondeche quell'accidente solo non entra nella scienza, il quale non ha causa.Due difficoltá considerevoli s'incontravano in tale de-finizione della fisica.Se il corjo mobile é il subbietto della fisica, gli angeli sono mobili, ma nonsono corpi: inoltre, il cielo non é composto di materia e forma, e quindi conepuò essere l'obbietto della fisica? La questione dell'an- gelointorbidava la liberta di filosofare nella scienza na-turale. Intorno allespecie ci era quella della plurabilita, o moltiplicabilità dell'angelo,che non era ammessa da S. Tommaso, perché ogni angelo rappresentava la specietutta. Per l'anima umana invece si doveva sostenere la plu- rabilita,altrimenti si cadeva nell'averroismo, e si ri-conosceva l'unita dell'intellettoumano. Il Vernia confessa che egli intende di parlare secondo la ragionna-turale in tale questione: e dice che gli angeli non si possono muovere conuna velocita infinita, perché la ve-locita dura un certo tempo: il loro motolocale, se fosse veloce infinitamente, dovrebbe avere uno spazio infinito ;locché non conviene all'angelo. Esso é dunque una so-stanza semplice ricettivadi luogo, e quindi di moto. Era giá il primo indizio, con cui egli si dipartivadalle veritá di fede e della teologia ('). I teologi invero volevano con-cedereall'angelo il moto infinitamente veloce, ovrero l'ubiquità, negandogli illuogo. Locché e contraddittorrio per il Vernia (3). E se con S. Tommasoammetteva che l'angelo rappresentando tutta la specie, era impluri-ficabile, lostesso sosteneva rispetto all'intelletto umano ('). Ma si riserva ditrattare tale questione in quella dell'in-telletto. Se questo scritto siastato pubblicato, non si sa: forse dovette sparire dietro la persecuzione delBarozzi; non credo però che gli fu impedito di pubblicarlo. Il Nifo pare che loaccenni. Imperocché e chiaro che la citazione sui concorda perfettamente colladottrina che espone e che pol Il Nito combatte. Cioé, che per sostenere l'unità dell'in-telletto, disse un nuoro espositore, che una stessa formaspirituale informa subbiettivamente la fantasia e l'intel-letto. Imperocché laforma spirituale può essere una di numero in diversi soggetti, come il colorenell'acqua e nell'aria. L'intelletto in se come uno in atto informa il nostrointelletto, ed é la specie intelligibile; informa an-clie la fantasia, ed è ilfantasma (*). La seconda difficolta era: se Averroe avevaammes- so che il cielo non è coinposto di materia e foria, perché éingenerabile e pur tuttavolta è mobile, come poteva abbracciare l'idea delcorpo mobile il cielo e le cose terre-stri? Il Vernia risponde che la sostanzamobile è cio che è soggetto alla triplice dimensione. Pare accostarsi per ciòall'opinione di Egidio romano che poneva identici natura nel cielo e nellaterra. Ma pure non é veramente cosi; perché confessa altrove che il cielo èatto, e non si da in esso passaggio dall' essere al non essere. Il puntodi vista interessante per caratterizzare fin da ora il chietino filosofo èquesto nel primo suo lavoro, di-chiarare, cioè, la fisica indipendente dellametafisica: sottrarre la natura, per quanto poteva, dall'influenza dellateologia. Fin di ora i fisici non stunno in accordo coi metafisici. E una lineadi condotta che è troppo costante nel Vernia. La secondadissertazione intorno alla partizione delli filosofia è una prolusione che fecein un anno del suo insegnamento; nel quale dovendo esporre la filosofiana-turale, esamina quali sieno le relazioni delle varie parti del sapere altutto. La filosofia, dice il Vernia, è la perfezione del sapere; essa èprattica, speculativa e razionale; e riducendo, è reale e razionale. Questaultima è la logca; dando a questa il solo valore razionale e non reale, ilVernia si dichiara vero occamista: non tomista, né scotista. In tal guisaseguiva la tradizione patavina cirça la logi-ca, la quale, non solo diNicoletto Veneto e da Nicola della Pergola era stata ritenuta come speculativasecondo Alberto, il differenza di alcuni tomisti che la dissero pratica, maanche di valore nominale; e cio era la massima distinzione degli occanistimoderni dai logici antichi che erano o tomisti, o scotisti ('). Siccome tresono gli atti di ragione in eni jo siano errare, tre sono le parti della logicache servono a dirigerci alla verita. Le Categorie che Aristotele ePlatone ricevettero da Archita Tarentino, servono a non attribuire id una cosauni qualitá che conviene ad un'altra. Il libro de interpretalione tratta delleenunciazioni singole, in cui vi è la composizione, o la divisionedell'intelletto. Il terzo atto é il sillogino pertetto: ed è questa l'artenuova che fu da Aristotele ritrovata. Questa parte é divisa nell'inventiva enella giudicativa: quindi la topica e la sofistica. Lia giudicativa èl'analitica, di cui la prima tratta del sillogismo comune in cui si risolve laconclusione nella preinessa;la seconda é quella che riduce gli elletti alleloro cause. La risolucione prima é relativa alla seconda ; perché quellaé comune ad ogni sillogismo, questa é speciale al sillogismo che versa intornoalle cose necessarie. Al libro dei primi analitici viene quello dei topici;e poi quello dei secondi analitici, e finalmente quello degli elen-chi. Doyo,la rettorica e la pratica. La scienza reale poi é divisa in prattica especulativa. Quella in fattiva come la medicina, ed in attiva cliecom-prende l'etica, l'economica e la politica. Questa com-pren Je la naturale,la matematica e la divina. La consi-derazione intorno al mobile in se è dellafisica, che è pri-una tra le parti della filosofia naturale: se si considera ilsolo moto locale, ecco la trattzione del cielo; se verso la forina, ecco illibro della generazione; se verso il mi-sto, si la il libro dei meteorologici,e quello dei minerali : se é animato, questo o è in genere ed ecco il librode parcis naturalibus, o é specitico, ed e il de planlis et deanimalibus. La scienza dell' anima contiene tre parti : la prima iltrattato deila vita e della morte, poi quello de respirationo e il de jucentuteet seneclule, de causis lougitulinis et bieritatzs citae, de sunate etacgrie-dine el de nutrimento, i quali due ultimi libri non ci pervennero. Laseconda ciò che riguarda il motivo, de cresis motes animalium et de pingresseanimalium. La terra cio che è propriamente del sensitivo, quindi de senseet sensat), de memoria et reminiscentia, de sonno et vigiliu. Ma perché daisinili si procede al dissimile, per-ció dopo il libro dell'anima in genere,vien quello del senso, del sonno e della veglia. L'intelletto non a. endoconcretez/a nel corjo, é delle sostance separate che ap-partengono allametatisica. Sbagliano perciò coloro che dicono soggetto del libro dell'anima ilcorpo animato e che l'anima sia sostanca del corpo. Perché il corpo ani-matosecondo le operazioni comuni a tutti i corpi animati,è soggetto del libroperenni animalinm: considerato poi secondo le operazioni specifiche è ilsoggetto dei libri de animalibus et plantis. Il Vernia è nella dottrinadell'anima in armonia colla dottrina del cielo. L'anima è propriamentel'intelligenza, così nel cielo, come nell'uomo L'intelligenza è sostanzaseparata; eppero non appartiene veramente alle cose né celesti, né umane.L'anima come senso, come fantasia, appartiene alla natura, siccome la forma ela materia del cielo danno il cielo nella sua pienezza. Questa dottrina del1482 è in pieno accordo colla dissertazione inedita del 1491, se il cielo éanimato. Di qui è chiaro l'ordine delle arti liberali: cioé, primaapprendiamo la grammatica, indi la logica e la parola, poi la filosofianaturale e la matenatica: da ultimo la divina sapienza. Da questa secondadissertazione non comparisce per noi nulla di notevole, salvo una menteabbastanza ordinata in mezzo a tutto il ginepraio dei trattati aristotelici. Sipuò ritenere che il Vernia gia si era dichiarato per l'unità dell'intellettofin dal 1482, perché dichiara l'intelletto non avere concreteria nel corpo,essendo una potenza separata. Una dottrina che aveva per conseguenza lamortalitá dell'anima. Imperocché egli confessa che non solo la sensazione, maanche la memoria appartengono alla vita sensitiva. Il senso non è che unaspecie dell'anima. L'intelletto come unico appartiene alla metafisica.Non sappiamo se a quest'ora avesse gia pubblicato il suo traltato de unituteintellectus. Forse no: ma questa dichiarazione è già abbastanza, oltre quellache si trova nella prima dis-sertazione, per dichiararlo rigidoaverroista. La terza dissertazione, se sia jiù nobile la professionedella medicina o quella del dritto civile ('), ha qualcheche di spiritoso.Nissuno si deve meravigliare che il Ver-nia abbia preso a trattare quest'argomento;poichè era egli un medico e filosofo. Difatti, distingue in questo lavoro lamedicina come scienza di cui parla, dalla medicina come arte, la quale dipendeda quella. I medici artisti sono quelli che discreditano la nostra medicina,dice lui: e dovrebbero essere espulsi dalle città ('). Dopo avereesposto alcuni argomenti in contrario, tra cui, che il fine del dritto è farel'uomo virtuoso, quello della medicina conservarlo nel suo essere solamente,che con questa si sana il corpo, con quello si sana l'anima, ragiona cosi perla parte vera. La medicina riguarda la conservazione dell'individuo, che è comela sostanza migliore di ogni accidente. Il dritto si appoggia sull'autorità deidottori, la medicina dá una certezza dimostrativa. Essa veramente dipendeimmediatamente dalla filosofia na-turale. Senza di quella nulla siconoscerebbe: ed in essa consiste la felicità, anzi che nella convivenza, che èuna certa felicita. Dimostra a lungo la felicità consistere nella speculazione;e gli pare clie il giurista sia più lontano dall'ultimo fine che attinge ilnaturalista. La medicina fu sempre avuta più in onore, epperò fu benericompensata. Qui non gli mancano vari esempi dalla storia. Una scienzaindeterminata e variabile non può mai essere davvero scientifica. Tale è lalegge degli atti umani, in cui è impossibile dire universalmente un vero: anziè utile in certi casi particolari osservare l'opposto di una legge (°). Iforestieri che entrano nella cittá, sono puniti: ma se questa è assediata, edentrano per liberarla, sono degnidi premio. Cne leges cariantui secundumlocorum commoditutes et ad libitum hominum. Leges enim Ju-stiniani in Gallianihil culent. Aristotele nel V dell'etica le rassomiglia alle misure del vino edel frumento. Simi-liter non naturalia et lumana justa non eadem ubi-que. Dopoaver distinto la inedicina come scienza da quella come arte, osserva che gliscicnziati medici non solo fanno gli esperimenti, ma ricercano le cause di essidalle cose naturali. E se ad Esculapio gli Ateniesi, ad Antonio Musso iRomani per avere sanato Ottavio Augusto ere:-sero una statua di bronzo, checosa dovremmo fare noi a Gerardo Bolderio di Verona, principe tra imoderni medici? ('). Osserva clie i legislatori dei suoi tempi sonoprivi di cultura e li disprezza, perclé non conoscono le scienze morali, nèquelle dell'anima. Tali non furono gli antichi legislatori, come Solone edAristotele, che erano periti nella scienza naturale. Dopo aver riferital'autorità di (icerone nella pro Murena, in cui dice che se Servio Sulpicioaprese dritto civile, non perciò trova aperta la via al consolato, mette inridicolo alcune glosse che si trovano nel codice giustinianeo (*). Fra lerisoluzioni delle difficoltà poste nella prima parte della discussione, notoquesta. Sebbene la virtú siapreferibile alla vita nel genere dei costumi,perchè la morte è preferibile alla vita turpe, perché è più lodevole chi muoreper virti di chi vive ozioso; pure nel genere della natura non è cosi, anzi èl'opposto, essendo preferibile l'essere alla virtú. E siccome, più essenziale èil genere di natura di quello del costume, è meglio vivere cle è il fine dellamedicina, che essere virtuoso che è il fine della legge. Acuta riflessione!Questa dissertazione mi è apparsa la più originale tra tutte, perché, oltre cheè lasciata interamente la forma scolastica, essendo scritta in maniera moltospigliata e libera, è piena di osservazioni punto, sprezzabili ('). Né si dicache era usuale a quei tempi l'invettiva dei professori di vari studi contro i legisti,i quali erano decaduti nella stima jer l'aridità delle loro dottrine (*).Imperocchè il Vernia si mostra jiuttosto inspirato ad un altissimo concetto cheè vero : cioè, che la scienza della natura è la sola che ci procaccia unafelicita per le verità conosciute, le quali non sono variabili come le leggiumane. Comprendo che da essa risulta pure evidente lo stato di decadimentodella giuri-sprudenza a quei tempi. Ma il Vernia indica pure il modo comerinsanguare quegli studi coll' estendere la coltura a quelle sorgenti, da cuipuó fluire la vita del pensiero che era rimasta assiderata nella forma e nellaparola. La questione de paritus et lecilus è di poca impor-tanza: trattase i gravi e leggieri inanimati, rimosso l'impedimento, si muovono localmenteda se, o da altro. Espone secondo il solito, le opinioni devianti daAristotele e le confuta, quella di Averroe che é la stessa di Ari-stotele, efinalmente risponde alle obbiezioni. Platone che pose l'anima e le coseinanimate muoversi da se, è in opposizione ad Aristotele, che volle nissunacosa poter muovere se stessa. Alberto disse muoversi per accidente; e che nonci è bisogno del movente nel moto naturale, ma solo nel violento: e questo èl'aria. Ma osserva che ogni moto ricerca per se il movente, e tali sono igravi. Contro S. Tommaso che disse i gravi fin-maliter si muovono da se, edeffectire dal movente, dice che per il moto in atto ci è bisogno del movente inatto. Neppure l'opinione di Gianduno che disse il movente essere laforma, e la materia la cosa mossa, sta benc, perché allora la forma sarebbemovente e mossi, perché il moto in atto è distinto dal motore. Alcuni teologisepararono la gravità dalla sostanza; e dissero clie l'ostia consacrata cade ingiù come gravità, non come sostanza. Ma questa opinione non è naturale: enon ne parla perciò ('). Egli dice che i gravi e leggieri, dopo che sonoge-nerati, si muovono da se, rimosso l'ostacolo, ai loghi naturali propri, efuori di essi sono mossi dall'aria per l'impeto dato dal morente violento. Iproiettili sono mossi dall'aria secondo Averroe, la quale è causa dellavelocita. Imperocché il mobile in fine è più veloce, perché maggiorequantità d'aria lo segue nel fine, che nel principio.Lo stesso succede perl'acqua, perché aria ed acqua sono corpi interminati, indifferenti a qualunquefigura, come non é dei solidi. Cosi si spiega, perché la balista percuote più acerta distanza che vicino, perché i raggi si uniscono nello specchio a certadistanza. E curioso che si mantiene più fedele ad Averroe che ad Alberto, ilquale secondo lui non ha detto bene che i gravi sono mossi dal-l'impeto ad essidato e non dall'aria e dall'acqua, perché i gravi misti terminati non sono natia ricevere tali vio-lenze. Altrimenti un uomo getterebbe a maggiore distanzauna piuma che un pezzo di ferro; locché è contro l'e-sperienza. E se il maestroGaetano risponde, che avendo il ferro più materia, riceve più impeto e vaquindi a may-giore distanza, gli osserva il Vernia che, data una pietra ed unpezzo di ferro della stessa quantita, il ferro dovrebbe andare a maggioredistanza. Cio proviene perché la mano si applica meglio alla pietra, che allapiuma ('). Questa dissertazione fa troppo desiderare la venuta di Galileoper isciogliere questo quesito della fisica che arri-luppo nel buio le poverementi aristoteliche (*). Nella quinta dissertazione, un denturunirersalia vea-lia, il Vernia è ancora pretto averroista, cioè sino algiugnodel 1492. Espone secondo il solito le opinioni devianti da Aristotele e dalcommentatore, poi quella di questi due, e finalmente risolve un numero immensodi obbiezioni. Dice che gli universali o sono concetti puri secondo Occam,ovvero sono reali secondo Burleo nel prologo della fisica; oppure ci è la viamedia in quanto sono reali nella cosa singolare e formalinell'intenzione. Il Vernia prende lo stato della questione non daiprimordi della discussione, ma dalle ultine forme che aveva assunte nellascienza ('). Perché il Burleo discepolo di Occam stando alla pura questionefilosofica, aseva guardato più alla parte fisica dei generi e delle specie, edOccam aveva ridotto la soluzione al puro nominalismo. Non crede dover farelunga discussione sugli universali ante rem, parendogli fuori proposito peitempi della scienza. Noi che camminiamo nella via media, dice lui, affermiamoche l'essenza di ogni cosa si può considerare doppiamente, cioè in se, e nellamateria, in quanto è quell'aptitudo realis che nou è particolare, perche è unaessenza non di unitá di numero, ma l'unità secondo l'aptiludinemcommunicabilitatis. È una comunità non di materia, ma di forma. Ed é appuntoquesta inchoulio formae che é reale. Cosi nello sperma non cessa mai la formaumana, fin tanto chie l'nomo si perfeziona. Altrimenti la forma sarebbe creatadal niente di se. Il Vernia è un fisico, e non può trattare la questione degliuniversali, se non dal lato della sua scienza. Essa si può dire che siidentiticacon quella dei germi della vita, sino ad un certo punto. Occamaveva sciolto la questione degli universali negando ogni esistenza astratta etutto riducendo il loro valore al puro termine. Ma la specie non ha valore inse? Ecco il Burleo che ammette quest' universale nella specie : il Vernia lochiama unita di forma che é increata, eterna, appunto per negare la creazionetemporanea della specie. La difficoltà era per l'anima intellettiva,ritenendosi che essa è creata prima e poi infusa nel corpo. Sebbene ciò, diceil Vernia, é secondo la mente dei sacri teologi, non è però secondo la mente diAristotele ('). Poichè secondo Averroe nel settimo della metafisica non può unostesso effelto essere prodotto da due agenti che non sono subordinatinell'operare, e che non concorrono aggiustata-mente allo stesso effetto. Cosisarebbe di Dio e di un particolare agente nella generazione di Socrate. Epperóegli é di opinione clie la dottrina di Alberto a questo punto poco differiscada quella di Averroe. Il quale volle tutte le forme prodotte ed emanate dallapotenza della materia e non per creazione, la quale credette essere impossibile(°). Quindi l'anima intellettiva non è creata, maché la volle creata. Ma cioche ha esistenza preesistente, è al aeterno. Il Vernia nella questionedell'anima vede la cosa secondo il fatto. L'uomo genera l'uomo per l'apretitonaturale clie non può essere indarno. L'agente fa la mil- tazione,trasmutando la materia dalla potenza all'atto, non congregando due cose jerfare l'unità di un effetto: cosi si approssima alla creazione. La forma non sicrei, ma si produce per generazione. La creazione de noco non gli va. Lagenerazione non é per trasferimento secondo Anassagora, nè per le idee secondoPlatone. Per Averroe quando succede la generazione, vi è qualche cosa che sicompleta: la forma è il termine di essa. La forma particolare è distinta dallaessenza che la include; jercio essa non si crea, ma si genera. Se Alberto diceche è creata dal niente di se stessa, rispondo che è jer accidente ge-nerata. Ese soggiunge che incomincia ad essere de noco, rispondo anche dicendo non dalniente di se stessa, ma da qualche clie di se, cioè dalla essenza che èl'incoazio-ne ed il seme nella stessa specie. E coloro che non intendono questecose, non hanno il cervello abilitato al bene, e non sono atti a filosofaresecondo i principi di Aristotele ('), il cui assioma è dal niente niente farsi.La quale dottrina fu accolta da tutti quelli che parlano na-turalmente. Ottimaconfessione ! Ma osserva ancora che la forma della specie non è distintada quella dell'individuo; perché nell'uomo vi è una forma particolare che sidice l'anima cogitativa. Nello sperma da cui si ha l'uomo, non si distruggonole parti di esso, ma si generano successivamente le forme dell'uono, finchè siperfeziona la forma umana. L'incoa-tivo sene non è una potenza subbiettiva, mapotenza formale, distinta dalla materia ('). Da ciò segue darsi gli universalireali. Anzi arriva a dire che tutte le specie rimangono in ogni ora, altrimentitutto sarebbe corrutti-bile, locché appartiene al solo singolare. Perfino ilconcetto di finalità nella natura non lo ammette; poiché il fine è ensrationis, il quale è ben diverso dal processo naturale, che non dipendedall'anima nostra. L'incoazio- ne è reale, dice più prima, é nellamateria, non è nell'intuizione delle cause agenti (*). Segue una immensità diobbiezioni che tralascio per brevità: qualcuna solo voglio menzionare. Conquesta teoria in ogni uomo vi sarebbe qualche che dell' asino; risponde : inpotenza vi é questa indifferenza della specie, in atto no. (3) Essendo questiuniversali separati dall'individuo, non vi sarebbe la necessita dell'intellettoagente. Risponde: questo essere necessario a produrre nell'intelletto jossibilemediante i fantasmi le intenzioni dell'intelletto in atto. Nota poi con Albertoche questi universali incorporei sono sempliciquiddità ulique eristentes, comela quantità indetermi-nata. Infine a Burleo che nega gli universali nellamente, altrimenti si andrebbe all'infinito nei concetti comuni, e cosi non visarebbero principi primi della scienza, rispon-de, che il concetto dell'essenza in ratione entis è singo-lare, in ratione signi è comunissimo. Un uomoe un uomo sono lo stesso rutione signi, ma differiscono mate-rialiter. Perquesta dottrina egli si avvicina di molto ad Occam che è un puro terminista;ritiene con lui gli universali nella mente rutione signi, e combatte Burleoclie li negó nella mente: ma ritiene con costui la realtà degli universali comeenti obbiettivi, che nego l'Occan. In questa dissertazione vi è delbuono, vi è del fal-so. Ad ogni modo è la ultima manifestazione del suoaverroismo. Il Vernia nega la creazione perché riconosce in natura la solagenerazione: ed arriva sino a toccare la questione nebulosa della generazionespontanea colla dottrina della indifferenza dei generi. Non fa eccezione per l'uomoe neinmeno per l'anima cogitativa, dicendola una specie non diversadall'individuo, un' accidentalità della natura, per cui non ci è bisogno dellacreazione de noco. Nega l'infondersi dell'anima nel corpo umano secondo S.Tommaso, reputando sufficiente la generazione per l'appetito naturale inerenteall'uomo. Questo è il lato più vero dell'arerroismo professato dal Vernia. E seritiene gli universali separati dai singolari in quanto sono in se, non èmeraviglia che sia costretto ad ammettere anche l'intelletto agente checompleta nell'uomo la cognizione. Il Vernia mi pare proprio sospeso tra ilcielo e la terra, tra la scolastica antica a cui non può dare un totale addio,e la nuova dottrina della realtá della natura di cui ne ha qualche presagio. Ecerto peró, che se altro scritto mancasse a conoscere qualche valore neglistudi naturali, questa quinta dissertazione è la più valida prova del suotalento negli studi filosofici. Con questa dissertazione quinta precedutadall'altra, se il cielo èanimato, inedita, il Vernia chiude il suo averroismoil più deciso. E si noti che è una dissertazione pubblicata dopo il 1479 in cuifu minacciato della scomunica; cioé nel giugno del 1402 ovvero tre mesi primadella sua ritrattazione, due mesi prima del trattato de intellecte del Nifo,che ne era il preludio. Nel 26 ¡gosto (') e nel 18 settembre (°) dellostesso anno, 1492, arviene, che discepolo e maestro, cioe il Nifo prima e poiil Vernia scrivono due trattatelli contro l'unità dell'intelletto di Averroe.Il trattato de intellectu del Nifo è molto più lungo: maci sostara e quine diio iu pablicato nel 1503, cosi quello del Vernia vidde la luce nel 1499. IlNaude ha detto che il de intellecte di Nifo fu prima di quello de unitrle delVernia (3). É vero, perché nella dedica del libro a Sebastiano Baduario,patrizio Veneto, dice che gli avevabe procurato di stamparla, se non ci fosserostati gli invidiosi che lo accusavano di eresia. Da ció si è argomentato chenel 1491 il Nifo aveva giá fatto il trattato; e che avendo diteso il Vernia, siattirò sopra di lui accuse di eresia; epperò fu costretto a pubblicarlonell'anno dopo, avendolo prima del tutto emendato ('). E questo ha potutoessere sino al Giugno del 1492, quando il Vernia era ancora averroista. Ma mutatosid'opinione il maestro, si muto anche lo scolaro (%). Ki-mane la difficoltàrispetto al Vernia, che è maggiore di quella del Nifo, come dopo più di duemesi soltanto cambio opinione, cive da averroista addivenne antiaveroista coltrattato de unitute intellectus contro Averroe. Di cosi subitanea mutazione lacausa dovette essere la scomunica del Barozzi fattasi sentire un po' piùefficacemente. Che il Nifo ricerette dal Vernia l'indirizzo fondamentaledalla sua ritrattazione, risulta non solo dall'andamento del libro deintellecte nel tutto insieme, ma anche da un'al-tra circostanza che c' induce acredere cosi. Il Nifo confessa nella dedica del commento de anima (') al Giuliocardinale dei Medici, che tutte le cose raccolte sul de anima da lui fin daquasi fanciullo gli furono rubate e stampate a sua insaputa e col suo nome,acciocché la cosa fosse più verosimile (). Si capisce che queste cose raccoltefurono sotto scuola del Vernia. E se il de intellectu a confessione del Nifo siintende per il commento de anima, e deve succedere a questo, ed è giudicato ilprimo parto suo giovanile, è ragionevole supporre che l'un e l'altro librosieno stati inspirati dal suo maestro nei punti principali dellaritrat-tazione. Percorriamo ora brevemente la sesta dissertazione, pervederne il contenuto. Dice che Anassagora, Esiodo, Senofane, Melisso eParmenide convengono nel porre che sia lo stesso Dio e l'anima intellettiva:unico Dio, unico intelletto. Di qui nacque l'errore di Averroe e di altriperipatetici che dicono uno essere l'intelletto in tutti. Democrito eLeucippo non facendo differenza tra senso ed intelletto, ammisero l'anima fattadi atomi. Empedocle volle l'anima composta degli stessi principii delle cose,perché conosce queste cose. Costoro dunque ammettono l'anima generabile.Riferisce l'opinione di Pitagora che pose l'anima immortale per lametempsicosi, e di Platone che disse l'anima da Dio creata, infusa nei corpi.Ma Ori-gene secondo S. Tommaso volle l'anima creata de noronon eterna,rinchiusa nel corpo pel peccato originale. Avicenna che ammisel'immortalità, disse le specie non causate dai fantasmi per l'agenteintelletto, ma clie questi dispongano l'anima a ricevere le specie. Dopo ciò,magna discordia inter peripateticos, perché in Aristotele non si trova scioltané la prima ne la seconda questione, cioe an anima intellection sit forinasubstantiulis humani corporis, utrunce sit in eo felicitabilis.Alessandro ammise l'anima intellettiva essere eterna, e pose l'intellettoagente e possibile come eterni. Averroe non avendo conosciuto il horodell'anima di Aristotele, disse l'intelletto possibile corruttibile, ed inteseper intelletto possibile l'anima cogitativa. Ma se è immortale l'agente, tale èanche il possibile. La sua attitudine a tutto ricevere è in consonanza collalibertà. Qui ci è una esposizione delle ragioni per cui Averroe ammise l'unitadell'intelletto; perché è impossibile l'infinita moltitudine d'intelletti,perché non non vi è moltitudine nella stessa specie se non per la materia,perché è impossibile la creazione. E subito dopo una imprecazione adArerroe. Conchiude coi peripatetici più famosi che tra Platone edAristotele non ci è discordia, se non nelle parole, e che l' anima siasostanziale dans esse forinaliter corpori hurano, moltiplicata in singulishominibus, ab acteï-no creata a deo et corporibus infusa. E ciò secundumsacrosanctam Rom. Ecclesiam et veritatem. Ma ci è qualche cosa di più: sostieneche queste cose non solo bisogna credere ex fide, sei philosoplice, non dicendonulla di contrario ai principii di Aristotele. Arriva ad ascrivere adAristotele anche la creazione: locché é la cosa più strana per il Vernia, che aquesto profosito si era cosi decisanente espresso cessario cambiarne altre conquella connesse. Ritiene perciò che all'anima non conviene mutazione perl'acquisto della scienza. Per l'unione ai fantasmi è l'universale co-nosciuto. Ma il singolare non può essere conosciuto prima dall'intelletto, masolo dal senso in cui vi è mutazione. Nega quindi al Gianduno che l'intellettoper conoscere l'universale abbia prima bisogno della conoscenza delpar-ticolare; altrimenti vi sarebbe mutazione nella scienza, e quindialterazione nell'intelletto. Cosi spiega che l'inten-dere è per reminiscenza.Similmente circa la indivisibilità dell'anima, il cui opposto ammise Averroe,Osserva che se l'anima non fosse tale, l'uomo non sarebbe lo stesso da mane asera. Un altro inciampo era, come l'anima intellettiva dá l'essere al corpoumano. Crede una stoltezza l'affermare col Gianduno che non può avvenire se nonjer miracolo, che una forma inestesa dia l'estensione. Qui intanto anchelui si rifugia alla fede, ut fideles po-nunt. Finalmente ne dimostra laimmortalità: ciò che é indebilitabile per la esistenza dell'oggetto, è immortale.L'intelletto è tale: è eterno, come gli universali, non è organico, jerché lasua operazione non è corporea. Un argomento spesso riprodotto dal Pomponazzi, èquesto : non si va da un estremo all'altro senza un mezzo. Tri la formaastratta e la nateriale ci è la media che dá l'essere alla materiale: e jerquesto conviene colla be-stia, ed è incorrutibile come la celeste natura. Inmezzo a tante difficoltà che tratta, egli è però convinto che lasoluzione sitrova nella fede: e e Platone si accostò alla verità, non la viddecompletamente. Sei soluin ficiles inspirationis lemine fidei illuminaticeritatem attingere complete, et soli complete salisfuciunt omnies poesi-tis in his difficultatibies. Da questa dissertazione si vede che ilVernia mostra di aver perduto ogni vigoria speculativa, ed ogni connes sionestretta di pensare. Ed essa si può piuttosto accettare come una confessione difede, anzi che come una vera tesi scientifica. Il rifugio nella scienza era S.Tommaso, od un Platonismo cristiano. Tale era l'intonazione che aveva dato ilBessarione venendo in Italia: e questa si seguito piuttosto a Firenze, che aPadova. E nissnn dubbio che questo indirizzo lo segue il Vernia. E credo chegli faceva coin-modo per levarsi dagli impicci che gli dava il Baroz-zi, eperché desiderava il canonicato di Aquileia, al quale avrebbe trovato ajerta lavia con tale pubblica con-tessione. Ma, siccome è troppo difficile abbandonarequelle idee che sono state il nutrimento di un giovane intelletto; cosi anchequi si vede in mezzo alle imprecazioni ad Averroe ed alle eccessive dottrine difede, una tendenza a mitigare l'averroismo, cioè a con-temperarlo colledottrine della chiesa. Ed il Barorzi gli dice nella lettera di risposta che luila fatto bene di fare questo opuscolo, sia che senta cosi, sia che no, perchéla sua autorità è grandissima. E lo paragona a S. Paolo con- vertito; mapure il sospetto sulla sua fede non cessó to-talmente. Epperò egli replica lasua confessione dopo pochi mesi dalla pubblicazione del suo opuscolo nel suotestamento. Il Nifo nella età giovane imito in tutto il suo mae.tro nellatarda etá colla sua barcollante fede nell' arerroi-smo. Cosa che il Pomponazzigli osservò bene nel de-fensorium. Che autorità ha quest'uomo (ei dice) chementre ora segue l'unita dell'intelletto che noi diciano essere di Averroe,prima l'ha condannata! Allude appunto al trat-se il sistema secondo ilBessarione, di non avere nissun criterio proprio. E nella prefazione al deAnima egli professa col Bessarione (') che né Platone ne Aristotele arrivaronoperfettamente alla fede ortodossa; ma in loro si osserva una parvenza dellanostra religione, che poi il creatore per mezzo della dottrina del suo figliorivelò più manife-stamente. Le sentenze perció di Platone e di Aristotele sidebbono accomodare a quella di Cristo. Tale fu il Ver-nia nell'eta decrepita, etale il Nifo nella gioventi. Il sistema era molto commodo non solo a nonavere disturbi quali ebbe il Vernia, ma anche ad aprirsi una via sicura aglionori che la chiesa impartiva. Era il tempo della simonia allora: una fedeanche larvata ci voleva semj re, come scala alle lucrose onorificenze.Noi non ci meraviglieremo delia confessione del Ver-nia, o meglio della suaritrattazione, perclé ancle il povero Pomponari fu obbligato a confessare chegli argomenti del Padre Crisostomo, dell'ordine dei predicatori, contro il suotrattato de immortalitale erano fuori ogni dubbio. E si obbliga che il suolibro non puù esser venduto senza quella aggiunzione! Solo ci possiamo meravigliaredel suo discejolo che seppe imitare a proprio vantaggio ció che fu un tratto dideboleza senile del suo maestro, senza aver mai dato in tutte le sue 44 opereun lampo di ingegno un po' libero e meno servile alla chiesa.Nicoletto Vernia. Vernia. Keywords: i parepatetici, iparepatetici padovani – i parepatetici di padova, il lizio, unita, Aquino,method in philosophical psychology -- Refs.: The H. P. Grice Papers, BancroftMS – Luigi Speranza, “Grice e Vernia: viva Aristotele!” – The Swimming-PoolLibrary, Villa Speranza, Liguria. Vernia.

Grice e Vero: la ragione conversazionale a Roma – ilfratello d’Antonino -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Like Antonino,he is adopted by Antonino Pio. They share many tutors, including Erode Attico, Frontone,Apollonio, and Sesto. They both succeed the throne when their adoptive fatherdies. When he dies, his brother deifies him for the Roman people. Quando Marco Aurelio , gia’ Cesaredi Antonino Pio , divenne Augusto alla morte del padre adottivo , si verifico’un fatto straordinario : l’ Impero Romano ebbe per la prima volta nella suastoria due Imperatori legittimi ; ma come si giunse a questa anomalacircostanza ? L' Imperatore Adrianoaveva stabilito che alla sua morte l’ Impero passasse all’ adottato Cesare ,Lucio Ceionio Commodo , meglio conosciuto come Lucio Elio Vero , non tutti iconsiglieri di Adriano approvarono questa scelta , ma cosi’ fu ; Lucio Eliodopo una breve permanenza lungo la frontiera del Danubio , tipiche di questoperiodo sono le monete emesse con al rovescio Pannonia , tornò a Roma perpronunciarvi il primo giorno del 138 , un discorso innanzi al Senato riunito .La notte prima del discorso però si ammalò e morì di emorragia nel corso dellagiornata . Il 24 gennaio del 138 Adriano scelse allora come successore AurelioAntonino , che assunse poi l’ appellativo di Pio , obbligandolo a sua volta diadottare il futuro Imperatore Marco Aurelio e Lucio Vero il figlio di ElioCesare . Marco Aurelio , nato come MarcoAnnio Catilio Severo , divenne Marco Annio Vero , che era il nome di suo padre, al momento del matrimonio con sua cugina Faustina , figlia di Antonino ,assunse quindi il nome di Marco Aurelio Cesare , figlio dell' Augusto , durantel'impero di Antonino Pio . Marco AurelioAntonino fu dunque , su espressa indicazione di Adriano , adottato nel 138 dalfuturo suocero e zio acquisito Antonino Pio che lo nominò erede all' Impero .Alla morte di Antonino Pio il Senato voleva confermare solo Marco ma si rifiutòdi entrare in carica senza che Lucio ricevesse gli stessi onori , alla fine ilSenato fu costretto ad accettare e insignì anche Lucio Vero del titolo diAugustus . Marco divenne nella titolatura ufficiale , Imperatore Cesare MarcoAurelio Antonino Augusto mentre Lucio divenne Imperatore Cesare Lucio AurelioVero Augusto . Per la prima volta Roma veniva governata da due imperatoricontemporaneamente . Marco conservò unapreminenza , dovuta al fatto che era stato Cesare dell’ ultimo ImperatoreAntonino Pio , fatto che Vero non contestò mai sebbene la sua elezione adAugusto fosse stata voluta da Adriano per onorare la memoria di Lucio Elioadottandone il figlio e al tempo stesso lasciare l' Impero anche a Marco Aurelio di cui aveva capito le grandiqualità . A dispetto della loro uguaglianza nominale , Marco ebbe maggiorautorita' di Lucio Vero e fu Console una volta di più avendo condiviso lacarica già con Antonino Pio ; fu anche il solo tra i due a divenire PontificeMassimo . In pratica l' Imperatore più anziano , Marco Aurelio aveva circa 10anni piu' di Lucio Vero , deteneva un comando superiore al fratello più giovane. Marco Aurelio durante l’ Impero tenutoin fratellanza con Lucio Vero ebbe diversi figli da Faustina minore ma uno solosopravvisse , il futuro Imperatore Commodo . Apparentemente sembra che i dueImperatori regnassero in armonia con l’ unica informazione certa che MarcoAurelio non approvasse lo stile di vita del fratello adottivo in quanto da luiritenuta troppo libertina per un Imperatore , come dimostro’ Lucio nellacampagna partica nella quale affido’ in loco gran parte della guerra ai suoigenerali mentre lui si divertiva in Antiochia ; Lucio ebbe anche qualche remoranel seguire Marco nella campagna in Germania essendo da poco tornato dall’Oriente . A questo punto della storiasorge la domanda del titolo , la morte di Lucio Vero ad Altino vicino Venezia acausa di un colpo apoplettico , fu casualita’ naturale o dovuta ad altra causa? La domanda nasce spontanea per due motivi principali , il primo , forse menoimportante , si riferisce al fatto che Cassio Dione nel narrare dei fatti diquesta epoca , tace completamente sulla morte di Lucio Vero e questo fatto e’alquanto strano aver taciuto sulla morte di un Imperatore conoscendo laserieta’ , scrupolisita’ e precisione dello storico greco , una dimenticanza ?Forse , ma rimane comunque un fatto strano .Secondo motivo , piu’ importante , e’ che Marco Aurelio aveva quasi 10anni in piu’ di Lucio vero e sapendo sempre tramite Cassio Dione che MarcoAurelio era di costituzione fisica non perfetta anzi cagionevole , in teoriasarebbe forse morto con molta probabilita’ prima di Lucio Vero e a quell’ epocaavere 10 anni in piu’ rispetto ad altra persona era quasi una naturale condannaa morire prima . Cio’ avrebbe comportato il fatto che Lucio Vero sarebberimasto un giorno unico Imperatore legittimo in carica , alla barba di Commodofiglio di Marco , oppure se questi avesse rivendicato l’ Impero anche per se ,si sarebbe verificato il rischio di una guerra civile , come in seguito avvennetra Marco e Avidio Cassio . Insomma i motivi per eliminare Lucio Vero eranoseri , a Marco non piaceva il suo stile di vita e si sentiva anche legato nellescelte di politica imperiale , inoltre lo strano assoluto silenzio di CassioDione sulla morte di Lucio lascia quanto meno perplessi essendo stato questi unImperatore . Occorre anche aggiungereche Giulio Capitolino nel narrare la Vita di Marco Aurelio riporta un passosecondo cui Marco Aurelio , nonostante le sue grandi qualita’ morali da tuttiriconosciutegli , “sapesse anche abilmente fingere o almeno di essere menoleale di quanto sembrava” Al termine diquesto discorso si puo’ affermare che non esiste nulla di concreto , siipotizza soltanto , ma le basi per avere dei blandi sospetti esistono ;naturalmente se di omicidio si tratto’ , non e’ detto che sia avvenuto pervolonta' di Marco Aurelio , contrasterebbe troppo con la sua natura umana ,potrebbe essere stato deciso da altra persona della cerchia imperiale , ipettegolezzi circa la sua morte , inseriti nella Vita di Lucio Vero , in questosenso non mancano . In foto un cammeoantico in sardonice con Marco e Lucio , due busti al Museo di Londra , unamoneta celebrante la Concordia degli Augusti e una di Lucio Elio con laPannonia .Lucio Vero. Vero. Keywords: il principe filosofo. Luigi Speranza, “Gricee Vero”. Vero.

Grice e Veronelli:la ragione conversazionale del sadismo italiano – filosofia italiana – LuigiSperanza (Milano). Filosofo italiano Essential Italian philosopher. Figura centrale nella valorizzazione e diffusione del patrimonio eno-gastronomico.Antesignano di espressioni e punti di vista che poi sono entrati nell'usocomune e protagonista di caparbie battaglie per la preservazione dellediversità nel campo della produzione agricola e alimentare, attraverso lacreazione delle denominazioni comunali, le battaglie a fianco delleamministrazioni locali, l'appoggio ai produttori al dettaglio. V. assieme adalcuni sommelier F.I.S.A.R. Originario del quartiere Isola di Milano, dopo il r.ginnasio Parini, compie studi di filosofia a Milano, diventando assistente di BARIE(vedi). Si professa per tutta la vita di fede anarchica, rifacendosi anche alleultime lezioni tenute da CROCE a Milano. Inizia l'esperienza di editore,pubblicando tre riviste:“I problemi del socialismo,” “Il pensiero”, e “Ilgastronomo.” Pubblica “La questione sociale di Proudhon” e “Historiettes,contes et fabliaux di De Sade”. Per quest'ultima viene condannato, insieme a MANFREDI(autore dei disegni, poi assolto), a tre mesi di reclusione per il reato dip*rnografia. L’opera di De Sade e poi messa al rogo nel cortile della procuradi Varese. Subisce anche una condanna di VI mesi di detenzione per averistigato i contadini piemontesi alla rivolta, con l'occupazione della stazionedi Asti e dell'auto-strada, per protestare contro l'indifferenza della politicaper i problemi dei contadini e dei piccoli produttori. Diventa collaboratore deIl Giorno. L'attività giornalistica lo impegna, e i suoi articoli, distile aulico e provocatorio, ricchi di neologismi e arcaismi, faranno scuolanel giornalismo eno-gastronomico e no. Tra le testate cui collabora vannoricordate, oltre a Il Giorno: Corriere della Sera, Class, Il Sommelier, V. EV,Carta, Panorama, Epoca, Amica, Capital, Week End, L'Espresso, Sorrisi e CanzoniTV, A Rivista Anarchica, Travel e Wine Spectator, Decanter, Gran Riserva edEnciclopedia del Vino, The European. L'apparizione televisiva ne aumentanotevolmente la fama, in particolare A tavola alle 7, in cui conduce ilprogramma prima a fianco di Scala e di Orsini, poi di Ave Ninchi, e il ViaggioSentimentale nell'Italia dei Vini, dove realizza l'aggiornamento, provocatorioe di denuncia, della viti-coltura italiana, con inchieste, interviste, proposteche hanno scosso quel mondo. La sua attività di ricerca e diapprofondimento nel campo eno-gastronomico lo porta alla pubblicazione dialcune opere fondamentali, anche di carattere divulgativo. Da segnalare: “IVignaioli Storici”, “Cataloghi dei Vini d'Italia”, dei “Vini del Mondo”, “DegliSpumanti e degli Champagne, delle Acquaviti e degli Oli extra-vergine”, “Allaricerca dei cibi perduti”, “Il vino giusto”, e la collana Guide V. all'Italiapiacevole. Fondamentale anche la collaborazione con Carnacina, maître e gastronomoceleberrimo e Guazzoni maître e sommelier. Ne nascono, ad esempio, “La cucinaitaliana” e “Il Carnacina.” Fonda la seconda V. Editore col puntualeobiettivo di approfondire la classificazione dell'immenso patrimoniogastronomico italiano e contribuire ad accrescere la conoscenza dell’attrattiveturistiche del “paese più bello del mondo,” secondo Platone. La casa editrice cessal'attività a fine. Collabora con Derive\Approdi scrivendo le prefazioni adalcuni libri di carattere storico, politico e gastronomico.L'intensorapporto epistolare sulle pagine di Carta con Echaurren costituisce un fortestimolo di riflessione sulle questioni legate alla terra e alla qualità dellavita materiale per il movimento contro la globalizzazione. Isieme ad alcunicentri sociali, tra cui La Chimica di Verona e il Leoncavallo di Milano, almovimento Terra e libertà. Sempre di questi anni le battaglie per le denominazionicomunali, una salvaguardia dell'origine di un prodotto; per il prezzo-sorgente,cioè l'identificazione del prezzo di un prodotto alimentare all'origine, perrendere evidenti eccessivi ricarichi nei passaggi dal produttore alconsumatore; per l'olio extra vergine d'oliva, contro le prepotenze e ilmonopolio delle multi-nazionali e le ingiustizie della legislazione per ipiccoli olive-coltori.Di idee anarchiche, si è anche interessato diquestioni filosofiche, pubblicando anche articoli su A/Rivista Anarchica esaggi.Le pubblicazioni hanno subito il segno dei suoi interessilibertari, libertini, eno-gastronomici: racconti, novelle e novelline di deSade -- che gli procurerà una denuncia e la condanna al rogo dei libri, tra gliultimi roghi di libriavvenuti in Italia --, le poesie di Pagliarani, larivista Il gastronomo e quella di filosofia “Il pensiero”, poi interessante perqualche anno e l'editore della rivista Problemi del socialismo, diretta da BASSO.In seguito mise un po' in disparte le questioni filosofiche per concentrarsi suquelle più propriamente eno-gastronomiche e agricole. In A-Rivista Anarchica sidefinisce V. l'"anarchenologo" ritenendo che l'attività di V. vadainquadrata in un ambito libertario e contro l'attività delle multi-nazionali agricole.Gli anarchici della Cellula V., con l'intento di mostrare l'aspetto piùpropriamente politico di V., hanno organizzato un incontro intitolato "V. politico",a cui hanno preso parte personalità del calibro di MURA, giornalista di LaRepubblica, FERRARI della Federazione Anarchica Reggiana (promotricedell'evento biennale, ideato nella sua prima edizione insieme allo stessoVeronelli, Le cucine del popolo) e TIBALDI. Dag’anarchici è sempre statoconsiderato un compagno. V. e un libertario, un uomo colto, senza dogmi, senzaipocrisie, in perenne lotta contro l’armate schiaviste delle multi-nazionali (Pagliaro,Umanità Nova, Milano gli attribuisce l'ambrogino d'oro. Rassegna stampa. A-Rivista,Lettera i giovani estremi Proudhon: Laquestione sociale – V. politico. L'ultimo dei vini artigianali sarà sempremigliore del primo dei vini industriali, perché avrà un'anima -- Il canto dellaTerra. Il nostro anarchenologo. Un incontro inatteso. Cellula V. Veronelli politico.Circolo Cucine del Popolo, l'addio, Bosana Salsa suprema. Luigi Veronelli.Veronelli. Keywords. Refs.: The H. P. Grice Papers, Bancroft – Luigi Speranza,“Grice e Veronelli: metafisica dell’amore” – The Swimming-Pool Library,Liguria.

Grice e Verrecchia:la ragione conversazionale e la falena dello spirito -- filosofia italiana –Luigi Speranza (Vallerotonda). Filosofo italiano Essential Italianphilosopher. Studia a Torino. Trascorse un certo periodo nel parco nazionaledel Gran Paradiso, considerato come il più formativo della sua vita. Lìcontempla in modo disinteressato i fenomeni della natura. Fa tre università -- esolito dire -: quella vera e propria, che non mi ha dato nulla o quasi; lacollaborazione alle pagine dei quotidiani come elzevirista, che mi ha costrettoa leggere libri che altrimenti non avrei mai letto; e infine l'università piùutile in assoluto, vale a dire il soggiorno nel Gran Paradiso a contatto con lanatura. Frutto di quel soggiorno è il saggio che contiene la sua filosofia,potentemente aforistica. I manoscritti riaffiorati molto più tardi spiegano latardività della sua pubblicazione, avvenuta presso Fògolasi tratta del Diariodel Gran Paradiso. Visse poi a Berlino ed e per addetto culturale all'ambasciatad'Italia a Vienna. Collabora alle pagine culturali di giornali italiani, tracui Il Resto del Carlino, La Stampa, Il Giornale. Collabora stranieri (DiePresse, Die Welt). Non parla volentieri della sua vita privata perché, dice, diun filosofo ciò che interessa sono gli teorie e non le vicissitudini personali.Traduttore di Lichtenberg, appassionato studioso di BRUNO e Nietzsche, nel suoorizzonte culturale, però, la figura che risalta di più è senz'altro quella diSchopenhauer, da lui considerato a tutti gl’effetti un maestro da tradurre econtinuare. Elementi caratteristici dei suoi saggi sono l'irriducibile venapolemica e una sacra bilis, ma la sua prosa spicca anche per chiarezza edenergia. La sua prosa insieme a quella di CERONETTI, SGALAMBRO e GIAMETTA èstata giudicata la migliore prosa filosofica. Saggi: “L'eretico dello spirito”(Firenze: Nuova Italia); “La catastrofe di Nietzsche a Torino” (Torino: Einaudi),“La tragedia di Nietzsche a Torino: la catastrofe del filosofo che sogna unsuper-uomo al di là del bene e del male (Milano: Bompiani); “Incontri viennesi”(Genova: Marietti), “Cieli d'Italia (Milano: Spiral); “Diario del Gran Paradiso(Torino: Fogola), “BRUNO: la falena dello spirito” (Roma: Donzelli); “Rapsodiaviennese: luoghi e personaggi celebri della capitale danubiana” (Roma: Donzelli),“Schopenhauer e la Vispa Teresa: l'Italia, le donne, le avventure” (Roma: Donzelli),“Vagabondaggi culturali” (Torino: Fogola); “La stufa dell'Anti-cristo: altrivagabondaggi culturali” (Torino: Fogola), “Batracomachia di Bayeruth: nietzschianicontro wagneriani; Padova: il prato, Lettere Mercuriali (Torino: Fògola). “Ilcantore filosofo” (Firenze, Clinamen); “Il mastino del Parnaso: elzeviri epolemiche” (Firenze: Clinamen); Saggi introduttivi, traduzioni e cure Viaggioin Italia di Mommsen (Torino: Fogola).Libretto di consolazione (Milano: Rizzoli); Le civiltà pre-colombiane (Milano:Bompiani,). Colloqui (Milano: Rizzoli), poi: “Il filosofo che ride” (Milano:Rizzoli), “Metafisica dell'amore sessuale: l'amore inganno della natura” (Milano:Rizzoli); “Sulla filosofia di Schopenhauer (Milano: TEA); “Aforismi per unavita saggia” (Milano: Fabbri); “O si pensa o si crede: sulla religione” (Milano:Rizzoli); “Lo scandaglio dell'anima” (Milano: Rizzoli); “Breviario spirituale” (Torino:POMBA). A Bogotà c'è un erede di Montaigne. Tuttolibri de La Stampa, Allora bastaun rospo per finire al rogo. Tutto libri de La Stampa, MATHIEU, Tre giorni ingiallo. Tutto libri de La Stampa, Risvolto di copertina della Rapsodiaviennese. Verrecchia, su digilander libero.Lanterna, V. venerando e terribile, Pulp Libri, (ora in Lanterna, Ilcaleidoscopio infelice. Note sulla letteratura di fine libro, Clinamen, criticaLanterna, Il caleidoscopio infelice. Note sulla letteratura di fine libro,Clinamen. Dotti, I vagabondaggi culturali di V., in rivista. Le case illustri,di Lisa Elena su archivio la stampa. Addio al filosofo V., di Sorrentino, supoesia. RAInews. L'Anticristo goloso, di Rota, su piemontemese. AnacletoVerrecchia. Verrecchia. Keywords: la metafisica dell’amore, Nietzsche a Torino,Bruno, la falena dello spirito. Refs.: The H. P. Grice Papers, Bancroft MS –Luigi Speranza, “Grice e Verrecchia: metafisica dell’amore” – The Swimming-PoolLibrary, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Viano:la ragione conversazionale del va’ pensiero – il carattere della filosofiaitaliana – filosofia italiana – Luigi Speranza (Aosta). EsentialItalian philosopher. Filosofo italiano. Si laurea in filosofiaa Torino sotto ABBAGNANO. Insegna a Milano e Cagliari. Fa ritorno, in qualitàdi ordinario fuori ruolo di storia della filosofia, a Torino. Fa parte delComitato Nazionale per la bio-etica, ed è stato membro del direttivo della “Rivistadi filosofia” e socio nazionale dell'accademia delle scienze di Torino. Insignitodel premio Feltrinelli per la storia dela filosofia.Di formazione illuminista,V. si occupa di storia della filosofia antica. -- è autore di importanti studisu Aristotele (“La logica di Aristotele” (Torino, Taylor) e l’empirismo (“Dalrazionalismo all'illuminismo” (Einaudi, Torino); “Il pensiero politico”(Laterza, Roma). Nel campo dell'etica, oltre a studi storici -- “L'etica” (Mondatori,Milano), “Teorie etiche” (Boringhieri, Torino) -- si dedica a promuovere lacostruzione di una bio-etica e a denunciare la timidezza dei laici di frontealle ingerenze del cristianesimo. Da Mistretta, direttore editorialedella Laterza di Roma, gli fu affidata, la direzione di una “Storia dellafilosofia.” Altre saggi: “La selva delle somiglianze: il filosofo e il medico”(Torino, Einaudi); “Va' pensiero: il carattere della filosofia italiana”(Torino, Einaud); “Filosofia italiana nel dopo-guerra” (Bologna, Mulino);“Etica pubblica” (Roma/Bari, Laterza); “Le città filosofiche: per una geografiadella cultura filosofica italiana” (Bologna, Il Mulino); “Le imposture degl’antichie i miracoli dei moderni” (Torino, Einaudi); “Laici in ginocchio” (Roma/Bari,Laterza); “Stagioni filosofiche: la filosofia del Novecento fra Torino e l'Italia”(Bologna, Mulino); “La scintilla di Caino: storia della coscienza e dei suoiusi” (Torino, Boringhieri). Profilo biografico sull’accademia delle scienze. Mori,Torino ricorda V., su Torino. Cerimonia nell'accademia nazionale dei lincei, supresidenza della repubblica, Roma. Treccani Enciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. EnciclopediaItaliana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Registrazioni su Radio Radicale,Radio Radicale. Biografia e testisull'Enciclopedia multimediale RAI delle scienze filosofiche Rassegna stampasul Sito Italiano per la Filosofia Recensione di "Le cittàfilosofiche" su Recensioni Filosofiche. Il lizio. Il punto di vista da cuiintendiamo prendere le mosse e che ci pare adatto a permettere un proficuostudio della logica del LIZIO – tanto celelbrato a Roma -- può esseresufficientemente precisato se messo in rapporto con la tradizione storiograficaconcernente questo argomento. Le non molte pagine che compongono l’ “Organon”hanno suscitato interessi per secoli intieri dal tempo dei commenti romani finoai rinnovati studi aristotelici del '500, attraverso gli studi medioevali, efino alla logica classica dell'800. Ma una vera e propria indaginestoriografica volta non a sviluppare una tecnica logica i cui principi siconsiderassero posti da Aristotele, bensì a comprendere il significato delledottrine dello Stagirita e nei rapporti con gli atteggiamenti di pensiero deisuoi contemporanei e nei rapporti con gli interessi dello Stagirita stesso,sorse solo all'inizio del secolo scorso e tramontò abbastanza rapidamente:tanto che da cinquant'anni a questa parte poche e non molto significative sonole opere dedicate alla logica aristotelica.Le ragioni di ciò si possono forse trovare nella impostazione che nellafilosofia contemporanea viene data al problema logico. Infatti, nell'800 da unlato la critica kantiana presenta un' interpretazione della scienza classicaservendosi proprio delle categorie della logica tradizionale come categorieproprie dell'intelletto umano, categorie di cui si serve ancora la logicahegeliana che pretende addirittura di assurgere a logica di tutta la realtà;d'altra parte il positivismo, soprattutto in Inghilterra, tenta di elaborareuna logica empirica servendosi degli schemi che la logica tradizionale avevamutuato da Aristotele; e la stessa logica formale ottocentesca finisce con il favorirelo studio di quello che i suoi cultori conside ravano come il fondatore dellaloro disciplina. Invece nel 'goo l'ideali-smo neo-hegeliano abbandona l'esigenza panlogistica, almeno quale si configura nello Hegel, preferendoparlare di una Coscienza assoluta più che di un'Idea che si svolga secondo unanecessità logica, scoprendo perciò negli schemi cui ancora la Wissenschaft derLogik si era attenuta contraddizioni insanabili, come il Bradley, o vedendonella logica che si attiene agli schemi aristotelici una indebita infiltrazionedi schemi verbali irrigiditi nel campo del pensiero puro, come CROCE, o l'irrigidirsi del pensiero pensante nell'astratto pensiero pensato, come GENTILE.D'altra parte anche la logica della scienza tentava di liberarsi degli schemitradizionali diventati incapaci di intendere i metodi nuovi di cui l' indaginescientifica si serviva o avvicinandosi sempre di più alla tecnica della ma- tematica, con la logistica, o configurandosicome rigorosa analisi sintat-tica del linguaggio o servendosi delle nuovecategorie che il pragmatismo offriva per l'interpretazione della scienza. Inquesto orizzonte gli studi sulla logica aristotelica non trovavano terrenopropizio per germogliare. Infatti gliinterpreti idealisti, tra i quali il più significativo è forse CALOGERO,accettavano ben volentieri la qualificazione della logica aristotelica comelogica formale, come solidificazione astratta ed artificiosa dell'opera viventedel pensiero e perciò tentavano di mostrare come essa non fosse essenziale perla comprensione del vero pensiero aristotelico in quanto costituisce un'intrusione del dianoetico nella noesi, cioè nell'atto di pensiero puro chedetermina i suoi contenuti immediatamente e senza ricorrere allo schema verbaledel giudizio, come dimostrerebbe nel modo più lampante il libro dellaMetaphysica ed il frequente affiorare di questa esigenza anche nelle paginedell'Organon, additate con molto acume e con molta perizia nella succitataopera del CALOGERO. La logistica, per bocca del Russell, prendeva un nettoatteggiamento polemico nei riguardi della logica aristotelica vedendo in essaun insieme di schemi verbali non rispondenti però ad un'autentica tecnicalogica, perché inficiati dal presupposto sostanzialistico, di caratteremetafisico, che, riducendo tutte le enunciazioni a proposizioni della formasoggetto-predicato, preclude ogni considerazione delle relazioni. Tuttaviaproprio nell'ambito della logistica doveva sorgere un altro atteggiamento versola logica ari-stotelica, meno polemico, rappresentato soprattutto dallo Scholz,dal Becker e dal Bochénski. Comune a questi interpreti è il presupposto che lalogica di Aristotele sia logica formale, cioè volta ad elaborare schemilinguistici aventi rapporti noti ed indipendenti dal valore dato alle incogniteche in essi possono comparire. In questo modo, pur accettando l'osservazionedel Russell che la logica aristotelica non va accettata così com'è perché deveessere integrata e sviluppata soprattutto con l'aggiunta della logica dellerelazioni, essi non polemizzano più contro di essa, ma anzi la considerano comeil precedente storico della logica formale contemporanea che si presentaappunto come un progresso rispetto a quella. Di conseguenza questi interpretinon mettono in problema le dottrine aristoteliche e l'impostazione da esse dataal problema della logica; ma anzi accettano che quella dello Stagirita sia lavera impostazione del problema logico, la soluzione del quale consiste nellosviluppo diretto delle dottrine dell'Organon. Infatti secondo lo ScholzAristotele avrebbe formulato un'as-siomatica che permetteva alla scienza delsuo tempo di organizzarsi come un sistema di proposizioni necessariamenteconnesse; su questa base, da un lato, il Becker ha intrapreso una trascrizionein simboli della dottrina aristotelica della possibilità senza dare ragionedelle diverse interpretazioni che di questa categoria lo Stagirita venivadando, mentre dall'altro il Bochénski ha svolto un esame particolareggiatodell'assio-matica di cui parlava lo Scholz e della dottrina linguistica daquesta pre-supposta, senza però vedere i rapporti tra questa e quella. Controquesto rapporto di derivazione diretta della logica formale contemporanea daquella aristotelica protestava il Veatch facendo però uso di argomenti nonmolto persuasivi. Fuori della logistica, frattanto, le difficoltà sorgenti daltentativo di interpretare la scienza contemporanea con la logica aristotelicavenivano messe in luce dal Reiser in alcuni articoli assai superficiali e disordinati,ma contenenti alcune buone osservazioni, e soprattutto dal Dewey che, con unatteggiamento ben più equilibrato, notava come la logica aristotelicapresupponesse l'ontologia della sostanza alla quale era legata. Ma, facendooccasionalmente queste osservazioni in un'opera teorica, egli lasciava apertoproprio il problema di trovare i modi precisi di questo rapporto tra ontologiae logica e di determinare come l'ontologia si modelli attraverso la logica. Dall'esame delle interpretazioni surriferitesi possono trarre alcune importanti considerazioni che permettono subito diorientarsi di fronte alla logica aristotelica. Infatti lo studio della logicapropria della scienza contemporanea ci fa subito avvertiti che ad essa 101 sonopiù applicabili gli schemi dell'Organon distruggendo così la pretesa di vederein esso le tavole eterne, sebbene magari ancora incomplete, su cui sono segnatele leggi del pensiero umano e scoprendo le quali Aristotele avrebbe fattol'uomo razionale, dopo che Dio lo aveva fatto semplice creatura a due gambe,come disse il Locke. Ciò posto, risulta impossibile giustificare storicamentela logica aristotelica vedendo in essa la scoperta del procedimento delpensiero in quanto tale, che è in fondo l'interpretazione del BarthélemySaint-Hilaire, o anche solo dell’intelletto che sarà poi superatodialetticamente dalla Ragione, come sostiene lo Hegel. Ma allora il problemadella logica aristotelica si presenta in tutta la sua gravità. Infatti essa nonpotrà più essere giustificata come insieme di regole che reggano il corso delpensiero stesso in quanto tale, ma bisognerà esaminare l'effettivo valore cheessa ha per noi, i problemi che essa ci pone, gli eventuali mezzi perrisolverli che essa ci offre. Ma queste sono prospettive di ricerca che ci sioffrono solo in quanto alla logica aristotelica non si attribuisca una validitàmetastorica e si riconosca in essa un insieme di dottrine storicamentecondizionate che storicamente vanno studiate. Da ciò consegue che la logica diAristotele non potrà essere studiata come logica in quanto tale, ma dovràessere studiata come logica aristotelica: cioè svolgere una ricerca su di essavorrà dire giustificare il suo posto nell'insieme delle opere aristoteliche,mettere in luce quali problemi il suo autore si proponeva di risolvere e qualiriusciva a risolvere con essa. Perciò le interpretazioni idealistiche elo- gistiche, che sopra abbiamoesaminato, non conducono a fondo l'interpretazione storica della logicaaristotelica in quanto lasciano sussistere dei termini - logica formale, schemaverbale - il cui significato non viene determinato nel corso dell'indaginestessa, ma presupposto ad essa. È vero che la logica di Aristotele è costruitadi schemi verbali; ma l'osservare che quegli schemi verbali sono troppolimitati o che essi oggi non servono più e rimproverare ad essi di soffocare lavera vita del pensiero non serve a comprendere storicamente il pensiero delloStagirita; piuttosto giova vedere che cosa potesse significare per Aristotelestesso « schema verbale», quale uso di esso egli giustificasse, di qualidimensioni tenesse conto e quali eliminasse per costruire proprio quellanozione. Ed altrettanto dicasi per laqualificazione della sua logica come logica formale: in un certo senso questaattribuzione può essere sostenuta in quanto almeno gli Analytica priora sioccupano di pure forme verbali in cui i termini sono rappresentati con lettereche prescindono da ogni eventuale contenuto. Ma il problema che subito sipresenta è quello di determinare che significato abbia per Aristotele la «forma» e l'aggettivo « verbale» che ad essa viene attribuito. Perciò lacomprensione storica della logica aristotelica ha come sua condizione laconnessione delle dottrine logiche con le altre dottrine filosofiche delloStagirita: a questo modo la logica non verrà considerata come la scienza delpensiero in quanto tale, ma come la logica resa possibile da una bendeterminata posizione filosofica, presupponente una ben determinata metafisica,mentre, d'altra parte, sarà aperta la via a considerare con quali mezzilogico-lin-guistici sia stato possibile costruire quella metafisica. La connessione delle dottrine logiche conquelle metafisiche nell' interpretazione di Aristotele non è nuova e, anzi,costituisce il tema dominante di alcuni studi assai celebri. Essa èriscontrabile nelle opere appartenenti alla storiografia francese diispirazione spiritualistica facente capo al Ravaisson, all' Hamelin ed alBergson. Carattere comune di questi studi è la presupposizione di una certainterpretazione della metafisica aristotelica, nella quale si cerca un postoper la logica o partendo dalla quale si discutono questioni pertinentipropriamente alla logica. E anche l'interpretazione della metafisica ècaratterizzabile in modo assai tipico: essa infatti viene spiegata con schemiin prevalenza neoplatonici in base ai quali si vuole vedere teorizzata l'operadi un universale che darebbe vita agli individuali senza tuttavia risolversitotalmente in essi, lasciando così sussistere quelle aporie che. secondo questiinterpreti, sarebbero riscontrabili nel xoprouós delle idec platoniche. Diconseguenza le interpretazioni della logica appartenenti a questa corrente,comc quelle dello Chevalier, dell'Aslan, del Badareu, del Robin, di S. Mansionrivelano un unico schema nel quale la logica appare come la dottrinadell'universale puro ed assolutamente necessario che lascia fuori di sé ilparticolare esistente, nel quale la nocessità si attenua fino a diventaresoltanto il per lo più: anche qui cioè spunta la difficoltà della metafisicaper cui da un lato l'universale è il solo oggetto veramente conoscibile,dall'altro il particolare è il solo oggetto veramente esistente. A questainterpretazione si potrebbe obbiettare che lascia insoluto proprio il problemadella logica come logica, ossia come ricerca sulla possibilità di un discorsorigoroso, in quanto in questi studi non si vede come lo stesso discorsorigoroso, per potersi costituire come tale, richieda per Aristotele una certametafisica. Del resto è assai significativo che questi interpreti si sianocimentati ben poco con gli Analytica priora esponendone semmai la dottrina, maaccettando implicitamente la tesi che in essi è svolta una trattazione dilogica formale. Lo stesso Chevalier, che più degli altri si addentranell'analisi di questo trattato, dichiara che esso rappresenta un tentativo dicostruire una logica formale -- tentativo fallito perché il sillogismo richiedecome fondamento una necessità reale che è concepibile solo se le premesse sonoimmediatamente intuibili, perché in caso contrario la pura necessità logicadiventerebbe una mera necessità ipotetica. Ma la difficoltà sta proprio qui,cioè nell'assunzione che il sillogismo sia un mero mezzo di svolgerecocrente-mente un'ipotesi, il cui unico contatto con la realta consista in un'intui-zione intellettuale. Ben piùsignificativo è il modo in cui il Prantl tenta di connettere la logica con lametafisica nella sua Geschichte der Logik im Abendlande. Il fondamento dellamediazione logica è un Realprincip immanente alle cose stesse e costituentel'equivalente ontologico delle categorie linguistiche di cui fa uso la logica.Il merito del Prantl consiste appunto nel tentare di definire per quel che gliè possibile il principio ontologico con categorie logiche, mettendo in luce lastretta connessione che per Aristotele sussiste tra questi due aspetti.Senonché anche qui non si vede poi come non solo il Realprincip sia definibilecon categorie logiche, ma come le stesse categorie logiche determinino ilRealprincip costituendosi pro-prio come categorie logiche. Mentre il Prantlpone al centro della inter-pretazione il concetto che è definibilecontemporaneamente con catego-rie ontologiche e con categorie logiche, ilTrendelenburg preferisce par-tire dalla considerazione del giudizio nel qualeprendono senso lc cate-gorie che deriverebbero dalle varie parti del discorsodistinte dalla gram-matica. Da questa interpretazione prendeva l'avvio unalunga discus-sione sulla dottrina delle categorie aristoteliche condotta dalBonitz, dall'Apelt, dal Gercke, dal Witte, dal Geyser, dal Gillespie, dal vonFritz, nel corso della quale si tenta di penetrare sei-pre meglio i precedentiacademici della dottrina aristotelica e si abban-dona anche l'analogia con lecategorie kantiane che in un primo tempo erano state il termine del confrontoche tutte le trattazioni si sentivano in dovere di fare impedendosi cosi lacomprensione del significato propria-mente aristotelico di quella dottrina. Mail motivo della centralità del giudizio nella logica aristotelica venivaripreso ed ampliato dal Maier che intitolava un'amplissima opera sulla logicaaristotelica Die Syllogi-stik des Aristoteles, mostrando appunto di volerimperniare tutte le sue indagini sul sillogismo considerato come la base ditutte le dottrine del-l'Organon. Il Maier rifiuta nettamente l'interpretazioneformalistica della logica aristotelica sostenendo che per lo Stagirita giudizioe sillogismo hanno sempre un valore logico ed un valore ontologico. Ma poidistingue il significato ontologico da quello metafisico considerandol'intrusione del metafisico nella logica come un passaggio indebito compiuto inpiù punti dallo stesso Aristotele. Di conseguenza la logica, anziché essereinterpretata in connessione con le dottrine metafisiche di Aristotele, vienedisgiunta da esse ed irrigidita in una struttura formale che a quelle èestranea: perciò solo apparentemente il Maier respinge l'interpretazioneformale della logica aristotelica, in quanto la sua interpretazione sidistingue da quella formalistica solo perché non riconosce valore meramentelinguistico agli schemi logici, ma li trasporta nel reale stesso pur senzaalterare la loro natura. Appunto perciò l'interprete non è poi in grado dimettere in luce la connessione di quegli schemi con le altre dottrinefilosofiche dello Stagirita, dalle quali, anzi, pretende di prescindere. IlMaier mette iu luce una esigenza che si fa veramente valere nell'indagine sull'Organon - cioè il bisogno di precisare il valore ontologico degli schemi logici—, ma non è in grado di soddi-sfarla, in quanto la distinzione dell'ontologiadalla mctafisica non regge, almeno nell'ambito delle dottrine aristoteliche,perché 1°) per Aristotele la metafisica si configura appunto come ontologia, inquanto pretende di essere la teoria dell'essere in quanto tale; 2°)l'eliminazione della metafisica dalla pura ontologia costituita dalle dottrinedell'Organon ha costretto il Maier ad espungere idealmente dalla logicaaristotelica sviluppi non irrilevanti.Poiché abbiamo visto che l'autentica comprensione storica delle dottrinelogiche dello Stagirita ha come condizione la loro connessione con le dottrinemetafisiche, ci pare di poter affermare che gli interpreti che si sono messi suquesta via e che sopra abbiamo citato, non hanno realizzato appieno il loroproposito in quanto non hanno del tutto realizzato proprio quella condizione.Infatti o, come il Maier, hanno irrigidito la logica in una struttura che haimpedito ogni suo ulteriore collegamentoson le errin pietarite oraco, i Pro e su pisto mone nageione, poi la logica si sarebbe dovuta adeguare. Perstabilire un più stretto legame tra logica e metafisica aristoteliche bisognaesaminare la logica con l'intento di cercarvi gli strumenti con cui Aristoteleha potuto costruire la metafisica: cioè non si deve studiare la logicapresupponendo la meta-fisica, ma considerando la metafisica come punto diarrivo della logica. Ciò tuttavia nonimplica che la logica si svolga senza presupposti metafisici; ché anzi ledottrine logiche si vengono precisando via via con il precisarsi delle dottrinemetafisiche e presuppongono posizioni metafisiche dalle quali sonoindisgiungibili. La metafisica, perciò, si costituisce come punto di arrivodella logica non perché sia separata da questa, ma perché queste stessecategoric della metafisica si configurano in modo tale da determinare anche glistrumenti con cui esse sono usabili; d'altra parte dallo studio della logica sivedrà appunto come l'uso di certi determinati strumenti logici, l'impostazionedella ricerca su certe determinate dimensioni e l'eliminazione di altre, portiall'elaborazione di una certa determinata metafisica che, a sua volta,giustifica quegli strumenti ed è il loro presupposto. A questo modo è possibiletrarre dallo studio della logica l'orizzonte categoriale della metafisica, valea dire l'unità delle dottrine metafisiche stabilite in base all'uso deglistrumenti ad esse ap-propriati. Solo dalla indagine delle effettive categorie dicui Aristotele fa uso e del loro modo di operare potrà così emergere l'unitàdella filosofia aristotelica. Ma per farciò non sarà più possibile considerare la logica aristotelica come dottrina delprocedere naturale dell'intelligenza o dottrina della conoscenza in generale,ma bisognerà fare concreto rifcrimento al modo preciso in cui Aristotele pensòche l'intelligenza lavorasse, cioè alla sua concezione della scienza. Infattila stretta connessione della logica con la metafisica, nel modo che sopra abbiamoillustrato, diventa la stretta connessione della logica con la scienza, inquanto la metafisica di Aristotele si presenta appunto come una scienza che hala medesima struttura delle altre scienze. Perciò dire che l'oggetto dellalogica aristotelica è il discorso comune, come fa il Kapp, non è interamentevero, in quanto il discorso comune può si costituire il punto di partenza ed ilmateriale delle considerazioni di Aristotele il cui oggetto, però, è lacostruzione di un discorso scientifico fondato sul reale. Perciò se da un latola metafisica esige la logica come quella che può determinare gli strumenti concui le categorie metafisiche sono usabili, d'altra parte la logica tende allametafisica come quella che, dando un fondamento nell' essere alle categorielogiche, legittima l'uso degli strumenti che quelle presuppongono. Ed appuntoperciò la logica non sarà, come la tradizione con il nome di organon hatramandato e come lo Zeller interpreta, uno strumento essa stessa, anche semette in luce gli strumenti con cui certe categorie possono essere usate: essa,infatti, è una struttura che è necessaria all'essere perché possa esserci undiscorso che lo enunci e al discorso per potersi costituire come discorso,anche sbagliato. Perciò presentandosi come logica della scienza quella diAristotele non si configura come inetodologia, in quanto quest'ultima èpossibile solo là dove non si presupponga l'esistenza di una strutturadell'essere già costituita e gli strumenti per conoscere la quale sonostabiliti una volta per tutte e stanno originariamente nelle nostre mani. Diconseguenza l'unico precetto metodologico che dalla logica aristotelica derivaè quello di non falsare gli strumenti che possediamo e di riconoscere l'esserein quello che veramente è. Ma tutto ciò potrà veramente venire alla luce soloattraverso lo studio dei fondamenti linguistici della logica aristotelica:infatti per Aristotele, come per Eracl*to, la ragione è essenzialmente lóyos,discorso, cioè capacità di cogliere e di indicare con parole l'essenza stessadell'essere. Il linguaggio, perciò, è lo strumento essenziale con il quale lecategorie aristoteliche hanno da essere usate; e la posizione che ad essoAristotele conferisce e le possibilità che ad esso apre costituiscono ifondamenti di tutta la costruzione logica e metafisica dello Stagirita. Delresto questo lato dell'indagine risponde pienamente agli interessi cui lafilosofia odierna dedica la sua attenzione. Infatti, mentre da un lato lalogica e la metodologia delle scienze dedicano sempre maggiore cura all'esamedelle scienze in quanto fanno uso di certi determinati linguaggi e allepossibilità e ai limiti di questi linguaggi, dall'altro la considerazionedell'elemento linguistico della ricerca filosofica ha assai contribuito ad aumentarela cautela critica di quest'ultima e l'interesse per l'indagine sulle sue realipossibilità. Dalla tendenza volta a limitare la filosofia ad un'attivitàcritica sull'uso delle parole ad altre più propense a dare ad essa un più vastosignificato, le correnti più significative della filosofia con-temporanca sirendono conto dell'importanza che ha la determinazione del tipo di discorso chela filosofia deve adottare e delle possibilità che ne può trarre; e nellastessa tecnica dell'indagine filosofia l'analisi linguistica dei termini èpraticata con sempre maggior frequenza nel tentativo di eliminare quelle paroleo quei significati la cui determinazione non è possibile fare con mezzi il cuicomportamento sia noto e, in qualche modo, controllabile. Il linguaggio cioènon è un insieme di segni assolutamente trasparenti, capaci di riprodurrefedelmente il puro pensiero o l'essere senza nulla pregiudicare di quellaricerca che nelle parole troverebbe solo la sede adatta alle sue conclusioni,ma interviene attivamente nella ricerca rischiando di deviarla su direzioni deltutto illusorie. Questo problema è particolarmente importante per la filosofiaaristotelica che pretende di rintracciare, proprio avvalendosi del discorso,una struttura dell'essere universalmente valida e che nella logica si preoccupadi mettere in luce la posizione che il linguaggio ha come mezzo per enunciarequella strut-tura. Dalla soluzione data al problema del linguaggio come mezzoper enunciare l'essere dipende la configurazione della logica come strutturanecessaria e non come disciplina possibile del discorso; nel senso che i mezzisemantici di cui il discorso è costituito sono sempre adatti a mettere capo adun insieme in cui le categorie dell'essere sono adeguatamente aggravata dal fattoche sull'autenticità di due opere del corpus logicum si sono sollevati dubbi. Ènostro preciso intento trattare questo problema nella misura richiestadall'indagine che intendiamo condurre ed esclusivamente in vista di essa. Ora,del trattato delle Categoriae ci siamo serviti solo in quanto contenevadottrine del tutto confermate da altri scritti di sicura attribuzione, mentrepiù largo uso abbiamo fatto del De interpretatione. Contro le difficoltà dinatura oggettiva sollevate fin dall'antichità contro il trattatello ha svoltoconsiderazioni probanti il Maier. Quanto a noi ce ne siamo serviti per studiaredottrine che trovano sicuro riscontro negli Analytica priora (qualità equantità dei giudizi e dottrina della modalità), salvo differenze trascurabiliper il punto di vista da cui ci siamo collocati (p. es. la comparsa dei giudiziindividuali non considerati dagli Analytica). La dottrina della convenzionalitànon trova invece riscontro letterale in altri testi aristotelici; senonché sipuò osservare: 1°) la nozione di inópavas come avíleois di arópiois e xatápaoiscompare anche negli Analytica posteriora e la costituzione di un discorsoapofantico presuppone appunto l'eliminazione del problema della semanticità,che è proprio il senso in cui abbiamo interpretato la nozione aristotelica diconvenzionalità del linguaggio; 2°) la dottrina del giudizio in tutte le sueenunciazioni presuppone la convenzionalità nel senso sopra specificato;3") la Poetica che parairasa passi del “De interpretatione” eliminando latesi della convenzionalità è stato dimostrato dal Maier essereun'in-terpolazione tendenziosa. Perciò mentre mancano criteri oggettivi sicuricapaci di sostenere la tesi dell' inautenticità, neppure l'esito dell'esamecondotto sulla concordanza dottrinale può indurrc a pronunciare l'atetesi delDe interpretatione, o almeno delle parti che ci interessano. Assai più difficile si presenta la questionedella collocazione cronologica degli scritti logici. Essa fu affrontatadapprima dal Brandis che sostenne la precedenza dei Topica rispetto alle altreopere aristote-liche, tesi ripresa e completata dal Maier che ritenne di poterdividere i Topica in parti che non presuppongono la conoscenza del sillogismo eparti che la presuppongono. Altre a ciò il Maier ritenne di poter considerareil De interpreta-tiene posteriore agli Analytica, dando così un piano completodella successione delle opere logiche aristoteliche, dai più accettato econfer-mato recentemente, con uno studio sui rinvii reciproci delle singole opere,dal Tielscher. Mentre la considerazione dei libri B e H (nei ca-pitoli sopracitati) come le parti più antiche dell' Organon sembra del tutto pacifica,maggiori riserve si potrebbero sollevare di fronte alla col-locazione nellostesso periodo dei libri che eseguono un progetto tracciato all' inizio del A, sìda costituire un corpo ab-bastanza unitario nel quale si trova un rinvio bennetto alla dottrina della dimostrazione di Analytica posteriora. Se questoindizio nonè affatto sufficiente per posticipare i libri in questione, essorivela tuttavia il tentativo di trovare, attraverso un' interpolazione, uninserimento della dialettica dei Topica nella sillogistica degli Analytica.Quanto alla posticipazione del “De interpretatione”, le ragioni più importantiaddotte dal Maier - la mancanza di citazioni in altri scritti e lagiustificazione del cap. go come polemica contro Diodoro Crono - non sono deltutto probanti. L'opera iniziata dalMaier portava innanzi il Solmsen che, partendo dagli studi del Jäger, suomaestro, dava un ordinamento del tutto nuovo al corpus logicum accettando quasiintegralmente le tesi del Maier per i Topica ma facendo precedere gli Analyticaposteriora ai priora; ordinamento che, accettato dallo Stocks, veniva criticatocon consi-derazioni ragionevoli del Ross. D'altra parte il Gohlke, prendendo inesame le dottrine della quantità e della modalità dei giudizi tentava diindividuare strati diversi di composizione delle opere dell' Organon;ten-tativo parzialmente condotto anche dal Becker. In realtà nessuno di questitentativi ha dato finora un ordine cronologico fornito di un grado apprezzabiledi probabilità e stabilito su basi puramente oggettive, cioè tale da nonimplicare un' interpretazione filosofica della logica aristotelica. Vista l'estrema difficoltà di stabilire unordine cronologico filologi-camente fondato in maniera soddisfacente, abbiamopreferito rinunciare all'ordine cronologico (che sarebbe stato ben malsicuro),pur tenendo conto, dove ciò ci è parso indispensabile, dei nessi di prioritàche ci sono sembrati indiscutibili. Ma, d'altra parte, abbiamo cercato di nonirrigidire le dottrine di Aristotele in un sistema che non fosse il sistemastesso di Aristotele, tentando piuttosto di mettere in luce l'orizzonte in cuitutte quelle dottrine si impostano e sforzandoci di non impacciare le loromovenze pur cercando la loro unità: unità consistente appunto nel problema dirintracciare una struttura linguistica universalmente necessaria. Se essaprecisa i suoi tratti con particolare evidenza nel De interpretatione e negliAnalytica priora, tuttavia sta già alla base della dottrina del giudizio e delragionamento rintracciabile nei Topica e costituisce uno dei tratti tipicidell'aristotelismo; quell'aristotelismo che è già riscontrabile nel platonisinodel Aristotele dell’Accademia e non del Lizio! Viano. Keywords: la filosofiaromana, il neo-tradizionalismo. Refs.: The H. P. Grice Papers, Bancroft MS –Luigi Speranza, “Grice e Viano: il neo-tradizionalismo” – “Viano e la filosofiaromana” -- The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Gricee Viazzi: la ragione conversazionale dellabellezza della vita – filosofia italiana – Luigi Speranza (Gavi). Essential Italianphilosopher. Filosofo italiano. Apprezzato teorico e studioso di filosofia. Fracritici e interpreti di VICO, vuol esser ricordato con speciale considerazione,V.; il quale cura un'edizione della Scienza Nuova, facendola precedere d'unasua lunga prefazione, “La modernità e il positivismo di V.”, e accompagnandolacon note che vorrebbero essere interpretative del testo. Comte e Spencer, Vogte LOMBROSO, Büchner Haeckel, Ribot e Morselli, son questi i nomi cari a V. Eaccanto ad essi, egli pone quello del VICO, come di un sicuro e diretto loroantenato. Gli è che l'opera del VICO, fuori l'indirizze genuino dei metodinaturalistici, non può affatto intendersi, com non l'hanno intesa appunto -afferma esplicitarente il nostre nuovo interprete vichiano - tutti imetafisici, dai concettualisti pur ai neo-critici. Nè, altresì, convienealtrimenti giudicare il metod‹ vichiano, nell'idea e nell'attuazione, se noncome empirico, in duttivo e psicologico, in forza del quale, è chiaro come ilpen siero del filosofo, fortemente temprato dell'empiria del Bacone traessedecisamente a un sistema di sociologia o di demopsicologia. Il vero si è cheVICO, accanto a Comte e Spencer, deve esser considerato come uno dei fondatoridella scienza sociale; e nel modo suo di ricerca, negl'indirizzi degli studinel loro stesso risultato, ci si rivela come il più genuino forse deiprecursori dell'odierno positivismo critico, o filosofia scientifica che altrila voglia chiamare. Se è cosi, la nota dell'irreligiosità, nel sistema didottrine di VICO, deve risonare con aperta e larga intonazione, non come unsemplice motivo, chiuso chiuso, di preludio. Non si tratta più, dunque, digermi ideali ancora immaturi per il loro tempo, ma destinati poi allafecondazione, dopo circa due se! coli d' inosservata incubazione; a spandere iloro effluvi inebbrianti sul campo rinnovellato del pensiero, che reca la pienaiberta dello spirito, la suprema indipendenza della ragione. Contrariamente aciò che opina il CROCE con i suoi, le conclusioni antireligiose dei principivichiani sono apparse limpidamente delineate nel libero pensiero del filosofo;e inoltre sono state, esplicitamente, già dedotte dall'autore medesimo con unacerta sufficienza, a chi ben osserva, e insieme con meditata parsi-monia, e,secondo l'importanza che esse hanno nell'organismo del sistema, messe nellaloro vera luce, sebbene non piena e sfolgorante e a tutti accessibile. Sicché,da ogni pagina della Scienza Nuova emerge spontaneo, per una critica evoluta,il pensiero tutto vibrante di naturalità scientifica, tutto saturo dipositivismo, che s'effonde con facile corso, attraverso il modo suo di ricerca,nell'indirizzo degli studi, nel loro stesso rieultato. Che se il VICO, per talmodo, ebbe a bandire estremamente, con matura persuasione e con coscienza,dall'opera sua di pensiero ogni genuina idea del divino e di religione, nonpoté conservare alcuna fede in fondo al suo cuore. Questo è ovvio. Nè deve fare impressione di sorta il parlare,talvolta coperto, dell'autore, talvolta, ancora, irto di reticenze e concessioni,che sembra voglian salvare la forma d'una certa professione religiosa. Taleprofessione di fede (ci si fa notare) soverchiamente ripetuta, ha quasi sempretutta la forma di un voler parere, più che altro si rifletta all'epoca ed alluogo in cui scrisse il nostro autore, e si comprenderà tutta la ragionevolezzapratica di talune concessioni'». Siamo, dunque, intesi: era una pura finzionedi religiosità; una professione di fede, che doveva servire soltanto per illibero scambio nello smercio delle idee. E V. viene alle corte. A carico delVICO (s' intende, dall'aspetto del positivismo) fu quasi unanimemente posta laimportanza, reputata eccessiva, non solo, ma intaccante alla base tutto il suosistema, ch'egli dà ad una provvidenza divina regolatrice di questo mondo dellenazioni che egli prese a studiare. Ma quei che in tal guisa obbiettano,s'arrestano alla corteccia, e non penetrano con lo sguardo al midollosottostante. Non s'è detto, insomma, cheVICO, non amante delle noie, cercava sempre, con insistente ostentazione, diallontanare il pericolo che s'addensassero, intorno alla sua opera, i sospettie le avversioni dell'ortodossia dominante? Vico lo sente, quest'odioso frenoall'espressione della sua idea, ma vi si trova costretto, e lo subisce. Eincredulo qual'era nel pensiero e nel sentimento, tuttavia volle adoperare unripiego formale che, senza dubbio, poteva giovargli di passaporto nell'epoca enel luogo di pubblicazione del suo libro.? Si rifletta poi, in fine, che eglinon era punto di apostolo.Se avesse avuto l'animo di BRUNO, si sa che le cosesarebbero procedute ben altrimenti. Cosi il nostro animoso interprete vichianova difilato alla conclusione della sua fatica, per quel che concerne l'idea(della provvidenza divina) che domina e vivifica tutta l'esposizione dottrinaledella Scienza Nuova. È chiaro, secondo lui, che anche qui la parola el'espressione metempirica adoperate segnano un concetto prettamente positivo.Ricordiamo anzitutto come con singolare ostinazione VICO si richiami assaispesso a questo suo concetto, che il mondo delle gentili nazioni è purcertamente opera degli uomini. Questo nel campo delle idee. Nel campo ristrettodella sua operosità di uomo, bisogna tener conto del fatto che VICO eraobbligato a mettere i suoi libri sotto la protezione di cardinali; che scrivevaprolusioni le quali non dovevano soverchiamente urtare il Corpo accademicodell'Università. Poichè in Italia si faceva professione di cattolicismo. quantopiù superficiale tanto più generalmente ostentato; era utile e, più che utile,necessario, per un uomo che si trovava nelle umilissime condizioni del nostroautore dimostrare l'importanza del sentimento religioso nella vita sociale? PioViazzi. Viazzi. Keywords: Vico. Refs.: The H. P. Grice Papers, Bancroft MS –Luigi Speranza, “Grice e Viazzi” – “Il Vico di Grice e il Vico di Viazzi” --The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria

Grice e Vico: la ragione conversazionale dell’antichissimasapienza degl'italici -- da rintracciare nelle origini della sua lingua –filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli).Filosofo italiano. “The best philosopher, but that’s Hampshire’sjudgement!” – Grice. “Si potrebbe presentare la storiaulteriore del pensiero come un ricorso delle idee del Vico” (CROCE, Lafilosofia di V., Laterza, Bari). – cf. Whitehead on metaphysics as footnotes toPlato. Molte delle notizie riguardanti la vita di V. sono tratte dalla sua “Autobiografia”,scritta sul modello letterario delle “Confessioni” d’AGOSTINO.Dall’autobiografia V. cancella ogni riferimento ai suoi interessi giovanili perle dottrine atomistiche e per la filosofia di Cartesio, che hanno cominciato adiffondersi a NAPOLI, ma venneno subito repressi dalla censura delle autoritàcivili e religiose, che le consideravano moralmente perniciose e contrari all'indicedei libri proibiti. Nato da una famiglia di modesta estrazione sociale – ilpadre e un libraio – V. e un bambino molto vivace. A causa di una caduta, siprocura una frattura al cranio che gli impede di frequentare la scuola per IIIanni e che, pur non alterando le sue capacità mentali, quantunque “il cerusicone fe' tal presagio: che egli o ne morrebbe o arebbe sopravvissuto stolido,”contribusce a sviluppare “una natura malinconica ed acre.” Ammesso agli studidi grammatica presso il collegio massimo dei gesuiti, li abbandona perdedicarsi al privato approfondimento dei testi di NICOLETTI [vide], il quale,tuttavia, rivelandosi superiore alle sue capacità, provoca l'allontanamentodall'attività intellettuale per I anno e mezzo. Ripresa la via deglistudi, V. si reca nuovamente dai gesuiti per seguire le lezioni di RICCI. Rimastoancora una volta insoddisfatto, si apparta nuovamente a vita privata peraffrontare la meta-fisica. Successivamente, per secondare il desiderio paterno,V. e “applicato agli studi legali.” Frequenta per II mesi le lezioni di VERDE,s’iscrive alla facoltà di giurisprudenza, senza tuttavia seguirne i corsi, e sicimenta, come di consueto, in studi di diritto. Conseguita la laurea a SALERNO,si appassiona subito ai problemi filosofici, segno “di tutto lo studio che haegli da porre all'indagamento de’ princìpi del diritto universal.” Lapide nellacasa natale di via San Biagio dei Librai che recita: In questa cameretta nasce V..Nella sottoposta piccola bottega del padre libraio usa passare le notti nellostudio. Vigilia della sua opera sublime. La città di Napoli pose.” Il periododi tempo intercorrente e denominato dell' “auto-perfezionamento.” Difatti,nonostante l' “Auto-biografia” riporti indietro la data d'inizio del suomagistero, svolge attività di precettore dei figli del marchese ROCCA presso ilcastello di Vatolla nel Cilento e colà, usufruendo della grande biblioteca, ha mododi studiare l’Accademia di FICINO e PICO. Approfondisce gli studi del Lizio,nonostante la dichiarata avversione per Aristotele e la scolastica. Legge isaggi di di BOTERO e di BODIN, scoprendo al contempo TACITO (che divenne unmaestro cui s'ispira la sua filosofia) e la sua “mente metafisica incomparabilecon cui contempla l'uomo qual è.” Affronta per un breve periodo studi digeometria e pubblica la canzone “Affetti di un disperato,” d'ispirazionelucreziana (vide LUCREZIO). Erma del V. Ritornato a Napoli, affetto dalla tisi,rientra nella misera dimora paterna. A causa delle grosse difficoltàeconomiche, V. è costretto a tenere ripetizioni di retorica e grammatica. Pubblicaun discorso proemiale a una crestomazia poetica dedicata alla partenza diBenavides, vice-ré e conte di S. Stefano. Compone un'orazione funebre inmemoria di Cardona, madre del nuovo vice-ré. Tenta vanamente di ottenere unposto di lavoro come segretario al municipio di Napoli. Vince, con striminzitamaggioranza, il concorso per la cattedra di eloquenza e retorica a Napoli, dacui non riusce, con suo grande rammarico, a passare a una di diritto. -- èaggregato all'accademia palatina fondata dal vice-ré Aragón, duca diMedinaceli. Anche dopo la nomina accademica per il mantenimento del padre e deifratelli, totalmente dipendenti da lui, apre uno studio dove dà lezioni diretorica e di grammatica e impegnarsi a lavorare su commissione alla stesura dipoesie, epigrafi, orazioni funebri, e panegirici. Può finalmente prendere inaffitto in vicolo dei Giganti una casa di tre camere, sala, cucina, loggia ealtre comodità, come rimessa e cantina e sposar e avere VIII figli. Da quelmomento non ha più la tranquillità necessaria per condurre gli studi, ma prosegueugualmente le sue meditazioni tra lo strepitio de' suoi figlioli. A questoperiodo risale, inoltre, la conoscenza con DORIA (vide) e l'incontro con lafilosofia di Bacone. Il governo partenopeo gli commissiona la scrittura del “Principumneapolitanorum coniuratio” e in una cena a casa di DORIA, espone le sue ideesulla filosofia della natura che lo conduceno alla composizione del “Liberphysicus.” Pronunzia in latino le VI orazioni inaugurali, ossia le prolusioniall'anno accademico e, se ne aggiunge una VII, più ampia e importante, “Denostri temporis studiorum ratione,” la quale si concentra molto sul metododegli studi giuridici, poiché sempre ha la mira a farsi merito con l'universitànella giurisprudenza per altra via che di leggerla ai giovinetti. Nel “Deratione”, inoltre, è contenuta la critica al razionalismo di Cartesio el'elogio dell'eloquenza, della retorica, della fantasia, nonché dell’ingegno produttoredella META-FORA.L'insieme delle prolusioni universitarie sono rielaborateper essere raccolte in “De studiorum finibus naturae humanae convenientibus”. Èaggregato all'accademia dell'Arcadia e pubblica il primo libro dell'operadedicata a DORIA, “De antiquissima italorum sapientia ex linguae latinaeoriginibus eruenda,” recante il sottotitolo “Liber primus sive metaphysicus.” Accantoal “Liber Meta-Physicus,” l'opera comprender anche il “Liber Physicus” e un maicompost, “Liber Moralis.” Un anonimo recensisce l'opera nel “Giornale de'letterati d'Italia”, cui segue la risposta del V., accompagnata dal ristretto ori-assunto del “Liber Meta-Physicus”.Aseguito di nuove obiezioni prodottedall'anonimo recensore, replica con una Risposta II. Pubblica un trattatellosulle febbri ispirato alle bozze del “Liber Physicus”, recante il titolo di “Deaequilibrio corporis animantis.” Inoltre, si dedica alla stesura del “De rebusgestis Antonii Caraphaei,” una biografia del maresciallo Carafa. Durante i lavoridi questa opera biografica, V. si dedica alla ri-lettura del suo quarto«auttore», Grozio, cui dedicha un commento al “De iure belli ac pacis”.L'incontro di V. con la filosofia di «Ugon capo» ha un'importanza decisiva peril suo sviluppo filosofico. Da quel momento, il suo interesse e completamenteassorbito dai problemi storici e giuridici. L'idea dell'esistenza di un'umanitàferina e primitiva, dominata solamente dal senso e dalla fantasia, ed entro cuisi producono gl’ordini civili divenne centrale in tutta la sua filosofia. Videla luce un'opera di filosofia del diritto, intitolata “De uno universi iurisprincipio et fine uno”, seguita dallo saggio “De constantia iurisprudentis,” divisoin II parti, “De constantia philosophiae” e “De constantia philologiae,” e che,nonostante il titolo si riferisca alla tematica giuridica, è meno incentratosull'argomento rispetto al “De uno”. Benché le due opere si differenzino, segnodi un rapido sviluppo della sua filosofia, è d'uso considerarli, come inverofece anche Vico, insieme alle notae aggiunte e le sinopsi premesse al saggio,sotto l'unico titolo di “Diritto universale”. S'iscrive al concorso perottenere la cattedra di diritto civile a Napoli e commenta un passo delle “Quaestionesdi Papiniano “davanti a un collegio di giudici, ma, con suo grande scorno, ilposto e assegnato a GENTILE. Dopo la fama ottenuta dalla pubblicazione della “ScienzaNuova”, ottenne da Carlo III, la carica di storiografo regio. Tanto nuova e lasua dottrina che la cultura del tempo non puo apprezzarla. Così che V. rimanda appartatoe quasi del tutto sconosciuto negl’ambienti filosofici, dovendosi accontentaredi una cattedra di secondaria importanza a Napoli che lo mantene inoltre intali ristrettezze economiche che per pubblicare il suo capolavoro, la “ScienzaNuova”, dovette toglierne alcune parti in modo che risultasse meno costoso perla stampa. Alle difficoltà economiche vissute per la pubblicazione dell'operasua, che inficiarono la sua notorietà nel seno dell'accademia partenopea, s’accompagnauna prosa involuta, pertanto di difficile penetrazione. Prima della “ScienzaNuova” V. scrive la prolusione inaugurale “De nostri temporis studiorumratione,” il “De antiquissima italorum sapientia, EX LINGUAE LATINAE originibuseruenda” a cui si devono aggiungere le II risposte al “Giornale dei letteratidi Venezia” che critica la sua filosofia, il “De uno universi iuris principioet fine uno” e il “De costantia iurisprudentis”. Afflitto da difficoltà edisgrazie familiari, V. incomincia a scrivere la sua “Autobiografia” pubblicataa Venezia. Vengono pubblicati i “Principii di una scienza nuova intorno allanatura delle nazioni.” Alla “Scienza nuova” lavora per tutto il corso della suavita, con un’edizione integralmente ri-scritta anche a seguito delle critichericevute (cui aveva risposto nelle “Vici Vindiciae”) e, infine, rivistacompletamente, senza grandi modifiche, per la edizione III, pubblicata pochimesi dopo la sua morte da suo figlio che lo aveva sostituito nell'insegnamentoaccademico. La morte «[incominciarono a crescere] quei malori che fin dai suoipiù floridi anni l’avevano debilitato. Comincia adunque ad essere indebolito intutto il sistema nervoso in guisa che a stento poteva camminare e, quel che piùlo affligea, e di vedersi ogni giorno infiacchire la reminiscenza. Il fiaccatocorpo anda in seguito ogni giorno più a debilitarsi in guisa che perde quasiinteramente la memoria fino a dimenticare gl’oggetti a sé più vicini ed ascambiare i nomi delle cose più usuali. Affetto probabilmente dalla malattia diAlzheimer, all'epoca non ancora descritta scientificamente, negl’ultimi anninon riconosceva più i suoi stessi figli e e costretto ad allettarsi. Solo inpunto di morte ri-acquista la coscienza come svegliandosi da un lungo sonno. Chiesei conforti religiosi e recitando i salmi di Davide muore. Per la celebrazionedelle esequie nasce un contrasto tra i confratelli della congregazione di S. Sofia,alla quale V. era iscritto, e i professori di Napoli su chi dovesse tenere ifiocchi della coltre mortuaria. Non giungendo ad un accordo il feretro, che erastato calato nel cortile, e abbandonato dei membri della congregazione e e riportatoin casa. Da lì finalmente, accompagnato dai colleghi dell'università, e sepoltonella chiesa dei padri dell'oratorio detta dei Gerolamini in Via dei Tribunali.Nell'ambiente culturale napoletano, molto interessato alle nuove dottrinefilosofiche, V. ha modo di entrare in rapporto con il pensiero di Cartesio,Hobbes, Gassendi, Malebranche e Leibniz anche se i suoi autori di riferimentorisalivano piuttosto alle dottrine neo-platoniche dell’accademia, rielaboratedalla filosofia rinascimentale di FICINO e PICO, aggiornate dalle moderneconcezioni scientifiche di Bacone e GALILEI e del pensiero giusnaturalisticomoderno di Grozio e Selden. Dal Portico di MALVEZZI riprende l'intuizione cheil corso storico sia retto da una sua logica interna. Questa varietà diinteressi fa pensare alla formazione di un pensiero eclettico in V. che invecegiunse alla formulazione di un'originale sintesi tra una razionalitàsperimentatrice e la tradizione platonica, accademica, e religiosa. “Deantiquissima Italorum sapientia”consta di tre parti: il “Liber Meta-Physicus”,che usce senza l'appendice riguardante la logica che, nella sua intenzione,avrebbe dovuto avere; il “Liber Physicus”, che pubblica sotto forma di opuscolocol titolo “De aequilibrio corporis animantis”, che anda smarrito, maampiamente riassunto nella Vita; e infine il “Liber moralis”, di cui non abbozzanemmeno il testo. Nel “De antiquissima” V., considerando il linguaggio comeoggettivazione del pensiero, è convinto che dall'analisi etimologica di alcuneparole si possano rintracciare originarie forme del pensiero. Applicando questometodo, risale ad un antico sapere filosofico delle popolazioni italiche. Ilfulcro di queste arcaiche concezioni filosofiche è la convinzione antichissimache“Latinis verum et factum reciprocantur, seu, ut scholarum vulgusloquitur, convertuntur” -- che cioè il criterio e la regola del vero consistenell'averlo fatto. Per cui possiamo dire ad esempio di conoscere leproposizioni matematiche perché siamo noi a farle tramite postulati,definizioni. Ma non potremo mai dire di conoscere nello stesso modo la natura, perchénon siamo noi ad averla creata. Conoscere una cosa significarintracciarne i principi primi, le cause, poiché, secondo l'insegnamento delLizio, veramente la scienza è “scire per causas.” Ma questi elementi primi lipossiede realmente solo chi li produce, “provare per cause una cosa equivale afarla”.Il principio del “verum ipsum factum” non e una nuova e originalescoperta di V. E già presente nell'occasionalismo, nel metodo baconiano cherichiede l'esperimento come verifica della verità, nel volontarismo scolasticoche, tramite la tradizione scotista, e presente nella cultura filosoficanapoletana del tempo di V. La tesi fondamentale di queste concezionifilosofiche è che la piena verità di una cosa sia accessibile solo a colui chetale cosa produce. Il principio del verum-factum, proponendo la dimensionefattiva del vero, ridimensiona le pretese conoscitive del razionalismo diCartesio che inoltre giudica insufficiente come metodo per la conoscenza dellastoria umana, che non può essere analizzata solo in astratto, perché essa hasempre un margine di imprevedibilità.Si serve, però, di quel principioper avanzare in modo originale le sue obiezioni alla filosofia di Cartesio trionfante in quel periodo. Il cogito diCartesio infatti potrà darmi certezza della mia esistenza ma questo non vuoldire conoscenza della natura del mio essere. Coscienza non è conoscenza. Avròcoscienza di me ma non conoscenza poiché non ho prodotto il mio essere ma l'hosolo riconosciuto.L'uomo può dubitare se senta, se viva, se sia esteso, einfine in senso assoluto, se sia. A sostegno della sua argomentazione escogitaun certo genio ingannatore e maligno. Ma è assolutamente impossibile che unonon sia conscio di pensare, e che da tale coscienza non concluda con certezzache egli è. Pertanto Cartesio svela che il primo vero è questo, Penso dunquesono. --“De antiquissima Italorum sapiential” in “Opere filosofiche,” a cura diCristofolini (Firenze, Sansoni). Il criterio del metodo di Cartesio dell'evidenzaprocura dunque una conoscenza chiara e distinta, che però non è scienza se nonè capace di produrre ciò che conosce. In questa prospettiva, dell'essere umanoe della natura solo il divino, creatore di entrambi, possiede la verità.Mentre quindi la mente umana procedendo astrattamente nelle sue costruzioni,come accade per la matematica, la geometria crea una realtà che le appartiene,essendo il risultato del suo operare, giungendo così a una verità sicura, lastessa mente non arriva alle stesse certezze per quelle scienze di cui non puòcostruire l'oggetto come accade per la meccanica, meno certa della matematica,la fisica meno certa della meccanica, la morale meno certa dellafisica.Noi dimostriamo le verità geometriche poiché le facciamo, e sepotessimo dimostrare le verità fisiche le potremmo anche fare. I latini dicenoche la mente è data, immessa negl’uomini dagli dei. È dunque ragionevolecongetturare che gl’autori di queste espressioni abbiano pensato che le ideenegl’animi umani siano create e risvegliate dal divino. La mente umana simanifesta pensando, ma è il divino che in me pensa, dunque nel divino conoscola mia propria mente. Il valore di verità che l'uomo ricava dalle scienze edalle arti, i cui oggetti egli costruisce, è garantito dal fatto che la menteumana, pur nella sua inferiorità, esplica un’attività che appartiene in primoluogo al divino. La mente dell'uomo è anch'essa creatrice nell'atto in cuiimita la mente, le idee, del divino, partecipando metafisicamente adesse.Imitazione e partecipazione alla mente divina avvengono ad opera diquella facoltà che V. chiama “ingegno” che è la facoltà propria del conoscere percui l'uomo è capace di contemplare e di imitare le cose. L'ingegno è lostrumento principe, e non l'applicazione delle regole del metodo di Cartesio,per il progresso, ad esempio, della fisica che si sviluppa proprio attraversogl’esperimenti escogitati dall'ingegno secondo il criterio del vero e delfatto. L'ingegno dimostra, inoltre, i limiti del conoscere umano e lacontemporanea presenza della verità divina che si rivela proprio attraversol'errore. Il divino mai si allontana dalla nostra presenza, neppure quandoerriamo, poiché abbracciamo il falso sotto l'aspetto del vero e i mali sottol'apparenza dei beni. Vediamo le cose finite e ci sentiamo noi stessi finiti,ma ciò dimostra che siamo capaci di pensare l'infinito. Contro la Scessi sostieneche è proprio tramite l'errore che l'uomo giunge al sapere metafisico. Ilchiarore del vero metafisico è pari a quello della luce, che percepiamosoltanto in relazione ai corpi opachi. Tale è lo splendore del vero metafisiconon circoscritto da limiti, né di forma discernibile, poiché è il principioinfinito di tutte le forme. Le cose fisiche sono quei corpi opachi, cioèformati e limitati, nei quali vediamo la luce del vero metafisico. Il saperemetafisico non è il sapere in assoluto. Esso è superato dalla matematica edalle scienze ma, d'altro canto, la metafisica è la fonte di ogni verità, cheda lei discende in tutte le altre scienze. Vi è dunque un primo vero,comprensione di tutte le cause, originaria spiegazione causale di tutti glieffetti; esso è infinito e di natura spirituale poiché è antecedente a tutti icorpi e che quindi si identifica con divino. Nel divino sono presenti le forme,simili alle idee platoniche, modelli della creazione divina. Il primovero è nel divino, perché il divino è il primo facitore (primus factor);codesto primo vero è infinito, in quanto facitore di tutte le cose; ècompiutissimo, poiché mette dinanzi al divino, in quanto li contiene, glielementi estrinseci e intrinseci delle cose. Se l'uomo non può considerarsicreatore della realtà naturale ma piuttosto di tutte quelle astrazioni cherimandano ad essa come la matematica, la stessa metafisica, vi è tuttaviaun'attività creatrice che gli appartiene questo mondo civile eglicertamente è stato fatto dagli uomini, onde se ne possono, perché se nedebbono, ritruovare i principi dentro le modificazioni della nostra medesimamente umana. L'uomo è dunque il creatore, attraverso la storia, della civiltàumana. Nella storia, l'uomo verifica il principio del “verum ipsum factum” creandocosì una scienza nuova che ha un valore di verità come la matematica. Unascienza che ha per oggetto una realtà creata dall'uomo e quindi più vera e,rispetto alle astrazioni matematiche, concreta. La storia rappresenta lascienza delle cose fatte dall'uomo e, allo stesso tempo, la storia della stessamente umana che ha fatto quelle cose. La definizione dell'uomo, della sua mentenon può prescindere dal suo sviluppo storico se non si vuole ridurre tutto aun'astrazione. La concreta realtà dell'uomo è comprensibile solo riportandolaal suo divenire storico. È assurdo credere, come fa Cartesio o i ne-oplatonici,che la ragione dell'uomo sia una realtà assoluta, sciolta da ognicondizionamento storico.La filosofia contempla la ragione, onde viene lascienza del vero. La filologia osserva l'autorità dell'umano arbitrio ondeviene la coscienza del certo. Questa medesima degnità o assioma dimostra avermancato per metà così i filosofi che non accertarono le loro ragioni conl'autorità de’ filologi, come i filologi che non curarono d'avverare la loroautorità con la ragion dei filosofi. Ma la filologia da sola non basta, siridurrebbe a una semplice raccolta di fatti che invece vanno spiegati dallafilosofia. Tra filologia e filosofia vi deve essere un rapporto dicomplementarità per cui si possa accertare il vero e inverare il certo. Compitodella 'scienza nuova' sarà quello di indagare la storia alla ricerca di queiprincipi costanti che, secondo una concezione per certi versi platonizzante,fanno presupporre nell'azione storica l'esistenza di una legge che ne sia afondamento com'è per tutte le altre scienze. Poiché questo mondo di nazioniegli è stato fatto dagl’uomini, vediamo in quali cose hanno con perpetuitàconvenuto e tuttavia vi convengono tutti gl’uomini; poiché tali cose nepotranno dare i principi universali ed eterni, quali devon essere d'ogniscienza, sopra i quali tutte sursero e tutte vi si conservano le nazioni. Lastoria quindi, come tutte le scienze, presenta delle leggi, dei principi universali,di un valore ideale di tipo platonico, che si ripetono costantemente allostesso modo e che costituiscono il punto di riferimento per la nascita e ilmantenimento delle nazioni.Rifarsi alla mente umana per comprendere lastoria non è sufficiente. Si vedrà, attraverso il corso degli avvenimentistorici, che la stessa mente dell'uomo è guidata da un principio superiore adessa che la regola e la indirizza ai suoi fini che vanno al di là o contrastanocon quelli che gli uomini si propongono di conseguire; così accade che, mentrel'umanità si dirige al perseguimento di intenti utilitaristici e individuali,si realizzino invece obiettivi di progresso e di giustizia secondo il principiodella eterogenesi dei fini.Pur gli uomini hanno essi fatto questo mondodi nazioni, ma egli è questo mondo, senza dubbio, uscito da una mente spessodiversa ed alle volte tutta contraria e sempre superiore ad essi finiparticolari ch'essi uomini si avevan proposti. La storia umana in quanto operacreatrice dell'uomo gli appartiene per la conoscenza e per la guida deglieventi storici ma nel medesimo tempo lo stesso uomo è guidato dalla provvidenzache prepone alla storia divina.Secondo V. il metodo storico doveprocedere attraverso l'analisi delle lingue dei popoli antichi poiché i parlarivolgari debono essere i testimoni più gravi degl’antichi costumi de' popoli chesi celebrarono nel tempo ch'essi si formarono le lingue, e quindi tramite lostudio del diritto, che è alla base dello sviluppo storico delle nazionicivili. Questo metodo ha fatto identificare nella storia una legge fondamentaledel suo sviluppo che avviene evolvendosi in tre età: l'età degli dei,nella quale gli uomini gentili credettero vivere sotto divini governi, e ognicosa esser loro comandata con gl’auspici e gli oracoli; l'età degl’eroi dove sicostituiscono repubbliche aristocratiche; l'età degl’uomini nella quale tuttisi riconobbero esser uguali in natura umana. La storia umana, secondo V.,inizia con il diluvio universale, quando gl’uomini, giganti simili a primitivi"bestioni", vivevno vagando nelle foreste in uno stato di completa anarchia.Questa condizione bestiale e conseguenza del peccato originale, attenuatadall'intervento benevolo della provvidenza divina che immise, attraverso lapaura dei fulmini, il timore degli dei nelle genti che scosse e destate da unterribile spavento d'una da essi stessi finta e creduta divinità del cielo e diGiove, finalmente se ne ristarono alquanti e si nascosero in certi luoghi; ovefermi con certe donne, per lo timore dell'appresa divinità, al coverto, concongiungimenti carnali religiosi e pudichi, celebrarono i matrimoni e fecerocerti figlioli, e così fondarono le famiglie. E con lo star quivi fermi lungastagione e con le sepolture degli antenati, si ritrovarono aver ivi fondati edivisi i primi domini della terra. L'uscita dallo stato di ferinità quindiavviene: per la nascita della religione, nata dalla paura e sulla basedella quale vengono elaborate le prime leggi del vivere ordinato, perl'istituzione delle nozze che danno stabilità al vivere umano con la formazionedella famiglia e per l'uso della sepoltura dei morti, segno della fedenell'immortalità dell'anima che distingue l'uomo dalle bestie. Della prima etàsostiene di non poter scrivere molto poiché mancano documenti su cui basarsi. Infattiquei bestioni non conoscevano la scrittura e, poiché erano muti, si esprimevanoa segni o con suoni disarticolati. L'età degl’eroi ha inizio dall'accomunarsidi genti che trovavano così reciproco aiuto e sostegno per la sopravvivenza.Sorsero la città guidata dalle prime organizzazioni politiche dei signori, gl’eroiche con la forza e in nome della ragion di stato, conosciuta solo da loro,comandano su i servi che, quando rivendicano i propri diritti, si ritrovaronocontro i signori che, organizzati in ordini nobiliari, danno vita allo statoaristo-cratico che caratterizza il secondo periodo della storia umana. Inquesta seconda, dove predomina la fantasia, nasce il linguaggio dai caratterimitici e poetici. Infine, la conquista dei diritti civili da parte dei servi dàluogo alla età degl’uomini e alla formazione del stato popolari (res pubblica) basatosul diritto umano dettato dalla ragione umana tutta spiegata. Sorge quindi uno statonon necessariamente demo-cratico ma che puo essere pure monarchico poichél'essenziale è che rispetta la ragione naturale, che eguaglia tutti. La leggedelle tre età costituisce la storia ideale eterna sopra la quale corrono intempo le storie di nostra nazione. Il popolo conforma il suo corso storico aquesta legge che non è solo delle genti ma anche di ogni singolo uomo chenecessariamente si sviluppa passando dal primitivo senso nell'infanzia, allafantasia nella fanciullezza, e infine alla ragione nell'età adulta. Gl’uominiprima sentono senza avvertire. Dappoi avvertiscono con animo perturbato ecommosso. Finalmente riflettono con mente pura. Se nella storia pur tra leviolenze, i disordini, appare un ordine e un progressivo sviluppo ciò è dovuto all'azionedella provvidenza che immette nell'agire dell'uomo un principio di verità chesi presenta in modo diverso nelle tre età. Nella prima età degl’eroi, il verosi presenta come certo gl’uomini che non sanno il vero delle cose procuranod'attenersi al certo, perché non potendo soddisfare l'intelletto con lascienza, almeno la volontà riposi sulla coscienza. Questa certezza non vieneall'uomo attraverso una verità rivelata ma da una constatazione di sensocomune, condivisa da tutti, per cui vi è un giudizio senz'alcuna riflessione,comunemente sentito da tutto un ordine, da tutto un popolo, da tutta unanazione o da tutto il genere umano. Vi è poi, nella seconda età della storia edell'uomo, caratterizzata dalla fantasia, un sapere tutto particolare che V.define poetico. In questa età nasce infatti il linguaggio non ancora razionalema molto vicino alla poesia che alle cose insensate dà senso e passione, ed èproprietà dei fanciulli di prender cose inanimate tra le mani e,trastullandosi, favellarvi, come se fussero, quelle, persone vive. Questadegnità filologica-filosofica ne appruova che gl’uomini del mondo fanciullo,per natura, furono sublimi poeti. Se vogliamo quindi conoscere la storia delantico popoli romano dobbiamo rifarci ai miti che hanno espresso nella lorocultura. Il mito o la leggenda infatti non è solo una favola e neppure unaverità presentata sotto le spoglie della fantasia ma è una verità di per séelaborata dagl’antichi che, incapaci di esprimersi razionalmente, si servano diuniversali fantastici che, sotto spoglie poetiche, presentano modelli idealiuniversali. I antichi romani non definano razionalmente la prudenza maraccontarono di ENEA, modello universale fantastico dell'uomo prudente. V.si dedica poi a definire la poesia che innanzituttoè autonoma come formaespressiva differente dal linguaggio tradizionale. I tropi della poesia come lametafora, la metonimia, e la sineddoche, sono stati erroneamente ritenutistrumenti estetici di abbellimento del linguaggio razionale di base. Invece, lapoesia è una forma espressiva naturale e originaria i cui tropi sono necessarimodi di spiegarsi della nazione romana poetica. La poesia ha una funzionerivelativa, custodisce le prime immaginate verità dei primi uomini. La linguaromana non ha quindi un'origine convenzionale. Questo presupporrebbe un usotecnico. Ma la lingua romana sorge invece spontaneamente come poesia. Poiché illinguaggio e i miti costituiscono la cultura originaria e spontanea di tutto ilpopolo romano, arriva alla discoverta dell’epica, l'espressione del patrimonioculturale comune di tutto il popolo romano. È comunque da respingere lainterpretazione platonica dell’epica come filosofia, -- l’epica e fornita diuna sublime sapienza riposte. Farsi intendere da volgo fiero e selvaggio non ècertamente opera d'ingegno addomesticato ed incivilito da alcuna filosofia. Néda un animo da alcuna filosofia umanato ed impietosito potrebbe nascer quellatruculenza e fierezza di stile, con cui descrive tante, sì varie e sanguinosebattaglie, tante sì diverse e tutte in istravaganti guise crudelissima spezied'ammazzamenti, che particolarmente fanno tutta la sublimità dell'epica romana.La sapienza antica ha per contenuto principi di giustizia e ordine necessariper la formazione di popoli civili. Questi contenuti si esprimono in modidiversi a seconda che siano formati dal senso o dalla fantasia o dalla ragione.Questo vuol dire che la sapienza, la verità, si manfesta in forme diversestoricamente ma che essa come verità eterna è al di sopra della storia che divolta in volta la incarna. La verità della storia è una verità metafisica nellastoria. Nella storia si attua la mediazione tra l'agire umano e quellodivino: nel fare umano si manifesta il vero divino e il vero umano sirealizza tramite il fare divino: la provvidenza, legge trascendente dellastoria, che opera attraverso e nonostante il libero arbitrio dell'uomo. Questonon comporta una concezione necessitata del corso della storia poiché è veroche la provvidenza si serve degli strumenti umani, anche i più rozzi eprimitivi, per produrre un ordine ma tuttavia questo rimane nelle manidell'uomo, affidato alla sua libertà. La storia quindi non è determinata comesostengono gli stoici e gl’epicurei che niegano la provvedenza, quellifacendosi strascinare dal fato, questi abbandonandosi al caso», ma si sviluppatenendo conto della libera volontà degli uomini che, come dimostrano i ricorsi,possono anche farla regredire. Gl’uomini prima sentono il necessario; dipoibadano all'utile; appresso avvertiscono il comodo; più innanzi si dilettano nelpiacere; quindi si dissolvono nel lusso; e finalmente impazzano in istrapazzardi sostanze. A questa dissoluzione delle nazioni pone rimedio l'interventodella provvidenza che talora non può impedire la regressione nella barbarie, dacui si genererà un nuovo corso storico che ripercorrerà, a un livellosuperiore, poiché dell'epoca passata è rimasta una sia pur minima eredità, lastrada precedente. Paradossalmente la criticità del progresso storico appareproprio con l'età della ragione, quando cioè questa invece dovrebbe assicuraree mantenere l'ordine civile. Accade infatti che la tutela della provvidenza chesi è imposta agli uomini nei precedenti due stadi, ora invece deve ricercare ilconsenso della «ragione tutta spiegata che si sostituisce alla religione: Cosìordenando la provvedenza: che non avendosi appresso a fare più per sensi direligione (come si erano fatte innanzi) le azioni virtuose, facesse lafilosofia le virtù nella lor idea. La ragione infatti, pur con la filosofia,custode della legge ideale del vivere civile, con il suo libero giudizio, puòtuttavia incorrere nell'errore o nello scetticismo per cui si diedero glistolti dotti a calunniare la verità. La ragione non crea la verità,poiché non può fare a meno dal senso e dalla fantasia senza le quali appareastratta e vuota. Il fine della storia infatti non è affidato alla sola ragionema alla sintesi armonica di senso, fantasia e razionalità. La ragione poi èispirata dalla verità divina per cui la storia è sì opera dell'uomo, ma lamente umana da sola non basta poiché occorre la provvidenza che indichi laverità. La filosofia è succeduta alla religione ma non l'ha sostituita anziessa deve custodirla. Da tutto ciò che si è in quest'opera ragionato, è dafinalmente conchiudersi che questa Scienza porta indivisibilmente seco lostudio della pietà, e che, se non siesi pio, non si può daddovero esser saggio.Predicavano la ragione individuale, ed egli le opponeva la tradizione, la vocedel genere umano. Gl’uomini popolari, i progressisti di quel tempo, sono CAPUA,DORIA, e CALOPRESO, che stano con le idee nuove, con lo spirito del secolo. Luie un re-trivo, con tanto di coda, come si direbbe oggi. La coltura europea e lacoltura italiana s'incontravano per la prima volta, l'una maestra, l'altraancella. Resiste. Era vanità di pedante? Era fierezza di grande uomo? Resiste aCartesio, a Malebranche, a Pascal, i cui pensieri sono lumi sparsi, a Grozio, aPuffendorfio, a Locke, il cui saggio e la metafisica del senso. Resiste, ma listudia più che facessero i novatori. Resiste come chi sente la sua forza e nonsi lascia sopraffare. Accetta i problemi, combattea le soluzioni, e le cercaper le vie sue, co' suoi metodi e coi suoi studi. E la resistenza della colturaitaliana, che non si lascia assorbire, e stava chiusa nel suo passato, maresistenza del genio, che cercando nel passato trovava il mondo moderno. E ilre-trivo che guardando indietro e andando per la sua via, si trova da ultimo inprima fila, innanzi a tutti quelli che lo precedevano. Questa e la resistenza diV. E un moderno e si sente e si crede antico, e resistendo allo spirito nuovo,riceveva quello entro di sé. SANCTIS. Fintanto che e in vita la portata e laricezione critica del suo pensiero sono circoscritte quasi unicamente agl’ambientiintellettuali della propria città, trovando poi un ben più vasto seguito. Affermatasila fama del pensiero vichiano, esso e conteso dalle più disparate correntifilosofiche: dal pensiero cristiano -- nonostante l'iniziale rifiuto --, dagl’idealisti-- dai quali fu proclamato precursore dell'immanentismo hegeliano --, daipositivisti, e persino da diversi marxisti. V. è ben più di un semplicefilosofo tanto che in certi momenti della sua travagliatissima fama eapprezzato prevalentemente per la sua filosofia del diritto, così come in altrimomenti e celebrato precursore della sociologia, della psicologia dei popoli, ocome campione fra i maggiori della filosofia della storia, mentre venneignorata la sua pur genialissima metafisica, che è ad un tempo il puntod'arrivo e il presupposto logico di tutte le ricerche da lui condotte nei piùvari campi dell'operare umano. Il pensiero vichiano, le cui prime fontis'ispirano alla tradizione filosofica che permea l'ambiente partenopeo dellasua epoca, rappresenta un ponte. Nonostante V. non sia caratterizzatodall'audacia innovatrice illuminista, il suo pensiero raggiunse – come nota ABBAGNANO– alcuni risultati fondamentali che lo connettono a pieno titolo alla riforma.Tuttavia, non può tacersi il carattere conservatore della sua filosofiapolitico-religiosa, generato dal turbamento di chi, assistendo alla fine di unmondo famigliare, non sa scoprire i segni del sorgere di un nuovo. Ciò èdimostrato dalla giustapposizione del certo – ossia, il peso dell'autoritàdella tradizione -- al vero – ossia, lo sforzo innovatore della ragione -- cheè il segno di una ricerca di equilibrio estranea all’illuminismo. A taliconclusioni il pensiero vichiano e condotto dalla limitatezza della suagnoseologia e dalla polemica contro Cartesio, il quale professa, al contrario,l'eliminazione di ogni limite gnoseologico. Altri saggi: “VI OrazioniInaugurali”: “De nostri temporis studiorum ratione”: “Orazione Inaugurale”;“Proemium”; “Risposte al giornale dei letterati Prima risposta”; “Secondarisposta”; “Institutiones oratoriae”; “De universis Juris”; “De universis jurisuno principio et fine uno liber unus - include “De opera proloquium”; “Deconstantia jurisprudentis liber alter”; “ Notae in II libros, alterum De unouniversi juris principio et fine uno, alterum De constantia jurisprudentis”;“Scienza nuova prima”; “Vici vindiciae”; “Vita di V. scritta da se medesimo,(l'«Autobiografia» («Supplemento») Scienza nuova seconda, De mente heroica,Scienza nuova terza. Edizioni: Scritti storici, V., Scienza nuova, Scrittorid'Italia, Bari, Laterza, V., Scienza nuova seconda. 1, Scrittori d'Italia, Bari,Laterza, V., Scienza nuova seconda. Scrittori d'Italia, Bari, Laterza, V.,Opere a cura di Nicolini, Laterza, Bari, Orazioni inaugurali, De studiorumrationum, De antiquissima Italorum sapientia, Risposte al giornale deiletterati; Diritto universale, Scienza nuova; Scienza nuova, Autobiografia,Carteggio, Poesie varie; Scritti storici; Scritti vari e pagine disperse;Poesie, Institutiones oratoriae. V., Opere filosofiche a cura di Cristofolini,Firenze, Sansoni. V., Opere giuridiche a cura di Cristofolini, Firenze, Sansoni.V., Institutiones oratoriae, testo critico, versione e commento a cura diCrifò, Napoli, Istituto Suor Orsola Benincasa. Il pensiero vichiano rimasequasi del tutto ignorato dalla cultura europea con una diffusione limitatanell'Italia meridionale. Ancora in età romantica V. e poco conosciuto anche sefilosofi tedeschi come Herder, chiamato il V. tedesco, e Hegel presentano dellesomiglianze con la dottrina vichiana per quanto riguarda il ruolo della storianello sviluppo della filosofia. La filosofia di V. comincia ad essereconosciuta e apprezzata nel clima del romanticismo francese e italiano:Chateaubriand e Maistre ma, soprattuttoMichelet, “Principes de laphilosophie de l'histoire” (Parigi) diffonde il pensiero di V. di cui apprezzala concezione della storia come sintesi di umano e divino. Comte e Marxstimarono la filosofia della storia di V. Ma furono i filosofi italiani, come SERBATTI,e soprattutto GIOBERTI, che videro in lui un maestro.Tommaseo, V. e ilsuo secolo, rist. Torino mette in evidenza la grande affinità del pensierovichiano con quello di GIOBERTI. Carlo, “Istituzione Filosofica secondo iPrincìpj di V.” (Napoli, Cirillo). Nuove interpretazioni basate sul principiovichiano del verum ipsum factum considerano V. un anticipatore del positivismo.FERRARI, Il genio di V., rist. Carabba, CATTANEO, Sulla 'scienza nuova' di V.”(Milano); CANTONI, “V.” (Torino); Siciliani, “Sul rinnovamento della filosofiapositiva in Italia” (Civelli Firenze). Viene rivalutato il legame stringentefra il filosofo e l’illuminismo. Donati, “V., filosofo dell'Illuminismo” (Aracne).Una spinta decisiva all'apprezzamento e alla diffusione del pensiero vichianocome anticipatore di Kant e dell'idealismo, si ha in Italia a cominciare daglistudi di SPAVENTA e SANCTIS iniziatori di quella corrente dottrinaleinterpretativa che si ritrova soprattutto in CROCE e GENTILE, Studivichiani, Messina, rist. Sansoni Firenze che ne mette in luce le ascendenze neo-platonichee rinascimentali, rifiutandone nel contempo l'interpretazione positivista, einterpretandone il verum ipsum factum in senso idealistico. Una forzaturaquesta, secondo alcuni critici, ripresa da CROCE, “La filosofia di Vico”(Laterza, Bari) che ha soprattutto il merito di aver intuito in V. unadefinizione dell'arte come attività autonoma dello spirito e della visionestoricistica dello sviluppo dello spirito da cui CROCE elimina ogni riferimentoalla trascendenza della provvidenza vichiana. Un'accurata ricerca storicasu V. e operata dal crociano Nicolini, “V.” (Laterza, Bari); Nicolini, “Lareligiosità di V.” (Laterza, Bari); Nicolini, Commento storico alla seconda'Scienza Nuova (Roma); Nicolini, Saggi vichiani (Giannini, Napoli); Nicolini, V. nella vita domestica. La moglie, i figli,la casa” (Osanna Venosa). Contrari all'interpretazione immanentistica della provvidenzavichiana sono gli studi di autori cattolici che ne mettono invece in risalto latrascendenza: Chiocchietti, La filosofia di V., Vita e Pensiero, Milano,Amerio, Introduzione allo studio di V., SEI, Torino, Bellafiore, “La dottrinadella provvidenza in V., Milani, Bologna, A. Mano, “Lo storicismo di V.” (Napoli);Lanza, Saggi di poetica vichiana, Magenta, Varese, Il dibattito tra leinterpretazioni laiche e cattoliche su V. si è attenuato in periodi recentidove lo studio del pensiero vichiano si è dedicato a particolari aspetti dellasua dottrina: Fassò, I «quattro auttori» del V.. Saggio sulla genesidella Scienza nuova” (Milano, Giuffrè), non esistente. Fassò, Vico e Grozio,Napoli, Guida, Serra, Eredità e kenosi tematica della "confessio"cristiana negli scritti autobiografici di V., in Sapientia, sulla concezionedella storia ad opera della quale avviene la conciliazione tra immanenza etrascendenza del pensiero vichiano:Caponigri, Tempo e idea, Pàtron, Bologna, sulla estetica vichiana glistudi più notevoli sono quelli di Bianca, Il concetto di poesia in V., D'Anna, Messina, Prestipino, "La teoriadel mito e la modernità di Vico", Annali della facoltà di Palermo, sugl’aspettigiuridici e sociologici: Fabiani, La filosofia dell'immaginazione in V. eMalebranche, Firenze, Donati, Nuovistudi sulla filosofia civile (Firenze); Bellafiore, Il diritto naturale (Milano);Pasini, Diritto, società e stato in V., Jovene, Napoli, Giannantonio,"Oltre V. - L'identità del passato a Napoli e Milano (Carabba, Lanciano);Leone, [rec. al vol. di] Giannantonio, "Oltre V. - L'identità del passatoa Napoli e Milano” (Carabba. Lanciano, in Misure critiche, La Fenice, Salerno,e in "Forum Italicum", Wehle, Sulle vette di una ragione abissale: V.e l'epopea di una 'Scienza Nuova'. In: Battistini e Guaragnella, V. el'enciclopedia dei saperi. - Lecce: Pensa multimedia (Mneme). Croce, Lafilosofia di Vico, Bari, Laterza, Consiglia, Napoli, Editoria clandestina ecensura ecclesiastica a Napoli, in Rao, Editoria e cultura a Napoli, Napoli:Liguori, Adorno, Gregory, Verra, Storia della filosofia, Laterza, V., Lascienza nuova (a cura di Rossi), Biblioteca Universale Rizzoli, V., Ferrari, Lascienza nuova (a cura di Rossi), Tip. de' Classici Italiani, Cioffi ed altri, I filosofi e le idee,Mondadori, Armando, Sanna, Il Contributo italiano alla storia del Pensiero –Politica, Enciclopedia Italiana Treccani, Adorno, Gregory, Verra, Storia dellafilosofia (Laterza); Fassò, Storia della filosofia del diritto (Laterza); Abbagnano,Storia della filosofia (L'Espresso); V., La scienza nuova (Rizzoli); V.,Principj di scienza nuova, di V.: d'intorno alla comune natura delle nazioni,Amico,Nicolini, V. nella vita domestica. La moglie, i figli, lacasa, Osanna Venosa, V. Autobiografia, ed. Nicolini (Bompiani, Milano); V., Lascienza nuova (a cura di Rossi), Rizzoli, Grozio, Prolegomeni al diritto dellaguerra e della pace (a cura di Fassò), Morano, V., La scienza nuova (Rizzoli); Liccardo,Storia irriverente di eroi, santi e tiranni di Napoli.V. che si erarivolto inutilmente per sovvenzionare la stampa dell'opera prima al cardinaleOrsini, poi a Papa Clemente XII, e costretto a vendere un anello per farlapubblicare. V. scrisse in seguito che, in fondo, l'accaduto era stato un benepoiché lo aveva spinto a riscrivere l'opera in maniera più completa. Cfr.Fubini, V. Autobiografia (Torino Einaudi). La prima redazione dell'opera,andata perduta, ha il titolo di Scienza nuova in forma negative. L'Autobiografiae pubblicata postuma ampliata con una modificadi V..RIVISTA DI STUDI CROCIANI, a cura della Società napoletana distoria patria, La fondazione V. voluta da Marotta, presidente dell'IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici, con sede nella Chiesa di S. Biagio Maggiore,Napoli, si occupa della promozione del pensiero vichiano e della gestione dialcuni siti vichiani come il castello Vargas di Vatolla (Salerno) e la Chiesadi S. Gennaro all'Olmo in Napoli. V., Principi di una scienza nuova d'intornoalla comune natura delle nazioni, a cura di Ferrari, Società tipografica de'Classici italiani, Milano. Candela, L'unità e la religiosità del pensiero di V.,Serafico, Inesatto è altresì che V. terminasse di vivere a più di settantaseianni. Per contrario, manca ai vivi nella notte e a settantacinque anni e settemesi precisi, in La Letteratura italiana: Storia e testi, V., Ricciardi. Lastoria di V., su napolit oday. Secondo notizie di stampa diffuse resti dellasalma di V. sarebbero stati recuperati nei sotterranei della chiesa napoletana.(Vedi: Corriere del Giorno: Ritrovata la salma di V.? I ricercatori vanno cautiArchiviato in Internet Archive. La notizia è stata comunque commentata conprudenza dagl’esperti.La scienza nuova, Biblioteca Universale Rizzoli. Nicolini,V.: saggio biografico (Il Mulino), CROCE, Nuovi saggi. Per una silloge dipensieri di MALVEZZI, Politici e moralisti, ediz. CROCE-CARAMELLA, Bari,Laterza. V. nel perduto De equilibrio corporis animantis espone una concezionesecondo cui riponevo la natura delle cose nel moto per il quale, come sefossero sottoposte alla forza di un cuneo, tutte le cose vengono spinte versoil centro del loro stesso moto e, invece, sotto l'azione di una forzacontraria, vengono respinte verso l'esterno; e sostenni anche che tutte le cosevivono e muoiono in virtù di sistole e diastole. Secondo un'ipotesi di Croce eNicolini l'opera e stata concepita come appendice al “Liber Physicus” ed edonata in forma manoscritta al suo grande amico, Aulisio. La trattazione diquella teoria di ispirazione cartesiana e pre-socratica venne poi inserita piùampiamente nella Vita.Toma, Ecco l'origine delle scienze umane:aspetti retorici di una contesa intorno al De antiquissima italorum sapienti,Bollettino del CENTRO DI STUDI VICHIANI (Roma: Edizioni di storia eletteratura).Opere, Sansoni, Firenze -- è considerato da alcuniinterpreti della sua filosofia come il primo ‘costruttivista’. Infatti, V.sostiene che l'uomo può conoscere solo ciò che può costruire, aggiungendo poiche in effetti solo il divino conosce veramente il mondo, avendolo creato luistesso. Il mondo quindi è esperienza vissuta e al suo riguardo non vale per gl’uominialcuna pretesa di verità ontologica. Watzlawick, La realtà inventata (Milano,Feltrinelli)Per V. la filologia non è solo la scienza dellinguaggio ma anche storia, usi e costumi, e religioni dei popoli antichi.L'età degli dei nella quale gl’uomini gentili credettero vivere sotto divinigoverni, e ogni cosa esser loro comandata con gli auspici e gli oracoli, chesono le più vecchie cose della storia profana: l'età degli eroi, nella qualedappertutto essi regnarono in repubbliche aristocratiche, per una certa da essirifiutata differenza di superior natura a quella de’ lor plebei. Finalmente,l'età degl’uomini, nella quale tutti si riconobbero esser uguali in naturaumana, e perciò vi celebrarono prima le repubbliche popolari e finalmente lemonarchie, le quali entrambe sono forma di governi umane. V., Scienza Nuova,Idea dell'Opera. La RAGION DI STATO non è naturalmente conosciuta da ogni uomoma da pochi pratici di governo. Degnità. Sull'immaginazione nei primitivisecondo la filosofia vichiana si veda: Fabiani, La filosofia dell'immaginazionein V. e Malebranche, La rivendicazione dell'assoluta autonomia dell'arte edella poesia nei confronti delle altre attività spirituali e uno dei meriti cheCROCE riconosce al pensiero vichiano. V. critica tutt'insieme le tre dottrinedella poesia come esortatrice e mediatrice di verità intellettuali, come cosadi mero diletto, e come esercitazione ingegnosa di cui si possa senza far dannofare a meno. La poesia non è sapienza riposta, non presuppone logicaintellettuale, non contiene filosofemi. I filosofi che ritrovano queste cosenella poesia, ve le hanno introdotte essi stessi senza avvedersene. La poesianon è nata per capriccio, ma per necessità di natura. La poesia tanto poco èsuperflua ed eliminabile, che senza di essa non sorge il pensiero: è la primaoperazione della mente umana. CROCE, La filosofia di V. -- qual era quello deitempi d'Omero. V., Scienza Nuova, ConclusioneNel senso di pietas,sentimento religioso.V., La scienza nuova (Biblioteca UniversaleRizzoli). CROCE NICOLINI Storicismo Filosofia della storia Filologia. suTreccani – Enciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. EnciclopediaItaliana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. V., in Dizionario di storia,Istituto dell'Enciclopedia Italiana. V., su sapere, De Agostini. V., suEnciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Battistini, V., inDizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Bertland, La Scienza nuova su letteratura italiana Opere, su biblioteca italianaintegrali in più volumi dalla collana"Scrittori d'Italia" Laterza, Fabiani, La filosofiadell'immaginazione in V., su academia, Firenze, Pellegrino, 'La concezionedella storia di V., su centro studi LA RUNA it. CENTRO DI STUDI VICHIANI, suConsiglio nazionale delle ricerche. Fondazione V., su Fondazione gbvico PortaleVico, su giambattist avico. u treccani., in Il contributo italiano alla storiadel Pensiero, Filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, V.,Principj di una scienza nuova di Vico: d'intorno alla comune natura dellenazioni, Tip. di A. Parenti.Italian philosopher.Grice: “The Italians revere him so much that his emblem is on one of theirstamps!”“It would be as having Ryle on one of ours!”Vico: He is so beloved by the Italians “thatthey made a stamp of him.”Grice. cited by H. P. Grice, “Vico and the origin oflanguage.” Philosopher who founded modern philosophy of history, philosophy ofculture, and philosophy of mythology. He was born and lived all his life in ornear Naples, where he taught eloquence. The Inquisition was a force in Naplesthroughout Vico’s lifetime. A turning point in his career was his loss of theconcourse for a chair of civil law. Although a disappointment and an injustice,it enabled him to produce his major philosophical work. He was appointed royalhistoriographer by Charles of Bourbon. Vico’s major work is “La scienzanuova”completely revised in a second, definitive version. Hepublished three connected works on jurisprudence, under the title UniversalLaw; one contains a sketch of his conception of a “new science” of thehistorical life of nations. Vico’s principal works preceding this are On theStudy Methods of Our Time, comparing the ancients with the moderns regardinghuman education, and On the Most Ancient Wisdom of the Italians, attacking theCartesian conception of metaphysics. His Autobiography inaugurates theconception of modern intellectual autobiography. Basic to Vico’s philosophy ishis principle that “the true is the made” “verum ipsum factum”, that what istrue is convertible with what is made. This principle is central in hisconception of “science” scientia, scienza. A science is possible only for thosesubjects in which such a conversion is possible. There can be a science ofmathematics, since mathematical truths are such because we make them.Analogously, there can be a science of the civil world of the historical lifeof nations. Since we make the things of the civil world, it is possible for usto have a science of them. As the makers of our own world, like God as themaker who makes by knowing and knows by making, we can have knowledge percaussas through causes, from within. In the natural sciences we can have onlyconscientia a kind of “consciousness”, not scientia, because things in natureare not made by the knower. Vico’s “new science” is a science of the principleswhereby “men make history”; it is also a demonstration of “what providence haswrought in history.” All nations rise and fall in cycles within history corsi ericorsi in a pattern governed by providence. The world of nations or, in theAugustinian phrase Vico uses, “the great city of the human race,” exhibits apattern of three ages of “ideal eternal history” storia ideale eterna. Everynation passes through an age of gods when people think in terms of gods, an ageof heroes when all virtues and institutions are formed through thepersonalities of heroes, and an age of humans when all sense of the divine islost, life becomes luxurious and false, and thought becomes abstract andineffective; then the cycle must begin again. In the first two ages all lifeand thought are governed by the primordial power of “imagination” fantasia andthe world is ordered through the power of humans to form experience in terms of“imaginative universals” universali fantastici. These two ages are governed by“poetic wisdom” sapienza poetica. At the basis of Vico’s conception of history,society, and knowledge is a conception of mythical thought as the origin of thehuman world. Fantasia is the original power of the human mind through which thetrue and the made are converted to create the myths and gods that are at thebasis of any cycle of history. MICHELET was the primary supporter of V.’s ideas.He made them the basis of his own philosophy of history. COLERIDGE is theprincipal disseminator of V.’s views in England. Joyce uses the New Science asa substructure for Finnegans Wake, making plays on V.’s name, beginning withone in Latin in the first sentence: “by a commodius vicus of recirculation.” CROCErevives V.’s philosophical thought, wishing to conceive Vico astheHegel. V.’s ideas have been the subject of analysis by suchprominent philosophical thinkers as Horkheimer and Berlin, by anthropologistssuch a Leach, and by literary critics such as Wellek and Read. Refs.: S. N. Hampshire, “Vico,” in The New Yorker. Luigi Speranza,“Vico alla Villa Grice.” H. P.Grice, “Vico and language.”Danesi,Metaphor, and the Origin of Language. Serious scholars of Vico as well as glotto-geneticistswill find much of value in this excellent monograph. Vico Studies. Aprovocative, well-researched argument which might find re-application inphilosophy. Theological Book Review.DANESIreturns to Vico to create a persuasive, original account of the evolution anddevelopment of the Italian language, one of the deep mysteries of Italians. V.’sreconstruction of the origin of language is described and evaluated in light ofGrice’s philosophical conversational pragmatics. Keywords: Vico e la filosofia romana, Vico, VARRONE,storia della linguistica, storia della rhetorica, glotto-genesi, laricostruzione di V., The New Science Basic Notions. Language and theImagination: V.’s Glottogenetic Scenario; V.’s Approach; Reconstructing thePrimal Scene; After the Primal Scence; the dawn of communication: iconicita e mimesi,hypotheses The Nature of Iconicity. Imagery, Iconicita e gesto. IconicRepresentation. Osmosis Hypothesis Ontogenesis From Percept al concetto. TheMetaphoricity Metaphor metafora; Metaphor and Concept-Formation Mentation,Narrativity, e mito; the socio-biological-Computationist Viewpoint:A VichianCritique; The Vichian Scenario Revisited; Revisting the Genetic Perspective; computationism. Giovanni Battista Vico. Giambattista Vico. Keywords: Vico. Refs.:Luigi Speranza, “Vico e Grice,” Villa Grice, for H. P. Grice’s Play-Group, TheSwimming-Pool Library, Villa Speranza.

Grice e Vieri: la ragioneconversazionale della filiale fiorentina dell’accademia -- filosofia italiana –Luigi Speranza (Firenze) Essential Italianphilosopher. Filosofo italiano. Di famiglia nobile. Insegna a Pisa. Dell’ACCADEMIA,molto attivo. E contestato dai colleghi per il suo vagheggiare un nuovo circolodei filosofi dell’Accademia, improntato su PICO. Suo principale avversario e BORRI.Saggi:“Liber in quo a calumniis detractorum PHILOSOPHIA defenditur et eiuspraestantia demonstrator” (Roma). Grice:“The term ‘accademia’ is mostly misused, as in The British Accademy – strictly,it is Hekademos, and so, anything connected with Plato, as in V.’s case! But V.is what I call a co-philosopher. Without BORRI, or PICO, no V. – and his essayon his ‘demonstration’ of the excellence of philosophy against her detractorsis hardly a best-seller!” Crusca. LEZZIO n e DIM. FRANCESCO DE'VIERI FIORENTINO, dettoil Verino SecondoPer recitarla netf ^4 ce ademi a Fiorentina, nel Confo! afedi M. FederigoStxoYz} l'anno 1580.DOVE SI RAGIONADELLE IDEE, EtDelle Bellezze. Dedicdtdall' illu fri (? ty Eccellenti^,signor Conte V L1 sS E Bcntitiogli . INFIORENZA, Appretto GiorgioMarcfcottt 1 58 1. Conlicenzi di* ì»*trÌ4ri .ALL'ILLVSTRISSIMO, ET ECCELLENTISS. Signore,llSì?. [onte OLISSEHmmglì Mto Sig.oJJeruandifìmo L desiderio mioera in quellaitate con leg-gere di nuouo all'Ac-cademia di Firenze fatisfare in qualchepar- te a molti& molti obIighi,cheio ten- go conil Magnifico &prudentifTimo Signor Confblo ,& con illetteratifli- mo, &graziofiflìmo fuo fratelloM. Giouambatilfca Strozzi; & inoltre ilmio difeorfo erada querti,& damol ti altricosì intendenti , comegentili {piriti approuato ,& giudicato degnodi cflere vdito& Ietto dagrandi, & daA 2 no-nobili , mandarlo inluce Cotto ilpre- giato nome diV.Ecc.Ill. la quale(per quello , chemi ha riferitoM.Aleffan- dro Catani ,huomo così amatoredel vero, comeeccellenti^, nell'arte dellaMedicina) non menoè fèmpre difpo-ila a difendere^fauorire le lettere,&le virtù, &i loro profeflbri ,che ella fifia nata nobiIe,Sccon nobiliffime per- fbnedi nuouocongiunta, quello dicoera tutto ildifideno mio Uluftrifs.&c Eccellentifs. mioSignore : mal'infer- miti mia, &alcuni negozi] digrandif lima importanza,m'hanno in guifaimpedito , che non(blamente io nonho potuta leggerequella mia Lezzio-ne,ma ne purenuederla,&ripulirla,&nondimeno io nonpoffo, ne debbomancare di tetitiarem qualche modoa eentiliffimi Strozzi,& alli altrigen- cihfii'mi fpintij&quella mia fatica di*fiderà fiderà laprotezzione di V.Ecc.III.ElIa dunquel'accetti con pronto ,&c grato animo,come io prontamente,& con ardentifsimodifìderio gnene offero,e raccomando,& comeio fpero, cKeel- la fia perfare . Le baciole mani , &cle difidero daDio non menoogni felice contento ,che io midifideri , che ellatenga memoria dime, & dichiunque rama,&: lanuerifce delli amatoridelle virtù, &cdelle lettere, fènzale quali ilmondo altro non{àrebbe,che vn foitifsimo bofco ditenebre per Tignoranza,& vnafèlua (pauenteuole,&c brut- ta ,mercè di vnainfinita di vizij ,che ci ritrouerrebbero . Dt V*e.I.&* molto Mag, &gentile Senatore afFezzionatifsimo Francefcode V ieri dettiil ferino Secondo% 1]V qualparte del del,in qualided Lral e f empio , ondenatura tot Quel bel Infoleggiadra : inch'ella ^rolfe Afoffrarquaggiù , quantola sùpotea ?Qual Ninfa infonti , mfelue maiqual Dee chiomed'oro fi finojc Laura fctolfe :Quand'^n cor tantein lurtuteaccolfe f Benchélafomma e dimia morte rea? Per diurnabellezza m damomira f chigli occhi dicosieigiamai non ~>tde.Come foauemente ellagligira, iVon sacome ^morfana, crcome ancide ;chi non sacome dolce ellafiltra 0 Morni dolce farla, e dolceride* LE ZZIO NE DIM. FRANCESCO DE'VIERI» detto ilVerino Secondo: Vottefi ragiona delleIdee , & delle'Bellezza . IL PROEMIÒ.É quefto honorato luogo,nel qua le lònoftati per tanti& tanti anniinfiniti [piriti gentili ,& vi hannoMagnifico Sig.Confolo,& nobili^fimi Accademici, &Vditori, con iloro leggiadriflìmi dilcorficon no minorecontentezza, che coniftu- pore trattenuti. Se queftoluogo di coè ordinato primadalla feliciflì- mamemoria del prudentiflìmo, &magnanimo Gran Ducail G.D.Cofimo de'Medici , & poimantenuto dal Se-rcniflìmo G.D. Francefcoluo figliuolo aquefto fine lòiamente,che molti conla diligenza deldire bene,& coor- namento di parolediuenghino ottimi ambafeiadori , &gentilifiìmi poeti, avtilita, grandezza, &diletto di que-fìi ftati &di loro S. A. comealcuni fi penfano; al Filolo-go dunque, il qualepiù della veritàdelle cole fpecolabi-li , &deli'az7Ìonihumanetien conto, che delgraziolo ragionamento, nonapparterrà falire inquefto fteflb luo-go : ma fibene à quelli,iquali fanno profeflìonedi Ora- tori ,& di Poeti .Se più oltrel'Accademia fia ancorainftituitai fine chein quefta linguafi eiprima daogni perfona letterataogni maniera diconcetto^ onde figioui A 4à 8 Lezzione aquelli, i qualinon hanno potutocon altra linguaintcB dere £liarnhzijdegli Oratori, &de Poeti, &gli alti cocerti Filolòfici . quelliIoli deono quil'altre de letterari ,& de Filoiolantijiquali da ognialtro penfiero hf.nol'ani mo libero,&nonio,prudemiflìir:i,&giudiziofìrTimi Ac cademiciSe Vditori , ilquale negli ftudijdi Ariitotele, &di Platone iònotutto occupato àpublica vtilità &nel la curaditanta mia famiglia,ricercandoli alla fpècola-zione delle cole, & aldire acconciamente ozio,& tran- quillità d'animo, contutto ciò io fon tantoobliato al MagnificoSig. Confolo , &à M. Giouambatiitaiuo fra-tello, che io nonho potuto mancaredi non nlaliredopo molti &molti anni inquello cosi degnoluogo per fatis-fare per quantoio potrò aloro Signorie, & avoi altri no-rbili:ìimi,&gentikiliiru Accademici,& Vditori>& percheio non pollopiacerai con lagrazia del direper non nefa re ioproiezione, ne conla fufHzienza delladottrina per lemolte Se molteoccupa/ ioni, &perturbazioni, ho pen-iamo di compiacerui conla nobiltà, & grandezzadel log- getto,del quale ioragionerò,che tiranno l'Ideedelle co le,che (I contengononella mente diDio, & legrazie, & lebellezze di M.Laura : onde infìeme s'haràpiù prò fonda, & piùchiara intelligenza diquel dottiiìirno ,& gra- 2 iofilfimo Sonetto delnoiiro M .Francefco Petrarca, ilcui principio e queito. inqualparte del Cielo, inqual idea 0JEra l'esempio ,onde natura tolfe0, Quel belyifo leggiadro :in cWella x>lfe3J MoFtrar quaggiù ,quanto lifiùpotea tPreconi Magnanimo Sig.Cordolo , & voinobili/Timi Accademici &Vditori , che videgnate predarmi grataydienza più perchecosi conuiene alladignità del ioggetto,cheènobilifiìmo,&:alloiplendoredell animo volito,che è digradire le colealte & diuine,che per alcunamia iurfizienza didottrina, & cheper alcuna miagrazia di parole Pi» DelVerino. 9 Perprecedere con piùfacilità, & con piùordinc,io «Huiderò tuttoquello mio ragionamentoin tre parti;nel la nrimadelle quali fidisputerà , &determinerà delle Idee, poichéin quello Sonettoil Poeta cene occafio- nemeilafeconda per lamedefima ragione decorreròdel le bellerzedi M. Laura; quanto perofa all'intelligenza di quello Sonetto; nella terza& vltima (urline che tut-to quello, che dame fi faràdetto delle Idee,&deila bel- lezza diqueib donna ficonofea elfere, nonfolo di pare-re de' più granFilolòfi, quali fonoflati Platone ,& Ari- stotile :ma ancora dieiYo M.Francefco Petrarcaadel qua levoi fiate cotantoftudiofi, & ilquale cotanto vie grato quantoei merita peril ilio graziofiiìimopoema di eifereletto & vdito) 10 efporròalcune parole deltcfìo,& mo-flrerrò l'arti^ io,che quefto Poetatienein ragionare deH'Ic[ee,& dellabellezza della (uàdonna, & muouerò,& feiorrò alcunedubita'/ ioni . col faucredunque di co-lui; il quale èla vera iàpicn:?a,& laprima verità daròho- ra maiprincipio à quantoio ho propoflodi dire .Intorno al primopunto deiridee,toccheròbre* «ementctre capi, ilprimo farà loefporre con efempiquello, che fi unifichinoqtieiìe voci Idee,efempi, fpezie, &vnmerfali , che precedonola moltitudine departico- lari . ilfiondo le danno l'Idee, ònò; poiché Arifloti-le in tantiluoghi cerca dileuarle via ,& Platone lecon- cerìe quafi inogni libro dellelue opere, &queito noiiro Poeca.lMtimo capo faràdi quante &quali cole firitro- uinoi'jdee: daquali tre puntifarà facil colaraccorrc quelle ch'ellefi Mano. Quantoal ^r imo la cognizioned'vna cofa inquanto ella Terneper immagine efarne vn'altra, òà giudicare è ben tarta;&ad intenderla àpunto, fi domandaelèmpio & modello& Idea,come quelritratto, che ha nellamen- te vn'irtcfice d'vnoartihzioio, e mirabilepalagio glifer neà Hrne cosibene vno, &molti & molti: & àgiudica- re i hUXiic iòno contutte le regoledell' arte fabbricatiò nò, ioLezzione nò , &quanto e' vifi accollino :quefti medcfimi efèmplin quanto e1rapprefentono le forme,che danno loeffcre fpeziale alfoggetto,nel quale lefi riceuono, comele for menella materia fenfibile& corporale fichiamano fpe* zie& forme .quefti fteiTì modelli ,& quefte fteffenoti* zie dellecolè in quatole Tono vniuerfàlidi più cofepar ticolari,& dinature vniuerfàli, che ne particolarifi ritro nano,& fono comecagioni di quefteprecedédole di precedenza di natura,comedell'eterne fecondo iFilofofi, ò ancoradi tempo , comedelle cofe temporali ,& nuoue» anzil'Idee , &di precedenza dinatura , & ditempo fon primadi qua! fivoglia creatura, attefoche quelle fonsé- piterne,& ciòche è fuoridella diuina effenzadi buono èflato creato dinuouo quado cominciòiltempo,& in queila maniera lefi domadono daGreci vniuerfàli innanzia molti particolari ,come il modellonell'animo dello Scultored' vna ftatua, adefempio del qualritratto molte &molte fimiglianti ftatuefi poflbn fare .E ben vero,cheil modello delh artefici, òvero Idea , &quello , che daPlatone,& da Ariftotilefi concede inDio, & invn certo modoancora nel Cielo,fono tra lorodifferenti; perche l'Ideadello artefice èprima prela dallecofe ben fatteda altri, comeancoraridea,& l'immagine, cheriluce nello specchio, mercè dellacofa , che gliedauanti . ma l'ldea>che è inDio & nelCiclo precede allecofe,& è caulàdel le cofe,ched fanno: dipoil'ldea,che è nelloarteficemon è fempiternanon durando femprel'artefice , mafi bene quella ,che é inDio & nelCielo foftanze incorrottibili éceterne . finalmente l'Idea,ò notizia ,che ha l'artefice«Iella cofa ha due modid'eflère,vno vniuerfale nell'ime!letto poffibile , &l'altro particolare nelfènfo di dentro: il Pittoreefempigrazia ha nell'intelletto l'Ideain vni- uerlàledi donna graziofiflima , &nella fantafia diriele- tta , diLaura , ò diqualche altra limile: il Filofofonatu- rale ha qucftoconcetto dell'Intorno nell'intelletto ,che fa animaleragioneuole & mortalequanto al corpo,& lo infoDel Verino. mInferiori potenze, &immortale quanto altamente,© ve- ro ragione, & nelfenfo di dentro, quando epjiapplica quefto concettoà Socrate,ò aPlatone , ò àqualcun'uitro particolare : come caua da Ariftotilenel terzo dell'anima , & nelprincipio del primolibro dell'aite deldimo- ftrare. fecondo l'ordinedi natura lenotme vniueriàli precedonole particolarità fecondol'ordine dei noftroimparare fi fonoritrouate l'arti, Sele fcicn7C dallacogni- zione de' particolaridi qui peruenendoalla cognizione vniuerfale: come c'infegnail Filolòfo nelprimo libro dellaMetafifica, ò vero può dire,chei concetti vniuer-Tali precedono iparticolari in chiimpara l'artì,& lefeien re daaltri, che di elfeè perito,& f ciéziato:& poi gliefpe rimenta nellecofe particolari , lequali formano diloro fteife ne'(enfi i particolariconcetti : Marifpcrto àgli in-uentori dell'arti , &delle feienze ,prima nafeono icon* certi particolarine' fenfi , chegli apprendono dallecole come particolari ,poi fene fannogli vniuerfali peropera dell'intelletto agente,i quali rapprefentanole nature vniuerlali, che ne*particolari fono nafeofte.Ma ritornando allaterza differenza, cheètra l'Idee,che lono inDio, & quelle,che fono nell'animodelli artefici , &de* Filofofi, &delli feienziati :quelle hanno inDio vn mododi effe- re,chenon è nevniuerfale ne (ingoiare,come in noi, nonvniuerfale,perche con lanotizia vniuerlale dellecolè ftà l'ignoranzade' particolari . puòefempigrazia {tare ch'iofappia vniuerlàlmente, cheognuno degli huominiè atto aridere, & infierirenon fappia diquelli, che fonolonta- ni come inFrancia, ò inIlpagna , ò alPerù , òaltroue fonoatti à ridere,perche io nonso fonohuomininon gli hauendomai veduti , nevditi , come benedice ancora Ariftotilenel primo capodell'arte del moftrare;ma in Dionon é lecitoporre ignoranza , òimperfezzio- tie alcuna,non vi fonoancora i concettiparticolari : per-che quefti fono delIònio , che evirtù materiale , &cor- ruttibile , &egli è immateriale& eterno jcome confck fon*1 2 LE ZZ 1 ON E fono1 nolln Theologi ,& come fidi morirà dalFilofofo nell'ottauo de"principi) . reità dunquecheridec,& con certidelle colè (lanain Dio invn terzo modopiù perret to,& tanto eccellente,che in noi,chedall'intelletto no- terò nonfi può comprendere, ne convoce alcuna efpli-care ad altri: noi potcffimointendere come Dioin- tenda le cole,l'intelletto noftro farebbedi tanta perfez-ione di quanta èl'intelletto di Dio,come beniflìmo dif il granComentatore Auerroe nellelue difputazioni controad Algazcle :(blamente fi puòdare ad intendereofciramente con alcuniefempi , vno dequali è queilojfeil fuoco ,che è caldofecondo i Filolorìnaturali in ottogradi i\ intenderle ,intenderebbe inficine clfere parti- cipatofecondo tutti quelliotto gradi dachi fecondo vngrado folojcomc l'acquatiepida, da chifecondo due gradi,& cosi decorrendo: Cosi Diointendendo fé, intendeancora che la(ùa natura èpartecipata da tuttele creatu- re^ più& meno, comeconfeflbno le coleftelfe, & Ari-stotile nel prime delCielo al 1. 1 00.&Dante Aldighieri nelprincipio del primocanto del Paradifocosi dicédo La gloriadi colu'h chetutto mttoue, Ver l\nit*erfo penetra& njhlende itIn >na partepiù, armeno altrove.Et quefto è Tefempiodel gran ComentatoreAuerroe. Tn'altro efempioe de' Greci .quelli volendo farcicom» prendere , comeDio , ilquale e vna natura intellettualeindiuifibile intenda infiemele cofe fimilmenteindiuifi- bili,come lòngli Angioli, Sile diuilìbili &corporali, co- me fono1 corpi celeih, & tuttel'altre di quaggiù, fuori chel'huomo > Secflò huomo ancorache delfvna, &del- l'altra natura participa,per vn mei/.oiòio, che e' laileifo natura luaimpartitale , ci dannolo elèni piodel punto dimezzo del cerchio,il quale èvaio & indiuifibile,& da efio denuano infinitelinee, & infinitipunti , che letermi- nano . Sequello punto òvero centro fulfcvna natura in*tcUcuuaie,& fi ia:eiideiTe,mtcadereubc fimUmentele ef terDel Verino. 15fer caufà ditutte le lince,che da elioderiuano,& de punti che leterminano : cosiDio a guifadi quello puntoin- tendendo fc ftefio,donde deriuano tuttele creature cosìdiuifibili come indiuifibili,& noiiteflì, che participiamo della condizione& di quefre& di quelle,tuttele inten- de &conolce , &cosi noi fteiTì; è benvero, che ilpunto è conla quantità, &hi fito, maDio è foftanza& lepara- todal (ito &da luogo,(e benee per tuttocome fino apiù eccellenti Filoiòh"confeflono come primavnità , dondeè nata ognimoltitudine, & queftofi caua daPlatone nel Par.come prima forma,vltimo fine ,& primo principioprodumuo del tutto, etutto quello ancoraccnfefta il medefimo Fiìofofo, partenel Timeo ,& parte nellelue let- cere,&A riftotelc ancora nelprimo del Cielo,nell'otta- 110 de'principij,S: nel 1 2della Metafifìca jancora Dio èper tutto comeottimo dell'Vnii.erfo , il qualeregge & gouernacol marauielioio ordine, che egliha di tuttele cole dentrodi .Et qui èdaauuertire,che le beneDio fi aììbmigliaal punto delcirculo , dondederiuano tutte lecreature vgualmenre &immediatamente: non perotutte lono divguaie bontà, & perfettione dotate, maquali più &quali meno neparticipano , affineche fra lo- rofufle cosi marauiglioloordine, che faallo ctfere,& al- labellezza dell' Vniuer(o,& iteftimonianza dellaDiui-na Sapienza, l'vfiziodella quale èdare ordine, &mifura a tuttele cole , &ferue per ilcala ad alzarecon la cogni-zione il noftro intellettodi grado ingrado fino aquelli, il qualee l'alta cagionprima, & cosi col'amore . dal qualamore , ne furge innoi ogni attopiufto & rettoconcor- rendoci però laDiuina grazia infiemecon la fedecon la Speranza& con lacarità, & con l'altrevirtù, & doni: cosi ancoranon efiendo tutte lecreature vgualmente buone,non fono ancoracon vguaie amorein vn certomodo a- mate,& dico invn certo modo: perche quantoallo atto dell'amare. cosi comeDio èin£nito,così coinfinito amo» retutte l'ama: maquato a beniche vuole &che àeia- fami 14Lezzione fcuna nongià ; maà qual più, & aqual meno òmen de- gni :fecondo che lecóuiene loro,& parlandodegli huo- minigiufti,& che faluano,qucfti nell'altra vitatutti fa- ranno felici& beati inDio, tra gliAngioli , & infempi- terno , ma non convgtial mifura intenderanno , &gode- ranno la DiuinaVerità, & Bontà, maquegli più ,che più diqua haranno offeruatoifuoi fanti comandamenticon fauore dellagrazia & queglimeno,che meno,come fico uiene allaDiuina giuftitia, &quefte fono queimolti luo ghiò> molte manfìoni ,che fono nellacafa del celcftepa- 3re,come dirleil vero Maeftrodella verità ChriftoGie- «ù infìemeDio & huomo, & quelloci lignificò PauloApoftolo quando eidiflc , che ficome le ftellein cielo fondifferenti di chiarezza,& di fplendore,cosi faranno igiufti in cielo .Più oltre ancoraè da fàpere,chetutte le creaturequa- tto furon prodotteper creatione diniente , furonfatte da Diofolo , & immediate: ma poiquelle di quaggiùfi conferuano perfuccefTione di nuouiparticolari, concor- rendoci ancora icieli,& le cagionidi quaggiù, perchela D.Bontà,come hafarte partecipi lecreature del bene,& dello edere,così ha volfuto,che ancora ellehabbmo vir- tù didare lo eflere,&qualche perfezzione adaltri , per- che cifeopriffe il fuoamore & ifuoi tanti benefizij,6^fuf fimotanto più tenutidi amarlo, &di riuerirlo fòpraogni altra poteftà: potrebbe Dioegli folo produrreogni di dellecreature , & conlèruarle fpezie lènzal'aiuto delle caulefeconde , comeci le creò ; maper le cagionidette non volle:ne per queftoalcuna mutazione ònouitàfìpone in Dio:perche egli lecreò quando abeterno ei propofèdi crearle,c cosiauuerrebbe fè'necreafle di nuouo,& come accadedell'anime humane. Platonc,&Ari- stotile pongano lacreazione deH'Vniueriò , maab eter- no, comeSimplicio & SanTommafò attribuirono loro;& come èforza di direvolendo parlare conformead al- luce loroautorità, come altroucio ho dimoftro.ilterz» Del Verino^19 & vltìmoefempio è de*Latini, i qualihano voluto efporci l'vnità dell'Idea, & lafomma Tua eccellenzainficme, & illoro efempio èd'vno feudo d'oro, & divna gioia digrà valutarquefto fcudo,poniamoper cafò, valecèto era zie, & la^ioia vn milionedi feudi, quefto feudo s'in-tenderle intenderebbeinfìeme valerecento crazic :& così leintenderebbe per mezzodella fua natura ,& non perconcetti di argento, & dicrazie: così la gioia co- nofcefle,conof cerebbequel milione difeudi: ma nonper la naturadell'oro,ò dell'argéto,ne per la figuradelli leu* di,òdelle crazie,ò d'altramoneta . Iddioè vno feudoò vna gioia*che racchiude in lo eflere,&la perfezzione ditutte le creature, & piùin infinito ,ma fotto naturadi Deità, &così le intende, & cosiin vn modoquanto allo efferedi infinità , quantoallo intelletto creatoè incom- prenfibile, & quantoal fignificarlo adaltri è ineffabile:perche come fipuò dare adintédere ad altriquello , cheper noi nonpolliamo capire, &quello, che èinfinito co- me infinitoè incomprenfibile dall'intelletto creato, &fi- nito,& Diopoiché produce ognicofa di niente( cosi come infinita èla proporzione trail niente, &quello , ch«è attualmente )cosi è d'infinitapoteftà , non foloquanto al durarfempre : maancora in vigore. Sino aqui penfcrò ,che da voigentiliflìmi (piriti fifia intelo benifs. quello, chefignifìchino qfte vociIdea, vni- ucrfaleinnanzi a moltiparticolari, & eséplari,fegue horache io viproui breuemente, chel'Idee, & efemplaridel le cofefiano nella mentedi Dio; laqual verità nonio- lamente èconfefTata da noftriTheologi,che non poflbnoerrare cauandola dallediurne fcritture, douefi dice, cheDio è {àpientiiTimo,ottimo,omnipotentiffimo, &che in- tende finoi lègreti delcuore : maancora fi concededa Platone, &da Ariftotile Principidellhumana fapienza* Platonenel Parmenide ponenell'vno,& nel primoente l'Idee, lequali participate &imitate, fono cagionidello cflerc y& delia moltitudinedelle cole :nel Timeo pon*due. Lezzi"one due mondi ,il mondo efèmplare ,che iòlo conla mente ficomprende da noi: & poiil ienfibile, chefi conofee ancora col fenfò.NelConuito due Venerevna intellettua- le,cheé ?ordine,& lagrazia,che refulta dallamoltitudi- ne delle Idee , l'altracelefte , che confittenell'ordine di tuttele creature delCielo , &deirVniuerìo . CosiAri- ftotile nelprimo della Metafificadice , chela fapienzaé vnacognizione di tuttele cofe perle prime cagioni ,la quale principalmente è in Dio, & diDio : adunquelè- condo ilmaeftro ancora dicoloro,chc fanno, & chelòno dotti nellhumanaFilofòfia le Idee ,ò notizie cjitutte le cofefono in efioDio Principe deirVniuerib; nel deci-mo delfEthica dimoftra comeà Dio ciaflò migliamo propriamente nell'attodell'intendere le colediuine , & ipecolabiliicome ancora queftomedefimo ci prouaAlef fandro Tuoeipofitore nel proemioJbpra il primolibro della Priora,òvero de Sillogi(mi ; &nel duodecimo dellaMetafifica ci infognanoAriftotile,&AleiTandro,cheil bene defl'vniuerioè di duemaniere , comeancora il be- nedell'elercito de' foldati , l'vnoe elio Capitanodegli eferciti, nelquale ftà principalmente ilfine, che èla vit- toria, l'altro èl'ordine fenfibile dellefile de' foldati,che pende dall'ordine, che quelGenerale hi nell'animo:co- ki Dio èbene dell'Vniuerfo inquato è quelente, & quelbene, che èamato & desiderato(òpra ogni coià,&di più l'ordineintelligibile,che è nellamente di Diodi tutte le creamie,dal quale pendel'ordine ienfibile dielle : Eccoche fecondo Ariftotiieancora fa dibiiògno concedere l'Idee:come ancora conragione fi puòdimoflrarc,e pri- ma féa Dio finiega l'atto dell'intendere attonobilifli- mo, cheoperazione più nobilele gli puòattribuire? cer- to ninna& così fariin tutto oziolo: come beneargo- mentò quello granFiloiòfo nel decimolibro dell'Etni- ca^ verode' coltami , & egli nonintende tutte leco- dina folo leilcifojò le piùnobili,adunque egli làpràme di noi, chese incendiamo dimolte & moke ,come ar^o- DelVerino. 17 argomentaAriitotile contro adEmpedocle , chevoleua che Dionon intendere ladifcordia, & lecole diicordan ti: ma folol'amicizia, & lecolè concordi , oltreche le ficoncede , che Diointenda fc ftcflb,fa di bilògnoancora che egliintenda ih eflèrecaufa dogri altracola da elfocaufata,& dipendente, &la curia, &cioche pende da eim fa ,è oppofto perrelazione ; inguila che chi ne intendevno, intende ancora l'altro .Adunque Dio intendendole fteflò (come confeflbno Annotile,& il fuogran Ce- mentatore Auerroe nelduodecimo della iuaMetafificaaltefto ?i )s'intende come caufavniuerlàle di tuttele, cofe,che daeflò procedono :& cosi intendeancor quel- le, &quefte notizieibno l'iftefle Idee ,& ritratti dellecofe . Finalmente le cofe delTvniuerfoIòn ben goucr-nate , &per i debitimezzi al lorodebito fine condotte, come fivede , & lanatura non intende; adunque eretta eia chile intédc,& quelliò è Dio,òcolà fuperiore à Dio, ilche non fipuò pure conl'animo fingere, &penfàrc. La D.M. dunque intendendole cofe,& ilbene di ciafeuna,& d quelloindinzzandolc,come il làettatorela làetta alberzaglionon conofeiuto dalei, le intende ancora ,& le conofeebenifiimo; di quiportiamo intendere,comc (b no moltopiù arroganti queiFilolòfi ; iquali con le loro fofiflicheargomentazioni , & perchee' non iànnorilòl- uere alcuneobiezioni,ardifcanodidire,cheDio non in-tende (è non ltefib, & cheei regge, &gouerna tutte lealtre colè comela natura lènzaintenderle : diqui dico polliamoconofeere , che queftitali fono moltopiù arro- gacene nonfurono quelli huominicosì grandi &di cor & d'animo, cheardirono mettendo monte(opra mon tedi prendere ilCielo: però chequefti così facendofi penfàuano arriuareà celefti corpi: ma quellipiù su pen-landò di peruenirefino à Dio,lo priuono dell'intelligen ladelle colè . Chi dunquebene & fottilmcnteconfide- rà le autorità,& leragioni non folodi Platone, maanco- ra quclle,che ficauano da AriAoulc,èforzato di confcf-B fare, u 8 Ln z zi * on e Tare,che le Idee& notizie dellecofe fiano veramentein Dio :& ie benecucilo filofofo intanti & tantiluoghi, Se dellaLogica, &dell'Ethica,& della Filoibfianaturale, & dellaMetafifica s'ingegna dileuarle via , inoltrandoche le nonfanno ne allaproduzione delle colein alcun ge-nere di caule,ne allacognizione, & nel duodecimodella Metafifica fidice , che Dionon intende non le itefTò: perche laliia faenza farebbevile , (eancora fi cftendeifeall'altre cole, lequali rilpetto alui fon moltovili, & im-perfette : oltre che tante ,& tante notiziefollerò nel iliointelletto, come lefono nel noftro,enon farebbe firnpliciffuno atto nepura foftanza, mavn comporto d'intel-letto, & di formeintelligibili, & cosinon farebbe vgual-mente perfettiflìmo ,perche la naturaintellettuale in luiharebbe ragione-di potenza,& le formedi atti,& perfez.7Ìoni : acciochenon legnino cotahincouenienti per nondire impietà, & àfine parliconforme ad Ariliotele,chc -vuole 3che in Diofia laiapienza , &feienza del tutto,fi dee dire,chcquando egli niegal'Idee, le meganel fen Cocattino & fallo: nel qualel'erano intelc damolti : co- mebene diciò ciauuertilcono iGreci efpofitori :ma quelli dunquei quali penlano, che l'Ideefiano agenti immediatiurincipali,& fuori delFeifenzadiuina,s'ingan nono noneifendo congiunte conmateria , nella quale fondano lequalità fenfibili , con le qualigli agenti natu-rali alterano 1 pazienti:ma bene l'Ideein Dio fonoagen ti , cheindirizzono le cagioninaturali al bene-,& retta- mente adoperare; cosichi penfa , chel'Idee eiìendo for-me ieparate fiano Felfenzaformale intrinseca dellecolè> che fonofuori di Dioprende grande errore: ma nongià quelli , ilquale crede , che quelleforme, che hannovno efiere formalediftinto, & multiplice,dipenda da quelle,che hanno l'eHercvnito nella diuinaEifenza, & chefia- no multiplicate folovirtualmente , comedi fopra dame fi è efpoito. E' ancora falfoil penfare , chel'Idee fiano cagionifinali , che termininole generazioni dellecolè : attefoDel Verino. 1,9attefò che cotalifini s'acquiftono dinuouo, & noprece- dono la generazione, ma fonfini per cóformitàin quan- to ifini , à qualiterminano le generazionifi confermano conquelli del mondoideale , &intelligibile . invltimo quando fidiccua,che Videe nonferuono a conolcerc ,& intendere lecofe, perche noile intendiamo,apprenden- dole fimilitudini daeffe per viade'ièntimcnti , & dellointelletto . fidee dire , chequefto argomento folocon- chiude/che nel noftrointelletto porTibile fiano le no-tizie delle cole , maniera ,che il noftrofàpere fia vnricordarfi come penfauanoi Platonici , perciochel'ani- me noftre fonocome tauole noniicritte, & librino ilcrit ti,doue'iipuò fcriuere ognicognizione , perche fiamonello flato douefi va dallaimperfezzione alla perfez-zione , come dalnon potere generareal potere, dalnon làpere alfapere : mail primo huomoAdamo cosi come ei fucreato perfetto quantoal corpo ,che poteua lubitogenerare delh altri,così fu creatoperfetto quanto all'anima, & glifurono infufe daDio le notizie ,& le fpetiedi tutte lecolè quanto baftaua ,acciò potetfe ammaestraregli altri,& perciòpotette porre ilnome conueniente an-cora à tutte , comefi dice daMosé nel Genefi, & tuttoquefto conlèntono iTheologi,come SanTommafo nel*la prima partedelia Somma alladift.^.art^ . Non nie ga dunque,che le Ideenon fiano inqualche modo inDio : anziè neceifario chele vi fiano: come dame fi èdimoftro , & in Dio èla làpienza , &cognizione delle colèper la notiziadi fteifo,cheè la primacagionc,co- me Ariftotileconfeifa nel primodella Metafifica, &al-troue Platone nelTimeo,& in moltialtri luoghi. Etqua do iPeripatetici opponendoli àquefta fermiiììma &im- portatiilìma verità dicono,che Dio fiauuilirebbe egliìntendelie altro, chele ftcilo. fidee rifponderc,chc Ari-ftotile per quefto argomento niega intutto & pertut- to la cognizionedell'altre cole daDio, come liè proua- to,ma la niegain quel modo,che ella èin noi , &che la h z pò-20 Lezzione gptreb.beconcernere in Dioqualche imperfezzionCjCO* meauuerrebbe feUio nellointendere dipcndelfc dallecof. , che fonofuori di lui,& da effeapprenderle le noti-zie ci oselle , àguifa che facciamonoi 3 anzila Icienza diDio, tra Faltrcdifferenze ha ancoraquella per laqua- le ella fidiftingue dalla noìtra: perche laiiia è caufadel- le cofe, &la noitra daelle è cagionatacome beniifimo ciin'ccnail gran Comentatorcnel duodecimo librodella Mctarifica jci quella altiflìmaverità non meno è confor-me alla condizione dell'intelletto diuino, che ella(I fìa adÀriftptile , & àPiatene , iquali tra tuttii filosofanti tengonoil preircìpatò :e dico conformealla condizione diDio l'intendere pervn mezzo interno,cheè la fuadi- luna efTenza, percheal primo, & diuinointelletto, come attopuriffimo, & mafTimamcntenon gliconuicne rice i-erle fpcv-ìc daakri,ne hauerle in fteifemultiplicate : maall'intelletto noftro comepura potenza, &come con giuntoà materia corporalea ragione conaicnel'inten- dei perle fpezie &fimiglianze, riceuute dadiuerfe co- le ,& riformate dall'intelletto agente. cosi ancoral'in— tendono quéglidue gran Fìiofofì ,come di (oprafi è di-pioftrato di Dio,&come del mododel noftro intendere£ d.J chiara& fi toccada Platone nelFilebo,doue ei dice,che l'anima npfìraè come vnlibro non ifcritto,& chegli fcrittori fonoi fenfì,& nelfettimo della republicacon lo elèmpiodi collii, cheè legato invna fpelonca inguiia che nonvede nonle fimilitudini , &l'ombre delle co-lè, & noi fiiioltole feorge chiariiTimamente, cimonVa co ipe1 miprrip dallanotivia delle colèdi quaggiù s'alzial- la cognizione deliecofe diuine ,& da Ariitotilenel ter- iodell'anima: deueper viade'fenfi ,& rer virtù dellointellètto agente liefpone come noiintendiamo tutte lecofe, & nelicttimo della Metallicafi rende ragione,per rodotte,come determinanobeniflìmo i Theolo-- i,& tré'B j °gli 21 Lezzione tefoche per quello,che è diritto,& retto ,fi giudica deltorto,&nóalcótrario,comediceArift.nel 1. dell'anima. Piùoltre molti &molti affermano chein Dio ncnfo- no i ritrattidegli effetti carnali& fortuiti :perche cfuefti nonprocedono le nonda cagioni indcterminate,& dira «lo, &la feienza èdi quelle cole,che dipendono dallelo ro propriecagioni & tèmpre;& ciòè vero dellafaen- za noftra quantopiù della feienzadiuina . Ma queftifi ingannano prefupponendoin pnma,cherifpetto aDio G. diala fortuna &il cafo , &gli effetti fortuiti: attefo chePio intende ognicolà, & rilpettoa lui queftieffetti pro- cedono dacagioni certe, maR bene anoi incerte, &oc- culte, $c fon«épre nelle lorocaufe,come Jccliffe del So». le,Del Verino. 2$le;& della Lunanelle loro .Si penlàno ancoramolti de* Platonici, che nellaD.Sapiéza (ìanoi modelli diquel le colè,che naicono diputrcfaz.ione,comcefèmpiprazia de' vermi,si perch'eglino nopelano che inDio {ìano i ri trattidelle colè vili, siancora perche e'fidano ad intéde-re, che cosi fattecole firiduchino fotto l'ordineelsé- tiale dellecreature : &nódimeno più dallaproduzzione di cosifatte cole pervirtù de' lumi,& del calorecelefte proporzionato ììamoindotti à venirein quella credè? a,che in Diofiano Y Idee, che perl'altre cole ,perche elio folosa quitti gradidi calore bilògnaalla loro generazio-ne^ formazione, altramenteche l'eccellente fabbrosàquato caldo deeelfere il ferroper introdurui qualcheforma,& per farnequalche colà, comeconfella il gràCo mét.Auerroe:& pilioltre participàdo quellecolè di qualche forma, &la forma èvn certo bene& certa perfezzione della materia,con1eC\ dice neli.lib.de'princ.all'Si.t.& mercè dilei la materiadiuenta qualche colalpeziale ; perqfte cagioni iomi pélo, che le benele lìano viliqua- to allamateria, che lesiano però diqualche perfezzionc quatoalla forma, &pche fon buonea qualche colà, noci' sedo daDio,e dalla naturafatta colà alcunai damo, ma à qualchefine,& a qualchevtilità: Et pur alcun vogliate nerc,che ciòche fi generap putrefazione nonfia dell'or dineefséziale delle colèdeH'vniuerib, ne dielle fiano leIdee in Dio, nòperciò legue, che l'intenda perl'Idee di'qlle fpeziepiù rimili, & chefono dell'ordine elsézialedel Modo, qualedi quefte duerifpoile fia lòio più coforme alla dottrinade' più eccell.Filoforanti, ma ancora(& qfto impòrtaall'honore della D.M.&alla làlute nra)io mene rimettoin quello, &in ogni altracola da me fata,detta,ò fcntta,àpiù giudiziofi,e lbpratutto à quello,che netiene,e determinala S.M.Chiela Cat.Ap.&Rom. Più oltredella materia primanon e diconoalcuni Idea» noneiìèndo ella forma,nedi lùa naturacolà formata, mi; Dio intendédole forine, infiemeintéde il lorofoggetto; . B4 t'iwls 24Lezziome finalmente de*generi delle cofenon fi ponediftinta Idea >confiderata come elèmpiodall'Idea delle fpczie: non firitrouando mai igeneri fuori dellelorofpezie. Da tuttocjuello , che dame C\ è ragionato dell'Ideefi può raccorrequello , che lefiano , dicendo , chele non iònoaltro, che lailella Diuina efienzanon alfolutamett- te,ma in quantole fono fimilitudini , òragioni delie Tuecreature , & comequella , che èpartecipata da eflelotto diuerfi gradidi più ,ò meno perfezione ,mercè ancora dellequali di tuttele cole neha ottima prouidenza.Puoflì ancora quelladirHnizione dell'Idee conquella ra gioneprocedente per diuifione cosi ritronare,& confer-mare, argomentando in quellamaniera . O Diointende le cole,che fono fuoridella lua diuinaeilen7a,ò nò. nonfi può dire,che non l'intenda,perche egli intendele ilef lo,& cosi fceifere caula d'ognicola,adunquc egli inten-de ancora ciò cheè fuori di lui. ildire, che nonintenda aflblutamente,farebbe non folofomma impietà , ma an- cora vnadelle maggiori bugie,chefi poteife dire,perche qual piùeccellente operazione Tegli può attribuire,che lo intendere? più oltrele Dio producele cofe bene ,Se bene leregge,& gouerna; adunqueancora l'intende , al-tramente da vn'intelletto liiperioreiàrebbe retto &gui- dato, come glilinimenti dallo artefice,che sà,& incendequello ch'ei facon eifi,& eglino : edunque colà chia»ra & fermiilìmaverità,che Dio intende,& non lolamucle fteflb,ma ancoral'altre cofe,ch'egh produce,& gouer na,edi più quelle,che ha prodotte,& polcheDio l'in fède,e conofce,ò e'fa quello p vn mezzochefia fuori dile fteflo,ò chefia in lui . fuori dile follò, òle fono forme co lamateria, parlando dellecole matenali,ò lelòno fpezie,& fimilitudiniattratte dalla materia,no è ragionenoie dire , chein alcuno diqfti modi Diole intéda siper che'I Tuolapere dipéderebbe dallecole come ilnoflro,6c no farebbein tutto perfetto,si ancora poiin particolare ,perche le egliincédeife le forme,come difterici nellama «cri* DelVerino. 2f teniaad ette voltandola,no farebbe proportionetra il fuoirttelletto,che è attopuro,& le formemateriali . noi an-cora non conofciamo lecole nonper mezzo dellefpe zie attrattedalla materia &fpiritali, come fono i Icnfi,&molto piti l'intelletto,fi. vilmente non dee credercene Diointenda le formemateriali per lefpczie attratte dal-la materia, & dallefiic condizioni , percheò le lònotali per operadell'intelletto adente, &cosi lopraDiobiìò- gnerebbeporre vn piunobile intelletto, chelo reduceffe dallapotenza dello intendere ,& del lapereallo atto , &la dia fcicn7anon farebbe fempiterna,ma nuoua, òvera- mente quefte formeaitratte,5: fuori diDio,fòno di loronatura tari, *:cosi Dio nellointendere dependerebbe daaltri , & nonfarebbe perfetti/fimo : in niunmodo adun- que Diointende le coleper il mezzoche fia fuoridi lui. Keftache veggacome ei leconofea per vnmezzo, che fiadentro di lui; dico adunqueche ò que^eìono le for-me,& le fyeziedelle cole,ò elfadiuina elfcnza, le fpc- ziedelle colè, òcon la materia ,& cosi eglifarebbe ma- teriale, Senon in tuito ottimo, &pur: filmo atto lènza materiacome le immaginifono nello fpecchio ,il quale fulfe natura intelligenteper effe intenderebbele cole, cheiono fuori dilui;m quello modoancora non èda di- re,cheDio intenda lecreature : peròche egli nonfareb- be atto purilTimo ,ma vn comportodella natura intellet-tuale,come potenza &di effe forme,comeatti, fìmilmen tenon farebbe intutto ottimo, &perfettiilìmo : perciòfi dee conchiudere,che Dio intendatutte ie cofè,chelbno fuori dilui per lafùa diuina clfenza,&non per effacome infmìta:perche cosiintende le iìefio,il quale èinrmito,fic le creaturefono finite ;& quale più& quai1 menoparti- cipa delloefferc, & dellaperfezzione: adunque l'Ideein Dio nonfono altro, cheeflà diuina ellènza,comerap- prefentatrici alD. intelletto dellecreature , & fecondoche ne partecipanopiù ò meno. AgoiHno Santonelli- %ro dcÙ'otcStatreouiitioni alla quiitione46 le dirHnifcfCQH 26" LE Z ZIO N Ecosi dicendo,che lefono certe fornicòrigioni ftabili,& v fempiterne,& nofono formate,& ficontengono nella di. ulna intelligenza, & chele h diino lo pronacosi, perche .il Creatore conretta ragione fale cofe,& coaltra l'huo- mo,&con altra ilcauallo : &che le nonpollino effer fuori del Creatoreè manifefto , dice ,perche fuori dilui ei . noncótéplaua cofa alcuna. L'Angelico DottoreS.Tom- mafo d'Aquino,la cui dottrinaè cotanto reale,ficura, & fanta,ancor egli nellaprima parte dellaSoma alla q. 15. tiene,che gliencceflario porre l'Ideenella méte diuina: che le fono più,& che lenon fono altro,che ella Diuinacifenz.a non allolutamenteconfiderata : main quanto èefempio , & ragionedelle cole createda Dio >6 che pò- . trebbecreare . Speditomi nellaprima parte, dalragionamento dell'Idee, leguitahora,che in quellafeconda io difeorraalquanto delle bellezzedi M. Laura,quanto però appar-tiene all'intelligenza di queftoSonetto , douefa di bifo-gno primieramente intendere,quello che fi fiala bellez- ,fca, dipoi diquante fpezie,& terzoin quello, chele con- uenghinotra loro , &in quello chele fiano differenti .Quanto al primopunto la bellezzanon è altro, che vna certa proporzione& grazia, che reliiltada più cofe,ondeper il contrariole colè bruttefon tutte quelle ,che fono fproporzionate nelleloro parti,& condizioni,& fenzaal cunagrazia.-quetta difHnizioneè più preltopre(a da principij interni iolamente,de quali ellaè compofta, cheal- tramente, come fonoin cambio diforma proporzione &grazia,& in cabiodi materia piùparti, ò piùcondizioni : legnodi ciò che vna colàfola , comevn'elemento non fidomanda bello . Puollìancora difKnire labellezza più perfettamentedicendo,che ella è vn fiore,& vna grazia,ò fplendpre.di piùbontà,& perfezzioni vnite,che è ardetifììmaméte difiderata. dicefifiore,grazia,& (plédore per 4i^inguerl4dal iuo eontiario,,chc. ela bruttezza compo-fta Del Verino.27 fta di più perfezzionidefettiuc vnitc , ma{proporziona- te, & difcordanti . Piùoltre fi aggiugncin più bontà, perche comefi é dettovna colà intutto femplice,& comefcmplice confi- deratanon fi domandabella, ancora checome partecipe dellaforma Tua iemplicefia buona,come fiè'dato l'efem- piod'vno elemento . Terzoho detto ardentiflìmamente difidcrata,perche cosi ancorala bellezza Cidiilingue dal benecome bene, chenone cotanto amato& difiderato, &quando pure alcunaforte di benefia troppo amato,co . rocdagli auari fonole ricchezze, dagliambiziofi gli ho-nori , dal vulgoi piaceri delfenfo, & cheCi dice e'ne fo- no innamorati , queftoauuiene per certafimilitudine di ecceiliuoamore . diqui fi poflbncauare le ragionidi al- cune òccultilìime verità. Tvnaè, chela materia primaperche e lòftanzafemplice , &non è buona,non eflendo forma,ma lbggetto attoà riccuere leforme > nonè bella, nebrutta, & fi deedire propriamente nonbella,& buona,& quella medefimacófideratacome informata ditut- te le formeséza ordine, & proporzioneè buona: mabruì ta, &come informata delleforme con ordine& propor. 7ioneé beila &buona . l'altranafeoià verità è , cheDio perche è Comma bontà,& perche coniòmma , & infinitaproporzione & grazialecontiene tutte invn modo per-fettiflimo , perciòè la fomma,& infinita bellezza,& me-rita di eflere amatocon ardentifììmo ,& infinito amore,6 Ce gliamanti delle terrene& create bellezzefentono marauigliofi dilettilenza alcuno difpiacerequando le rimirano come e3vogliono : quantopiù lenza coinpara-7 ione nefentono delimcreata,& diurnabellezza gli An gipli siiin Cielo , &l'anime beate ineflètto , & quaggiùì giufti &gli eletti perifperanza . In vltimofi può aggiugnerealla predetta difhnizione& dire dellabellezza veduta :perciochc fino àtanto che lacofà bella noè veduta, òcon l'occhio corporale,ò eoo quellodell'anima, eh ela mente, niunoiène innamora. Ondei8 L EZ Z IO N ÈOndeilnoftroM. Francefco Petrarcaquando le bellez-ze della ina donnagli dauano di!piacere,fidoleua d'ha- uerlaguardata dicendo . j,Occhi pianate accompagnateil core ,Jt Che divoftiofalltr mortefoftiene . EtGuido Caualcanti nellalua così dotta,comeofeura Canzone dell'amoredice, che vieneda veduta forma,che s'intende. Quantoal fecondo punto,che era dellefpezie dell'ai morequante & qualile fìano . vogliamo feguire il pa- rere diM. Marfilio Ficini ,il quale piùcopioiamente, & piùfottilmente, chealcun'altro de'Platonici , ha ragio-nato d'Amore fopra FamorofoCóuito di Platonefi dee dire,che le fonodi tre maniere ,vna dell'animo , qhefi conoicc conla mente , l'altradel corpo,che fifeorge cori lavilla, & vnadelle voci, laquale fi comprendeco l'vdi- to,ma fi riguardaà quello , chefi è dettodell'Idee , &della bellezza conPlatone, & con Ariftoteledi fopra, &alle parti principalidell'huomo,pare che lebellezze fie- ro folodi due maniere,vna del corpo,che fi conofeecol lenfo dellavifta>& con l'occhiocorporale; & l'altra delloanimOjche fi contemplacon l'occhio dell'anima, che èla méte.Ét volendodifendere il noteròM. Marfilio {pudo- re apprellbdi noi Latinidella Platonica Filofofiafi può dire,che la diuifionedi Platone nelledue Venere , cioènella intelligibile,& nellalènfibile, & lequali in quanto confiderono ncll'Vniuerfò,iòno daAriitot'ile chiama- te ordinedelle cofe intelligibiliin Dio, &ordine ienfibi lenelle ipezie delmondo fuori diDio , fipuò dico dire*che quclta diuifioneè prefa dalleoppoite bellézze, atte-(o che vnaè immateriale &in Dio,raltrafcnfib;1e,& tuori della diiiinaeiìenza,cos'i è preiada due diueriepoten- te, che fonoin noi, &queite (òno l'intelletto& il (enfo.MailFicino via ladiuifione, & ibetodiuifione infieme ▼olendodire cosi cheiàbellezza, & mafiìmamentecon- Édérata neU'iiuomo>ò nelladonna, è òdell'animo folo,^ deiDel Verino. 294.el corpo lòlo,ò dciranimo,& delcorpo infìeme :quale è labellezza, & lagrazia delle voci,& de1 gentiliragio- namenti ; perciochcin quanto concionanoall'orecchio &all'vdito corporale,&con moto corporaledell'aria, é bellezzacorporale , main quanto a'gentili concetti,c nobiliaffezzioni, Se disij, che lefignifìcano,che fono nel-l'animo, e bellezza interna& dell'animo .Puofli ancora dire,che le bellezzeeflenziah del mondogrande, & delpiccolo, che elhuomo, fono didue maniere vnaintelli- gibile^ l'altra iènfibile5 delle qualiquefta cosi èfcala, & mezzoà quella, comeil séfo ieruenelle cófiderazioni all'intelletto . maper accidente poi,perche all'intelletto innoi non ioloièruc la vifta,maancora rvdito,perciò ancora ci fudi bilbgno dellabellezza & graziadelle voci 5Et le alcunodicerie fefonoeuenzialmente didue forti dibellezze, ò diVenere vna intclligibile,& l'altraiènfi- bile : dondenafce,che alcuni de*maggiori Platonici pongono tre fortid'Amori , vno beftiale ,che è ildefiderio grande, che mokihanno di goderla bellezza fenfibileco diletto carnaledel tatto ;l'altro humano colquale dama lamedefima bellezza conhoneftà , ò perdir meglio conminore errore fermandoliin efla; &il terzo amoreè in- tellettuale & diuino& perfetto , perchetermina alle di-urne bellezze, le qualiiole co letre diuine perfònefono il verooggetto fruibile, parearagioneuole,che quanti io no gliamori tante fianole Venere,ò verole bellezze ei-iendo queite cagionidell'amore . piùoltre fi puòcerca- re da qualchebello ipirito , perchela bellezza fichiami madre dell'amore, & nonpadre ? &perche la fichiami col nomedi femmina, fendocola perfetta, &l'amore col nomedi maftio, cheè imperfetto,& cógiuntocon la po-uertà, ò mancamento .Al primo dubbiofi dee riipondcre,chc fecondoi duoi oggettidell'amore eflenziali, chefono la bellezzaf enfi- bile& l'intelligibile, fonoancora due amorifoli il ienfi-biie,& l'intelligibile ;ma per accidentepoi;perche alcu- «*6 Lezzi o' neni hanno dell'animale,& del brutofeguédo i piaceridel Ieri lo:diquìé che l'amorloro è lènlùale, & brutalein- fieme .Al (econdo dico( rimettendomene apiù lottili , •&à più intelligenti) che labellezza fi domandamadre & nonpadre, & connome di femmina,&non di maftio,perche la bellezzalenza l'amante attoa innamorarli , &lenza il dilcorreruiintorno è cagioneimperfetta dell'a- more, comela femmina fenzail maftio nonpuò ancor ella generare ,ne le ftellefenza il Iole ,Venendo hora alterzo capo dico, chela bellezza intelligibile, &la fenfibi leconuengono primieramente inpiù condizioni, poiché tuttee due lbngrazie, fiori , &fplendori, tutte e due fo- nodi piùperfezzioni,& in piliforme, ò benifi fondano ,&noninvnfolo. Terzo tuttee due iònooggetti di po-tenze cognoicitrici , & quartofono difiderate diamoro- {b, &vehementilfimo difiderio .Sono lecondariamente uuettedue Venere òbellezze tra lorodifferenti primie- ramente perche vna è dicofe Ipiritali , l'altracorporali : dipoivna fi comprendecon l'intelletto, Faitracol fènfo .Terzo vna neguida Tempre albene operare,che èl'intel Iettuale bellezza,l'altra talhora ne fa caderein rei diaderij,& in piùfozzi fatti perdifetto però dinoi, & queitaè lalènfibile. quartol'intelligibile non fi conofee danoi per fterTa,& chiaramente, chele fi vedelfechiaramen- te, molto piùci accenderebbe diamorolò defiderio, cheella non fi,il vederli chiaramétetocca folo allabellezza del corposeperò ella lòiaardentimmaméte da noiè ama ta : comene moitral'eiperienza inogni fecolo, comene fanno ampiflìmatede i'Iftorie,& ilPetrarca nel Trionfod'Amore , & comebene dice ilDiuino Platone nelFe- dro .& lacagione perche la bellezza fialommamente amata, & difideratae perche ilbene è colàamabile, & di- fidcrabilc, più benimolto più ,& le viè la graziaancora in fommo,&ardentifiìmamentc . In quellavltinia parte diquclto mio difeorfofi dee dame lpiegare ilraara-iglielò ordine , cheuenc in queft*So- Del-Verino. 51■Sonetto M .Francesco Petrarca incelebrare le bellezzedella dia MadonnaLaura , &'fi dcono efporrealcu- ne voci deltefro: accioche &l'artifizio , &tutto quel- io, che quidal Poeta èdetto della Tuadonna, s'inten- da chiariflimamente ,& fi deonomuouere Se iicior-re alcune dubitazioniper difefa diquello , che fifa- :rà detto.Quanto all'artifizio, ò veroordine io ciauuertifco tre -colela prima cheil Poeta primieramentenel primo quadernario ragiona dellecagioni delle bellezzedella tua M. Laura& poi nell'altroquadernario.^ ne due terzetti -parladelle bellezz e , ieguendoin ciò l'ordinedi natura, fecondoil quale lecagioni precedono iloro effetti . Lafeconda cola cheio ci noto è, chequeflo Poeta lo-dando le gmzie dilei compitamente dalleloro più pre-diate cagionile celebra primadalle cagioni anteceden-ti, che fono l'idealebellezza , il cielo, &la natura, dipoidalla ca^ione,che accompagnaquella f donna, che èil iiio viiòconlegge & maeftriafatto dalla natura: & ter-zo da quella, chefegue, che èil fine, chefegue all'opera beila,&e per moitrarquaggiù in terraquàto lafsù potea.Vedete,vedete vi pregogiudiziofiflimi Accademici, co- me compitamente ,& con ordineefàlti le bellezzedella lui amata: conforme alcompimento di ciafcunacofa , ilquale ftà nellohauer tre partiil principio ,il mezzo ,& il fine, comecon tre prcueci dimoftra Ariftotilenel pri- mo delCielo, cioè dell'autoritàdi grandinimi Filofo»fanti, quali furonoi Pitagorici , dainumero che fivia in ognireligione di honorareDio , cheé il numeroternario , &dal perfetto mododi parlare de'Greci al qualegli induceua lanatura delle cofe. La terza& vltima cola ,che fi deeauuertire intorno all'ordine, che tieneM.Francefco in quelto& leggia- dria.&aitifìziofifs. Sonetto incelebrare le marauiglioièbellezze della fua donna è,che egli procedenel fecon- do quadernario > &ne* due ternari;in quefta manierate- ff Lezzione facendofiin prima dallabellezza del corpopiù alta,qua- lee quella deilechiome corrilpondenti aquella del So- ledi Cielo, dipoi feguedi dire dellaocculta, conforme inqualche parte àquella del Solediurno, & mutàbile,& terzo diicendealle bellezze delleparti più bafle,&pri ma allabellezza, & leggiadriadelli occhi, checon la vi-lla fi comprende ,& poi dellabocca diuidendola intre : vna ,che ancide perpietadc , & confittenel dolce lòfpi-rare : l'altranel dolce efprimcrede* concetti :l'altra nel rideredolcemente : &tutte e treappartengono alla boccapolla; di lòttoa gli occhi,& quelli Iorionel mez mezzotra quella , &il capo, dondeefeono i capelli.Da tutto quello ,che io hodetto, potete ingegnofiflìmi Accademiciconofcere,chc quello noilroPoeta non conminore ordine,&artifìzio,che con grazia,Sgmaeflà cele bra,&ammira le bellezze,& le graziedel bel vifodi M. Laura,& infieme diqui fi puòda voi faperecome cosi lebellezze, come ogn'altrobene, s'ha daDio fonte d'ognibontà , & d'ognibellezza per mezzode* celefli lumi ,& della diuina,&ideale bellezza . Quantoall'elpofizione delle vocipiù ofeurc laprima fia quellaqllo,che il Poetanitida [ perparte del Cielo;]alcuni dellielpofitori delPetrarca per partedel Cielo dicono,cheegli intefe leflelle parti piùdenfe de' celeflicorpi, come inocchi in vnlegno , & cheegli parla comePlatonico,tenendo, che l'animenoftre follerò tuttecrea te advn tratto , &ciaf cuna furiealìegnata alla Tuaftella ; comeracconta Platone nelTimeo: ma ame piace di cfporre perparte del Cielo ,tutta quella parteò flellata, ònon iftellata , laquale con debitomodo riguardaua illuogo doue fuingenerata, & douenacque quella fibella donna jattelb che dalladebita fituazionc delleflelle in cotalparte , come dacaufe vniucrfàli nacquerole grazie dilei : comevogliono gli Aftrologi ,& cosi piaceanco- ra à quellonoflro Poeta , comefi può vederein quella £iuzone,il cui principioè queilo . MJTdctr D£L VERTNO.j| 0> Tacernonpcffo, e temonon adopre 0,Contrario effetto lamia Imgua alcore l douenella quinta itanzaei dice . 1/ che cofteinacque eran UJlelle, ,, Cheprodvconfra voi feliiieffetti j, 1/7luoghi altt ereletti Vvna-ver l'altra conamor conuerfe . Inquefta parte delCielo : comein cagione efficiente,mediante il lume& il motoera il belviio di M.Laura , & nell'Ideacome in eiempio[ onde naturatolfe. ] Puoi"fi per naturaintendere la formadelli agenti naturali: i qualiprendono il modellodell'operare bene daDio,in quanto daelfo fono beneindirizzati benenon inten- dono; Overo per naturafi dee elporreDio itelfo,donde dipendetutta la natura, nel quallignificato ancora Tin-tele Ariitotile quando nelprimo del Cieloei dice ,che fa naturafece bene alpogliare il corpoceleite da ognicontrarietà, da chedouea elìere eterno,fecondo chee^lì pensò,piìi pretto guidatoda ragioni humane,chedalle infallibili verità ,che altramente cimoitrano . Più oltreleguitando [ pervn cuore douefono unte virtudiaccolte ] ilPetrarca intende nonil cuore ,che è partecorporale prima dell'altre: ma oTanimo,che rifie- cienel cuore,nel qualientimento vfìamo didire io hoin bocca ciocheio ho nelcuore, ò veroper l'vno &l'altro : anelòche formalmente ilcuore èl'iiteifo appetitoienfi- tiuo :del quale lavirtù é moderatrice,& delle partima- teriali gli fpiritifono il foggettodelle fpezie dieffe virtà comeconofeiute, come d'ognialtra cola, chefi conofee. Quantoalle dubitazioni quidirà qualche ingegnolbfpirito come puòcilere, che illeggiadro vilo diM. Lau» rafulfe in qualcheparte del Cielo ,& in qualcheIdea ì attefoche il belvilo di leiera cola particolare,& il Cic-lo, & l'Idea lòncagioni vniuerfaii . Dipoicome celebrali Petrarcala bellezza dellafu» donna , &dice , che lafomma e difua morte rea; attclà Ccht 54 LE Z ZI O NE che le grazie dell'animo, & quelledel corpo dilei fon congiuratecontro di luì ,& afpirano àdarli morte ,fon crudeli, & untopiù fi deonobiafimare,chc lodare quan-to la morte ècola rea,& lavita cola buona .Et finalmen- te comepuò Ilare , che il dolcerifò di lei,idolci foipiri, &il dolce parlare,fiano cagioni, cheamori iani,& anci-da, che iònoeffetti contranj ,e douerrebbero nafcereda contrarie cagioni,di maniera che i dolcifofpiri, il dolce parlare , &il dolce rilo3 danno all'amantela fanità &la vita ;Tamaro iòlpirare , ragionaret & riderelo faran- no infermare,& lo condurrannoà morte . Alprimo dubbio &primieramente quanto alCiclo di co, cheegli fi puòconfiderare in duemodi,in uno daper le lenzale cagioni particolaridi quaggiù, & fenzala par- ticolare materia, & invn'altro inficine conquelli agenti, &con quella materiajnel primo modoè vero, che ilCie- lo no puòeiTerc cauta dellecole particolari, come dipar- ticolari leoni, cani ,& huomini , altramentein damo fa-rebbe data da Diola virtù delgenerare à queftiinferio- ri agenti , nelfecondo modo èben vero :attefo che ognimouimento di quaggiùfino all'alterazione, perlaquale diipone lamateria,& fi generanole cole pendedal mo uimento& da lumideJ celefti corpi,come ne inoltraco- si l'clperienza, comeAristotile ancora nellècondo della generazione, & dellaccrruzzione,& nel primodella Me theora,oltreche la ragioneil medefimo ciconfermale - roche iCieli con illoro moto,& conil loro lumenon cor correderògli agéti diquaggiù alla produzzionedel- le cole generali, nonconosceremo come Diofia la prima& vniuerf alecagione di tuttele colè , &al Cielo chein- terne con l'intelligenze participamolto più dellabontà, che lecreature di quellomondo inferiore, farebbe nega-ta la virtù dicomunicarla ad altri,& all'altre creaturemcn buone conceduta,& l'vno& l'altro farebbenon me noinconueniente che fal(o. Secondariamente quantoall'Idee , le qualifono in Dio» dico che benele fono ca-Del Verino. $5-cagioni vniuerfali dellieffetti in ifpezic da per loro con-fidente , nondimeno congli agenti particolari,& con laparticolare materia ,fono ancora cagioniparticolari . Puoflì ancoradire che l'Idee, féfi considerano comefor« me inDio che ècaufa vniuerfale, inquefta maniera, ioticaule delli effettiIpeciali , & vniuerfali .ma lefi con- templano inDio come cofache è maftimamentein atto comeancora i particolaritàquella maniera Diointende più preftoin particolare, chein vniuerfale, & cosiancora ne ècagione . più oltre checofà non iòlofallà,& empia, maancora ridicola farebbequella de* Fiiofòfanti, cre- deflero,cheDio ch'e l'ottima, Scleccellentifs. cagione, eche le foftanzeparticolari, fono più pertette,cheTvniuer (ali, comefi dimoftra daAriftotile nel capitolodella fo- ftanza> & nondimenopiù prefto fipenlàifero che DioproducefTervniuerfali,cheleparticolaii,&che più pre-fto di quelle,che diquefteteneffe cura,perciò vfizioè di huomofàuio, pio, &amatore del vero, tenere , cheDio & invniuerfale, & inparticolare fìa autoredelle cole, &tanto più inparticolare , che invniuerfale : quantocosì fono piùperfette,che in quelmodo,& cosi deonocrede- re dello intenderedi Dio :& chi nonsa rifoluere le ar- gomentazioni più forti, chein contrario fonoitate ritro- uateda fottili ingegni,dee più preftoin ciò confeffarelz fiia ignoranza, che pernon fare quefro ,che farebbe fe-gno di modeftiaincorrere in quellitre grandiflìmi vizijdi ftoltizia ,di menzogna, &d'impietà . Allaterza & vkimadifficultà fi puòrifpódere, che glieffetti contrarij poifonnafeere da vnmedefìmo agente,ò dadue agenti contrarij'.da vn medefìmoin più modi,ò perche eglifìa diuerfamente difpotto,ò i fuoifinimenti, ola materia,ò perche indiuerfitépiafpiriàdiuerfìfini.può vn medefìmoagente effere diuerfamentedifpofto,& così cagionarediuerfì eftetti,come ilgouernatore & maeftro di nauecon la f pref enza ,& con 1 arte fùafaiua la iaucdalle fortune delmare, & de'corlali , & conla (uà Ca alfe* Le 2z ione fllTcn?! ,ò non fapendoben farti , ècaufa del contrario umilmente vn medelìmo agentefi lèrua dilinimenti diuerfi, faràdiuerfe operazioni &contrarie, con le tana-glie esépi grazia vn legnaiuolocaua gli agutid'vn legno, &col martello vegii ficca ,vn'eccell. pittore leha buon pennellij& buoncolori fa vnabella figura, lealtramente brutta . Chepiù oltre vn'iftelfoagente , mercèdella di- vertita dellamateria faccia contrarijeffetti , è chiarodi qui percheil Sole indurifeela terra, chee tenera peref- iere mefcolata conl'acqua, & intenerirela cera. aelFaz.zioni humane vn'iftelfoCapitano delli elèrcitiCe ha perfine la vittoriaper quella Rcpubl.perla quale e5combat- te la puòconlèguire . la perdita &la rouina ancoradi cotanto malepuò eifere caufa; & cosila diuerfità de'fini è caufaancora , che davna medemna cagioneeffettrice nafehino diuerfieffetti, in vltimo,cheduoi contrarij,có- trarijeffetti preduchino èchiaro, il beneaccende in noidesiderio di le ileifo,& di quiè che cimuouiamo per ac-quiftarlo,il male cagional'odio, & il fuggirlo. dalla fanitàprocedono le operazioninaturali Se buone,dairinfermi- fono impediti, & fatteimperfette, da queitadiftinzio- ne èmanifefto come ildolce lòfpirare, parlare, &ridere dell'amata dia lalàmtaall'amante, fendo liella con que-fte gra7ie prefente,e l'infermi, e diamorte con lafua ai- lènza,poi come contrariecagioni il dolcelòfpirare,par-» lare &ridere , el faretutto que :ocon afprezza &sgar- batamente, ne lègueò la lanità& la vita,o la malattia,8c la mortenello amante , effetticontrarij da contrarieca- gioni procedenti. Datutto quefto mioragionamento può ciafeunodi ▼oi gentiliduni ,& accortitììrni Accademici ,& Vditori haucrecomprelò, chcilnoltroM. Francelco Petrarcanon con minorealtezza ni concetti ,ne con mancobeilo ordine hicelebrate le bellezze& le gra?ie delia t M. Laura,checon maeità &grazia di parole,ateeiò che egli«el primo quadernario diquello Sonetto l'eiàltada tut- DelVerino. %f tele principali^ piùdegne cagioni,come trale irrumen taliè il Cielocon 1 fuoipiù benigni lumi ,i quali inluo* ghi alci& eletti firidonarono il diche cortei nacque ,tra l'elemplari l'Idead'vna graviofilTima Donna,tra le agentila natura prima, òvero eifa prima, & iupremaca- gione d'ogni colàbuona , & d'ognirara bellezza , trale formali piùnotabilità grazia &la Ieggiadna,& trale ma renaliil vifo diqueita iva donna. Confederando piùol- tre, che quello& dotto &gentil Poeta nellecondo qua- dernario lèguita, mapiù particolarmente àirenderci ma rauigliofelebellezze di M.Laura,celebrandole fuechiome, con agguagliarleal finiiììmo orenel colore, &nello fplendore , &preponendole alle chiomefparie all'aura diqual vogliaNinfa , che ritroui ne' fonti,&di qual fivoglia Dea habitatricedelle lelue ,& credo io, che àpiù eleuati ingegniintenia di lodarladi carità attribuì»ta alle Ninfe, le qualil'ardore delle carnalidilettazioni eitinguono conqueita angelica virtù,non altraméte,che ilfuoco iìa eitintodall'acqua . cosivoglia Ibpra modoli- gnificarci , cheella ha inse raccolte levirtù in eccellen-za , il chee colà rara& folitaria comequelli , che perattendere alle diuinefpecolazioni , fuggono leconucr- fazioni, Seli riducono adhabitare ne' Dolchi,& nel- le felue.nelmedefimo quadernario magnificale virtù diqueita dia donnadal gran numero, che ellan'ha rac- colte nelfuo animo , quafivolendo dire ,che doue nel-l'altre belle ne è vna, eóuq, ò pochepiù in leiiòn tutte . cosidalleilremo poterebbe l'hannoin lui,che èdi con- durlo àmorte per l'infinite ,& grandiilune pailìoni ,eoa le qualitutta la f vita èmole-Hata , & quelloperche egli nonteneua modo ,ne anfora inamarle, onde el- lamolte volte legli moitraua disdegnofa, & adirata;& quefto lirecaua infiniti tormenti ,come per ilcontra- rio le benigneaccoglierne vq contento,^vn allegrézza lenzatermine » Tcn#$8 Lezzione Terzo& vltimo piùin particolare ciefprimc le gra-fie & la forzadi alcune partidi queftabelliiTima, &le?- giadriflìmà Donna:le quali graziedico iono dialcu- ne parti delcorpo , come degliocchi,del cuore , &del- la bocca ,& ci annunzianovna maggiore grazia ,che è quelladel Tuo bell'animo,quella degli occhiè di- vina, &confifbepiù che inaltro nel girarglicon fua- uità, & percheper gli occhimolto fi lcuopronoaltrui , le qualitàdell'animo : comei più dottide Fifìonomi cidimoftrano,& refperienzaftefla :di quìè,che dalmo-uimento fòaue &gentile degli occhi ,fi può prenderefpedito argomento delfuo bell'animo dallòfpirare fi- milmenteconfoauità, fi conofeevn'animo appaflìona- tOima con certamoderanza comeauuicne inchi mo- dera gliaffetti col freno ,& con lalegge della rettara- gione . Legrazie finalmente dellabocca Tono ildolce parlare , checi dinota vnamoderanza nell'appetito ira-labile, che ciìùole per labellezza , ò perqualche bene^ cheè m noipiù che inaltri inluperbire , &il dolce riiodolcezza & piaceuolezzanel conuerfàre , OD i oimmortale con quantaarte ci faitu quaggiù interra & inqueftamateria vedere latua Bontà, &le tue bellezze,& con quantoftupore cosi dottamente ,& con tantaleggiadria di parolequefto Poeta cele ha cfprefTe& cantate inquefto Sonetto :perche non hoio potuto conquell'altezza di concetti ,con quel maraui-gliofo ordine, &con quella maeftàdi parole, chefi conueniua , &che io piùdefidcrauo difeorrerne digniilfimi Accademici , &Vditori ? perchedico non hoio potuto cosìcelebrarle alla prelènzavoftra ? mercècredo io delladebolezza del miointelletto, & dellarozzez- za del miodire , con lequali imperfezzioni èpiaciu- to alla DiuinaProuidenza cheiofia,acciò più illuftre& chiare apparifehinoleperfezzioni, & legrazie di moltialtri, &atfine che io comprenda,che tanto piùfi Del Verino.0 ri fonoobbligato della gratavdienza , che comecorte* fiiTimi mihauete data , quantomeno mi IIconuc- niua , &perciò con tuttolo affetto delcuore ve neringrazio ** * IOHO DETTO» IlFini, Francesco Vieri. Vieri. Keywords: Pico, Accademia. Refs.: The H.P. Grice Papers, Bancroft; Luigi Speranza, “Grice e Vieri: la dialetticafiorentina”, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Vigellio: la ragioneconversazionale a Roma -- il portico romano – filosofia italiana – LuigiSperanza (Roma). Filosofo italiano. Amico ed allievo di Panezio. Stoic philosopher. A riendand pupil of Panaetius, with whom he also lives. He is noted by CICERONE in “DeOratore” to have also been a friend of Lucio Licinio CRASSIO (vide), thegreatest Roman orator prior to CICERONE. All other information has beenlost. See also List of Stoic philosophers. References: Blits, “The Heartof Rome: Ancient Rome’s Political Culture”; CICERONE. The first Stoicphilosopher in Rome is the famous Panezio, who joins The Scipionic Circle, livesfor a while in SCIPIONE’s home and travels with him for more than a year on apublic embassy to the East. Besides SCIPIONE, consul, and censor, at least six *other* consuls study under Panaetius. Theyinclude LELIO and L. FURIO, both of whom, along with SCIPIONE and Polibio, hearthe three Greek philosophers at Rome; FANNIO; Q. Elio TUBERONE, suffect consul,Q. Mucio SCEVOLA, and Rutilio RUFO. In addition, Spurio Mummio, one of thelegates sent to settle Greek affairs is trained in the doctrine of il PORTICO (Cicero,“Bruto”). V., friend of CRASSIO, consul, is Panezio’s friend and pupil, andlives with him (CICERONE, “De oratore”); and Sesto POMPEO, son of the governorof Macedonia, brother of a consul, and uncle of POMPEO maggiore, withdraws frompolitics in order to devote himself to the philosophy of the Portico (CICERONE,Bruto, De oratore). Portico. Pupil of Panezio. Marco Vigellio. MarcusVigellius. Luigi Speranza for H. P. Grice’s Play-Group, The Swimming-PoolLibrary, Villa Speranza.

Grice e Vigna: la ragioneconversazionale e la regola d’oro conversazionale – filosofia italiana – LuigiSperanza (Rosolini). Essential Italian philosopher. Filosofoitaliano. Studia filosofia a Milano, legandosi in special modo all'insegnamentodi BONTADINI (vide) e SEVERINO (vide). Con SEVERINO si laurea con la tesi, ‘Lalogica dell'astratto – generale -- e la logica del concreto – particolare’”.Insegna filosofia a Milano e Venezia. Presidente della Società italiana di filosofiamorale. Si occupa della filosofia del lizio, o peripato, e di neo-idealismo italiano.Si concentra in maniera speciale sull'ontologia, proponendo una‘semantizzazione’ del concetto di ‘essere’ capace di risolvere la aporia del “parmenidismo”(vide VELIA) di SEVERINO, che in qualche modo grava anche sulla speculazione diBONTADINI. Questa ‘semantizzazione’ permette di leggere nel ‘divenire’ (“xdivenne y”), non l'annullamento dell'ESSERE (“x e y”), ma piuttosto l’annullamentodi UN ENTE. La differenza fondamentale è proprio quella che passa tra l’essere‘assoluto’ che *non* diviene, e UN ente finito che comincia e cessa di essere –cfr. Grice, relative identity in Geach and Myro, and his schema on becomingafter von Wrigt in “Actions and events.” Questa impostazione ha consentito diraffinare ulteriormente il tema della mediazione metafisica che sfrutta ecompone la posizione necessaria della totalità di un essere con la posizionedella totalità molteplice e mutabile dell'esperienza. Insieme all’analisidi ontologia, si sono svolte quelle di etica (bio-etica). L'etica è intesafondamentalmente come un’annalisi del desiderio o volere, il quale, a suavolta, è fondamentalmente desiderio di un altro desiderio (“meta-desiderio”),cioè poi di un altro essere umano – il co-conversazionalista B -- che cidesideri e ci riconosca. L'etica e così ri-condotta alle dinamiche di unarelazione inter-soggettiva, che si puo descrivere secondo tre modelli basilari.Il primo modello è il modello griceiano – ariskantiano -- quello regolativo perl'etica. E quello in cui le soggettività si riconoscono reciprocamente comedelle soggettività, e cioè come delle persone o degl’esseri che pensano e desideranoin modo trascendentale. Il secondo modello, piu primitive, è quellotrasgressivo della ragione istrumentale. Quello in cui le soggettivitàconfliggono e cercano di dominare il soggetto che hanno di fronte, trattandolocome un oggetto o istrumento -- o una cosa manipolabile a loro piacimento. Ilterzo modello, che si colloca a mezza strada fra idue precedenti, èquello che V. definisce come modello griceiano ‘oblativo,’ in cui, mentre unadelle due soggettività riconosce l'altra e si dispone a trattare l'altrasecondo la cura e il rispetto che le convengono, l'altra soggettività non offrenessun riconoscimento e cerca di imporsi sulla soggettività riconoscente comesoggettività dominante.Questa impostazione onto-etica si caratterizza peril tentativo di fondare la regolatività etica del modello ariskantiano di Gricesu argomentazioni che partono dal rilievo irrefutabile della trascendentalitàdella persona, la quale si trova invece contraddetta in tutte le situazioni dirapporto inter-soggettivo ri-conducibili agl’altri due modelli (razionalitaistrumentale – Modelo II --, e razionalita di oppression – Modelo III). L’indaginidi antropologia trascendentale completano e chiudono questo percorso, ponendosicome il termine medio che stringe e salda l'ontologia all'etica. Il concetto di‘persona’ viene inteso alla Grice e Strawson come sinergia del concetto di‘sostanza’ e di quello di relazione (la categoria della relazione diAristotele, la relati, o il ‘pros ti’.Sostanza (ousia,sub-stantia,essential) è classicamente quello che permane e sta insé. La relazione, invece, è qui il rapporto intenzionale ad altro da sé. Lapersona è una sinergia di sostanza e relazione perché è sia rapporto a sestesso sia rapporto all'altro da sé, in quanto è essenzialmente unaintenzionalità trascendentale, ovverosia un orizzonte consistente di relazioneall'altro da sé, secondo il corso illimitato del desiderio che lo abita.Saggi:“La dialettica di GENTILE” in “Giornale critico della filosofia italiana”, “Lareligione nella filosofia di GENTILE”, “Giornale critico della filosofiaitaliana”, “GENTILE, interprete di Marx”, inEnciclopedia. Lafilosofia di GENTILE, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, “Ragione ereligione”(CELUC, Milano); “Filosofia e marxismo” (CELUC, Milano); “Le originidel marxismo teorico in Italia: il dibattito tra LABRIOLA, CROCE, GENTILE, eSorel sui rapporti tra marxismo e filosofia (Città Nuova, Roma); “GRAMSCI: ilpensiero teorico e politico e la questione leninista” (Città Nuova, Roma);“Invito al pensiero di Aristotele” (Mursia, Milano), “Sostanza e relazione: unaaporetica della persona,” in L'idea di persona, Melchiorre (Vita e Pensiero,Milano); “L'enigma del desiderio” (San Paolo, Cinisello Balsamo); “La politicae la speranza” (Lavoro, Roma); “Il frammento e l'intero: -- il toto e la parte-- indagini sul concetto di essere e sulla stabilità del sapere” (Orthotes, Napoli);“Sul trascendentale come inter-soggettività originaria”, in “Le avventure deltrascendentale,” Rigobello (Rosenberg, Torino); “Sulla verità e sul bene”(Petite Plaisance, Pistoia); “Etica del desiderio come etica delriconoscimento” (Orthotes, Napoli); “Sostanza e relazione: indagini distruttura sull'umano che ci è comune” (Napoli); “Studi su GENTILE” (Orthotes,Napoli); “Studi su Marx” (Orthotes, Napoli); “Studi su Aristotele” (Orthotes,Napoli); “La ragione e la dialettica: studi su Marx e VOLPE” (Marsilio,Venezia); “Teorie della felicità” (Francisci, Abano Terme); “La qualitàdell'uomo: filosofi e psicologi a confronto” (Angeli, Milano); “Dio e laragione” (Marietti, Genova); “L'etica e il suo altro” (Angeli, Milano);“Strutture del sapere filosofico” (Cardo, Venezia); “La libertà del bene” (Vitae Pensiero, Milano); “Essere giusti con l'altro” (Rosenberg, Torino); ‘Introduzioneall'etica” (Vita e Pensiero, Milano); “Etica trascendentale e intersoggettività”(Vita e Pensiero, Milano); “Multi-culturalismo e identità” (Vita e Pensiero,Milano); “La persona e i nomi dell'essere: sritti di filosofia in onore di MELCHIORRE”(Vita e Pensiero, Milano); “Libertà, giustizia e bene in una società plurale” (Vitae Pensiero, Milano); “Etiche e politiche della post-modernità” (Milano, Vita ePensiero); “Etica del plurale: giustizia, riconoscimento, responsabilità” (Vitae Pensiero, Milano); “Affetti e legami” (Vita e Pensiero, Milano); “La REGOLAD’ORO come etica universale (Vita e Pensiero, Milano); “BONTADINI e lametafisica” (Vita e Pensiero, Milano); “Metafisica e violenza” (Vita ePensiero, Milano); “Etica di frontiera: nuove forme del bene e del male” (Vitae Pensiero, Milano); “Di un altro genere: etica al femminile” (Vita e Pensiero,Milano); Pira. Un san Francesco nel Novecento (AVE, Roma); “Multi-culturalismoe inter-culturalità: l'etica in questione” (Vita e Pensiero, Milano); “La vitaspettacolare: questioni di etica” (Orthotes, Napoli); “Etica dell'economia: ideeper una critica del riduzionismo economico (Orthotes, Napoli); “Differenza digenere e differenza sessuale: un problema di etica di frontiera” (Orthotes,Napoli); “Il dovere dell'ospitalità (Orthotes, Napoli). Dell'interpretazione diGENTILE offerta da V. discutono, fra gl’altri, Berlanda, “GENTILE e l'ipotecakantiana. Linee di formazione del primo attualismo” (Vita e Pensiero, Milano); Bettineschi,“Critica della prassi assoluta: analisi dell'idealismo di GENTILE” (Orthotes,Napoli). Si vedano anche “Studi GENTILIANI” (Orthotes, Napoli). Cfr. “Studimarxiani” (Orthotes, Napoli). Cfr. gli scritti raccolti in V., Studiaristotelici” (Orthotes, Napoli); Saccardi, Semantizzazione dell'essere einferenza metempirica, in Pagani, “Debili postille. Lettere a V.” (Orthotes,Napoli). Cfr. anche Messinese, “L'apparire del mondo: dialogo con SEVERINOsulla ‘struttura originaria’ del sapere” (Mimesis, Milano). “V., invece, chepur si è formato alla scuola di BONTADINI e di SEVERINO, non segue più i suoimaestri, perché ormai ritiene che, se si accetta la “semantizzazioneparmenidea” (vide VELIA) dell’essere, non si può evitare di estendere gl’attributidell'essere assoluto all’ente, come precisamente è avvenuto nello svolgimentodella filosofia di SEVERINO. L'errore, però, prosegue V., sta proprio in questo“aver trattato la questione dell'essere come una questione di ESSENZA.” L'erroreviene eliminato convincendosi che la “semantizzazione” dell'essere coincide conla relazione d’essenza ed esistenza': questo è il 'tratto comune' tra tutti gl’enti".Cfr.V., “Il frammento e l'intero,Sulla semantizzazione dell'essere.L'eredità speculativa di BONTADINI, in “BONTADINI e la metafisica.” Si vedainoltre SOLLIANI, “Dell'essere come essenza: per una rivisitazione del problemaa partire d'AQUINO” in Debili postille, Il frammento e l'Intero, Cfr. anche Pagani,“Una rivisitazione della via del divenire e Peratoner, Intorno allaconoscibilità di Dio, la ragione, la fede, in Debili postille, Si vedapoi Barzaghi, Percorsi di rigorizzazione della teologia naturale nellafilosofia neo-classica milanese”, “Rivista di filosofia neo-scolastica”. Cfr.Vigna, Etica del desiderio umano (in nuce), in Introduzione all'etica,Aporetica dei rapporti intersoggettivi e sua risoluzione, in Eticatrascendentale e inter-soggettività,Si veda anche il saggio diFanciullacci, “Dell'inter-soggettività e del riconoscimento, in Debilipostille, Cfr. V., Sul trascendentale come inter-soggettività originaria. Venuti,La cura dell’altro come REGOLA D’ORO. Lettera aperta a V., e S. Zanardo, Suldono della differenza, in Debili postille, Per una discussione complessiva delpensiero di V. si vedano i saggi contenuti in PaganiDebilipostille. Lettere a V.” (Orthotes, Napoli); “Sostanza e relazione: unaaporetica della persona.” Si può vedere anche Bettineschi, Finità e infinitàdella soggettività. Lettera aperta a V., in Bettineschi, “Intenzionalità ericonoscimento: scritti di etica e antropologia trascendentale” (Orthotes,Napoli). Bergamo festival: l'intuizione, su you tube. Malato o persona?, su youtube. L'etica, you tube.com. Treccani. Intervista a V.: la filosofia morale,you tube. Tugnoli, V.: il desiderio come orizzonte trascendentale, su mondo-domani.Venezia, su unive Bollettino della Società filosofica italiana, Centro di eticagenerale ed applicata, su centro di etica. Centro inter-universitario per gli studisull’etica, su venus unive. Società italiana di filosofia morale, Intervento suLa Pira, su avvenire. Attualismo, problematicismo, metafisica, su filosofia. Lapolitica e il sacro, su in schibboleth. Bisognerebbe oggi parlare piuttosto di metafisica delmale comune… Siamo infatti dinanzi ad un certo tramonto del politico,almeno nell’Occidente post-industriale: lo siamo nel senso che la societàcivile, negli ultimi decenni, ha assorbito in sé ciò che una volta era,almeno in parte, contenuto della sfera politica; ma lo siamo soprattutto nelsenso che il compito politico sembra troppo difficile da eseguire ed è ineffetti non di rado tradito da coloro che ne sono in prima battutaresponsabili. Ad una sorta di processo di disseminazio- ne diprogettualità creativa in seno alla società civile sembra corrispondere unasorta di di- scredito e di scetticismo quanto alla sfera politica. Lasfera politica sembra non riuscire più ad occuparsi della cosa comune edessere diventata, piuttosto, il luogo di una distribuzione corporativadelle risorse. Quando non si giunge, come ad esempio in Italia (ma certonon soltanto in Italia), a forme molto gravi di corruzione e di spreco.Il cittadino medio tende perciò a ritrarsi dalla politica o semplicementecerca di profittarne. 2. Di fronte all’ingestibilità della progettualitàpolitica, e pure di fronte al discredito del- la politica, si capisceperché vi sia un generale movimento di conversione dai fini ai fondamentidella comune convivenza. Ma questa conversione a me pare, in realtà, non tantouna con- versione dalla progettualità politica all’amministrazione dellasocietà civile, quanto una qualche conversione dalla politicaall’etica. 3. Ci si è convertiti all’etica, quasi per esaurimento della sferapolitica: questo ho appena suggerito. Ma l’etica non pare offrire unospettacolo diverso dalla politica, nonostante oggi la si chiami fuori,l’etica, per dirimere, quasi giudice supremo, i conflitti tra il politico, ilso- ciale e il privato; anche l’etica, infatti, ha i suoi problemi, nésuscita consensi facili, quando si va a determinare caso per caso checosa può dirsi garantito dall’etica. Sono note ad es. le polemiche sullabioetica, tanto per citare uno dei temi oggi forse più rilevanti, anche perle sue immediate ripercussioni in ambito politico. Dobbiamo dunquemettere sul conto della nostra quotidianità una eclisse anchedell’accordo sulle convinzioni etiche? Così pare. E il multiculturalismospinge nello stesso senso. Fino a qualche decennio fa la trasgressioneprendeva di mira la legge politica (si ricordi la temperie sessantottina); oggiquel tipo ditrasgressione sembra rientrata e sembra, appunto, presa dimira anche l’etica. Cito solo un sintomo, ma vistoso: ciò che si discutecon sempre maggiore frequenza è la possibilità di stabilire regole pertutti che siano regole puramente convenzionali o formalistiche, anche sulpiano “etico”. L’area anglosassone, più sperimentata in fatto dimulticulturalismo, ha avanzato non poche proposte in tal senso. Mabisogna pur dire che ogni formalismo con- venzionalistico contiene in séil difetto radicale di valere tanto per le cose buone quanto per 42Carmelo Vigna quelle malvagie (anche una organizzazione mafiosa rispettauna serie di convenzioni...), sicché serve solo a scansare il problemafondamentale, anzi che a risolverlo. Ed è qui che il bisogno di stare alsostanziale tende alla compensazione dell’etica, lmeno nel senso diricorrere ad elementi o frammenti di rimandi all’etica, per ottenere coesione econsenso. Una certa fiducia nell’universale rispetto dell’essere umano eun certo rimando ad una fede paiono non di rado un collante più potentedi qualsiasi considerazione ideologica, visto anche il discredito sularga scala patito dalle ideologie novecentesche. 4. Eppure, dell’etica edella politica, in realtà, nessuno può fare a meno. L’etica e lapolitica, come tutte le cose “necessarie” per la vita degli uomini, siraccomandano da sole. Come tutte le cose “necessarie”, l’etica e la politicaricompaiono e persino dominano anche là dove le si vuole a tutti i costiesorcizzare. Solo che tutte queste cose prendono vesti di- verse daquelle di una volta: tendono a frantumarsi in molti rivoli o assumonoandamenti carsici. Per esempio, l’etica e la politica diventano oggi curadel mondo della natura o riscatto del femminile, lotta per l’integrazionedelle etnie o sostegno per gli emigranti e gli emarginati. Comunque,quando e a misura che appaiono onorate, queste dimensioni del senso dellavita umana sembrano rendere possibile la convivenza, perché esse sipresenta- no come custodi di ciò che accomuna gli esseri umani nelprofondo. Più di quanto accada alla semplice fattualità dell’ethos.L’etica e la politica sembrano qualcosa di infinitamente più preziosodell’ethos. Sono in effetti il giudizio sull’ethos a partire dalla verità deldesi- derio umano, se intendiamo per ethos ciò che appare come larealizzazione storico-fattuale di tale desiderio. 5. Abbiamoevocato la “verità” a proposito del desiderio umano. In realtà, l’etica ela politica, sono solitamente intese come il luogo del riferimentoall’”oggettività” normativa. Ma l’”oggettività” qui che cos’è, se non la“verità” di quel che il desiderio del singolo o della collettivitàdesidera? Una certa eclisse dell’etica e della politica, in particolare,sem- bra l’eclisse della consapevolezza di questo legame originario conla verità dell’esistenza. E allora? Come far fronte a questa “sfida”paradossale del nostro tempo, che vorrebbe fare a meno dell’universaleverità, proprio mentre la invoca per governare la frammentazione delleesperienze dei singoli e dei molti? Semplificando non poco, io azzardereiquesto tipo di risposta. Un codice universale di natura semplicementeteorica, cioè veritativa, sembra diventato di fatto improponibile. Questonon significa che sia impossibile. Significa sempli- cemente che lacultura dominante, incline al relativismo e allo scetticismo, non lo cercae non lo vuole. In fondo, ne dispera. Eppure, tenta di rimediare a questofallimento epocale mediante la ricerca di un codice pratico. È degna dirilievo la circostanza che gli “ultimi fuo- chi” della “fondazione” diqualcosa siano, nel pensiero filosofico occidentale, di tipo etico-pratico (cfr. ad es. le proposte di Apel). Ma anche la fondazione dell’eticità,purtroppo, è… un che di teorico. Perciò non funziona più di tanto. Ossia:anche l’etica e la filosofia della politica dividono. Sembra che unisca,piuttosto, la pratica tout court, forse perché nella pratica ci si devenecessariamente determinare così e così. La pratica è “reale”, si pensa,o è almeno la riconduzione del pensiero alla realtà (laddove la teoria èla riconduzione della realtà al pensiero e quindi sembra offrire unmargine maggiore alla variazione soggettiva). 43 Per una metafisicadel bene comune Ma non ci si illude anche da questa parte? È possibile. Etuttavia la pratica, come alter- nativo terreno di intesa, sembra piùefficace della teoria, perché si orienta al reale, e il realetendenzialmente unifica, se e quando ci è dinanzi (almeno in qualche modo), piùdi quanto non accada alla teoria, che soffre degli equivoci insuperabilidella comunicazione. 6. Ma una maggiore approssimazione al nostroobbiettivo richiede una manovra ag- giuntiva. Noi dobbiamo cercare ciò incui gli esseri umani possono praticamente convenire, ossia ciò che li puòpraticamente accomunare. Orbene, ciò che tutti desideriamo è almenoquesto: d’essere riconosciuti e onorati nella nostra umana soggettività. Dettoin altri ter- mini, ogni soggettività umana chiede d’essere riconosciutacome un orizzonte di senso inoltrepassabile, cioè intenzionalmente infinito,perché tale essa è per via del logos che la informa. Ma le soggettivitàsono molte. E come è possibile che più orizzonti intenzional- menteinfiniti coesistano? Non si riesce facilmente a capire proprio questo. Sulleprime, più infinità, per quanto semplicemente intenzionali, sembranoincompossibili. L’una sembra togliere all’altra proprio tale carattere(Sartre). Di qui l’impulso al conflitto e quindi alla po- tenzialeesterminazione dell’altro. E in effetti l’esito è inevitabile, se ogni soggettivitàviene innanzi esigendo, anzitutto, dall’altra il riconoscimento dellapropria trascendentalità. Cioè imponendolo. L’altra, per lo più, farà lostesso con la prima. Così entrambe le soggettività finiranno per lottareper la vita e per la morte. Non così, se ogni soggetto, anziché esigered’essere riconosciuto nella sua trascendentalità, viene innanzi offrendo,anzitutto, il proprio riconoscimento della trascendentalità dell’altro.Non così, se l’altro, riconosciuto, viene in- nanzi riconoscendo a suavolta la trascendentalità del primo. Poiché la trascendentalità in talcaso non è predata, ma reciprocamente offerta, accade che ognuna delle duecoscienze sia riconosciuta dall’altra. E poiché ognuna liberamentericonosce, resta nella propria tra- scendentalità anche quando lasciaessere l’altra allo ste4sso modo. Due trascendentalità, cosìchiasmaticamente incrociate, non sono più incompossibili, anzi si sostengono esi ali- mentano a vicenda. L’inciampo dell’ostilità reciproca è qui toltoin via di principio. 7. Il primo codice universale e il più efficace èdunque il principio del reciproco rico- noscimento. In effetti, ilprincipio del reciproco riconoscimento è il codice universale piùpraticabile: un gesto di riconoscimento può esser fatto da chiunque lovoglia. 8. La sequenza che ho sinora esposto si può riassumere così:possiamo tornare alla po- litica solo se transitiamo per un’etica delriconoscimento reciproco. Ma il riconoscimento reciproco implicainevitabilmente trattare ogni essere umano come fine in sé. Cioè comequalcosa di inoltrepassabile. Cioè come libero dall’ambiguità delle relazionidi dominio. La vita umana non può che abitare questo luogo, se andiamoalla sua regola secondo ve- rità. Ma come in concreto si struttura lasalvaguardia della vita umana nella società civile? Credo che si possaagevolmente rispondere a questa domanda riproponendo nel giusto ordinetre grandi convinzioni che da tempo immemorabile gli esseri umani hannotentato in un modo o nell’altro di onorare: la libertà del gesto, che fadell’azione una azione umana nella sua dignità, la mira del bene, cheriscatta la libertà da possibili ambiguità, la giustizia del gesto che fadella mira del bene una questione non solo della vita del singolo, ma an-44 Carmelo Vigna che della vita di tutti. Vediamo partitamentequeste tre convinzioni, che rendono possibile l’umana convivenza comesocietà civile e che devono essere protette dall’umana convivenza comesocietà politica. 9. Il primo breve discorso che vorrei fare è quello sulbene1, perché sono convinto del fatto che dal bene cominci propriamentela possibilità di una determinazione equilibrata delle altre due parole:la libertà e la giustizia e perché il bene custodisce in sommo grado la naturasacro-santa della vita umana. La vulgata precedenza della libertà sul bene esulla giustizia è in realtà un capovolgimento della vera sequenzateorica. Dobbiamo tale errata precedenza alla modernità. Essa compare consolennità epocale per la prima volta nelle parole d’ordine dellarivoluzione francese: libertà, eguaglianza, fraternità. Da allora in poiha fatto, purtroppo, molta strada. Dico “purtroppo”, perché sono dell’avvisoche, comin- ciando dalla libertà si onora un essere umano, ma solocominciando dal bene lo si orienta in modo conveniente nei suoi propositidi vita, singolare o collettiva. E un essere umano è libero soprattuttoper questo, per confrontarsi col bene. Il bene è infatti il fine d’ogniazione e nella vita pratica tutto prende senso dal fine. 10. Malasciamo i discorsi formali e veniamo a qualche considerazione un po’ piùcon- tenutistica. Chiediamoci, anzitutto, perché nel corso dellamodernità il bene è stato gra- dualmente messo da parte (il grandediscrimine è il Kant della Critica della ragion pratica). La risposta aquesto interrogativo è nota ai metafisici – solo la richiamo – ed èduplice. Prima parte: il tema del bene è stato accantonato, perchéstrettamente legato all’ontologia metafisica, da Kant in poi (v. Criticadella ragion pura), per comune convinzione, considerata impossibile.L’ontologia metafisica, veicolata, specialmente da Wolff in avanti, comeun sapere sistematico, con l’aura dell’assolutezza, era simbolicamenteaccostata, in termini politici, a qualcosa come la monarchia assoluta e/oil papato. Ma questo, in molti spiriti liberi, significavainevitabilmente dispotismo, autoritarismo, inquisizione e simili. La mo-dernità è rappresentabile, da questo punto di vista, come la rivolta della soggettivitàcontro un simile apparato, in nome d’un nuovo fondamento di senso: lasoggettività medesima, cui appartiene essenzialmente l’attributotrascendentale della libertà. Il cogito cartesiano inaugura questastagione, anche se l’emergenza della figura della libertà è da addebitarealla stagione illuministica. 11. Ma vediamo l’altra parte. Nellamodernità il riferimento al divino, cui il bene era da molti secoli, inultima istanza, rapportato, si attenua fortemente e gradualmente;dall’Uma- nesimo in avanti, viene innanzi, e anche occupa per intero loscenario, l’essere umano con il suo mondo. Il contenuto del bene diventaproprio questo. Non è, il bene, sparito dalla circolazione delle idee: hasolo mutato nome. E del resto non poteva sparire, perché fa parte delmodo in cui necessariamente viviamo. Dunque, il bene della soggettività modernain rivol- ta è la soggettività medesima: in versione singolare o inversione comunitaria. Troviamo l’espres- sione più netta della rotazionedi senso nella prima e nella terza parola della sequenza della 1 Mipermetto rimandare al vol. da me curato, AA. Vari, La libertà del bene, Vita ePensiero, Milano 1998 e spec. al mio saggio su Bene e male. Unariconsiderazione, ivi, pp. 55-80. 45 Per una metafisica del benecomune rivoluzione francese: la “libertà” e la “fraternità”. A secondache si propenda per il primato dell’una o dell’altra parola, si avrà nelseguito il liberalismo o il collettivismo. Da allora, a mio avviso, non ècambiato molto su questo terreno. Tutti i pensatori etico-politicimoderni e molti dei pensatori contemporanei si schierano tendenzialmenteda una parte o dall’altra. 12. Direi che questa “vulgata” ha per orapochi avversari. Ma a breve le cose potrebbero cambiare. Timidamente sifa innanzi presso alcuni post-moderni (ad es. Foucault) e presso alcuniesponenti radicali del pensiero verde (v. Bateson, ad es.) l’oltrepassamentodella cen- tralità del soggetto e dei soggetti, in direzione di unpaganesimo cosmicizzante. Nietzsche è il piccolo padre anche di questanuova ondata. La cosa era forse in certo modo prevedibile. Una voltaeliminato il Dio della metafisica e della religione, il piccone della criticasi è anda- to esercitando, anzi si è andato accanendo sulla portatatrascendentale della soggettività, e ne ha decretato la fine. E allora,cosa può diventare riferimento ultimo del senso, messo da parte Dio el’uomo, se non il cosmo, che è poi la terza della grandi parole dellametafisica, ancora presenti nella critica kantiana come indicazioni sistematicheideali? 13. Questa recente direzione di marcia lavora sulla fine dellasoggettività trascendentale forse anche a partire da un certo fascinoindotto dalla vita materiale: la durezza delle di- namiche economiche,apparentemente incontrollabili; il trionfo della tecnologia, dilatabile,si opina, senza limiti; il fascino della biosfera, che fa sognare una sorta diunità mistica quanto alle forme di vita, compresa la vita umana; la retemediatica che influisce poten- temente sui costumi e produce condotteeteronome di massa, l’enorme flusso migratorio, che relativizza tutto ciòche la soggettività singola ha costruito come propria storia. Lasoggettività moderna, insomma, ne sembra schiacciata. Marx pensava ancora dimettere innanzi la grandezza della specie umana per governare la storia.I contemporanei si sono arresi, quando anche questa variante consolatoriaè fallita. Le voci che fanno dell’umanità un giocattolo in balia di manipiù forti, come sono quelle della tecnologia o quelle delle forzenaturali, sono sempre più ascoltate. 14. Personalmente, resto scettico difronte ai tentativi di oltrepassamento dell’orizzon- te dellasoggettività in una neutra oggettività. Neutra, poi, non proprio, perché sicolora subito di irrazionalità, arbitrarietà, crudeltà e cinismo. Nietzscheancora una volta ha già predetto l’essenziale, cioè ha visto in anticipola deriva di ciò che segue alla “morte di Dio”. Egli voleva reagire aquesta deriva, con un rinnovato umanesimo. E noi siamo forse ancora alpunto in cui egli si era fermato; dobbiamo, cioè, capire che fare quanto alnostro destino di umani, ora che cominciamo a nutrire seri dubbi sullacapacità nostra di governare la terra. 15. Chiedersi da che parteandare è lo stesso che chiedersi qual è il nostro bene, il bene per noipost-moderni. S’intende: trattandosi del nostro bene, si tratta del bene nonsolo di un singolo, ma anche dei molti e in una società pluralistica. Sitratta del bene comune dell’intera umanità. A guardare le cose un po’dall’alto, vien da dire che oggi bisognerebbe decidere quale delle tregrandi parole della metafisica prima citate può interessare una so-46 Carmelo Vigna cietà pluralistica come riferimento di senso. Dico“può interessare”. Faccio, in altri termini, un discorso di “persuasività”,non un discorso di stretta “verità”. Se dovessi fare un discor- so distretta verità, dovrei molto semplicemente affermare che il primo e, in certosenso, l’unico oggetto degno dell’attenzione originaria di un essereumano è l’Assoluto. Cioè, solo Dio è degno, in ultima istanza, dei nostridesideri e dei nostri pensieri. Nessun altro e nient’altro. La stragrandeparte degli uomini, in modo più o meno rozzo o più o meno sofisticato,pensa spontaneamente così e in qualche modo cerca di onorare questo modo dipensare. L’enorme impatto sulla faccia della terra delle convinzioni religioseè lì a testimo- niarlo. Solo una sparuta minoranza, in realtà, per lo piùabitante dell’Occidente opulento e post-industriale, si permette, aquesto riguardo, forme insistite o incistate di scetticismo atrecentosessanta gradi. Se si vuol fare, tuttavia, un discorso di persuasivitàetico-politica, cioè un discorso che si fonda su una serie di evidenzeabbastanza facili da percepire per i più, allora il discorso sul bene inuna società pluralistica non può che essere centrato sugli esseri umani.Non certo sulla natura, la quale deve essere, sì, oggetto di cura, perché è ilno- stro “grande corpo organico”, ma, appunto, di una cura subordinataalla cura degli umani; non, purtroppo, su un Dio trascendente, perché nontutti lo riconoscono, perché di Lui, comunque, nulla possiamo sapere inlinea puri intellectus, eccetto l’esistenza sua, e quel che ne diciamoquanto alla sua essenza, ci divide più di qualsiasi altra cosa. Insomma,resta l’uomo come fine. In termini etico-politici, cioè di pragmaticapossibilità di stringere accordi potenzialmente universali, unaimpostazione come quella ad es. di Hans Jonas potrebbe essereaccettabile. Ma studiosi come Rawls o Habermas propongono strategie simili.Del resto, se questo primato antropologico venisse perseguito a fondo,sarebbe più facile per molti sentire in cuor proprio il bisogno divolgersi all’origine ontologico-metafisica della buo- na qualità deirapporti tra noi, anche perché una parte, almeno, dell’umanitàsicuramente continuerà a testimoniare il nesso tra la pratica dellafraternità e il rimando inevitabile ad una suprema e universalePaternità. Lì abita in ultima istanza il sacro-santo della vita. Ma quidevo lasciare in sospeso il tema, perché andrebbe nel senso della teologiapolitica, su cui è bene che sia altri a dire. 16. Ora andiamo altema della giustizia. Come è noto, l’etica pubblica si divide tra i so-stenitori del primato della giustizia come elemento procedurale e formaledell’architettura della convivenza umana e i sostenitori del primato delbene o dei beni come acquisizione “sostantiva”. Lo abbiamo accennatoprima. Io credo, invece, che si tratti di due “cifre”, la giustizia e ilbene, per nulla alternative, anche perché entrambe “originarie”. 17. Seben si riflette, appare sufficientemente chiaro che il giusto è un certorapporto, men- tre il bene è il termine di un rapporto. Giusto, poi è ilrapporto buono, mentre il bene non si risolve semplicemente nel rapportogiusto. Il rapporto giusto è solo uno dei beni possibili. I duesignificati, dunque, non sono propriamente equivalenti (il bene, ad evidentiam,ha una estensione maggiore), anche se l’uso linguistico tende a trattarliquasi in modo sinonimico2 . È vero, piuttosto, che essi in qualchemodo si determinano a vicenda, perché il bene non 2 È anche evidente chel’oggetto cui ci si rapporta è più importante del rapporto. Il rapporto è unarealtà inten- zionale, mentre il bene è una realtà ontologica.Naturalmente, anche la realtà intenzionale è in qualche modo 47 Peruna metafisica del bene comune può prescindere da un certo rapporto e ilgiusto non può fare a meno del riferimento al bene. E tuttavia, se è veroche il bene non può fare a meno d’essere un rapporto, ciò che neldeterminare il bene importa è, in primo luogo, la natura dell’oggetto cui ci sirapporta; parimenti, se il giusto non può fare a meno di una relazione aibeni (questo è specialmente evidente nella giustizia di tipodistributivo, ma poi appare anche in quella di tipo commu- tativo), lanatura del bene è per il giusto relativamente indifferente. Si può stare nelgiusto con beni piccoli o con grandi beni. Conta, appunto la natura delrapporto, cioè che si tratti di un rapporto in cui non manchil’uguaglianza (commutativa o distributiva che sia). 18. Che ne è dellagiustizia in una società veramente civile? La domanda importa che sitrovi un rapporto giusto per tutti, indipendentemente da una certa identitàculturale. Ora, che cosa è anzitutto giusto per qualsiasi essere umano?Ossia: quale rapporto un essere umano giudica come tale che non viola leproprie attese originarie di giustizia? La risposta obbligata mi parquesta: per un essere umano è anzitutto giusto o ingiusto ciò checoncerne l’immediato rapporto suo con gli altri esseri umani. E ilrapporto giusto è il rapporto che rispetta, anzi onora e quindi si prendecura della soggettività nella sua trascendentalità; è il rapporto chelascia essere gli esseri umani come tali, cioè non li riduce a oggettimanipo- labili; è il rapporto, per dirla kantianamente, che tratta unessere umano sempre anche come fine e mai come semplice mezzo. Abbiamogià detto che questo, universalmente praticato, è proprio solo delrapporto di riconoscimento reciproco, perché solo nel riconoscimento reci-proco le due (o più) soggettività si lasciano essere come tali. Bene egiustizia, dunque, qui convengono. Soltanto qui. E questo per il fattoche l’essenza di un essere umano è d’essere un rapporto. Egli è, dunqueil bene del rapporto e, nel contempo, il rapporto del bene, se sirapporta riconoscendo. S’intende, secondo le forme della finitudine. Non hointeso, con ciò, dimenticare la complessità e la difficoltà di trovarecriteri appropriati per la giusta di- stribuzione dei beni della terra.Non v’è dubbio che il concetto di giustizia passa, innanzi tutto e per lopiù, per questa pratica quotidiana. Ma la giusta distribuzione dei beni nonè che l’effetto, in parte, e in parte l’individuazione simbolica delgiusto rapporto tra noi, che è, appunto, il rapporto di riconoscimentoreciproco. 19. Giustizia dunque come riconoscimento della dignità di unessere umano, delle sue opportunità d’ingresso alla vita e del suo onestodisegno di fioritura. È a questo punto che può cominciare l’istruzionedel tema della libertà. La libertà non può che essere l’ultima delle treparole, e non la prima. Questo non significa che essa non sia altrettantooriginaria delle altre due. Significa solo che è ordinata alle altre due,mentre non è vera l’affermazione reciproca. Lo smarrimento diquest’ordine, che direi onto-etico, è forse una delle più grandi sciaguradella modernità. E noi viviamo ancora sull’onda di quella deriva. I modernihan- no fatto della libertà una magica parola, cui tutto dovrebbe esseresottomesso; ma la libertà, come prima ho ricordato, fa la dignità delgesto di un essere umano, non ne fa, da sola, la bontà, anche per ilfatto incontestabile che esistono, e come!, gesti di libertà cattivi.qualcosa e quindi ha una valenza ontologica, ma l’ha di seconda battuta. Un po’come accade alla verità rispetto all’essere. 48 CarmeloVigna 20. Una società veramente civile è possibile pensarla, solo se sioltrepassa la convinzione moderna del primato assoluto e incondizionatodella libertà e si accede al primato assoluto e incondizionato del benedi e per ogni essere umano (che comprende di certo anche la suacondizione di libero, ma non si riduce a quella). Né basta dire che la mialibertà finisce, quando comincia la libertà dell’altro, che è lo sloganpiù noto della tradizione liberale. Non basta, anzitutto, perché questoslogan confligge teoricamente con l’idea del primato incondizionato dellalibertà. La libertà dell’altro invocata come limitante è, infatti, unbene dell’altro; quindi la libertà è limitata, come dev’essere, dal benee non è affatto incondizio- nata. Solo il bene lo è. Non basta poiperché, riducendo il bene dell’altro alla libertà dell’al- tro, si tacedi tanti altri beni dell’altro che devono costituire, anch’essi, un limite allamia libertà. Non è sufficiente, infatti, che l’altro sia libero. Sel’altro è libero di morire di fame, e io sono libero di mangiare acrepapelle, la mia libertà è la maschera penosa e vigliacca di undelitto. Io mi approprio in esclusiva dei beni della terra che sono comuni e difatto escludo l’altro che ne ha gli stessi diritti. Così lo lasciomorire. 21. C’è un senso, tuttavia, secondo cui la libertà può esserconcepita come incondiziona- ta, ma non è il senso difeso dallatradizione teorica liberale: io la chiamo: la libertà del bene, cioè lalibertà di fare il bene3. Qui la libertà è incondizionata, perché gode, per unasorta di simbiosi, dell’incondizionatezza del bene. Poiché in una societàveramente civile, la libertà come arbitrio non può avere solo l’altruilibertà come limite, ma deve avere come limite tutti i dirittidell’altro, compreso certo anche quello della sua libertà, per questol’umana libertà deve farsi carico di tutto ciò che la giustizia invocaper l’altro. È questa la ragione per cui le società liberali sonoincapaci di essere veramente civili, nonostante l’abbondanza delledichiarazioni in contrario. Esse dimenticano facilmente, o meglio, occultano illato della cura e della giusta promozione dell’altro e così proteggono difatto le situazioni di- scriminanti, che sono poi la radice permanentedella conflittualità endemica. La situazione nordamericana è un esempioper molti versi eclatante. Sotto il manto della libertà, mes- sicani,asiatici e neri praticano in massa gli umili mestieri che consentono ai bianchiuna vita agiata. Sono liberi d’esser poveri… Più o meno come accade inItalia per la fascia degli immigrati extracomunitari. 22. Se lalibertà del bene guida l’azione, allora la mira è il bene dell’altro, cioèl’altro come bene. È anche il mio bene, ma di me come l’altro di unaltro. Solo così io posso conseguire, storicamente parlando, il massimobene. Sulle prime, questa affermazione può parere per- sino patetica:l’invocazione del “buon cuore” come regola di condotta in un mondo che ilpluralismo tende piuttosto ad indurire. Una riflessione accorta però è in gradodi far vede- re che il mio bene, cioè poi la mia fioritura di vita, puòavere senso solo se il movimento del desiderio verso l’oggetto a luiconveniente, il bene, appunto, compie il giro della referenza immediataall’alterità e di quella all’identità in modo mediato. Mediato, appuntodall’alterità. 3 Rimando di nuovo al vol. La libertà del bene, cit., estavolta spec. alla mia Introduzione, pp. 3-18. 49 Per unametafisica del bene comune 23. Provo a tirare in breve le fila del miodiscorso. Posso anche far presto, perché tutte le fila conducono, come siè di certo inteso, allo stesso punto: alla cifra del riconoscimento comeforma regolativa dell’esistenza degli esseri umani. Una società veramentecivile infatti è possibile, se i molti si onorano reciprocamente, cioèappunto, reciprocamente si riconoscono. È questo il senso primo (primoper noi) del bene comune. Nel reciproco riconoscimento, ognuno è signoredell’altro (in quanto riconosciuto nella propria trascendentalità, quindi comeoriz- zonte inoltrepassabile di senso) e ognuno è servo dell’altro (inquanto riconosce nell’altro la signoria del senso). Le forme democratichedi vita politica tendono ad approssimarsi a queste dinamiche più d’ognialtra forma. Nella democrazia infatti l’autorità del cittadi- no su unaltro cittadino è o dovrebbe essere semplicemente di tipo funzionale. Tuttisono eguali, cioè tutti sono signori, ma fatti signori gli uni daglialtri, mai da se stessi. 24. All’interno della cifra del riconoscimento,come regola universale, prendono un sen- so determinato, come si è detto,tanto il bene, quanto la giustizia e la libertà come realiz- zazione e,insieme, protezione del bene comune. Bene significa voler ciò che consentela mia fioritura di vita; bene è dunque volermi bene, volendo bene altricome quegli che tale fioritura in me rende possibile. Altri,naturalmente, solo che lo si voglia o, meglio, solo che lo si creda, puòessere scritto – dovrebbe anche essere scritto – con la maiuscola (la dinamicarelazionale è la stessa). Il bene comune in una società veramente civileè questo, essenzialmente. Giustizia significa rendere ad ognuno ciò chegli spetta (unicuique suum). Ma ciò che spetta ad ognu- no è anzituttod’essere trattato come una soggettività (trascendentale). Cioè come unessere umano in totalità. La reciprocità riconoscente è dunque il luogodella massima giustizia per ognuno di noi. Libertà significa non arbitrioincondizionato, bensì libertà di fare il bene. E poiché il primo bene,storicamente parlando, è l’esserci d’altri per me, libertà del bene vuoldire di nuovo libertà di riconoscere l’altro come il mio bene. Come il bene chetutti accomunaCarmelo Vigna. Vigna. Keywords: bein,essence, essenza, essere, intersoggetivo, tre tipi di intersoggetivo:trascendentale, oppressivo, istrumentale, being and becoming. Refs.: H. P.Grice Papers, Bancroft MS. Luigi Speranza, “Grice e Vigna: la regola d’oroconversazionale” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Vignoli: la ragione conversazionale della etologiafilosofica – della legge fondamentale dell’intelligenza nel regno animale –filosofia italiana – Luigi Speranza (RosignanoMarittimo). Essential Italianphilosopher. Filosofo italiano. Grice: “I spent quite some time observing aspecies of pirot: the squarrel – mainly I was in search of what Vignoli calls‘la legge fondamentale dell’intelligenza nel regno animale” – his ‘saggio,’ hesays, is in ‘psicologia comparata,’ but since it is vintage, I might just as wellrefer to is as being one in ‘philosophical ethology’!” -- Si trasfere a Milano.Insegna antropologia presso la RealeAccademia di Scienze e Lettere. Direttore del Museo di storia naturale. I suoi saggi apparvero su “Il Politecnico” esulla “Rivista di filosofia scientifica”. Due sue saggi hanno risonanza: “Dellalegge fondamentale dell'intelligenza nel regno animale: saggio di psicologiacomparata” -- e “Mito e scienza”. Nel1863 io terminava il mio saggio in-iiorno ad una Dottrina razionale del Progresso, inserito con una serie di articoli nel Poli- tecnico a Milano , diretto già da CarloCat- taneo , e poi ristampato a parte ,con queste parole e in queste sentenze,risultato di tutti gli studi e argomentianteriori: « Quésta libertà delpensiero cresce ^*B 9 terello, soqo antiche e> costanti nellamia mente. Onde due anni or sonoterminava la mia prolusione ad un corsodi Antropologia generale gratuito nellaR. Accademia scien- tifico-letteraria diMilano, al quale venni in- vitato dall'illustre professore Ascoli , gloriadella glottologia italiana — allora Preside di • quel chiaro istituto. « Siamo nuovi ancora si può dire neimo- «• derni studi, se volgiamo lo sguardoalle « altre nazioni che ci superarono ,ma i ri- « sultati ottenuti e che sivanno conqui- « stando, sono augurio chesapremo perve- « nire a quella gloriache un giorno sì chia- \ ramente cisegnalò tra le genti. Ma moltiRBPAZioini e per rispetto delpubblico ; e che infine fui sempreconsentaneo con i miei principi, cometutti possono toccare con mano dalla lettura dei brani sopra trascritti, e stesi alunghi intervalli e dal presente mioopùscolo stesso. Che se V ingegno ètapino , e il sapere non così vasto comevorrei, e come dovrebbe es- sere, lacolpa non è mia, né della mia vo- lontà: poiché tra i tanti difetti , che in mepossono annidare, l'ozio certo, e l'ignavia non vi si trovano:, perchè li sfuggii sempre,come la peste più oscena, brut a enefanda di tutte, e la più dannosa aiprivati ed alle nazioni. Milano, 12aprile. CAPITOLO PRIMO Sitixa;25Ìoiie« Posta la nostra società odierna tra duesette te- merarie e procaccianti)diverse d'origine, ma identi- che dipropositi nefandi e distruttori, i retrivi cleri- cali, e i demagoghi incendiarli, non maisoverchia riuscirà la solerzia, lavirtù, la virilità di atti e di concettiad allontanare e vincere i mali, sociali, mo-rali e materiali a cui esse mirano con tenacità for- midabile. Che se Tuna vorrebbe ridotto ilmondo a un cenobio e a una tristetebaide, l'altra procaccia che gliuomini ritornino alla selvatichezza preistorica, e alla squisitezza sociale delle caverne.Certamente le magnanime speranze di questitristi non si avve- reranno, poiché lamentalità umana, la libertà civile e lesuppellettili industriali tanto cresciute e potenti non lo concedono, e in Italia specialmente,ove l'in- dole, gl'istinti, il senno propriodella razza, e le ne- 14 CAPITOLOPRIMO cessità storielle assolutamentevi si oppongono ; ma tuttavìa è d'uopoavvisare ai pericoli^ e alle sciagureparziali^ addottrinati dall'esempio miserando di altre nazioni. I retrìvi e demagoghi sono gliestremi fa- ziosi e a cosi dire l'oscenae perversa caricatura dei due legittimifattori della vita civile dei popoli, e delloro intrinseco progresso, i conservatori cioè e gl'in- novatori, necessarii entrambi al perfetto emobile equi- librio delle forze, e alloro dinamico esplicamento : in quellaguisa che nella compagine oi^anica, e nel-l'esercizio delle sue funzioni, trovansi nervi modera- tori, e stimolanti, onde resulti quellaarmonia di ef- fetti che vita siappella. Imperocché come in questa siarresterebbe immoto il circolo animatore se l'ener- gia del freno prevalesse, e tanto siaccelererebbe da distruggere sé medésimoquando quella contraria ec- cedesse :parimente una nazione perirebbe, se V unol'altro dei fattori accennati rimanesse vincitore nella lotta, che l'uno la renderebbe mummia ocristallo^ mentre il secondo ladileguerebbe in vapore. La sa^ pienza ela scienza civile consistono quindi nel prov-vedere che un equo temperamento intervenga fra le due forze rivali, o a disporre le cose inguisa che l'una a vicenda con l'altraserva all'incremento del bene sociale, eal sempre più largo, e sincero eser-cizio della libertà civile e politicaMa a raggiungere questo arduo e nobile scopo l'in- tenzione e il desiderio non bastano: vuoisinon solò perizia grande d'uomini e dinegozj, animo pronto, profondaconoscenza dei fatti e leggi "Bociali, risolu- tezza impavida nelle difficili prove, onestàcostante di mezzi, magnanimo sprezzod'insulti e guerre voi- SITUAZIONE 15 gari; ma rìohiedesi altresì vasta e chiaradottrina sto* rica, e quel senso sicurodei bisogni^ dell'indole^ delle^piraadoni legittime. del popolo^ e limpida intuizione Clelia legge che regola i moti delle gentieuropee in generale; e di quellaitaliana in particolare* Or qui inItalia ì, caduti principati lasciarono copiosa eredità di elementi conservatori e retrivi, fatti piùrabbiosi •dal prevalere delleistituzioni ed istinti democratici^a^vviticchiàntisi con disperato amplesso al papato, che i loro rammarichi, ire, convinzioni, speranzerese dom- ina religioso, ultimostrumento alla assoluta sua si- gnoriavacillante ; méntre d'altra parte le inveterateabitudini cospiratrici, l'intempestive brame di utopie facilmente nascenti in popoli non assuefati alibertà, gli antagonismi regionalisuperstiti alla unificazione dei variiStati, le bieche e torbide imitazioni demagogi-che d'altri paesi, e l'arruffio anche di tristi, tengono la nazione incerta, rinfocolano odii diparte, e la spin- gono soverchiamente nelleavventure : e quindi tanto più difficileriesce l'impemare stabilmente lo Stato, econdurlo sapientemente. Traqueste due forze rivali, ostacolo al retto an-damento della cosa pubblica, rimane poderósa za- vorra, la maggioranza della nazione, laquale, aliena in parte dai mutamentiradicali, intenta alle private faccende,e guidata dal senso positivo delle cose, edagli interessi domestici, mantiene a cosi dire un mec- canico equilibrio nelle loro lotte, e fece siche sino ad ora né l'una, ne l'altraprevalesse : e la nazione perciò stette,e vinse prove che sbalordirono il mondo,e procacciò ai reggitori una gloria, che in fondo e in parte derivava dalla sua consapevoleinerzia. 16 CAPITOLO PRIMO Né si creda che io voglia, concludere nonaver ben meritato della patria coloro^che per vari v anni stet- tero al timonedella Bua nave.^ e che questa se noapericolò e. si sommerse nelle tempeste ove fu più di lina fiata travolta^ debba soltanto lapropria salute alla indifferenza^ o agliistinti conservatori delle mol- titudini: imperocché i fatti mi sbugiarderebbero, enon conoscerei affatto, o confusamente la nostra sto- ria contemporanea. Certamente EmilioVisconti- Ve- nosta che a più ripresediresse e in condizioni so- vente arduee perigliose i nostri rapporti con gli stra-nieri, seppe schivare con tatto fino, e con squisitezza^ di modi, non disgiunti da dignitosa fermezza,i rischi che ci minacciarono, sia dilusinghe subdole, di al- tere brame, odi tenebrose cospirazioni del Vaticano.E potrei pure ricordare con encomio altri, che con zelo ed onestà, si adoperarono a prò dellanazione. Né si vuole poi dimenticare ilgrande partito libe- rale, erede degliintendimenti di Camillo CavQur, il qualenei giornali, dalle cattedre, nelle concioni, nel parlamento con costanza segui in parte quellecaute e forti norme, che ci condusserosino ai tempi pre- senti. Ma tuttiquesti saggi consigli e propositi, edifatti che vi corrisposero, non avrebbero certamente salvato dai perigli la nazione, se lamaggioranza de- gli italiani col suocontegno fermo, l'indole non ec-citabile, e col veto, a cosi dire, della passività, non avesse resi vani i proponimenti, sventate letrame sotterranee, e lasciati in seccogli apostoli del di- sordine e deldispotismo : che anzi il più delle voltescossa da evidente rischio, segnò col desiderio espresso virilmente in mille guise, la via da tenersidai reg- SITUAZIONE 17 gitoli, e si può dire in un certo modo,che Ella fu che governò il paese, consenno suo proprio, e con quegli spiritiliberali che seppero infonderle molti va-lenti predecessori, e il grande intelletto del più grande ministro del secolo. E Camillo Cavour potè essere concreatore diun popolo,, perchè nella vasta menteraunò a cosi dire tutti i pensieri, leidee, i concetti, e nell'animo i de- siderii,i sentimenti, gl'istinti magnanimi di tutta lanazione che in lui si confidò : associandosi senza tema, o gelosa inquietudine, in momenti solenni,nell'impresa unificatrice a GiuseppeGaribaldi, che, quale soldato dellalibertà, fu a cosi dire la popolare poesia delnostro riscatto : egli fu grande perchè conscio dell'in- dole moderna dei popoli non si argomentò direndere libera e indipendente la patriacon mezzi termini, con sussidii di una oaltra casta e fazione esclu- siva, ma siarmonizzando in un solo pensiero, e adun solo e generoso scopo tutti i ceti, tutti i par- titi, tutte le forze vive della nazione, nonpauroso di sette, o queste trasformandoin leve poderose ad inalzare dalservaggio l' Italia : insomma ei fu grandee riusci, perchè senti tutti gl'influssi, vasti e potenti di un popolo intero: che sarà sempre, comeper il passato r«/n hoc signo mnces!^ dicoloro, che fecero e faranno operegenerose ed immortali nel mondo. MortoCavour rimase al governo il partito che avevaloajutato in gran parte nell'opra santissima della reden- zione della patria, il quale si propose e siargomentò di seguire quella via, chedischiuse la mente e l'o- perosità delgrande uomo, onde si compissero i fatidella nazione, e si raggiungesse il fine desiderato. Ma i18 CAPITOLO PRIMO se ilconcetto politico e Tindìrizzo del maestro fu com- preso, e seguito all'ingrosso dai successori,e la na- zione si dispose ad effettuarei suoi disegni, nessuno però deireggitori ebbe l'ingegno l'animo e lo spiritodel sommo cittadino, e comecché mandassimo ad ef- fetto difficili imprese, e si conseguisse ilmassimo scopo della indipendenza e unitàdella patria, pure alla lunga simanifestò a poco a poco nel governo, e nel vasto partito, d'onde visceralmente egli usciva, ildifetto di comprensione potente edintera, e di quel senso ge- neroso dilibertà piena ed operosa, ove si mostrò l'ec-cellenza del primo. Ne io* offendo l'amor proprio di alcuno di quelli che mano mano venneroimpugnando le redini dello Stato, conl'asserire che non raggiunse l'ingegno,la perizia e l'animo suo, poiché è cosa evi-dente di per sé stessa, e l'esemplare troppo noto e cospicuo. Ed in vero uno degli uomini chemaggior- mente fecero parlare di sé piùfrequentemente e sedette in scranna algoverno dello Stato, e si segnalò per varievicende, fu Marco Minghetti, conosciuto moltissimo eziandio dagli stranieri. Or bene, chi nonscorge a prima vista quanto ei siainferiore per molti versi al Cavour? Perquanto io possa avere dei contraddittorinon mi perito dire che il Minghetti è un mediocre uomo di Stato, in quanto gli manca ogni notache distingue coloro che nacquero atanto ufficio. Mente lucida esimmetrica, ma non acuta e profonda; belparlatore, ma più facondo che eloquente, animo più ostinato, che tenace, scrittore sensato eforbito, ma privo di nerbo e di venainventrice ; ambizioso, certonobilmente, d'aura popolare, ma incapace a raggiun- gerla : ondeggiante tra le diverse parti, nonabile SITUAZIONE 19 3f dominarle: non q;ristocraticp perproposito o arte di governo, mainclinato a riceverne di riverbero \^fosforescenza : e non facile a sentire i fecondi in? flussi del popolo. Che se per ora pronunziòraggiun^iQ il pareggio, e gli fu attribuitocome cosa sua, quando non una legge difinanza gli è propria, e la longa-nimità e sofferenza invece del popolo italiano ne è il più grande fattore, la freddezza eindifferenza con che accolse il paesequesta notizia, che pure dovevariempirlo di fervida letizia, è la miglior prova di quanto riserbo si senta per le cose suenell'animo degli italiani, e come eglinon abbia veramente radici nella fededelle moltitudini. Si badi però che io parlandosi schiettamente del Minghetti, come Ministro e scrit- tore, solo sindacabili in paese libero edalla stampa onesta, faccio e rendo omaggioalla sua vita priv^)t^, a.lla nobiltàdell'animo e delFingegno — e in altra oc-casione ne feci testimonianza — e al disinteresse per- sonale, che spiccò sempre anche posto algoverno della cratica, osservata egiudicata con occhio scevro daprevenzioni, e con animo non travolto da passioni o dA interessi parziali. Né facciano illusioneall^ intel- letto alcune singolepretese, o desiderii in paesi ove 24CAPITOLO PRIMO da poco la leggelivellatrice civile tolse i privilegid'ordini vecchi: imperocché tali avanzi archeologici di tempi irremissibilmente passati^ sono acosi dire piante morte, alle quali s'inaridiscono le radici, e che fra inuovi còlti, e rampolli rimangono in piedisenza vita e finitti, sinché cadano per intrinseco e na- turale sfacelo. Nella sola Inghilterra, emeno altrove, alcuni privilegiterritoriaU o ereditarii mantengono unordine nello Stato, ma già ne vennero scrollate le basi, e tra non molto anche colà, se ne sonoveduti i sintomi, e i desiderii legalmenteespressi testé, si dilegueranno deltutto. Quando nelle nazioni Tegua- litàcivile dei ceti si ottenne, e tutti vengono rappre- sentati in parlamenti elettivi, e la stampa èlibera, la necessità della democrazia ègià posta, e non può tardare a vincerein un avvenire più o meno pros- simo, aseconda dell'indole, dei costumi, e delle ra-gioni storiche delle nazioni. GHi ordini nelle società una volta spenti, o trasformati non sirestaurano, e mal si oppongono coloroche carezzano Tidea di un ritorno alpassato in ogni genere di istituzioni privi-legiate ; solo provano che non sanno la storia, né com- prendono i itempi che corrono, né antivedonoquelli avvenire. Che se nella caduta delromano imperio e per le invasionidelleif.orde settentrionali, il sorgerepoi del feudalismo si considera come un ritorno ad un patriziato ereditario, oltreché ilparagone non regge, poiché nella storianon si ripetono mai esattamente levicende e gli istituti d'altra età, or sarebbe anche quel fatto assolutamente impossibile, dacchémancano inteme ed esteme condizioni adawerarlo^E chi sup- ponesse che a ciòpotesse bastare Tinflìisso in^retto^SITUAZIONE 25 o la invasipnedei Russi; solo popolo che si accampiformidabile di fronte all'Europa mediana e occiden- tale, non conoscerebbe affatto le condizionicivili in cui versa la Russia.Imperocché per l'autocrazia di per séstessa sempre livellatrice, lo Czar attuale anche per intendimenti di civiltà tolse in gran parte iresti di privilegi con Temancipazione, ela franchigia dei servi, eguagliando) lepersone dinanzi alla legge, e quindi reseimpossibili una aristocrazia dominatrice. I Russi se in- vadesserc una parte d'Europa limitrofa alvasto impero, recherebbero per costumi eidee piuttosto principj comu- nistici,propri in alcune parti del loro organamentomunicipale, ampliati e resi più forti per le sette che formiolano nel suo seno, e che la rodono conmani- festo danno. Onde é vano sperareanche stando ai calcili meramenteempirici, e all'osservazione super-ficiae, che in Europa possa avvenire una restaura- zioiB del patriziato, come ordine distintoper dritti dal resto della nazione. Educimi che qua e là in Itala ed altrovein special modo tra giovani ram- polidejle vecchie, o più moderne famiglie gentilizie, riesca in alcuni un certo spasimo e languoreperle anicaglie, e si tenti quasi conamminìl^i araldici, dJricostituire unceto a parte, separandosi con ridi- cioanacronismo dal resto del popolo. La quale ubbia aguisce una ignoranza profonda della epocanostra, ci una nullità prodigiosa neinuovi, cxdtori dei ca- selli in rovina :Ut nomine Toagnifieo segne otium tlaret!per dirla con Tacito. Lungi da me il pen-iero di menomare il lustro, il decoro, la fama di tÉinte famiglie storiche nostre : sono anziil primo a riverire un lungo ordine didiscendenti che ai se- 26 CAPITOLOPRIMO gnalarono con la mente, o conle armi: questo è pa- trimonio privatoinviolabile } quanto altra mai prò*prietà, e fanno bene a tenersi care e onorate le memorie d'avi illustri, quando furonoveramente il- lustri, e vorrei che untal culto fosse sprone ad emu- larlinella eccellenza delle opere. Né la querela puòvenire oramai da invidia, e da astio, quatdo ordini distinti non esistono più, e tanto vale di&ccia alla legge e alla nazionerispetto ai diritti, un ciabat- tino cheun principe. Onde la gara tra patrizj e ple-bei non può più rinascere, in quanto > tutti aono po- polo: e se si parla di volgo, il volgo adessopuò tro- varsi in tutti i ceti, unicanorma alla stima sociale, essendo, laDio mercè, il valore personale. Parlo sol-tanto di quelli, e certamente son pochi, che invece di adoperare le loro forze, i loro ozj, leloro ricclezze ad egregio scopo sianelle arti, nella scienza, ielle armi,in ogni argomento di progresso civile, si tra-stullano con le ferraglie del medio-evo, sciupano tenpo e decoro, e si preparano una vita squallida,vana fu- nerea di mezzo a quella fervidache già erompe dslle viscere dellanazione, che farà cerna dei forti e nu)virampolli, disperdendo, non col ferro, col sangue, o al- tre nequizie, come gridano a squarciagola ipusila- nimi gli astuti, ma con laferrea necessità di la- tura e della sualegge di selezione, i neghittosi, e ca-boU di mente e di volontà. E tanto più desta meur viglia questa vanagloria di festucheblasoniche in 4- cuni, in quanto laeletta parte del patriziato italian dielargo tributo di sussidj, di sapere, di sangue A, nostro risorgimento, e si segnalò pergenerosa cariti di patria: ed anche oggimolti tra essi onorano TI- SITUAZIONE27 t^a e gli avi loro con operosevirtù cittadine, e qual*- cheduno con gUscritti e l'ingegno. Si ricordi che itre più grandi poeti della nostra epoca, animati da fieri e virili spiriti di libertà, Alfieri,Niccolini e Leo- pardi uscirono dalleloro fila; e del loro ceto fu pure ilpiù grande, e liberale Ministro della età nostra (!)• Altri s'immagina che la democrazia siairrazionale mente livellatrice, e laconfondono con le utopie co- munistiche,impossibili ad effettuarsi, e non mai ef-fettuate : onde rimpiangono i tempi passati, ove tutto era ordine e casta distinta, e già mirano legenti* eu- ropee in un non lontanoavvenire, o mummificate ed immote in unasterile eguaglianza assoluta; ovveràscatenate in passioni furibonde spargere dappertutto fiamme, mine, stragi, ed avverarsi ilfinimondo. Tali piagnoai, o gufi dicattivo augurio, provano una cosa sola,ehe non intendono nulla; prendono l'accidenteper li legge, il particolare pel generale, il deviare di una jetta pel costume dell'universale, e iloro sogni per i&altà. Certamente sequesti conservatori dirigessero le sirtidei popoli, le tristi scene e nefarie che non a (1)11 giovane patrizio Alessandro Piola,seguendo Tesempio della egr^ia e chiarafamiglia, dio alla luce neirannò scorso un libro di eeoDmia, che certamente merita di esseresegnalato. Che se al- cuil non potràcondividere tutte le idee, o ascriversi assolutamente ai luoi principj, trovansi nel suo trattatocose ottime, e ricerche fate con lungostudio ed amore : e fanno onore a chi le scrisse. Or be^e nessuno intraprese a parlarne, eziandiocriticandolo. Questo si- bilo non é buonsegno : V esempio era eccellente anche per Tori- fiée e il ceto dello scrittore: nò dovevatrascurarsene ropportunità^ .nchecivile. 28 CAPITOLO PRIMO guari inorriditi vedemmo in altri paesi;inevitabil- mente accadrebbero, e consempre più frequente ri- petizione; magovernandoci con altri intendimenti econ più larghi e generosi propositi, quei mali diver- ranno sempre più rari, e impossibili. Delresto a nessuno che abbia fior di sennoverrà in mente mai, o cre- derà, chenelle cose umane possa affatto il male evi-tarsi, quando lo scopo a cui deve intendere ognuno, si è il procacciare di sminuirlo con costanteoperosità. L'età d'oro e di ogni bene, imiti e i poeti la posero al principio, oalla fine del mondo; e ragionevol-mente, perchè dell'una non ci ricordiamo,^ all'altra non siamo ancora pervenuti. La democrazia, intesa come vedremo, trapoco, mentre suscita tutte le forze vivedella nazione, pone in moto tutti ivalori, fa con rapidità ricircolare nelcorpo sociale i beni avvivatori, e tiene desta la mente di tutti nella universale concorrenza avantag^o poi di tutti, non livellamatematicamente le rjmsse, come coneleganza di eloquio, e con dignità cristiana chia- mano il popolo : poiché nella libera attivitàdi i cia- scuno, sorge unadisuguaglianza proporzionale, 6 l'a-ristocrazia legittima, cioè dell'ingegno e del valor per- sonale ; ed appunto perchè personale non laperpetua con violenza alla verità e allagiustizia, nei succes- sori. Onde itimidi del livello si rassicurino ; se lunnomente, vigore, volontà possono saUre nelle società de- mocratiche, con più decoro, al sommo dellaglorii, o del legittimo potere, quantoai tempi dei paladin: di Carlo Magno. Seuna cosa hanno da temere, temtno diquelle dottrine, che frapponendo violenti ostacoU alla libera esplicazione delle potenze eattività uman^^ SITUAZIONE 29 raccolgono legna agli incendii futuri, epreparano le bufere sanguinose dellerivoluzioni delle plebi maneg- giateallora dagli arruffoni e dai demagoghi.La vittoria della democrazia, e il suo regno du- raturo nelle nazioni civili, dipende dallanatura me- desima del principio che lainforma, che è un por- tato necessariodella evoluzione sociale, e la distinguedalle democrazie antiche , e da quelle che sussegui- rono al rinascimento dei comuni nella etàmedia di Europa. La democrazia moderna èl'effetto di leggi non solamentesociali, morali, economiche ìiella signi-ficazione loro ordinaria , ma di leggi antropologiche, che s'innestano, e s'immedesimano a quellenaturali, che governano l'evoluzioneintera delle cose che sono. £ questonesso, questa identità analogica della espli-cazione delle razze e istituzioni umane, con le leggi che signoreggiano la dinamica universale degUesseri fii da tempo avvertita, e nellaGrran Bretagna, Ger- mania, Francia,Bussia stessa ed America ha validicampioni che la sostengono, e sarà certo la scienza sociale avvenire. Coloro, che adessosequestrano e di- vidono i fattisociali, morali, storici dalla generaleforma evolutiva dei varii fenomeni, nei quali, a dirla col grande Poeta, si squaderna la vitadell'Universo, come se consistesseroimpomati in sé medesimi, e se- paratidal mondo, non se ne intendono; e mal com-prendono l'alto e nuovo valore della scienza attuale, e vìvono ancora della vita postuma dei nostriarca- voli^ E si badi che io non ripongotra i cultori dei nuovi metodi storici,e della nuova scuola dinamica, ivaporosi filosofi egeliani, od affini, che sbalordi- rono per poco il mondo con le loro teorichesperti- 30 CAPITOLO PRIMO caie e temerarie^ e lo stomacarono poinegli stessi paesi ove nacque : teorichesi disformi dall'indole delle mentiitaliane^ e piuttosto delirii,. che scienza; ma si bene io intendo parlare di quelli, chemediante norme osservatrici esperimentali, e con la sovrana leva del-l'induzione, virilmente applicati (secondo gli esempii ed i canoni del divino Galileo, che primo neimoderni tempi ruppe non solo nellescienze fisiche, ma per analogia inquelle organiche e morali stesse, i clau-stri e i ceppi scolastici del pensiero, e le arbitrarie quisquilie a priori) seppero, io dissi,ricondurre la mente alla realtà dellecose in ogni ordine della scienza, edare base solida alla enciclopedia, che deve essere l'interprete, e lo specchio sincero, eintellettivo della jiatura. E certo alcuno non sarà si tracotante danegare gli splendidi effetti e leportentose applicazioni che tali me-todi in ogni ramo d'arte, di industrie, di scienze produs- sero, e quanto se ne avvantaggiarono eziandioquelle di- scipline che sembrano agliuomini superficiali maggior- mentealiene à^ quei procedimenti : poiché tutto il bene materiale e morale e la stessa vittoria dellalibertà ci- vile e politica nei presentitempi, è dovuta per chi ha fior disenno, a questo sovrano e indipendente indi-rizzo della ragione. Io so che molti, che si dicono con sorridente compiacenza di sé medesimi ,positivi , e fanno professione di argutorealismo, e canzonano co- loro che nonpartecipano alla loro innata divinazione,trattano quasi da allucinati , e di spiriti perduti nel vano delle sottili astrazioni, quelli che daifatti ri- salgono alle leggi, dallanorma sensata degli atti so- ciali aiprincipii che ne governano l'esplicamento ,SITUAZIONE 31 daUa esperienzagiomaUera dei negozii privati e pub^blici, alle profonde ragioni che li rendono inevitabili. Ma di tali Tersiti della scienza^ la scienzaha fatto giustizia^ e non ne possonocertamente arrestare il corso trionfale.Quando ci mostreranno che la scienza^qualunque sia il proprio obbietto, è una raccolta inor- ganica di fatterelli, e di qualche regolucciametodica : che le varie discipline nonabbiano tra loro alcun rapporto, e sienodisposte una dopo Taltra, senza in-trinseco legame, come le pietre migliari, avranno ra- gione : e allora confesserò contrito che ilmanuale che accatasta, equilibrandoli,sciolti materiali, ne sa più diArchimede e di Newton. Ma ritornando alnostro argomento della natura dellademocrazia moderna, ripeto che ella si disformada quelle che con tal nome si ebbero pel passato. Nell'antichità stavano in generale di frontedue or- dini di cittadini, ordini più omeno distinti, gli ot- timati e leplebi: e il valore di queste si argomen-tava nella lotta contro i primi, che resistevano ad una eguaglianza di diritti in parte civili, inparte pub- blici, ereditarli nella loroclasse per lungo corso di tempo: e,condizione sociale rilevantissima, vivevaal di sotto di esse, un immane numero di schiavi, i quali attendevano, mere macchine animah, allapro- duzione delle cose necessarie,utili e superflue, ed an- che alle arti,e agli uffici indispensabili alla civileconvivenza. Nella età media le lotte dei borghesi e dei castellani sotto altra forma è vero, malotte di potenza, eguaglianza esopreminenza politica si rin.- novarono,e se schiavi nel significato antico non c'e-rano, rimanevano però i vassalU e i servi della gleba : 32 CAPITOLO PRIMO ed U lavoro stesso nelle città libereveniva in ogni maniera vincolato dallemaestranze e dalle corpora- zioniartificiali dei travagliatori. In tali società cer- tamente non esisteva esplicito un principioche in- volgesse la necessità di unavittoria definitiva della democrazia^ edì una forma civile di evoluzione dellaoperosità di tutti^ e dello Stato medesimo. Non vi ha dubbio che fin da quelle epoche lontane ilprincipio generatore della democraziamoderna non operasse ; e le condizioniintermedie non fossero per cosi direanelli e spire per le quali andasse svolgendosi con irresistibile moto. Or quasi dappertutto inEuropa quelle condizioni cambiarono: gliordini distinti si ruppero, e si fuseroin quello unico dello Stato: le arti, leprofessioni divennero libere e comuni: il pa-triziato perdette i suoi privilegi, come fu costretto a svestirsene il clero, ed una uguaglianzaperfetta e vir- tuale dinanzi alla leggesi estese dai sommi agli imi, dal riccoal povero, dal dotto all'ignorante, dal ma-nuale sino ai maggiori uffizii di Stato. Quindi nessun ordine di cittadini potendo consistere eperpetuarsi per via di privilegi, e tuttidovendo personalmente bastare a sestessi, privi di appoggio artificiale che inqualunque evento ne garantisse il possesso, rimane che runico principio che informa e mantienela so- cietà moderna nella eguaglianzalegale assoluta dei cittadini, è illavoro nella indefinita molteplicità dellesue forme: il lavoro, etemo generatore di tutte le cose, spirito vivificatore del mondo, artedivina che tutte le cose produce, eprodusse, e le spinge, le evolve asempre nuovi e splendidi effetti: il lavoro,il quale elevò alla loro altezza morale e intellettuale SITUAZIONE 33 Tuomo e la società, e li redense: confortoe premio nel tempo stesso; causa edeffetto della democrazia moderna, egaranzia perpetua della sua durata, e deisuoi progressi. Le lotte controgli ordini- privilegiati, del popolo, edelle plebi serve con Teguaglianza civile cessate, a poter vivere e durare rimane a tutti e inevitabileil lavoro : e poiché questo è libero,chi non vede , che per la inesorabilelegge della selezione naturale, il neghit-toso dee alla lunga scomparire, anche per la radicale divisione dei beni tra i figli, e lasciare ilposto agli operosi : provvidenzialemagisterio del mondo, che una legge fisicae organica, si trasmuti socialmente in unagiustizia morale! La democrazia moderna è invinci- bile per* questo appunto che tutta quanta s'impema e vive nel lavoro, resoformidabile e irresistibile nei suoieffetti dalla eguaglianza di tutte le classi; onde ogni specifica distinzione anteriore dellediverse forme di Stati nel loro internocomponimento sparisce, e ri- manesplendida per tutti, chiara e nobilissima quella di popolo, che tutti comprende, tutti inalza,tutti re- dime in un alto e dignitosonome : in quella guisa. che uno pure neresta il principio vivificatore, premio aibuoni, minaccia ai tristi e agli ignavi che lo dispre- giano, il lavoro. A questa conclusione difatti e di ragioni storiche e socialiprovenne la razza nostra per una lentaevoluzione delle sue potenze, governatada leggi fisse organiche e morali, che poi tutte in una si convertono, nella costante esplicazionedelle forze in ogni ordine di fenomenidalla genesi siderale sino allacostituzione della città moderna. Or vedasi quanto fanno mostra di avvedimento, di senno, disapere co- 3 34 CAPITOLO PRIMO loro che si argomentano e sperano diricondurre le società presenti allaforma di quelle passate, sia va-gheggiando le antiche repubbliche, o più tristi le mi- serande anticaglie del medio evo. Arrestareil corso dei firmamenti, la produttivitàdella natura, mutar le sue leggi, sembraa tutti impossibile, e concetto di mentestravolta: orbene, altrettanto impossibile ò il far re- trócedere la umana società, e rifare ilcammino per- corso, e ritornare don^departimQio. La legge del moto sociale èinvitta ed etema ; Tonda trasformatrice dellavita passa e non rinverte — Spingete, o retrogradi, pure rocchio d'intorno : nessuna ordaselva^a, o po- polo rozzo, che possa,invadendo, ripristinare le squi- sitezzefeudali: all'interno con F eguaglianza assolutae col lavoro che la nutre e la difende, nessun modo di elevarsi a casta dominatrice : poichà se >lo tentassero, sarebbero dispersi inpochi giorni dal genio libero einsofferente di privilegi moderno : genio non sorto da condizioni speciali o da particolarinecessità in un breve giro di mura, diprovincia, di popolo, ma ef- fetto ecompimento di una legge eterna, in tutta la razza nostra. Quindi sono vaghe lusinghe, sperperodi fanta- sia, sogno sterile, e cheuccide miseramente il sogna- tore ;poiché mentre ei si travaglia in un lavoro impro- duttivo e chimerico, altri si inalza conquello maschio e fecondo, e rovescia chiperdeva il tempo a insidiarlo. Alcunopotrà credere forse che in altri paesi d'Eu-ropa la legge che noi abbiamo formulato non valga, o sia lontana ancora dal compimento come danoi latine nazioni, avvenne più o menoperfettamente. S'inganna! — Della piùlontana jRussia parlammo, e vedemmo cheivi pure oramai l'eguaglianza si ef-SITUAZIONE 35 fettuava, e conla eman■ \U 4à'"fe. iSX I \ \CAPITOLO n. Ideet dello Stato. Definita liella sua natura^ nel suo valorestorico y e per la sua genesi la modernademoera^a^ e fatti certi ohe ellaconsiste e si fonda sulla eguaglianzaassoluta dei diritti ciyili « politici di tuttì^ e sul la- voro libero, indipendente e affatto personde,vedia- mo quale sia la forma genkulna enecessaria dello stato che visceralmentene germo^a, e quale l'idea che delmedesimo se ne svolga, e si disegni. Tralapevsonate egualmente. Quindi il diritto di proprietà 44 CAPITOLO II è ìmplicitameiite contenuto, eidentificato a cosi dire nel diritto allibero esercizio delle personali potenze,poiché il lavoro, che è la condizione assoluta della vita e della libertà delle società moderne,non si con- suma soltanto nel suo attopresente, ma si continua negli effettisuoi, giacché in essi restarono scolpitiinerenti, consustanziati gli atti successivi via via delle potenze che li produssero. Imperocché se prodottoun oggetto, od attuato un fattoqualunque economico , materiale ointellettivo, cessa il lavoro della facoltà,e dell'arte nostra a produrlo, egli è perciò ancora una emanazione della nostra persona, fa partedella me- desima, nò potrebbe essermitolto gratuitamente, e di forza, senzache venga io stesso violato in una apparte-nenza della mia propria persona : ed è appunto per questo che TeguagUanza vera, e la condizione sua, illavoro, fattori della libertà privata epubblica, presuppongono la proprietà, ela proprietà dei prodotti: onde nel la-voro libero, abbiamo non solo un principio economico, ma giuridico. Ed in vero se la proprietà,prodotto del lavoro, o la possibilità dipossedere stabilmente secondo i canonidella legge di eguaglianza, non fosse unfatto, un diritto d'ogni singolo, eguaglianza e la- voro sarebbero nomi vani, e la proprietà comefu du- rante secoli molti un privilegiodi pochi, e di caste. Quindi i comunistie socialisti che distruggono o vio- lanoper arbitrarie teoriche il diritto pieno di pro- prietà, distruggono a un tempo eguaglianza,libertà e lavoro, annichilando gUeffetti della evoluzione ge- neraledella società umana, *e spegnerebbero ogniprogresso. Ma l'uomo vive di libertà, e a libertà si muovono le genti, e con la libertà alladignità mo- IDEA DELLO STATO 45 rale e intellettiva: senza eguaglianza didiritto^ che piresuppone lavoro, evirtualmente proprietà, libertà ebenessere non sussistono: il principio loro quindi riinane sempre economico, in cuiimplicitamente è contenuto e connaturatoil giuridico. Le attitudini umane sonosvariatissime e molte> plici:'leindoli diverse, dissimiU i desiderii, le aspi-razioni, gli scopi, come distinte le condizioni econo- miclie di ciascheduno ; onde nasce e pullulauna infi*- nita varietà di lavori, diatti, di esercizio, di prodòtti, di garache avvivano, rimutano, conunovono e corro-borano la società, ove lìberamente possono effettuarsi. Ma per la ragione appunto per cui tutte questeatti- tudini e facoltà debbono pellibero lavoro esplicarsi^ ed operare inuna società d'uomini eguali virtual-mente in ogni diritto fra loro, sorge la necessità di rispettare reciprocamente il lavoro, e il suoprodotto in ciascheduno: il che implicanel diritto il dovere^ e la ragionereciproca loro. Imperocché sarebbe af-fatto vana illusione l'eguaglianza^ e con essa la libertà del lavoro, e la proprietà deiprodotti, che indi risultano, se a tuttivicendevolmente si conce- desse di violareTesercizio degli ^ altri ; ed- illusionesarebbe pure l'effetto della legge di evoluzione sto- rica, che in quella eguaglianza di diritti siconchiu- deva, e sciaguratamente inutilitanti sacrificj, tanto sangue, tanteviolenze sofferte € superate dai dere-litti lungo i secoli, per conquistarla. Quindi come nel fette economico del lavoro, era implicito,inchiuso, consustanziato quellogiuridico, cosi c'è pure involuto fula forza, 3 l'utilità immediata reciproca. E si badi che io sono lontano dall'affermare — e comenpl sa- rei, se il sipposto è ridicolo?— che questa forza, questa utiltà, causae tutela delle prime aggrega- zioni,foss3 voluta per deliberato proposito e cosciente degli sciani rozzi a selvatichi : che nullanelle ori- gini umaae avviene peresplicito divisamente , ma tutto petspontanea evoluzione delle potenze nostrenella coitorrenza e operosità loro, secondo ragioni di luogo, di tempo, di razza. Verità che nondee mai dimenticarsi, e canone storicoda non mai trascurare da tutti,!chedesiderano raggiungere con certezza lereali ori(ini d'ogni umana istituzione e credenza. Quandoinvero le intelligenze dei singoliuomini pri- mitivi fano si umili, e sìnel senso implicate, e le volontèrsìpoco esplicite per razionale valutazione dimotivi e mentre le necessità di natura, d'altra parte, appar^nen ti tutte alla conservazioneindividuale gli spingv^a ad aggregarsi,nessun altro stimolo, oltre la legglegame che quello della forza sia di uno o di 58 CAPITOLO II più a norma dei varii modi di ordinarsivaleva a te- nerne stretta laconvivenza. In quel primo stadio, inquella prima forma se possa cosi chiamarsi, distato, nessun principio teocratico, mitico, simbolico era sorto , dappoiché le intelligeme eranoancora troppo chiuse, e involute e nonpote-^ano sollevarsi a quelle idee,proprie d'altre età, e coniizioni psicolo-giche successive. In questo stadio gF Stinti animali prevalevano, e la mente sordamente 02 CAPITOLO H v.\ in quando tra essi sorgonoingegni che o per senso di umanità^ oper ambizione personale, o sete di glo-ria si fanno campioni di più giuste leggi^ e preparano i rirolgimenti sociali. Al di sotto di questiordini su- periori^ altri minori stannosinché si giunga alle plebi, le quaUbenché non serve, pure non usufruiscono ditutti i diritti dei primi, e per ultimo vive una mol- titudine di servi, cose e non uomini. Ortutto questo immenso numero di menoprivilegiati, e di servi, men- tre èmateria infiammabile per chi nacque in alto, evuole per buono o malvagio fine adoprarla, essa stessa é spontanea artefice d' insurrezioni orivoluzioni so- ciali, che conducono inultimo alla eguaglianza delle persone edei cet^. E ciascuno sa, come sempre in unmodo nell' altro , continuamente ciò avvenne , per lungo corso di Secoli : fatti chepredispongono ed av- viano lo Stato allaterza sua forma, la simbolica. Inquesta novella forma in cui si risolve l'ideadello Stato antecedente, i diversi ordini e poteri, co- mecché permangano ancora nominalmente,cangiono però d'origine e d'indolepropria per la comune egua- glianza chequasi si raggiunse, sancita dai nuovi co-dici e dagli Statuti. L'investitura divina del supremo potere, la quale a sua volta istituivaordini, e dele- gava uffici in virtù diquesta sublime prerogativa cessò quasi,rimanendo ancora, qualunque sia il nomedel governo, soltanto come fede pubblica, nella ele- zione continua ed ereditaria delle famiglieregnanti non solo per volontà nazionale, ma si per la divina grazia. Il qualepresupposto teologico però per l'in-cremento della mentalità, ed il progresso intellettivo della cittadinanza , ed un sentimentoimplicito nelle IDEA DELLO STATO63 classi inferiori della 'eguaglianza civilei anche quando e dovenon si rese universale , divenne piuttosto unsimbolo sociale^ . che una fede positiva ad un fatto re- ligioso^ come per il passato. In qualunqueconfessione religiosa tra i popolicivili , l'adagio che ogni potere vieneda Dio, come ogni evento è signoreggiato dalmedesimo, resta nella fede e nella abitudine generale degli spiriti eziandio allora che il pensierotanto si aflfòrzò, ed emancipò dadileguare ogni mitica rappre-sentazione, -e valutare più razionalmente le leggi della natura e quelle che reggono i moti del mondosociale, dove veracemente il principioetemo si matdfesta. Onde Tidea di uninflusso divino , e di un regimeprovvidenziale immediato negli ordini politici perdura nel nuovo concetto della vita dei popoli, ecinge per cosi dire di una aureolareligiosa le persone che eser- citano lepiù alte funzioni dello Stato: benché a que-ste non presiedano più , tranne la famiglia domina- trice, classi privilegiate, che ne ereditanogli ufficii. La quale discrepanza tra leidee e le cose , tra gU ufficii e lepersone , tra la costituzione razionale , adir così, dello Stato , e le abitùdini degli spiriti nel supporlo preordinazioni divine, dà vitaappunto alla forma simbolica, di cuidiscorriamo. Le leggi razio- nalmentesono discusse e ordinate, i poteri dello Statosi esercitano in forza di queste leggi, le persone che gli rappresentano non sono più identificatecon I me- desimi, il sentimento dellalibertà umana è profondo, e quello dellaeguaglianza dei cittadini dinanzi allalegge, diviene una verità sempre più chiara, amata e voluta; ma pure ogni grado pel quale sìascende dalle funzioni infime allesupreme, è vivificato da una 64CAPITOLO U rappresentazione simbolica^ ove continua sotto una certa formafantastica e incoscente, la mitica e tee-cratica natura dei poteri della fase anteriore. Cosi la grazia divina pei principi, Temanazione dellagiusti- zia persoi^ale, la permanenzalegale, se non privile- giato,dell'ordine patrizio, e la facoltà di aggiungere membri al medesimo con titoli vecchi, lacostituzione dei diversi poteri comeentità sostanziali, e via discor- rendo,sono tutti simboli sociali a cui si attribuisceun valore pubblico, mentre in sostanza le* condizioni civili e intellettuali del popolo ripugnano aqueste credenze. Questa forma simbolica della idea delloStato per- chè si effettui e simanifesti, è d'uopo che l'egua- glianzadei cittadini nel giure civile, se non in quello politico, sia raggiunta: poiché il simbolosottentra ap- punto allapersonificazióne effettiva di una emana-zione o delegazione divina neUe famiglie, o ceti pre- posti al potere, e con esso quindiidentificate : perchè il sentimentodella eguaglianza comune già esplicitonelle moltitudini, e legittimamente stabilito nei rispetti civili, scassina, abbatte, ruina l'idoloteocratico che dianzi regnava: onde laforma simbolica dello Stato è propria diquelle nazioni civili che avanzarono nellademocrazia, e preposero agli ordini e ai moti sociali del medesimo un principio affatto razionale:come si vede , a modo di esempio , inquasi tutti gli odierni Stati d'Europa.E quindi mentre gl'intendimenti piùesplicitamente manifesti, verso l'eguaglianza, là libertà^ la rappresentanza nazionale prevalgono nelgoverno della cosa pubblica, e nellaformazione delle leggi,contemporaneamente perdurano formolo, fatti, istituti IDEA DBLLO STATO 65 che con quelli intendimenti sono incontraddizione^ e che solo hanno ragionetransitoria di vita, in quanto sono merisimboli di più antiche credenze , dommi ,costumi. Cosi molte formule di diritto e di procedura, d'investitura agli ufficii, e viadiscorrendo, come crea- zione di nobiltànuova, distribuzione di titoli, ordinicavallereschi, le quali cose tutte non avendo oramai alcun valore reale e positivo, restano comemeri sim- boli nella costituzione delloStato. Se, come dimo- streremo, cagionee fonte di questa terza forma, fu ilprincipio di eguaglianza civile, ed un sentimento più esplicito della libertà morale egiuridica, che di- struggevano gliantichi idoli, egli è un vero progressodi fronte alle forme antecedenti, ed una ultima pre- parazione alla forma pura e razionale deUademocra- zia futura, o a quella che i^oiappellammo funzione: e già ne delineammoper sommi capi la natura, el'organamento. In questa ultima forma che è quella verso cui corrono le società moderne, peradagiarvisi completamente, effettuandonein ogni singola parte il principiogeneratore, i simboli cadono, come cadde laforza, ed il mito, e la saldezza dello Stato dipende e rampolla da una legge naturale diesplicamento ne- cessario delle societàumane, intrecciantesi con tutte le altreche armonicamente compongono e reggono rordine universale. La quale legge riassumendo in sé stessa tutto il valore morale, giuridico,economico della operosità singolaredell'uomo consociato in poli- tico ecivile ordinaùiento, possiede di fronte alla ra- gione particolare e sociale quella assolutaautorità, che per l'innanzi fondavasi infinzioni legali, o nella forza.Imperocché nella democrazia moderna ogni po-5 66 CAPITOLO n tere emana legittimamente dal popolo,chiamato nei suoi liberi comizi, comeogni delegazione di nfficii deriva dalui direttamente o indirettamente: quindinella quarta forma dello Stato, ogni potere rampol- lando dal fette concreto del suflfragiocomune, ed ogni delegazione agli ufficiiper essere legittima ed auto- revole perdiretto o indiretto fecendosi dal medesimo ;e i varii ufficii costituendo le funzioni che via via s'in- gradano a sempre più alto valore, a comporrenell'in- sieme loro il vivo organamentodella nazione, non vi ha più luogo aqualsiasi finzione, e cade pure la pe-ricolosa nozione dello Stato , come astrazione legale : la quale fu più volte cagione d'errori , disventure , di tirannide mostruosa.Imperocché rese possibile Tin- camazionedello Stato in una persona, secondo la vanae stolta sentenza del più fastoso e pernicioso dei de- spoti francesi; e die e dà occasione alleteoriche e conati impossibili emicidiali della civiltà, dei comu- nistie socialisti di tutte le epoche storiche.Or se riflettasi e s'indaghi quale sia stato il prin- cipio trasformatore della costituzione delloStato per il lungo corso della storia inqueste quattro forme che assunse ,vedremo di nuovo mostrarsi il senti-mento, il concetto, la vittoria mano mano della egua- glianza morale, civile e politica tra gliuomini, che a poco a poco ridussero e spenserola prevalenza della forza, distrusserogli ordini e i poteri privilegiati, dis-sipano i simboli che ancor rimangono ad offuscare la pura razionalità civile, e preparano lavittoria della libertà e della legge intutte le classi dei cittadini. Onde,abbattuta ogni finzione, autorità arbitraria, mito, simbolo, privilegio, resta a sussidio unicodi esistenza. IDBA. DELLO STATO67 di progresso economico,intellettivo, e di libertà, il la- vorolibero, che come provammo fin da principio, èil cardine e lo spirito creatore delle società moderne: e quindi seguendo il corso della evoluaionestorica dello Stato in Europa, e nellerazze che la popolano,* e che via via siallargano a vivificare le altre partidel mondo, si pervenne alla medesima conclusione , cioè che il sentimento del^a eguaglianza cheha per strumento il lavoro fisico-intellettuale,e la sua estrin- secazione in un fattogiuridico , è il resultato, come è ilfattore di tutta la storia antecedente: e la de- mocrazia, forma attuale e necessaria dellesocietà mo- derne, è l'effetto per unaparte , e il principio per l'altra, delgenerale incivilimento. Noi dicemmo chele nazioni moderne riposano tutte sopra un fatto e un principio economico , poiché riposanoinevitabil- mente e s'impemano nellavoro , ed in questo si ri- solve tuttoquanto il valore e l'ordine della attualeiTOLo ni metterebbe Fattodella più violenta tirannide, e lademocrazia civile non sarebbe phe una turpe copia di quei sistemi d'intolleranza, cui ellacombatte da secoli. Quindi ovel'eguaglianza giuridica del cit- tadinoè un fatto, e la democrazia prevalse, la li-bertà di coscienza, o la inviolabilità del foro inte- riore, è una condizione della sua legge, è lasua es- senza medesima. Noi abbiamo adunque in Italia nemico allaunità nostra, alla indipendenza, allalibertà, il Papato, che da pertuttod'altronde si pone come tale di frontealle nazioni, e al pensiero : e poiché il Papato è una istituzione rehgiosa, la forma di un sistemaspirituale di credenze, una fede, cosìper lo Stato importa, come sentimentoindividuale, una inviolabilità assoluta pelprincipio della libertà di coscienza, condizione impre- teribile della vera democrazia. Quindi acombatterlo abbisognano armi adeguatealla smisurata potenza, e che nonoflFendano i diritti dei cittadini. L'unico stru- mento, l'unico modo di lottare, e di vincere,è la.di- visione assoluta, ma veramenteassoluta dello Stato dalla Chiesa: nonce n'è altro, né vi può essere, chetutti si romperebbero dinanzi alla sua forza. Le per- secuzioni, le minaccie, l'intromettersi adogni ora nelle cose attinenti strettamentealla Chiesa, non lo debilita, loinvigorisce, perchè la fede della maggio-ranza ingigantisce nella fantasia il castigo, e lo tra- sforma in martirio, e tronca i nervi alloStato. Ogni ingerenza di questo sia afavorire una parte del clero, perabbatterne un' altra , è seme di futuro danno,è un intricarsi in un dedalo senza uscita, è un ap- poggio indiretto alla istituzione che vuoisiconibat- PROPOSTE 79 tere. Lo Stato^ nella democrazia moderna,appunto perchè sorto e informato daquesta, dovendo tutelare con forza escrupolo la libertà di coscienza, dee es-sere indifferente alle varie forme di fede, di culto: tutte sono eguali dinanzi a lui: e la suaoperosità e ingerenza in queste materiedee solo versare nel- r impedire che ivarii culti con fatti si cozzino, e siosteggino, ed offendano cosi la generale libertà di co- scienza. GHi ordini e gli atti religiosi ecivili pos- sono nello Stato modernovivere insieme, ma assolu- tamentedistinti, senza mai confondersi, senza mai ,come erroneamente si crede, a vicenda rafforzarsi; essi sono indipendenti l'uno dall'altro. Lavita civile è una cosa, quella religiosaun'altra: la loro confu- sione èdispotismo inevitabile,, e il più tristo e il più feroce. H matrimonio civile, i riti funebriestrinseci, r insegnamento,l'educazione, la libera espressione delpensiero, la costituzione delle leggi, il governo della cosa pubbKca, sono diritti propri dello Statoe della società laicale: né si deepermettere che tra queste facoltà, e lecorrelative religiose vi sia mischianza, econfusione mai: quantunque sia lecito alla diverse confessioni religiose risguardare quegl'attidal proprio e spirituale punto di vista,ed ai cittadini il confor- marvisi,quando non ledano l'ordine pubblico. LaChiesa nell'esercizio dei suoi riti, del suo culto, nel- r insegnamento religioso, in tutto ciò, inuna parola, che spetta alla sua indoleinterna spirituale, è libera, e deveessere, dall'intromissione dello Stato, quandonon assalga apertamente le sue istituzioni, e non of- fenda i suoi diritti: ma l'insegnamentopubbKco dei cittadini, popolare,secondario, superiore, tutto, dee 80CAPITOLO ni essere esclusivamente perquanto concerne i gradi^ i diplomi, idiritti che ne provengono di pertinenza as-soluta dello Stato, e sotto la di lai unica e sola di- rezione. Come tutti i cittadini sono egualidinanzi alla legge, tutte le istituzionicivili dallo Stato di- pendono: e quindiil clero in quanto alle persone fa partedel diritto comune: nessun privilegio sostenen-dolo ove egli infranga le leggi : il codice e la proce- dura penale colpiscono il sacerdote, come illaico sia nelle transazioni civili, comein quelle d'ordine pub- blico. Lagiustizia perfetta richiederebbe che lo Statonon s' ingerisse affatto nelle rendite dei diversi culti, ne spendesse una lira a mantenerli : poichéin un po- polo essendo diverse leconfessioni , se lo Stato ne sussidiiuna sola, ne sc'ende la mostruosa consegueìizache taluni, come contribuenti, paghino pel culto non proprio, e che anzi ripudiano. Ogni cultodovrebbe sostenersi "dalla liberaconcorrenza e cooperazione dei propricredenti, e lo Stato non avrebbe sulla pro-prietà di ciascuno altro sindacato che la tutela delle medesime, sciolte da qualunque vincoloarbitrario , sottoposte alle medesimeleggi, e agli stessi tributi. Questacondizione civile dei culti è V unica giusta ,e lo Stato dee intendere ad affrettarne il compimento. La divisione della Chiesa dallo Stato neitermini accennati è necessaria al vercJprogresso delle nazioni, ed è l'unicomodo della sconfitta del Papato, comeostacolo alla libertà civile dei popoli. H fondamento alla secolarizzazione dello Stato consisteprincipal- mente nella direzioneesclusiva delle scuole , nelle quali nondovrebbero immischiarsi legalmente i chie-rici, né compartirvi nelle medesime alcun insegna- PROPOSTE 81 mento positivo delle religioni, essendotutte queste fuori della cerchia delleattribuzioni dirette del go- verno.Poiché se fosse concessa l'istruzione intomo aduna sola nelle scuole, sia pure la più prevalente, i cittadini che appartengono ad altre religioniverreb- bero lesi nei loro diritti, inquanto e difetterebbero di uno specialeinsegnamento, pel quale pure pagano illoro tributo, o sarebbero costretti ad assistere a definizioni dommatiche che non approvano ;onde ver- rebbe in parte lesa quellaeguaglianza che è l'anima d'ogni Statoche voglia essere civile. L'insegnamentoreligioso poi affidato a laici non può riuscire che vano, e incompleto, destituito pel fatto stessodelle persone, di autorità, e dicompetenza: quindi si rischia, tenutoconto delle varie opinioni dei docenti, che riesca più di danno che di profitto. La dottrinaelementare dom- matìca meglio si impartenel seno delle famiglie , l'autoritàpatema e* materna essendo più viva e sen-tita che quella di estranei ; e più propriamente nella Chiesa, per bocca di coloro che a ciò sonosuperior- mente ordinati; ove Uberamentee con efficacia si professa. Nellescuole dovrebbesi diffondere, rinforzaread ogni occasione quel sentimento di civile onestà , ove consiste ogni dignità morale, comune atutti gli nomini, a qualunque fedeappartengano. Che se, come altri notò,il rimuovere dalle scuole l'insegnamentoreligioso per mezzo dei chierici, o il toglierlo affatto, temesi occasione di allontanamento dallemedesime di grande copia di alunni, èquesto uno dei soliti timori, prodottida fatti particolari innalzati dalle fantasie edagli interessi di vario genere, a legge, e che produ- cono inevitabilmente questo effetto solo, cioèdi non 6 82 CA.FITOLO III osare mai avanzare, avendo paura dellapropria om- bra. Quando a nessunaprofessione, a nessun tiroci- nio, anessuno utile esercizio sociale non si potessepervenire, od essere legalmente abilitato a goderne i vantaggi, se non frequentando le scuoledello Stato, sottomesso ai loro esami, eai diritti che ne ram- pollano ,Tallontanamento non sarebbe di lunga du-rata, e dopo qualche oscillazione, o ricalcitranza , tutti volentieri e senza ombra di scrupolo viinter- veprrebbero. Ben poco conosce gliuomini e.i tempi nostri colui chedubiterebbe di una tal verità: gliesempi che la testimoniano in altri ordini di fajtti, non m^cano tutti i giorni. Certamente, equesta è la condizione assoluta dellariuscita, il governo dee curare conassidua e scrupolosa attenzione, e fermavolontà che le scuole dello Stato sieno le migliori di tutte quelle che sotto altro nome possanosorgere, e quindi i maestri dai gradiinfimi ai supremi sieno degi^ dell'altomagisterio a cui si consacrano senzacerna partigiana, e che gli stipendi si accrescano, onde onestamente possano vivere e con quejladignità e decoro atti ad infondereeziandio per sé stessi nelle giovanimenti il sentimento di autorità: poiché purtroppo lo squallore, la miseria, gli stenti palesi , de- gni di altissimo rispetto, quando sienovirtuosamente sopportati , non sempre accresconoper la fralezza e vanità umana, meritoin chi ne è vittima immerite- vole.Finché risolutamente non si porrà mano ad untale riordinamento radicale dell'insegnamento, e non verrà divisa la Chiesa dallo Stato nellepertinenze civili, vano é lo sperare divincere grinflussi faziosi clericali, ela continua intromittenza loro nelle fac-PROPOSTE 83 «ende laicali* Nonoso sperare^ tanta e la nostra fiac-chezza^ un si gran bene^ e si necessario^ prontamente, benché sia Tunieo modo di vincere. Ma quellodi cbe sono certissimo; si è che dovràfarsi^ quando che sia, perchè è Funicoargomento per combattere il pertinaceiiiimico. Alcuni sottilmentesillogizzando potrebbero opporre aqueste nostre dottrine l'obiezione, dimandando il perchè lo Stato solo e nella democraziaprevalente, può foggiare la formainterna di sé medesimo, secondo ilcanone del giure civile esclusivamente , negando questa facoltà a quello ecclesiastico, che siradica pa- rimente nella inviolabilitàpersonale dei cittadini. Alla qualespeciosa obiezione facile è la risposta : poiché Fattuazione organica delle funzioni e delleleggi onde risulta poi la nazionelegalmente costituita, dipende e sievolve da quelle facoltà e potenze individualiche spettano all'esercizio d'atti esteriori, di fatti eco- nonùci, di procedure eflfettive, riguardanofini essen- zialmente terreni ed eudemonici,i di cui profitti e uti- Utà sono per sémedesimi così definiti e certi cheacquistano spontaneamente l'assenso dell'universale : mentre il sentimento religioso, e le formoloonde obiet- tivamente si veste, variandoda persona a persona, e riguardandointeressi, e speranze che effettivamentequi BuUa terra non hanno compimento, se dovessero dar forma a così dire civile, edestrinsecarsi in un ordine pubblico dipopolo, recherebbero confusione eanarchia , o prevalendo il più forte, ritornerebbe a galla lo stato teocratico, che è la più biecae turpe tirannide. Quindi mentre ilsentimento religioso che nellademocrazia vera dee risolversi nella assoluta li' 84 CAPITOLO m berta di coscienza^ viene tutelato comediritto inalie- nabile dallo Stato, nonpuò^ come il fatto meramente giuridico,assumersi a principio organatore della so-cietà medesima, come qualunque altro sentimento del- l'animo umano. Ma alcuno , e ce ne sono molti, più appassionato amatore,, che fidentenei benefici effetti della libertà ,insorgerà a ripetere ciò , che si andòripetendo dai dottori in politica soventi volte , che^ concessa questa separazione dello Stato intutti i suoi ordini dalla Chiesa,basterà poi a contrapporsi vitto-riosamente al gigante che ci sovrasta, e agli influssi perniciosi del medesimo verso la civiltà ingenerale, e la libertà della nazione inparticolare? Una potenza cosiformidabile verrà poi sconfitta, in quanto aglieffetti civili, con un tale metodo, e non userà invece della libertà sconfinata che le concediamo, aschiac- ciarci più prontamente? Vanepaure! Se il papato conta una vita didiciotto secoli , se la sua efficaciapenetra da per tutto, se sotto gli ordini suoi milita una moltiforme schiera di sudditi operosi eubbidienti, e formolo adesso nel sillabola teorica^ del dispotismo teocratico,l'umanità e la razza nostra europea nu-mera d'altra parte, ben più secoli di vita: crebbe e si emancipò con lotte continue e pertinacid'onde uscivano più vive scintille diluce intellettiva, pro- rompevano piùfervidi desiderii di libertà ; si raffor-zarono propositi più civili di vittorie futurp, che an- davano animando mille e mille e poi milionidi adepti, che poi si dilatavano baldi eprocaci su tutta la terra^ recandovi nonsolo germi di verità e libertà, ma isti-tuzioni imperiture, Ed ora non solamente nel suo va- sto e onnipotente pensiero agita tutte legenti euro- PROPOSTE 85 ^eO; ma ravviva metà del nuovo mondo jfascia le bollenti terre dell'Africa,signoreggia l'Asia, ripopola l'Oceania,e stende la mano minacciosa già sul Giap-pone e la China, che eccita a nuovi fati, o li tras- forma a sua immagine :£ già nell'animo enell'intel- ligenza sua stannoindelebili, consustanziati, e immor-iali l'eguaglianza civile, politica e la libertà del pen- siero : tre libertà che non si spengono , tresoli che non vedranno tramonto, e chebastano di per sé col tempo asconfiggere qualunque potenza. Al sillabo noiopponiamo il codice del libero esame, e l'immenso jcumulo delle conquiste della natura , chesono stru- menti poderosi non diservitù, ma di libertà, ed eman-jcipazione: al servaggio delle menti, la vittoria vivi- £catrice della scienza moderna, al mito ilvero, alle jsquallide e lugubri letanedei mistici, lo splendido e stridentecarro dell'incivilimento. Chi dubita dellafinale vittoria, chi crede di fronte alla civiltà moderna ultrapotente il Papato, non intese la storia,o non comprese la legge indefettibiledella nostra intrinseca evoluzione, enon sentì nell'anima quella voce divinache grida alla nostra umanità. Sorgi e cammina ! Che se vuoisi opporre all'esito favorevole dellalotta, an- che la enorme virtù della unitàdel Papato, come forza direttrice,tenacemente nelle sue compagini co-stituita, e presente per tutto, si pensi che adèsso la nostra razza omogenea e identica nei trattisuoi prin- cipali, e animata deglistessi sentimenti, è parimente diffusa eorganizzata nel mondo, e che la sua unitàmorale si va compiendo ogni giorno. Perchè per i tro- vati meravigliosi della scienza e dell'arte,che assog- gettarono alla volontà umanale potenti energie della ■•*«• 86 CAPITOLO III natura^ il pensiero che da prima esemplòsé stesso e^ scolpì nelle pietre; neibronzi^ nelle pergamene dei popoliseparati^ o inimici^ or non solo con la stampa si moltiplicò con la velocità quasi delconcepimento in innumerevoli copie, maidentificandosi con l'immane rapiditàdeirelettrico in un istante, e in un puntoraccoglie tutto ciò che avviene su tutta la superficie del mondo : e le merci, gli uomini , ledottrine , tra- valicano con l'impetodella ijieteora nejla espansione delvapore, immensi spazi di terre, perforano mon-tagne, e sorvolano^- emulando i venti, gli oceani, ae- oumunando prodotti materiali e intellettiviin breve giro di giorni: onde, per laoriginaria parentela e indole dellastirpe or dominatrice, tutte insieme leforze domate della natura, van componendo l'unità di pensiero^ di scopo, di istituzioni per ognidove : con- trapponendo ai concili!jeratici, le splendide e prov- videmostre dell'industria e del sapere universale. La quale unità, perchè effetto della spontanea enativa evoluzione della specie, nonmeccanico sistema di ar- tificialeorganismo, è assai più potente di quella pon-tificale: ed ha nella legge che la governa, e negli effetti che naturalmente ne rampollano , lanecessità d'infuturarsi, e lainevitabilità della vittoria. ' Di frontealla cattolicità dommatica e ufficiale, la cattolicità delia- stirpe, del pensiero, delle istituzioni,della Civiltà va costituendosi, epoderosa si accampa, libera signora disé medesima. Pongasi mente a questo fatto inne-gabile, e veggasi se le paure soverchie di chi nulla osa tentare, sieno giustificate dallecondizioni generali del mondo. Ma sirassicurino i timorati e i timorosi,, ilsentimento ingenuo e nobile religioso non verrk PROPOSTE 87 Spento^ ma non verrà spenta neppure quellaluce pu- rìssima di verità, quel caloredi bene, quel fuoco di libertà checrebbero, e trionfarono a costo di lacriimè,di sangue, di stragi, di roghi infami e scellerati. Sia libera la Chiesa, ma libero lo Stato eautonomo in ogni ordine di sé medesimo ,e sieno libere tutte le religioni che inesso convivono : non temete, il resul-tato finale non è dubbio, trionfo della libertà da una parte, ed epurazione daJU altra. Altri forse può dubitare, pur riconoscendol'impos- sibilità della vittoria delsillabo nel mondo, che parzial- mente ipopoli rischino secondo le proprie condizionicivili diverse, soccombere, ed in ispecie Y Italia ove il Papato ha la visibile sede, e regna ilPontefice. Vero è che non tutte le nazioniavanzarono siffatta- mente da superare enon temere gl'influssi perniciosi delPapato, e sarebbe follia il negarlo. Ma oltre gli aiuti che vengono loro dal di fuori per lacontinua efficacia del generaleincivilimento, che da per tutto penetrae si diffonde, ciascuno di questi popoli, ap-punto perchè affine alla comune razza europea, ha in sé medesimo la necessità della emancipazione,la quale può parzialmente ritardare adeffettuarsi, ma deve in ultimo avverarsiper le ragioni discorse. In quanto poiall' Italia in particolare, non conosce l' indole del popolo nostro chi crede alla sua etema econgenita servilità religiosa tramutantesiin quella civile; chi crede che a questaposponga i suoi affetti e i suoiinteressi; che rinunzi alla terra ed ai suoi leciti go- dimenti; voglia, parlo dell'universale, porrein non cale la nazione , rinunziare all'indipendenza ed alla libertà per vivereuna squallida vita di chiostro, e 88CAPITOLO m salire per lugubre scalaal paradiso. L'italiano è con-servativo, non retrivo, per indole, e non inerte nel pensiero; e altrettanto rapido' ad afferrareil lato giu- sto, positivo delledottrine, valutare con abilità in-genita gli avvenimenti e considerare ed estimare le sue condizioni; aperta una via, sorto unbarlume di vero alla sua mente, vis'innoltra con prudenza si^ mavirilmente, e con tenacità la segue. Conosco, gra- zie al cielo, il mio paese, e a palmo a palmoio posso dire; conversai con tutti iceti, in tutte le parti della penisola,ed ho una chiara idea delle loro condizionimorali; e certamente in alcune provincie tali condi- zioni non sono liete e normali, e richiedonotutta la sollecitudine provvida e saggiadei governanti; ma non si illudal'osservatore superficiale, anche fra loro,come dappertutto, l'agitazione operosa nazionale sotto mille forme si propagò; l'idea del riscattopolitico, il sentimento di libertà, unaforma migliore e più degna di vita,traversarono, mossero quelle menti e queglianimi, ed all'occorrenza saprebbe deludere le cieche mene dei retrogradi e dei demagoghi. Cosi dunque non temasi in Italia dellalibertà con- cessa alla chiesa e allechiese, e si proceda con riso- lutezza;si armi dei suoi diritti naturali lo Stato, esi lasci il clero esercitare il suo ufficio, e di fare e disfare in casa propria in quelle cose chestrettamente si attengono al suoministerio. Contro la fazione cle-ricale, non v'ha altra politica possibile; ogni aggres- sione è vana, ogni minaccia non rintuzza mafortifica l'avversario, ed ogniingerenza dello Stato nelle cose internedelle chiese, riesce poi di danno a sé stesso.I clericali, e parlo della fazione politica loro, ben NPROPOSTE 89 sanno del resto^(gli abili e che hanno il mestolo inmano) che senza lo Stato e il suo appoggio , le loro forze sono monche e sfatate ; imperocché ilgiorno nel quale in Italia^ per una ipotesiimpossibile^ avessimo un parlamento delloro colore e spirito, e quindi ungoverno uscito dalle loro viscere, sarebbe l'ultima ora * della loro fazione , poiché nessun popolodi Europa vorrebbe e potrebbe mantenererapporti col nero e ' funesto governo,mentre una riscossa di tutte le gra-dazioni dei partiti liberali della penisola fora inevi- tabile o spaventosa. Questa i clericalisanno, e quindi non tentano, nétenteranno l'ultima prova, e solo pro-cacceranno di tenere Ymo zampino ed un addentellato nel giure pubblico della nazione, perché loStato da sé medesimo, per gli erroriservili o erroneamente aggressivi, siprocuri una certa rovina. Quindi, qua-lunque sia il governo che resti al timone della no- stra patria, non devii dalle norme che oratracciammo ; ogni altra politica sarebbefunesta; con l'apparenza • della forzae della libertà troncherebbe i nervi a séstesso. Adoperandoci di questa guisa, noi renderemo a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel cheé di Pia, secondo il detto profonda delNazzareno ; e men- tre daremo saldifondamenti alla libertà ed al suoincrementa, faremo un bene eziandio alla chiesa, poi- ché, toltole ogni speranza d' ingerenza nellecose civili, e richiamata al suo moraleministerio, abbraccerà nella caritàreligiosa anche la patria ; come sanno moltibuoni fra loro, i quali sentono che per conquistare, secondo la loro fede, la'^patria celeste,bisogna amare e difendere quellaterrena. L'altra fazione che tenta* evorrebbe sconvolgere 90 CAPITOLO m Fattuale ordine di cose civili, qualivennero prodotte dal lento moto dellaevoluzione sociale, è la dema- gogiaanarchica e selva^ia, avente gradazioni diverse, come diversi propositi, diffusa da pertutto,^e stretta da vincoli, patti,associazioni, e guidate da uominirisoluti. E da prima è d'uopo , per giusta ed equa estimazione d'uomini e di cose, distinguereed asso- lutamente separare da una talefazione il partito re- pubblicano che siagita anch'esso da per tutto, e che invarie parti del mondo ha vita effettiva e legale riconoscimento. Vero è che una taledistinzione sa- rebbe superflua estolta, se pur troppo lo zelo im-provvido o l'ignoranza, non spingesse molti a con- fondere cose insociabili, e a far tutto unmazzo, sieno buoni o rei, di quelli chea puntino non partecipano al gradopresente del loro liberalismo. Il partito re-pubblicano, quando come in generale si mostra, segue la legge sana della democrazia moderna,riposa sui medesimi fondamenti giuridicie éivili dei popoli retti a monarchiarappresentativa; mantiene saldi i principj *• di proprietà, di famiglia, d'ordine, senza cui convi- venza umana non è possibile, ed è unanaturale e necessaria evoluzionesociale. Quindi è d'uopo non fraintendersi,né recare violentemente e con palese in-giustizia le colpe, i danni, i pericoli alla forma repubbli- cana, che sono propri esclusivamente dellademagogia. Dispregiare con puerilesussiego questa torbida fa- zione, èfollia; la fidanza di sterminarla con le solearmi, è concetto che non può capire che in un cer- vello da Don Chisciotte ; combatterFa conpalliativi o discorsi, è troppo ingenuabredulità. A mali morali, profondi,tenaci, universali come quelli di cui trat-PROPOSTE 91 tìatnO; si puòovviare soltanto con serii e virili pro-positi, e Còli rimedi adeguati alla forza che li produce* IEj prima condizione a sapersi schermire daun tale nemico, è quella al solito dinon farsi illusione alcuna intorno allasua potenza, indagarne l'origine, e nonattenuarne il pericolo. E questo si farà per noi il più brevemente possibile, onde premunirsi inItalia anti- cipatamente dagli influssie danni di questo malanno, perchè lalibertà sana e la civiltà non ne soffranodetrimento. La demagogia ol'insurrezione anarchica delle classipovere e proletarie non è nuova, e si può dire che i germi sbocciarono col costituirsi dellesocietà pri- mitive; imperocché difronte ai più potenti, ai più agiati efelici, stettero sempre i derelitti dalla for-tuna, i deboli, i miseri, qualunque ne fossero le ca- gioni. Ma se il sentimento , il mobile , loscopo si mantenne identico di mezzo alletrasformazioni sociali, la forma dellademagogia cambiò, e i suoi seguaci eproseliti crebbero spaventosamente di numero. Quindi nell'età nostra, per quanto si estende laciviltà eu- ropea sopra la terra,assunse una forma consuonante con quellanaturale del progresso sociale, delle con-dizioni economiche presenti, e con l'immenso accre- scimento della popolazione. Or noi si videche il fon- damento, il fatto checostituiva l'indole propria della societàmoderna e dell'incivilimento stesso, è un fattoeconomico, il lavoro, reso libero, scevro di qualsiasi privilegio od ostacolo, e sostegno unico deisingoli associati, nella moltiforme suanatura, e nella immensa varietà dei suoiatti, dal rozzo manuale al più altointelletto, H sentimento di questa feconda e santa '92 CAPITOLO m T-erità, pel naturale svolgimento che intutti lo pro- dusse e lo suscitò; nacquenell'animo di tutte le classi^ vagamentele eccitò, spingendole di un salto con Tim-maginativa agli effetti ultimi e salutari di questo principio, valicandone i necessari intervalliper igno- ranza da una parte , e perimpeto di bisogno dal- l'altra. Indi lafoga pertinace, perseverante, ma piùcalma, o Torrido assalto ^subitaneo di selvaggie ire contro quei medesimi sostegni, quelleistituzioni che Bono anzi i mezzi digiungete gradatamente ad una condizionemigliore di tutti. Cosi nacquero per unverso le associazioni della cosi detta intemazionale, o le improvvise ruine della comune. Ma neltempo stesso che noi dobbiamo combatterele funeste teo- riche di queste sette, esoffocarne con pronta energia i deliriinefandi, non bisogna, lo ripeto, fanciullesca-mente cullarsi nella idea, che fatti cosi universali, e che in un modo o nell'altro si mostrano perquanto fii stende il campo civile dellenazioni, sia un mero capricciomomentaneo d' ebbre moltitudini, vapore diidioti, e fenomeno che non abbia fondamento di sorta nella storia; né in se, in mezzo al profondoerrore che l'offusca, e lo insozza, unraggio e un filo di vero. E noi vedemmogià che la demagogia ha la sua sto- ria,antica quanto il mondo , e svolgentesi e sgomi-tolandosi con i secoli parallela alla trasformazione fiociale della nostra stirpe. Ed il vero, chequesta fa- zione nelle sue teòrichemicidiali racchiude è questo: che adogni uomo, ad ogni cittadino, sia qualunquela nascita, l'economica condizione, incombe egualmente l'obbligo salutare del lavoro, ed ècompartecipe di tutti i doveri chestringono autorevolmente tutti iconsociati a prò di tatti con reoiprocft operosità; im- perocché l'ozio infecondo , e soltantoconsumatore & cormttore, è oramaiagli occhi di tutti il più tristo,squallido e vituperevole vizio sociale, la causa e il fomite di ogni disordine e , d' (^ni ruina.Ma questo vero, che or comincia,rispetto al suo valore sociale, arisplendere alle menti di tutti, e che mano mano che la società progredisce, sempre più palesesi farà, e che dee divenire la fedecomune , nelle sette de- magogiche sitrasformò in ribellione ad ogni sanoprincipio, e divenne piuttosto sorgente di miserie e di lutti, che fonte di prosperità per glistessi che si Intano in suo nome. Quindila fallacia nella cre- denza di potersterminare ogni sentimento religioso^come quello che secondo essi sostiene i perni della . società attuale; la puerile fidanza delcondividere i beni fra tutti, eritornare, per essere felici e mirabili,alle delizie animalesche delle prime orde umane. II sentimento religioso in sé , astraendo dalleforme dommatiche che può rivestire , èin quella vece sì connaturato all'uomo,appena gli balenò un ra^io diintelligente attività nella mente, è un. bisogno cosi profondo, che il supporlo nell'universaletemporario periturio, riesce un erroresì madornale, quanto il credere chepossa miù cessare il sentimento del bello,del buono, dell'utile, e così via discorrendo. Un tal sentimento muterà forma, materia, simbolo, asempre più puro e razionale aeres'innalzerà, ma rimarrà^ e quando anchein tutti si trasmutasse in effettivaintellezione dell'ordine infinito del mondo, e dell'e- terna energia che lo vivifica, e continua,avrà sempre una efficacia potente neglianimi umani , e una au- 94 CAPITOLOIII torità suprema nei loro atti.Quindi, sicc^ome è vano l'assunto, èassurdo il crederlo effettuabile ; e di questosi persuadano coloro che eccitano a simili fantaami le moltitudini. In quanto poi alla proprietà ealla fami- glia, sarebbe con essedistrutto l'ordine civile, ogni spe-ranza di miglioramento, ogni libertà. Poiché l'ultimo fatto sociale a cui" pervenne il motoevolutivo umano è Tuniversale liberolavoro, questo senza la proprietà nonpuò sussistere, in quanto mancherebbe di sussidi, e dei giusti stimoli ad esercitarsi. Che seil lavoro è un dovere, un godimento, unadignità, la sola nobiltà possibileoramai nel mondo, oltre avere un effetto chegiova alla generale convivenza nella reciprocanza di ragioni e d'influssi che l'anima, è pure unmodo di rendere più lieta, agiata eamabile la vita; poiché colui che vuolerendere l'uomo misticamente perfetto, eche tutto versi e si travagli nella carità, e non senta e non provi gli onesti piaceri, erinunzi ai co- modi, agli agi, agliutili personali, non solo disconosce laumana natura, ma annienta la storia. Laonde laproprietà ed in conseguenza la famiglia, sono condi- zioni indispensabili del lavoro, e con essodella civiltà tutta quanta, e dellalibertà che a tutti è si cara, edesiderata. Questi sono i veri contro cui infuriano i propositi dell'intemazionale, i quali sevenissero ad effetto, ogni bene sarebbedistrutto; sono errori in cui cadono ecaddero non una sola volta, quelli che, vi-vificati da un sentimento giusto e da un vero che balena incerto e confuso nelle loro menti,credono raggiungere la meta sterminandogli argomenti che vi conducono. Egli è certo però che tali sette sono orformida- PROPOSTE 95 bili e sparse da per tutto: hanno associazioni,pecu- nia, giornali, conventicole ecattedre: e gl'iniziati si mescolano intutti gli ordini della vita, e gli arruf-foni ne sfruttano la credulità, o ne inveleniscono, rin- fuocano le ire: pericolo tanto più tremendo,quanto più è avvalorato da un sentimentogiusto di una ve- rità male intesa. Orche contrapporrete a questa fiu- mana? —La Forza? — fu tentato, ma l'idra rina-sce: oltre, che la forza contro il sentimento e il nu- mero non prevale, e senza un principio che lasostenga, è vano amminicolo. Combatterlocon principii con- trarii? — sisperimentò, risorse, e sempre più sìestende. Con gl'influssi" religiosi? — Ma ella imper- versò maggiormente ove le genti erano guidatee ispirate dal clero, e si agita neipaesi, ove la fede è più viva, poniamoche non sia la cattolica, tralasciandoanche che alcune tendenze, ire, dispetti clericali sono fomite a queste sette, e piuttosto cheattutarle, le attizzano. Forse pej:mezzo delle esortazioni, le per«suasioni, i libri, e i giornali? — Certamente questi modi, e argomenii quando sieno beneappropriati e condotti, hanno un grandevalore, e maggior della forza, e degliinflussi religiosi, perchè vanno a pocoa poco componendo una opinione favorevole ai suoi principj, e l'opinione oggi è regina, e puòmolto: ma la sua efficacia è in partefrustrata dai giornali, dalleassociazioni della setta, onde è lento e stentato il be- nefico risultamento. Dunque non hawi rimedio?— I rimedii opportuni, i soli efficaci,e che, spero, sa- ranno riconosciutitali a poco a poco da tutti, se vo-gliamo salvare la civiltà, sono di due sorta, privati e pubblici: e ne discorreremo partitamente leloro ragioni. 96 CAPITOLO III Odesi tutto giorno dalle persone di ogniordine e d'ogni ceto, tra quelli piùagiati^ lamenti e querimonie rispetto aipericoli che ci sovrastano da parte dellademagogia universale^ e si paventa^ si trema^ s'im- preca^ o si pronostica il finimondo. Masciaguratamente tutto questo tumulto dìsgomenti^ predizioni^ spasimi si risolvein parole, in chiacchere, in vaniloquio ef-fervescente, e nessuno, parlo in generale, fa nulla, o aspetta da un arcangelo la spada salvatrice,o grida contro il governo e i governiche non uccidono a soffocano nella cullail mostro divoratore. E mi fanno lafigura di chi, appreso lentamente il fuoco in un canto della propria casa, corra in piazza agemere^ a piangere la imminente ruina dellesue mura, im- precando perchè il sindaconon distrugga i zolfanelli, causa immediatadel danno, invece di provvedere to- stoe virilmente al pericolo, tenue da principio, con la propria persona, o con gli ajuti che aiforti e vo- lonterosi non mancano mai.Cosi presso a poco va la faccenda pertutti coloro, e sono innumerevoli, chepresentendo l'avvento della cosi detta questione so- ciale, credono rimediare al male colvociferare ai quattro venti il prossimodiluvio, o volendo che altri gli soccorracon modi, che neppure essi sanno in cheveramente consistono. Ma in tale maniera l'acqua arriva alla gola, e senza rimedio, perchè ilneghittoso è spia- cevole a tutti, utilea nessuno. Egli è oramai tempo di mutareregistro, e se veramente stanno a cuoregli averi, i diritti, la giustizia, non fosse che rispetta ai privati vantaggi, bisogna persuadersi,perdio! che il tempo è venuto, ove chinon opera, e fortemente vuole e lavora,verrà travolto non solo dalla fiumanaPROPOSTE 97 impura ch^paventano^ ma dalla indole della civiltàpresìHite, nella quale il volontarìp infingardo nozi può trovare modo durevole di vita. E innanzitutto la so- * cietà è solidale d'ognibene^ d'ogni male, e chi non senteq^uesto alto dovere, è indegno di chiamarsi uomo civile: e quindi ognuno è strettamente tenutoa coo- perare al maggior benesserepossibile della nazione. E si badi chequesta, di cui parlo, non è mica unacarità estrinseca e contingente, che possa a volontà con minore o maggiore zelo esercitarsi, comeavviene in altri fatti di pubblica oprivata beneficenza, ma è una necessitàintrinseca, senza la quale la societàminerebbe. La quale cosa si fa a tutti palese anche materialmente, se riflettono ajlasolidarietà, sempre più stretta egenerale che nasce fra tutti gì' interessi,sia per associazioni a scopi diversi di utilità perso- nale, o di prodotti, sia per la dipendenzad'ogni or- dine di fatti economici fraloro, sia nel più vasto e universalecredito dello Stsito, da cui dipendono unaimmensa varietà di fortune particolari. Quindi il la- voro libero, ma cooperativo dei singoli, ondesi con- servino intatte e abbondanti lefonti .di ricchezza e di sussistenzanazionale, anche per questo lato, è la-voro necessario: che se egli allentasse, svigorisse., o venisse meno, il popolo perirebbe senzarimedio. Adunque tra i rimedii privati chepossono contra- stare all' ampliarsidelle sette demagogiche a danno ditutti, è l'operosità di tutti, e in specie di quelli che più avrebbero a perdere, e nei qualiquanto è più grande la ricchezza el'agio, tanto più cresce e ingigantisceil dovere dell'opera. Si persuadano chenelle moltitudini adesso il prestigio solo delle ric- 798 CAPITOLO HI chezze, o delnome; o del fasto è scemato, e va sce-mando, grazie al cielo, rapidamente, e invano si at- * teggerk a pavone , chi sotto le splendidepenne , e r iridiscente folgore dellepiume , cela miseramente una cornacchia.D popolo non dispregia- né nomi , néfasto, quando coloro che li portano, o V esercitano senza jattanza , sono degni della civiltànostra , la quale consiste tutta nellavoro, utile e generoso. Bi- sognaadunque che coloro a crescente onda delle mene demagogidie , è unane- cessità delle stesse condizionicivili deUe nazioni mo- derne, undiritto e un dovere. ' Dichiaratibrevemente i rimedi privati, conside-riamo quali sieno ,o possano essere quelU pubblici, o di pertinenza dello Stato, e del suo governo.Questi a divisarli compiutamente sidisbrancano in lare or- dini, e possonoessere quindi di tre specie: mo^?ali,amministrativi e poUtìci. . Un grande rimedio aU'er- rore, al vizio e alle miserie, è certamente Vistruzione diffusa, e più tra quelleclassi che di per sé mal sa- prebberoprovvedervi, e alle quali manc^ lo stimoloproprio ad avanzare, vale a dire alle plebi della città e delle campagne. Che questo sia precipuo edasso- luto dovere di ogni governocivile, è chiaro, e sarebbe anche piùchiaro, se non fossero ancora alcuni, e non.son pochi, nei quali si mantiene la dignitosa e gene- rosa ctedenza, che T ignoranza dellemoltitudini la- voratrici, è uningrediente e un sussidio nòbilissimo digoverno, e si affidano nella loro maraVigliosa atti- tudine, di contrastare ad ogni male,puntellati all'arte provvida di pochi, eall'uni vergfale e servile asinag- gine.E tatLto più stupore arreca una tale saggia sen- tenza, in qitanto di preferenza è sostenutada quelli — non parlo certamente ditutti — che bazzicano frequentemente perle chiese, e fanno pompa di cri- stianapietà. Brutta e ridicola contraddizione, la quale se ingenuamente* professata, indica in essiuna igno- PROPOSTE 105 ranza proporzionata al grottesco proposito;se ad afte pensata, è iniqua e degnadeff universale dispregia. Jn ciasctmuomo come sono eguali potenzialmente idiritti e i doveri, sono eguali i bisogni e la necessità deiihi dignità della vita; ora in tutti inquella guisa dello stato, e migliorarele loro condizioni economiche; maparlandosi di suffragio fermarsi alle porte del sal- terio e dell'abbaco, è tale stravaganza chela maggiore non si può immaginare; sicrede d'essere' del nostro' secolo, eviviamo delle idee dei bisarcavoli!^PROPOSTE 12T Ciceroneassennatamente dicera essere gF ignoranticapaci di verità^ poiché T ignoranza ^ cioè la mente primitiva^ non ingombra da sfumature; e ilpiù delle volte arruffata da un sapererachitico, entrato a spruzzi anarchicinel celabro, è tutt'altro che chiusa alle ve-rità pratiche della vita ; che anzi quando queste ver- tono intomo a positive questioni d' interessigenerali, ma consuonanti o influenti cone su quelli particolari della famiglia,del comune, della provincia, sono prontea colpirne il nocciolo principale, e a scegliere le per- sone più idonee a risolverle secondo lenecessità del momento. Se non fosse così,se noi attendessimo ad allargare ildiritto di suff'ragio che virtualmente è ditutti, quando tutti fossero dotti, ed uomini di stato almeno in cacchioni, io credo che siaspetterebbe in- darno quel giorno, e siaprirebbero le universali urne deitrapassati allo squillo finale dell'arcangelo, più presto che quelle generali del popolo pelcomune sufeagio. Ma ribadiscono gli oppositori : voidesiderate esten- dere il diritto disuffragio mentre ^ nessuno, o da pochisi chiede : attendete che il desiderio nasca, si diffonda, giunga legalmente al parlamento, eallora si aprirà la mano, ma sempre conprudente riserva. E cosi, soggiungeròio, noi liberi cittadini di liberoStato, e un governo che dalla libertà è sorto, e a que- sta deve intendere con tenaci propositi,saremo meno generosi, meno magnanimi deigoverni dispotici ? In questi sovente, ela storia anche contemporanea è piena diesempj, il governo costringe spontaneamentele moltitudini riluttanti a incivilirsi, e con violenta mano le sforza ad accettare .riforme civili,ammini- 128 CAPITOLO ni stratìve, economiofae : noi BEtremo ilcontrario: in nome delia libertà,teleremo lontani dalle riforme utili e ne-cessarie quelle moltitudini chC; secondo il ^iblime concetto, persistono nella ignoranza, o nellaindiffe- renza politica. Un governoonesto di libero popola dee spingere almeglio di proprio impulso le genticonfidate al suo senno : nò dee nelle leggi fondamen- tali attendere che altri domandi, magenerosamente anticipare opportuneriforme. Ma se del resto tuUi nonchiedono o vogliono il diritto di suffi*agio, questi è sorto nella coscienza dei più, emanaspontanear- mente dal nostro giurepubblico, è una necessità dei tempi, èun dovere civile. Che se un tale dovere, peripotesi impossibile, non* si sentisse, o si dissimulasse, p^r durare in un certo grado matematicamentemi- surato, e fisso di libertà, a prò diminoranze qua quando anche, per ipotesi,ciò avvenisse, Teffetto sólo che produr-rebbe, fora certamente una'^pìù grande e viva ope- rosità nei partiti liberali, e una agitazionelegale più intensa, le qualiriuscirebbero in fine a risolvere piùpresto e ricisamente una tale questione interna, e scongiurare più virilmente i pericoli, onde ègravida per la nazione. Altro benefizioche recherebbe seco la partecipazione,larga del popolo al Suffragio, sa- rebbequello di stimolare, (essendo più vasto il sin-dacato, e le possibili peripezie del voto), e costrin- gere i- deputati ad intervenirescrupolosamente al par- lamento^ esmettere il brutto sciopero in cui sono ca-duti molti ripetutamente, e in modo da far credere cronico il morbo pernicioso, che gl'infesta,e li rende colpevoli dinanzi alla nazione.Più e più volte gli atti e lediscussioni del parlamento, d'importanza ca-pitale per la prosperità e ordine del paese, non po- terono aver termine necessario, o sanzionelegale, per Io scarso numero degliintervenuti, e ancKe quando giungevanoalla cifra prestabilita, di fronte alla to-talità dei rappresentanti, erano si può dire al disotto del decoro del parlamento.' Se coloro che purbrigano, e fauno chiasso per essei'cassunti al grave incarico, V IdS CAPITOLO m e rappresentano ciò che v'ha di più vivonella na* ssioney e la funzione piùeccelsa di un popolo, che è quella4'essere il legislatore di sa medesimo^ dannoun si tristo esempio di trascuranza agli alti doveri, e di abbandono alla alacrità civile della vitapubblica, B0^ è da atupire, se gli aitaialla base imitano nel laìiguote, nellacascarne, nella dimenticanza dei di-ritti e doveri civili, i loro rappresentanti ; e «'inge- neri nella na2doDe quell'ozio politico, che èla lue più deleteria, e corruttrice delleviscere della mede- sima; sintomo, se irimedii non intervengono pronti edenergici, di inevitabile morte. O non cercare, de- siderare r^lezioùe e intromettersi in ognimaniera per ottenerla, o ottenuta,attendere con lealtà e perseve- ranza alproprio mandato, ^d esercitarlo costantemente,risparmiando cosi un malo esempio al popolò \ intero, un acerbo e giusto rimprovero a sé medesimi;la- sciando aperto il corso ai più degni,e più operosi, e non ocisasionando cosila morale decadenza dell'auto- rità delparlamento, come pur troppo fra noi già permoltissimi accadeva : e che io dica il vero faccio ap- pello alla stampa quotidiana di tutti icolori piena so- vente di acuti, emeritati riinbrotti ai neghittosi le-gislatori. Bispetto al pericolodel cesarismo, che secondo altri sarebbeil mostro che uscirebbe dal voto generale,come quei fantocci deformi e strani, che scattano al* Timprowiso dalla scatola magica, a stupose eterrore dei nostri fanciulli, temerlo dasenno in Italia, è cosa che non Val lapena di confutare. Il cesarismo è solopossibile in un paese, sconvolto ^à , sconquas'fiato, disordinato a più riprese, e dove la furia PROPOSTE 139 delle fazioni anaik^hicbe^ o le gare dipretendenti più meno apocrifi, tantoscrollarono le fondamenta d'o* gniordine, e tanto impaurirono le maggiorante, che, conservatrici sempre, si appigliano diiiecessità all'u- nico modo di salvezzache si presenta, sia pute Tau- tontairra:dónaie della sciabola, o la potenza moi'ale di un nome: poiché ove è questione dianarchia di forze brute tenzonanti , ilpopolo si rivolge a quella che hamaggiore probabilità di vittoria, e di ristabi-lire quindi la pace, e la cancordia nel caos informe sociale. Ma un tal voto," quando ègenerale, se ma- nifestasi sostenitoredi una forma dittatoriale in un datomomento^ ove egli è necessario, apparisce anchecome fondatore di repubblica, quando una tal forma di reggimento ad un dato momento, sia Tunicaarra di durevole ordine, come intervennein Francia : nella quale, nonostante lalunga cospirazione della cadutaassemblea, e del suo governo, retrogrado e monar- chico, e tutto rìmmienso arrabbattarsi deiclericali, e dei funzionari governativi,sorse testé la repubblica da quelle Urnerurali^ che secondo i giusti estimatori delsenno delle moltitudiiii, dovevano imporre alla Francia il -^èsaitfismo na^Kileonico^ o il lugubrespettro della rameica tirannide legittimista.Che se invece avvenne il contrario dellacomune aspettativa, si deve solo a ciò,che tra i varii e funesti pretendenti al trono francese, e delle loro ingenerose e tristi fazioni, ilpopolo senti, che runico governod'ordine, era il rejpubblicano, che ta-gliava a tutti la cresta, e li poneva fuori dell'astioso e cupido combattimento, e per la repubblicavotò. In Italia non vi sono affattoelementi per un cesarismo possi- bile, emancano condizioni antecedenti per un tal ri- 140 CAPITOLO ni Bultato; qui non sfacelo, qui nonanarchia^ qui non odii; rancori^ambizioni^ rafforzati dal sangue sparso^da vendette nefande, da rappresaglie inique ; qui nes- sun bisogno di salvatore, o d'incoronare colservag- gio del popolo, un fortunatovincitore di eroiche bat- taglie. Da noile istituzioni, grazie al cielo, possonoper poco affievolirsi , o venire in meglio modificate, ma legalmente operano , e sono fisse nellacoscienza pubblica, né alcuno anche deipartiti possibili più risoluti, eaccentuati, pensa a rovesciarle, perchè inItalia c'è senso in tutti della realtà, né ci si sca- priccia in utopie senza pratico costrutto: inItalia la dinastia regnante èpoliticamente insigne pel ri- spettoalle leggi, né vi attenta, né vi corrìe rischio, (quando esercita il suo mandato, come ora fa)di v^e- nire rejetta, e inimicata dallanazione^ e F esercito nostro, quantovaloroso, fedele^ onesto, e nel quale inbella armonia si fusero tutti gli elementi fortf della nazione, sia patrizi, sia popolani, seè tutela delle leggi, dell'ordine, dellaintegrità della patria , non è unaaccolta di pretoriani, e conosce a prova quali sieno i suoi doveri di soldato leale e devoto equelli di cittadino. Indi il timore e lospauracchio di Cesari possibili inItalia è affatto chimerico, e non conoscecerto il popolo nostro, né le nostre condizioni civili interno in tutti i loro elementi , chipaventa di un tale babau, E dico adunque che si dee proporrelegalmente e stabilire una tal forma disuffragio, senza indugio^ poiché lalibertà lo richiede, la dignità della nazionelo esige, la prudenza Io consiglia. Le moltitudini eleg- gono, non governano; immenso ' divario ; edesse in PROPOSTE 141 media secondo tempi, luoghi, e coadisiomsociali soel- gono' seeipmi piaopportuni ai bisogni presenti. Io 80 arn^AA dito tatto quello che poseono rispondere , e obiettAi^é coloro ohe sono di contrarioavviso : e m'in- vitératino ad inchiestedel come si fanno e si fecero leelezioni' in varie provincie della penisola, sia per brogli, tàsir per persone e mi sopraffarannodi una quai^tità enorme di fatti , e' dianeddoti ; ma queste cose^ e questiriposti archivi! ,li conosciamo: ed è ap-punto perchè U conosciamo, che invochiamo la ri- forma del voto. Poiché il ragionamento dìalcuni fra gli awersarii consiste adire: il voto, nella guisa che ora siesercita, è vero, non dà buoni restdtati,dunque.... Voi* attendete una conclusione necessaria: ohibò! la logica loro è più stupènda: dunqueconser- viamolo! Altri potrebbe opporre : concesso che lamoltitudine, la gt»nde maggioranza dellenazioni sieno di fatto e sempreconservatrici, perchè allora prevalsero via via, e vinsero le rivoluzioni , effettuando adonta di quel freno costante, mutamentiradicali nel costume e nelle idee deipopoli? La ragione e la spiegazione di untale fette è ovvia a trovarsi; poiché per una parte le moltitudini, perchè conservatrici, elontane e abor- renti per le lorofaccende, dal moto e dall'agitazionedelle minoranze, che vivono in special modo di pen- sieiV)^ e di abitudini innovatrici, nullainiziano spon- taneamente, e rimangonoestranee agli influssi delle novelleidee; e dall'altra non chiamate a manifestarelegalmente i loro sentimenti, non possono arrestare, moderare o piegare il corso degliavvenimenti, o mo^- dificame iresultamenti sociali. Le moltitudini vivono142 CAPITOLO m sciolte yguardando ciascuno ai propri negozii^ e nonpossono congregarsi facilmente in assemblee, in comi- tati, in conventicole, come è facile alleminoranze ap- punto perchè minoranze. Mauna tale inerzia, una tale pazienteannegazione, non rimane senza effettocol tempo; inquanto se le minoranze si spinsero oltre certi confini morali e civili e vollerotrionfanti prin- cipii che offendono ilsentimento ereditario della mol- titudine,cadono poi in seguito le loro esagerazionistesse, non nutrite e sostenute dall'universale, e solo resta il progresso possibile, pratico, buono,il quale, comechè nuovo, pure nonperturbando le coscienze e abitudinidella maggioranza nazionale, viene a pocoa poco a consustanziarsi con le medesime: e cosi i po- poli camminano e vanno perfezionandosi. E checiò sia vero, oltre la testimonianzapalese di tutte le sto- rie, bastafermarsi a considerare il corso delle rivo-luzioni moderne di tutti gli Stati, perchè la realità della dottrina nostra salti agli occhi ai piùmiopi. Affine dunque che le moltitudininon per lunga e sempre faticosaefficacia, come freni conservativi, ope-ranti spontaneamente e fuori del giure positivo, rie- scano immediatamente salutari all'equabile efruttuoso progresso dei popoli civili, èd'uopo renderle partecipi della vitapubblica, chiamandole alla elezione di co-loro che sono poi i legislatori della nazione, è deb- bono guidarla alla libertà e ai beni che essaracchiude^ con ordine e operosità. Cosìfacendo, con quei tem- peramentirichiesti dalla moralità e dignità stessa delvoto, si otterrà una maggiore attività politica ; la na- zione non sonnecchierà mai, né ristagnerà; i partiti che pervengono al governo dello Stato, nellavicenda PROPOSTE 143 continua di nuovi biefogni^ noncrìstalUzzeranno^ e ri- poseranno in unabeata e grassa quiete^ ringipvaniti estimolati sempre dal voto popolare^ donde tutto nelle democrazie fluisce e sorge ^ e vienelegittimato; si avrà sempre una beneficaremora alle intemperanze delle fazioni,e quello che più importa , un ostacolo,e, si radichi bene nella mente , V unico ostacolo al- l' imperversare della furibonda demagogia. Ionon aspiro alla divina prerogativa dellainfallibilità, e lascio ad altri senzarammarico questa modesta ed umile virtù; ma per quello che io valgo a discerneredopo lungo studio e lungo amore pel pubblico bene, crèdo fermamente alla efficacia, necessità,utilità delle mie proposte, come sonocerto che quadrano a capello con lenorme positive di una scienza sociale, vera-mente degna di questo nome. 'Tali sono le proposte, che coscienziosamente e dopo maturo e scrupoloso esame, e modestia, vennisvol- gendo in questo mio scritto ; talile riforme che credo indispensabili perla durata, la esplicazione naturale e lasalute delle nostre istituzioni, e pel decoro e la prosperità della patria. Certamente non sipossono tutte e subito attuare , e Romanon fii fatta in un giorno; manecessario è che gli uomini a qualunquepartito nazionale appartengano, proposti al governo della cosa pubblica, vi si accingano contenace pro- posito, e vi aspirinocostantemente. Un sentimento dimalessere indefinito occasionò la crisi presente, e la nazione sta raccolta attendendo che i diversiordini dello Stato meglio rispondanoall'indole loro e dei tempi, e siritemperi a vita più robusta e libera lafibra dei cittadini; e tale è il compito di coloro che 144 CAPITOLO m /ora salirono; è giudicheremo dai fatti se sono da tanto. Quelli che caddero ^ il partito cioè che finoad o^ resse i destini d' Italia^ operòcèrto molte cose buotie^ e condusse atermine, stimolato però dalla piÙL viva 'e impaziente parte della nazione e laicamente eoa;* diuvato da questa, Tunità territoriale epolitica della patria^ protetto dafortuna propizia e da eventi in-sperati, trasmutanti in vittoria eziandio la sconfitta; ma a poco a poco, ritirandosi in sé medesimoe chiuso troppo forse agli influssisempre salutari della mag- gioranza delpopolo, si aflSevoll ed obbliò le originisue, e la natura essenzialmente democratica degli Stati moderni. L'Italia oramai è giunta aquel tem- peramento civile ehe escludela violenza e T illegale intromissionedi fazioni perturbatrici, ma vuole edesige che si avanzi e che si cammini di pari alle na- zioni più civili; che gli uomini che lacapitaneggiano si governino con le ideenuove, e si lascino i metodi troppocurialeschi e scolastici nell' indirizzo della cosa pubblica. Or non è più tempo, e tra poco lovedranno anche i più restii e ostinati,di grette abilità e di pic- coli escuciti mezzi, giorno per giorno, di reggere gli Stati ; tutte le questioni sono larghe egrandi, e non si risolvono che conintendimenti e principj larghi egenerosi; in ogni vertenza è conflata, a cosi dire, la vita di tutto un popolo, anche per i rapportiche essa ha o può avere con tutte lenazioni civili. Iso- larsi, fetcendo isuoi affari alla guisa di un agente difattoria, è impossibile, dannoso e indecoroso; la ne- cessità presente spinge i popoli europaall'unità mo- rale della razza loro, edall'equilibrio econoiiiicO civile epolitico di tutte le membra ; ciò che non importa- PROPOSTE 145 ima yi^ota cosmopQlitia alla maniera deipolitici mi- stici: m ogoji inombro enazione vive deUa sua vita particolare;ma ^n conserto di vincoli si stretti, e unareciprocità di r^oni che costringono tutti ad avan- z^ure perire ; poiché la selezione naturalegoverna anche 1^* vita dei pppoli. Névalga il dire, come da molti si ripete^che il governo è, od era assai più liberaledella na:pione, e quindi ogni spinta o riformariuscire inutile , o inopportuna; poiché, oltre essere questo in generale vero per tutti i governi,in quanto sono al di sopra del sapere edel civile temperamento delle moltitudini,suscita spontaneamente questo di- lemma:o il governo, in uno Stato libero, possiedeminori spiriti liberi del popolo, e quindi dee, in virtù della legge fondamentale di un libero Stato,ritirarsi, perchè violatore moralmentedella medesima; o si confessa piùliberale del paese, e allora piuttosto cheristarsi e mantenere il grado fisso del valore civile del medesimo, dee spingerlo innanzi etrasformarlo alla sua immagine; che sesta, non procacciando di eccitarlo allariforma, è indegno dell'alto loco che oc-cupa. Queste teoriche di accomodamenti pratici non sono più d'uso, e solo argomentano unaprofonda im- perizia del come sidirigano le società moderne, e deidoveri effettivi dei governanti.Sciolto da qualunque legame di disciplina, come di- cesi, di partiti, perchè uomo affatto privatoed oscuro, e al di sopra di questi, comedebbo essere lo scrittore im- parziale,non consigliandomi con altre norme che conquella che io credo il giusto , scevro da qualunque am- bizione personale, né stimolato da ire opassioni di parte, liberamente dissi ,comecché sempre con rispetto in ollepersone, ciò che stimava opportuno ed utile, devoto in tutta la mia vita ad una cosa sola, maquella gran- dissima e santa, la verità.Se altri mi provi che io mi ingannai,sarò ancora felice quando il contrario di ciòche credetti, profitti alla mia patria. In ogni modo, nel piccolo giro delle mie facoltà, avròsoddisfatto al- l'obbligo di cittadino ;ciascuno dovendo servire la pa- tria inquel modo che gli è concesso. Solo una cosadetesto in questo ordine di fatti: la petulante vanità dei neghittosi. FINE.DELLO STESSO AUTORE S^Uo aiierehi: DELLK CONDIZIONI INTELLETTUALI D.' ITALIA ITm preparmziùHe ì SELLA LEGGE FONDAMENTALE DELLAINTELLIGENZA ffCL RC6II0 ANIMALC S t'Udii di Psicologia compartita. Se- ■rv;. ■ft- Tito Vignoli. Vignoli.Keywords: squirrel, squarrel, psicologia comparata, etologica filosofica, unalegge della intelligenza degl’animali – mito e scienza – mitos e logos –animale, legge, legge della psicologia, psicologia comparata, etologiacomparata, evoluzione. Refs.: The H. P. Grice Papers, Bancroft MS, LuigiSperanza, “Grice e Vignoli” – “La etologia filosofica di Grice e Vignoli” – TheSwimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Vinadio: la ragione conversazionale dellaprassi ed il valore – filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Filosofo italiano. Grice: “Of course, Vinadio is boundto be a good dialectician, since Italian neo-idealists take Hegel’s Dialektik –or colloquenza, as the count prefers – much more seriously than the mostHegelian of Oxonians! (And I don’t mean Bradley!”) -- Grice: “I like Vinadio; but then I’m Englishand we like an earl!” – “My favourite of his tracts is the one about dialetticawhich he understood just as Plato did, only better!” -- Felice Balbo diVenadio, conte di Venadio, vide, “Il conte di Vinadio” --. Considerato una delle voci più significative dellafilosofia italiana e un intellettuale impegnato in un vasto progetto di ri-fondazionedella filosofia politica nell'immediato secondo dopoguerra. Figlio di EnricoBalbo di V., naque in via Bogino 8, nel palazzo che e del conte Cesare Balbo,ministro di casa Savoia. Dopo la laurea, partecipa alla seconda guerra mondiale,prima come sottufficiale degll’apini, poi come membro della resistenza. Comeconsulente d’Einaudi cura una collana di filosofia. Insegna filosofia a Roma. Siraccolge attorno a lui un gruppo di filosofi per discutere sulla crisi deivalori nella società e sui modi di superarla mediante l'impegno sociale. Il suoimpegno trova espressione inoltre con i contributi alle riviste “Cultura erealtà” e “Terza generazione”. Vicino all’organizzazioni della sinistra e al partitocomunista, comprende come il mutamento centrale della società e avvenuto nelrapporto tra lavoro umano e tecnica. Assunto all'IRI presso il Servizioproblemi del lavoro. Si interessa di formazione del personale. Direttore delCentro IRI per lo studio delle funzioni direttive aziendali. Saggi: “L'uomosenza miti”; “Il laboratorio dell'uomo”; “Studi in memoria di SOLARI [vide] deidiscepoli” (Torino, Ramella); “La sfida storica del comunismo al cristianesimoe le sue conseguenze filosofiche” (Mulino); “Idee per una filosofia dellosviluppo umano” (Torino, Boringhieri); “Opere” (Torino, Boringhieri)’ “Essere eprogresso”; “Lezioni di etica” (Roma, Lavoro); “Lettere a Ludovica”; Archinto. Boringhieri,“Per un umanesimo scientifico. Storia di libri, di mio padre e di noi” (Torino,Einaudi); Cavalieri, “Scienza economica e umanesimo positivo. la critica dellaragione economica” (Milano, Angeli); Tassani, “La Terza Generazione: tra statoe rivoluzione” (Roma, Lavoro); Tassani, “Lezioni di etica” (Roma, Lavoro); Invitto,“Una filosofia pragmatica dello sviluppo” (Mulino, Bologna); Invitto, “Difronte a fenomenologia ed esistenzialismo” (Salentina, Lecce); Invitto, “Unaquestione aperta, "Italia contemporanea", Dizionario storico delmovimento cattolico in Italia: i protagonisti” (Marietti, Torino); Grotti (Boringhieri,Torino); Grotti, “Un altro futuro è possible” (Egeria); Possenti, “La filosofiadell'essere” (Vita e Pensiero, Milano); “Tra filosofia e società” (Angeli,Milano); Invitto, “Il superamento delle ideologie” (Roma, Studium); Ricci, “Cattolicie marxismo: filosofia e politica” (Milano, Angeli); Dal marxismo ad economia umana”(Brescia, Morcelliana); “La prassi e il valore: la filosofia dell'essere” (Roma,Aracne); “Il cristianesimo nella sfida della “modernità” su storia e futuro” --Dizionario biografico degl’italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,Filosofi italiani del XX secolo Insegnanti italiani Professore. IOVANNIINVITTO Le idee di Felice Balbo Una filosofia pragmatica dello sviluppo ILMULINOCAPITOLO SETTIMO L'istanza manageriale L'uscita dal PCI nondetermina l'ingresso di Balbo in schieramenti alternativi, ma lo porta adassumere una azione di fiancheggiamento, di « compagno di strada » per alcuneforze interne allo schieramento cattolico, in chiara antitesi alla lineadegasperiana 1. Nel '51 è Dossetti ad avvicinarsi a Balbo e a subire la sua influenza e nel senso della visione della « catastrofe » del sistema e nelrifiuto delle tesi maritainiane, fino ad allora costante ideologica degliintellettuali cattolici di sinistra 2. L'accostamento Dos- setti-Balbo è statoimportante in quanto, nel momento della dissoluzione del gruppo dossettiano, ilsuo leader, ma solo per una breve stagione, ha pensato di poter avere nelpensiero balbiano una integrazione teorica 3. Ben presto t Non ritengo dicondividere nella sostanza quanto afferma Giura Longo: « Il Balbo, invece [diRodano], segui altre strade, giungendo a farsi ispiratore di un gruppo diintellettuali democristiani, attraverso la rivista ` Terza generazione ' che hadato qualche contributo (si pensi ad un Morlino) sul piano dell'impegnopolitico dell'attuale gruppo diri- gente democristiano » (La sinistra cattolicain Italia. Dal dopoguerra al Referendum - Storia documentaria, a cura di R.Giura Longo, Bari, 1975, p. 31). teli sembra che sia, piuttosto, un gruppo diintellettuali cat- tolici, anche impegnati nella D.C., ad interessarsi alpensiero di Balbo (che allora era ad una chiara svolta) ed a tentare diannetterlo e di mu- tuarlo. 2 Cfr. G. Baget-Bozzo, op. cit., pp. 352-53,359-60. Nel convegno di Merano (agosto 1951) dei giovani democristiani, lamediazione del pen- siero di Balbo, portata da Baget-Bozzo, « consenti diristabilire alla diri- genza giovanile DC quell'unità di linguaggio che loscioglimento del dossettismo aveva posto in crisi. La presenza in politica deicattolici ` in quanto tali ' era giustificata dal fatto che la Chiesa avevaconservato la filosofia perenne e, quindi, il principio della ripresa culturalee civile ». Si ebbe, cosí, il superamento del maritainismo portato da Lazzati(Ibidem, p. 369). 3 Se « Cronache Sociali » si era interessata a Balbo (cfr. A.Romanò, op. cit.; S. Lombardini scrive che Dossetti « personalmente ancora nel1945 ebbe occasione di esprimere [a Padre Stefano Bianchi] simpatie per lasinistra cristiana » op. cit., p. 37) anche i cattolici-comunisti si erano 139 Dallarivoluzione alla collaborazione inventiva Dossetti si accorge che il tentativodi filtrare i suoi motivi attraverso quelli balbiani non può avvenire per unana- interessati alla rivista di Dossetti (dr. P. Pombeni, Le « Cronache So-ciali » di Dossetti, cit., pp. 161, 225, 231). Anzi possiamo dire che,soprattutto con La Pira, c'erano stati accostamenti già dal '38 (A. Os- sicini,a nome del gruppo Roma-Sud di Azione Cattolica, aveva eviden- ziato a La Pira «l'urgenza di un impegno diretto nell'azione politica, e La Pira ammise chequesto era necessario, anche se le forme di esso era difficile prevederle eprospettarle. Rispose esplicitamente: ` Fate; comunque, qualcosa uscirà ' »; A.Cuccchiari, op. cit., pp. 25-26). Il fu- turo sindaco di Firenze prenderà ledistanze « ideologiche » necessarie, criticando i cattolici-comunisti, perché,secondo lui, il materialismo dia- lettico è « causa » del materialismo storico:« Ora l'effetto non è mai separabile dalla causa » (G. La Pira, Premesse dellapolitica, Firenze, 1945, pp. 62-63; riportato da L. Fiorillo, Il fondamentiteorici dell'im- pegno politico di Giorgio La Pira (1926- 1945), in Novecentominore, cit., p. 209). Anche su « Cultura e realtà » era stato un dibattito suldossettismo, attraverso un intervento di F. Rodano (l'articolo, Laicismo eAzione cattolica in Italia, n. 2, luglio-agosto 1950, era però firmato da NinoN o- vacco) e una risposta di Baget-Bonzo (cfr. G. Baget-Bozzo, op. cit., p.364). Secondo Possenti la diversità fra Balbo e Dossetti è costituita dal fattoche, mentre il torinese « manteneva aperta la possibilità di una azione civilesulla base di una cultura rinnovata », Dossetti si stava volgendo verso la tesidella estraneità del cristiano al civile e verso una visione « panmonastica »(op. cit., p. 216). Mi sembra, invece, che anche la concezione di Dossettimonaco recuperi il civile in una sfera più alta. Infine, ricordo a titolo ditestimonianza che Giuseppe Dossetti, in uno scambio di battute avute con me aBologna il 5 febbraio 1978, mi diceva che a Balbo era stato legato da profondoaffetto e che Balbo « era stato molto importante in un certo periodo de lla suavita ». Ciò non toglie la differenza di temperamento, di cultura, diproblematica tra i due; differenze che sembrano determinanti a chi ha avutolunga consuetudine con entrambi (mi riferisco a quanto mi dicevano Mar- cella eGiuseppe Glisenti). 4 Due storici della sinistra cattolica italiana, purpartendo da pre- supposti storiografici diversissimi, hanno notato chel'accostamento fra Dossetti e Balbo (che avrebbero avuto come comune «preoccupazione apologetica » quella di inserire la Chiesa fra le masse operaie,anche se proponendo vie alternative; cfr. L. Bedeschi, La sinistra cristianaecc., cit., pp. 15-16) non è casuale nelle motivazioni, né nel tempo in cui éavvenuto. Scrive Campanini: « Nel 1951, infatti, sembra consu- marsi l'illusione,comune e insieme diversa, di Balbo e di Dossetti. La prima, quella dicondizionare dall'interno il partito comunista italia- no e di potere operarein esso come cattolici; la seconda, quella di con- dizionare dall'interno laDemocrazia Cristiana e di spostarla nel suo com- plesso a sinistra. L'uscita diBalbo dal PC e di Dossetti dalla DC appaiono cosí in un certo senso il segnoemblematico de lla conclusione di questa vi- cenda » (G. Campanini, Fede epolitica, cit., pp. 14-15). Lo stesso Campanini ricorda che nel '51 (alcongresso dell'UCIIM tenuto a Camaldoli nel-140tura diversa dei duepensieri: da una parte Balbo ribadisce il primato della tecnica filosofica,dall'altra Dossetti è fer- mo al primato della prassi, mistica o politica 5.Inquesta forma di gramscismo balbiano (gli intellet- tuali forza trainante nellaprassi politica) è da ritrovare una chiara eredità della « corrente Politecnico», relativa al con- cetto di « eccedenza » della cultura sulla politica 6.All'in- terno della cultura cattolica la posizione di Balbo era di assolutanovità non tanto perché si contrapponeva ai due integralismi in auge: quello didestra geddiano, quello di sinistra, dossettiano, come è stato molto «schematicamen- te » definito '. La novità è costituita da lla pregnanza filo-l'agosto),Dossetti svolse una relazione che « si può considerare il suo testamentopolitico ». In essa, parlò del fascismo come « autobiografia della nazione » e« sbocco inevitabile del liberalismo », evidenziando « l'accostamento ad alcunetesi portate avanti in quegli stessi anni da Felice Balbo » (Ibidem, p. 90).Datestimonianze indirette, si sa che l'ultimo Dossetti, per intender- ciil.monaco che vive a Gerico, insiste nelle sue prediche sulla situazione di «catastrofe » della civiltà occidentale. Anche questo concetto, tipica- mentebalbiano, può essere stato acquisito da Dossetti nel periodo del loroavvicinamento. È utile aggiungere, però, che già nel gruppo dos- settiano erapresente il tema dell'« apocalittica dell'ora decisiva » (che P. Pombeniriconduce a un clima generale nell'Europa post-bellica; cfr. Il « dossettismo», cit., p. 131).5 Il tentativo di Dossetti avvenne nell'agosto del '52. Sulfallimento di questa mossa, scrive Baget-Bozzo: « Probabilmente le tesi diBalbo gli [a Dossetti] apparvero troppo esclusivamente filosofiche edintellettua- li: una causalità assoluta e primaria della filosofia sullosviluppo storico non era facile da accettarsi per una persona cosí legata allaconcretezza dell'agire » (Op. cit., p. 356).6 Aveva scritto vittorini aTogliatti che la cultura che si adegua alle masse è politica, ed è culturaquella che si impegna nella ricerca: « Ma se tutta la cultura diventa politica,e si ferma su tutta la linea, e non vi è pii ricerca da nessuna parte, addio »(Politica e cultura, cit.).7 L'accusa di « integralismo » di sinistra aDossetti è di A. Del Noce (Genesi e significato ecc., cit., p. 458) ed èconfutata da G. Baget-Bozzo con argomenti definitivi (op. cit., pp. 361-62).Anche Pombeni prende chiara posizione contro l'ipotetico integralismo diDossetti, aggiungendo che quasi sempre il termine si usa in maniera imprecisa egenerica (Il « dossettismo », cit., pp. 128-29). A proposito del termine «integra- lismo », spesso usato phi per evitare un giudizio che non peresprimer- lo in concreto, mi viene in mente ciò che Bobbio ha scritto sultermine « borghese » e sul suo uso: « Oggi si chiama da alcuni ` borghese 'tutto quello che si vuol respingere. ` Borghese' ha soltanto piú un significatonegativo, è un segno ` non ' posto di fronte a un qualunque sostantivo, equindi privo totalmente di contenuto » (N. Bobbio, Politica e cultura, [1955],'Torino, 1974, p. 68).L'istanza manageriale141Dalla rivoluzione allacollaborazione inventivasofica della proposta di Balbo, che non si limita adope- rare all'interno delle masse cattoliche organizzate, ma, de- lineando unprofilo della crisi umana del Novecento, ripro- pone un ribaltamento anzituttodel progetto filosofico, co- me ritorno al senso comune e, quindi, l'opzioneper una via pragmatica ed anti-utopica allo sviluppo.In questa rifondazionefilosofica ci si è chiesto quale sia stata la prospettiva dominante: se quelladi Maritain o quella di Mounier. Del Noce dice che la sinistra cristia- nadimostra la sua simpatia prima per Maritain, poi per Teilhard de Chardin, ma aggiungeche il vero iniziatore della sinistra cristiana è stato Mounier (che sta aMari- tain, come Gobetti sta a Croce) s. Ora bisogna dire che per Del Noce,Mounier è di molto inferiore a Maritain, e Balbo avrebbe di fatto incoraggiatola diffusione del suo pensiero in Italia 9. Questo è vero solo in parte inquanto il pensiero di Mounier, assolutamente assente dagli scritti di Balbo, èinvece reperibile in esperienze culturali diverse sin dal '46, da « IlPolitecnico » a « Cronache sociali » 10.Comunque l'accostamento allacattolicità ufficiale vede da parte di questa un tentativo di « catturare »Balbo e di aiutarlo finanziariamente per un programma di elabo- razione di una« scienza dello sviluppo » 1. Il programma, che impegnerà Balbo fino al '54,sarà basato su un gruppo di ricercatori di filosofia e di scienze sociali 1`.La suddi-8 Cfr. A. Del Noce, Pensiero cristiano e comunismo ecc., cit., p. 976.9« L'interesse [fu] portato sul tanto inferiore Mounier, in cui tut- to c`,veramente esplicito, senza germe alcuno che abbia bisogno di ma- turare; colche non intendo dire che Balbo abbia incoraggiato volonta- riamente la fortunaitaliana di Mounier, ma che contribuí, per l'abban- dono dell'aspettofilosofico-politico del pensiero di Maritain, allo spo- stamento di interesseverso la sua opera » (A. Del Noce, Genesi e signi- ficato ecc., cit., p. 483).10Su « Il Politecnico » (n. 31-32, luglio-agosto 1946, pp. 7-8) appare unarticolo di E. Mounier, Agonia del Cristianesimo (il termine « ago- nia » èpreso da M. de Unamuno), con presentazione di F. Fortini (Fr. F.). Su «Cronache Sociali » nel '49 (n. 10) c'è una intervista a Mou- nier; nel 1951appaiono due articoli di P. Scoppola, uno sul filosofo francese (n. 6) ed unosu « Esprit » (n. 9). Questa linea si affianca a quella maritainiana diLazzati.11 C. Leonarcli dice che tramite per il finanziamento fu L. Gedda (op.cit., p. 377).12 La suddivisione fatta da Balbo era in cinque settori checorrispon- 142visione rappresenta i settori nei quali la crisi è avvenutain maniera globale, e attraverso i quali una ripresa « ri- voluzionaria » puòavvenire. Non è, però, assolutamente il caso di gonfiare l'espediente deigruppi (che era piú una metodologia) a sistema. Il pensiero, l'impegno di Bal-bo negli anni '51-'54 non si risolvono nei « quintetti ». La crisi è per luicaduta di un rapporto di funzioni nel- l'ambito del sistema sociale globale: ilsistema teoretico deve svolgere funzione di rinnovamento, il sistema etico hafunzione di sviluppo, quello economico la funzione di innovazione, quellopolitico la funzione di movimento, í1 sistema giuridico-statuale la funzione diconservazione 13. Sulla base di questi schemi ideali (che qualcuno definiràutopici) si svilupperà una nuova iniziativa-esperienza-ten- tativo cuipartecipa Balbo: « Terza generazione ». Il grup- po balbiano cerca diconservare una « propria rilevanza pubblica » inserendosi nell'ideazione diquesta rivista men- sile 14. Si è parlato molto, ma si è scritto un po' di menosu « Terza generazione ». Anzitutto c'è da definire il rapporto con ildegasperismo nell'indirizzo della rivista. Sappiamo già come il distacco traBalbo e il PCI non colmi la diffidenza e il rifiuto di Balbo nei confronti delle tesi degasperiane. D'altra parte è appurato l'aiuto finan- ziario dato daDe Gasperi a lla rivista, ma meno noto è il disinteresse pratico dello statistaper « Terza genera- zione » 15. La nascita della rivista non fu ritenuta underebberoa cinque scienze autonome: diritto, economia, sociologia, morale e politica.Responsabili dei gruppi erano: C. Napoleoni, M. Motta, G. Sebregondi, U.Scassellati, N. Novacco (cfr. C. Leonardi, op. cit., pp. 377 e segg. e le Notebiografiche in F. Balbo, Opere, pp. XVI-XVII).13 Cfr. G. Baget-Bozzo, op. cit.,p. 516. Confrontando lo schema proposto da Leonardi e quello proposto daBaget-Bozzo, troviamo l'as- similazione tra momento sociologico e momentoteoretico (cfr. C. Leonar- di, op. cit., p. 377).14 Cfr. anche G. Baget-Bozzo,op. cit., p. 516.15 Claudio Leonardi, che fu redattore nella rivista nellaseconda fase, in una conversazione con chi scrive, nel novembre 1975, dicevache De Gasperi finanziò la rivista, ma che probabilmente non l'ha mai letta.L'interesse di De Gasperi per l'iniziativa era stato sollecitato da padreDelbono (cfr. C. Leonardi, op. cit., p. 398; l'autore riprende L. Garruccio(pseud. di L. Incisa di Camcrana), La politica era tuttoL'istanza manageriale143Dallarivoluzione collaborazione inventivafatte r, strutturale » ma una iniziativa «congiunturale », derivata dalle elezioni dei '53, per lo meno a quanto dice unodei suoi responsabili ', ma ebbe ambizioni « struttu- rali » e di rifondazioneideologica. Ciccardini, nel rico- struirsi le fonti, integra le nutricibalbiane de « Il Poli- tecnico » con alcuni autori cattolici i-`, ma riaffermala congiuntura catastrofica della realtà 's. Balbo, nell'unico suo scrittosulla rivista, puntualizza il senso della crisi come crisi del modello diautosufficienza dell'individuo che andava dalla Grecia a Mara ', e ilriconoscimento del fallimento di tutta la storia 0. La via che Balbo e « Terzagenerazione » cercano di perseguire e però una via asso- lutamente nuovarispetto a quelle tentate da lle altre forzepolitiche, culturali, economiche:la proposta di una diver- sa classe manageriale.La nuova dirigenza, scriveBalbo a Ciccardini, deve reggersi sul piano dell'invenzione e non su quellodello sfruttamento delle doti naturali; « dirigenze sociali » di nuovo tipofaranno salvi gli indici intellettuali , morali e tecnici dell'intera soviet ì2t. La dirigenza sociale proposta(Cronache della generazione del '45), in «L'Europa », VII, 1973, n. 8-9, p. 90).to Cfr. C. Lelnardi, op. cit., p. 37S.17« Eleggemmo a nostri maestri Maritain e Ferrero, Mounier, Dor- so, Sturzo,Giobetti e Gramsci «: B. Ciccardini, L.: politica: era tutto, in « Terzagenerazione », num. di presentazione, agosto 1953, pp. 1-3. Balbo avevascritto: « Dobbiamo rifarci essenzialmente ai nomi di Go- betti e di Dorso e diGramsci » (Cultura antifascista, cit., p. 14).is « Se non appare unsisoluzione. 1a nostri so ìer ì si :ivvi:i :alla disgregazione ed alla catastrofe» (B. Ci ecirdini, op. cit., p. 3).t^ Cfr. F. Balbo, Le soluzioni stanno ogidavanti a noi, in « Terza ge- nerazione », num. di presentazione, agosto 1953;ora in Opere. pp. 533-42, il concetto richiamato è a p.p. S36.20 Balboscrivcral in seguito: «Comprendendo la verit:t di Mari si viene a riconoscerela fine dell'epoca moderna e il fallimento di tutta la storia fino ad oggi senon si origini uno nuovi storta a livello supe- riore »; in Per la rilevazionee l,: critica delle: scoperta essenziale d MMfart, in Studi in memoria di G.Solari, Torino, 1974, pp. 375-9t; orsin Opere, pp. 318-31; il passo cit. ` a p.330.21 Cfr. Le soluzioni stanno oggi davanti a noi, cit., p. 541. Questioriginale identificazione trai imprenditore cd intellettualeun° degli spuntipití interessanti della proposta bailbiana. intatti, an- che questo il periodoin cui Balbo tentava a Torino il « Centro dì rela- zionc » c sperimentava inIrpinia. assieme ad altri ricercatori, tipi cui Achille Ardigò, un nuovo mododi impostare l'iniziativa agri olai. Quel144da Balbo è qualcosa didiverso dall'operatore privato e dall'operatore pubblico, in tal senso èqualcosa di pii dell'imprenditore di tipo gobettiano, che è sempre l'ope-ratore privato anche . se aperto all'uso sociale dei suoi beni 2. Ciò che sollecitaquesta proposta ultimativa è, ancora una volta, la coscienza di una « crisifinale » del sistema storico-sociale dominante, cioè quello illuministico-democratico o individualistico che ha incluso e raggiunto ogni altro sistema. Ecome sistema individualistico, Balbo pone anche quello comunista per la sua «originaria e íne- liminabile ispirazione anarchica » 23. In questo senso, «Ter-za generazione » nasce dal crollo della generazione prece- dente, quellaresistenziale e antifascista. C'è l'illusione nei giovani redattori de llarivista di superare la genera- zione che « aveva dato vita al Politecnico aCronache So- ciali ad Iniziativa Socialista » 2'. Invece, per certi versi,esiste una palese continuità tra questi fatti culturali e, ad- dirittura,alcune impostazioni redazionali di « Terza ge- nerazione » ricordanoesplicitamente la rivista vittorinia- na. L'ambiguità unanimistica del nuovotentativo è chia-periodo é ricordato come quello dei « pomodori ».Tutto ciò cidice la fondatezza delle motivazioni di chi ha respintoun appiattimentoteoreticistico del pensiero balbiano (P. Pratesi, Lafilosofia di F. Balbo, in «L'Avvenire d'Italia », 22-XI-1966, contro l'in-terpretazione di Del Noce).Èanche questo il caso di Penati che, però, critica il ridimensiona-mentobalbiano della teoresi (cfr. Penati, rec. Idee, in « Rivista di Fil.neoscolastica », 1962, p. 626).22 Gobetti parla di imprenditori nuovi (« i soliche abbiano diritto a chiamarsi borghesi nel senso economico della parola »)all'interno di un sistema capitalistico del quale però sia possibile un esitosocialista (« Il socialismo è conquista da parte del proletariato di unarelativa indispensabile autonomia economica e l'aspirazione delle masse ad af-fermarsi nella storia [...]. Anche il nostro liberalismo è socialista se siaccetta il bilancio del marxismo e del socialismo da noi offerto pii volte. Bastache si accetti il principio che tutte le libertà sono solidali »). I brani sonopresi, rispettivamente, da Storia dei comunisti torinesi scritta da unliberale, in « La Rivoluzione Liberale », I, n. 7, 2 aprile 1922, pp. 24-26;ora in P. Gobetti, Scritti politici, cit., p. 279; e da Liberali- smosocialista, in « La Rivoluzione Liberale », III, n. 29, 15 luglio 1924, p. 114,nota non firmata a un articolo di C. Rosselli; ora in Scritti poli- tici, cit.,p. 761. Sull'ultimo brano, v. pure L. Valiani, Gobetti, uno dei nostri, in «L'Espresso », XXII, n. 7, 15 febbraio 1976, p. 112.23 Le soluzioni stanno oggidavanti a noi, cit., p. 356. u B. Ciccardini, op. cit., p. 2.L'istanzamanageriale145 Dalla rivoluzione alla collaborazione inventivaramente enunciatoda Leonardi quando parla di richiami per la sinistra e per la destra (per laprima era determi- nante il carattere « utopico » della proposta di Balbo, perla seconda il superamento di fascismo e antifascismoriba- dito da Scassellati)25. Naturalmente la critica successiva ha privilegiato una categoria o l'altra26. Comunque non do- vrebbe esser messa più in discussione la « leadersbip » diBalbo sul gruppo 27, anche se si tratta di un primato p1625 Cfr. C. Leonardi,op. cit., p. 378. Alla discussione intorno alla ipotesi di una sostanzialeutopia del pensiero balbiano è dedicato il quinto capitolo di questa secondaparte.26 Leonardi ci presenta la storia delle interpretazioni di «Terzagenerazione» come« fatto» di destra. Ricorda gli articoli di «Panora- ma»(Cinque per cinque, X, n. 298, 30 dicembre 1971, pp. 68·73; J profeti armati,XI, n. 299, 13 gennaio 1972, pp. 48-54) dove si parla del gruppo di «Terzagenerazione» come di un gruppo che stava prepa- rando una «svolta totalitariadi destra in Italia ». Ricorda pure un ar- ticolo su «Astrolabio », a cuirisponde A. Paci, con la lettera Un disce- polo di Balbo, ioi, 15 febbraio1972, pp. 9-10. Anche F. Parri rispose su « Astrolabio ». Se «Lotta Continua»ha definito Balbo «un cretino» (iI 16 dicembre 1971; cfr. C. Leonardi, op.cit., pp. 366-67), Giura Longa ba visto nella rivista «inquinamenti dicarattere reazionario»Giura Longo, op. cit., p. 73). Pregiudizi partitici?Autosuggestioni? di si, se un intellettuale come N. Bobbio ha parlato di «Terzagenerazione» come «di un gruppo avanzato che ha gli occhi sulle cose del nostrop a e s e » (Cultura ueccbia e politica nuova, in «II Mulino », IV, 1955, n.45; ora in N. Bobbio, Politica e cultura, p. 205). un giornalista-scrittore,che ha la destra politica ineccess,ivJ 'lU!]'alla, ha scritto di Balbo:« inFrancia o in o anche income un rivoluzionario culturale in sensoNonscrittodoveconosce(G.F.inalcunesociali e dice che le Einaudi).ifosse vissuto, poniamo, sarebbe oggiriconosciuto un paese cattolico. odierno che Balbo non abbia affrontato:chiunque abbiaultimi trent'anni, pertra la società politica, se non ri- oimprovvisa» fa cadere l'autore i cattolici comunisti con i cristiano- di Balbosono state pubblicate dastoriche:27 È sempre Leonardi a riportare la criticap.366). Lo stesso Ciugni, che dala prospettiva umanistica che costituiscebalbiano(Giugnì dice che deveduttivo «ma l'iniziativaun ordine capace di garantiresioni»; in J m i t i in cui abbiamone », num. di present., cit., p. Il). Inèpresentata in maniera piti scopertaper l'organizzazione della cultura, in «Terza generazione », I, n. 2, no-146delpunto (op. cit., socialista, assumenodale del discorso non solo il lavoro pro- I'invcnzione creativa [ ...] umanain tutte le sue dimen- ii Terza generazio-l'Ipotesi balbiana immediata (cfr A.Paci, Appuntidi fatto, che non per decisione esplicita,L'ipotesi chiave èla situazione di «zero alla partenza », a cui esser fedeli senza guardare ilpassato, sicuri che non tutto è politica, come afferma Balbo 28, e come di- ceCìccardini nell'editoriale di presentazione 29, Ma la si- tuazione di « zeroalla partenza» e il rifiuto del totus po- liticus erano già de « Il Politecnico», sulla linea, anche in ciò, di un involontario crocianesimo 30,La rivistaentra, però, in serie contraddizioni. La esperienza di Scassellati alladirezione mette in crisi lo stesso Balbo perché, secondo Leonardi, avevadimostrato il carattere utopico di fondo del suo pensiero «che era in grado dimobilitare delle forze, ma non di soddisfar- le» 31, Con l'avvento della lineadi Claudio Leonardi, ab- biamo una ulteriore contraddizione «formale ed espli-cita» con lo schema balbiano, in quanto il neo responsa- bile privilegia ilmomento morale, rispetto alle altre tec- niche 32, Se Balbo non accetta laposizione politica divernbre 1952, pp. 33-34).Chi, tra gli altri, ha sostenutola tesi della egemonia culturale diBalbo su «Terza generazione» è stata laBuongiorno Veroi che affer- ma essere stato Balbo il «vero animatore» dellarivista (cfr. T. Buon- giorno Veroi, «Terza generazione », in «Il Veltro »,1964, n. 4, p. 670). La stessa fa dipendere la fine della rivista da unaautonoma decisione di Balbo, dopo una riunione ristretta in cui il filosofoavreb- be fatto l'autocritica per l'errore pelagiano in cui si era caduti (p.683).28 Cfr. Le soluzioni stanno oggi davanti a noi, cit., p. 542.29 B.Ciccardini, op. cit., tra l'altro dice: «Ma nel '45 [...] la poli- tica eratutto: morale e rivoluzione, speranze e novità d'esperienze, con- servazione epoesia. Era un fatto molto vitale in cui ciascuno cercava la sua parte e vi sitrovava a suo agio ».30 La polemica di Vittorini con Togliatti era basata, comesi è già ricordato, sul rifiuto di una concezione della cultura come realtàtotale. Poco prima della polemica in questione, Croce aveva scritto aTogliatti: «lo ripugno a diventare toius politicus come (e non la invidioperché talvolta penso che debba soffrirne) è Lei in ogni Suo gesto e parola»(la lettera è del 31 dicembre 1945, pubblicata in «Rinascita» del 22 maggio1965, p. 22). Garin, nel commentare il brano, aggiunge che, però, Croce fu semperpoliticus (cfr. Intellettuali italiani del XIX seco- lo, cit., p. 66).31 C.Leonardi, op. cit., p. 406.32 Cfr. Ibidem, p. 432. « È dunque il fatto stessodi porci il problema dello sviluppo che ci obbliga immediatamente a porre ilproblema della moralità »; C. Leonardi, La questione prcgiudiziale, in «Terzagenerazione », II, n. 8, maggio 1954, p. 2).147Dalla rivoluzione allacollaborazione inventivaScassellati, non accetta neanche quella di Baget o dinardi, che vede legati a prospettive integralistiche 33. Cosi muore questotentativo culturale, lasciando però, anche qui, qualche eredità balbiana 34.L'uomocerca una sua collocazione precisa, degli stru- menti adeguati allarealizzazione delle sue intuizioni spe- culative, un modo nuovo di essereintellettuale, o meglio, di essere un filosofo non intellettuale. Il 1956presenta, su questa linea, due avvenimenti-svolta nell'esistenza di Balbo: gliultimi significativi fatti che, rappresentando dei momenti di professionalità,sono anche due nuovi modi di dimostrare una nuova figura di filosofo. Miriferisco alla assunzione di Balbo presso l'IRI, per il settore « Proble- midel lavoro» e all'incarico di Filosofia Morale avuto al Magistero di Roma.Comincia cosi a lavorare come « l'al- tra gente» 35. Se l'insegnamentouniversitario gli permet-33 « P e r il filosofo torinese, infatti, ladimensione ecclesiale era una condizione personale del ricercatore, che nonpoteva mai intervenire direttamente nel discorso storico »; G. Baget-Bozzo, op.cit., p. 531.34 Se l'inizio di «Terza generazione» era stato possibile anchegra- zie al sostegno economico di De Gasperi, la fine della rivista si ebbe unmese dopo la morte dello statista (con il n. 12, del settembre 1954). Maneanche qui esiste un rapporto di causalità fra i due fatti. La rivista fuchiusa dopo varie riunioni indette da Balbo e dal suo gruppo «rivo- luzionario»(cfr. C. Leonardi, «Terza generazione» ecc., cit., p. 433); il filosofotorinese accusò il gruppo redazionale di eresia « semi-pelagia- na » (con untermine dossettiano); Lconardi, invece, vede nel falli- mento della rivista illimite dell'esperienza pluri-idcologica di Balbo; la velleità di partire «dazero» ingenerava componenti «moralistiche e attivistiche [Leonardi intuisce,senza il nucleo pragmatico del pensiero di Balbo?], e dunque nuove » (Ibidem,pp. 432-33).Una eredità di questa esperienza rimane anche in Baget-Bozzo, chein essa rappresentava di fatto l'alternativa teorica all'impostazione di Balbo.Dice il teologo genovese che nel periodo della rivista « L ' O r d i n ecivile» (1959-1960) egli risente delle posizioni culturali che lo hanno in-fluenzato: il dossettisrno, «Terza generazione» Felice Balbo (« la no- zionedella crisi della civiltà e della necessità di nuove forme di pensiero e diazione autonome dallo Stato come condizione per la stessa ripresa dell'azionedello Stato »; G. Baget-Bozzo, I l partito cristiano e l'apertura a sinistra -La DC di Fanfani e di Moro .19.54/1962, Firenze, 1977, p. 193).35 ScriveNatalia Ginzburg: «Balbo andò a vivere a Roma, e lasciò la casa editrice. Poiannaspò per anni fra progetti assurdi ed errori. Infine ebbe un vero lavoro.Imparò a lavorare come l'altra gente» (op. cit., p. 187).148 te diapprofondire alcune tematiche interne ai suoi inte- ressi etico-politici36,l'impegno all'IRI, accettato per ne- cessità 37, lo porta a non considerarsi unintellettuale in senso classico in quanto rifiuta, come nota Baget, un com- pitolegato solo alla parola, che è strumento di mistifica- zione 38,Nel frattempoil suo discorso tende a mettere in luce, ancora una volta, sotto prospettivediverse, la novità di Marx, ma anche i suoi sotismi. La premessa metodologicache Balbo ritiene indispensabile è riconoscere come im- prescindibile«necessità teorica e pratica» quella di un « integrale ricominciamento storicodalla filosofia alle isti- tuzioni » 3 9 , Sempre sulla linea di un marxismoitaliano che privilegia i Manoscritti (vedi Della Volpe) 40, il pen-36Argomenti dei corsi universitari di Balbo sono quelli della urna- nizzazionedell'uomo nella moderna civiltà industriale, della proprietà privata e del benecomune, del problema dell'utopia di K. Mannheim e S. Weil, il problema deldiritto naturale in L. Strauss, la crisi dei valo- ri in M. Scheler (cfr. Notebiografiche, cit., pp. XVII-XVIII). Il metodo d'insegnamento seguito da Balboconsisteva nel prendere spunto da fatti realmente accaduti e da questi risalirea considerazioni teoriche.37 Il dover lavorare alle dipendenze dello Stato nonfu una scelta di comodo per Balbo, ma, come testimoniano le persone a lui piùvicine, gli fu imposto dalla necessità di «dover vivere» (problema che primanon si era mai posto in termini concreti). Pertanto ci sembrano OlLllJLLUX:, sutale argomento, le critiche « teoreticistiche » di Lconardi a intoppoesistenziale del filosofo (« Il sistema obiettivamente mo- ralmente più forte[00']' Ci pare che la presenza di Balbo nell'Llc.L, che iniziò poco dopo, comela sua ultima produzione siano lemeno significative della sua attività, erappresentinovistoso del suo limite laicistico »; «Terza generazione »ecc"433-34). Più aderente alla realtà, nei suoi toni l'intuizionechiafferma che Balbo «spari nel gorgo, e diversi anni pni tardi morf, ingoiato dauna professione di prestigio certote accettato con la rassegnazione implicitain casi» (G.F,op, cit.). Mi piace ripetere ora una affermazione di Pombeni: «l~malsano tentare interpretazioni del dossetìisrno traendo spunto dalle tualivicende dei suoi personaggi» (Il «dossettismo» ecc., cit., p. 118), È un invitoa non mescolare le carte e i piani del discorso ed è premessa indispensabileper ogni metodologia corretta,38 Cfr. G. Baget-Bozzo, Il partito cristiano alpotere, cit, p. 3.56.39 Per la rilevazione e la critica ecc., cit., p. 330,40Cfr. su'questo tema G. Duso, Il nodo Hegel-Marx nel dibattitodel '48, in Gliintellettuali in trincea, cit., pp. 101-06.Pavese ci parla di «orrore» di Balboe del gruppo romano, quandoin una riunione della Einaudi, egli aveva propostola pubblicazione delL'istanza manaueriaie149Dalla rivoluzione allacollaborazione inventivasatore torinese coglie la verità filosoficafondamentale del marxismo-leninismo nel vedere come le idee, i comporta- mentie le manifestazioni dell'uomo, in quanto prodotti,41.Mediando certi temi delmarxismo con le istanze della43,Il limite del marxismo, limite teorico-pratico,è indi- viduabile nel concetto di sintesi, come fine o soppressione semplicedella proprietà privata. In questo modo non si arriva, secondo Balbo, alsuperamento ma alla disgregazio- ne; un reale processo dialettico non dovrebbecomportare una oppressione positiva della proprietà privata, ma una formasuperiore del sistema di appropriazione, « deve es- sere la nascita diistituzioni superanti (ossia superiori si- stematicamente) il nostro attualesistema istituzionale » 45.Capitale, « estravagante », in una collana assiemealla Bibbia e a Mille Volevano linciarmi » (lettera a G. Einaudi del 7 settem-eunanote:«bre 1945, in Lettere, cit., pp. 499-500).41 Cfr. Per la rilevazione ela critica ecc., cit., p. 319. Balbo affermache la contraddizione del marxismoè stata centrata da Della Volpe, Del Noce e Löwith (Ibidem, p. 318 e n.).Aggiunge che si rimane nell'apolo- gia del marxismo anche in casi di «altissimo livello culturale », come in Gramsci e Lukàcs (Ibidem, p. 319). Éevidente che Balbo sta rivedendo il suo giudizio su Gramsci.42 « Laforza-lavoro o pratica attività sensibile è indubbiamente il presupposto realeattivo (causa efficiente) della produzione come tale cosí come la natura ne èil presupposto reale passivo (causa materiale). Ma altrettanto indubbiamentenon sono e non possono essere i presup- posti reali di ogni ` modo particolare' della produzione » , escludendo cosí la peculiarità dell'uomo, cioè laproduzione razionale come specifica (Ibidem, p. 323). Si ricorda su ciò unapolemica con Rodano.43 Balbo sarebbe, invece, piú vicino alla visionedell'antropologia culturale, secondo la quale ogni forma storico-culturale è unprodotto umano. Cfr. S. Moravia, La ragione nascosta ecc., cit., pp. 327-37.44Per la rilevazione e la critica ecc., cit., p. 320. 45 Ibidem, p. 329.sottostannoalle leggi della produzioneper Balbo costituisce il sofisma marxiano è il farcoinci- dere ogni forma di produzione (anche quella razionale) con la attivitàpratica-sensibile, cadendo nel materialismo dia- lettico 42.antropologiaculturalesuo complesso ciò che include tutta la storia umana, e ciò che misurala realizzazione della natura umana: « Dove c'è produzione c'è storia erealizzazione umana, dove non c'è produzione non c'è storia né realizzazioneumana » 44.150Balbo vede nella produzione nelCiò che, invece,Infatti,l'eliminazione di uno dei termini dialettici non risolve la contraddizione erappresenta, invece, elemento di corruzione della storia esistente, in quantoconserva all'infinito la contraddizione invece di superarla ` 6. Non si trattapiú di sopprimere istituzioni, ma di crearne altre nel quadro di una espansioneorganica totale. Quindi non si parla di fine dello Stato, ma « della nascita dinuove dirigenze dello sviluppo continuo della società » (l'istanzamanageriale), non di fine della filosofia nella rivoluzione, ma di definitivaacquisizione della indispensabilità della47.filosofia come funzione socialequestafase del suo pensiero, Balbo ha ormai raggiunto alcune linee abbastanza precisee nei confronti del marxi- smo (che non si tratta piú di integrare, ma dicorreggere), e anche nei confronti di un quadro globale delle istitu- zionisociali: riaffermazione della proprietà privata, tra- sferita su un piano disolidarietà umana non adeguatamente definita, ripresa della propostamanageriale, corroborata da una nuova figura di filosofo. L'errore essenzialedi Marx sarebbe di aver voluto impostare una problematica48,« aristotelica » (orealistica) in termini hegelianirore che si accompagna alla verità delledomande poste da Marx, domande per le quali non esiste ancora, a livellostorico, una filosofia adeguata. Balbo comunque dice che la via per rispondereesiste ed è l'assumere la posizione filosofica di Aristotele e di san Tommaso(non la loro filosofia, ma il loro punto di vista sul reale).In sostanza « daMarx in avanti, resta tutto da fare in teoria e in pratica » 49. Marx,affossatore e vittima della dialettica hegeliana 50, annulla la dimensionecreativa del-46 Cfr. Ibidem, p. 330.47 Cfr. Ibidem, pp. 329-30.48 Cfr. Ibidem,p. 322n.49 Ibidem, p. 331.3o Balbo afferma che Marx demistifica la dialetticahegeliana, manon la rifiuta; perciò il rovesciamento della prassi riduce ilmarxismo a « empirismo praticistico collettivistico ». Sotto questo aspetto,gli ul- timi scritti di Stalin (probabilmente il filosofo si riferisce alletrad. it. apparsc in quegli anni di Questioni di leninismo, Roma, 1952 e diPro- blemi economici del socialismo nell'URSS, Roma, 1953) rappresentereb- bero« il tentativo di una specie di ' revisionismo pratico ' interno alL'istanzamanagerialeCome si può notare, inun er-151Dalla rivoluzione allacollaborazione inventival'uomo; anche a certe interpretazioni pii disponibiliper l'uomo non si può dar credito perché non sono conformi alla « norma base »della verità del sistema S 1. Una ri- presa delle tesi umanistiche non puòavvenire che come ripresa filosofica: una storia priva di filosofia « a livellostorico » è quella storia disumana e catastrofica, dice Bal- bo, che ilmarxismo ci ha svelato. Se prima la filosofia ha solo conosciuto o solo mutatola storia, ora si deve con- temporaneamente conoscerla e mutarla S2.Il filosofoche deve conoscere e mutare il mondo non è in questo autosufficiente, ma devestrumentare i suoi interventi attraverso organismi intermedi. Quello su cui lariflessione e la funzione organizzativa di Balbo si ap- puntano maggiormente èil « gruppo di lavoro ». Ogni elaborazione specifica è sempre inquadrata in unavisione pití ampia e piú fondata teoricamente. Balbo afferma che il problemaprimario dell'ontogenesi sociale non è quello dello Stato o dell'assettogiuridico-economico della proprie- tà (come dice Marx), ma è quello dellagiusta forma so-ciale dei lavoro, cioè « il trascendimento effettivo del si-stema sociale da parte della persona, senza evasione », cosa che Marxaddirittura nega, sostanzializzando la real- tà collettiva S3. Alla istanzaetica di recupero dell'uomo va, pertanto, affiancata una tecnica adeguata , alpari di quan-marxismo e tendente ad impedire, o almeno a ritardare, leconseguenze ultime, tecnocratico-burocratiche, dell'essere teoretico tipico delmarxi- smo »; (Per la rilevazione e la critica ecc., cit., p. 327).51 Balbo siriferisce a Lenin e a Gramsci come elaboratori delle tesi « sull'umanitàdell'uomo » all'interno del marxismo (Ibidem, p. 324).52 Cfr. Ibidem, p. 331.53Cfr. Il piccolo gruppo di lavoro e la sua funzione nella grande or-ganizzazione, in Termine e concetto di Costume, Atti del II Convegno-laboratorio del Centro Intern. delle Arti e dei Costume, Venezia, 27-29settembre 1956 (B rescia, 1957); ripubblicato con alcune varianti in « Rivistadi Organizzazione aziendale », III, n. 4, 1958; ora in F. Balbo, Opere, pp.543-64; i concetti citati sono a p. 547. G. Petrilli ha ricor- dato alcunipassi di Balbo relativi a lla pianificazione e al lavoro come« ritrovamentodell'ordine » (G. Petrilli, Dal progresso alla crescita, in « Civiltà dellemacchine », n. 5, settembre-ottobre 1965).St « L'etica senza tecnica adeguatanon vive, infatti, nella societ ì umana. Vive in alcuni momenti della vitadegli individui, può risorgere continuamente e come intenzione pura. Ma,poichi. gli uomini non sono152to è avvenuto in America (come fenomenosecondario e non primario). Infatti 11 vi è stata la scoperta « dell'uma- nitàdell'uomo » da parte della società industriale: è stata una scoperta empirica esperimentale della non riducibi- lità dell'uomo a « fattore economico »,attraverso nuovi modi di gestione del lavoro nell'industria S5. In questoorizzonte, ci deve essere una chiara collaborazione fra me- todo sperimentale emetodo filosofico: ciò che si ottiene con l'uno, non si ottiene con l'altro, eviceversa 56. Il pic- colo gruppo di lavoro diventa quindi il risultato di unaconvergenzatra istanze filosofiche, morali, manageriali: « Il piccolo gruppo umano e inparticolare il piccolo grup- po di lavoro viene considerato oggi dagliscienziati, tec- nologi ed educatori come una unità sociale primaria, aven- terealtà, proprietà e caratteri distinti da quelli dei singoli individui, che locompongono » S'. Se il tecnicismo può es- sere liberato dai suoi vizi e daisuoi mali, questo, affermaangeli, non può esistere socialmente senza tecnicacorrispondente e a livello tecnico dell'ambiente. Peggio, l'intenzione eticaretta pub con- giungersi con una porzione di ambiente tecnico opposto edeterminare delle vere e proprie mostruosità sociali di cui la nostra epoca èricca » (Ibidem, p. 560).55 Balbo si riferisce all'esperimento di Elton Mayoalla Western Electric (Ibidem, p. 548). L'esperimento in questione va con ilnome di « Hawthorne », perché ebbe luogo dal 1927 al 1932, negli stabilimentiHawthorne della Western Electric C., che si trovano a Cicero, alla peri- feriadi Chicago. La sostanza dell'esperimento consiste nel tentativo di scoprire ilrapporto tra il rendimento dell'operaio e le condizioni « uma- ne » del lavoro.Il resoconto phi ampio di questo esperimento è nel vol. dei diretti esecutoriF. J. Roethlisberger e W. J. Dickson, Manage- ment and the Worker, Boston,1934; Cambridge, Mass., 1939. Si leggano pure E. Mayo, The human problems of an industrialcivilization, New York, 1933; una sec. ed. è The social problems of anindustrial civiliza- tion, Boston, 1946. Unabuona esposizione è in J. Madge, Lo sviluppo dei metodi di ricerca empirica insociologia, [1962], trad. it., Bologna,19692, pp. 221-83; a p. 279 è unabibliografia de lla critica alla scuola di Elton Mayo. Sugli stessi temi,ritornano gli scritti di A. Zaleznik, C. P. Christensen, F. J. Roethisberger,Motivazioni, produttività e soddi- sfazione nel lavoro, [ 1958], trad. it.,Bologna, 1964. Per un rifiuto glo- bale delle human relations, e delle «comunità » di fabbrica come « trap- pola ormai logora », cfr. A. Illuminati,Lavoro e rivoluzione, Milano,1974; in particolare, dove l'autore vede E. Mayoinglobato nel taylorismo (p. 29).56 Cfr. 11 piccolo gruppo di lavoro ecc.,cit., p. 552. S7 l bick,,,, p. 550.L'istanza manageriale153Dallarivoluzione alla collaborazione inventivaBalbo, può avvenire attraverso ilpiccolo gruppo di lavoro, diventato generatore delle norme etiche e tecnichedella grande organizzazione, che può soltanto applicarle ".È un po' lacritica allo Stato etico, ribaltata a livello di impresa industriale: a Balbointeressa tanto la umanità del lavoro, quanto la produttività dello stesso 59,privile- giando il primo momento rispetto al secondo che, invece, poteva esserepii presente nell'esperimento di Hawthor- ne.Quella balbiana è una ricerca disoluzione all'interno delle strutture malate: si tratta non di modificare ilsi- stema, ma di giungere a forme pii umane di lavoro e quindi a una maggioreproduttività. Balbo sembra essersi rassegnato al sistema capitalistico, nonprospetta alter- native strutturali, ma solo terapie per l'individuo e vede nelpiccolo gruppo la nuova cellula in cui ogni realtà, ogni fatto della vita delgruppo, ogni elemento del suo lavoro può essere a portata diretta dei sensi,dell'intelligenza e del fare di ogni singolo componente E 0.In questo quadro sicolloca il riemergere, nel pen- siero di Balbo, delle istanze antropologiche,il riesame delle possibilità storiche dell'uomo e una definizione ot- timisticadella vita terrena 61. Se si è parlato di pessimismo cristiano è stato per l'esperienzadello scarto tra la con- dizione umana di peccato .e il presentimento delpossibile essere, mentre il pessimismo pagano è irreversibile in quanto partedallo stato di decadenza e dalle perdite de- finitive dell'età dell'oro 62. IIdiscorso di Balbo sembra rie- cheggiare il clima de « Il Politecnico », quandonota una« reciproca universale necessità di ogni uomo per ogni uomo, in quantoin ogni uomo si sostanzia l'essere urna-58 Cfr. Ibidem, p. 559.59 Cfr. Ibidem,p. 557.60 Cfr. Ibidem, p. 552.6t Balbo afferma che la vita terrena è incoativa,quella ultraterrenaé perfettiva; ma aggiunge che questo non comporta unaconcezione « at- tesista » e una svalutazione della vita terrena (cfr. Ilfuturo e l'« al di là » - Note di ricerca metafisica sull'uomo, in « Archiviodi Filosofia », Metafisica ed esperienza religiosa, 1956, pp. 235-55; poi inIdee per una filosofia dello sviluppo umano, cit., pp. 464-66).62 Cfr. Ibidem,pp. 445-46. 154no.» 63. I1 motivo dell'io umano « onni-esistenziale » èunodei pii complessi all'interno del pensiero di Balbo, inquanto ha matrici nonbene definite o, al limite, può es-sere il minimo comune denominatore di fontidiverse,talvolta opposte. « Analizzando la mia esistenza intendodunqueanalizzare l'essere umano che è in me come inogni altro che ha la mia stessanatura » 64: dalle letterepaoline, a Croce e Gentile, si trova tutto in questadefi-nizione, ma l'ancoraggio è costituito da una solida filosofia65.ritrovatamediante la ricerca e la dimostrazione razionale, mentre la nozione religiosa èdogmatica 6. Alla fine non possono, però, divergere e Balbo definisce l'uomocome o il poter essere sussistente » dal punto di vista dinami- co, dell'azionepratica, della produttività 67. Una ripresa, ancora una volta puramentelessicale, di termini marce- liani troviamo quando il pensatore torineseenuclea le categorie antropologiche e dice che l'uomo ha bisogno di essere, diavere e di dare; ma la categoria dell'avere è quella maggiormente rilevante,per una continuità ed in- tegrazione anche a livello ontico 63. Direttamentelegato63 Ibidem, p. 460. I1 riferimento a lla rivista è, in questo caso, moltomediato. Infatti su « Il Politecnico » (n. 1 del 29 settembre 1945, p. 3)appare il brano di J. Donne, premesso ai romanzo di E. Hemingway, Per chi suonala campana, [ 1940], trad. it., Milano, 1945 (l'ultima è del 1977). Sullarivista di Vittorini è pubblicata la trad. a puntate, a cura di L. Foà e B.Zevi, con il titolo Per chi suonano le campane. Il brano di J. Donne è questo:« Nessun uomo è un'Isola in sé compiuta; ogni uomo è un frammento delContinente, una parte del tutto; se il Mare inghiotte una zolla di terra,l'Europa ne è diminuita, come se quella zolla fosse un Promontorio, o la Casadei tuoi amici o la tua propria; la morte di ogni uomo diminuisce me, perché iosono parte dell'Umanità. E cosí non mandar mai a chiedere per chi suonano lecampane: suo- nano per te » (trad. de « Il Politecnico »).64 Idee per unafilosofia dello sviluppo umano, cit., p. 400.65 F. Ferrarotti scrive: « Balbopassa dall'io trascendentale de lla filo- sofia moderna all'io umanoonni-esistenziale de lla filosofia dell'essere che in assoluta libertà dispirito, al di là degli schemi consueti del tomismo e della neo-scolastica, siapprestava ad elaborare: una filosofia come attività » (Op. cit., p. 16).Cfr.Il futuro e l'« al di la», cit., p. 446.67 Cfr. Ibidem, pp. 450-51.68 L'uomo «ha bisogno di avere per affermare ed espandere l'esseredell'essereL'antropologiadi Balbo, a questo punto, è critica eL'istanza manageriale155Dallarivoluzione alla collaborazione inventivaa questa categoria antropologica è illavoro, fatto metafi- sicamente costitutivo dell'uomo, tanto nella fase terrena« incoativa » quanto nella fase ultraterrena « perfettiva »; ma del « lavoro »necessario pure nella vita ultraterrena non possiamo dire niente se non perrivelazione divina 69. Attraverso il lavoro si attua quella integrazione congli altri che è sintesi nuova e non somma di elementi; perciò Balbo dice chequesta sintesi nuova è un dato reale cherende essenziale l'integrazione nellaricerca dell'umanità 70. È facile riscontrare in queste affermazioni, accantoalla teorizzazione dei molteplici gruppi costituiti nelle varie esperienzeculturali di Balbo, la sua nuova ipotesi di una filosofia costruibile ingruppo; cosí come, dal punto di vi- sta manageriale, si può vedere unariproposta del piccologruppo come cellula nuova dell'organismo industriale daristrutturare.Alla base di questa speculazione è oramai chiara- menteindividuabile l'impronta di una ontologia « leggi- bile » in terminiaristotelico-tornisti, ma Balbo ricorda che i termini non glieli suggerisce latradizione filosofica bensí « la fortissima vergine evidenza della verità » cuicerca di corrispondere 71. Aveva detto la stessa cosa san Tom- maso a propositode lle sue fonti 72. Nell'ammettere un im- porsi della verità attraverso laevidenza dei principi è ilche è secondo le potenze ad esso proprie. Ha bisognodi avere per con- tinuare ad essere ciò che è e non morire. Ha anche bisogno diavere per essere ciò che non è ancora, ma che può essere» (Ibidem, p. 453).69Cfr. Ibidem, p. 456.7° Cfr. Ibidem, p. 447. La ripresa filosofica di F. Balbo ècitata in questo senso anche da C. Napoleoni (cfr. L'enigma del valore, in «Rina- scita », 21-2-78, p. 25).71 Cfr. Ibidem, p. 447.72 San Tommaso aveva piivolte ripetuto che l'argomento dell'auto- rità è il pii debole (Summa Theol.,I, I, a.8; In VIII Phys., 1.III); che la sapienza non procede « propterauctoritatem dicentium », bensí « propter rationem dictorum » (Sup. I3oët. de Trinit.,p. II, a.3). Infine aveva scritto: « Studium philosophiae non est ad hoc quodsciatur quid hornines senserint, sect qualiter se habeat veritas rerum » (In IDe Coelo, 1.22), Erroneamente il Sertillanges (La filosofia di s. Tommasod'Aquino,[1910, n.e. 1940] trad. it., Roma, 1957, p. 22) traduce il qualiter... con « di sapere quello che han detto di vero », inquinando le intenzio- nie il testo tomistici che eliminano la mediazione dei filosofi e dicono cheoccorre conoscere in che modo si abbia la veritil.156tomismo di Balbo, o,come preferisce dire il filosofo del Novecento, il punto dove anche san Tommasoha toccato la verità. Quindi tale tomismo consiste, ora, nel tema dellaevidenza dei principi primi pratici, « incorruttibile garanzia morale » delpotere dell'uomo sul futuro. Anzi Balbo rilegge la sua prima produzione propriosotto il tema della sinderesi 73.Lo sguardo appuntato sulla funzione dell'uomodi cul- tura ci mostra ancora un Balbo in parte legato all'im- maginedell'intellettuale che esce da lla Resistenza. Parla, infatti, di unintellettuale che « non deve appartenere a coloro che decidono, o che muovonole masse, ma a coloro che propongono, che sollecitano, che ideano e aprononuove vie, che portano a verità l'opinione confusa e con- traddittoria, chescoprono ed enunciano nuovi bisogni, nuovi doveri, che determinano, in unaparola, il primo atto in ogni processo di umanizzazione degli uomini » 74.L'autonomia,o « distinzione » dell'intellettuale nei confronti del politico, comporta uneroismo di preveg- genza 7S, una priorità di mansioni (che nello sviluppo dellaspeculazione balbiana si riaccostano sempre piú a tema- tiche crociane alivello di « autocoscienza ») 76, e rischia di isolarlo in una casta, quandoBalbo parla della neces- sità della vocazione, aggiungendo, però, che conquesto7a Cfr. Il futuro e l'« al di là », cit., p. 470. Nella nota Balbo af-ferma che L'uomo senza miti, «malgrado le insufficienze e le oscillazioni,verte, in fondo, tutto sulla tematica della sinderesi ». Come ho già chia- ritoprima, non è corretto parlare, a proposito del primo libro di Balbo, ditomismo, inteso come ripresa diretta di teorie torniste, quanto piut- tosto diuna confluenza teorica tra la visione balbiana di un ripristino della evidenzae quella tomistica della sinderesi, cui solo dopo Balbo si avvicineràchiaramente.74 La funzione dell'intellettuale, cit., p. 567.75 L'intellettuale,per Balbo, non deve avere il coraggio fisico delle armi, ma l'eroismo deimomenti non eroici: « La vedetta ha il suo mo- mento eroico nel resistere alsonno delI'alba, quando gli altri dormono, e non nel darsi da fare con glialtri quando la nave è finita tra gli scogli » (Ibidem, p. 568).76 aIntellettuale [non è uno status sociologico], mi pare, è chi espri- me con laparola, o manifesta con l'esempio dei valori universali nel tno- mento storico,e cioè chi produce l'autocoscienza storica del suo tempo » (Ibidem, p. 565).L'istanzamanagcriale15Dalla rivoluzione alla collaborazione inventivatermine nonvuole indicare altro che una particolare capa- cità alla funzione, al compitointellettuale n. E che l'in- tellettuale abbia un primato nei confronti delpolitico è, per Balbo, evidenziato dal fatto che non è mai una strut- turaorganizzativa a dare la giustizia sociale, ma l'ethos trasformato e sviluppaton.Il nodo che gli intellettuali italiani, ed europei in ge- nerale, si trovanoa dover affrontare e risolvere alla metà degli anni Cinquanta, dopo ladestalinizzazione in Russia, è quello di un possibile dilemma tra le istanzedell'indi- vidualismo liberale e que lle di un collettivismo che ha an- nullatotutta la sua potenzialità positiva nelle forme radi- cali del regime sovietico.Balbo afferma che il dilemma tra individualismo e collettivismo non si risolvescegliendo uno dei termini, ma superando la contraddizione « in una nuovarealtà che include ciò che tutti i contrari includono e ciò che la lorocontrarietà esclude »". Questo tema del superamento e del rifiuto di unalogica dicotomica, inteso come somma dei valori positivi inclusi nelle tesi, ridimen-siona il tema marxiano della lotta di classe che, se è vista come principio,può dare origine a una evasione perma- nente, o a una centralizzazione di tuttoil potere in una classe, o in un gruppo, o in un individuo B0. Il rifiuto dellalotta rivela nelle tesi del Balbo una sfiducia progressiva verso la dialetticapolitico-economica, ridefinisce la lotta come mezzo e non come principio perchéin tal caso non dà origine « ad altra realtà che la lotta stessa » 81. Questa77Cfr. Ibidem, p. 556.78 Cfr. Note filosofiche sul problema della giustiziasociale, conf. te- nuta a lla Fac. di Magistero di Roma, il 24 maggio 1957, inu Atti della Società filosofica romana », 1957; poi in Tesi filosofiche per losviluppo sociale, dispense redatte da F. Balbo sul corso tenuto da lui allaFac. di Magistero di Roma, nell'a.a. 1959-60; ora in Opere, pp. 577-627 (pub-blicazione parziale); il concetto ricordato nel testo è alle pp. 596-97.79 Ilfuturo e l'« al di là », cit., p. 469.sa Cfr. Note filosofiche sul problemadella giustizia sociale, cit., p. 594.81 Ibidem. La teoria statuale di Balbo furipresa in un convegno or- ganizzato a Lucca dalla Democrazia Cristiana, nel1967. In quella sede, G. De Rosa ricordò Balbo, come un « profondo filosofocristiano della nostra età » (cfr. R. Orfci, L'occupazione del potere, Milano,1976, p. 222 e G. Galli, Storia della Democrazia Cristiana, Bari, 1978, p. 268.158polemica« strisciante » con le teorizzazioni marxiste del- la società borghese, comesocietà essenzialmente conflittua- le, è interna a tutta la revisione che Balboha operato della sua lettura del marxismo; revisione il cui punto centrale ècostituito dallo spostamento di giudizio sulla ateologicit à che diventa «ateismo » e « antireligione mar- xista » s`. Il pensatore torinese nonrinunzia, però, ancora a rintracciare, oltre l'ateismo dichiarato, « un'orma diDio » nel desiderio di giustizia presente nel marxismo s3Da una angolazione piúchiaramente po litica, l'ideo- logo della Sinistra Cristiana, che aveva fondatola scelta di classe anche per i cattolici, ora propone la collabora- zione diclasse come risultato di una certa lotta « che miri appunto all'equilibrio perintegrazione di soggetti auten- tici di interessi e di poteri: si puòconsiderare cioè che esista una lotta di classe che non cerca di sopprimere unodei termini della lotta, che cerca anzi l'equilibrio effettivo dei termini eche quindi coincide con la collaborazione di classe » s4. L'interclassismo erastato uno dei motivi teo- rici per cui non si era realizzata la fusione tra la« Sini- stra giovanile cattolica » e il partito degasperiano nel '43Gallicritica come « ovvietà tardoilluministiche » il concetto balbiano di Statorappresentativo, gestito dai piú forti o dall'equilibrio dei gruppi phi forti:è questa, chiaramente, una banalizzazione del pensiero di Balbo sul superamentodella lotta di classe). La stampa vedrà proprio nella riscoperta di Balbol'aspetto phi interessante di quel convegno (cfr. M. Scarano, Affrontare lasfida degli anni '70, in « Il giorno », 30- IV- 67).82 Cfr. Il futuro e l'« aldi la », cit., p. 458n.83 « Chiamo il ` desiderio di giustizia ' presuppostoreale e non prin- cipale del marxismo, perché, mentre il marxismo non loriconosce come elemento del proprio sistema teorico e pratico [...], esso èd'altra parte la forza senza la quale il marxismo stesso non avrebbe corsostorico. Il marxismo a mio avviso ricava la sua forza storica piú profonda dalfatto di apparire come il realizzatore della desiderata giustizia, vera edeffet- tiva, e come il giustiziere della morale e del diritto ` astratti ' »(Ibidem).84 Note filosofiche sul problema della giustizia sociale, cit., p.593.85 Cfr. C. F. Casula, Il Movimento dei cattolici comunisti e la Resi-stenza a- Roma, in « I1 Movimento di liberazione in Italia », ottobre- dicembre1973, pp. 48 e segg.; poi in C. F. Casula, Cattolici- comunisti ecc., cit., pp.63-64. Per il programma interclassista della DC i documen- ti fondamentali sonoIl programma di Milano e le Idee ricostruttive della Democrazia Cristiana, chepossono essere letti nella stesura origi- naria in E. Aga Rossi, Dal PartitoPopolare alla Democrazia Cristiana,L'istanza manageriale159Dallarivoluzione alla collaborazione inventivaemerge ora una proposta interclassistaavanzata da un Balbo che ha abbandonato i programmi massimalistici per unriformismo non ipocrita, ma comunque ambiguo ed eterogeneo al quadro della suaspeculazione anteriore 86.Infatti ora il filosofo teorizza la tesi per cui ènecessa- rio che « gli interessi e le classi sussistano e non si sop- primanocon violenza diretta o indiretta » 87. Né riteniamo di poter accostare questointerclassismo ai temi di Gobetti nei quali il termine di « classe » era puraastrazione: quindi ci poteva essere annullamento delle classi, ma non lorocollaborazione S8. Invece, per Balbo si deve instaurare un equilibrio dinamicofra le classi, « ossia un equilibrio che si fondi su di un'autonoma, effettivae adeguata (so-stanzialmente e non solo quantitativamente) partecipazio- ne alpotere in tutte le sue forme da parte di ogni classe, di ogni interesse,singolo e collettivo. Il che sarebbe ap- punto la giustizia sociale » 89.Questo interclassismo ha motivazioni antropologiche ed etiche che per certiversi richiamano temi dell'anarco-marxismo di Sartre, ma solo perché convergononell'identificare la libertà nella libera- zione, e la integrazione creativanel movimento 90.Bologna, 1969, pp. 331-45. P. Scoppola parla, pure, delledifficoltà in- terne alla DC, che non riusciva ad esprimere compiutamente lapropo- sta interclassista « di cui la società italiana aveva bisogno » (cfr. P.Scop- pola, La proposta politica di De Gasperi, Bologna, 1977, pp. 154-56; dap. 124 esamina acutamente e attraverso documenti spesso inediti l'atteg-giamento di De Gasperi nei confronti della Sinistra Cristiana e il suoincunearsi tra essa e la Santa Sede).36 « Una collaborazione di classe che nonriconosca i termini dei contrasti fondamentali e particolari di classe (nelsenso assunto da que- sto termine dopo Marx), che non riconosca la esistenza,la natura e le ragioni dei contrastanti interessi sociali e delle lotte aperteo nascoste che conseguono a tali contrasti, non è una collaborazione di classe,ma la maschera ipocrita del dispotico dominio (o tentativo di dominio) di unaclasse sull'altra, di un interesse sull'altro » (Note filosofiche sul problemadella giustizia sociale, cit., p. 592)." Ibidem, p. 594.88 Ha scrittoGobetti: « Nella concreta realtà dell'atto spirituale glischemi perdono lavalidità loro: le classi diventano meri fantasmi » (Definizioni: la Borghesia,in « La Rivoluzione Liberale », I, n. 4, 5 marzo 1922, ora in Scritti politici,cit., p. 262).89 Note filosofiche sul problema della giustizia sociale, cit.,p. 593.9b « Gli uomini non sono liberi cd eguali in senso rigoroso se non nellaloro integrazione creativa per lo sviluppo umano, per la giustizia160prospettivariformistica, in chiave interclassista, non può che realizzarsi tornando agliincroci tra privato e pubblico, tra momento di analisi e momento di sintesideliberativa.Cosi Balbo, che ha cercato di correggere la struttura industrialeintervenendo sui piccoli gruppi di lavoro, ri- tiene che il problema centraledella democrazia sia nelle « erme ï collettive », dove di tatto è il potere eil con- trollo delle masse; quelle entità erano diventate, dopo oltre undecennio dalla Resistenza, delle « macchine » V', senza spazi reali per ledecisioni di base. Il filosofo scrive che solo con un'azione individuale ecollettiva, teorica e pratica, centrale (non centralistica) e periferica diinven- zione si può realizzare un equilibrio dinamico di interessi e si puòrealizzare l giustizia sociale, cioè un crescente influsso di collettività dipersone « sulla proprietà, sull'uso, sulla destinazione dei mezzi di produzione» y=.L'ipotesi balbiana è quella di intervenire sugli orga- nismi intermedicome strutture portanti di un regime de- mocratico; il discorso dei rapportieconomici diventa, quin- di, un tema consequenziale e derivato. t un ridare ilpri- mato alla politica, ma, come tiene a specificare il pensa- tore, non ilprimato al pensiero politico. I.l pensiero è solo « la premessa statica » deipartiti, una premessa ge- nerica e spesso mistificatrice « presa in prestito enon creata dalla loro attività », strumento di persuasione o « momentosubordinato dell'organizzazione » ". Ciò chesociale » (Ibidem, p. 597).Sartre dirà che il superamento della dialettica tra soggetto e oggetto è ilgruppo, .< per la sua impresa e per quel suo movimento costanted'integrazione che tende a farne una praxis pura e a sopprimere in esso tuttele forme d'inerzia » (Critica; della ragione lettica - I - Teoria degli insiemipratici, [1960], trad. it., Milano, 1963, p. 382).91 Cfr. Note filosofiche suiproblema della giustizia sociale, cit., pp. 598- 99. R. De Vita cita e illustrala teoria balbiana del « piccolo grup- po », nel suo scritto Piccoli gruppi esocietà in trasformazione, Milano, 1978, pp. 112- 13.92 Note filosofiche sulproblema della giustizia sociale, cit., p. 595.93 La sfida storica delcomunismo al Cristianesimo e le sue couse- gueuze filosofico - sociali, in a IlM ulino », a.V II, n. 3, 1958; unito a Ancora su Cristianesimo, comunismo eazione politica, ivi, a.VII, n. 12,L'istanza manageriale161Dalla rivoluzionealla collaborazione inventivacostituisce realmente i partiti (clic Balboritiene le arterie della democrazia) è l'essere strumenti di organizzazionedella volontà e degli interessi politici 94.L-`rilevante sottolineare chequesto tema del partito politico come struttura portante è una ulteriorecaratte- rizzazione ciel pensiero filosofico di Balbo che lo pone a metà stradatra la concezione del materialismo storico e quelle, estranee ma parallele,dello storicismo crociano e della storia cone storia filosofica di Del Noce 95C'èquindi, nell'autore di L'uomo senza miti, questa esigenza esasperata disceverare nelle sue esperienze teo- riche una linea di unificazione, anche sela sua « filosofia della storia » propende verso una accentuazione dei mo- tividi « materialità » (o nel senso delle istituzioni, o nel senso del bisognoeconomico), rispetto alle urgenze puramente ideali.L'operare dall'interno delsistema, pid che rassegnazione alla sconfitta, è caparbietà pragmatica emachiavelli- ca nel voler trasformare le cose e frenare la « catastrofe ». Nonsempre la proposta speculativa di Balbo è, però, ade- guata alle sue istanze.1958,è ora in Opere, con il titolo Comunismo e Cristianesimo, pp. 332-50; il branocit. 6 a p, 339.w Cfr. ibidem.as Riguardo a questo dissenso, Del Noce affermache fu tra le cause clic gli vietarono di aderire alle trii di Balbo, nelperiodo della Sinistra Cristiana. Da ciò il sorgere tra lui e Balbo a di unadiscussione, che per l'uno e per l'altro era piuttosto un monologo che undialoga; non certosensodl una sordia, ma anzi in quello di una fusionemasatma,nel ,per cui ognuno combatteva nell'altro una posizione che ritenevadlaver Avissuto '(e non soltanto obiettivam ente pensato) e oltrepas - atrt^ r►(Ge netlesignificatoecc.,cii,. p. 426).162 Felice Balbo Venadio, conte diVenadio. Felice Balbo Vinadio. Vinadio. Keywords. Refs.: H. P. Grice Papers,Bancroft MS – Luigi Speranza, “Grice e Vinadio: being, value – andcolloquenza!” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Vio:la ragione conversazionale e le categorie d’Aristotele – un senso, un’analogia-- filosofia italiana – Luigi Speranza (Gaeta). Filosofoitaliano. Essential Italian philosopher. Grice: “While thetypical Englishman is more interested in the fact that Vio never thought thatHenry VIII did divorce Aragon, I prefer his commentary on the ‘prae-dicamentum’of Aristotle, via ‘Porfirio’!” -- Grice was irritated that when ‘Vio’ became asaint, the Italians list him under ‘c’. O. P. cardinale diSanta Romana Chiesa. V. riceve Lutero, Template-Cardinal. Incarichi ricoperti. Maestrogenerale dell'ordine dei predicatori, cardinale presbitero di San Sisto, arcivescovometropolita di Palermo, arcivescovo-vescovo di Gaeta, cardinale presbitero diSanta Prassede. Ordinato presbitero, nominato arcivescovo da Leone X, consacratoarci-vescovo da Fieschi, creato cardinale da Leone X.Religiosodomenicano, generale dell'ordine: filosofo, teologo e diplomatico pontificio. Incontrotra V. e Lutero in una stampa d'epoca. Entra tra i frati domenicani delmonastero di Gaeta, e prosegue i suoi studi in filosofia a Napoli, Bologna ePadova.Insegna filosofia a Pavia e Roma. Acquisce una considerevole famain seguito ad un pubblico dibattito con PICO a Ferrara. Generale dell'ordine e consiglieredei papi, dimostra grande zelo nel difendere il diritto del papa contro il conciliodi Pisa, polemizzando contro Almain in una serie di articoli messe al bandodalla Sorbona e bruciati per ordine di Luigi XII. Leone X crea V. cardinale, e fattoarci-vescovo di Palermo. Arci-vescovo di Gaeta, inviato in Germania come legatoapostolico per partecipare alla dieta di Augusta, si adopera con profitto perl'elezione di Carlo V d'Asburgo ad imperatore del sacro romano impero -- prevalendosull'altro concorrente Francesco I -- e lì cerca di arginare la nascente riformaprotestante di Lutero. Fa rientro in Roma senza essere riuscito a convincere Luteroad abbandonare i suoi propositi di riforma. Aiuta il papa nell'estensione dellabolla “Exsurge domine” rivolta a contrastare il dilagare della riforma diLutero. Oganizza la resistenza contro i turchi.Venne fatto prigionierodurante il sacco di Roma dai Lanzichenecchi, inviati da Carlo V per punireClemente VII per il tradimento della parola datagli. Pronuncia la sentenzadefinitiva di validità del matrimonio di Enrico VIII e Caterina d'Aragona,rifiutando il divorzio al sovrano inglese.Accanto alla produzione filosoficae di teologia filosofica, secondo la linee della scuola d’AQUINO, V. si distinquecome esegeta. Ignora attamente l’ebraico, ma consulta esperti rabbinici egrazie alla sua familiarità con il testo greco, ubblica un commentario deilibri sacri di giuidei e galilei. L’enfasi alla Grice di V. sulla ricerca del SIGNIFICATOletterario o LITERALE dell’Eneide o altri testi pone V. alle origini della tradizioneesegetica del cattolicismo contro le sette delle differenti nazioni. Saggi:“Summula Caietani”; “Opuscula omnia” (Giunta); “Commentaria super tractatum deente et essentia [di Aquino]”; “De nominum analogia”; “Commentaria in IIIlibros Aristotelis de anima”; “Auctoritas pape et concilii sive ecclesiecomparata” (Silber); “Oratio in secunda sessione concilii lateranensis” (Berlin);“Apologia de comparata auctoritate pape et ecclesie”; “De divina institutione pontificatusromani pontificis”; “Jentacula Nuovo Testamento, expositio LITERALIS sexagintaquatuor notabilium sententiarum Novi Testamenti” (Roma). Francesco senese DeFranceschi; “In Porphyrii Isagogen ad Praedicamenta Aristotelis”; “Opera omnia”;“Scripta philosophica”; “De conceptu entis”; “De comparatione auctoritatispapae”; “Apologia”. Allaria, V.: cardinale -- Roma; Treccani, Enciclopedie, Istitutodell'Enciclopedia Italiana, Dizionario biografico degl’italiani, ConferenzaEpiscopale Italiana. ALCUIN,Università di Ratisbona. V. philosophised extensively on free will, and had acolourful dispute with, of all people, Luther, well represented in a painting thatGrice adored. Shropshire borrowed his proof for the immortality of thesoul from V. Prelate and theologian. Born in Gaeta from which he take his name,he enters the Dominican order and studies philosophy at Naples, Bologna, andPadua. He becomes a cardinal, and travels to Germany, where he engages in atheological controversy with Luther. His major work is a Commentary Aquino’s SummaTheologiae, which promotes a renewal of interest in scholastic and ‘Thomistic’philosophy. In agreement with Aquino, V. places the source of knowledge insense perception. In contrast with Aquino, V. *denies* that the immortality ofthe soul and the existence of the divine as our creator may be proved. V.’s workin logic is based on the traditional syllogistic logic that he called ‘dalLizio,’ but is original in its discussion of the notion of “analogy”. V. distinguishes*three* types of analogy: analogy of inequality, analogy of attribution, andanalogy of proportion. Whereas he rejects “analogy of inequality” and “analogyof attribution” as improper, fallacious, and invalid, V. regards the analogy ofproportion as valid and basic and appeals to it in explaining how humans may come toknow propositions about the divine andhow analogical reasoning, applied to both the divine, and the divine’s creatures,may avoid being aequi-vocal. Thomas de Vio Cardinalis Caietanus DE NOMINUM ANALOGIA CAPUT IQUOTUPLEX SIT ANALOGIA, CUM DECLARATIONE PRIMI MODI 1. Inuitatus et ab ipsius rei obscuritate, eta nostri aeui flebili profundarum litterarum penuria, de nominuin analogia inhis uacationibus tractatum edere intendo. Est siquidemeius notitia necessaria adeo, ut sine illa non possit metaphysicam quispiamdiscere, et multi in aliis scientiis ex eius ignorantia errores procedant. Quodsi ullo usquam tempore accidit, hac aetate id euenire clara luce uidemus, dumanalogiam, uel indisiunctionis, uel ordinis, uel conceptus praecisi unitate,cum inaequalis participatione constituunt. Ex dicendis namque patebit,opiniones huiusmodi a ueritate, quae ultro se offerebat, per abruptadeuiasse. 2. Analogiae igitur uocabulumproportionem siue proportionalitatem (ut a Graecis accepimus) in propositosonat. Adeo tamen extensum distinctumque est, ut multa nomina analoga abusiuedicamus; et multarum distinctionum adunatio si fieret, confusionem pareret. Netamen rectum obliqui iudicio priuetur, et singularitas in loquendo accusetur,unica distinctione trimembri omnia comprehendemus, et a minus proprie analogisad uere analoga procedemus. 3. Ad tresergo modos analogiae omnia analoga reduc*ntur: scilicet ad analogiaminaequalitatis, et analogiam attributionis, et analogiam proportionalitatis.Quamuis secundum ueram uocabuli proprietatem et usum Aristotelis, ultimus modustantum analogiam constituat, primus autem alienus ab analogia omnino sit. 4. Analoga secundum inaequalitatem uocantur,quorum nomen est commune, et ratio secundum illud nomen est omnino eadem,inaequaliter tamen participata. Et loquimur de inaequalitate perfectionis: utcorpus nomen commune est corporibus inferioribus et superioribus, et ratioomnium corporum (in quantum corpora sunt) eadem est. Quaerenti enim quid estignis in quantum corpus, dicetur: substantia trinae dimensioni subiecta. Etsimiliter quaerenti: quid est caelum in quantum corpus, etc. Non tamen secundumaequalem perfectionem ratio corporeitatis est in inferioribus et superioribuscorporibus. 5. Huiusmodi autem analogaLogicus uniuoca appellat, Philosophus uero aequiuoca, eo quod ille intentionesconsiderat nominum, iste autem naturas. Unde et in X Metaph., text. ultim. Aristoteles dicit quod corruptibiliet incorruptibili nihil est commune uniuocum, despiciens unitatem rationis seuconceptus tantum. Et in VII Physic., text. 13 dicitur iuxta genus latereaequiuocationes; quia huiusmodi analogia cum unitate conceptus non dicit unamnaturam simpliciter, sed multas compatitur sub se naturas, ordinem inter sehabentes, ut patet inter species cuiuslibet generis, specialissimas etsubalternas magis. Omne enim genus analogum hoc modoappellari potest, (licet non multum consueuerint nisi generalissima et hispropinqua sic uocari), ut patet de quantitate et qualitate in praedicamentis,et corpore, etc. 6. Hanc analogiam S.Thomas, in I Sent., dist. 19 uocat analogiam secundum esse tantum, eo quodanalogata parificantur in ratione significata per illud nomen commune, sed nonparificantur in esse illius rationis. Perfectius enim esse habet in uno, quamin alio, cuiuscumque generis ratio, ut in Metaphysica pluries patet. Non solumenim planta est nobilior minera; sed corporeitas in planta est nobiliorcorporeitate in minera: et sic de aliis.7. Perhibet quoque huicanalogiae testimonium Auerroes in XII Metaph., text. 2dicens, cum unitate generis stare prioritatem et posterioritatem eorum, quaesub genere sunt. Haec pro tanto analoga uocantur, quia considerata inaequaliperfectione inferiorum, per prius et posterius ordine perfectionis de illisdicitur illud nomen commune. Et iam in usum uenit, ut quasi synonime dicamusaliquid dici analogice et dici per prius et posterius. Abusio tamen uocabulorumhaec est; quoniam dici per prius et posterius, superius est ad dici analogice.In huius modi autem analogis, quomodo inueniantur unitas, abstractio,praedicatio, comparatio, demonstratio et alia huiusmodi, non oportetdeterminare; quoniam uniuoca sunt secundum ueritatem, et uniuocorum canones ineis seruandi sunt. CAPUT II ANALOGIA ATTRIBUTIONIS QUID SIT, ET QUOTMODIS FIAT, ET QUAE EIUS CONDITIONES 8.Analoga autem secundum attributionem sunt, quorum nomen commune est, ratioautem secundum illud nomen est eadem secundum terminum, et diuersa secundumhabitudines ad illum: ut sanum commune nomen est medicinae, urinae et animali;et ratio omnium in quantum sana sunt, ad unum terminum (sanitatem scilicet),diuersas dicit habitudines. Si quis enim assignet quid est animal in quantumsanum, subiectum dicet sanitatis; urinam uero in quantum sanam, signumsanitatis; medicinam autem in quantum sanam, causam sanitatis proferet. Ubiclare patet, rationem sani esse nec omnino eamdem, nec omnino diuersam; sedeamdem secundum quid, et diuersam secundum quid. Est enim diuersitashabitudinum, et identitas termini illarum habitudinum. 9. Quadrupliciter autem fieri potesthuiusmodi analogia, secundum quatuor genera causarum (uocando pro nunc causamexemplarem causam formalem). Contingit siquidem multa ad unum finem, et ad unumefficiens, et ad unum exemplar, et ad unum subiectum, secundum aliquam unamdenominationem et attributionem diuersimode habere: ut patet ex exemplisAristotelis, IV Metaph., text. 2.Ad causam enim finalem pertinet exemplum de sano in III Metaph., text. 2, ad efficientem uero exemplum de medicinali ibidem positum; admaterialem autem analogia entis ibidem subiuncta; ad exemplarem demum analogiaboni, posita in I Ethic., cap. 7. 10.Attribuuntur autem huic analogiae multae conditiones, ordinate se consequentes:scilicet quod analogia ista sit secundum denominationem extrinsecam tantum; itaquod primum analogatorum tantum est tale formaliter, caetera autem denominanturtalia extrinsece. Sanum enim ipsum animal formaliter est; urina uero, medicinaet alia huiusmodi, sana denominantur, non a sanitate eis inhaerente, sedextrinsece, ab illa animalis sanitate, significatiue uel causaliter, uel aliomodo. Et similiter idem est de medicatiuo et de substantia, quae suntformaliter in primo; in caeteris uero denominatiua significatione denominanturet extrinsece. Boni quoque ratio in bono per essentiam saluata, quoexemplariter caetera denominantur bona, in solo primo bono formaliterinuenitur; reliqua uero extrinseca denominatione, secundum illud bonum, bonadic*ntur. 11. Sed diligenter aduertendumest, quod haec huiusmodi analogiae conditio, scilicet quod non sit secundumgenus causae formalis inhaerentis, sed semper secundum aliquid extrinsecum, estformaliter intelligenda et non materialiter: idest non est intelligendum perhoc, quod omne nomen quod est analogum per attributionem, sit communeanalogatis sic, quod primo tantum conueniat formaliter, caeteris autemextrinseca denominatione, ut de sano et medicinali accidit; ista enimuniuersalis est falsa, ut patet de ente et bono; nec potest haberi ex dictis,nisi materialiter intellectis. Sed est ex hoc intelligendum, quod omne nomenanalogum per attributionem ut sic, uel in quantum sic analogum, commune estanalogatis sic, quod primo conuenit formaliter, reliquis autem extrinsecadenominatione. Hoc siquidem uerum est, ex formali intellectu praecedentium; exeisque manifeste sequitur. Ens enim quamuis formaliter conueniat omnibussubstantiis et accidentibus etc., in quantum tamen entia, omnia dic*ntur abente subiectiue ut sic, sola substantia est ens formaliter; caetera autem entiadic*ntur, quia entis passiones uel generationes etc. sunt; licet entiaformaliter alia ratione dici possint. Et simile est de bono. Licet enim omniaentia bona sint, bonitatibus sibi formaliter inhaerentibus, in quantum tamenbona dic*ntur, bonitate prima effectiue aut finaliter aut exemplariter, omniaalia nonnisi extrinseca denominatione bona dic*ntur: illamet bonitate, qua Deusipse bonus formaliter in se est. 12. Etex hac conditione statim infertur alia: scilicet quod illud unum, ad quoddiuersae habitudines terminantur in huiusmodi analogis, est unum non solumratione, sed numero. Quod dupliciter intelligi potest, secundum quod analogatadupliciter sumi possunt: scilicet uniuersaliter et particulariter. Si enim sumantur analogata particulariter,illud unum necessario est unum numero uere et positiue. Si autem sumanturuniuersaliter, illud unum necessario est unum numero negatiue, idest nonnumeratur in illis analogatis ut sic, quamuis in se sit uniuersale quoddam, etnon unum numero. Verbi gratia, si sumantur haec urina sana, haec medicina sana,et hoc animal sanum: haec omnia dic*ntur sana a sanitate quae est in hocanimali, quam constat unam numero uere esse. Sortes enim dicitur sanus, quiahabet hanc sanitatem; medicina, quia illam facit; urina, quia eamdemsignificat, etc. Si uero sumantur animal sanum in communi, et urina sana incommuni et medicina sana in communi: sic, formaliter loquendo, sanitas a quahuiusmodi sana dic*ntur, non est una numero in se: eo quod causae uniuersaleseffectibus uniuersalibus comparandae sunt, ut II Phys., text. 39 dicitur. Etsimile est de signis, et instrumentis, et conseruatiuis, et aliis huiusmodi;sed est una numero in istis analogatis negatiue. Non enim numeratur sanitas inanimali, urina et diaeta; quoniam non est alia sanitas in urina, et alia inanimali, et alia in diaeta. 13. Etsequitur conditio ista ex praecedenti: quoniam commune secundum denominationemextrinsecam non numerat id a quo denominatio sumitur in denominatis, sicutuniuocum multiplicatur in suis uniuocatis; et propter hoc dicitur unum rationetantum, et non unum numero in suis uniuocatis. Alia est enim animalitashominis, et alia equi, et alia bouis, animalis nomine adunatae in unaratione. 14. Ex hac autem conditioneinfertur alia, quod scilicet primum analogatum ponitur in definitionecaeterorum, secundum illud nomen analogum; quoniam caetera non suscipiunt illudnomen, nisi per attributionem ad primum, in quo formaliter saluatur eius ratio.Cadit siquidem in ratione medicinae, et diaetae, et urinae etc., in quantumsanae sunt, animalis sanitas: sine qua intelligi caetera sana non possunt. Etsimile est de aliis iudicium. 15. Ex hocautem sequitur ulterius, quod nomen sic analogum, unum certum significatumcommune omnibus partialibus eius modis, seu omnibus analogatis, non habet. Etconsequenter, quod nec conceptum obiectiuum, nec conceptum formalemabstrahentem a conceptibus analogatorum habet; sed sola uox cum identitatetermini diuersimode respecti communis est: ita quod cum in hac analogia sinttria: uox scilicet, terminus et respectus diuersi ad illum; nomen analogum terminumquidem distincte significat, ut sanum sanitatem; respectus autem diuersos itaindeterminate et confuse importat, ut primum distincte uel quasi distincteostendat, caeteros autem confuse, et per reductionem ad primum. Sanum enimrespectus multos ad sanitatem, puta habentis, significantis, causantis, etc.,sic in una uoce sanitatem distincte importante confundit, ut respectum primumscilicet habentis seu subiecti, distincte significet (Sanum enim absolutedicimus sanitatem habentem, ut subiectum); caeteros autem respectusindeterminate importat et per attributionem ad primum, sicut patet exdictis. 16. Et propter hoc tria dehuiusmodi analogo dic*ntur: scilicet quod commune est omnibus analogatis nonsecundum uocem tantum; - et quod simpliciter prolatum stat pro primo; - et quodnon est prius primo analogato, in quo tota sua ratio formaliter saluatur.Primum quidem peculiarius significat, et super omnia analogata superiussignificatum non habet. 17. Diuiditurautem a sancto Thoma analogia haec in analogiam duorum ad tertium, ut urinae etmedicinae ad animal sanum; et in analogiam unius ad alterum, ut urinae uelmedicinae ad animal sanum 18. Nec habetista diuisio alia membra a supradictis: quoniam haec circuit analogiam secundumomnia genera causarum. Sed ad hoc facta est, ut ostendatur differenter suscipinomen analogum, quando ponitur primum analogatum ex una parte, et caetera exaltera parte; et quando secundorum analogatorum unum hinc et alterum indeponitur, secundum quodcumque genus causae analogia fiat. Primo enim et caeterissic commune est analogum, ut nihil eis prius ponat aut significet: et proptereauocatur analogia unius ad alterum, ponendo omnia alia a primo, loco unius. Secundis autem analogatis sic commune est nomenanalogum, ut aliquid omnibus eis prius ponat: primum scilicet ad quod omniasecunda attribuuntur. Et uocatur analogia duorum adtertium, uel multorum ad unum: quia non inter se est attributio, sed adprimum. 19. Appellantur autem haecanaloga a Logico aequiuoca, ut in principio Praedicamentorum patet, ubi animalaequiuocum dicitur ad animal uerum et animal pictum. Animal enim pictum nonpure aequiuoce, sed per attributionem ad animal uerum, animal dicitur; et inratione eius in quantum animal manifeste patet animal uerum accipi. Quaerentienim: quid est animal pictum in eo quod animal? respondebitur: imago animalisueri. 20. A philosophis uero Graecis,nomina ex uno, uel ad unum, aut in uno, et media inter aequiuoca et uniuocadic*ntur, ut pluries in Metaphysica patet; et expresse in I Ethic. huiusmodinomina contra analoga distinguuntur, ut infra amplius dicetur. A Latinis autemuocantur analoga uel aequiuoca a consilio.21. Hanc analogiam S. Thomas in I Sent., dist. 19, q. 5 a. 2 ad 1 uocatanalogiam secundum intentionem, et non secundum esse: eo quod, nomen analogumnon sit hic commune secundum esse, idest formaliter; sed secundum intentionem,idest secundum denominationem. Ut enim ex dictis patet, in hac analogia nomencommune non saluatur formaliter nisi in primo; de caeteris autem extrinsecadenominatione dicitur. Haec ideo apud Latinos analoga dic*ntur: quiaproportiones diuersas ad unum dic*nt, extenso proportionis nomine ad omnemhabitudinem. Abusiua tamen locutio haec est, quamuis longe minor quamprima. 22. Quomodo autem de huiusmodianalogis sit scientia, et contradictiones et demonstrationes, et consequentiaeet alia huiusmodi de eis fiant, ex dictis, et consuetudine Aristotelis patet.Oportet enim significationes diuersas prius distinguere (propter quod ambiguaapud Arabes haec dic*ntur), et deinde a primo ad alia procedere, sicut a centroad circumferentiam diuersis proceditur uiis.CAPUT III DE ANALOGIAPROPORTIONALITATIS: QUID SIT ET QUOTUPLEX SIT, ET QUOD SOLA PROPRIE ANALOGIAVOCETUR 23. Ex abusiue igitur analogisad proprie analogiam ascendendo, dicimus: analoga secundum proportionalitatemdici, quorum nomen est commune, et ratio secundum illud nomen estproportionaliter eadem. Vel sic: Analoga secundum proportionalitatem dic*ntur,quorum nomen commune est, et ratio secundum illud nomen est similis secundumproportionem: ut uidere corporali uisione, et uidere intellectualiter, communinomine uocantur uidere; quia sicut intelligere, rem animae offert, ita uiderecorpori animato. 24. Quamuis autemproportio uocetur certa habitudo unius quantitatis ad aliam, secundum quoddicimus quatuor duplam proportionem habere ad duo; et proportionalitas dicatursimilitudo duarum proportionum, secundum quod dicimus ita se habere octo adquatuor quemadmodum sex ad tria: utrobique enim dupla proportio est, etc.;transtulerunt tamen Philosophi proportionis nomen ad omnem habitudinemconformitatis, commensurationis, capacitatis, etc. Et consequenter proportionalitatem extenderuntad omnem similitudinem habitudinum. Et sic in proposito uocabulis istisutimur. 25. Fit autem duobus modisanalogia haec: scilicet metaphorice et proprie. Metaphorice quidem, quandonomen illud commune absolute unam habet rationem formalem, quae in unoanalogatorum saluatur, et per metaphoram de alio dicitur: ut ridere unamsecundum se rationem habet, analogum tamen metaphorice est uero risui, et pratouirenti, aut fortunae successui; sic enim significamus haec se habere,quemadmodum hom*o ridens. Et huiusmodi analogia sacraScriptura plena est, de Deo metaphorice notitiam tradens. 26. Proprie uero fit, quando nomen illudcommune in utroque analogatorum absque metaphoris dicitur: ut principium incorde respectu animalis, et in fundamento respectu domus saluatur. Quod, ut Auerroes in comm. septimo I Ethic.ait, proportionaliter de eis dicitur.27. Praeponitur autem analogia haec caeteris antedictis dignitate etnomine. Dignitate quidem, quia haec fit secundum genus causae formalisinhaerentis: quoniam praedicat ea, quae singulis inhaerent. Altera uero secundum extrinsecam denominationem fit. 28. Nomine autem, quia analoga nomina apudGraecos (a quibus uocabulum habuimus) haec tantum dic*ntur; ut ex Aristoteleetiam colligitur, qui in Metaphysica nomina quae dicimus analoga perattributionem, ex uno, uel ad unum, uel in uno uocat: ut patet in principio IVet in VII, text. 15. In V autem Metaphysicae, cap. de uno, text. 12, definiensunum secundum analogiam, ut synonimis utitur unum analogia et unum proportione;et definit ea esse, « quaecumque se habent ut aliud ad aliud »: aperteinsinuans illam esse proprie analogatorum definitionem, quam diximus. Quodtamen clarius habetur in Arabica translatione, ubi dicitur: « Illa quae suntunum secundum aequalitatem, scilicet proportionalem, sunt quorum proportio estuna, sicut proportio alicuius rei ad aliam rem ». Ubi Auerroes exponens ait: « Et illa dic*nturunum, quae sunt unum secundum proportionalitatem; sicut dicitur, quod proportiorectoris ad ciuitatem et gubernatoris ad nauem, est una ». In secundo quoque Posteriorum, cap. XIII huiusmodi nominaproportionalia, analoga uocat. Et quod plus est, in I Ethic., cap. 7 distinguitsupradicta nomina ad unum aut ex uno, contra analoga; dum, loquens decommunitate boni ad ea quae bona dic*ntur, ait: « Non assimilantur a casuaequiuocis; sed certe ei, quod est ab uno esse, uel ad unum omnia contendere,uel magis secundum analogiam ». Etsubdens exemplum analogiae dicit: « Sicut enim in corpore uisus, in animaintellectus ». In quibus uerbis diligenti lectori, non solum nomen analogiaehoc, quod diximus, sonare docuit; sed praeferendam esse in praedicationibusmetaphysicis hanc insinuauit analogiam (in ly magis), ut S. Thomas ibidempropter supradictam rationem optime exponit.29. Scimus quidem secundum hanc analogiam rerumintrinsecas entitates, bonitates, ueritates etc., quod ex priori analogia nonscitur. Unde sine huius analogiae notitia, processus metaphysicales absque artedic*ntur. Acciditque huiusmodi ignorantibus, quod antiquis nescientibuslogicam, ut in II Elenchorum dicitur. Nec fuit forte ab Aristotelis tempore tampericulosus casus iste, sicut modo apud nos est; quoniam blasphemare fereuidetur, qui metaphysicales terminos analogos dicens, secundum proportionalitatemcommunes exponit. Cum tamenAuerroes dicat super praedicto textu: « Et dignius his tribus modis est, ut sitnomen boni dictum de eis secundum uiam, quae dicitur de proportionalibus». 30. Vocatur quoque a Sancto Thoma inI Sent., dist. 19, ubi supra, analogia secundum esse et secundum intentionem;eo quod analogata ista, nec in ratione communis nominis, nec in esse illiusrationis parificantur, et tamen tam in ratione illius nominis, quam in esseeiusdem, proportionaliter, conueniunt. Sed quoniam, utdictum est, obscura et necessaria ualde res haec est, accurate distinctequedilucidanda est per plura capitula.CAPUT IV QUOMODO ANALOGUM ABANALOGATIS DISTINGUATUR 31. Quoniamautem analogia media est inter aequiuocationem puram et uniuocationem, exextremis natura medii declaranda est. Et quia in nominibus tria inueniuntur,scilicet uox, conceptus in anima, et res extra, seu conceptus obiectiuus: ideosingula perlustrando, dicendum est, quomodo analogum ab analogatisdistinguatur 32. Et a rebus incipiendo,quia priores conceptibus et nominibus sunt, dicimus quod, nomine aequiuoco itadiuersae res significantur, quod ut sic non nisi uoce adunantur. Uniuoco uerodiuersae res ita significantur, quod, ut sic, ad rem in se simpliciter unamabstractam et praecisam in esse cognito ab eis, adunantur. Analogo autem nomineres diuersae ita significantur, quod ut sic ad res diuersas secundumproportionem unam uniuntur. Vocatur autem in proposito res, non solum naturaaliqua, sed quicumque gradus, quaecumque realitas, et quodcumque reale in rebusinuentum. 33. Unde inter uniuocationemet analogiam haec est differentia: quod res fundantes uniuocationem sunt sic adinuicem similes, quod fundamentum similitudinis in una est eiusdem rationisomnino cum fundamento similitudinis in alia: ita quod nihil claudit in se uniusratio, quod non claudat alterius ratio. Ac per hoc fundamentum uniuocae similitudinis, in utroque extremorumaeque abstrahit ab ipsis extremis. Res autem fundantes analogiam, sic suntsimiles, quod fundamentum similitudinis in una, diuersae est rationissimpliciter a fundamento illius in alia: ita quod unius ratio non claudit idquod claudit ratio alterius. Ac per hoc fundamentum analogae similitudinis, inneutro extremorum oportet esse abstractum ab ipsis extremis; sed remanentfundamenta distincta, similia tamen secundum proportionem; propter quod eademproportionaliter uel analogice dic*ntur.34. Et ut possint omnibus praedicta patere, declarantur exemplariter inuniuocatione huius nominis animal, et analogia huius nominis ens. hom*o, bos,leo et caetera animalia, quia habent in se singulas naturas sensitiuas, seuproprias animalitates, quas constat diuersas secundum rem esse, et mutuosimiles: sic quod in quocumque extremo, puta homine aut leone, consideretursecundum se animalitas, quae est similitudinis fundamentum, inuenituraequaliter abstrahens ab eo in quo est, et nihil includens in uno quod non inalio. Ideo et in rerum natura fundant secundum suasanimalitates similitudinem uniuocam, quae identitas generica uocatur; et inesse cognito adunantur non ad duas uel tres animalitates, sed unam tantum, quaeanimalis nomine in concreto per se primo significatur, et uniuoce uocaturcommuni nomine animal. Omnium siquidem eorum, secundum quod naturas sensitiuashabent, indistincta omnino est ratio ab omnibus abstracta, quae illius rei,quam animalitatem uocauimus, adaequata est definitio. Substantia autem quantitas,qualitas etc., quia non habent in suis quidditatibus aliquid praedicto modoabstrahibile, puta entitatem, (quoniam supra substantialitatem nihil ampliusrestat), ideo nullam substantialem uniuocationem inter se compatiuntur. 35. Et quia cum hoc, quod non solum eorumquidditates sunt diuersae, sed etiam primo diuersae; retinent similitudinem inhoc, quod unumquodque eorum secundum suam proportionem habet esse; ideo et inrerum natura non secundum aliquam eiusdem rationis in extremis sed secundumproprias quidditates, ut commensuratas his propriis esse fundant analogam idestproportionalem similitudinem. Et in intellectu adunantur ad tot res, quot suntfundamenta, proportionis similitudine unitas, significatas (propter illamsimilitudinem) entis nomine, et analogice communi nomine uocantur ens.Differenter ergo res adunantur sub nomine Analogo et Uniuoco. 36. Conceptus quoque mentalis non eodem modoinuenitur in uniuocis et analogis: quoniam nomen uniuocum et omnia uniuocata utsic, unum tantum conceptum in mente habent perfecte et adaequate eiscorrespondentem; quia fundamentum uniuocae similitudinis (quod significatumformale est nominis uniuoci), unius omnino rationis est in omnibus uniuocatis;ac per hoc in uno repraesentato, omnia repraesentari necesse est. In analogisuero, quoniam fundamenta analogae similitudinis diuersarum rationum suntsimpliciter, et eiusdem secundum quid, idest secundum proportionem: oportetduplicem analogi mentalem conceptum distinguere, perfectum et imperfectum; etdicere quod analogo et suis analogatis respondet unus conceptus mentalisimperfectus, et tot perfecti, quot sunt analogata. Quia enim unum analogatorumut sic, simile est alteri: consequens est, quod conceptus repraesentans unum,repraesentet alterum, iuxta illam maximam: Quidquid assimilatur simili ut sic,assimilatur etiam illi, cui illud tale est simile. 37. Quia uero talis similitudo secundumproportionem tantum est, quae diuersam rationem in altero fundamento habet:conceptus perfecte repraesentans unum analogatorum, a perfecta repraesentationealterius deficit; et per consequens oportet alterius analogati alterumadaequatum conceptum esse. Unde et analogum unum habere mentalem conceptum, etplures habere conceptus mentales: uerum est diuersimode; quamuis simpliciterloquendo, magis debeat dici, analogi esse plures conceptus; nisi loquendioccasio aliud exigat. Dico autem hoc: quoniam cum secundum dicentes, analogaomnino carere uno conceptu mentali, sermo est; unum eorum conceptum absolutedicere non est reprehendendum. Propter quod oportet solerti discretionelectorem uti quando inuenitur scriptum, quod analogata conueniunt in unaratione, et quando inuenitur dictum alibi, quod analogata non conueniunt in unaratione. 38. Est ergo differentia interanalogiam et uniuocationem quoad conceptum mentalem, ita quod uniuoci etuniuocatorum ut sic, unus est conceptus perfecte et adaequate eis respondens,ut de conceptu animalis patet. Analogiuero et analogatorum ut sic, plures necessario sunt conceptus perfecte earepraesentantes, et unus est conceptus imperfecte repraesentans. Non tamen itaquod sit unus conceptus adaequate respondens nomini analogo, et inadaequateanalogatis: quoniam secundum ueritatem nomen illud uniuocum esset; sed ita quodconceptus unus repraesentans perfecte alterurn analogatum ut sic, imperfecterepraesentat reliquum. Quoad uocem autem, non est interanaloga et uniuoca differentia. 39. Hisautem praelibatis, intentum facile patere potest: quomodo scilicet disfinguituranalogum, puta ens, ab analogatis, puta substantia, quantitate et qualitate. Uniuocum enim, puta animal, distinguitur abuniuocatis, puta homine et leone, quoad rem significatam seu conceptumobiectiuum, et quoad conceptum mentalem, sicut unum simpliciter abstractumetc., a multis simpliciter etc. Analogum uero, quoad rem, seu conceptumobiectiuum, distinguitur sicut unum proportione a multis simpliciter; uel (etidem est) sicut multa ut similia secundum proportiones a multis absolute. Verbigratia, ens distinguitur a substantia et quantitate, non quia significat remquamdam eis communem; sed quia substantia quidditatem tantum substantiaeimportat, et similiter quantitas quidditatem quantitatis absolute significat;ens autem significat ambas quidditates, ut similes secundum proportiones ad suaesse; et hoc est dicere ut easdem proportionaliter. 40. Quoad conceptum autem mentalemadaequatum, hoc quoque eodem omnino modo distinguitur. Secundum uero conceptummentalem imperfectum, quamuis distinguatur sicut unum simpliciter a multissimpliciter; non tamen sicut unum abstrahens in repraesentando ab illis multis,quemadmodum in uniuocis contingit. Quoniam, ut ex dictis patet, conceptus ille,puta qualitatis, in quantum ens, alterius analogati, idest ipsius qualitatis,secundum quod se habet ad suum esse, est adaequate repraesentatiuus, et aqualitatis quidditate non abstrahens; caeterorum uero, puta quantitatis etsubstantiae, imperfecte tantum est repraesentatiuus, in quantum eis similis estproportionaliter. CAPUT V QUALIS SIT ABSTRACTIO ANALOGI ABANALOGATIS 41. Oportet autem ex praemissisostendere, qualiter analogum abstrahat ab his, quibus commune secundumanalogiam dicitur, puta qualiter ens abstrahat a substantia et quantitate. Insurgit siquidem difficultas quaedam in re hac, et ex parte rerum, etex parte conceptus. Ex parte siquidem rerum, quia uidetur analogi nominis ressignificata, eodem abstrahibilis et abstracta modo, quo res uniuoco nominesignificata. Quoniam cum, ut in V Metaph. dicitur, unum in qualitate faciatsimile, nulla apparet ratio, cur a quibusdam similibus sit una resabstrahibilis, et a quibusdam non; licet euidens ratio sit, cur ab hissimilibus, puta Sorte et Platone, abstrahibilis sit res magis una, et ab illis,puta homine et lapide, minus una. Unde si substantia et quantitas assimilanturin hoc, quod utraque est ens, et consequenter in eis est aliquid unum, quod estfundamentum illius similitudinis: quid uetat ab eis abstrahi rem unam utriquecommunem? 42. Ex parte uero conceptus,quia uidetur eodem modo conceptus analogi abstrahere ab analogatis, sicutuniuocum ab uniuocatis: eo quod analogum nomen importat in confuso singulasproportiones analogatorum, et distincte non significat nisi proportionem in communi.Verbi gratia, ens non significat habens se ad esse sic uel sic, puta utsubstantia, aut ut quantitas; sed si proportionale nomen est, significareuidetur, habens se ad esse secundum aliquam proportionem, quaecumque illa sit.Hoc autem constat esse aeque abstractum a substantia et a quantitate; etconsequenter per modum uniuoci in analogis abstractio conceptus apparet. 43. Ut autem euidens fiat huius ambiguitatisdeterminatio, sciendum est, quod licet abstrahere diuersa significet, cumdicimus intellectum abstrahere animal ab homine et equo, et cum dicimus animalabstrahere ab homine et equo: eo quod tunc significat ipsam intellectusoperationem attingentem in eis unum et non alia; nunc uero significatextrinsecam denominationem ab illa intellectus operatione, qua res cognitaabstracta denominatur: in unum tamen et idem semper tendit, quoniam sempersonat intelligi unum, non intellecto altero.44. Ideoque nihil aliud est agere de abstractione analogi ab analogatisquam inquirere et determinare, quomodo res significata analogo nomine intelligipossit, non cointellectis analogatis; et quomodo conceptus illius habeatur,absque conceptibus istorum. 45. Cumigitur ex supradictis, et ex ipso analogiae uocabulo pateat, quod analogonomine non simpliciter una res, sed res proportione una significatur, talisautem idem est quod res diuersae, ut similes proportionaliter: facile deducipotest, quod res analoga potest quidem intelligi, non cointellectis analogatis,et consequenter abstrahere ab eis. 46.Sed non sicut in uniuocis res una, (puta natura sensitiua, seu animalintelligitur, non cointellectis omnino natura humana et equina ut sic), sedsicut duae res ut proportionaliter similes intelliguntur, non cointellectisipsismet duabus rebus secundum suas proprias naturas absolute. Ita quod analogiabstractio non consistit in cognitione unius et non cognitione alterius; sed inunius et eiusdem intellectione ut sic, et non intellectione absolute. Verbigratia, entis abstractio non consistit in hoc, quod entitas apprehenditur, etsubstantia aut quantitas non; sed in hoc: quod substantia aut quantitasapprehenditur ut sic se habens ad proprium esse; (in hoc enim similitudoproportionalis attenditur) et non apprehenditur substantia, aut quantitasabsolute. Et simile est de aliisrebus analogis, quales sunt fere omnes metaphysicales. 47. Unde concedi potest, rem analogamabstrahere, et non abstrahere ab analogatis diuersimode. Abstrahit quidem, proquanto abstrahit ab eis, quemadmodum res ut sic, idest ut res similis alteriproportionaliter abstrahit a se absolute sumpta. Nonabstrahit uero, pro quanto res ut sic accepta seipsam necessario includit, etabsque seipsa intelligi non potest. Quod de uniuocis dici non potest: quia resuniuoca, absque aliis quibus est uniuoce communis, intelligitur sic, quod resin suo intellectu nullo modo actualiter includit ea quibus est comm unis, utpatet de animali 48. Obiectioni autem inoppositum adductae, ex analogae similitudinis natura facile satisfit, dicendo,quod cum unum multipliciter dicatur, non oportet omnem similitudinem attendisecundum unum simpliciter; sed quandoque sufficit, quod unum secundumproportionem faciat simile. Unum autem proportionaliter non est simpliciterunum; sed multa similia secundum proportiones, a quibus ideo non potestabstrahi res una simpliciter: quia similitudo ipsa proportionalis tantum est,et fundamentum non est unum nisi proportionaliter 49. De ratione siquidem uniusproportionaliter est habere quatuor terminos (ut in V Ethicorum dicitur).Quoniam proportionalitas qua similitudo proportionum fit, inter quatuor adminus, (quae duarum proportionum extrema sunt), necessario est; et consequenterunum proportione non unificatur simpliciter, sed distinctionem retinens, unumpro tanto est et dicitur, pro quanto proportionibus dissimilibus diuisum nonest. Unde sicut non est alia ratio quare unum proportionaliter non est unumabsolute, nisi quia ista est eius ratio formalis; ita non est quaerenda aliaratio, cur a similibus proportionaliter non potest abstrahi res una; hoc enimideo est, quia similitudo proportionalis talem in sua ratione diuersitatemincludit. Et accidit ulterius procedentibus, ut quaerant id, quod subquaestione non cadit: ut quare hom*o est animal rationale, etc. 50. De abstractione quoque conceptus, eodemmodo est dicendum: abstrahit enim conceptus analogi nominis non sicut unumsimpliciter, sed sicut unum proportione, seu simile secundum proportiones amultis absolute. 51. Sed quia inobiciendo tangitur de abstractione conceptus analogi a specialibus conceptibusillius analogiae, et abusiue analogata ibidem uocantur partiales analogirationes; ideo diligenter cauendum est, ne apparentia in obiectione tacta inillum errorem ducat, qui ibi tangitur. Sciendum siquidem est, quod licet inanalogis secundum attributionem in hoc omnia analogata conueniant, quod eamdemformam omnino respiciunt, ita quod non solum conueniunt in uno termino, sed inhoc, quod est respicere illum: erroneum tamen est, analogo per attributionemconceptum unum respectus in communi ad illum terminum, per abstractionem a taliet tali respectu, attribuere. Verbi gratia: animal in quantum sanum, urina inquantum sana, et medicina in quantum sana, licet conueniant et in sanitatetamquam termino: cuius animal est subiectum, urina signum, et medicina causa;et conueniant in hoc, quod est respicere sanitatem (quodlibet enim eorumsanitatem respicit, licet diuersimode); ab his tamen specialibus respectibusnon abstrahitur respectus in communi ad sanitatem, importatus nomine sani, incuius conceptu omnes speciales respectus ad sanitatem, confuse et in potentiaclauduntur. 52. Falsum enim est, quodsanum significet hoc quod dico, respiciens uel aliqualiter se habens adsanitatem. Tum quia sic sani nomen uniuocum uere esset ad urinam et animal etc.,ut patet ex uniuocorum definitione. Tum quia hoc est contra intentionemdicentium, urinam aut diaetam sanam. Percunctantibus siquidem, quid est urinain quantum sana, non respondetur: respiciens sanitatem; sed omnes respectumillum specificant respondentes: signum sanitatis; et similiter de diaetarespondetur, quod est conseruatiua sanitatis, etc. Tum quia contra omnes Philosophos et Logicos(hucusque a me uisos) hoc est. 53. Sicutautem in praedictis analogis praedictus cauendus est error, ita in analogissecundum proportionem (quae sola simpliciter analoga sunt) similis cauendus esterror, ex simili causa apparentiae firmitatem trahens. Quia enim analogataconueniunt in hoc, quod unumquodque eorum commensuratum seu proportionatum est(licet diuersimode), credi potest quod ab his specialibus proportionibus abstrahaturproportionatum in communi, et nomine analogo significetur. Ac per hoc analogumhabeat conceptum unum, in quo confuse et in potentia claudantur omnes specialesproportiones analogatorum; uerbi gratia, ut quia substantia proportionata estsuo esse, et similiter quantitas et qualitas (licet diuersimode) ideo asubstantia et quantitate et qualitate etc., diuersimode proportionatis suisesse, abstrahatur res seu quidditas proportionem habens ad esse, qualiscumquesit illa proportio, et hoc sit entis primarium significatum, in quo omnes specialesproportiones substantiae quantitatis et qualitatis etc., ad sua esse confuseclaudantur et in potentia. 54. Sed hocfalsissimum est. Tum quia hoc quod dicitur, scilicet res proportionata ad hocquod sit, non est res una simpliciter etiam in esse obiectiuo, nisi chimerice. Tum quia proportionalia nomina uniuoca essent (ut patet ex uniuocorumdefinitione), et consequenter periret proportionalitatis ratio, quae extremaunum simpliciter esse non compatitur; et sic essent proportionalia et nonproportionalia: quod intellectus capere nullo modo potest. Tum quia contraAristotelis auctoritatem, in II Poster. inferius adducendam, et adductam ex IEthic., et S. Doctorem et Auerroem et Albertum expresse est. Unde confusio, quaanalogum tam secundum attributionem quam secundum proportionem, importatspeciales habitudines aut proportiones: non est confusio plurium conceptuum inuno communi conceptu; sed est confusio significationum in una uoce, licetdifformiter. Quoniam in analogia attributionis uox analoga primum distinctesignificat, caetera autem confuse. In analogia uero proportionis, nomenanalogum ad omnes suas significationes indistincte se habere permittitur. 55. Cautum tamen et attentum oportet hicesse; quia cum analogi rationes dupliciter sumi possint: scilicet secundum se,et ut eaedem et ipsae ut eaedem propter identitatis proportionalis naturam nonabstrahant a seipsis, et tamen aliquid conuenit eis ratione identitatis, seu inquantum eaedem sunt, quod non conuenit eis ratione diuersitatis, ut patet decommunibus eis: uidetur quod duo incompossibilia secundum apparentiam, analogirationibus conueniant; scilicet quod ipsae ut eaedem non abstrahant a seipsis,et quod ipsae ut eaedem aliquid causent et habeant, quod non ut diuersae;reduplicarique possint ut eaedem, non reduplicatis ut diuersae sunt. Haec enimnon solum compossibiliter, sed necessario sibi simul uindicat identitasproportionalis; quoniam et extrema uniri omnino non patiens, ab eis abstrahiomnino non permittit; et extrema aliqualiter indiuisa et eadem ponens, ut eademea considerabilia et reduplicabilia exigit.56. Sicque fit, ut in analogo secundum identitatem in se clausam, addiuersitatem rationum in se quoque clausam comparato, abstractio quaedam, quaenon tam abstractio quam quidam abstractionis modus est inueniatur; propter quamnon solum ab analogatis (puta substantia et quantitate), analogum (puta ens),abstrahere dicitur, ut supra diximus; sed ab ipsis eius rationibus, seu adiuersitate ipsarum rationum eius: puta rationis entis in substantia, et rationisentis in quantitate. Non quia quamdam rationem eis communem dicat: quia hoc estfatuum; nec quia illae rationes sint omnino eaedem, aut eas omnino uniat: quiasic non esset analogum, sed uniuocum; sed quia eas proportionaliter adunans, etut easdem proportionaliter significans, ut easdem considerandas offert: annexainseparabiliter, diuersitate quasi seclusa; et identitate proportionali unit,et confundit quodammodo diuersitatem rationum.57. Sicque non sola significationum in uoce confusio, analogo conuenit,sed confusio quaedam conceptuum, seu rationum fit in identitate eorumproportionali, sic tamen ut non tam conceptus, quam eorum diuersitasconfundatur. Et quoniam analogum talem identitatem praecipue importat, et taliconfusione frequenter utimur; analoga nomina ab omni rationum eius diuersitateabstrahere dicentes, dum confuse pro omnibus supponere ipsum pluries exponimus,ideo non mediocri opus est uigilantia, ne in uniuocationem labi contingat. 58. Abstrahit ergo analogum a suisanalogatis, puta ens a substantia et quantitate, sicut unum proportione amultis; seu sicut similia proportionaliter a seipsis absolute, tam quoadconceptum obiectiuum, quam mentalem, siue sit sermo de abstractione totali siuede formali. Hae enim abstractiones non differunt in eodem, nisi secundumpraecisionem et non praecisionem, ut alibi declarauimus. Unde nihil aliud estdicere ens abstractum a naturis praedicamentorum abstractione formali, quamdicere naturas praedicamentales proportionales ad sua esse ut sic praecise; aspecialibus autem seu singulis analogiae rationibus extremis, non tertioconceptu simplici, sed uoce communi et identitate proportionali earumdem,quodammodo abstrahit. CAPUT VI QUALIS SIT PRAEDICATIO ANALOGI DE SUISANALOGATIS 59. Videbitur autem fortealicui ex his, quod praedicatio analogi de suis analogatis, puta entis desubstantia et quantitate, aut formae de anima et albedine etc., sit sicutpraedicatio aequiuoci de suis aequiuocatis; ita quod non sit praedicatiosuperioris de suis inferioribus, nec communioris de minus communi, nisi solauoce; sed eiusdem de seipso. Non est enim analogo una res significata, quae inutroque analogatorum saluetur; absque hoc autem praedicatio communioris autsuperioris non inuenitur secundum intrinsecam denominationem, seuinexsistentiam. Sic enim analogum secundum proportionalitatem commune essedictum est. 60. Fouere quoque potest nonparum opinionem hanc processus iuxta I Topicorum. Aut scilicet analogum estpraedicatum conuertibile, aut inconuertibile, seclusa uocis communitate. Et cumconstet non esse inconuertibile, - quoniam substantia ut sic se habens ad suumesse, quod ens de substantia dictum praedicat, conuertitur cum substantia: etsimiliter quantitas sic commensurata suo esse, cum quantitate conuertitur, etsic de aliis, - consequens est, quod analogum tamquam superius, de analogatispraedicari non possit. Superioris enim intentionem suscipere non potest, quodconuertibile esse comprobatur. 61. Etquoniam secundum ueritatem analogum ut superius praedicatur de analogatis, etnon sola uoce commune est eis, sed conceptu unico proportionaliter: cuiusunitas ad hoc, quod praedicatum aliquod superioris rationem habeat, sufficit:quia superius nihil aliud sonat, quam unum praedicatum ad plura se extendens;unum autem non per accidens, neque aggregatione, sicut aceruum lapidum; sed perse, constat esse etiam unum proportione: ideo ad huius ueritatis claritatem exextremis procedendo, sciendum est, quod quia analogum medium est inter uniuocumet pure aequiuocum: consequens est, quod analogum aliquo modo idem, et non idemaliquo modo de suis praedicet analogatis. Et quia praedicat aliquid abstrahensaliquo modo a suis analogatis, ut ex praemisso patet capite; consequens est,quod comparetur ad sua analogata ut maius ad minora, seu ut superius adinferiora; licet non omnino unum secundum rationem sit, quod imponit. 62. Quod ut clarius pateat, figuraliterdeclaratur sic: Tam in uniuocis, quam in aequiuocis, quam in analogis quatuorinueniuntur, scilicet duae res ad minus, aequiuocatae, uniuocatae, autanalogatae; et duae res, seu rerum rationes, aequiuocationem, uniuocationem autanalogiam fundantes. Verbi gratia: In aequiuocatione canis inueniuntur haecquatuor: scilicet canis marinus, et canis terrestris, et ratio illius, et ratioistius secundum canis nomen. In uniuocatione quoque animalis inueniunturquatuor: scilicet hom*o, et bos, et natura sensitiua hominis et natura sensitiuabouis, quae animalis uniuocationem fundant. In analogia similiter entis quatuorsunt: scilicet substantia et quantitas, et substantia in quantum commensuratasuo esse, et quantitas secundum quod suo esse proportionatur. 63. Et licet prima duo, scilicet aequiuocataet analogata, eodem modo quantum ad propositum spectat in omnibus his distinguantur,quia ubilibet ex opposito condistincta sunt; altera tamen duo uniuocationem,aequiuocationem et analogiam fundantia, diuersimode unita aut distincta sunt.In aequiuocis namque rationes illae, puta canis marini et terrestris, suntomnino diuersae secundum rationem; et propter hoc id quod praedicat canis demarino cane, nullo modo praedicat de terrestri, et e conuerso; et ideo solauoce communius aut maius aequiuocatis dicitur et est. 64. In uniuocis uero res illae, putaanimalitatis in boue et animalitatis in leone, licet et numero et speciediuersae sint, ratione tamen omnino eaedem sunt; ratio enim unius est omninoeadem quod ratio alterius, et, e conuerso; et propter hoc id quidem quodpraedicat animal de homine, idem praedicat omnino de boue, et uniuocum dicituret superius homine, leone boueque. 65.In analogis autem res analogiam fundantes (puta quantitas ut sic se habens adesse, et substantia ut sic se habens ad esse), licet diuersae sint et numero etspecie et genere; ratione tamen eaedem sunt non omnino, sed proportionaliter;quoniam unius ratio proportionaliter eadem est alteri. 66. Et propterea, id quod praedicat analogum,puta ens de quantitate, illud idem proportionaliter praedicat de substantia, ete conuerso; est enim illudmet proportionaliter id quod in substantia ponit, ete conuerso. Et propter hoc analogum, puta ens, non sola uoce communius, maiusaut superius analogatis est; sed conceptu, ut dictum est, proportionaliter uno.Ita quod analogum et uniuocumconueniunt in hoc, quod utrumque communioris et superioris rationem habet.Differunt autem in hoc, quod illud est superius analogice seu proportionaliter,hoc uero uniuoce. 67. Et merito, quiafundamentum superioritatis utrobique saluatur, uniuocationis autem non.Fundatur enim superioritas super identitate rationis rei significatae, idestsuper hoc quod res significata inuenitur non in hoc tantum, sed illamet nonnumero sed ratione inuenitur in alio. Uniuocatio autemsupra modo identitatis omnimodae scilicet identitate rationis rei significatae,idest super hoc quod ratio rei significatae in illo et in isto est eademomnino. 68. Quamuis enim in analogis hic identitatis modus non inueniatur, quemin uniuocis inueniri pluries dictum est, identitas tamen ipsa rationuminuenitur. Est namque identitas proportionalis, identitasquaedam. Et ideo non minus analogum (puta ens) est praedicatum superius, quamuniuocum (puta animal), sed alio modo: analogum enim est superiusproportionaliter, quia fundatur supra identitate proportionali rationis reisignificatae; uniuocum autem praecise et simpliciter, quia supra omnimodaidentitate rationis rei significatae eius superioritas fundatur. Propter quod S. Thomas, superioritatisfundamentum aspiciens, in V Metaph. dicit, quod ens est superius ad omnia,sicut animal ad hominem et bouem. 69.Unde obiectiones ad oppositum adductae in hoc peccant, quod inter identitatemet modum identitatis non distinguunt. Fatendum enim est, quod ad hoc, quodaliquis terminus denominetur superior aut communior, oportet ut rem unam eteamdem in utroque ponat; sed sophisma consequentis committitur inferendo exhoc: ergo oportet quod dicat rem unam et eamdem omnino. Etest semper sermo de identitate secundum rationem, seu definitionem. Identitasenim et unitas continent sub se non solum unitatem et identitatem omnimodam,sed proportionalem, quae in analogi nominis ratione saluatur. Negandum estigitur quod in analogis non praedicetur idem de uno et de alio analogato:quoniam unum et idem proportionaliter de omnibus analogatis dicitur; etpropterea inter praedicata non conuertibilia numerandum est. Quantitas enimlicet adaequet ens de quantitate uerificatum secundum rationem omnino eamdem,non tamen secundum rationem illam proportionaliter: quoniam entis ratio nonalia proportionaliter ad substantiam et quantitatem se extendit. Verum quiaanalogum sonat identitatem proportionalem, ideo huiusmodi rationibus formaliterrespondendo, nullo pacto concedendum est conuerti analogum cum analogatoaliquo. 70. Ad materiam tamendescendendo, potest intrepide dici, quod quia analogum rationem unam tantumproportionaliter praedicat, et unum proportionaliter plura esse proportionibus similiamanifestum est; dupliciter potest secundum singulas rationes ad analogatacomparari. Uno modo absolute: et sic secundum singulas rationes cum singulisanalogatis conuertitur; quia nulla omnino una analogi ratio in duobusanalogatis inuenitur. Alio modo secundum identitatem proportionalem, quam habetuna cum altera: et sic cum nullo analogato conuertitur, quoniam omnes analogirationes indiuisae sunt proportionaliter, et una est altera proportionaliter.Et quia, ut dictum est, analogum hanc sonat identitatem, ideo formaliter etsimpliciter loquendo, analogum inconuertibile et communius praedicatum,concedendum est esse. Non tamen genus, aut species, aut proprium, autdefinitio, aut differentia, aut accidens uniuersaliter est. Nec proptereaAristoteles diminutus fuit aut Porphyrius, quoniam praedicabile, quod unum estsimpliciter, edocebant; ac per hoc inter aequiuoca, analoga numerarunt. 71.Ex praedictis autem manifeste patet, quod analogum non conceptum disiunctum,nec unum praecisum inaequaliter participatum, nec unum ordine; sed conceptumunum proportione dicit et praedicat. De ordine tamen in analogis inclusoinferius tractabitur. Unde cum dicitur de homine, aut albedine, aut quocumquealio, quod est ens: non est sensus, quod sit substantia, uel accidens; sed sicse habens ad esse. 72. Utor autem lysic, quoniam de propriis nominibus proportionum ad esse in actu exercito easimportantibus, disputare nolo ad praesens; quoniam Metaphysici negotii opus hocest, et exemplariter hic de ente loquimur. Simile siquidemest de actu, potentia, forma, materia, principio, causa, et aliis huiusmodi,indicium. CAPUT VII QUALIS SIT ANALOGATORUM SECUNDUMANALOGI NOMEN DEFINITIO 73. Apparere quoque alicui poterit, quod in rationeunius analogati, (puta qualitatis) secundum analogi (puta entis) nomen,alterius analogati, puta substantiae, uel quantitatis ratio secundum idem nomenanalogi cadere debeat, sicut in analogia attributionis contingere dictum est.Fundamentum autem inde apparentia haec sumit: quia ratio unius analogati uteadem proportionaliter est alteri, absque illa altera exprimi nequit complete.Dictum est autem, quod analogo nomine rationes hae importantur, ut eademproportionaliter sunt. 74. Et confirmathoc expositio ipsa analogiae ab Aristotele, Auerroe et S. Thoma in I Ethic.posita. Exponunt enim quod bonum, seu perfectio, analogice dicitur de uisu etintellectu, quia sicut uisus in corpore, ita intellectus in anima perfectioest. Constat autem, quod non est intelligibile hoc se habere sicut illud, nisiutrumque extremorum percipiatur. Necessario igitur uidetur, unum analogatorumsecundum analogi nomen per aliud definiendum esse. 75. Ut autem liqueat huius ambiguitatissolutio, recolendum est analoga haec dupliciter inueniri, scilicet proprie etmetaphorice. Diuersimode enim haec se habent ad propositam quaestionem. Inanalogia siquidem secundum metaphoram, oportet unum in alterius ratione poni,non indifferenter; sed proprie sumptum, in ratione sui metaphorice sumpticlaudi necesse est; quoniam impossibile est intelligere quid sit aliquidsecundum metaphoricum nomen, nisi cognito illo, ad cuius metaphoram dicitur.Neque enim fieri potest, ut intelligam quid sit pratum in eo quod ridens, nisisciam quid significet risus nomen proprie sumptum, ad cuius similitudinemdicitur pratum ridere. 76. Est autemhuius ratio radicalis, quia analogum metaphorice sumptum, nihil aliudpraedicat, quam hoc se habere ad similitudinem illius, quod absque alteroextremo intelligi nequit. Etpropter hoc huiusmodi analoga prius dic*ntur de his, in quibus propriesaluantur, et posterius de his, in quibus metaphorice inueniuntur et habent inhoc affinitatem cum analogis secundum attributionem, ut patet. 77. In analogia uero, inqua nominis saluatur proprietas, nullum analogi membrum per alterum definirioportet, nisi forte gratia materiae, ut S. Thomas in qq. de Verit., q. 2, a. 11docuit. Sunt enim analogatorum rationes secundum analogi nomen quodammodomediae inter analoga secundum attributionem, et uniuoca. In analogis enimsecundum attributionem, primum definit reliqua. In uniuocis uero neutrumalterum definit, sed unius definitio est completa alterius definitio, et econuerso. In analogis autem neutrum alterum definit; sed unius definitio estproportionaliter alterius definitio. Et loquimur semper de ratione secundumnomen commune. Verbi gratia, in definitione cordis, secundum quod principiumanimalis, non ponitur fundamentum secundum quod principium domus, nec econuerso; sed eadem proportionaliter est principii ratio utrobique, utCommentator ubi supra dicit. 78. Duabusautem opus est distinctionibus uti in hac re: ea scilicet, quae in logica,traditur de actu signato et exercito; et ea quae a metaphysico ut plurimumtractatur, de ordine rerum sub uno nomine ex parte rei, et ex parteimpositionis nominis. 79. Ex primasiquidem distinctione scimus duo. Primo, quod sicut animal dictum de homine etde equo importans uniuocationem in actu exercito, non praedicat de homine totumhoc, scilicet naturam sensitiuam eamdem omnino secundum rationem naturaesensitiuae equi et bouis, sed naturam sensitiuam simpliciter; quam tamen adhoc, quod uniuoca sit praedicatio, oportet omnino esse eamdem secundum rationemnaturae sensitiuae equi et bouis, - ita ens importans proportionalitatem inactu exercito, non praedicat de quantitate totum hoc, scilicet habens se adesse sic proportionaliter sicut substantia, aut qualitas ad suum esse; sedhabens se ad esse sic absque alia additione; quod tamen oportet, ad hoc quodanaloga sit praedicatio, idem proportionaliter esse cum altero, sic se haberead esse quod de substantia aut qualitate ens praedicat. 80. Secundo, quod sicut ex declaratione, quamanifestatur animal esse uniuocum, quia dicit unam et eamdem omnino rationem inomnibus, non fallimur, nec confundimur, nec uagamur circa hominis et bouissecundum animalis nomen rationem; sed quiescimus, intuentes quod animalexercet, quod uniuocorum definitio et expositio significat: - ita ex hoc, quoddeclaratur ens aut bonum, aut quodcumque aliud esse analogum, quia dicitrationes plures easdem proportionaliter, et importat hoc se habere quemadmodumproportionaliter illud se habet ad esse uel appetitum etc., non debemus turbariet inquirere in analogi nominis (puta boni) ratione significationem istam; sedsat sit, distinguendo inter actum signatum et exercitum, inspicere quod analoginominis ratio id exercet, quod analogi ratio et declaratio significat. 81. Ex his autem duobus patere iam potestintentum, quod scilicet non oportet unum analogiae membrum per alterumdefinire, ex eo quod analogum significat ea esse eadem proportionaliter,quoniam haec in actu exercito significat.82. Ex secunda uero distinctione scimus, non solum - quod praeposterusest ordo rerum et significationum quandoque sub nomine analogo, ita quod priorsecundum rem ratio, posterior interdum significatione est (ut de ente et bonoet aliis huiusmodi communibus Deo et creaturis accidit: ratio enim quam in Deoquodlibet horum ponit, significatione quidem posterior, re autem prior est); etquod propter alterum horum dicitur analogum praedicari de suis analogatissecundum prius et posterius ipsam analogi rationem. - Sed etiam scimus, quodquando ratio, quam ponit analogum in uno, ex ratione quam in altero ponit,exponitur: non ideo fit, quia unum in alterius ratione cadat; sed quia uniusratio posterior altera est significatione; et per priorem, utpote notioremdeclaratur: ut S. Thomas in I p., q. XIII, art. 2 fecit: declarans quod,dicendo: Deus est bonus: sensus est, id quod bonitatem in creaturis dicimus,praeexsistit in Deo proportionaliter etc. Et eadem intelligendum est rationefieri, si posterior secundum rem per priorem declaretur. Non definit ergoanalogum secundum unam rationem, seipsum secundum alteram, licet exponat etdeclaret. 83. Obiectionibus autem inoppositum, quamuis ex dictis satisfactum sit, formaliter responderi potest,quod cognosci aliqua ut eadem proportionaliter, seu hoc se habere sicut illud,dupliciter contingit. Uno modo formaliter, idest quoad relationem identitatiset similitudinis, et sic absque extremis cognitio haec haberi non potest. Aliomodo fundamentaliter, et sic in ratione unius non cadit reliquum; sed ratiounius est ratio alterius omnino, uel proportionaliter. Constat autem quodanalogum nomen, puta ens aut bonum, non relationem identitatis autsimilitudinis significat, sed fundamentum; et ideo obiectiones quae iuxtaprimum sensum procedunt, nihil concludunt contra intentum. Patet autemfacillime, haec esse uera exempla de uniuocis, ponendo et applicando adidentitatem uniuocationis. Significat namque nomen uniuocum plura, in quantumeadem sunt uniuoce, seu secundum rationem omnino. Et identitatis relatio innullo extremorum absque altero intelligibilis est. CAPUT VIIIQUALIS SIT IN ANALOGO COMPARATIO84. Difficultas etiam non parua, quae multos inuasit ac superauit, decomparatione in analogo, dilucidanda est. Creditum enim est a quibusdam, quodnon posset, analogia posita, sermo ille nisi extorte exponi, quo unumanalogatum magis aut perfectius tale secundum analogi nomen diceretur. Verbigratia: substantia est magis, aut perfectius ens quam quantitas. Moti suntautem ex eo, quod comparatio in uno communi, utrinque facienda est, etiamsecundum grammaticos; quod in analogo non inueniri uidetur. 85. Et potest formari ratio pro eis talis:Aut comparantur analogata in una communi eis ratione, aut in suis rationibus.Non in ratione communi: quia illa analogum caret; nec in rationibus propriis:quia tunc falsum est, substantiam magis esse ens quam quantitatem. Non enimminus aut imperfectius quantitas est sua ratio, quam ens in ea ponit, quamsubstantia sua etc. Nullo igitur modo uidetur comparationem cum analogiasaluari posse. 86. Succumbitur autemdifficultati huic, quia proprium comparationis fundamentum non consideratur.Fundatur enim super identitate seu unitate rei, in qua fit comparatio, et nonsuper modo identitatis aut unitatis; sicut de intentione superioritatispraedictum est. Unde cum analogum ex dictis constet rem unam, licetproportionaliter, dicere; nihil prohibet in ipso comparari analogata, licet noneo modo, quo uniuoca fit comparatio. 87.Ad comparationem siquidem cum requirantur et sufficiant haec tria: scilicet distinctioextremorum, et identitas eius, in quo fit comparatio, et modus essendi illiusin extremis, scilicet eaque, uel magis aut minus perfecte; sub identitate autemseu unitate, proportionalis unitas seu identitas contineatur, consequens est,quod si in diuersis idem proportionaliter eaque uel magis aut minus perfecteesse habet, comparatio secundum illud proportionale fieri possit, comparationenon uniuoca, sed analoga. 88. Sicutenim, quia natura sensitiua est in boue, et illamet omnino secundum rationemest in homine, et perfectius esse habet in homine quam in boue: hom*o perfectiusanimal boue dicitur, uniuoca comparatione; sic quia sic se habere ad esse estin substantia, et hoc idem proportionaliter est in quantitate, et imperfectiusesse habet in quantitate quam in substantia: dicitur substantia magis seuperfectius ens, quam quantitas, analoga comparatione. Unde S. Thomas in art. 7,quaest. VII de Potentia Dei, tripliciter comparationem fieri docens, duos modosanalogicae comparationis ponit: aperte ex hoc insinuans, comparationem nonsolum super identitate numerali, specifica aut generica fundari, sed etiamproportionali. 89. Modi autemcomparationis ibidem traditi sunt, hi scilicet secundum solam quantitatem reiparticipatae: et sic unum album dicitur altero albius. Vel extendendo, propterpraesens propositum, hunc modum ad omnem comparationem uniuocam, dicatur quodprimus attenditur secundum quantitatem rei participatae, eiusdem omninosecundum rationem, siue illa ratio sit specifica, siue generica: ut calidummagis calidum altero dicitur, et hom*o perfectius animal leone est. 90. Secundus uero modus attenditur secundumquod res aliqua in uno inuenitur participatiue, in altero uero est peressentiam: quemadmodum hom*o Platonicus longe perfectior hom*o esset nobis. Etabstractione intellectus utendo, quemadmodum bonitas longe melior est quocumquebono, quod participatiue bonum dicitur.91. Tertius autem modus attenditur secundum quod res aliqua in unoinuenitur formaliter et secundum se, in altero autem uirtualiter et eleuatum adrem superioris ordinis. Quemadmodum dicitur quod sol est magis calidus quamignis; uel quod calor perfectius esse habet in sole, quam in igne. 92. Nec est dubium hos duos modos uniuocam comparationemimpedire, ut S. Thomas ibidem dicit, et Aristoteles in I Ethic. de primo modotestatur: ubi bonum commune non uniuoce, sed secundum proportionalitatemdicendum docet, bonitati separatae et bonis caeteris per participationem. Patetigitur ex his, eadem proportionaliter ut sic esse comparabilia; quamuis,physice loquendo, in sola specie aut genere comparatio fiat. 93. Ad obiectionem autem in oppositum,dicitur quod utroque modo in analogis comparatio fit. Comparantur siquidemanalogata, puta substantia et quantitas, in ratione una et communiproportionaliter, quam analogi nomen, puta ens, dicit, et addit supraanalogata, ut ex dictis patet. Et comparantur secundum suas rationes, secundumtamen analogi nomen, quae earum sit perfectior, secundum quod dicimussubstantiam esse perfectius ens quantitate; quia ratio entis in substantiaperfectior est ratione entis in quantitate. Ita quod iuxta istam comparationemest sensus: Substantia habet, secundum entis nomen, perfectiorem rationem quamquantitas; et non quod substantia est magis aut perfectius substantia quamquantitas sit quantitas, ut quidam somniare uidentur. 94. Unde comparatio ista extenditur usque adanaloga secundum attributionem, licet in tali analogia non nisi abusiuecomparatio fieri possit. Dicimusenim quod ens reale est magis et perfectius ens ente rationis, quod perattributionem ad illud ens dicitur in IV Metaph. text. com. II; quia ens realehabet, secundum entis nomen, perfectiorem rationem. Iuxta quem modum, si ususadmitteret, diceremus: animal est magis sanum urina; quia perfectiorem secundumsani nomen rationem habet. CAPUT IX QUALIS SIT ANALOGI DIVISIO ET RESOLUTIO 95. Qualiter autemanalogum diuidendum sit, ex dicendis manifestum est. Potest siquidem trifariamanalogi diuisio intelligi. Primo, ut diuidatur uox in suas significationes.Dictum est enim, quod analogum plures rationes significat immediate, et haecdiuisio conuenit sibi, in quantum aequiuocum quoddam est. 96. Secundo, ut diuidatur significatum eiusin quasi membra eius: eo modo quo eius, quod proportionaliter unum est, sic etsic proportionatum, membra dici possunt. Dictum est enim, quod analogum non ita diuersas rationes significat,quin significet unam rationem proportionaliter. Omnes namque rationes analogonomine immediate significatae eaedem proportionaliter sunt. Ratio autem unaproportionaliter, cum constituatur ex pluribus rationibus proportionalibus, ineas secari potest. Haec autem non est diuisio analogi insua analogata: quoniam rationes hae in ipsius analogi ratione intrinsececlauduntur, et analogata ea sunt, in quibus rationes illae saluantur, et nonipsae rationes. Entis enim analogata sunt substantia et quantitas, et nonrationes entis in substantia et quantitate. Rationes enim ut dictum est,analogae sunt. 97. Unde tertio modopotest diuidi analogum, diuidendo significatum eius in sua analogata perdiuersos modos, quibus analogi rationem proportionalem analogata ipsadiuersimode suscipiunt: ita quod diuisum est significatum unumproportionaliter, diuidentia sunt modi fundantes et facientes in analogatisproprias proportiones, secundum quas fit analogia; constituta autem perdiuisionem, ut partes subiectiuae, sunt analogata ipsa. Verbi gratia: quandoens diuiditur in substantiam et quantitatem, diuisum est ratio entis nominesignificata, quae omnes in se entis nomine significatas rationes claudit,utpote una proportionaliter; diuidentia sunt substantiuum et mensuratiuum, seuper se et in alio, sicut ex quibus substantia et quantitas habent quod diuersasentis rationes subintrent; partes autem subiectiuae sunt substantia etquantitas, quae in entis ratione analogantur.98. Et quia haec est propria analogi diuisio, idcirco distincteexplicandum est, quomodo differat diuisio haec ad uniuoca. Tripliciter siquidemdifferunt. Primo ex parte diuisi: quia diuisione uniuoca unum omnino secundumrationem secatur; hic autem unum proportionaliter. 99. Secundo ex parte diuidentium: quiadifferentiae secantes genus, extra genus sunt; modi autem secantes analogum, inipsius analogi ratione clauduntur, quemadmodum ipsa analogata (ut in capitulode abstractione declaratum est); propter quod in III Metaph. text. comm. X ensgenus esse negatur. 100. Tertio ex parteipsarum partium subiectiuarum, quae per diuisionem fiunt: quia partesdiuisionis uniuocae, licet ordinem habeant secundum se, et originis: utdualitas est prior trinitate; et perfectionis: ut albedo est perfectiornigredine; tamen secundum diuisi rationem, puta numeri, aut coloris, neutraaltera prior, aut posterior est; sed omnes aequaliter in diuisi rationecommunicant. Analogata uero, quae analoga diuisione constituuntur, non solumsecundum se, sed etiam in ipsius analogi quod diuiditur ratione ordinem habent;et aliud prius aliud posterius est; adeo ut in uno eorum, tota ratio diuisisaluari dicatur; in alio autem imperfecte et secundum quid. Quod non est sicintelligendum quasi analogum habeat unam rationem, quae tota saluetur in uno,et pars eius saluetur in alio. Sed cum totum idem sit quod perfectum, etanalogo nomine multae importentur rationes, quarum una simpliciter et perfecteconstituit tale secundum illud nomen, et aliae imperfecte et secundum quid:ideo dicitur, quod analogum sic diuiditur, quod non tota ratio eius in omnibusanalogatis saluatur, nec aequaliter participant analogi rationem, sed secundumprius et posterius. 101. Cum grano tamensalis accipiendum est, analogum simpliciter saluari in uno et secundum quid inalio. Sufficit enim hoc uerificari: uel absolute, ut patet in diuisione entisin substantiam et accidens; (illa enim absolute loquendo dicitur enssimpliciter, hoc autem secundum quid); uel in respectu, ut patet in diuisioneentis in Deum et creaturam. Utrumque enim licet ens simpliciter sit et dicatur,absolute loquendo; creatura tamen in respectu ad Deum, ens secundum quid, etquasi non ens est et dicitur. 102. Circaresolutionem autem analogatorum, sciendum est: quod cum uniuersaliter, primumin compositione sit ultimum in resolutione, et per diuisionem in ea, quae actuin aliquo sunt resolutio fiat: eodem modo resoluenda sunt analogata in suumanalogum, quo caetera resoluuntur, scilicet utendo diuisione praedicta (quaeuocatur diuisio in partes essentiae uel rationis), et a posterioribus secundumconsequentiam ad priora procedendo, si longa esset resolutio facienda. 103. Ad rationem autem analogi cum deuentumfuerit, singulis analogatis in suas rationes secundum analogi nomen resolutis:cum illa analogi ratio ex multis constituatur rationibus, ordinem inter se etproportionalem similitudinem habentibus: uel ordinate ad primam resolutio fiat,ueniendo semper ad similius et propinquius primae, et id, in quo dissimilitudoest, relinquendo. Vel si non sic ordinatas inter se contingit esse rationesillas, ad primam omnes modo praedicto reducendae sunt. Ordinem enim ad primamnulla subterfugere potest. Nec refert in proposito, an fiat resolutio adrationem primam, significatione, uel secundum rem. Intelligenda enim sunt haecin suo ordine, scilicet, significationum aut rerum. CAPUT XQUALITER DE ANALOGO SIT SCIENTIA104. Visum est autem quibusdam de analogo scientiam esse non posse, nisiquemadmodum de aequiuocis scientia habetur: eo quod plures rationes dicit licetsimiles. Imo fallaciam aequiuocationis committi in syllogismis, in quibus,analogo pro medio sumpto, certum analogatum subsumitur, (nisi forte gratiamateriae bonus esset processus) astruunt ex eadem ratione. Nec posse ex uniusanalogati ratione, secundum analogi nomen, concludi alterum analogatum taleformaliter esse; sed semper praedictum incidere uitium, ratione praedicta,confirmant. 105. Verbi gratia: siponamus sapientiam esse analogice communem Deo et homini, ex hoc quodsapientia, in homine inuenta, secundum formalem rationem praecise sumpta, dicitperfectionem simpliciter: non potest concludi: ergo Deus est formalitersapiens, sic arguendo: Omnis perfectio simpliciter est in Deo; sapientia estperfectio simpliciter; ergo etc. Minor enim distinguenda est: et si lysapientia pro ratione sapientiae, quae est in homine stat, argumentum est exquatuor terminis: quia in conclusione, sapientia stat pro ratione sapientiaequam ponit in Deo, cum concluditur: ergo sapientia est in Deo. Si autem proratione sapientiae in Deo, stat in minore; non concluditur, ex perfectionesapientiae creatae, Deum esse sapientem; cuius oppositum et philosophi ettheologi omnes clamant. 106. Decipiuntur autem isti, Scotum (cuius estratio haec I Sent., dist. 3, q. I) sequentes: quia in analogo diuersitatemrationum inspicientes, id quod in eo unitatis et identitatis latet, nonconsiderant. Rationes enim analogi (ut superius etiam diximus) possuntdupliciter accipi: Uno modo secundum se, in quantum ab inuicem distinguuntur,et ea quae conueniunt eis ut sic, seu ex hoc. Alio modo in quantum eadem suntproportional iter. Primo modo acceptae, uitium aequiuocationis inducerent, siquis eis uteretur, ut patet. Secundo autem modo eisutendo, peccatum nullum incurritur: eo quod quidquid conuenit uni, conuenit etalteri proportionaliter; et quidquid negatur de una, et de altera negaturproportionaliter: quia quidquid conuenit simili, in eo quod simile, conuenit etiamilli, cui est simile, proportionalitate semper seruata. 107. Unde si ex immaterialitate animae,concluditur eam esse intellectualem; ex immaterialitate proportionaliter positain Deo optime concluderetur, Deum esse intellectualem proportionaliter: ut quantumimmaterialitas illa excedit istam, tantum intellectualitas illa excedit istametc. Propter quod S. Thomas in quaestione II De Potentia Dei, art. 5, analogataomnia sub una analogi distributione cadere dixit. Et merito, quia unitasanalogiae non esset in coordinatione unitatum numeranda, nisi unumproportionaliter, unum esset affirmabile et negabile, et consequenterdistribuibile et scibile, ut subiectum, et medium, et passio. 108. Unde ad obiecta in oppositum dicitur,quod quia, ut in II Elenchorum cap. X dicitur, aequiuocatio latens in huiusmodiproportionalibus peritissimos etiam latet: ideo oportet, huiusmodi analogisnominibus utendo ex parte unitatis, semper modum proportionalitatissubintelligi; aliter in uniuocationem lapsus fieret. Nisi enim prae oculishaberetur proportionalitas, cum dicitur immateriale omne esse intellectuale,tamquam uniuoce dictum acciperetur, et latens aequiuocatio non uisaobreperet. 109. Proportionalitate autemseruata, de analogis scientiam esse: et diui Thomae processus de bono et ueroet aliis huiusmodi, et quotidianum conuincit exercitium. Testatur quoquedemonstratiuae artis pater Aristoteles, in II Poster., cap. XIII incipiente: Uthabeamus autem proposita (uel problemata) analogum causam adaequatam essealicuius passionis, et in medium oportere quandoque a demonstratore assumi, dumuenationem propter quid docens, inquit: « Amplius alius modus est secundumanalogiam eligere. Unum enim idem non est accipere quod oportet uocare sepion,et spinam, et os. Sunt autem quae sequuntur et hoc, tamquam natura unahuiusmodi exsistente ». Et sequenti cap. ait: « Secundum autem analogiameiusdem, et medium se habet secundum analogiam ». In quibus uerbis non solumdocuit, analogum ut medium assumi quandoque in demonstrationibus; sed etiamipsum non esse unum in se expressit, et cum hoc habere passionem adaequatam, acsi unius esset naturae. 110. Nec impeditanalogia haec processum formalem ad concludendum de Deo et creaturispraedicatum aliquod eis commune: quoniam accepta sapientiae ratione, etsegregatis ab ea per intellectum eis, quae sunt imperfectionis, ex hoc quod id,quod est sibi proprium formaliter sumptum, perfectionem absque imperfectioneclaudit, concluditur ergo sapientiae ratio non omnino alia, nec omnino haec,sed haec proportionaliter est in Deo: quia similitudo inter Deum et creaturamnon est uniuoca, sed analoga. 111. Necpari ratione potest concludi, Deum esse lapidem proportionaliter: quia ratiolapidis formaliter sumpta, quantumcumque expoliata, imperfectionem aliquamclaudit, quae prohibet tam ipsam secundum se, quam ipsam proportionaliter inDeo reperiri, nisi metaphorice: quemadmodum dictum est: Petra autem eratChristus. Unde, cum fit huiusmodi processus: Omnis perfectio simpliciter est inDeo; sapientia est perfectio simpliciter; ergo etc.; in minore ly sapientia nonstat pro hac uel illa ratione sapientiae, sed pro sapientia unaproportionaliter, idest, pro utraque ratione sapientiae non coniunctim ueldisiunctim; sed in quantum sunt indiuisae proportionaliter, et una est alteraproportionaliter, et ambae unam proportionaliter constituunt rationem 112. Significantur enim analogo nomine inquantum eaedem sunt; unde non oportet analogum distinguere, ad hoc quod contradictionemfundet, et enuntiationis subiectum, aut praedicatum fiat; sed rationeidentitatis preportionalis in se clausae, et quam principaliter dicit, ex se adhoc sufficit. Contradictio enim dicitur consistere in affirmatione et negationeeiusdem de eodem etc., et non in affirmatione et negatione uniuoci de eodemuniuoco. Identitas siquidem tamrerum quam rationum, ut pluries replicatum est, ad identitatem proportionalemse extendit. 113. Ex hoc autem apparet,Scotum in I Sent., dist. 3, q. I, uel male exposuisse conceptum uniuocum uelsibi ipsi contradicere: dum, uolens uniuocationem entis fingere, alt: «Conceptum uniuocum uoco, qui ita est unus, quod eius unitas sufficit adcontradictionem, affirmando et negando ipsum de eodem ». Et sic uniuocum uultesse ens. Si enim identitas sufficiens ad contradictionem, uniuocatio dicitur;constat quod, ponendo ens esse analogum, et secundum proportionalitatem tantumunum, satisfiet uniuocationi: quod scoticae doctrinae aduersatur, tenenti enshabere conceptum unum simpliciter, et omnino indiuisum, (ut de uniuocisdiximus). Si autem non omnis talis identitas sufficit aduniuocationem, non recte igitur uniuocatio conceptus declarata est esse eam,quae ad contradictionem sufficit, quasi proportionalis identitas ad hoc nonsufficiat. CAPUT XI DE CAUTELIS NECESSARIIS CIRCA ANALOGORUMNOMINUM INTELLECTUM ET USUM 114. Quiauero Aristoteles in praedicta ex Elenchis auctoritate, doctissimos uiros circahorum nominum conceptus errare dicit, ob latentem eorum unitatis modum: idcirconecessarium fore duximus, in fine huius tractatus cautelas quasdam tradere,quibus possit se quis ab errore multiplici in re hac praeseruare. 115. Cauendum est igitur in primis, ne exuniuocatione ipsius nominis analogi respectu quorumdam, credamus simpliciteripsum esse uniuocum: omnia enim fere analoga proprie, prius fuerunt uniuoca, etdeinde extensione, analoga communia proportionaliter illis quibus sunt uniuocaet aliis uel alii, facta sunt. Sapientiae enim nomen primo impositum esthumanae sapientiae, et uniuocum omnium hominum sapientiis erat. Deinde, addiuinae naturae cognitionem ascendentes, proportionalemque similitudinem internos ut sapientes et Deum contemplantes, sapientiae nomen extenderunt ad id inDeo significandum, cui nostra sapientia proportionalis est; sicque uniuocumnobis, analogum factum est nobis et Deo. Et similiter de aliis accidit. 116. Falli autem contingit faciliter ex hoc,quia illa ratio prior, utpote notior et familiarior et prior quoad nos, semperprofertur ab illustribus uiris, et ab eorum sequacibus, cum analogi significatioquaeritur; et dicitur esse tota analogi ratio, pro qua simpliciter prolatumstat, et omnia analogata illam participare: ut patet cum sapientiae ratioredditur. Assignatur enimdifferentialis eius conceptus pro ratione, secundum quam communis ponitur Deoet creaturis. Et similiter est in aliis. Creditur enim exhoc, quod illa sit ipsa analogi ratio, et incaute uniuocatio acceptatur: nonenim illa ratio est ratio analogi, sed eius origo quoad nos; quoniam non illa,sed illa proportionaliter in altero analogato inuenitur, ut ex dictispatet. 117. Cauendum secundo est, nenominis unitas, aut diuersitas rationum, analogam unitatem obnubilet; hoc enimtamquam quoddam accidens, in re hac suscipiendum est. Nihil enim minusanalogice idem sunt sepion, os, et spina, unum non habentia nomen, quam si unumnomen haberent. Nec magis idem essent, si unum nomen haberent, et tamen sicommuni nomine ossa uocarentur, ita quod defectu uocabulorum, uel rerumproportionali similitudine ossis nomen ad caetera extensum esset, crederemuseiusdem esse naturae et rationis, ossa, sepion, et spinas. Praesertim quia, utdictum fuit, ad ea quae sunt proportionaliter eadem, consequuntur passionestamquam si eorum esset natura una. 118.Cauendum tertio est, ne uocalis unitas rationis analogi nominis menteminuoluat. Ex eo namque uerbi gratia, quod principium dicitur esse id ex quo resfit, aut est, aut cognoscitur; et haec ratio in omnibus quae principiadic*ntur, saluatur: principii nomen uniuocum creditur. Erratur autem, quiaratio ipsa non est una simpliciter, sed proportione et uoce. Vocabula enim, exquibus integratur, analoga sunt, ut patet; neque enim fieri, neque esse, nequecognosci, neque ly ex unius omnino est rationis, sed proportionalis saluatur.Et propterea ratio illa in omnibus utpote proportionalis saluatur: sicut etprincipii nomen proportionaliter commune dicitur. 119. Cauendum demum est, ne diuersa doctorumdicta de analogis nos perturbent. Considerandum quippe est quod, quia analogummedium inter uniuocum et aequiuocum est, et medium extremorum naturam sapiens:ad alterum comparatum, alterum induit; adeo ut quando medio, secundum id quodde uno extremo habet, utimur, illius extremi conditiones ei attribuamus, ut inV Physic., text. comm. 6 et 52 patet. Ideo plerumque doctores utentes analogoex parte unitatis, quam ex uniuocis participat, uniuocorum non solumconditiones, puta abstractionem, indistinctionem, etc. sed etiam nomen eiattribuunt. Utentes uero analogo ex parte diuersitatis, quam ex aequiuocistrahit, conditiones quoque supradictis oppositas, et nomen illi imponuntaequiuoci. 120. Et ut de multis pauca dicantur,Aristoteles in II Metaph., text. comm. 4, ens et uerumuniuoca uocat; quia ex parte identitatis illis utitur, ut processus suus aperteostendit. S. Thomas quoque pluries dicit, in ratione alicuius analogi, putapaternitatis communis diuinae et humanae paternitati, omnia contenta esseindiuisa et indistincta; et quod paternitas, uerbi gratia, abstrahit apaternitate humana et diuina: quia utitur analogo ex parte identitatis. 121.Nec tamen falsae sunt aut abusiuae praedictae utriusque locutiones et similes;sed amplae potius et largae, quemadmodum pallidum nigro contrarium est etdicitur. Saluatur siquidem in analogis identitas nominis et rationis, in qua(ut ex dictis patet) non solum analogata, sed etiam singulae analogi rationesuniuntur, et quodammodo confunduntur, utpote abstrahentes aliqualiter ab earumdiuersitate. 122. Rursus paterAristoteles in I Physic., ex parte diuersitatis ente utens contra Parmenidem etMelissum, multiplex seu aequiuocum, (ut ipsemet illum textum sic exponendumspecialiter in II Elenchorum tradit) uocauit. Unde etPorphyrius, Aristotelem dicere ens esse aequiuocum accepisse uidetur, utensente ex parte diuersitatis. Quod tamen Scotus, in I Sent., dist. 3, q. 3, inLogica Aristotelis non inueniri ideo dixit: quia praedictos textus nonconiugauit. Propter quod, ibidemquoque contra textum, glossauit principium Aristotelis contra Parmenidem in IPhysic., text. comm. 13, ut in Elenchis (ut dictum est) clare patet. Thomas etiam, ens prius non esse primo analogato, nihilque Deo priussecundum intellectum esse, dicit pluries: utens analogo ex parte diuersitatisrationum eius. Quaelibet siquidem eius ratio secundum se, quia propriumanalogatum in se claudit, et in sui abstractione illud secum trahens, cum illoconuertitur, ut supra diximus: ideo prior secundum consequentiam, autabstractior suo analogato negatur. Ac per hoc, primo analogato et Deo nihil estprius: quia eius ratio secundum analogi nomen, quae ipso prior secundum se nonest, sed conuertitur, caeteris prior est rationibus. Cum his tamen stat, quodratio illa in Deo ut eadem est proportionaliter alteri rationi, secundum idemnomen superior, et secundum consequentiam prior logice loquendo sit, ut exdictis patet. Dico autem logice: quia physice loquendo, analogum nec est priussecundum consequentiam omnibus analogatis (quia ab eorum propriis abstraherenon potest, quamuis ut saluatur in uno sit prius altero), nec potest esse sineprimo analogato, ubi analogata consequenter se habent. 125. Unde si quis falli non uult, solerter sermoniscausam coniectet, et extremorum conditiones medio applicaturum se recolat; sicenim facile erit omnia sane exponere, et ueritatem assequi, quae a prima estVeritate. Cuius cognitio ex hoc exaltetur et firmetur Opusculo. Completo in conuentu S. Apollinaris, Papiaesuburbio, die primo Septembris MCCCCXCVIII.EXPLICIT TRACTATUS DENOMINUM ANALOGIA. Gaetano. Cajetanus. Caietanus Vio.Cajetano Vio. Caetano Vio. Gaetano Vio. Al secolo: Giacomo De Vio. Jacopo DeVio. Tommaso De Vio. Cardinal Caetano. Cardinal Gaetano. Tommaso De Vio daGaeta, detto il Gaetano. Vio.Keywords: analogia, commentary on Porphyry on Aristotle’s categories, theexample of ‘healthy’[sanus, corpore, medicina, excrementum], analogy inphilosophical eschatology, analogy of proportion, aequivocality, Grice, “focalunity”, “Aristotle on the multiplicity of ‘being’” – ‘healthy’ – an animal ishealthy – various types of analogy. Unfortunately, the Germans focus more onhis, the saint’s, fight with Luther!” Refs.: Luigi Speranza, “Grice e deVio” – Luigi Speranza, “Grice e Vio: Le categorie” -- The Swimming-PoolLibrary, Villa Grice, Liguria, Italia.

Grice e Virgilio – Roma – la ragioneconversazionale e la leggenda d’Enea – filosofia italiana – Luigi Speranza (Andes). Influssi lucreziani, e, quindi, della filosofia dell’orto. Natopresso Mantova, muore a Brindisi. Studia la filosofia dell’orto sotto SIRONE. In“Catal.” prende congedo dalle muse per volgersi verso la scuola di SIRONEaffinchè la filosofia gl’insegni a liberare la sua vita dalle passioni. Esprimeil proponimento di dedicare alla filosofia il resto dell’esistenza. Nel “Ciris,”esaltando di nuovo l'insegnamento dei filosofi dell’ORTO, manifestal'intenzione di filosofare sui fenomeni celesti. L’influsso dell’orto èesplicito nelle “Georgiche.” L' “Eneide", invece, nella escatologia,dipende dalle correnti orfica e pitagorica – di CROTONE --, mediata, si erede,daPosidonio, dal quale si fa derivare le rappresentazioni dell’etàdell'oro e dello sviluppo della civiltà umana e alcune teorie d’impronta delPORTICO.Agl'interessi di psicologia filosofica si collegano quellinaturalistici.In una ecloga, Sileno espone una cosmogonia. Nelle"Georgiche" prega le muse d’interpretargli una serie di fenomeninaturali. Nell’ “Eneide” Iopas tratta di probleminaturalistici.Faparte dell' “Appendix Vergiliana” il poemetto"Aetna" sullo cause e gl’effetti di queso volcano -- del quale sonoincerte la paternità e la data.Fra i filosofi ai quali è stato attribuitoil "Aetna", trovano adesioni soprattutto V. e LUCILIO, l’amico di SENECA.Perle teorie scientifiche particolari, l’autore dell'"Aetna" si serveprincipalmente di Posidonio e ciò spiega l’affinità dell'"Aetna" conle "Questioni Naturali" di Seneca che provengono dalla stessafonte.Per la filosofia, V. mescola ecletticamente elementi svariati e nonfusi, perchè espone dottrine del portico, dell’orto-lucreziane e inoltreeracl*tei, democritei, ecc. Grice: “It is interesting to study Virgil as theauthor of what at Oxford we call “Beowulf,” an heroic narrative of origin. But in the history of philosophy, -- and thehistory of Roman philosophy under the principate, specifically, it was theexegesis of “Eneide” that we only have with Beowulf when it comes to Tolkienand the monsters! On the other hand, theRoman aristocrats find in “Eneide” a fabulous source for their even morefabulous philosophisings! My favourite is Macrobio’s “Saturnalia” – it fits agentleman’s pocket – but there are others. The idea is to produce a didaskalia,i. e. a way to deal with conceptual notions or philosophical concepts as westudy one line or other from “Eneide” as we did at Clifton! However false, thephilosophy behind Virgilio comprises not only a physical theory (naturalphilosophy) – the theory of the three ages – but a full moral theory – and oneof philosophical psychology. The Eurialo/Niso episode is an interesting one asa re-creation of the old Achilles-Patroclus topos that has fascinated evenPlato and the author of “Maurice,” i. e. E. M. Forster. Usually, you won’t findVirgil listed in any manual on Roman philosophy, but you should. It isfascinating also to trace the influence, via Alighieri in “Commedia” down toMussolini, where there were few exhibitions of the Mostra della RevoluzioneFascista that would fail to quote from Enea. Note that the iconography – and Idon’t mix the effeminate one by Flaxman, but the fascist one – helped!”. PublioVirgilio Marone – He spent some time in fellowship with a Garden community inNaples headed by Siro. He appears to have been a particular favourite of Siro,inheriting the villa upon his death. The extent to which the Garden influencedhis poetry has long been debated. Approdato a Cuma, Encaconsulta la Sibilla nell'antro presso il tempio di Apollo e la prega diguidarlo negli Inferi. La Sibilla accetta, ma l'eroe deve prima procurarsi ilramo d'oro da offrire in dono a Proserpina e dare sepoltura a un compagno mortodurante la sua assenza dalle nasi. Dunque, Enea porta alla Sibilla il ramod'oro, trovato nel bosco grazie all'aiuto di Venere, e celebra i funerali diMiseno. Giunta la notte, e compiuto il sacrificio propiziatorio alle divinitàinfernali, inizia il viaggio verso gli Inferi, e l'eroe varca, con la Sibilla,la soglia dell'Averno. Essi attraversano il vestibolo, pieno di mostri esimulacri di mali e malattie, e arrivano alla riva del fiume Acheronte, doveappare Caronte, il traghettatore infernale.tra i quali spicca la figura diMarcello. Infine, Enea e la Sibilla varcano la porta d'avorio e ritornano allaluce.libro 6 dell'Encide: la Sibilla cumana e la discesa agli inferiEneide:analisi Libro 6Cuma e la Sibilla nel Libro 6 dell'Eneide Lapio po de i praga dapala, le da di ad ge di and in al pre fite di Oli, nd e alce e esca cabr suadiscendenza. In questa parte si distinguono le fasi di un vero e propriopercorso iniziatico: rispettare gli ordini di un sacerdote, la Sibilla dareprova della pietas celebrando i riti trovare il ramo d'oro da donare aProserpina, per poter entrare negli Inferi. Enea viene assistito dalla madrenel recupero del ramo, mentre la Sibilla lo aiuta nel viaggio verso gli Inferi.La catabasi è preceduta da due rituali: le esequie di Miseno, e il ritopropiziatorio agli dei inferi. Questi riti sottolineano la sacralità dell'impresa.La differenza fra la catabasi di Odisseo e quella di Enca sta nel fatto chequella di Odisseo non è altro che l'ennesima avventura ai confini della realtà,mentre l'eroe virgiliano intraprende un viaggio religioso per assecondare ivoleri del Fato.Gli Inferi nel Libro 6 dell'Eneide Celebrati i rituali, Enea ela Sibilla entrano nel regno dei morti. Predominano le descrizioni dell'Aldilà,ma l'attenzione si sposta sull'eroe nel momento in cui entrano in scenapersonaggi a lui collegati. Per esempio, gli incontri con Palinuro e Didonepermettono al poeta di dare spazio ad Enca e alla sua umanità. Il passo delineala concezione virgilianadell'Oltretomba: un luogo in cui le ombre si aggiranorimpiangendo la vita perduta, e in cui i giudici infernali, Minosse eRadamanto, assegnano la dimora definitiva nel Tartaro alle anime malvagie, neiCampi Elisi ai beati.Dal Tartaro ai Campi Elisi nel Libro 6 dell'Encide unbivio: a sinistra la Sibilla mostra ad Enca il Tartaro, dove sono puniti gliempi, e poi lo conduce a destra, verso la città di Dite. Dopo essersipurificato, Enea afligge sulla porta delle case di Plutone il ramo d'oro, comedono a Proserpina. Poi prosegue con la Sibilla verso i Campi Elisi. giovaneMarcello, il giovane adottato da Augusto ma morto precocemente, rappresenta unomaggio alla casa di Augusto, ma nello stesso tempo sfuma in immagini di mortela visione trionfalistica del destino di Roma. pitagorismo, l'orfismo, lostoicismo. Nella parte finale del libro, in ogni caso, domina l'esaltazionedelle glorie romane, del periodo augusteo e della missione civilizzatrice eordinatrice di Roma. L'orgoglio di appartenere a un popolo vincitore nonimpedisce a Virgilio di condannare la guerra e di celebrare i valori della pacedella concordia. Completata l'analisi e il riassunto del libro 6 dell'Eneide,ti potrebbero interessare altri approfondimenti dei poemi epici di Virgilio eOmero: Publio Virgilio Marone. Virgilio. Keywords: catabasi. Luigi Speranza,per il Play Group di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza. Virgilio.

Grice e Virno: la ragione conversazionale di una popolazione di due -- filosofiaed azione – filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli).Filosofo italiano. EssentialItalian philosopher. Grice: “Virno, like me, is a semiotician.” D’orientamento operaista, insegna filosofia a Roma. Tra i principaliesponenti dell'organizzazione della sinistra extra-parlamentare, Potere Operaio,il suo nome ricorse nelle cronache dei cosiddetti anni di piombo in Italia. Arrestatoe detenuto in prigione. Nel corso della detenzione elabora la sua filosofia chetrova espressione in Luogo comune. Democrazia è il fucile in spalla agl’operai --slogan attribuito a Potere Operaio. “Mi sono formato politicamente a Genova,dove la mia famiglia vive e io faccio liceo. Genova e esposta all’influenza diTorino, dove vi sono le prime occupazioni. Quindi, si mobilitarono gli studentidel liceo – molto vivaci e in contatto con le organizzazioni tradizionai deipartiti, UGI e via dicendo. Come studente del liceo fondo dunque il sindacatodegli studenti, che fa i primi scioperi sulla lotta all’autoritarismo,solidarietà con Grecia dopo il golpe dei colonnelli e quant’altro. Per untrasferimento di famiglia, vengo ad abitare a Roma, e di lì a non molto prendocontatti e rapporti con il gruppo che divenne Potere Operaio, che allorasostanzialmente a Roma e il gruppo delle facoltà. Entra in Potere operaio dopogl’episodi cruciali della primavera a Torino. Lavora a Milano come insegnanteall'Alfa Romeo di Arese e all'Innocenti, organizzando anche azioni collettivenelle fabbriche sino alla dissoluzione di Potere operaio. Si laurea con la tesi,Lavoro e coscienza –su Adorno, non Francesco. Partecipa attivamente allemanifestazioni ad opera dei lavoratori precari e di altri emarginati. Fonda Metropoli,organo ideologico del movimento politico.Nell'ambito dell'inchiestagiudiziaria nota come 7 aprile, la redazione di Metropoli viene accusata diappartenere in blocco all'organizzazione eversiva costituita in più bandearmate variamente denominate. “Siamo arrestati io, CASTELLANO, MAESANO, ePACE -- che però sfugge all’arresto, di nuovo, giuro, non per sagacia. Noi siamoarrestati, poi ci fanno confluire, ritroviamogl’altri nel cortile di Rebibbia, nel braccio speciale, stiamo un po’di mesilì, poi c’è la diaspora, cioè il ministero ordina di mandare ognuno di questidetenuti in un carcere speciale diverso, perché ovviamente, tramite avvocati,visite, benché ci fosse il regime di braccio speciale, quello e diventato unaspecie di luogo in cui si elaborano documenti, lettere a giornali, si facampagna politica, c’e state delle lotte interne.Quindi, c’è la diaspora,io vado a Novara. Oreste va a Cuneo; quell’altro va a Favignana. Quell’altroancora da un’altra parte. Comincia questo giro negli speciali, e ci ritroviamonon tutti ma in parte nel carcere di Palmi, carcere per soli politici o perdetenuti comuni completamente politicizzati, una specie di “Kesh”. Là dentro c’euna situazione curiosa, anche molto spettacolare, perché si incontranoassolutamente tutti. Infatti, per un primo periodo con i compagni delle BR ocon Alunni o quelli dei NAP, si pensa anche di approfittare di questasituazione per avviare una discussione larga, di carattere costituente. Però,il problema è che anche lì c’è il fatto che i più spregiudicati di loro, come CURCIO,sono d’accordo, hanno capito di aver perso l’essenziale, cioè il cambio diparadigma, cioè il fatto che gl’operai sono non più riconducibili, altri inveceno. Riassumendo in breve, la mia detenzione e un anno, poi due anni liberi incui curai la serie continua di Metropoli, due anni ancora di carcere, condannaa 12 anni in primo grado, un anno di arresti domiciliario e l’assoluzione, insiemea tanti altri imputati, du la conferma. La travagliata esperienza politica eesistenziale di questi anni e trasfusa nella pubblicazione di “Luogo Comune,”una rivista dedicata all'analisi della vita nella situazione sociale del"postfordismo". Lascia il lavoro di editore della rivista perinsegnare filosofia a Urbino e filosofia del linguaggio, semiotica ed eticadella comunicazione a Calabria da dove si trasferisce a Roma. Convinto dellanecessità di un nuovo linguaggio della politica che chiarisca le trasformazionieconomiche, sociali e culturali che caratterizzano le società occidentali,introduce nella “Grammatica della moltitudine” una riflessione sul contrastotra i termini di “popolo” – il “popolo” di Cicerone, S. P. Q. R -- emoltitudine che generano una accesa polemica filosofica. Quando avvenne laformazione dello stato nazionale e l’espressione “popolo” a prevalere. V. sidomanda se non sia venuto il tempo di restaurare l'altro concetto della “moltitudine”.La multitude è quell'insieme di persone che nell'azione politica e in quellaeconomica, pur agendo collettivamente, non perdono il senso della propriaindividualità, resistendo sempre alla riduzione a unica massa informe com'è neltermine di "popolo". La “moltitudine” è dunque la base della libertàcivile – l’uno e i molti dei veliani. Una “moltitudine” e una dualita ouna pluralità che non si sintetizza nell'uno, il più grave pericolo perl'autorità di uno stato che esercita il supremo imperio. Dopo i secolidel “popolo” e quindi dello stato -- stato-nazione, stato centralizzato, ecc. -torna infine a manifestarsi la polarità contrapposta. . La moltitudine comeultimo grido della teoria sociale, politica e filosofica? Grice: “Peaco*cke popularized ‘population’ inthe Oxford seminar organized by Evans and McDowell. Thus, I cannot claim to havemeant that p, unless ‘p’ means that p for a population – of say, me andmyself!” Forse.” Saggi: “L'idea di mondo: intellettopubblico e uso della vita” (Quodlibet); “Saggio sulla negazione: per una antropologialinguistica” (Bollati); “E così via, all'infinito: Logica e antropologia”(Boringhieri), “Motto di spirito e azione innovative: per una logica delcambiamento” (Boringhieri); “Quando il verbo si fa carne: linguaggio e naturaumana” (Boringhieri); “Scienze sociali e natura umana -- facoltà di linguaggio,invariante biologico, rapporti di produzione” (Rubbettino); “Grammatica dellamoltitudine: per una analisi delle forme di vita contemporanee” (Derive Approdi);“Esercizi di esodo: linguaggio e azione politica” (Ombre Corte); “Il ricordodel presente: saggio sul tempo storico” (Bollati); “Parole con parole: poteri elimiti del linguaggio” (Donzelli); “Mondanità: l'idea di “mondo” tra esperienzasensibile e sfera pubblica” (Manifesto libri); “Convenzione e materialismo” (Theoria).Roma Tre Intervista, Hecceitas. Questotermine è entrato nel linguaggio corrente per indicare un insieme dicaratteristiche economiche, sociali e istituzionali del nostro presente,avvertite pessimisticamente come profondamente diverse rispetto al nostrorecentepassato e in genere come molto negativamente mutate. Fordismo epostfordismo. Qualche dubbio su alcune certezze della sinistra italiana. Protagonisti;“Anni di piombo: potere operaio"; Lessico postfordista: dizionario di ideedella mutazione. Feltinelli, sito "Filosofico net". Virno. Keywords: populus, res publica respopuli, Cicerone, multus, unus e multi, due e moltitudine, linguaggio e azione,linguaggio, base biologica, invariante biologica, rappori di produzioni, naturaumana, el verbo fatto carne. Refs.: H. P. Grice Papers, Bancroft MS. LuigiSperanza, “Grice e Virno”; “Grice e Virno: la conversazione: una popolazione didue!” The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Viroli: la ragione conversazionale della res publica – CICERONE-- filosofia italiana – Luigi Speranza (Forlì). Filosofo italiano. Essential Italianphilosopher. Actually “Viroli-Cavalieri”? Grice, “I shall be fighting soon.”“The loyalty for one’s country is not based on evidence.” Duranteil settennato di Ciampi serve la presidenza della repubblica italiana. Insegna aLugano. I suoi campi di ricerca sono la filosofia politica e la storia dellafilosofia politica. I suoi autori di riferimento sono MACHIAVELLI, Rousseau, MAZZINI,CROCE, ROSSELLI, e ROSSELLI. La sua ricerca si basa sul metodo contestualistadi Skinner, a cui apporta alcune innovazioni. Il suoi riferimentipolitico-ideali sono il repubblicanesimo e l'azionismo del partito dell’azione.Collabora ad alcune testate giornalistiche, tra cui La stampa, il Sole 24 ORE eIl fatto quotidiano. Si laurea dal liceo Calbol di Forlì. Come egli stessoracconta in L'autunno della Repubblic”, per mantenersi agli studi, lavora come garzone di bottega, cameriered'albergo e operaio presso lo zuccherificio. Abitavo a Forlì con i mieigenitori, in via Mellini, in un appartamento angusto e freddissimo, riscaldatosoltanto da una stufa a gas tenuta, per la nostra povertà, sempre con lafiammella azzurrognola al minimo. Al termine degli studi liceali si iscribe a Bologna.Si laurea con la tesi su Engels. Svolge il servizio di leva a Casarsa in VeneziaGiulia. Il ritorno alla vita civile è stato all'insegna del precariato.Perceve un piccolo salario organizzando convegni e lavorando come redattorealla rivista Problemi della transizione all’istituto Gramsci di Bologna. StudiaFirenze. Di fronte alla commissione composta dai Maihofer, Skinner, BOBBIO,Cranston, e Moulakisha, discute la tesi sulla società bene ordinata, Mulino. Perfezionala sua formazione svolgendo attività di ricerca. Insegna comunicazione politicaalla Svizzera. Dirige il Laboratorio di Studi civili, Svizzera italiana. Finanzatodal Fondo Svizzero per la Ricerca Scientifica con un progetto di ricerca cheprevede l'impegno di un folto gruppo di ricercatori. I suoi interessi distudio ruotano intorno alla filosofia politica e alla sua storia. Studia il repubblicanesimonella sua accezione classica da MACHIAVELLI a Rousseau e in quellacontemporanea. Si occupa di culto uffiziale e politica, di retorica classica,libertà e tirannide, di patriottismo e nazionalismo, di etica civile, didiritti e doveri. Pone particolare attenzione ai fondamenti della convivenzacivile. I suoi periodi storici di riferimento sono il rinascimento con MACHIAVELLI,il risorgimento con MAZZINI e il FASCISMO – con sui opponenti: CROCE, ROSSELLI,e ROSSELLI. I suoi filosofi di riferimento sono Machiavelli, Rousseau, Mazzini,Croce, Rosselli e Rosselli.Come impegno civile si occupa d'educazionecivica e della difesa e dell'attuazione della costituzione della repubblica italiana.Collabora colla direzione generale dell'Ufficio Scolastico Regionale per leMarche a progetti di educazione alla cittadinanza. Fonda il Master in CivicEducation presso l'associazione Ethica di Asti. Coordina e diregge progetti diEducazione civica per la Fondazione per la scuola della Compagnia di San Paolo.Dirige un progetto a San Marino. Dirige il progetto Lezioni di Casa Cervi-Scuoladi Etica civile presso Casa Cervi. Prende parte attivamente alle campagnereferendarie svoltesi in occasione del referendum costituzionale, contro lariforma proposta dal centro-destra, e del referendum costituzionale contro la riformacostituzionale Renzi-Boschi.Colleziona inviti e incarichi di insegnamentopresso prestigiose istituzioni culturali. Insegna a Pisa, Trento, Molise,Ferrara, Catania ed Urbino. Collabora con Milano e la Scuola Superiore della pubblicaamministrazione, Scuola superiore di polizia, Fondazione per la Scuola dellaCompagnia di San Paolo, il Collegio Carlo Alberto e l'Associazione NazionaleComuni Italiani, la Fondazione Alcide Cervi presso Casa Cervi. Spiega la lesua posizione politica. Non sono soltanto uno studioso del repubblicanesimo, misento repubblicano. Amo il princìpio della reppublica e cerco di applicarlinella vita e nell’analisi dei fatti politici e sociali. Più oltre, inriferimento a Ciampi racconta. La prima volta che incontro CIAMPI provo lasensazione di trovarmi di fronte ad un uomo di straordinaria energia morale,l’esempio vero della migliore cultura del risorgimento e dell’azionismo.Rammento ancora le parole che mi dice dopo aver ascoltato con attenzione la miaconsiderazione sul significato del concetto di amor di patria. Quello che Ciampidice l’ho sempre sentito e vissuto nella mia coscienza. E allora che realizzaiche io sono prima uno studioso di repubblicanesimo e poi un repubblicano. Ciampiè repubblicano nell’intimo della coscienza: repubblicano e azionista. Anzi,credo, repubblicano perché azionista. Anche la lotta contro il fascismo érilevante nel patrimonio ideale. Trovo in Croce, Rosselli, Parri, Rossi, Calamandrei-- per citare soltanto i nomi più noti -- non solo idee e argomenti in perfettasintonia con il mio anti-fascismo assoluto e intransigente, ma anche esoprattutto le più convincenti riflessioni sulle ragioni della fragilità dellalibertà. Il patriottismo si oppone al nazionalismo, anzi, ne è l'antidoto.Ancora ne L'Autunno della Repubblica si legge a proposito del Per amore dellapatria. In Italia abbiamo una tradizione di patriottismo di straordinariovalore morale e politico, la migliore che io conosca. Mi riferisco in primo luogoal patriottismo di MAZZINI, fondato sul principio che la patria non è ilterritorio -- bensì un principio di libertà, e al patriottismo degl’anti-fascistidi Giustizia e Libertà, concordi nell’affermare che la nostra patria coincidecon il mondo morale delle persone libere non e poi idea tanto peregrinasostenere che il patriottismo repubblicano e il mezzo più efficace percombattere la marea del nazionalismo che comincia a montare. Credo sia troppotardi. Infine, ci spiega il suo relativismo. Sulle questioni etiche sono statosempre un convinto relativista, con comprensibile scandalo di molti. Se ildovere esiste soltanto là dove la coscienza morale personale lo riconosce cometale, segue necessariamente che ci sono persone che riconoscono quali lorodoveri determinati princìpi, altre che riconoscono quali loro doveri princìpidiversi, se non del tutto opposti. Il pluralismo e il contrasto dei doveri sonosotto gl’occhi di tutti. Ad alcuni il dovere indica il servizio e la praticadella carità, ad altri la pura e semplice affermazione di sé stessi, anche acosto di usare altri esseri umani come mezzi. La ragione, tante volte invocataquale guida sicura all’agire umano, non detta i fini ma solo i mezzi. Lo spiegain modo esemplare JUVALTA (si veda). La ragione per sé non comanda nulla. Nél’egoismo né l’altruismo -- né la giustizia. La ragione cerca, e mostra, se leriesce, i mezzi che servono a conservar la vita a chi la vuol conservare, adistruggerla a chi la vuol distruggere. La ragione addita ai pietosi le viedella pietà, ai giusti le vie della giustizia, e le vie del proprio tornacontoagl’uomini senza scrupoli. Ma l’egoismo non è per sé più razionale dell’altruismo,né il regresso più razionale del progresso. Né la conservazione dell’individuopiù razionale di quella della specie. Né l’utile proprio più razionale chel’utile della collettività. Razionale non e il fine, ma la relazione del mezzoal fine. Ed è così ragionevole che dia la vita per un’idea chi pregia piùl’idea che la vita, come che taccia la verità per un ciondolo chi ama più iciondoli che la verità. Consulente della Presidenza della Repubblica Italianaper le attività culturali durante il settennato di Ciampi. Collabora con laPresidenza della Camera dei Deputati durante la presidenza di Violante. Coordinatoredel Comitato Nazionale per la valorizzazione della Cultura della Repubblicapresso il Ministero dell'Interno. Presidente dell'ASSOCIAZIONE MAZZINIANA.Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italianana strino per uniformeordinaria; Ufficiale dell'ordine al merito della repubblica italiana diiniziativa del presidente della repubblica. Saggi: “Nazionalisti e patrioti” (Roma,Laterza); “Etica del servizio e etica del commando” (Napoli, Scientifica); “L’autunnodella repubblica” (Roma, Laterza); “La redenzione dell’Italia: sul principe” (Roma,Laterza); “Il sorriso di Machiavelli” (Roma, Laterza); “Scegliere il principe:i consigli di MACHIAVELLI al cittadino elettore” (Roma, Laterza); “L’Intransigente”(Roma, Laterza); “Le parole del cittadino” (Roma, Laterza); “La libertà deiservi” (Roma, Laterza); “Lo scrittore di ricami” (Reggio Emilia, Diabasis); “Comese Dio ci fosse: religione e libertà nella storia d’Italia” (Torino, Einaudi);“MACHIAVELLI, filosofo della libertà” (Roma, Castelvecchi); “L’Italia dei doveri”(Milano, Rizzoli); “Il dio di Machiavelli e il problema morale dell’Italia” (Roma,Laterza); “Dialogo intorno alla repubblica” (Roma, Laterza); “Per amor alla patria:patriottismo e nazionalismo nella storia” (Roma, Laterza); “Dalla politica allaRAGION DI STATO” (Roma, Donzelli); “L’etica laica di JUVALTA” (Milano, Angeli);“La civiltà statuale’, in “Cultura civica e civiltà statuale” (Bologna, Mulino);“Libertà e profezia in MACHIAVELLI’, MACHIAVELLI e i confini del potere” (Milano,Mimesis); “La passione civile e la scienza politica di Sartori’, Protagonistisempre. Un secolo di storia visto con gl’occhi dei ragazzi, Reggio Emilia,Imprimatur ‘Prefazione’, in Mosca, Il prefetto e l’unità nazionale, Napoli,Editoriale Scientifica. ‘Skinner’, ‘God’ and ‘Macaulay’, Enciclopediamachiavelliana” Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Vita di MACHIAVELLI”(Roma, Castelvecchi); “La tradizione del Risorgimento” (Roma, Castelvecchi); “Seè libero bisogna che creda”; “Cinque variazioni sul credere” (Torino, Abele); “L’attualitàdel principe”; “Il principe e il suo tempo” (Roma, Complesso del Vittoriano,Salone centrale, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana); “La moralitàdella resistenza: l’esperienza del partigiano Bosco” (Benevento, Terre deiGambacorta); “Dalla patria allo stato: una biografia intellettuale di SPAVENTA”(Roma, Laterza); “‘La costituzione repubblicana: un manuale di educazionecivica’, in Lessico civico: teorie e pratiche della cittadinanza (ReggioEmilia, Diabasis); “Le origini meridiane del repubblicanesimo, Ethosrepubblicano e pensiero meridiano” (Reggio Emilia, Diabasis); “La dimensionereligiosa del risorgimento -- Cristiani d’Italia. chiese, società, stato” (Roma,Istituto dell'Enciclopedia Italiana); “La libertà politica è un bene fragile’,Lettera internazionale. Rivista europea;“Ragione e passioni nell’educazione civica -- Questioni civiche. Forme, simbolie confini della cittadinanza” (Reggio Emilia, Diabasis); “La costituzione: ilpilastro di cristallo” (Napoli, Pitagora); “MACHIAVELLI, il carcere, IlPrincipe”, in Gl’anni di Firenze, Roma-Bari, in La Costituzione ieri e oggi.Roma, Atti dei Convegni Lincei (Roma, Bardi); “Etica e diritto: la forzaintelligente per sconfiggere la violenza’ in Regione Piemonte, Piano regionaleper la prevenzione della violenza contro le donne e per il sostegno allevittime; “Religione e libertà nella Democratie en Amérique’, Fra libertà edemocrazia: l’eredità di Tocqueville e Mill” (Milano, Angeli); “Una nuovautopia della libertà’, Quaderni del Circolo Rosselli, ‘Machiavelli’s Realism’,Constellations, ‘Religione”; “Tutte le ragioni del liberalismo’, Dove Ratzingersbaglia”; “MACHIAVELLI oratore”; “Machiavelli senza i Medici, scrittura delpotere, potere della scrittura,” Atti del convegno di Losanna (Roma, Salerno); ‘Dueconcetti di religione civile’, in “Rituali civili: storie nazionali e memoriepubbliche in Europa” (Roma, Gangemi); “Patriottismo e rinascita civile’,Aspenia, in MAZZINI, Scritti politici” (Torino,POMBA); “Che cos’è l’uomo? Raccolta di pensieri” (Senigallia, MIUR, Le Marche);“Repubblicanesimo”; “Dizionario di Politica” (Torino, POMBA); “Libertàdemocratica, libertà repubblicana e libertà socialista”; “Repubblicanesimo, democrazia,socialismo delle libertà”; “Incroci” per una rinnovata cultura politica” (Milano,Angeli); “Il lavoro nobilita l’uomo e l’impresa’, Impegno. Mensile di culturasociale”; “Della lontananza’, La saggezza del vivere. Tracce di etica” (ReggioEmilia, Diabasis); “Repubblicanesimo e costituzione della repubblica’ Almanaccodella Repubblica: storia d’Italia attraverso le tradizioni, le istituzioni e lesimbologie repubblicane (Milano, Mondadori); ‘Europa contro America?’, Ilpensiero mazziniano, ‘Dio nella costituzione’, Il pensiero mazziniano, con BOBBIO,‘Sul rientro dei Savoia’, Il pensiero mazziniano, ‘Scrivere la costituziuone.L’esempio della storia americana’, Il pensiero mazziniano”; “Il despota e iltiranno si sono fatti furbi’, Il pensiero mazziniano, ‘Il repubblicanesimo diMachiavelli”; ‘Le ragioni di un dibattito’, Politica e cultura nellerepubbliche italiane dal medioevo all’età moderna: Firenze, Genova, Lucca,Siena, Venezia. Atti del convegno (Siena), Roma, Istituto Storico Italiano perl’età moderna e contemporanea. ‘Giù le mani da CATTANEO’, Il pensieromazziniano, ‘Questioni attorno al repubblicanesimo”; “Il pensiero mazziniano”; “Repubblicanesimo, liberalism.e comunitarismo”; Filosofia e questioni pubbliche; “Machiavelli’, Il pensieropolitico. Idee, teorie, dottrine. Età moderna” (Torino, POMBA); “La repubblicaromana’, Il pensiero mazziniano, ‘Repubblicanesimo’, ‘La sinistra non scordi la Patria’, Ilpensiero mazziniano, ‘I guerrieri diDio: chi sono i theo-conservatori che scendono in lotta contro aborto, eutanasiae gay’, “La Stampa”, ‘L’arcipelagoprogressista: l’orgogliosa cultura liberal, fra battaglie per le minoranze,ambientalismo e progetti per riprendere il New Deal’, La Stampa, “Discussioneamericana e caso italiano”; “Piccole patrie, grande mondo” (Roma, Donzelli); “Ilsignificato storico della nascita del concetto di RAGION DI STATO’, Aristotelismopolitico e RAGION DI STATOr. Atti del Convegno a Torino” (Firenze, Olschki); “Patriotio traditori?”; “L’Indice”; “Il ritorno della nazione’, I democratici, ‘L’etica politica di CICERONE e il suo significato moderno’, Nuova Civiltàdelle Macchine, ‘La cattiva retorica dell’autonomia della politica’, (Mulino); ‘Nazionalismoe patriottismo’ (Mulino); “Una filosofia civile tra comunitari e liberali’, RagioniCritiche, ‘Introduction’, in Skinner, “Le origini del pensiero politico moderno” (Bologna,Mulino); “L’Indice”; “Machiavelli e Rousseau: i dilemmi della politicarepublicana”; “Teoria Politica, ‘“Revisionisti” e “ortodossi” nella storiadelle idee politiche”, Rivista di filosofia; “Dovere morale e pluralismo eticoin JUVALTA’, Rivista di Storia della Filosofia; “La “Morale dei Positivisti” el’etica del socialismo’, L’età del positivismo” (Bologna, Mulino); “Il Marxismoe l’ideologia del socialismo italiano’, Despotismo e cittadini’, Transizione, JUVALTAe la teoria della giustizia, Rivista di filosofia, ‘LABRIOLA, filosofo del socialismo”, Giornalecritico della filosofia italiana, ‘Aspetti della recezione di Engels in Italia:tra socialismo scientifico e crisi del marxismo”; “L’Antidühring: affermazionee deformazione del marxismo? Annale della Fondazione Issoco” (Milano, Angeli);“Il problema dell’etica razionale in JUVALTA’, “Studi sulla cultura filosoficaitaliana” (Bologna, CLUEB); Etica e marxismo: a proposito di una recentediscussione’, Problemi della Transizione”; “Socialismo e cultura, 'Studi Storici”;“Il dialogo fra Engels e LABRIOLA”; “Critica marxista”; “Nella crisi delpositivismo: la ricerca teorica del divenire sociale,” “Giornale critico dellafilosofia italiana”; “Filosofia e politica nell’Engels di Mondolfo’, Pensieroantico e pensiero moderno” (Bologna,Cappelli); “Wellness. Storia ecultura del vivere bene” (Milano, Sperling & Kupfer); “Libertà politica evirtù [andreia] civile”; “Significati e percorsi del repubblicanesimo classico”(Torino, Agnelli); “Lezioni per la repubblica: la festa è tornata in città” (ReggioEmilia, Diabasis); “Ascesa e declino delle repubbliche” (Urbino, Quattro Venti);“L'Autunno della Repubblica” (Laterza); “Per amore della patria. Patriottismo enazionalismo nella storia” (Laterza); Quirinale. blogspotissuu.com/edizioni-in-magazine/docs/forli Enciclopedia multimediale dellescienze filosofiche della RAI profilobiografico da Ethica Forum profilo dall'Università della Svizzera italianaNello Ajello, Quanti servi in giro per l'Italia, recensione a La libertà deiservi, la Repubblica, La libertà dei servi, Associazione Labini; “La libertàdei servi; L'intransigente, da Fahrenheit del Radio Tre. Grice: “At Oxford, wedon’t have a republic!” -- Il repubblicanesimo è una lunga e variegatatradizione del pensiero politico che si ispira all'ideale della repubblicaintesa quale comunità di cittadini sovrani fondata sul diritto e sul benecomune. Il punto di riferimento ideale più rilevante del repubblicanesimo è ilconcetto ciceroniano di res publica. Repubblica per CICERONE vuol dite «ciò cheappartiene al popolo» (respublica respopuli), e aggiunge che non è popolo ognimoltitudine di uomini riunitasi in modo qualsiasi, bensì una societàorganizzata che ha per fondamento l'osservanza della giustizia e la comunanzadi interessi (De re publica, 1. 25). Agli albori dell'età contemporanea unaltro esponente del repubblicanesimo, Rousseau, ribadisce la medesimainterpretazione del concetto di repubblica. Chiamo repubblica, scrive, «ogniStato retto dalle leggi, qualunque sia la sua forma di amministrazione, poichésolo allora l'interesse pubblico governa e la cosa pubblica è qualcosa »(Contrat Social. Per i teorici repubblicani la repubblica è l'opposto delpotere senza freno e senza regola, chiunque lo eserciti, e della tirannide,ovvero il dominio di un uomo (o di una fazione o di molti) contro l'interessecomune. La repubblica si contrappone anche alla monarchia perché la libertàsotto il re è sempre dipendente dalla volontà arbitraria di un uomo. Il re,anche nelle monarchie costituzionali, assume in virtù della nascita prerogativee poteri che sono negati agli altri cittadini e dunque viola il principiodell'uguaglianza repubblicana. Il concetto di repubblica è connesso alprincipio che la vera libertà politica consiste nel non essere dipendenti dallavolontà arbitraria di un uomo o di alcuni uomini ed esige l'uguaglianza deidiritti civili e politici. La vera libertà, spiega Cicerone, esiste «solo inquella repubblica in cui il popolo ha il sommo potere» e comporta «una assolutauguaglianza di diritti», in quanto «la libertà [...] non consiste nell'avere unbuon padrone, ma nel non averne affatto» (De re publica, II. 23). Questo concettodi libertà vale sia per l'individuo sia per lo stato. Uno stato può dirsilibero se non dipende dalla volontà di un altro stato e non deve ricevere daaltri gli statuti e leggi o richiedere approvazione per i suoi atti.Comerecitano le formule di Bartolo da Sassoferrato, le città che vivono in libertàsi governano da sole («proprio regimine»). Esse non riconoscono alcun poteresuperiore («civitas quem superiorem non recognoscit»), e per questo il loropopolo è un popolo libero. Rousseau, ma altri esempi si potrebbero citare,racchiude in una formula precisa il concetto di libertà repubblicana: «unpopolo libero obbedisce ma non serve; ha dei capi, ma non dei padroni;obbedisce alle leggi, ma solo alle leggi; ed è in virtù delle leggi che nondiventa servo degli uomini» (Jean-Jacques Rousseau, Lettres écrites de lamontagne, VIII). Per i filosofi politici repubblicani la libertà politica haquale condizione necessaria il governo della legge. Essi hanno sempresottolineato che la vera legge è un comando pubblico e universale che valeugualmente per tutti i cittadini, o per tutti i membri del gruppo rilevante. Lalimitazione o l'interferenza che la legge impone sulle scelte degli individuinon è dunque una restrizione della libertà ma come un freno essenziale ebenefico. Se il governo della legge è scrupolosamente rispettato, nessunindividuo può impone la sua volontà arbitraria ad altri individui in virtù delfatto che egli può compiere con impunità azioni che ad altri sono proibitesotto pena di sanzione. Se invece sono gli uomini e non la legge a governare,alcuni individui possono imporre la loro volontà arbitraria ad altri edimpedire ad essi di perseguire i fini che essi vorrebbero perseguire, e quindiprivarli della libertà (questo vale anche nel caso in cui è la maggioranzadegli uomini a governare, ovvero una democrazia). Questa interpretazione dellalibertà politica è descritta in modo eloquente in testi classici chediventarono il nucleo centrale del repubblicanesimo moderno, in particolare unpasso in cui Livio afferma che la libertà dei romani consiste in primo luogo nelfatto che le leggi sono più potenti degli uomini (Ab urbe condita, II.I.1) e unpasso di Cicerone, citato infinite volte dagli scrittori politici repubblicani:«Legum idcirco omnes servi sumus ut Liberi esse possimus» (Pro Cluentio, 146).Anche Machiavelli identifica la libertà politica con le restrizioni che ildiritto impone ugualmente a tutti i cit-tadini. Se in una città vi è uncittadino che i magistrati temono, e che può rompere i vincoli delle leggi,egli scrive, la città non è libera (Discorsi, I.29). Nelle Istorie fiorentine(IV, Proemio) osserva che «si può chiamar libera» solo quella città in cui leleggi e gli ordinamenti costituzionali restringono in modo efficacie i «cattiviumori » della nobiltà e del popolo. Per contro, tutti gli esempi di oppressioneche i repubblicani classici offrono nei loro scritti sono violazioni delprincipio del governo della legge: il tiranno che si pone al di sopra delleleggi civili e delle leggi costituzionali e quindi comanda ad arbitrio; ilcittadino potente che ha ottenuto per se un privilegio che è negato ad altricittadini; i governanti che hanno poteri discrezionali. Le restrizioni che lalegge impone sulle azioni dei governanti e dei cittadini sono dunque, per irepubblicani, l'unica valida difesa contro la coercizione imposta da individui:essere liberi vuol dire vivere sotto leggi eque. L'argomento repubblicano cheil governo della legge è la condizione necessaria affinché i cittadini nonsiano assoggettati alla volontà arbitraria di alcuni individui (o di un soloindividuo), e possano pertanto vivere liberi, è il tema di fondo di uno dei piùsignificativi dibattiti nella storia del repubblicanesimo, ovvero la rispostadi James Harrington a Hobbes, che nel Leviatano (Cap. XXI) aveva sostenuto chenon è affatto vero che i cittadini di una repubblica come Lucca sono più liberidei sudditi di un sovrano assoluto come il sultano di Constantinopoli perchétanto i primi quanto i secondi sono sottomessi alle leggi. Ciò che rende i cittadinidi Lucca più liberi dei sudditi di Costantinopoli, spiega Harrington, è ilfatto che a Lucca tanto i governanti quanto i cittadini sono sottoposti alleleggi civili e costituzionali, mentre a Constantinopoli il sultano è al disopra delle leggi e può disporre arbitrariamente delle proprietà e della vitadei sudditi, costringendoli in tal modo a vivere in una condizione di completadipendenza, e dunque di mancanza di libertà. I cittadini di Lucca sono liberi«per le leggi di Lucca» («by the laws of Lucca»), perché essi sono controllatisolo dalle leggi (James Harrington, The Commonwealth of Oceana and A System ofPolitics, a cura di J.G.A. Poco*ck, Cambridge, Cambridge University Press, 1992,Preliminaries). Nella sua lunga storia, il repubblicanesimo si è caratterizzatonon solo per gli ideali della repubblica e della libertà ma anche perl'insistenza sull'idea che l'una e l'altra hanno bisogno della virtù civile deicittadini. Per virtù essi intendono la saggezza che fa capire ai cittadini cheil loro interesse individuale è parte del bene comune, la generosità dell'animoche spinge a partecipare alla vita pubblica, la forza interiore che dà ladeterminazione di resistere contro i potenti e gli arroganti che voglionoopprimere. Nonostante l'autorevole opinione di Montesquieu che considerava lavirtù politica una forma di rinuncia e di sacrificio, gli scrittori politicirepubblicani dei secoli precedenti interpretavano la virtù come una passioneche non si contrapponeva né all'interesse né alla ricchezza, ma soloall'avarizia e all'ambizione sfrenata di dominio. Il repubblicanesimo è statoil linguaggio politico dominante delle élites politiche e sociali dellerepubbliche commerciali d'Europa. Anche se non mancarono, come nel caso diGirolamo Savonarola, pensatori repubblicani che teorizzarono la repubblica comeuna Nuova Gerusalemme abitata da uomini dediti alla virtù cristiana, ilpensiero politico repubblicano, con i suoi pensatori più influenti, ha teorizzatoun ideale mondano e realistico di virtù. Accanto all'ideale della virtù civile,un altro concetto fondamentale della tradizione repubblicana è il patriottismo.Per il repubblicanesimo classico l'amore della patria è una passione, e piùprecisamente un amore caritatevole per la repubblica (caritas reipublicae) eper i concittadini (caritas civium). Anche se rispetta i principi dellagiustizia e della ragione, e può quindi essere chiamato «amore razionale»,l'amore della patria è un affetto particolare per una particolare repubblica eper i suoi cittadini che nasce fra i cittadini delle libere repubbliche perchéessi condividono molti e importanti beni, quali le leggi, la libertà, iconsigli pubblici, le pubbliche piazze, gli amici e i nemici, le memorie dellevittorie e delle sconfitte, le speranze, le paure. Essa presupponel'eguaglianza civile e politica e si traduce in atti di servizio (officium) edi cura (cultus) per il bene comune. Infine, la caritas reipublicae è unapassione che irrobustisce l'animo, dà ai cittadini la forza per compiere i lorodoveri civici e ai governanti il coraggio di assolvere gli obblighi, spessoonerosi, che la difesa della libertà comune richiede. Il principio fondamentaledel patriottismo repubblicano è che vera patria è solo la libera 2 repubblicain cui vivono solo cittadini liberi ed eguali. La parola patria si legge ad es.nell'Encyclopédie, non significa il luogo in cui siamo nati, come vuole laconcezione volgare, bensí uno stato libero (état libre) di cui siamo membri ele cui leggi proteggono le nostre libertà e la nostra felicità (D'Alembert,Diderot, Encyclopédie, Neuchatel, Bouloiseau 1765, vol. XII, p. 178). Gliscrittori repubblicani dell'età dell'Illuminismo usavano la parola «patria»come sinonimo di «repubblica». Questa identificazione non era solo un motivopolemico; riassumeva la considerazione che sotto il giogo del despota icittadini sono senza protezione e non possono partecipare alla vita pubblica,come se fossero stranieri, e dunque non hanno patria. Il concetto di patria èdunque strettamente connesso alla libertà e alla virtù, come scrive JeanJacques Rousseau: «La patria non può sussistere senza la libertà, né la libertàsenza la virtù, ne la virtù senza i cittadini» (Economie politique, in OeuvresComplètes, III, p. 258). Anche MAZZINI sottolinea che la vera patria è quellache assicura a tutti i cittadini non solo i diritti civili e politici, ma ancheil diritto al lavoro e all'educazione. Per Mazzini e per i repubblicanidell'Ottocento la patria è la casa comune dove viviamo con persone che capiamoe che abbiamo care perché le sentiamo simili e vicine. Ma è anche una patriaaccanto ad altre patrie di ugual pregio.Quando siamo nella nostra casa dobbiamoassolvere i nostri obblighi in quanto cittadini; quando siamo in casa di altridobbiamo assolvere i doveri verso l'umanità. La difesa della libertà èl'obbligo supremo di ognuno, anche se viviamo in suolo straniero e anche se ilpopolo oppresso è un popolo straniero. Gli obblighi morali verso l'umanitàvengono prima degli obblighi verso la patria. Prima di essere cittadini di unapatria particolare, siamo esseri umani.Nonostante l'accordo sui principi dellarepubblica, della libertà, e del patriottismo, il repubblicanesimo non è maidiventato un corpo dottrinario sistematico e ha assunto moltepliciaccentuazioni legate ai diversi contesti storici e culturali nei quali si èsviluppato dall'antichità classica all'età contemporanea. Il repubblicanesimo èdunque una tradizione del pensiero politico solo nel senso che i teoricirepubblicani hanno spesso elaborato le proprie analisi riprendendo concetti discrittori politici di epoche precedenti. Ma è del pari vero che i teoricirepubblicani hanno spesso rielaborato in maniera anche radicale idee di altriscrittori politici appartenenti alla medesima tradizione.Le divergenze piùsignificative riguardano la forma di governo considerata più atta a realizzarel'ideale della repubblica. Quasi tutti i teorici repubblicani furonosostenitori del governo misto inteso quale forma di governo che contempera gliaspetti positivi delle tre forme rette: il governo di uno(monarchia), ilgovernodel pochi (aristocrazia) e il governo dei molti (governo popolare o democratico).Mentre alcuni ritenevano che nell'ambito del governo misto il popolo (ilconsiglio grande) dovesse avere un ruolo preponderante, altri erano favorevoliad assegnare tale ruolo all'elemento aristocratico rappresentato da un senato,o da un consiglio ristretto. Un'altra differenza è quella fra i sostenitoridella repubblica che garantisce i diritti politici alla maggioranza degliabitanti (repubblica democratica) e i sostenitori di una repubblica chegarantisce i diritti politici solo ad una minoranza degli abitanti (repubblicaaristocratica). Inoltre, alcuni teorici repubblicani, come Machiavelli,sostenevano la necessità dell'espansione territoriale sulla base del modellodella repubblica romana (o del modello federativo etrusco); altri, ad es.Rousseau, erano convinti che la repubblica, per conservarsi incorrotta, dovevarimanere confinata entro un piccolo territorio. Vi furono pensatorirepubblicani che propugnarono l'ideale di una repubblica unitaria, e pensatoriche propugnarono l'ideale di una repubblica fondata sul decentramentoamministrativo e sull'autogoverno, come Carlo Cattaneo. Infine, la storia delpensiero politico repubblicano presenta pensatori favorevoli ad usare lareligione per rafforzare la lealtà dei cittadini verso la repubblica (Machiavelli)accanto ad altri che raccomandarono la creazione di una vera e propriareligione civile (Rousseau) e altri ancora che si fecero banditori dell'ideareligiosa come principio morale interiore (Mazzini). Anche a causa dellamolteplicità di concezioni politiche che si raccolgono all'interno del pensierorepubblicano, gli studiosi contemporanei hanno opinioni diverse su importantiproblemi storici e teorici. Mentre John Poco*ck sostiene che il repubblicanesimoè una forma di aristotelismo politico 3 fondato sull'idea che la vita politicaè la massima realizzazione dell'individuo, altri studiosi, in particolareQuentin Skinner, sottolineano il ruolo prevalente del pensiero politico egiuridico ROMANO. Anche l'interpretazione del concetto di libertà è materia didivergenze interpretative. Philip Pettit sostiene che la mancanza di libertàconsiste solo nella dipendenza dalla volontà arbitraria di altri uomini; perQuentin Skinner la mancanza di libertà può essere causata sia dalla dipendenzache dall'interferenza. Vi sono inoltre autori che interpretano ilrepubblicanesimo come una dottrina democratica, lontana dal liberalismo, cheinsiste sulla partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche; altri avvicinanoil repubblicanesimo al comunitarismo, altri ancora sottolineano piuttostol'affinità fra repubblicanesimo e liberalismo radicale; altri infine ritengonoche tanto il liberalismo quanto la democrazia siano derivazioni delrepubblicanesimo. Nonostante le divergenze interpretative gli studiosi distoria del pensiero politico e di filosofia politica sono in larga maggioranzaconcordi nel riconoscere che il repubblicanesimo rappresenta un'autonoma edistinta tradizione di pensiero politico che ha svolto un ruolo di primo pianonella nascita e nella formazione delle moderne democrazie. BIBLIOGRAFIA. - H. BARON, In Search ofFiorentine Civic Humanism: Essays on the Transition from Medieval io ModernThought, 2 voll., Princeton, Princeton University Press, 1988; G. BOCK, Q. SKINNER,M. VIROLI, Machiavelli and Republicanism, Cambridge University Press, Cambridge1990; J. G. A. POco*ck, Il momento machiavelliano. Ilpensiero politico fiorentino e la tradizione repubblicana anglosassone (1957),Il Mulino, Bologna 1980; M. SANDEL, Democracy's Discontent: America in Searchof a Public Philosophy, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1996; PH.PETTIT, Repubblicanesimo (1997), a cura di M. GEUNA, Feltrinelli, Milano 2000;Q. SKINNER, The Foundations of Modem Political Thought, 2 voll. CambridgeUniversity Press, Cambridge 1979; Le origini del pensiero politico moderno, acura di M. VIROLI, Il Mulino, Bologna 1989; ID., Libertà prima del liberalismo(1998), a cura di M. GEUNA, Einaudi, Torino 2001; R. SMITH, Civic Ideals:Conflicting Visions of Citizenship in U.S. History, Yale University Press, NewHaven, Conn. 1997; M. VIROLI, Repubblicanesimo, Laterza, Roma

Bari 1999. [MAURIZIO VIROLI] DaN.Bobbio, N. Matteucci, G. Pasquino, Il dizionario di Politica, UTET, Torino,2004.Maurizio Viroli. Viroli. Keywords: Cicerone, ragion di stato, repubblica,repubblicanismo, la repubblica romana, la morte, il crollo, il fine, la cadutadella repubblica romana, l’assassinio di Giulio Cesare, Catone Uticense, larepubblica romana, del re Romo alla repubblica romana, il ratto di Lucrezia –republicanism e principato, storia della repubblica di Genova, la repubblicaromana, il gusto per l’antico; quasi-contratto, il sorriso di Macchiavelli. Refs.:H. P. Grice Papers, Bancroft MS, Luigi Speranza, “Grice e Viroli:Contrattualismo e quasi-contrattualismo” – Luigi Speranza: “Il sorriso diViroli: Grice e Machiavelli ironista” -- The Swimming-Pool Library, VillaSperanza, Liguria.

Grice e Vitielo: la ragione conversazionale e il segno infranto nelVico topologico – filosofia italiana -- Luigi Speranza (Napoli).Filosofo italiano. “Come la lingua dell’eroe separa l’eroe dall’uomo, così lalingua volgare separa il filologo dal filosofo. La lingua italiana volgare,comune a ogni uomo, non riusce a descrivere la natura e le proprietà delle cose.Sorge la scissione tra un filosofo – come Paul Grice -- che si dettero adinvestigare sulla natura delle cose, e un filologo – come H. P. Grice -- che, inveceinvestiga sulle origini delle parole. Così la filosofia e la filologia che sononate tutte e due dalla lingua dell’eroe, vennero ad essere divise dalla linguavolgare o commone. Essential Italian philosopher. Insegna aSalerno. Studia VICO, l'idealismo, Nietzsche e Heidegger in rapporto con lafilosofia romana, elabora una teoria ermeneutica. La sua topo-logia si fonda suuna re-interpretazione del concetto di spazio come orizzonte trascendentaledell'operare umano. Gli sviluppi della sua topologia riguardano in particolarela genealogia della communicazione. Affronta più volte la fede da un punto divista laico. Fonda Paradosso. Collabora a Filosofia di Laterza e a numerosealtre riviste filosofiche, tra cui “aut aut.” Dirige Il pensiero. Collaboraall'annuario Filosofia e all'annuario sulla Religione. Pubblica in Teoria edaltre ancora. Svolge un’intensa attività pubblicistica su quotidiani eperiodici. Tenne cicli di conferenze e seminari. Saggi: Filosofia della praticae dottrina politica liberale in CROCE, Napoli; Etica e liberalismo in CROCE, Napoli;Il carattere DISCORSIVO del conoscere, Napoli; ANTONI, interprete di CROCE, Napoli;Storia e storiografia nella filosofia di CROCE, Scientifica, Napoli; Sentimentoe relazione nell’ESPERIENZA, Napoli; Il nulla e la fondazione dello storico, Argalia,Urbino; Dialettica ed ermeneutica, Guida, Napoli; Utopia del nichilismo, Guida,Napoli; Studi heideggeriani, Roma; Ethos ed eros, ESI, Napoli; Logica e storiain Hegel, Napoli; Il problema del cominciamento, Guida, Napoli; Hegel e la comprensione;Topologia,Marietti, Genova; La voce riflessa, Logica ed etica della contraddizione, Lanfranchi,Milano; Elogio dello spazio: ermeneutica e topologia, Bompiani, Milano; Cristianesimosenza redenzione, Laterza, Roma; Non dividere il sì dal no: tra filosofia eletteratura (Laterza, Roma); Filosofia teoretica: le domande fondamentali:percorsi e interpretazioni (Milano); La favola di Cadmo (Laterza, Roma); “VICO (siveda) e la topologia” (Cronopio, Napoli); “La vita e il suo oltre: sulla morte”(Roma); “Il Dio possibile, esperienze di cristianesimo” (Città Nuova, Roma); “Hegelin Italia, Milano); “Dire Dio in segreto” (Roma); “Cristianesimo e nichilismo:Dostoevskij-Heidegger” (Morcelliana, Brescia); “Estetica e ascesi” (Modena); Epose la tenda in mezzo a noi,” Albo Versorio, Il Decalogo. Ricordati diSantificare le feste; I tempi della poesia. Ieri/oggi” (Mimesis, Milano); “DipingereDio” (Albo Versorio); “VICO: storia, LINGUAGGIO, natura, Storia e Letteratura,Roma); “Ri-pensare il cristianesimo” (De Europa, Ananke); “Oblio e memoria delsacro” (Moretti, Bergamo); “Grammatiche del pensiero: dalla kenosi dell'io allalogica della seconda persona, ETS, Celan; Heidegger” (Mimesis); “Icomandamenti. Non dire falsa testimonianza” (Il Mulino); “L'ethos dellatopologia. Un itinerario di pensiero” (Lettere, Firenze); “Paolo e l'Europa: cristianesimoe filosofia” (Città Nuova, Roma); “L'immagine infranta: linguaggio e mondo in VICO”(Bompiani, Milano); “VICO: tra storia e natura,” aut aut; “Complessità e aporiedel moderno”, in Filosofia politica; “Dall'ermeneutica alla topologia”,“aut aut”;“Goethe, interprete della modernità” aut aut; “Per amicizia: Epochè e metafora”;“aut aut”, “Sentire le Radici, la Terra stessa”, i“aut aut”; “Zanzotto, ovvero:la poesia come genealogia della parola”, in “aut aut”; “Redaelli, Il nodo deinodi; L'esercizio del pensiero in VATTIMO”, V. (Sini, ETS, Pisa); “Luoghi delpensare” (Mimesis, Milano); Enciclopedia multimediale delle scienze filosofichedi RAI Educational; "Filosofia". Appare la "seconda"Scienza Nuova. Non è propriamente una seconda edizione dei Principj di unaScienza Nuova intorno alla Natura delle Nazioni, apparsi cinque anni innanzi.La revisione, a cui Vico ha sottoposto il testo del 1725, è tale da farneun'altra opera: basterebbe ricordare l'inserimento della "discoverta delvero Omero", argomento affatto nuovo e fondamentale che occupa un interolibro, il terzo; invero è mutata la struttura stessa del lavoro, come anche unarapida scorsa degli indici delle due edizioni mostra. Se, ciononostante, Vicoha mantenuto anche nella successiva edizione il medesimo titolo, salvo piccolevarianti,2 è perché l'ampliamento e la diversa distribuzione della materia,nonché la correzione dell'"errore" d'aver egli separato, nella primaredazione, i "principi delle idee" da quelli "dellelingue", che sono "per natura tra loro uniti", non solo nonhanno mutato l'orientamento di fondo dell'opera, l'hanno bensì approfondito esviluppato, specialmente riguardo al tema del linguaggio. Tra le"novità" della seconda Scienza Nuova spicca l'immagine posta sulfrontespizio dell'opera: una "dipintura allegorica" commissionata dalfilosofo a Domenico Antonio Vaccaro, noto pittore napoletano, che l'avevaeseguita secondo precise indicazioni e sotto il controllo del committente. Chel'uso di accompagnare un testo filosofico o letterario con un'immagine fossefrequente al tempo di Vico è cosa nota: si citano come esempi illustril'Organon di Francesco Bacone, il Leviathan di Hobbes, i Second Characters diShaftesbury e da ultimo la Istoria universale provata con monumenti e figuratacon simboli degli antichi di Francesco Bianchini. Che il filosofo napoletano nesia stato influenzato, ben si ricava da quanto egli stesso dice nel primocapoverso dell'Introduzione, dove spiega che l'immagine sul frontespiziodell'opera serve a"ridurla più facilmente a memoria [...] dopo di averlaletta".Ma che la funzione mnemonica di questa Tavola delle cose civili siaaffatto secondaria, è del tutto chiaro, premurandosi Vico di dire per primacosa che la dipintura "serv(e) al Leggitore per concepir l'idea diquest'Opera avanti di leggerla" (SN30, p. 363;SN44, p. 785). Prima dichiarire questo punto che è essenziale comprendere l'esigenza filosofica cuirisponde la "dipintura", è opportuno darle uno sguardo veloce. Inalto, a sinistra dell'osservatore, è dipinto un sole, al cui interno è untriangolo con dentro un occhio, dal quale parte un raggio di luce che giunge alpetto della fanciulla dalle tempie alate, allegoria della Metafisica, che ha losguardo fisso al sole. Dal petto della fanciulla, i cui piedi poggiano sulglobo terrestre, il raggio si riflette sulla statua collocata in basso asinistra. Ai piedi della statua, che raffigura Omero, vari arnesi: та оно, untimone, un aratro, una borsa; poi una tavola con su scritte alcune letterealfabetiche, quindi un fascio di verghe. Al lato opposto della statua unaltare, su cui scorgiamo un lituo, una fiaccola, un orciuolo contenente acqua,quindi il fuoco accanto al globo su cui poggia la fanciulla alata. La fasciache cinge il globo è quella dello zodiaco, con i segni delle costellazionidella Vergine e del Leone in evidenza. In basso, a destra, un'urna cineraria,ai margini di una gran selva. Vico concepì il dipinto come "Ideadell'opera" - così nell'Introduzione dedicata alla "spiegazione delladipintura proposta al frontespizio" - e cioè come figura o immagine dellaScienza Nuova, ovvero della storia: della storia ideale eterna e delle storieche "corron' in tempo". L'ampiezza e la meticolosità della"spiegazione"5 attestano l'importanza ch'egli attribuiva alla"traduzione" dei suoi argomenti in "immagine". L'immaginedoveva, infatti, integrare la voce, facendo cogliere uno actu - e non insuccessione - i due aspetti che caratterizzano la storia: 1) la cornice stabilee permanente dell'eterna provvedenza, esemplata nel raggio di luce che partedall'occhio divino e, toccando la metafisica, illumina e regge il mondo degliuomini, e 2) l'operare umano nel tempo, volto, anche inconsciamente, a Dio,testimoniato dallo sguardo della fanciulla alata, eternamente fisso sultriangolo solare. E, pertanto, come l'immagine serviva ad integrare la voce,così questa doveva a sua volta completare l'immagine, dacché soltanto la vocedà in successione quello che in successione accade entro l'ordine necessariodella storia ideale eterna: il "correre in tempo" delle storie ditutte le nazioni "ne' loro sorgimenti, progressi, stati, decadenze efini" (SN44, p. 903). Vico non intese questa congiunzione di voce eimmagine - phonè kai schêma, per dirla con le parole del Cratilo di Platone, dicui il filosofo napoletano resta insuperato "interprete"6 - come una"novità" da lui introdotta in filosofia. Al contrario la presentavacome un'operazione di restauro. Per comprenderne le ragioni, dobbiamo farealcuni passi indietro nel tempo e leggere quella nota che lui aggiunse al IlLibro del Diritto Universale, il De constantia jurisprudentis:[...] Come primala lingua eroica aveva diviso gli eroi dagli uomini, così dopo la linguavolgare divise i filologi dai filosofi. Il motivo di questa secondaosservazione è che, poiché la lingua volgare, in quanto comune, non riusciva adescrivere la natura e le proprietà delle cose, sorse la scissione tra ifilosofi che si dettero a investigare sulla natura delle cose, e i filologi cheinvece investigavano sulle origini delle parole; e così la filosofia e lafilologia, che erano nate tutte e due dalla lingua eroica, vennero ad esseredivise dalla lingua volgare.? La lingua volgare, così detta perché lingua dellacomunicazione - in seguito Vico la chiamerà "pistolare" (SN44,Degnità XXVIII) -, rende solo i caratteri "comuni", "generici",delle cose, non la loro "natura", ciò che ad esse è proprio, la loroconcreta, reale, determinatezza. Questo ha portato alla divisione dellafilologia, che s'interroga sull'origine delle parole - quindi su come sianosorte le parole generiche, vuote di determinatezza, della lingua"comune" -, dalla filosofia che, invece, investiga direttamente lanatura delle cose. Ma in che modo? Non è anche la filosofia legata allinguaggio? Vico s'avvide del cul-de-sac in cui s'era cacciato. Ne uscì, condue mosse geniali. La prima fu l'abbandono del latino delle scuole, lingua dipura comunicazione di concetti, priva di vero rapporto con la vita quotidianadel popolo, fatta di eventi reali e cose concrete; scelse di scrivere involgare - ma bisogna aver confidenza con la lingua di Vico, con il"barocco napoletano" della Scienza Nuova, per capire la portata diquesto mutamento.La seconda mossa strategica fu "l'idea dell'opera":la "dipintura allegorica", con cui egli volle ricongiungere voce eimmagine, o, per dirla con Nietzsche, il mondo dell'ascolto, della parola(Hörwelt), e quello della visione, dell'immagine (Schauwelt). 8 Vico operava,consapevolemente, in controtendenza rispetto all'intera tradizione occidentalee in particolare al suo tempo, che spingeva la lingua all'astrazione, secondoil modello"matematico". Vico - ho detto; ma debbo subito precisare:il filologo più che non il filosofo. Ché come filosofo non fu meno attratto dalmos geometricum di quanto lo furono Cartesio e Spinoza, se volle estendere allastoria quella mathesis universalis già da Grozio applicata al diritto. Comefilologo, invece, seppe risalire alle origini lontane, remote del linguaggio,alle fonti antiche della poesia greca, con la "discoverta" del veroOmero o dei molti Omeri, e della latina, leggendo insieme con Virgilio eLucrezio, e Orazio, Stazio, Plauto, gli "storici" e gli"eruditi",interpretando anche l'antico diritto romano qual"serioso poema" el'antica giurisprudenza come"severa poesia". Né si fermò qui, mapiegandosi sulla lingua dei contadini, sulle loro metafore e i loro gesti, videcon l'occhio di una fervida immaginazione i primi abitanti della Terra, i fortied empiamente pii Polifemi, atterriti dalla luce del lampo che squarcia lenotti e dal cupo rimbombo del tuono che fa tremare la Terra, emettere i primisuoni inarticolati di un linguaggio "naturale", inintenzionale, primafonte della lingua articolata dell'uomo. Scorse, talora come da dietro un vetroopaco, la nascita dell'uomo dall'animale, della mente dal corpo, della storiadall'ingens sylva, e ne descrisse lo sviluppo, non senza "salti" e"confusioni" di tempi e forme linguistiche. Philologia contraphilosophia? In certo senso sì, se la filologia lo convinse non solo a trattaredei miti, ma in qualche modo a "mimarne" il gesto narrativo.10 Tentòuna nuova lingua, logica e mitica ad un tempo, capace di tenere insiemenarrazione e logica, la contingenza della storia e la necessità della mathesis.Anticipava con le sue folgoranti intuizioni, l'idea della Mythologie derVernunft,11 che nacque all'incirca mezzo secolo dopo in terra germanica, ma chepresto fu abbandonata, e proprio dal suo massimo rappresentante, Hegel, che,anni dopo, avrebbe esaltato il linguaggio alfabetico sulla lingua geroglifica,per essere quello costituito di nomi, che sono bildlose Vorstellungen,rappresentazioni senza immagini. Ed "è nei nomi che noi pensiamo", La"dipintura" serviva a Vico per ricostruire nella composizione diparola e immagine quella unità di voce e gesto che l'uomo storico aveva giàperduto molto prima che sorgesse la lingua della comunicazione - la lingua"pistolare" della ragione riflessa -, già con la lingua eroica. Maera, Vico, in ritardo sul suo tempo. La frattura parola/immagine era solol'aspetto "in superficie" di una più profonda scissione.Vincenzo Vitielo.Vitielo. Keywords: la lingua dell’eroe, la lingua degl’eroi, Lazio, lazini,italiano, volgare, Lucrezio, confronto vichiano, vicho contro vico, la linguaeroica di Vico, Vico, semiotica, Croce, Vico topologico, linguaggio in Vico. Refs.: H. P. Grice Papers, Bancroft. LuigiSperanza, “Grice e Vittielo” – “Topologia semiotica di Vico” – “Il Vico diVittielo” – Vico e il segno infranto”, The Swimming-Pool Library, VillaSperanza, Liguria.

Grice e Volpe: la ragione conversazionale e la logica come scienzastorica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Imola).Essential Italian philosopher. Filosofo italiano. Studia a Bologna laureandosiin filosofia sotto Mondolfo. Insegna al Galvani di Bologna, l’Alighieri diRavenna, e a Messina. Legato alla tradizione di GENTILE (si veda), si dedicaa questioni strettamente teoretiche e storico-filosofiche, attestandosi infinesu posizioni fortemente anti-idealistiche. Approda così attraverso la ri-valutazionedell’ESPERIENZA dell’empirismo e dell’UMANO dell’umanesimo, mantenendoun'impostazione fondamentalmente dialettico-materialistica in costanteconfronto critico e polemico soprattutto con la dialettica hegeliana el'idealismo post-hegeliano, ma anche con le correnti positivistiche semiotica,e con l'esistenzialismo. Questa svolta, testimoniata dal Discorsosull'ineguaglianza, conduce a V. a unsempre maggiore interesse per i problemi della filosofia politica e dell'etica,considerati comunque in stretto rapporto con le questioni semiotiche. Nonabbandona comunque i propri interessi storico-filosofici. Tra i saggi quelloche, oltre ad aver avuto più ampia diffusione, rappresenta il più perspicuo esempiodella sua capacità di di muoversi con piena consapevolezza critica tra i pianiteoretico, storico e politico, è senz'altro il saggio “Rousseau e Marx.” sulconcetto di libertà (cf. Grice, “Freedom”) è perfettamente integrabile con ladottrina di Rousseau, il quale quindi non sarebbe da considerarsi né tra iteorici della rivoluzione borghese né tra i nostalgici di una societàparcellizzata in piccolissime unità cittadine, ma tra i più attualipreconizzatori di una società egualitaria.Un altro dei punti nodali dellasua filosofia è il tentativo di elaborare una teoria estetica rigorosamentematerialista. Sottolinea il ruolo delle caratteristiche strutturali e delprocesso sociale di produzione dell’espressione nella formazione del giudizioestetico, in forte polemica con la dottrina dell'intuizione di CROCE -- da luiconsiderata in continuità con la tradizione romantica e misticheggiante, elaborail concetto di gusto come principale fonte del giudizio estetico. Presentanella filosofia una posizione contro-corrente. Altri saggi: L'idealismodell'atto e il problema delle categorie, Bologna, Zanichelli, Le origini e laformazione della dialettica hegeliana; Hegel, romantico e mistico, Firenze,Monnier; Il misticismo speculativo di Eckhart, Bologna, Cappelli, La filosofiadell'ESPERIENZA, Firenze, Sansoni, Espressione, Bologna, Meridiani, Ilprincipio di contraddizione e la sostanza prima nel Lizio: contributo a unacritica dei pensieri logici” Bologna, Azzoguidi; Crisi dell'estetica romantica,Messina, Anna; Critica dei principi logici, Messina, D'Anna; Discorsosull'ineguaglianza, con due saggi sull'etica dell'esistenzialismo, Roma, Ciuni;Emancipazione e tras-mutazione dei valori, Messina, Ferrara; Libertà: saggio diuna critica della ragion pura pratica, Messina, Ferrara; Studi sulla dialetticamistificata; “Lo STATO RAPPRESENTATIVO, Bologna, UPEB; Umanesimo; Studi edocumenti sulla dialettica materialistica, Bologna, Zuffi; Logica come scienzapositiva, Messina, D'Anna; Eckhart o della filosofia mistica, Roma, Storia eletteratura; La poetica del Lizio nei commenti essenziali degl’umanisti, Bari,Laterza; Il verosimile filmico e altri scritti di estetica, Roma, Film; Lanuova sinistra, Rousseau e Marx e altri saggi di critica materialistica, Roma,Riuniti; Critica del gusto, Milano, Feltrinelli; Chiave della dialettica storica,Roma, Samonà; Umanesimo ed emancipazione, Milano, Sugar; Critica dell'ideologia:saggi di teoria dialettica, Roma, Riuniti; Schizzo di una storia del gusto, Roma,Riuniti; Opere; Ambrogio, Roma, Riuniti; Violi, La Libra, Messina; Dizionario biograficodegl’italiani, Roma, Istituto dell'EnciclopediaItaliana, Treccani Enciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Volpe.Keywords: critica del gusto per l’antico, il gusto per gl’antichi degl’antichi,chiave della dialettica storica, la logica come storia, espressione. Refs.: H. P. Grice, The H. P. Grice Papers, Bancroft;Luigi Speranza, “Grice e Volpe: l’espressione” – The Swimming-Pool Library,Liguria. Volpe.

Grice e Volpi: la ragione conversazionale dell’ESSERE univoco – filosofiaitaliana -- Luigi Speranza (Vicenza). Essential Italian philosopher. Filosofo italiano. “Wild clarity” inHeidegger! Insegna a Padova. Borsista della Humboldt diBonn, dell'Institut International de Philosophie, Parigi, dell'Istituto venetodi scienze, lettere ed arti e dell'Accademia Olimpica di Vicenza. Insignito deipremi Montecchio e Nietzsche. Altri saggi: Heidegger e Brentano; La filosofiapratica, Francisci, Albano, Padova – Filosofia pratica e scienza politica, Francisci,Albano, Padova; Heidegger e Aristotele, Daphne, Padova, Il nichilismo, Laterza,Roma, Guida a Heidegger, Laterza, Roma; I titani: una conversazione con Jünger eGnoli; Dizionario delle opere filosofiche, Il dio degl’acidi, conversazioni conHofmann e Gnoli;L'ultimo sciamano, conversazioni heideggeriane con Gnoli, Storiadella filosofia dall'antichità a oggi con Berti. Per Adelphi cura operedi Schopenhauer, Heidegger e Schmitt. Collabora alla Repubblica. Mentre e insella alla sua bicicletta a Berici, e investito da un'auto e cadde in comairreversibile. Muore il giorno successivo. Commemorato dal preside assieme atutto il corpo docente di Padova.Istituto veneto di scienze, lettere edarti, Parolin, Commozione al Bo per l'addio a V., Giornale di Vicenza. Altri saggi: L'aristotelismo e il problemadell'univocità dell'essere in Heidegger (Milani, Padova) – cf. Grice,‘multiplicity of ‘being’ --; Il concetto di decadenza divina; Filosofiapolitica; Hegel e i suoi critici, Laterza, Roma; Interprete del pensierocontemporaneo, Incontro di studio, Padova, Vicenza, Accademia Olimpica, Attidell'incontro, comune di Lavarone; Il pudore, Brescia, Morcelliana, Opere suIstituto veneto di scienze, lettere ed arti. Essere, tempo, esistenza,Associazione Asia, Sul valore e la funzione della filosofia; Sul significato elo statuto di ‘Essere e tempo’ di Heidegger”, Capurro, Rezension von V. Heideggere Aristotele, Daphne Editrice, Padova Zuerst erschienen in: W. SchirmacherHrsg.: Schopenhauers Aktualität. EinPhilosoph wird neu gelesen. Schopenhauer-Studien 1/2. Passagen Verlag, Wien. Inseinem 1967 in der Akademie der Wissenschaften und Künste in Athen gehaltenenVortrag schreibt Heidegger: "DieKunst entspricht das physis und ist gleichwohl kein Nach- und Abbild des schonAnwesenden. Physisund téchne gehören auf eine geheimnisvolle Weise zusammen.Aber das Element, worin physis und téchne zusammengehören, und der Bereich, aufden sich die Kunst einlassen muß, um als Kunst das zu werden, was sie ist,bleiben verborgen." (M. Heidegger: Denkerfahrungen, Frankfurt a.M. 1983,S. 139)Für wen bleibt dieser Bereich "verborgen"? Zumal für unseretechnische Zivilisation, die sich mehr und mehr, über alle Grenzen hinweg,ausbreitet und somit sich jeder Möglichkeit einer selbstkritischen Distanzberaubt. Und dennoch: wir sind dem nicht ausgeliefert. Heidegger wird öfterbekanntlich vorgeworfen, er verfalle mit seiner Auffassung des"Seinsgeschickes" im pessimistischen Mystizismus und ergreife dieFlucht in die Antike durch seinen "Schritt zurück". Nichts von alledem.Wir lesen im selben Vortrag: "Schrittzurück heißt: Zurücktreten des Denkens vor der Weltzivilisation, im Abstand vonihr, keineswegs in ihrer Verleugnung, sich auf das einlassen, was im Anfang desabendländischen Denkens noch ungedacht bleiben müßte, aber dort gleichwohlschon genannt und so unserem Denken vorgesagt ist." (ebda.)Das ThemaHeidegger scheint indessen im deutschsprachigen Raum und insbesondere in derBundesrepublik weiterhin von aller Art von Vorurteilen belastet zu sein. Manbraucht nur an die klischeeartigen Ausführungen von Jürgen Habermas in seinenVorlesungen "Der philosoophische Diskurs der Moderne" (Frankfurt a.M.1985) zu denken, um das Groteske dieses Mißverständnisses (falls der Versucheines Verständnisses unterstellt wird) zu exemplifizieren. Und Aristoteles? Ergilt inzwischen für viele als "Urvater" bzw. "Urheber" derheute herrschenden Technologie, nämlich der Informationstechnologie DieBestrebungen der "Künstlichen-Intelligenz-Forschung", etwa in derHerstellung von "Expertensystemen", haben in der aristotelischenLogik ihr Rezeptbuch gefunden. V. lädt uns mit seinem schlicht betitelten BuchHeidegger und Aristoteles zu einer Begegnung dieser Denker ein, die, ganzaußerhalb von diesen Klischees, zur Sache selbst führt. Der Dialog Heideggersmit Aristoteles ist zwar ein lebenslanger Dialog gewesen, aber der Verfasserbetont mit Recht drei Höhepunkte, nämlichdie frühe Anwesenheit des Aristoteles in Heideggers Seinsfrage, indemdiese durch den scholastischen Filter Brentanos und Braigs zu ihm drängt und zuAristoteles führt;die (etwa zehnjährige) Periode des Ausbrütens von Sein undZeit, als die entscheidende Zeit des Dialogs, die sich in den MarburgerVorlesungen sowie in Sein und Zeit selbst niederschlägt;und schließlich dieAnwesenheit Aristoteles' nach der "Kehre".Dementsprechend fällt der Schwerpunkt von Volpis Ausführungen aufden zweiten Höhepunkt, der mit der Überschrift "Wahrheit, Subjekt,Zeitlichkeit" gekennzeichnet ist. Heidegger begegnet Aristoteles ausgehendvon den in der Husserlschen Phänomenologie offen gelassene Frage nach derontologischen Konstitution des menschlichen Lebens (bzw. der"Lebenswelt"). In dieser Begegnung, die auf eine kategorialeDifferenzierung hinausläuft, öffnet sich der Blick für die Kantische Frage nachder Einheit des Kategorialen, die, sofern sie auf ein endliches Subjektzurückgeführt wird, den Zusammenhang zwischen Subjektivität (bzw."Dasein") und Zeitlichkeit offenbart. Damit kündigt sich zugleich diezentrale "These" Heideggers bezüglich des metaphysischenSeinsverständnisses im Sinne von Anwesenheit, mit der dazugehörigenPrivilegierung der zeitlichen Dimension der Gegenwart an. Gegenüber einerkategorialen (bzw. "gnoseologischen") Wahrheitsauffassung suchtHeidegger (Husserl folgend) in Aristoteles die Spuren einer präkategorialen"fundierenden" Wahrheit, wobei solange man den Bereich einesendlichen Subjektes nicht verläßt, eine solche "Fundierung" auf dieEinheit von sinnlicher Wahrnehmung und Verstand bezogen bleibt. Der Verfassererläutert in klaren Umrissen die Kernpunkte der Heideggerschen Analysen aus Deinterpretatione sowie aus ausgewählten Stellen der Metaphysik. Es geht dabeiu.a. darum zu zeigen, inwiefern die Struktur des prädikativen logos nicht nurin die Frage nach der "Wahrheit", sondern vor allem in die nach dem"Wahr-sein", also noch einem ontologischen vorprädikativen Sinne vonWahrheit mündet. Die psyche ist "in" der Wahrheit, d.h. sie ist inder Weise des "Entbergens" (aletheuein). Während es bei den prädikativenWahrheit um die Wahrheit bzw. Falschheit der Aussage geht, geht es bei derontologischen Ebene um das "Vernehmen" bzw. "nichtVernehmen" (noein / agnoein) des Sich-Entbergenden. Mit anderen Worten,das Sein, temporal vorverstanden als "Anwesenheit", ermöglicht erstdie Prädikation des "Wahren" und "Falschen". Diesestemporale Vorverständnis des Seins bildet, wie der Verfasser richtig bemerkt,die eigentliche "Entdeckung" Heideggers, die ihn zu einem kritischenDurchgang durch die Geschichte der Metaphysik führt. In einem zweiten Schritterläutert Volpi die gewissen Parallelität zwischen den ontologischenBestimmungen von "Dasein", "Zuhandenheit" und"Vorhandenheit" (als die drei Seinsmodi, die Heidegger in Sein undZeit eingehend erörtert) und den aristotelischen Unterscheidungen zwischenpraxis, poiesis und theoria, wobei, nach Ansicht Volpis, die Korrespondezpraxis / "Dasein" zunächst ungewöhnlich erscheint. Hier zeigt derVerfasser, wie mir scheint, den entscheidenden Durchbruch Heideggers in seinerKritik der bisherigen Vorherrschaft einer kognitiv-theoretisch orientiertenBestimmung des Menschen. Hier liegt auch der Anknüpfungspunkt Heideggers am"praktischen" Denken Aristoteles' in der Nikomachischen Ethik (bes.im VI. Buch), wobei man erneut die erstaunliche produktive (!) Parallelität,die aus diesem Dialog hervorgeht, feststellen kann, z.B. in Bestimmungen wie"Gewissen" / phronesis, "Sorge" / orexis, "Entschlossenheit" / prohairesis,"Befindlichkeit" / pathe bishin zur Deuttung des "Verstehens" im Sinne des nous praktikós. ImHinblick auf die Frage nach der Zeit, den dritten Schwerpunkt von VolpisAnalysen dieses zweiten Höhepunktes in der Begegnung zwischen Heidegger undAristoteles, ist die (christlich-) kairologische gegenüber der"chronologischen" Erfahrung der Zeitlichkeit für Heideggerbedeutsam. Heidegger reift schrittweise,so Volpi, zu seiner Auffassung, daß die Zeitlichkeit die Struktur menschlichenLebens darstellt. In diesem Reifungsprozeß setzt sich Heidegger kritisch mitder naturalistischen Auffassung der Zeit bei Aristoteles auseinander, indem er,aufgrund einer Analyse der Bestimmung der Zeit in der Physik, diearistotelische Definition als die Frage nach dem Zusammenhang zwischen der Zeitund der (zählenden) "psyche", d.h. also als die Frage nach derontologischen Bestimmung der "psyche" nachweist. Der Rezensent kannhier nur auf den analytisch "glasklaren" Text des Verfassershinweisen, der diese schwierige Aus-einander-setzung zwischen Heidegger undAristoteles in einer so zentralen Frage meisterhaft bewältigt. von der aristotelischen("vulgären") Auffassung der Zeit führt dann der Weg zur Analyse der"Zeitlichkeit" sowie der "Temporalität", von wo aus erstdas primus und posterius der Bewegung in ihrer Dimensionalität (wozu auch dasnunc gehört) erfaßt werden können. So gelangt Heidegger, von Aristotelesausgehend, zur Zeitlichkeitsstruktur des "Daseins" (in Sein undZeit). Die Anwesenheit Aristoteles' nach der "Kehre", so der Titeldes letzten Teils des Buches, weist zunächst auf die HeideggerscheRadikalisierung der Metaphysik (etwa in der "Physis"-Schrift), indemdas (metaphysische) Projekt einer "Fundamentalontologie" verlassenwird, hin. Der Verfasser vertieft aber die Anwesenheit Aristoteles' in denJahren 1929 bis 1931, in denen die Fragen nach dem "Ort" des 'logos'im Ereignis der Wahrheit (seine weltbildende Kraft), nach dem Sein alsAnwesenheit und als Wahrheit (Sein als "energeia") bis hin zurentscheidenden Entdeckung des Seins als physis (wie es die"Vorsokratiker", vermutlich erfahren haben) und seines"Einfangens" in der techne im Vordergrund stehen. Das Phänomen derTechnik wird vom 'späten' Heidegger insofern radikal in Frage gestellt, als esdie (anfänglich positiv bewertete) Operationalität des "Zuhandenen"beinahe monströsen bzw. zerstörerischen Dimensionen erreicht. Demgegenüberbetont aber Heidegger, daß techne bei den Griechen das eigentliche"Gegenüber" der physis darstellt, d.h. das, wodurch die physis inihrer Offenheit und "Verborgenheit" aufgenommen wird, sowie das,wodurch die physei onta so in ihren "Formen" (eidos, idea) erkanntwerden, daß man etwas Entsprechendes gegenüberstellt. Dieses"Gegenüber" von techne und physisbedeutet aber (noch) nicht denVerlust der physis in ihrer "überwältigenden" Dimension. WasHeidegger in der "Physis"-Schrift leistet, so mit Recht derVerfasser, ist eine (im doppelten Sinne des Wortes) "epochale"Auslegung des Aristoteles, nämlich eine "Über-Setzung" von Fragen,die längst überholt schienen, während sie in Wahrheit unserer modernenAuffassung von Natur und Technik buchstäblich zugrundeliegen. Darauf weistVolpi ausdrücklich im Schlußkapitel hin. Gerade für eine Analyse der"Moderne" bietet der Dialog Heidegger-Aristoteles entscheidendeAnhaltspunkte. Zwei kritische Bemerkungen schließen diese Arbeit: Vollziehttatsächlich das Wesen der modernen Technik den originären impetus desgriechischen logos? Und inwiefern ist dem "Finitismus" Heideggerszuzustimmen, daß die Zeit den logos formt (und nicht umgekehrt, wie für dieGriechen? V. deutet an, beide Fragen gewissermaßen vereinigend, daß es einen"polyvalenten logos" gibt, den es gegenüber einem"eindimensionalen logos" wiederzugewinnen gilt. Müßte man nicht auchvon einer 'polyvalenten techne' (bzw. Technik!) sprechen? Wie steht es aberdann mit der Frage nach der Kunst? Ist nicht Eros ein großer Dämon, der zuverdolmetschen weiß? Heidegger in Dialog mit Platon?FrancoVolpi. Volpi. Keywords: dizionario dell’opere filosofico: Lucrezio, Cicerone,Vico, Croce, Gentile… -- multiplicity ofbeing in Aristotele, univocita dell’essere; equivocita dell’essere,essere univoco, energeia, einheit, sein, als energeia, l’unita dell’essere comeenergeia. H. P. Grice, The Grice Papers, Bancroft, MS. Luigi Speranza, “Grice eVolpi: l’univocita dell’esere” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza,Liguria.

Grice e Volpicelli: ragione conversazionale -- corpi e corpi – maschi fascisti– colossi fascisti -- la flosofia italiana nel veintenno fascista -- filosofiafascista -- filosofia italiana -- Luigi Speranza (Roma).Filosofo italiaano. Grice: “WhileVolpicelli does use ‘spirito,’ he means ‘breath of air,’ since he is ultimatelya naturalist, like I am.” Essential Italian philosopher. Grice: “I read withinterest his “Nature and spirit.” At that time, at Oxford, there was not muchof an Oxford spirit, so it spirited me.” Prende parte comesotto-tenente alla grande guerra. Si laurea in filosofia sotto GENTILE (vide).Insegna a Urbino, Pisa, e Roma. Teorico del corporativismo integrale. Direttoredi Nuovi studi e Archivio di studi corporativi. Altri saggi: Natura e spirito; L'educazionepolitica dell'Italia; I presupposti scientifici dell'ordinamento corporativo; Corporativismoe scienza giuridica; La certezza del diritto e la crisi odierna; Dizionario diFilosofia Franchi, Per una teoria dell'auto-governo,ESI, Napoli. Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Diritto, Istitutodell'Enciclopedia Italiana, su Treccani Enciclopedie Istituto dell'EnciclopediaItaliana. La filosofia di V. costituisce un importante e, probabilmente,ineludibile termine di confronto onde comprendere appieno, sul terreno propriodel diritto, gli sviluppi più profondi dell'attualismo di GENTILE (si veda) ele sue possibili conclusioni teoretiche circa la possibilità di ammettere, nelsuo seno, una filosofia del diritto. Il peculiare interesse per i risvoltispeculativi della sua dottrina nella corretta definizione di unaRechtsphilosophie fanno, infatti, di V, un insostituibile interlocutore. Puntodi partenza della sua riflessione è, per l'appunto, la definizione di una FILOSOFIAdel diritto. La distinzione con una mera SCIENZA del diritto che investe inprimis la speculazione. [Tale problematica viene affrontata, parallelamente,seppur da un versante più marcatamente economico e sociologico, da SPIRITO (siveda), con il quale condivide le avventure e, soprattutto, le disavventure di “Nuovistudi di diritto, economia e politica” che, raccoglie i loro principali saggie, in particolare, il loro tentativo di indagare - sulla base dell'insegnamentodi GENTILE - quegli ambiti delle scienze pratiche nei quali il complessorapporto con una FILOSOFIA unificatriceed escludente come l'attualismo determina l'esigenza di un approfondimentospeculativo particolare. I Nuovi studi, riprendendo la felice sintesi diFranchi, possono] [teoretica tout court, ma che poi - come si vedrà - finisceper calarsi perfettamente nella definizione del diritto e nella tipologia dianalisi e studio che concernono l'esperienza giuridica nel suo insieme? Fedeletrascrittore della lezione di GENTILE, V. separa schematicamente i due campi. La FILOSOFIAè la considerazione integrale e, quindi, reale dei fenomeni singoli comeindividuazioni assolute dell'intero universo. Scienza, invece, e una limitazioneoperata sull'universale individuo, e, quindi, una considerazione parziale eastratta della realtà. Se dunque l'UNIVERSALITAFILOSOFICA si costituisce come determinatezza assoluta, occorre asserire che l'astrazionee limitazione scientifica non si costituisce fuori o accanto, ma sul fondamentoe nell'ambito della conoscenza filosofica.Perciò essa è distinta e autonoma, ma entro il circolo invalicabile dellafilosofia -- e della storia d’ITALIA. Una storia da pensare, si badi, sempre ecomunque come l'immanente atto del pensiero concreto. La FILOSOFIA, dunque, noncostituisce un Prolog im Himmel, ossia un semplice e grezzo materiale aggregatodi preliminari nozioni scientifiche, ma piuttosto il sostrato ontologico su cuila scienza può e deve modellare quelle categorie e quelle nozioni idonee afavorire l'autentica conoscenza di determinati settori della vita spirituale.Essa, in altre parole, ha il compito di realizzare un determinato percorsognoseologico il cui sviluppo non può prescindere dalla consapevolezza che ilprocesso di unificazione o unità conoscitiva non avviene per opera dellascienza, ma avviene già nella realtà. La scienza deve solo 'attuare', con isuoi termini e i suoi concetti, una realtà che storicamente già si compie comeprocesso unitario'. Un] [considerarsi come "il manifesto dell'attualismoapplicato alle scienze sociali" (cfr. G. Franchi, Araldo Volpicelli. Peruna teoria dell'autogoverno, Napoli. Sul tema pure cfr. Losano, Prefazione aId. cur., Kelsen – V. Parlamentarismo, democrazia e corporatirismno, Torino. Sulpunto cfr. Gennaro, Crocianesimo e cultura giuridica, Milano. Cfr. Volpicelli, Orlando,in Nuovi studi di diritto, economia e politica. Sul punto cfr. Riccobono,Intervento, in La filosofia del diritto IN ITALIA; Alti del Congresso nazionaledi filosofia giuridica e politica, Napoli-Sorrento, Milano, Franchi. La scienza- sentenzia altrove V. - è, infatti, vero ed effettivo conoscere (cfr. Corporativismoe scienza del diritto, in Nuovi studi di diritto, economia e politica. Sulbinomio realtà-storia V., nel già citato passaggio chiarisce così: "Larealtà è una, categoricamente una ed omogenea, talché le sue distinzioni -innegabili e imprescindibili all'esistenza del mondo o, meglio, della realtàcome mondo - non possono essere, e ciò per defini-zione, assolute, eterogenee;non possono cioè importare una contraddittoria moltiplicazione realedell'unità. Le distinzioni sono e debbono essere per definizione omogenee, enon sostanziali. Ciò val quanto affermare che sono storiche, se è vero che lastoria è il processo di differenziamento dell'uno: sì differenziamento e processounitario, e cioe tale da importare l’omogeneita] [processo unitario il cuisvolgimento, a sua volta, è contrassegnato da una dialettica intesa come «ritmodella realtà nella sua spirituale natura», ovvero non come essere ma come farsi.Ciò che V. tenta di raggiungere,nell'ambito della riflessione giuridica, è la formulazione di un concetto deldiritto che sia capace di incarnare l'intima e l'immediata attuazione'scientifica' della teoria 'filosofica' dell'identità di individuo e Stato», e,al tempo stesso, di schivare il pericolo di una «arbitraria traduzione di essanei disparati termini empirici della scienza giuridica..Dimensione ontologicadella filosofia, funzione gnoseologica della scienza: sono questi i postulatida cui occorre muoversi per intraprendere la costruzione tanto di una filosofiaquanto di una scienza del dintto. La realizzazione della prima passa per unconfronto-scontro con CROCE (si veda), più tenue, e con VECCHIO (si veda), piùviolento, -- ossia con i due autori che con maggiore vigore si oppongono alpositivismo filosofico di fine secolo, ma da posizioni differenti: idealistaquella crociana, neo-kan-tiana quella del filosofo romano. La formazione dellaseconda, viceversa, parte da una revisione critica della dottrina dei dueprotagonisti, maestro e allievo, della pubblicistica italiana: Orlando eRomano.Il problema di fondo che V. intende affrontare è, quindi, quello di ridefinirela filosofia del diritto come scienza filosofica, ovvero come un'attività cheindaga su un fenomeno particolare dell'esperienza esistenziale, ovvero ildiritto. La particolarità del suo oggetto, seguendo questa impostazione,consentirebbe la possibilità di essere concepita come scienza, 'filosofica', equindi subordinata alla filo-sofia, ovvero a quel processo speculativo chetende alla universalità.Secondo Volpicelli, infatti, un difetto ricorrentedelle filosofie del diritto coeve -soprattutto quelle di matrice positivista -era quello di considerare «le filosofie par-ticolari» - e quindi quella deldiritto - «come entità irrelative e intermedie tra la filosofia e la scienza. Acausa della deriva sociologistica e positivistica che conduce ad una«concezione naturalistico-deterministica della realtà umana e perciò deldiritto», la filosofia del diritto alla fine dell'Ottocento, «non conserva cheil] [sostanziale dei suoi differenziati momenti, senza di che non c'è processoe passaggio ma statica e irrelata molteplicità naturale" (cfr. A. V. Corporativismoe scienza del diritto, Cfr. V., La teoria dell'identità di individuo e Stato,in Nuovi studi di diritto, economia e politica. V., Corporativismo e scienzadel diritto, V. La teoria del diritto di CROCE, in Nuovi studi di diritto,economia e politica] [nome. Il nodo cruciale è, insomma, l'impossibiledistinzione tra una filosofia generale ed una speciale, come appunto sipresenterebbe quella del diritto: una filosofia generale che ammette filosofiaspeciali non è più in grado di risolvere «sul suo terreno tutti i problemidella realtà. D'altro canto, una filosofia speciale che «ap-plica passivamentelo schema e il metodo» di una filosofia generale perde il suo compitoessenziale ovvero «spiegare e necessitare il suo oggetto. Una riaffermazione diuna riflessione intimamente giusfilosofica, quindi, «è possibile eintrinsecamente giustificabile» laddove si accetti il presupposto che ildiritto sia «una posizione o forma assoluta dello Spirito stesso. Pertanto, oggettoe ragion d'essere della filosofia del diritto finiscono per identificarsi con«la determinazione della forma giuridica nel suo peculiare carattere e nellasua connessione intrinseca con le altre forme spirituali»"'. Solo inquesto modo la filosofia del diritto «non è distinguibile dalla filosofia», manasce e si sviluppa «nell'ambito e nel sistema di essa» con lo scopo diperseguire due finalità essenziali: da un lato, in funzione anti-positivista,«considerare il diritto come attività dello spirito e non come «fatto» oschema»; dall'altro, in funzione anti-naturalista, «concepire storicamente ildiritto come creazione incessante, progressiva ed organica. All'interno diquesto quadro, V. riconosce - in apertocontrasto col formalismo neo-kantiano - dei meriti anche a Croce: in particolarquello di aver ricomposto «il dissidio tra la filosofia e la storia,l'universalità e la concretezza, la categoria e l'esperienza» grazie alsuperamento del dualismo «di filosofia generale e filosofia particolari»'.Nonostante ciò, la posizione crociana va rigettata nel suo complesso per lapresenza di insuperabili limiti speculativi: in particolare, in ambito filosofico-teoretico,la logica dei distinti; su un piano più specificamente giuridico, invece, lavisione della legge come pseudo-concetto e la sua idea del rapporto tra societàe Stato.Procediamo per gradi. Per Volpicelli, l'ipotesi di una dialettica tra idistinti è una mera contraddizione in termini in quanto le distinzioni cheaccompagnano la A. V. Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, inNuovi studi di diritto, economia e politica. Si ripropone, perciò, il problema'crociano' "dell'essere o del non essere" della filosofia del diritto"come materia d'insegnamento" (cfr. ibidem).A. Volpicelli, Recentiindirizzi italiani di filosofia del diritto. V. La teoria del diritto di Croce,cL'errore del giusnaturalismo "non consiste nel fatto della sua «fissità»,nel suo contraddire cioè alla autorevolezza delle leggi (...) ma nel caratteretrascendente di esso, come presupposto e limite a priori, e, soloconseguentemente, statico e fisso, della volontà"] [costante e continuaformazione dello spirito si rivelano solamente nel «processo diauto-oggettivazione dell'Io. L'attività dello spirito, prescindendo dalla suamanifestazione fenomenica, «è solo ed essenzialmente attività etica»?': per cuil'autoco-scienza - del soggetto agente - «nell'atto stesso in cui costituiscela volontà come tale, ne costituisce insieme e indistinguibilmente l'assolutovalore etico. Questa ripresa lineare e rigida della dimensione moraledell'intero processo spirituale dalla speculazione gentiliana è il presuppostoche consente a Volpicelli di attaccare frontalmente «l'assurdità delladistinzione spirituale tra attività economica e attività etica», poiché non èpossibile concepirsi una differenza tra volontà universale e volontàindividuale, ossia «tra fini che ci appagano come individui e fini che ciappagano come uomini. Due sono, dunque, le conseguenze derivanti da taliassunti: in primis, che l'utile «non è quella forma distinta di attività dellospirito, ma di un semplice, necessario modo di considerazione della volontà nelsuo divenire. In secundis, che «il diritto è una forma distinta dell'attivitàdello spirito», che può presentarsi «come economia», ma soltanto «in virtù diuna distinzione gnoseologica operantesi e risolventesi nel reale processo disvolgimento dello spirito come eticità»?.Rispetto dunque al primo punto, lacritica ai 'distinti conduce ad una parziale e vaga accettazione dell'identitàdiritto-economia e ad una rapida e sbrigativa descrizione della relazione tra ivari momenti della praxis: diversamente da Gentile, e anche da Maggiore, in cuil'approdo alla moralità avviene in maniera graduale e complessa, in Volpicellicostituisce un dogma non approfondito, ma assiomaticamente sostenuto. V. Lateoria del diritto di Croce. Gentile, criticando la filosofia crociana deidistinti e, nel contempo, rigettando i presupposti della dialettica hegeliana,sostiene che la morale investa "ogni momento della vita dellospirito" in quanto proiezione di "un dover essere imprescindibile hicet nunc in virtù della libertà" (cfr. GENTILE, I fondamenti dellafilosofia del diritto, Firenze. Maggiore, invece, distin-guendo, in un primotempo, teoria e prassi, colloca la morale al termine del percorso dialettico diformazione della volontà (sul punto cfr. Maggiore, L'unità del mondo nelsistema del pensiero, Palermo; in un secondo tempo, poi, riconsiderandol'esperienza giuridica nel suo insieme, giunge a decretare la sostanzialeidentità di diritto e morale (cfr. Id., Il diritto e il suo processo ideale, V.La teoria del diritto di Croce. Gentile, criticando la filosofia crociana deidistinti e, nel contempo, rigettando i presupposti della dialettica hegeliana,sostiene che la morale investa "ogni momento della vita dellospirito" in quanto proiezione di "un dover essere imprescindibile hicet nune in virtù della libertà" (cfr. G. Gentile, I fondamenti dellafilosofia del diritto, Firenze. Maggiore, invece, distin-guendo, in un primotempo, teoria e prassi, colloca la morale al termine del percorso dialettico diformazione della volontà (sul punto cfr. G. Maggiore, L'unità del mondo nelsistema del pensiero, Palermo; in un secondo tempo, poi, riconsiderandol'esperienza giuridica nel suo insieme, giunge a decretare la sostanzialeidentità di diritto e morale (cfr. Id., Il diritto e il suo processo ideale,Palermo: un passaggio che segna l'inizio di un lento ma inesorabileallontanamento dall'attualismo e dall'idealismo tout court che si compirà neglianni successivi. Più in ge-nerale, sull'evoluzione del pensiero di GiuseppeMaggiore si rimanda a F. D'Urso, L'emersione del giuridico' nella filosofia diGiuseppe Maggiore: da L'unità del mondo a Il diritto e il suo processo ideale,in Annali dell'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, Napoli.] [Il veroproblema filosofico-giuridico, del resto, è rappresentato dal rapporto travolontà e legge. Contro l'impostazione di Croce, che la vedeva semplicementecome uno pseudo-concetto della sfera pratica, Volpicelli considera la legge«regola imperativa» che costituisce la base di «un momento sui generis eirriducibile dello spirito pratico»?. Essa, perciò, «non è una costruzionearbitraria», bensì «l'immanente proiezione astrattiva e generalizzante dellaconcreta volontà»28Se ad una prima lettura la legge appare, perciò, come«l'oggetto in cui la volontà si pone ed è reale», nel momento in cui lavoluntas «se ne stacca», diviene «lo schema ideale dell'agire»; seguendo taleragionamento, si può correttamente ritenere che «la sua dissoluzione è lacondizione perché l'atto volitivo sorga e si effettui,?.Il diritto, allora, nonpuò non identificarsi con la legge, cioè con il voluto «nella sua astrattezza erigidezza di posizione innanzi e contro al volere»3°. Mentre la volontà etica«pone e risolve la legge nella sua libera ed intima creatività», la volontàgiuridica è quella in cui «la legge è esterna però coattiva»''. Ecco il motivoper cui il diritto assume la coattività e l'esteriorità come elementi -gnoseologicamente - distinti dall'etica 32.Infine, Volpicelli intravede econtesta nel pensiero crociano una lettura 'machia-vellica' della politica:concepita come «la forma individuale o utilitaria dell'attività pratica dellospirito», essa si apre all'idea che la filosofia politica «non ha più peroggetto lo Stato» e quindi la sintesi di autorità e libertà, molteplicità eunità del va-lore33.A. Volpicelli, La teoria del diritto di Benedetto Croce,cit., p. 269.Ivi, p. 272.Ibidem.A. Volpicelli, La teoria del diritto diBenedetto Croce, cit., p. 273.Ibidem.Volpicelli considera essenziale separarel'ambito gnoseologico da quello fenomenologico e deontologico: in particolare,nel criticare le conclusioni che Vanni prospetta ne Il problema della filosofiadel diritto nella filosofia, nella scienza e nella vita (1890) - ovvero l'ideache la filosofia costituisca un grado intermedio del conoscere mentre lascienza una mera filosofia applicata - sostiene che "il problemagnoseologico include quello fenomenologico, e questo esclude o sopprime ildeon-tologico" (cfi. A. Volpicelli, Recenti indirizzi italiani difilosofia del diritto, cit., p. 28) . Questo approccio ricorda la distinzionegentiliana tra la categoria in sé, ossia "concetto universale, o eternomomento della vita dello spirito" (cfr. G. Gentile, Teoria generale dellospirito come atto puro (1913), Firenze 2003, pp. 220-221), e la categoriaconsiderata come "contenuto di un certo atto conoscitivo" (cfr. ID.,I fondamenti della filosofia del diritto, cit., p. 15).V., La filosofia dellapolitica di Benedetto Croce, in Nuovi studi di diritto, economia e politica, V.La teoria del diritto di Benedetto Croce, cit., p. 269.Ivi, p. 272.Ibidem.3° A.Volpicelli, La teoria del diritto di Benedetto Croce, cit., p. 273.Ibidem.Volpicelliconsidera essenziale separare l'ambito gnoseologico da quello fenomenologico edeontologico: in particolare, nel criticare le conclusioni che Vanni prospettane Il problema della filosofia del diritto nella filosofia, nella scienza enella vita (1890) - ovvero l'idea che la filosofia costituisca un gradointermedio del conoscere mentre la scienza una mera filosofia applicata -sostiene che "il problema gnoseologico include quello fenomenologico, equesto esclude o sopprime il deon-tologico" (cfr. A. Volpicelli, Recentiindirizzi italiani di filosofia del diritto, cit., p. 28) . Questo approccioricorda la distinzione gentiliana tra la categoria in sé, ossia "concettouniversale, o eterno momento della vita dello spirito" (cfr. G. Gentile,Teoria generale dello spirito come atto puro (1913), Firenze 2003, pp.220-221), e la categoria considerata come "contenuto di un certo attoconoscitivo" (cfr. ID., I fondamenti della filosofia del diritto, cit., p.15).A. Volpicelli, La filosofia della politica di Benedetto Croce, in Nuovistudi di diritto, economia e politica, VI, 1928, p. 322.479 Logica e storia:l'attualismo giuridico di V. ] [Volpicelli riconosce al formalismo giuridico diispirazione neo-kantiana un importante merito ma, di contro, attribuisce adesso un altrettanto decisiva responsa-bilità: il suo pregio consisterebbenell'aver riaffermato «l'identità e l'universalità del diritto», il suo difettonello «essersi arrestato a un concetto astratto e antistorico della categoriadel diritto», 34.Il formalismo neo-kantiano, in altre parole, riaffermando«l'apriorità e categori-cità del diritto», rivendicava «legittimità edautonomia della rispettiva indagine filo-sofica»35. Un'autonomia che, inVolpicelli, va sempre però concepita entro il perimetro della filosofiagenerale e mai al di fuori e all'esterno di essa36. L'insuperabile limite delneo-kantismo, allora, appare quello di inseguire un'illusione, ossia di potersostenere «l'autonomia dottrinale di quella particolare filosofia contro i congiuntiostacoli della filosofia generale e della giurisprudenza»37.E arriviamo, così,all'analisi del maggiore e più influente esponente del neo-kan-tismo italiano,ovvero Giorgio Del Vecchio38. Volpicelli contesta due aspetti fondamentalidella sua teoresi: la distinzione tra concetto e idea del diritto - cheripro-pone, sotto mentite spoglie, quella tra una giurisprudenza che studia ildiritto particolare e la filosofia che studia il diritto universale3; lariproposizione, consequen-ziale, dei tre 'compiti' (gnoseologico,fenomenologico, deontologico) del diritto *".A. Volpicelli, La teoria deldiritto di Benedetto Croce, cit., p. 241.Ivi, p. 212.Volpicelli, nel ritenereche la filosofia del diritto come "un'autonoma scienza filosofica"nasce con Thomasius, interpreta la sua distinzione tra diritto e morale comespecchio della distinzione tra diritto naturale e diritto positivo (cfr. A.Volpicelli, Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, cit., p. 25).A.Volpicelli, La teoria del diritto di Benedetto Croce, cit., p. 243. Percomprendere meglio la prospettiva volpicelliana, è interessante la letturadell'opera di Igino Petrone. Sebbene consideri la sua filosofia come"unico sforzo compiuto dal filosofismo accademico italiano per costruireuna filosofia del diritto su fondamenti speculativi", in essa trasparenitidamente il fatto che l'apriori kantiano diviene "una statica etrascendente idea innata" e, di conseguenza, la realtà fenomenica come una"brutaempiria avente fuori di sé il suo principio" (cfr. Id., Recenti indirizziitaliani di filosofia del diritto, I, cit., 30-31). Pertanto, nel suo idealismocritico "permaneva, in fondo, tenace la concezione positivistica"(cfr. ivi, p. 29).Quando ci riferiamo al neo-kantismo italiano, come sostienenella sua ricostruzione storico-filosofica Nicola Tabaroni, possiamoindividuare tre autori 'per antonomasia', ovvero Igino Petrone,Adolfo Ravà e,per l'appunto, Giorgio del Vecchio; in merito cfr. N. Tabaroni, La terza vianeo-kantiana. Della gius-hlosofia in Italia, Napoli 1987, pp. 5-6.Unaproblematica, questa, che viene approfondita da altri studiosi prossimi allafilosofia attuale, tra i quali certamente spicca Angelo Ermanno Cammarata. Siricordi, a riguardo, soprattutto il Contributo a una critica gnoscologica dellagiurisprudenza (1925), in cui emerge, come scrive Teresa Serra, la necessità di"ridare legittimità alla filosofia del diritto rifiutando l'elisioneidealistica della realtà del diritto" (cfr. T. Serra, Angelo ErmannoCammarata: la critica gnoseologica della giurispru-denza, Napoli 1988, p. 61)V. Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto] [In primo luogo, egliritiene che «la fenomenologia del diritto» coincida con «la storia stessa delconcetto di diritto»4: tra lo svolgimento dell'idea-diritto e la trasformazionedel concetto-diritto non vi è, dunque, alcun dualismo ma piuttosto una sostanzialeidentità. Un'identità che consente a Volpicelli di accentuarequell'avvi-cinamento tra forma e contenuto del diritto, già riconoscibilenell'opera gentiliana e già intrapreso da Maggiore, che, pur riprendendonozioni kantiane, le plasma e le adatta all'interno della sua speculazione aconsolidamento e sostegno della posizione attualista43.La forma, perVolpicelli, è sempre «forma viva», ossia «concreta, processuale edifferenziantesi»: una forma che, così intesa, può essere perfino definita come«il contenuto medesimo nella sua spiritualità»*. Una forma che non può maiidentificarsi con la vuota e indifferente nozione, di derivazione neo-kantiana,dell'«univer-sale logico»*. Da qui, la seconda fondamentale critica a DelVecchio, ossia la sua fatua distinzione tra essere e conoscere. Il fenomenogiuridico, infatti, va concepito, secondo tale lettura, come un qualcosa «chenon cade fuori dall'atto che la pro-duce», ma piuttosto come una realtà «in cuisi individua, e cioè si converte e rifonde senza residuo, l'universale attivitàconcepente»*.La riconduzione dell'elemento fenomenico nell'ambito formativo delprocesso spirituale determina, altresì, l'identificazione della conoscenza conil valore, o meglio, dell'attività conoscitiva con quella valutativa. Lungidall'accogliere la separazione weberiana tra giudizio di fatto e giudizio divalore, Volpicelli perviene al rifiuto dell'altra importante dicotomia nellafilosofia delvecchiana, ossia quella tra idea logica e idea valutativa, da cuiderivano rispettivamente il «giudizio storico-positivo» e il «giudiziodeontologico-razionale»47. Per l'allievo di Gentile, «conoscere è,indi-stinguibilmente, e in sé medesimo, valutare» perché ogni valutazione avvienesempre in re, e non extra o post rem, e pertanto «è possibile e giustificabilesolo nell'attoUn concetto di diritto che "non è nulla di diverso edistinto dalle sue manifestazioni, ma è proprio, assolutamente,quest'ultima" (cfr. ibidem).Il Kant 'attualista' è quello che apreall'identità hegeliana di reale e razionale attraverso il ribaltamento delrapporto tra soggetto e oggetto e la negazione della preesistenza della realtàal pensiero."Una tale conquista - osserva Franchi - che capovolge iltradizionale rapporto tra il pensiero e l'es-sere, si sarebbe però arrestata,secondo Volpicelli, con il riconoscimento di un dato che trascende il pensiero,cioè la materia, a cui il pensiero si limita a dare una forma, e che avrebbeobbligato Kant a introdurre nel suo sistema il concetto di «noumeno», elementonon conoscibile dall'intelletto, a fondamento della stessa realtànaturale" (cfr. G. Franchi, Amaldo Volpicelli, cit., p. 19).A. Volpicelli,Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, I, cit., pp. 42-43.A.Volpicelli, Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto, II, in Nuovistudi di diritto, economia e politica, 1931, II, p. 108.A. Volpicelli, Recentiindirizzi italiani di filosofia del diritto, I, cit., pp. 44 e 47.A.Volpicelli, Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto] conoscitivo, enon fuori o dopo di esso»48. Il valore, dunque, finisce per identificarsi conl'essere in maniera ancora più netta rispetto al fenomeno, essendo non altroche «la stessa formale ed infinita creatività dello spirito»:un'identificazione garantita dai suoi caratteri essenziali, ovvero«l'autoposizione e l'infinità»49Il valore così definito svolge, all'internodella ricostruzione volpicelliana, un'ultima importantissima funzione, ossiaquella di offrire un ulteriore e decisivo argomento contro ogni visionegiusnaturalista. Non potendo, infatti, rinunciare alla sua «spirituale natura eimmanenza», alla sua indole «interiore e cosciente» e alla sua«inesauribiledialettica», il valore, applicato al diritto, trasforma questo in una peculiareespressione concreta della coscienza umana, specificamente quella dell'«esseredoveroso e continuo»: un diritto che «è sempre giusto»°. Alla luce di ciò,appare assolutamente inutile ipotizzare un diritto naturale a priori, eterno,immutabile, espressione di un ideale astratto sempre esterno alla realtà. Ilgiusnaturalismo, in ogni sua formulazione, svela sempre il suo caratterefilosoficamente falso per questa sua incapacità di essere immanente e'procedurale' all'interno della realtà dello spi-rito: idealità e realtà, indefinitiva, non si traducono mai in un dualismo, bensì si rapportano semprenell'alveo di un processo dialettico. Passando sul versante della scienza deldiritto, Volpicelli legge con interesse critico tanto l'opera di VittorioEmanuele Orlando quanto quella di Santi Romano. Il confronto con entrambiscaturisce dall'interesse per lo Stato, in particolar modo per la suadefinizione e la sua funzione nell'ambito dell'esperienza giuridica. Insintesi, pur condividendo sensibilità e fini che la scienza del dirittopubblico mostra e per-segue, Volpicelli individua nella dottrina dei duegiuristi siciliani degli elementi critici da cui occorre allontanarsiapertamente: in Orlando ravvisa il pericolo di una scissione tra diritto elegge con la subordinazione del primo nei confronti della seconda; in SantiRomano, invece, la riduzione dello Stato a species del genus dirittorappresenta un presupposto incauto da cui potrebbe derivare una frammentazionedell'universo giuridico e un abbandono del processo unitario che, viceversa, locon-trassegna.Ciò che, invero, preoccupa maggiormente Volpicelli sul pianodella scientia juris è quella che egli indica come «la tendenza più generale ecaratteristica della giurisprudenza contemporanea», ossia quella «dideterminare e porre alla base delle sue costruzioni il puro concetto di fattogiuridico»; un concetto, in altre parole, «valido**Ivi, pp. 109-110. Questainteriorità dell'atto conoscitivo, sorprendentemente, viene trovata daVolpicelli in Kant stesso, laddove "il conoscere", formandosi"secondo le forme funzionali dell'auto-coscienza" costituisce"già per ipotesi il nostro conoscere" (cfr. ibidem).49 A. Volpicelli,Recenti indirizzi italiani di filosofia del diritto] una volta per sempre e pertutti i possibili fatti»'. E necessario, perciò, una forte contrapposizione aquesto formalismo che, come «mostro insaziabile», divora e annulla la scienza«nell'assurda pretesa di rendere quanto più rigorosi e universali gli schemiscientifici»52.Per Volpicelli la scienza, in generale, «non astrae dallarealtà», ma piuttosto «in funzione» di essa. In questo senso, la logica - che èin capo a qualsiasi concezione epistemologica - e la storia - che èl'incessante motore della realtà ideale - determinano due verità che nonpossono non coincidere. La logica, infatti, in quanto «immanente forma dellarealtà storica», non può mai scindersi dalla cosa in sé, dalla concretezzadello spirito, ma fondersi sempre con essa 4Ma la scienza non può 'spiegare séstessa, dal momento che la sua intima ragione può essere definita soltanto daldi fuori, ovvero dalla speculazione filosofica, «nes-suna scienza puòscientificamente dimostrare i suoi presupposti» e quindi «la scienza giuridicanon può pretendere di spiegare giuridicamente il diritto»55. La genesi e ifondamenti del diritto «trascendono la competenza e la stera della scienzagiuridica» perché essi hanno una «vera e genuina natura metagiuridica»56.Lascienza giuridica è «distinta ed autonoma nella politica o nella storia, ma nondalla politica e dalla storia»57. Il grande torto di Orlando, come si vedrà,sarà quello di aver cercato di rendere la scienza giuridica autonoma dallapolitica, ovvero dalla storia, e perciò di affrancarla dalla filosofia. Volpicelli,in verità, apprezza di Orlando la posizione antirazionalista eantigiu-snaturalista, nonché l'aver fondato una scienza del diritto capace dicogliere organicamente quei principia juris che costituiscono «le premessestorico-ideali informatrici delle istituzioni giuridiche positive»8. Inoltre,egli sottolinea positivamente51 A. Volpicelli, Santi Romano (@, in Nuovi studidi diritto, economia e politica, Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando (III),in Nuovi studi di diritto, economia e politica,1927, I, р. 200.54 Ivi, p. 201.SSIvi, pp. 205-206.Ivi, p. 206.Ibidem. VITTORIO EMANUELE ORLANDO Volpicelli, inverità, apprezza di Orlando la posizione antirazionalista eantigiu-snaturalista, nonché l'aver fondato una scienza del diritto capace dicogliere organicamente quei principia juris che costituiscono «le premessestorico-ideali informatrici delle istituzioni giuridiche positive»58. Inoltre,egli sottolinea positivamente51 A. Volpicelli, Santi Romano (I), in Nuovi studidi diritto, economia e politica, I, 1929, p. 17.52Ivi, p. 18.53A. Volpicelli,Vittorio Emanuele Orlando (III), in Nuovi studi di diritto, economia epolitica,1927, I, р. 200.Ivi, p. 201.Ivi, pp. 205-20636 Ivi, p. 206.Ibidem.A.Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando (D), in Nuovi studi di diritto, economiae politica, 1927, L, p. 14. In verità, come osserva Pietro Costa, in questariconosciuta affinità con l'impostazione orlandiana, si può riscontrare quel piùgenerale consenso verso "quella pregiudiziale antropologica (diispirazione anti-individualistica e organicistica) che collega Volpicelli nonsolo ad Orlando, ma all'intera tradizione giuspubblicistica" (cfr. P.Costa, Lo Stato immaginario. Metafore e paradigmi della cultura giuridicaitaliana fra Ottocento e Novecento, Milano] [l'atteggiamento dichiaratamentecritico del giurista palermitano nei confronti sia del contrattualismo, sia delgiusnaturalismo"".Ciò che, invece, rappresenta - come detto - unostrappo che determina il rigetto della visione orlandiana nel suo insieme è ladistinzione, di matrice storicista, tra legge e diritto". Una distinzioneche riproporrebbe - in altro modo - il dualismo tra diritto positivo e dirittonaturale, laddove si affermi che «il diritto positivo o vigente (legge)dichiara e impone l'antecedente, genuino ed autonomo diritto so-ciale»61.In ciònon può non ravvisarsi, secondo l'interpretazione volpicelliana, unosdoppiamento che è matrice e, a un tempo, figlia della medesima scissione traStato e società, già individuata e criticata - da Gentile e Maggiore -nell'hegeliana dialettica tra bürgerliche Gesellschafte Staaf2. Uno Stato cherimane mero titolare della legge con la quale riconosce e sanziona un dirittoche non nasce in esso e con esso, ma in una società che precede sempre la suaformazione. Ma la società, secondo Vol-picelli, «non crea il diritto, se non inquanto Stato», assumendo in tale veste il ruolo di società politica 3.Il nessotra diritto e politica, allora, costituisce il vero nodo da sciogliere, ilterreno su cui è possibile porre le solide fondamenta della scienza giuridica,delineandone definitivamente caratteristiche e confini. Diritto e politicarappresentano l'astratto e il concreto del processo ideale che accompagna econtrassegna perpetuamente l'ente Stato. Se, perciò, il diritto può esserepensato come «l'obiettivazione astratta» del «concreto essere e operare» dellapolitica, le scienze impegnate a studiare e definire i rispettivi oggetti sonoagevolmente identificabili: la scienza del59 Orlando, infatti, da un latoconsidera il diritto come "una creazione spontanea, incessante ed organicadella società", dall'altro sia allontana da tutte quelle dottrine che"ponevano a centro e a soggetto del mondo giuridico il puro individuo comeimmediatamente dotato di naturali diritti" (cfr.A. Volpicelli, VittorioEmanuele Orlando (1),cit., p. 16).Volpicelli scorge in questa separazione unretaggio diretto della scuola storica del diritto. Una corrente a cui vienericonosciuto un duplice merito: "contro il contrattualismo, riaffermal'apriorità e originarietà della società come fonte e principio del diritto;contro il giusnaturalismo, la storicità e positività di quest'ultimo"(cfr. ibidem). E, infine, "l'avversione costante e irriducibile di quellascuola alle codificazioni, che pretende di arrestare il corso storico" ealle riforme imposte "da una ragione arbitraria (perché metastorica)"(ibidem). Ciò che, al contrario, valuta come un limite è la negazione delloStato come fuoco incessante della società: una società descritta come "unarealtà piena e perfetta prima e fuori dello Stato" e quindi una realtà"immediatamente statuale e giuridica" (cfr. A. Volpicelli,VittorioEmanuele Orlando (D), 1927, I, cit., p. 17).Cfr. A. Volpicelli, VittorioEmanuele Orlando (1), 1927, I, cit., p. 17.Il confronto di gentile con lafilosofia hegeliana si traduce in un più complessivo abbandono dello schematriadico della sua dialettica e nell'adozione di un processo di auto-sintesiche si regge sulla continua contrapposizione tra 'concreto' ed 'astratto'; sulpunto soprattutto cfr. G. Gentile, La riformaconfronto di gentile con lafilosofia hegeliana si traduce in un più complessivo abbandono dello schematriadico della sua dialettica e nell'adozione di un processo di auto-sintesiche si regge sulla continua contrapposizione tra 'concreto' ed 'astratto'; sulpunto soprattutto cfr. G. Gentile, La riforma della dialettica hegeliana(1913), Firenze 2003. La critica di Maggiore ad Hegel, invece, si sviluppa organicamente,seguendo per grandi linee la lettura gentiliana, in Maggiore, Hegel, Milano.] [dirittoha il compito di analizzare lo Stato «ipostatizzandolo e irrigidendolo»,considerandolo sempre come «obiettivo e statico ordinamento istituzionale», lascienza politica ha viceversa la funzione di approcciare alla realtà statuale«nel suo divenire concreto», ovvero «nel suo interno rapporto con laprogressiva e piena volontàumana» 64.In sintesi, diritto e politica - e conessi le relative scienze - sono senza dubbio distinti, ma non del tuttoseparati perché «non rispondono affatto a due concezioni opposte della realtà»,ma piuttosto «poggiano su un fondamento ideale comune», lo Stato, di cuiincarnano l'astratto e il concreto"s.L'approccio orlandiano, in questosenso, viene certamente 'salvato', dal momento che l'analisi e il valore degliistituti pubblici «nella loro giuridica realtà» costituiscono «il fine dellascienza giuridica»: un fine che, tuttavia, non si persegue correttamente sequesti «si staccano dal processo storico in cui si enucleano»66. Proprio qui,infatti, affiorerebbe il secondo e decisivo limite della ricerca di Orlando,ossia il tentativo impossibile «di accogliere e conciliare in un piùcomprensivo sistema i motivi parimente essenziali, ma inadeguati ed erroneinella loro unilateralità, delle due scuole di diritto pubblico del sec. XIX»:la scuola 'francese', che continua a dare forma «alle premessepolitico-ideologiche della rivoluzione», e la scuola 'tede-sca', che alcontrario «avvia e apre a sostanziali sviluppi l'assolutismo tradizionale»67Se,dunque, il legame con la scuola storica lo conduce all'inaccettabiledivaricazione tra legge e diritto (rectius: società e Stato), l'attenzione almodello francofono lo porta, viceversa, verso un imprudente abbandono propriodella dimensione storica (rectius: politica) della realtà giuridica in quantorealtà statuale"8. La vera 'colpa' di Orlando, dunque, sarebbe quella dinon aver realizzato la sintesi tra le due teorie, ovvero di non aver costruitouna scienza giuridica capace, a un tempo, di affermare «l'autonomia el'assoluta sovranità dello Stato», nonché «l'esigenza dello Stato giu-ridico» e«della libertà civile»6. Il suo vero fallimento è determinato dal vano sforzodi conciliare la necessità delle prerogative sovrane della realtà statuale con l'esigenza64Ivi,pp. 20-22.6Ivi, p. 21. Sul rapporto tra diritto e politica, come suggerisceIrene Stolzi, Volpicelli - insieme ad Ugo Spirito con il quale condivide finoin fondo le avventure e le disavventure dei Nuovi studi, rivendica "lanetta supremazia del momento politico su quello giuridico", ossia "lanecessità che la politica diventasse l'effettivo motore dello stessodiritto" (cfr. I. Stolzi, Il fascismo totalitario: il contributo dellariflessione idealistica, in Historia et ius (www.historiaetius.eu), 2/2012,paper 14, p. 6).6Ivi, p. 23.6 A. Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando (III),cit., p. 183.68 In verità, rileva Aldo Sandulli, le molteplici ascendenzeculturali che caratterizzano la formazione della dottrina orlandiana, possonoessere ricondotte "ad un ceppo comune culturale" rappresentato dalla"scuola storica di Savigny", dal quale poi si distanzia per seguire"gli indirizzi dei più rilevanti approdi della coeva giuspubblicisticatedesca", ovvero Gerber, Laband, e, infine, soprattutto Jellinek (cfr. A.Sandulli, Costruire lo Stato. La scienza del diritto amministrativo in Italia(1899-1945)Milano 2009, p. 72).6 A. Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando] diriconoscimento della libertà politica ad ogni individuo. Volpicelli risolvequesta, per lui, intollerabile giustapposizione orlandiana con la 'sintesi' deidue elementi, sovranità statuale e libertà politica, nella nozione di libertàcivile che, andando a coincidere con l'autolimitazione statale, si realizza in«un congruo e determinatosistema di norme giuridiche»70.La libertà civile,intesa in senso volpicelliano, se traslata nel rapporto tra i singoli, puòcostituire i presupposti della libertà giuridica, cioè di quella libertà«insita e definita nello stesso diritto» che deriva «in modo indiretto,subordinato e contingente dal diritto posto» e che trova «nella empiricaformulazione di legge il suo fondamento e i suoi limiti»". Mentre, quindi,l'attributo civile sembra connotare più propriamente i rapporti tra individuo eStato, quella giuridica pare riferirsi in maniera più manifesta alle relazioniintersoggettive: due formulazioni della libertà che, da un lato, avallano unadifferenziazione tra ius - in quanto materializzazione dello70 Ibidem. Ilproblema dell'auto-limitazione dello Stato spinge Volpicelli ad un naturaleaccostamento teoretico tra la dottrina Orlando e quella di Jellinek checostituisce, per il giurista romano, l'occasione per un ulteriore chiarimentoconcettuale.Se la dottrina di Jellinek ha il merito di mirare alla"organica coesistenza" di sovranità e libertà, sulla limitazione delpotere sovrano Volpicelli esprime chiaramente la sua posizione differenziandoladalla teoria dei diritti pubblici Ibidem. Il problema dell'auto-limitazionedello Stato spinge Volpicelli ad un naturale accostamento teoretico tra ladottrina Orlando e quella di Jellinek che costituisce, per il giurista romano,l'occasione per un ulteriore chiarimento concettuale.Se la dottrina di Jellinekha il merito di mirare alla "organica coesistenza" di sovranità elibertà, sulla limitazione del potere sovrano Volpicelli esprime chiaramente lasua posizione differenziandola dalla teoria dei diritti pubblici soggettivi:secondo quest'ultima, infatti, "limitazione giuridica del sovrano vuol dirsoltanto relazione giuridica di esso col suddito: relazione insidente nell'attostesso onde lo Stato legifera o pone il proprio comando nella forma dilegge" (cfr. A. Volpicelli, Vittorio EmanueleOrlando (III), cit., pp.193-194).In Volpicelli, dunque, è la legge medesima a contenere in sé il sensodel limite. Essa, infatti, non è mai e solo "un unilaterale comando alsuddito", ma è sempre "un comando a se stesso", ossia "uncontinuo organizzarsi e procedere giuridicamente" (cfr. ivi, p. 194). Delresto, se 'filosoficamente'Stato e individuo si identificano, in ambitogiuridico la teoria dei diritti pubblici soggettivi non è accettabile perchépresuppone l'auto-poiesi di uno Stato, che si astrattizza nella fictio iurisdella persona giuridica. Una fictio che poi si 'sdoppia' attraverso ilriconoscimento della personalità giuridica del cittadino.La teoria dei dirittipubblici soggettivi presuppone la relazione tra due soggetti ontologicamentediversi; l'attualismo filosofico, invece, li considera come i momenti distintidi un'unica sostanza. Il legame sovrano-suddito, Stato-individuo, è sempre 'interno'e mai 'esterno'. Perciò, su un piano speculativo è inaccettabile; ma da unpunto di vista della scienza, nel senso astratto datogli da Volpicelli,potrebbe anche essere accettata, quanto meno nei suoi presupposti se non intutte le sue conclusioni.Rispetto ad Orlando, dunque, Volpicelli cerca unasorta di interpretazione attualisticamente orientata dell'opera di Jellinek edella dottrina dell'autolimitazione. Uno Jellinek il cui merito è quello diessere partito "dal puro atto legislativo ut sic, senza pretesa alcuna diassegnare e imporre allo Stato un determinato atto legislativo iniziale",evitando così lo sdoppiamento tra sovranità e popolo (cfr. ivi, p.196)."Ivi,p. 190. "Legiferare è limitarsi": pertanto, "Stato legislatore eStato giuridico non sono, in-somma, due Stati o parti staccate ed eterogenee diun unico Stato - una originaria e sottratta al diritto (autocratica,illimitata, assoluta) e l'altra postuma, derivata e vincolata da esso",bensì "i due momenti ideali e inscindibili dell'unico Stato nel suo eternoprocesso di posizione e costituzione di sé" (efr. ivi,p. 195).Lo Statolegislatore, in definitiva, "è continuamente e inscindibilmente un semprenuovo determinato Stato giuridico", cosicché la legge è l'atto chegarantisce il continuo processo di produzione della giuridicità] [Stato - e lex- in quanto astrazione individuale dello spirito, fugando però il rischio dellascissione perpetrata da Orlando, in cui rimane impossibile «conciliare lasta-tualità del diritto con la sua preesistenza allo Stato». In definitiva,attraverso tale duplice articolazione, Volpicelli finisce, volente o nolente,per assecondare - tramite il diritto - quella indispensabile identitàgentiliana di libertà e autorità -- sovranità. Il percolo di una separazionetra Stato e società, già paventatosi in Orlando, trova, secondo Volpicelli, conl'affermarsi dell'istituzionalismo romaniano, un'ulteriore fonte di minaccia,ma anche un'apprezzabile opportunità di sviluppo. Per far sì che «la societàsia l'immanente sostanza dello Stato» e che quest'ultimo si trasformi nella«coestensiva e interiore organizzazione autorevole» della societas me-desima,occorre che il diritto pubblico, lungi dal ridursi alla «figura del rapportopolitico tradizionale atopicamente concepito», incominci a «svolgersi earticolarsi in un compatto sistema d'istituzioni attraverso cui circoli tuttala vita sociale»74.In questo senso, Volpicelli può ben richiamarsi aL'ordinamento giuridico nel sostenere che «il diritto non è norma o regolaestrinseca di rapporti atomistici», bensì una «compatta organizzazione socialein cui le norme e i rapporti rientrano come particolari e subordinati momenti».Ma, soprattutto, la realtà giuridica è una «organizzazione, in virtù dellaquale la società si articola e costituisce in un ente unitario ed autonomorispetto ai vari elementi che lo compongono»76. In sostanza, in tale lettura siaccetta, come fondamento incontestabile, l'inscindibile connubio tra ius esocietas. Un connubio che trova la sua primigenia unità nell'individuum72A.Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando (III), cit., p. 199. Sul rapporto traindividuo e Stato inVolpicelli cfr. A. De Gennaro, Crocianesimo e culturagiuridica, cit. pp. 365-366.73 Cfr. G. Gentile, I fondamenti della filosofiadel diritto, cit., pp. 65-88. Sul rapporto tra autorità e libertà in Gentile,tra le possibili letture cfr. G. M. Barbuto, Nichilismo e Stato totalitario,Napoli2007. 74A. Volpicelli, Santi Romano (I), cit., p. 10.75 Ibidem. PerVolpicelli la norma "è una linea divisoria tra le azioni umane", unaconnessione tra ordinamento giuridico e realtà umana • openstarts.units.it72A.Volpicelli, Vittorio Emanuele Orlando (III), cit., p. 199. Sul rapporto traindividuo e Stato inVolpicelli cfr. A. De Gennaro, Crocianesimo e culturagiuridica, cit. pp. 365-366.73 Cfr. G. Gentile, I fondamenti della filosofiadel diritto, cit., pp. 65-88. Sul rapporto tra autorità e libertà in Gentile,tra le possibili letture cfr. G. M. Barbuto, Nichilismo e Stato totalitario,Napoli2007. 14A. Volpicelli, Santi Romano (I), cit., p. 10.75 Ibidem. PerVolpicelli la norma "è una linea divisoria tra le azioni umane", unaconnessione tra ordinamento giuridico e realtà umana che costituisce "unlimite oggettivo" con "due facce assolutamente congrue" (cfr. A.Volpicelli, Santi Romano (continuo e fine), in Nuovi studi di diritto, economiae politica, 1929, VI, p. 363). Più in generale, l'attenzione per le teorieromaniane è un tratto comune a molti teorici appartenenti alla scuolagentiliana o comunque in qualche modo aderenti o vicini alla filosofiaattualista. Oltre a Volpicelli, come ricorda Irene Stolzi, anche Maggiore ePanunzio riconobbero a Santi Romano "il merito di aver sollevato laquestione della identità profonda del fenomeno giuridico e di aver chiaritocome tale identità non potesse in alcun modo esser ricavata dalla merasuperficie normativa, dal semplice sistema del diritto positivo" (cfr. I.Stolzi, L'ordine corporativo.Poteri organizzati e organizzazione del poterenella riflessione giuridica dell'Italia fascista, Milano2007, р. 105).76д.Volpicelli, Santi Romano] [medesimo. La società e il diritto, «nel senso piùgenuino e completo», sono, infatti, presenti già «nell'individuo isolato», ilquale, malgrado rimanga «chiuso della sua vita interiore», in quantoespressione della soggettività concreta dello spirito, costituisce «un solido earticolato sistema di volizioni e mezzi di vita, di poteri e istituti, digaranzie e di norme, di facoltà e obblighi»; e quindi una forma di «redenzioneessenziale di sé con sé», motivo per il quale va considerato, senza ombra di dubbio,come una «società formalmente piena e perfetta»"?.Tuttavia, ciò che rimaneestraneo all'ortodosso attualismo volpicelliano è l'idea di un diritto oltre loStato8. Il diritto, infatti, «è l'obiettivazione positiva della volontà delloStato», ossia «l'organizzazione statica e obiettiva in cui, di momento inmo-mento, si configura e conchiude il vivente processo politico dello Stato».Esso è certamente 'organizzazione' - come sostiene Santi Romano - ma soltantoquella che si incarna nella forma', ma soprattutto nella 'sostanza', delloStato. Inoltre, è la sua presupposta mutevolezza a fornire quella solida eirrinunciabile garanzia di adeguamento continuo all'azione dello Stato e, diconseguenza, della società tout court.In definitiva, se, da un lato, vieneaccolta favorevolmente, in funzione anti-for-malista e anti-normativista lanozione del diritto come istituzione, dall'altro non è possibile sostenere laconseguente visione pluralista, derivante - per il vero - da una letturaaccentuatamente 'progressista' e 'innovatrice' del saggio di Santi Romano8:l'istituzione,in ultima analisi, secondo Volpicelli, non può che essere lo Stato, ossia ilsoggetto che, per affrancarsi definitivamente dalla sua ipostatizzazionemoderna,V., del resto, legge in chiave assai personale anche la crisi delloStato moderno: nella sua ottica, il superamento dello statualismo ottocentescorappresenta "il passaggio dalla concezione nor-mativa, e quindiindividualistica e privatistica, a quella istituzionale e pubblicistica deldiritto", ovvero"dalla concezione atomistica e formalistica a quellasocialitaria ed organica dello Stato" (cfr. A. Vol-picelli, Santi Romano(continuo e fine), cit., p. 363).79 Ivi, p. 351.8 In realtà, la teoria di SantiRomano andrebbe letta come un tentativo di conservazione. attraverso l'adozionedi un modello organicistico e anti-individualistico, dello statualismo. Unostatualismo che, tuttavia, avrebbe dovuto definitivamente accantonare le formegiuridiche ottocentesche. In tal senso, come scrive Sabino Cassese, la visionedi Santi Romano rappresenta "il contrario del plurali-smo" (cfr. S.Cassese, Lo Stato, «stupenda creazione del diritto» e «vero principio e vita»,nei primi anni della Rivista di diritto pubblico (1909-1911), in Quadernifiorentini, Milano 1987, p. 507). Pertanto, seguendo le parole di AlfonsoCatania, si può ulteriormente concludere che Romano "elabora unaconcezione giuridica che, lungi dal riflettere e comunque lungi dal mettere inevidenza anche la possibilità di una lettura conflittuale della società,giuridifica la realtà stessa, in questo senso la forma-lizza, in questo sensodepotenzia il conflittualismo perché in qualche modo la visione giuridica,nella sua struttura ordinamentale-organizzatoria, tende ad esaltare tutti imomenti in cui appunto l'azione sociale si mostra fondativa e corroborativadell'organizzazione stessa, senza che minimamente si formulino ipotesi sullareale composizione e sul reale scontro delle organizzazioni sociali irrompentisulla scena storico-politica" (cfr. A. Catania, Formalismo e realismo nelpensiero di Santi Romano, inId., Teoria e filosofia del diritto. Temi,problemi, figure, Torino. Sull'interpretazione della dottrina romaniana, ancoracfr. A. Sandulli, Costruire lo stato.] [cideve assumere l'attributodell'organizzazione. L'addivenire ad una qualsiasi «teoria della pluralitàdegli ordinamenti giuridici» rappresenterebbe «il logico corollario» di unaconcezione formalistica del diritto e, a un tempo, «la negazione flagrante dellaistituzionalità del diritto»8'. Il diritto, in altre parole, «è istituzione»solamente «se e perché il mondo dei rapporti giuridici» si origina, si sviluppae si conserva come «una compatta unità» 82.Ciò che, dunque, finisce sotto lalente critica volpicelliana è l'ipotesi di una elaborazione dottrinaria, daparte della scienza giuridica, di una teoria che consideri «il diritto ol'istituzione ut sic, nella sua purità e generalità», e che risponda così, inmaniera fatua ma pericolosa, «al più tormentoso ed insistente problema dellamoderna giuspubblicistica», ovvero quello di «legare o subordinare lo Stato aldiritto»83Un'operazione considerata vanamente astuta perché, passando da unasurrettizia e apparente identificazione tra Stato e ordinamento, si traduce inun'inaccettabile riduzione del primo termine a species del genus 'istituzione'.Nelrigettare contestualmente l'identità Stato-diritto e l'assorbimentodell'ordinamento statuale nella più ampia nozione di istituzione, Volpicelliravvede il verificarsi di una fallacia analoga a quella naturalista. Sebbene,infatti, lo 'statualismo' sia, storicamente e filosoficamente, antitetico algiusnaturalismo perché dà al diritto «una'fonte' immanente e positiva», ovveroun «istituto», esso finisce per cadere nella stessa fallacia, ossia di«subordinare al diritto lo Stato, che da tale subordinazione trarrebbe lapropria esistenza e legittimazione giuridica, 84. L'unica legittima identificazione- su un piano filosofico - di Stato e diritto è quella che vede il secondo come«l'incessante organizzazione obiettiva del concreto processo politico», laddove'politico' corrisponde con 'etico'85.Questa familiare dialettica tra oggetto(diritto) e soggetto (Stato), tra astratto e concreto, che trova ampioriscontro nella filosofia di Gentile, in Volpicelli viene ulteriormentesviluppata attraverso l'approccio al tema del diritto internazionale. Se loStato è, dunque, quella «concreta realtà politica che pone e riforma e vivificaincessantemente se stesso come entità o istituzione giuridica»8, si pone ilproblema di definire, in maniera coerente con le premesse dell'attualismofilosofico, l'ordinamento fra Italia e il resto del mondo, ovvero rifiutandoqualsiasi soluzione dualistica e, a maggior ragione, pluralistica. V. affrontala questione sostenendo che l'ordinamento fra l’Italia e il resto del mondo (nouna corporazione) trascende e comprende bensì il singolo stato italiano comesoggetto giuridico -- rectius: i singoli ordinamenti giuridici statuali -- mamai e in nessun modo lo stato italiano come soggetto politico in quanto centro vitali,costruttore e riformatore. Volpicelli,Santi Romano] [dell'organizzazione giuridica internazionale. Solo in questosenso l'ordinamento internazionale può delinearsi come «unica istituzione oorganizzazione giuridica» all'interno della quale sussistano molteplici«relazioni giuridiche» che sono appunto«di ordine intra-istituzionale. Ecco,allora, svelata la ragione del mantenimento della nozione di istituzione in unsistema rigidamente identitario e monistico come quello implicitamente oesplicitamente avallato dalla filosofia 'attuale': lo Stato si identifica coldiritto astratta-mente, ma non concretamente. Sia nel rapporto interno, sia nelrapporto esterno, il processo identitario a cui Volpicelli continuamente faricorso concerne l'analisi giuridica (e quindi scientifica), non quellapolitica (e quindi filosofica). Lo Stato, come realtà concreta e agente, creasempre il diritto con cui, nell'atto creativo, va a identificarsi. Una cosa è,pertanto, lo stato fascista italiano politicamente, o meglio, eticamente, inteso,un'altra lo stato italiano nella sua obiettivazione giuridica. Alla naturadistintamente ontologica o NOUMENICA del primo, corrisponde - rimanendoneineluttabilmente separata ed estranea – la mera natura fenomenica econtingentemente storica del secondo. V. Urso, V. -- Arnaldo Volpicelli. Volpicelli.Keywords: natura, spirito, corpi e corpi, corporazione. H. P. Grice Papers,Bancroft. Luigi Speranza, “Grice e Volpicelli: il naturalismo,” Luigi Speranza:Grice e Volpicelli: natura e naturalismo” – The Swimming-Pool Library, VillaSperanza, Liguria. Volpicelli.

Grice e Voltaggio: all’isola, la scienza della fantasia di Vico -- laragione conversazionale del ‘vel’: p v ~p – fondamenti della logica – filosofiaitaliana – Luigi Speranza (Palermo). Essential Italian philosopher. Grice: “Ienjoyed “What Leibniz actually said and not just implicated.” “Voltaggio also clarified Husserl to me.” Filosofo italiano. Si laurea a Roma sotto ANTONI.Insegnaa Roma, Mogadiscio e Macerata. Cappo ridattore di Sapere, collabora con Ilmanifesto, Lettera, di cui è socio fondatore, Apeiron, Janus, e Medical. Consulentedi Sigma Tau di Roma e dell'istituto psico-nanalitico per le ricerche sociali,membro del seminario di filosofia di Senigallia. Altri saggi: Fondamenti dilogica, Milano, Comunità; La funzione critica, Roma; Che cosa ha veramentedetto Leibniz, Roma, Ubaldini; Scienza, Milano, Comunità; I filosofi e lastoria, Milano, Principato; L'arte della guarigione, Torino, Bollati; Ilfilosofo nel bosco, Roma, Di Renzo; Scienza filosofica, Roma, Laterza; Italia mediterranea:I flussi migratori nelle principali città rivierasche, Roma, Edup; Antigonetradita: una contraddizione: libertà e STATO nazionale Roma, Internazionali; Ilparadosso dell'infinito, Milano, Feltrinelli; Epistemologia e politica dellaricerca, Roma, Armando; L'evoluzione di un evoluzionista, Roma, Armando; La conoscenzainespressa, Roma, Armando -- ‘a bit like my ‘tacit knowledge’ – Grice. --; L'oradella socio-biologia, Roma, Armando; L'arte della ricerca scientifica, Roma,Armando; Il potere: processi e strutture: un'analisi dall'interno, Roma, Armando;Progresso e razionalita della scienza, Radnitzky, Andersson, Armando, Roma); Verene:“VICO: La Scienza della fantasia” Armando, Roma; L'intelligenza scientifica:un'indagine sull'immaginazione creatrice dello scienziato; Roma, Armando; Filosofiper la pace, Roma, Riuniti; Galeno: Trattato sulla bile nera, Torino, Aragno. Voltaggio.Keywords: Vico, “la scienza della fantasia” fundamenti della logica –fundamenti della logica di voltaggio – veramente detto Vico – veramenteimpiegato Vico --. Refs.: LuigiSperanza, “Voltaggio: what Leibniz implicated, as explicated by Grice.” H. P. Grice, “Voltaggio,” BANC MSS 90/135 c. Luigi Speranza, “Grice eVoltaggio,” The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria

Grice e Vopisco: La ragioneconversazionale all’Orto di Roma– filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. L’Orto. Patron of STAZIO (si veda). Grice:“When I say ‘Garden’ I mean: ‘filosofo che segue la dottrina dell’Orto” – i. e.Marius, the Epicurean! Thecategory of ‘patron’ is more or less publicly unknown in Oxonian philosophy.The term is applied to what the stereotypical patron was applied, as when wesay ‘Mecenas’ without meaning ‘Mecenas.’ Inglobati nel parcodi Villa Gregoriana sono i resti di una antica villa romana. Essendo consoli aRoma Quinto Ninio Asta e V., dal genitore di V. e infatti edificata a Tivoliuna villa di cui il STAZIO (si veda) ci dà conferma nelle sue “Sylvae.” Questalussuosa villa e tanto spaziosa che si estende dall'attuale ingresso di VillaGregoriana fino all'ex albergo Sirene. Le fonti antiche infatti ci dicono chela dimora e abbastanza articolata ed estesa. Il terreno e attraversato da uncanale di acqua, proveniente dal vicino Aniene, che la divide in due parti: unaera posta all'interno di Villa Gregoriana mentre l'altra e situata appuntovicino all'ex hotel Sirene. La scelta del luogo ove edificarla e influenzatadal fatto che qui si estende il bosco sacro di Tiburno, qui c'e la grotta dellaSibilla, qui si ergevano i templi magnifici ed imponenti dell'acropoli. Daglistudi compiuti alcuni sostengono però che la villa Vopisco non sarebbe statacostituita da due ma da tre aree, attraversate dai canali Stipa e Chiavicone oV. i quali sono una specie di valvola di sfogo quando l'Aniene e in piena. Stipadà luogo alla cascata del Bernini, dal Bernini che ri-struttura il canale diorigine romana. STAZIO (si veda), nella sua opera, Sylvae, consideraun'attrattiva della villa V. il fatto di essere fornita di acqua potabiledall'Acqua Marcia. Interessante a tal proposito è la fistola trovata in piombo.Nella villa infatti, nel corso delle esplorazioni, è stato rintracciato unacquedotto così come è documentata la presenza di una piscina utilizzata perl'allevamento ittico. Attualmente della villa rimangono solo 13 ambienti apertie finalizzati ad essere delle sostruzioni su cui poggiare le varie parti edilidella villa sovrastante. L'idea dell'architetto e che essi, guardandoli,dessero l'impressione di trovarsi davanti a delle grotte naturali e per questomotivo dove e possibile si lascia intatto il terreno roccioso. Tuttavia sisuppone, basandoci sulla testimonianza di fonti, che la dimora e costituita davari padiglioni isolati. Non è semplice oggi però la lettura di ciò che restadel complesso anche se Canina tenta di ricostruire come la villa doveva essere.PublioManlio Vopisco. Vopisco. Keywords: la villa del filosofo. Vopisco.

Grice e Winspeare: la ragione conversazionele e l’elogio d’Antonino –“Della filosofia romana” – filosofia italiana – Luigi Speranza (Portici). Filosofoitaliano. Essential Italian philosopher. “My Italian friends do not consider meItalian, though!” Winspeare’s ancestors are from Yorkshire in a bad time. HenryVIII. “So the king’s option was clear: either your head off or move to Capri. I chose the second.” Opere: “Delle confessioni spontanee de’ rei”(Simoniana, Napoli); “L’abuso feudale” (Trani, Napoli); “Voti de’ Napolitano (Napoli);“La voce di Napodano; ossia, illustrazione del patto di Capuana e Nido” (Trani,Napoli); “Le Leggi di Cicerone” (Trani, Napoli); “Delle chiese ricettizie del regno”(Trani, Napoli); “Filosofia” (Trani, Napoli); “Dissertazioni legali” (Agrelli, Napoli);“La colonia perpetua ed il diritto feudale abolito” (Pesole, Napoli). Dellafilosofia romana. La filosofia romana comincia da CICERONE. A CICERONE e dovutala lode di aver dato la cittadinanza latina alla disciplina greca, e di avereeccitato in questo studio l’emulazione de’ suoi cittadini. Di Cicerone è ilvanto di avere richiamato la scienza ai principi dell’Accademia e di averlaapplicata alla vita si private che publica, e di darli un linguaggio che primanon aveva. Pe’quali meriti, Cicerone raccolge in se la gloria dei maestrigreci. Sapiente come Socrate, eloquente come Platone, erudito come Aristotele,e austero come Zenone, Cicerone compende in se le più chiare menti di Grecia,sì che risplende nel mondo intelligente, non solamente come il luminare dellafilosofia latina, ma come il più ornato, il più elegante, e il più rettoingegno, che onra la spezie umana. Che se mancogli il merito dell'invenzione,ne ha bene un altro che quello eguaglia ed avanza, cioè l'essere stato tra gl’antichiil più utile alla filosofia pratica, avendo rimosso dalla speculativa lainvestigazione della causa naturale, e dimostralo l’unità del principio, a cuisi annodano la psicologia e la morale. Infatti, avendo, come Socrate, stabilitoper scopo d’ogni filosofia la conoscenza di se medesimo, da questo fa nascerela conoscenza del divino, la celeste origine delle anime umane e l’ordinemorale degl’esseri creati, il fine de’ beni e de’ mali, la cognizione del sommobene, il principio dell’obligazione naturale, e la nozione di quella eternalegge che tutto modera e governa. Avendo così dato alla filosofia un fine vero eutile alla vita umana, poco entrar volle ne’ concetti astratti, e forsedisprezzogli al par di Socrate. Questo ha fatto a molti dire che Cicerone nell'esporre filosofia non sempre penetrato addentro nel suo senso, e fosse quasirimaso straniero a quella esoterica sapienza, che taluni tanto più predicano eammirano, quanto più di tenebroso trovano nelle sue concezioni. E quidomanderemmo, se non è arroganza de’ moderni il tassare di poca penetrazione lapiù luminosa mente dell'antichità. Cicerone abbraccia tutte le parti del sapereumano, svolge le più gravi questioni di filosofia intellettuale, e spogliandolede’ sofismi della dialettica le rendette facili e popolari. E vorremmo ancorasapere, se possa imputarsi a difetto di scienza l’avere ommesso quellecontroversie astratte, che non solamente non contribuiscono alla perfezionedella cognizione, ma la fanno in falsa parte piegare? Sarà facile il risponderea chiunque farassi a considerare le parti singole della filosofia trattate daCicerone, prendendole dal quadro che Cicerone stesso ne fa nella introduzione d’unode' suoi libri filosofici. Ne’ libri accademici Cicerone vuole dimostrare laprima e più importante verità della cognizione umana, la certezza dellesorgenti delle idee. In ciò fare, origine e realità della umana segue perrispetto a' sensi la dottrina del Portico, che a quelli dato ha cognizione piùche non ha concesso Aristotele, o sia define e determina il comprensibile de’ sensine’ termini stessi della scuola del Portico. Dal Portico Cicerone deduce, esserla verità de’ sensi una condizione necessaria della natura, comprovata dalladifferenza che la natura stessa stabilito tra’l piacere e il dolore. Ma accantoal principio della sensazione, Cicerone colloca la virtù intuitiva dell’animacome affalto distinta da quello, o sieno le prime nozioni impresse dalla natura,senza le quali l’anima puo nè intendere nè ragionare -- Tuscul., De legib.,Academ. --. Visum, impressum, effictumque ex eo unde esset; quale esse nonpossel ex eo, unde non esset. Lucullus. Circa la dottrina dell’idee, Ciceroneespone storicamente il concetto di idea dell’Accademia, senza impugnarlo osostenerlo. Cicerone narra lo strazio che fatto ne ha Aristotele, insieme co’ suoiperipatetici nel Lico; lascia da banda la questione del come le nozioni nascosee adombrate nell’anima si sviluppano, ma riconobbe come indispensabile lanecessità d’un secondo principio tutto intellettuale, senza del quale e impossibilespiegare le operazioni della mente, l'astrarre, il generalizzare, l'inventare,e sopratutto il prodigioso fenomeno della memoria. Conforme a’ principi dellaumana cognizione e il resto del suo sistema conoscenza intellettuale, che esponenelle “Tusculane” e ne’ saggi intorno a’ fini de’ beni e di se medesimo demali. Per la contemplazione di se medesimo, introdusce l'anima alla cognizionedella immortalità ed immaterialità della sua sostanza, della origine divina dacui emana, dello scopo della vita, e del sommo bene cui debbe aspirare. E inprima, la più importante qualità dell'anima, siccome CICERONE avverte, èl'intuizione di se medesimo, la qual dote è appunto una conseguenza di quelprincipio d’intellezione che la natura ha in lei impresso, che non si acquistaco' sensi, e che nella più matura età quando i sensi declinano, diviene piùretto e perspicace. Dalla virtù (andreia), che l'animo ha di vedere se medesimoe le qualità sue, e dalla forza che ha in se di volere e di muovere, sentel'uomo essere cotesta virtù (andreia) un principio proprio, non prodotto d’altraesterna forza, e scopre essere quel principio stesso il quale muove la materia,affatto simile all’azione, che dà moto e vita all’universo; d'onde conclude nonessere materiale o corporea, nè terrena o mortale, ma celeste ed eterna. Nèsolamente dal principio della volontà e del moto ricava l'immortalità el'immaterialità della sostanza sua, ma si bene dall’altre doti intellettuali,di cui scorgesi arricchita: dalla facoltà di pensare, di ritenere e dirichiamare le idee e le nozioni passate, di antivedere le future, e diabbracciare col pensiero il divino, le opere sue, e l'infinito stesso, che n'èil principale attributo. In somma sviluppando il precetto di Socrate, conoscitestesso, o sia investiga quale sia l’animo tuo, Cicerone fa da quello derivare itre primi dogmi della naturale sapienza dell' uomo, l’esistenza del divino,l'immaterialità, e l’immortalità dell’anima umana. E allorchè dall’internainvestigazione dell'animo passa alla contemplazione de gl’obgetti esterni, edelle altre opere della natura, quanto più luminoso non diviene il concetto deldivino, della dignità dell'uomo, della sua futura sorte, e del vero scopo dellavita? Delle quali magnificenze sarebbe l'uomo muto e indifferente spettatore alpari dei bruti, se non avesse sviluppato entro di se le nozioni del proprioessere, e delle relazioni sue colle altre creature, e coll'autore stessodell'universo Academ. “Animo ipso animum videre”. A stabilire poi la veranozione del divino, ne’ libri “de natura deorum” vuole Cicerone esporre leprincipali opinioni delle scuole, l'accademica, il portico, e il giardino; esbandita questa -- la quale dava al divino per suo unico fondamento la praticacredenza degl’uomini e rendevala affatto inutile alla vita -- dimostra come gl’accademicidiscordassero dai filosofi del portico nelle parole più che nella sostanza.Ciascuna di quelle due scuole non pertanto ha una parte vera: il concetto deldivino, ricavato dall'opera dell'universo, e degl’accademici, i quali ereditanol'avevano dagl’accademici: l'altro della provvidenza, che tutto regge e disponeper la utilità dell'uomo, e del Portico. Ma costoro d'altra parte ammettenodogmi, e commettevano insieme principii tra loro incompatibili, come la naturaanimata cogl’attributi del divino, il fato colla provvidenza e colla libertàdell’umane azioni. La stessa loro virtù (andreia), o il sommo bene non puoaccomodarsi al viver pratico degl’uomini, dapoichè e collocata in un estremotale, che per esso toglievasi ogni merito o biasimo ai fatti, buoni o tristiche sono, se pur non toccassero l'apice della perfezione. Per esso l'uomo sapientedivene un essere ideale, che non puo scontrarsi sulla terra. I doni dellanatura, la sanità, il vigore, la bellezza, le sostanze sono agguagliate a’ difettie alle privazioni contrarie. Il piacere scambiassi col dolore. Le relazioni tragl’uomini, gl’ufizi della vita, la prudenza, l’ordine, le virtù (andreia) civili,la cura de’ publici negozii, e la domestica economia, divenivano tutte qualitàdi convenzione, estranee alla sapienza e alla vera virtù (andreia). A rimuoverel'ostentazione di questa scabrosa virtù (andreia), dopo avere esposto leopinioni delle greche scuole, Cicerone dimostra quanto di vano fosse nelleparole e ne’ nuovi vocaboli introdotti dal Portico, e come il giusto mezzo sitrova nell’emendazioni di Panezio, il quale concilia Zenone, cogl’accademici eco’ peripatetici del lieco. Tale e lo scopo de’ suoi libri intorno a’ fini de’ benie de’ mali, insieme co’quali va letto l'altro del fato, che scrive peraccordare insieme la dottrina dell'ordine della natura colla provvidenza, ecolla libertà delle umane azioni -- libro, per altro, di cui ci rimane soltantoun malconcio avanzo. Non oseremmo fare la stessa apologia de’ libri intornoalla divinazione, nè sapremmo dire, se avesse Cicerone inteso sostenere laverità delle scienze divinatorie per l'autorità del portico, o per la necessitàdi ri spettare una dottrina popolare, a cui non avrebbe potuto impunementecontraddire. Forse la maggior lode di quella opera potrebbe ricavarsi dalfilosofico concetto che in essa sovente traluce, cioè che v' ha una provvidenzaconservatrice, della cui assistenza la mente umana senle il bisogno, per modoche gli stessi prestigii e le superstizioni delle arti divinatorie sono lapratica espressione di tal bisogno. Quae est causa istarum angustiarum gloriosaostentatio in constituendo summo bono. De Finibus. Le opere sin qua esposteabbracciano tutta la filosofia speculativa di Cicerone. Non sono meno luminosequelle della filosofia pratica: i libri degl’ufizi contengono l’applicazionedella dottrina del Portico, secondo le emendazioni di Panezio, a’ portamentidella vita; siccome i libri della republica e delle leggi derivarono daglistessi principi le regole per la vita publica, e per lo civile reggimento de’ popoli.Per Cicerone, in somma, la filosofia nacque in Roma matura, senza passare perl'età dell'infanzia, siccome aveva fatto in Grecia. Negli studi della umana sapienza,la ragione romana ha per guida la sperienza, o sia la storia dell’opinioni edegl’errori del più perspicace e il luminato popolo del mondo, il quale figuracome l'antesignano e il luminare di tutti gl’altri nella carriera delle letteree delle scienze. Cicerone e eclettico, perchè altra parte non resta a chisopraggiugne nella maturità del sapere, fuorchè il giudicare e lo scegliere. Mal'avere esercitato il giudizio e la scelta in tutte le parti della filosofia;lavere signoreggiato i pensieri de’ greci con un criterio sempre libero e retto;e l'aver dato ai pensieri della scienza l’espressione, o sia il linguaggio dicui i romani mancavano, gli meritarono presso i suoi un primato, che altrosapiente mai non ha presso la propria nazione. In conferma di che giovaosservare, che in tutta la durata del romano impero, e in mezzo a tanti sommiuomini i quali arricchirono ogni parte del sapere cogli scritti loro; nonapparve più alcuno che fosse stato comparato a Cicerone, si che Cicerone è solomodello della sana filosofia tra’ latini, come Socrate tra’ greci. Dellafilosofia pratica sopratutto Cicerone e benemerito, dapoichè per lui ladottrina del Portico passa dalla scuola nel foro, e nel grande teatro delmondo. Da questa la giurisprudenza attinse le cardinali nozioni dellagiustizia, e dell’obligazioni, proprie a stringere e consolidare i legami dellecivili associazioni. E sebbene nelle mani de’ giureconsulti la dottrina delportico acquistato ha una tinta di disputabile, aliena dalla sua naturalerigidezza, e avesse da Seneca ricevuto un certo orpello declamatorio; purtuttavolta fu da Arriano nel manuale di Epitteto richiamata a’ severi principiidi Zenone e di Cleanto. Certamente in Roma ottenne successi maggiori che inGrecia, per chè ivi divenne madre della sapienza civile, ed ha il vanto di averdato al mondo due perfetti modelli di re, nelle persone di Marc’Aurelio Antoninoe di Antonino. Restiamo dall’internarci negli ultimi periodi della filosofiadel basso impero. Tra perchè le vecchie nazioni che il componevano, nellacondizione stessa della loro vita civile trovano invincibili osta coli a’ progressidella ragione; e perchè gl’ultimi aneliti della filosofia andano in quel tempoa scontrarsi col grande avvenimento, che rinnovar doveva la religione, lacoltura e i costumi di tutti i popoli. Basta dire che il ritratto dell’opinionie de'costumi della ultima età dell'impero romano: lo scetticismo el'indifferenza per ogni verità formano la doltrina de’ sapienti. La corruzionescioglieva ogni giorno i vincoli sociali. La superstizione e l'ignoranza hannoottenebrato la superficie della terra. Keywords: elogio d’Antonino. Grice: “Hailing remotely from the CatholicNorth Riding of Yorkshire and settling in the most beautiful coastline in theworld, Winspeare knew all you need to know about Cudworth, and what he calls‘percezione.’ I would call him an Oxonian.” Grice: “My favourite Winspeare ishis ‘dictionary’: obviously he found Italian furrin enough to want to organizethings in a sort of thesaurum. Speranza, on the other hand, likes Winspeare’sidea of ‘volgarizzazione’ of Cicero’s ‘De Legibus.’ – one of the most boringtracts in legalese, but then at Naples at the time, you HAD to be a lawyer!” Keywords:Cicerone -- Refs.: H. P. Grice, “Winspeare, Speranza, Napoli, and me!”The GricePapers, BANC MSS 90/135c, The Bancroft. Luigi Speranza,“Grice e Winspeare,” The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria

Grice e Zabarella: la ragione conversazionale e il lizio di Poppi – filosofiaitaliana -- Luigi Speranza (Padova). Filosofoitaliano. Grice: “Mostphilosophers are stealing the voice of Zabarella; Poppi ain’t!” Primogenito di un’antica e nobile famiglia, eredita dal padre il titolodi conte palatino. Considerato il massimo esponente del lizio padovano.Studia a Padova, dove e allievo di ROBERTELLO, TOMITANO, E PASSERI, laureandosiin filosofia.Succedendo a Tomitano nella cattedra di semiotica nello studiopadovanoDeclina l'invito del re Báthory di insegnare in Polonia, ma gli dedica unsaggio, l’opera logica, stampata a Venezia. Sono pubblicate a Padova le sue Tabulaelogicae e a Venezia, il suo commento agl’Analitici II del Lizio. In rispostaalle critiche mosse alla sua semiotica dai suoi colleghi, PICCOLOMINI,BALDUINO, E PETRELLA, compone a Padova la “De doctrinae ordine apologia.” Apparverorispettivamente i suoi saggi, la “De naturalis scientiæ constitutione, e i Derebus naturalibus; postumi comparvero i suoi commenti incompiuti alla fisica eal de anima di Aristotele. I libri della sua biblioteca sono conservati presso aPadova.Altri saggi: Opera logica, Venezia; De methodis; De regressu,Venezia, Bologna, Tabula logicæ, Venezia; In duos Aristotelis libros posterioresanalyticos commentarii, Venezia, De doctrinae ordine apologia, Venezia, De naturalisscientiæ constitutione, Venezia, De rebus naturalibus, Venezia, In librosAristotelis physicorum commentarii, Venezia; Opera physica, Francoforte, Verona;De generatione et corruptione et Meteorologica commentarii, Francoforte; Intres libros Aristotelis de anima commentarii, Venezia, De mente agente, Derebus naturalibus ; De sensu agente; De rebus naturalibus, Rivista di Storiadella Filosofia, De inventione aeterni motoris e De rebus naturalibus, Bruniana& Campanelliana. Berti, Metafisica e dialettica nel commento di Z. agl’Analiticiposteriori, Giornale di metafisica; Bottin, La teoria del regresso in Z., inGiacon, Saggi e ricerche, Padova; Bottin, “La logica in Z.”, Giornale Criticodella filosofia Italiana; Cuttini, Natura, morale e seconda natura nel Lizio diZ., Padova; Pra, Un’oratio programmatica di Z. Rivista critica di storia dellafilosofia, Papuli, Da Balduino a Z. e Galilei: scienza e dimostrazioni, Bollettinodi storia e filosofia; Poppi, La scienzain Z. Padova; Poppi, Introduzione a lizio Padovano, Poppi, Ricerche sullascienza nella scuola padovano, Rubbettino, Mannelli; Rossi, Il Lizio e i moderni:le ipotesi e la natura, in Lizio veneto e scienza, Padova. Tonelli; Z. ispiratoredi Baumgarten; o l’origine della connessione tra ESTETICA e logica, Da Leibniza Kant, Napoli, Treccani – Enciclopedie Istituto dell'Enciclopedia Italiana; Cantimori,in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario difilosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Grice: “Zabarella is what Iwould call a proto-Griceian.” Infact, at Villa Speranza, Grice is often referred to as the English Zabarella,after Zabarella produces extensive commentaries on Grice’s favourite tract byAristotle, “De Anima,” and “Physica” and also discusses some Aristotelianinterpreters. However, Zabarella’s most original contribution is his work in semiotics:“Opera logica.” Zabarella regards semiotics as conceptual analysis. One tool Zabarellacalls ‘ordine’ (cfr. Grice, ‘be orderly’).Another tool Zabarella calls “metodo,” by far predating Cartesio. “Ordine”relates to how to organize the content of a dictum to apprehend it more easily.‘Metodo’ relates to how to draw an illatum, or implicatum. Zabarella reducesthe variety of ‘ordine’ and ‘metodo,’ classified by other interpreters, to‘ordine compositivo’, ‘ordine resolutivo’, ‘metodo compositivo’ and ‘metodo‘resolutivo’. The ‘ordine compositivo’ from a principle to this or thatcorollary applies to this or that ‘creditum.’ The ‘ordine resolutivo,’ from adesired end to the means appropriate to its achievement applies to this or that‘volitum,’ such as ‘pragmatics’ understood as a manual of rules of etiquette.This much is already in Aristotle. However, Zabarella offers an originalanalysis of ‘metodo’ The ‘metodo compositivo’ infers a particular consequenceor corollary from a general principle. The ‘metodo resolutivo’ INFERS anoriginating principle from a particular consequence, corollary, orinstantiantion, as in inductive reasoning or in reasoning from effect to cause.Zabarella’s terminology influences GALILEI’s mechanics, and has been applied toGrice’s inference of the principle of conversational co-operation out from theonly evidence which Grice has, which is this or that ‘dyadic’ exchange, as hecalls it. In Grice’s case, his corpus is intentionally limited to conversationsbetween two Oxonian philosophers: A: What’s that? B: A pillar box? A: Whatcolour is it? B: Seems red to me. From such an exchange, Grice infers theprinciple of conversational co-operation. It clashes when a cancellation (or asGrice prefers, an annulation) is in sight: “I surely don’t mean to imply thatit MIGHT actually be red.” “Then why be so guarded? I thought you were co-operating.”H. P. Grice. Grice liked to recite Zabarella’s works by heart. Saggi: Logica, Venezia, De methodis, De regressu, Venezia, Tabulalogicae, Venezia, In duos Aristotelis libros Posteriores Analyticos commentarii,Venezia, De doctrinae ordine apologia, Venezia; De naturalis scientiaeconstitutione, Venezia; De rebus naturalibus, Venezia; In libros AristotelisPhysicorum commentarii, Venezia, Physica, Francoforte, De generatione etcorruptione et Meteorologica commentarii, Francoforte, In tres librosAristotelis De anima commentarii, Venezia. Jacopo Zabarella. Logicamdic*nt cfle facultatem , quod perhanc eornm refponfioncm difficultas,qui in pn fentianosvrget, non foluitur"; quumenim conflat Logicam habitumcfle intellectualem, &credendum fit plenam , Scfufficientem cfle taliumhabituum enumerationem, quam Ariftotel.in 6.lib. de Moribusfecit, attamen nondumapparet, ad quemex illis habitus logi»redigendus fit : imo nos adnullum eorum redigipofle demoftrauimus: &in folamentis conceptione confiftuntjfabricat enimilla intclleftus, vt ijs iuuetur adrerum cognitionem adipfcendam;hic non funt niliconceptus animi , qui vocearticulata fune a nobis fignificari;vox enim articulata cftlignum conceptus , qui ellin animo , duplex autemcft ciufmodi vox , vt inhuius libri initiodiccbamustalia namque fignificat conceptumrei, vt hom*o,animal; alia vero conccpcumconceptus , vt genus, fpecies , nomen , verbum , enuntiatio , ra-quial.ogicancquceftfcientia,neque intel- £ tiocinatio,& alii huiufmodi; propterea le&us , neque fapientia , neque prudentia, neque ars;qui igitur faculratcmcfle dicur, fi facultatemalium quendam habitumcfle putant pritcr illosquinque, Atiftotclem in habituumenumeratione mancum, ac diminutum faciunt; fivero nonalium, fcd eorumaliquem, id declararedebebant , & argumenta, quinos attulimus, folucre, quod ipfi nequefecerunt, neque facere,vt arbitror, potuerunt. hx vocanturfecundi notiones ; illi autem primi : prius enimmens rem concipit : deinde in eoconceptu alium conceptumeffingit, enmque voce fignificat,qui dicitur vox fecundinotionis , & eft nomen potius conceptus, feu nominis,quam rei: voces quidemprimi notionis nonfunt inftrumen ca.fed lignaconceptuum, vel falremipfi pri mi reruconcentus nulla rationeinftrumenta funt, fedimagines rerum, vtdocet Arifto telcs inprincipio libri deInterpretatione; propterca i»IacobiZabareltePataumi proptereadifciplinx illae, qujin his vcrfantur.nondic*ntur inftrumentales. Atvoces feciide notionis iaftrumentadicutrruriquoniam conceptus,qui per easlignificantur. Tuncinftrumcnta noftri intellectus:nam An-gere in conceptibusrerum alios fecundos conceptus nonoportui/Tet. nili aliquam nobis vtilitate prxllicurifuiiTent ; igitur aliud non funt,quaininflrumenta:quouiam ea vtilitateamota, indigni qui anobis cognoicerentur.feu formarentur,extitiifent:fcd quu vtiles fint , & ad rerumcognitionem capeffendam maximeconferant, digni fuerfit, de j quibus aliqu*difciplinx conllituerentur; non quidemper fe digni,fcd propter alia, ad qua:vtiles funt: propterealue difcipline vocantur inftrumentales: quianon propter J^;^y.fe,(ed propteralias tradit* funt.Has ego i’.f , duas cfTcexiftimo, Grammaticam , & Logi- Gum**- eam :namvtraqueeftinftrnmencum pliilo- i» fophif.fedalia,& alia ratione, quedifteren- *'“■ tia breuiter declaranda eft. Mentishumane officium eft,tum humanam fpeciemconfti- tuere.taquam proprie eiusforme, tum etia propriashominis edere operationes,quaru prxftanrisfima eft contemplari,& cognofce re:deindcvero, & adionibus noftrispr$ef- Gramt- fe,5clnfpiccre quid anobis eligendum quid tktmti- ve fugiendumfit. Sed caeftipfiusinfirmi- tas.vr ipfaper fe.abfque alienoauxilio, tum ’ in contemplatione , tum inadione parum proficere queat, & nemo hadenusfuerit in- uentus.qui folusipfe cogitando, & ratioci- nandoplenam, & feiendarum & agendarumrerum cognitionem fueritconlequutus-.fed artes oinnesfeientic ab hominibusper additamentuminuente,& pierfede funtjpri musquidem aliquis inaliqua difciplinaali- i quidinuenittid tamen rude»&iniperfedu ; alius pofteaco principioadiutus , aliquid aliudinuenit:deindealiusaliudadiecit, do nec adperfedionem per multorumoperam dudafit;quifqueigitur noftrum dodorcin- diget,ad plenam eorumnotiriam aflequen- dam.qux hominihumanis viribus vtentico gnofccrc datumeft , difeimus autem abalio aut prf fente>& pervocem docente ; aut ab- fente,&perlitetas,qu{ locovocum funt; id- circo quum Scabalijsintelligi.&intcllige- re quid alij dicant, & feribant, & addifeen- j dum , &ad docendumomnino ncceifarium fuerit,Grammatica inuentaeft.quf concin- neloqui,& feribere doceret;cuius quidem difeiplin; cognitio,fi omnes vnoatque eo- dem idiomate vteremur,minus fortafle ne- ceffaria,licet non omnindinutilis nobis ef- fer,quumfepe videamus rudes, & imperitos homines ilia , queab eruditis dic*ntur, vel feribunturin eodemidiomate non inrelli- gere : fed propterlinguarum varietatem eft penitus neceliaru, quumneque iiccraci viri , ea, que abalijS:aiio idiomate dic*ntur. intel digere queant, nifiillius linget intelligeutii per Grammaticamfuerint aifccutj: propte- rea non efteadem jpud omnesGrammati- ca,quia neque ecdemvoccs,neque exdem Ii terx,vt ait Ariftot.iq principio libride In- terpretationejverfacur enimGrammatica in fola vocum, quibus conceptus animifigni- fkantur,limationc;& quutn adomnium di- fcipiinarum intelligentiam vtilisfit , preci- pue adomnium prfllantisfimamcofert.que philofophia eft , eiusqueporisfimum gratia ^•s»***» inuentaro actraditam fuifle credendumeft . Logica vero aliarationeinftrumentum di- citur:quoniam nonin polienda locutione, fed inconceptibus ordinandis totaeius na- tura confiftit; proptereavn a, & eadeeft om- nibus getibus,& nationibus: quiaapud om nes hominesidem funt conceptus , tametfi no ijfdemvocibus, neq; ijfdemliteris apud omnes fignificentur : ideo Logicaeget Gra- matica.eaque pofterioreft,quia intelligere aliorum conceptusnon po(rumus,nifi voces eorufignificatricesintelligamus.quareom- , nium difciplinarum primadebet dfe Gram- ' matica:quia omnesea egent, vtintelligere, acjntelligipoifunt. Ob aliam quoquera- tionem Logica Grammatica liquitur:quo- niam ipfiusLogicsrconftitutio a nomine, &verbo exordiumluniit.quc a Grammati-*(•«« di- co videtur accipcreLogicus.quamqua alia,^ & alia eft horumconiideratio in Grammati ca ,& inLogica; Gramaticus enimvoces re- rumfignificatricesalias vocans nomina,& alias verba; has& reliquas orationis partes tradar, vt parteslocl:tionis;conceptum autem lignificatumnon cofidcrat, nifipropter vocem fignificantem ; Logicusvero concc- ptusabeis fignificatoscontemplatur, ipfas autem vocesfignificantes non conliderat, nifi propterconceptus fignificatos, quod di ferimenin definitionibus nominis,& verbi a Grammatico, & a Logicotraditis.infpici potcfl;Logicusenim primario coceprus re- fpicit, fecundario voces ; contra Gramma- ticus primario voces, conceptus fecudarid. Exijs,qtix diximus,manifeftumeil Logica vnacumGrainaticafub intcllcdualiinftru- mento,tanquam fubproximo genere conti- neri, vtraque enimeft difciplina inftrumen- talis,feu habitusanimi inftrumentarius, & nobisinferuiensad omnium aliarumdifciplinarum,& habituumacquiGtionem, precipue verdad prxeipuas difciplinas , & ad habitus omniumprxftantisfimos. Differen- tiavero harum duaruminftrumentaliiim di fciplinarum,quemadmodum, & aliorum om niu inftrumctoru,afcopo , &ab vfuvtriufi- quedefumitur;Gramatic{ enim fcopuseft, reda atque concinnalocutio , qua iuuemur ad omniumdifciplinarum intelligentiam, &au- Dc Natura Logica:,Lib. L i 5 & audiendo , &legendo . Logicz verofco- i puscfl, viamac methodum tradere,qua ad rcrumnotitiam adipifcentiamvri debea mus : ignotum enimnoncognofcitur, nili ex alicuiusnoti cognitione , & adcuiuf- que ignota reinotitiam aifequendam a fla- turis qinbufdam principiis, & per certaque- dam media progredinccelfc clt, linequibus eius rei cognitionenumqtiam potiremur. Tales igiturmethodos Logica ducet,ouas coguofeere vanum prorfuseiret.fi ad rerum notiamadipifcendam nihil nobisvellicaris przbcrcnr ; quamobremea cli Logicz natu ra , vtfcien riarumiufirumentumfic.ik do- cearquomodo conceptus rerumdifponen- di luit , vt cxnotis cognitionem ignotorum adipifcamur.Scd deLogicz fine diligentius ac fufius infcqucntibus loqucmur. Cap. XI . anLogica fttb aliquoquinque habU tuum intcllcduatium contineatur. Declarat vm efthaaenus, qua- lis habitus Logicafit: efl enimhabi- tus intclledtualisinllrumentalis.quo iuiia- ( turintelledlas ad aliorumhabituum ade- as ptionem. Nuncvidendum cll, ani.iillis •»* quinque abAriflotelc numeratis continca- ' tur. Dic*ntnonnulli Ariflocelem inillo fe- v xto librode Moribus folosnominare vn- , luifie habitusprincipales , i taque fu ffi cien- tem cifeeam numerationem,• tanquam ha- bituum principalium; afthabitus Logicz non eftprincipalis , quum fit inllrumenta- • rius: nullumenim inflrumentum dicitur principale, quatenus inrtru metum cll:quia cll propter aliudtanquam propter finem: finis autem prellantiorefl ijs, quzipfius 1 Y gratia funt,vel fiunt; habitusigitur Lo- gicz illa enumerationenoh fuit compre- hendendus . Hancrcfponfrnncm haudequi- dem fpernenda.autrefutandam eife ccnlco, fedpotius magis declarandam, vt omnis hac inrc difficulcas tollatur . Videtur enim dicendumellc Logicam eahabituum nurnc ratione, &comprehenfam tui(fc,& nonconi prehenfam: no fuitcoprehcnfatquia no fuit exprclfajfi quidemArillotel. folos exprimt- re voluithabitus principales; fuittamen etiam modo quodamimplicite, & fecunda- ] rio comprehenfa : qu ia prxeipuorumhabi- tu uni nominatione illiquoque comprehen- duntur,qui eorum gratiafunt; quemad- modum fi quisad percontantem quoiueric 'rcfpondeatRomam, hac rcfponfioncalias quoque medias vrbes,per quas tranfeun- dtim fuit,implicite fignificat.vt Bononiam re!Florentiam, quzexprimende non funt: propterta quodprxeipuus illius itineris fcopus, acfinis non fuere , fcdfola Koma. Similiter rationefolemus dicere , Jmpera- i tor Romamvenit, fine expreffione aliorum quam plurimorumDucum, & militum, qui vnavenerunt, hi namqueeius gratia vene- runt: ideo einsvnius nominatione totum eiuscomitatum fubintelligimuGiacomo Zabarella.Zabarella. Keywords: metodo compositivo, metodoresolutivo, ordine compositivo, ordine resolutivo, logica ed estetica,Baumgarten, il liceo, il lizio. Refs.: Luigi Speranza, Notes on I Tatti’sedition of Zabarella, “On methods,” -- H. P. Grice, “Zabarella,” Speranza, “Griceand Zabarella.” “Grice e Zabarella: la risoluzione buletica,” Villa Grice, TheSwimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Zaleuco: laragione conversazionale -- dura lex sed lex -- Roma – filosofia italiana – lasapienza di Locri -- Luigi Speranza (Locri). Filosofo italiano. He achieves great resputeand respect as a law-giver in Locri, and has a reputation for being both humaneand severe. He establishes fixed penalties for each offence, and two storiesare told about the consequences of this. According to one, the punishment foradultery is the loss of both eyes. When his own son is found guilty of it, heorders that the punishment should be divided between them, so that they loseone eye each. The second story tells how the penalty for entering a particularpublic building carrying an arm is death. When he inadvertently violates thelaw, he executes himself. Both Diogene Laerzio and Giamblico call him a direct pupilof Pythagora – but his laws are usually dated to a much later period, makingthat impossible. In any case, Z., whose name improperly starts with a “Z”making him very UN-ROMAN (CATONE infamously banned the letter Z from the Romaalphabet, describing it as the ‘sound corpses make as they become’ – is a goodproof that Cuoco is right, and that there is an Italic wisdom that pre-datesPythagoras -- who had been born in Florence, anyway! There is no way to defendthe view that Z. owes everything to the Hellenistic philosophy, even if thosewhere the letters Pythagoras never wrote down! Locri is a fascinatingphilosophical city – or ‘village,’ as the Romans prefer. Cicero would say: “Itis much easier to give good laws to Locri than it is to give bad laws to Rome!”– For Grice’s Play-Group, The Swimming-Pool Library.

Grice e Zamboni:la ragione conversazionale e IL LIZIO – la dialettica -- filosofia italiana --LuigiSperanza (Cento).Filosofo italiano. “Famous for his dialettica e cosmologia and implicature!” –Grice. Figlio di Matteo Zamboni, un pittore originario di Cremona, di cui siconservano affreschi negl’oratori delle chiese della Pietà e di San Rocco. “Unlikehis father” (Grice), Z. prende la strada degli studi filosofici. Studia a Ferrarasotto PENDASIO (si veda). Insegna a Ferrara. Tenne rapporti con la corteestense. Di fronte al duca d'Este recita il suo poemetto, “Le pompe funebri” – “whichthe duke didn’t like” (Grice) -- e quando si trova a essere oggetto di nonchiarite gelosie e maldicenze da parte dei suoi colleghi a Ferrara, scrive alduca per richiedere un suo intervento. Non risulta il duca risolve i conflittidenunciati da Z., che, perciò, decide di trasferirsi altrove. Chiamato a Padovaper insegnare in sostituzione di Zabarella – “whose surname also started with aZ” – Grice. Z. inizia il suo corso leggendo la prolusione Exordium habitumPatavii. Contro il tentativo di fondare a Padova uno studio rivale dell'università,Z. si espressa con l’oratione contro i gesuiti a favore di Padova, tenuta di frontealla signoria di Venezia, nella quale sostenne che Padova, per insegnare, nonha bisogno dell'aiuto dei giesuiti e paventa i rischi di dividere gli studentiin fazioni come i guelfi e gibellini. L'autorizzazione all'apertura dello studionon a rilasciata e i gesuiti sono espulsi dalla repubblica veneziana a causadell'interdetto scagliato da Paolo V, cui segue la cosiddetta guerra dell'interdetto.Hauna famosa controversia con RAGUSEO R sul numero essatto dei quattro elementi, maanche sul valore della storia delle interpretazioni della filosofia del liceo, esu questioni didattiche in torno dei pupili con calligrafia bella. Sostenitoredell’esistenza della sua anima – “ma mortale” -- legata indissolubilmente a suocorpo, e sospettato d’eresia e e denunciato all'inquisizione. Con l'amico GALILEI(si veda), Z., ad opera di Belloni, condivideno accuse diverse, una denuncia altribunale dell'inquisizione che non ha conseguenza. GALILEI e accusato dipraticare l'astrologia giudiziaria e Z. di sostenere (i) che la sua anima emortale e (ii) che Aristotele separa la filosofia del papato. Z. affronta altridue processi dai quali usce indenne grazie alla protezione della repubblica diSan Marco. Molte fonti riportano che muore durante l'epidemia di peste che colpel'Italia. Risulta che muore, invece, a causa di catarro accompagnato da febbre.Secondo alcuni, GALILEI si ispira a Z. nella scelta di un “Simplicio” comerappresentante dell'avversario liceale dell’elio-centrismo. Z. pubblica pochisaggi della sua dottrina, mentre sono a noi giunte numerose trascrizioni dellesue lezioni che prefere tenere solo oralmente. Le trascrizioni delle lezionitenute a Padova presentano gravi problemi interpretativi che hanno impeditoalla storiografia di poter avanzare una sintesi sicura di sua filosofia. Unicaeccezione a questa difficoltà interpretativa sono le Lecturae exordium. Nellaprima parte della lezione, si rammarica che il continuo rinascere della natura,come la successione delle quattro stagioni, dalle sue forme ormai trascorse,non susciti la meraviglia dell'uomo e lo sgomento per il continuo morire delmondo.Il mondo non è mai. Il mondo nasce e muore continuamente. Lalezione si conclude con l’affermazione del dovere dell’uomo di conoscere sestesso. L’uomo, filosofa Z., si scopre in mezzo alle tribolazionidell’incostanza. Ebbene, la conoscenza di sé è, per Z., l’unico strumentocapace di dare a Z. serenità. La strada per conoscere se stessi e raggiungerela serenità è data dalla filosofia su cui si basa la morale e la scienza.L'uomo – “o al meno, io” -- ha un intelletto onnipotente che dalla conoscenzadi se stesso e della natura giunge a congiungersi con la beatitudine del divino.Secondo una diffusa narrazione Z. e uno di quei filosofi del LIZIO che non solorifiutano pervicacemente la scoperta eliocentrica di GALILEI in nome dellafilosofia del Liceo ma si rifiutano, invitati da Galilei di osservaredirettamente nel telescopio l'esistenza delle montagne della luna, delle fasidi Venere, dei satelliti di Giove. Questo avvenimento, tramandato come simbolodella miopia di coloro che si ritengono custodi del vero sapere, è ritenutofalso. Nella lettera Galilei racconta a Keplero il comportamento dei filosofi diPadova ma non fa nomi. Che dire dei più celebri filosofi di Padova, i quali,colmi dell’ostinazione dell’aspide, nonostante più di mille volte io offro lorola mia disponibilità, non hanno voluto vedere né i pianeti, né la luna, né ilcannocchiale? Questo genere di uomini ritiene infatti che la filosofia naturalee un libro come l’ENEIDE e che le verità e da ricercare non nel mondo o nellanatura, bensì, per usare le loro parole, nel confronto dei testi. Ad un esamesuperficiale una lettera a Galilei, Gualdo confermache tra coloro cherifiutarono l'osservazione con il telescopio vi e anche Z.. Abbiamo qui Morosini,il quale non può patire che Z. mentre V.S. è stata qui, non procura né volutovedere queste sue osservationi, avendole io detto ch’ella se gli e offerta diandare sino alla sua propria casa per fargliele vedere; onde le pare che hatorto contrariarle senza averne fatto qualche ESPERIENZA. Nella successivalettera di GUALDO a Galilei si riferisce di un colloquio con Z. che alrimprovero di essersi rifiutato dell'ESPERIENZA col telescopio risponde che lofa perché, non volendo approvare cose di che io non ho cognizione alcuna nél’ho vedute. Questo è quello, dico, ch’ha dispiacciuto a GALILEI ch’ella non havoluto vederle. Rispose: Credo che altri che lui non l’ha veduto. E poi quel MIRAREPER QUEGL’OCCHIALI M’IMBALORDISCON LA TESTA. Basta, non ne voglio sapere altro.Z. afferma in questo testo che gli causa DISAGIO mirare nel telescopio e chedunque non si rifiuta di guardare ma non accetta di vedere cioè di accoglierel'interpretazione di GALILEI di quella OSSERVAZIONE. Più in generale, Forlivesisostiene che la posizione di Z. e sempre coerente nel ritenere chel'interpretazione dei dati osservativi non puo andare disgiunta dall'esistenzadi una dottrina filosofico-naturale complessiva. Forlivesi rileva altresì chelo stesso Galilei, a volte, propone un’ipotesi circa la natura del cielo nonmeno problematica di quelle proposte dal Lizio. D'altra parte, come confermaBellone il cannocchiale e uno strumento di fattura artigianale. Non c’e unateoria dell'ottica - si deve attendere Newton e la immagine e alquanto deformata.Saggi:“Le pompe funebri; ovvero, Aminta e Clori” Ferrara; Lecturae exordium habitumPatavii, Ferrara, Mammarelli; Explanatio proœmii librorum LIZIO de physicoauditu cum introductione ad naturalem philosophiam, continente tractatum depædia, descriptionemque universæ naturalis philosophiæ quibus adjuncta estpræfatio in libros De physico auditu, Padova, Novellum; Oratio habita Ferrariaead Clementem VIII pro S. Q. Centensi, Ferrariae; Disputatio de formis IV corporumsimplicium quæ vocantur elementa, Venezia, Oratio habita in creationeserenissimi venetiarum principis DONATI, Venezia, Disputatio de cœlo -- denatura cœli, de motu cœli, de motoribus cœli abstractis; Adjecta est Apologiadictorum del LIZIO, de via lactea, et de facie in orbe lunæ, Venezia, Balionum,Oratione al serenissimo principe BEMPO nella sua essaltatione al principato; Apologiadictorum LIZIO de V cœli substantia adversus Xenarcum, Venezia, Meiettum; Ilnascimento di Venezia, Venezia; Oratione al serenissimo principe Priuli nellasua essaltatione al principato; Il ritorno di Damone, Venezia, Oratione in nomedi Padova, Chiorindo, Venezia; Apologia dictorum LIZIO de calido innatoadversus Galenum, Venezia, Deuchiniana; Apologia dictorum LIZIO de origine etprincipatu membrorum adversus Galenum, Venezia, Piutum; Expositio indigressionem Averrhois de semine contra Galenum pro LIZIO; Tractatus desensibus externis, de sensibus internis et de facultate appetitive, Venezia,DIALETTICA Venezia, Le nubi, Venezia, Biblioteca Marciana; Z. Testamento. Fonte:G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana. Favaro, Lo Studio di Padova; Preti,Ragusa, Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'EnciclopediaItaliana. Z. in occasione del trasferimento di Galilei da Padova a Firenze sirammaricava scrivendo. O quanto harrebbe fatto bene anco GALILEI, non entrarein queste girandole, e non lasciar la libertà patavine. Portale Galilei. Forlivesi,Z. Il contributo italiano alla storia del pensiero – Filosofia, Roma, Istitutodell'Enciclopedia Italiana. Per esempio, Pinotti, autore dell'introduzione al “Dialogosopra i due massimi sistemi del mondo, Milano. Z. Lecturae exordium; Forlivesi,Il contributo italiano alla storia del pensiero, filosofia; EnciclopediaItaliana Treccani, Galilei, Epistola ad Keplerum, Padova, Le opere, A. FAVARO,lettera, GUALDO, Lettera a GALILEI, Padova,, in Galilei, Opere; Gualdo, letteraa Galilei, Padova; in Galilei, Le opere; Forlivesi. Galilei, Opere, ediz. naz.;Tassoni, Lettere, Puliatti, Bari; Imperiale, Musaeum historicum et physicum,Venezia; Arisi, Cremona literata, Parma-Cremona; Naudaeana et Patiniana,Amstelodami; Crescimbeni, Dell'istoria della volgar poesia, Venezia; Borsetti,Historia alini Ferrariae gymnasii, Ferrara, Guarino, Ad Ferrariensis gymnasiihistoriam supplementum et animadversiones, Bologna; Borsetti, Adversussupplementum et animadversiones, Venezia; Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, Padova;Erri, Dell'origine di Cento, Bologna, Tiraboschi, Storia della letteraturaitaliana, Venezia); Fiorentino, Pomponazzi,Firenze, Favaro, Lo Studio di Padova, Atti del Reale Istituto veneto discienze, lettere ed arti; Berti, Di Z. e della sua controversia conl'Inquisizione di Padova e di Roma, Memorie della Reale Accademia dei Lincei,classe di scienze morali, storiche e filologiche; Mabilleau, Étude historiquesur la philosophie de la renaissance en Italie: Z., Paris; Favaro, Galilei e lostudio di Padova, Firenze; ad Indicem; Favaro, in Archivio Veneto, rec. diMabilleau); Sighinolfi, Il posseso di Cento e della pieve e la legazione di Z. aClemente VIII in Ferrara, Atti e memorie della Regia Deputazione di storiapatria per le province di Romagna; Atti della nazione germanica artista nelloStudio di Padova; Favaro, Venezia; ad Indicem; Atti della nazione germanica deilegisti nello Studio di Padova, cur. Brugi, Venezia; Charbonnel, La penséeitalienne et le courant libertin, Paris; Spampanato, Documenti intorno a negozie processi dell'Inquisizione, in Giornale critico della filosofia italiana; Spini,Ricerca dei libertini, Roma; Firpo, Filosofia e contro-riforma, Torino; Savio, Il nunzio aVenezia dopo l'Interdetto, in Archivio Veneto; SAITTA, Il pensiero italiano, Firenze;Torre, Un processo: l'inquisizione contro Z., Verità e libertà, Congresso dellaSocietà filosofica italiana, Palermo; Rotondò, Documenti per la storiadell'Indice dei libri prohibiti; Garin, Storia della filosofia italiana, Torino;Pupi, Una riflessione a proposito delle critiche di Galilei al LIZIO, in Nel centenariodella nascita di Galilei, Milano; Acta nationis Germanicae artistarum a cura diL. Rossetti, Padova; ad Indicem; Schiavone, ENCICLOPEDIA FILOSOFICA, Firenze; Torre,Studi su Z., Padova; Favaro, Galilei a Padova (Padova); Franceschini, Nuovi documentirelativi ai docenti dello Studio di Ferrara, Ferrara; ad Indicem; Puliatti, Tassoni,Firenze, ad Indicem; Rossetti, Manoscritti di Z., Cambridge, in Quaderni per lastoria dell'Università di Padova; Schmitt, Z., un aristotelico al tempo diGalilei, Venezia; Corazzol, Portenari maestro di grammatica a Feltre ed unalettera di Z., in Quaderni per la storia dell'Università di Padova, Torre,Logica ed ESPERIENZA nel De Paedia di Z. in Aristotelismo veneto e scienzamoderna, Olivieri, Padova; A. Favaro, Lo Studio di Padova e la Compagnia diGesù sul finire del secolo decimosesto, in «Atti del regio Istituto veneto discienze, lettere e arti, Forlivesi, Z., Il contributo italiano alla storia delPensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Treccani, Carlini, inEnciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Schmitt, Dizionario biografico degl’italiani,Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Grice: “There’s something primitive aboutthe way Italians speak. We would never call Austin the Lancastrian, as theGreeks called Aristotle the Stagirite, or the Italians call Zamboni ‘Cremonini’just because he had a connection with Cremona. As Wellington said when he wasreferred to as an Irishman: ‘being born in a stable does make you not ahorse’!” Grice: “Cremonini is of course underrated in Italy because Galilei isOVER-rated. But Galilei was HARDLY a philosopher – what’s philosophical aboutsticking your eyes on a muddy micro or macroscope? Instead,Zamboni could lecture on Aristotle to no end!” He was a lizio! Voniam autemomnia oportet de TERMINI – NOMINE et verbo dicere, vt fuit PROPOSITVM, nomenautem,et verbum sunt VOX SIGNIFICATIVA et propter hoc diftinguuntur àquibusliber VOCIBVS SIGNIFICATIONE carentibus, ideo oportet declarare modumomnis SIGNIFICATIONIS, vt habeamus quenam proximè ab ipsis vocibus, que suntnomen, et verbum SIGNIFICENTVR, d preterea, vt habeamus quot modis ipsa, que avocibus significantur, le habeant, inde enim habebimus originem ENVNCIATIVE orationis;quatuor igitur in ordine ad SIGNIFICATIONEM se habeät: Vnum fignificatur etlunt ipse RES, aliud signiticat, et sunt que scribuntur, ideft litters ipfeiduo alia significant, et SIGNIFICANTVR CONCEPTVS SIGNIFICANT IPSAM REM, et signitcanturper voces,et per litteras; similiter VOX SIGNIFICAT CONCEPTVS ET MEDIANTIBVS CONCEPTIVS IPSAM REM, significanturaut per litteras, unde VOX IMMEDIATE SIGNIFICAT CONCEPTVS, quocirca qualis eritconditio conceptuum, ralis etiam erit conditio vocum, et ita paret, quod primòres elt, vt “hom*o”, deinde guid aliquis intelligit hominem, formatur conceptuseuldem hommis; tercio ilte conceptus hom*o exprimitur, quarto litterisdefignatur: aduertendum autem etts quod inter licteras, et voces noo eftneceffarius ordo, potell refcribi id, quod non eft voce perlatum, & ficetiam littere poflunt immediatè conceptum explicare, verumtamen ordo naturalisest, vt conceptus per vocem explicetur, iita vero quatuor ita te habent, vi duoex illis tint ea-dem apud omnes, duo vero ad placitumlint; cadem apud omnesfunt prima duo, conceptus icilicet, o res, “hom*o” enim vorque idem elt, &11 militer conceptus, qui tt de homine: Dicetis, ti conceptus funt idem apudomnes, quomodo vnus haber diueríam opinionem ab alio? veluti de Deo vari) variaopinantur; Respondetur, quod conceptus dupliciter poteft confiderari, vel simplicitervt elt PASSIO IPSIUS ANIMI, & fic idem elt APVD OMNES, vel vi elt paffiotalis in ordine ad objectum, de quo fic conceptus, & hic poteft elle varietasapud varios; alia verò duo, voces Icilicer & littere funt AD BENEPLACITVM –ET NON AD NATURAM -- & apud varios variè le habent, apud Grecos enim aliavoce hom*o fignificatur rideft, antropos e & alia feribitur, & SIGNIFICATVRAPVD LATINOS. Dicetis etiam SONVS BRUTORVM, est vox, tamen NON EST AD PLACITVM illorum,sed eodem modo voi que fe habent; Relpondetur, quod voces funt duplices, aligque SIGNIFICAT AFFECTVS, alie que SIGNIFICAT CONCEPTVS, fi loquamur de vocibus,que fignificant conceptus, tales autem funt voces, que lequuntur intellectum,dideo VOX ARTICVLATA proprie lunt ipiorum HOMINVM, cum itaque dictum fit vocesimediaté fignificare conceptus, veluti fe habe--- Cesare Zamboni di Cremona(Cremonini). Zamboni. Keywords: i galileiani, la dialettica di Zamboni, deinterpretatione, nomen, significatio, ad placitum. Refs.: Luigi Speranza, "Grice eCremonini," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, VillaGrice, Liguria, Italia. Zamboni.

Grice e Zamboni: la ragione conversazionale e il volere -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Verona). Grice: “Noteverybody knows his zamboni.” There’s Giorgio Zamboni, but this entry is aboutGiovanni Zamboni. Essential Italian philosopher. Filosofoitaliano. Saggi: Spencer: commemorazionee polemica, Garagnani, Bologna; La filosofia scolastica secondo un positivista,Marchiori,Verona; Il valore scientifico del positivismo d’ARDIGO (si veda) edella sua conversion, Verona; La dottrina morale e la psicologia del VOLERE inun saggio di etica di un discepolo d’ARDIGO, Società Veronese, Verona; Lagnoseologia dell’atto come fondamento della filosofia dell’essere: saggio d'interpretazionesistematica della dottrina gnoseologica d’AQUINO, Milano; Gnoseologia, Vita ePensiero, Giuseppe, Milano; L’origine delle idee: saggio analitico INTROSPETTIVO,proposto alla riflessione personale, Società Veronese, Verona; Sistema dignoseologia e di morale: base teoretica per esegesi e critica della filosofia, Studium,Roma; Studi esegetici, critici, comparativi sulla CRITICA DELLA RAGIONE PURA, Veronese,Verona; Metafisica e gnoseologia, Veronese, Verona; Il realismo critico dellagnoseologia pura: risposta al caso Zamboni, Gemelli, Olgiati e Rossi, Verona; Realismo,metafisica, personalità: rilievi, note, discussioni, Veronese, Verona; Lapersona umana: soggetto auto-cosciente nell’esperienza integrale: termine dellagnoseologia, base della metafisica, Verona, Giulietti., Vita e pensiero, Milano;Precisazioni e complementi ai testi scolastici: religione naturale e l’essenzadella religione cristiana, Veronese, Verona; La filosofia dell’ESPERIENZA IMMEDIATA,elementare, ed integrale: per la completa auto-consapevolezza dello spiritoumano, Veronese, Verona; Itinerario filosofico dalla propria coscienzaall’esistenza di Dio, Veronese, Verona; Teodicea, Rodella, Vita veronese,Verona; La dottrina della COSCIENZA immediata: struttura funzionale dellapsiche umana è la scienza positiva fondamentale, Veronese, Verona; Dizionariofilosofico, Vita e Pensiero, Milano; Idee e giudizi, Marcolungo F.L., IPL, Milano;L’IO e le nozioni sopra-sensibili, (IPL, Milano; Corso di gnoseologia puraelementare: spazio, tempo, percezione intellettiva, IPL, Milano; Corso dignoseologia pura elementare: idee e giudizi, IPL, Milano; Corso di gnoseologiapura elementare; Autobiografia di una personalità integrale, Guidi). Archiviostorico, Curia diocesana, Verona, Studi sulla Critica della ragione pura; Qui Edit,Verona,Sistema di gnoseologia e di morale; Qui Edit, Verona. Volontà. La Volontà,statua di Janson per l'Opéra di Parigi. La volontà è la determinazione fattivae intenzionale di una persona ad intraprendere una o più azioni volte alraggiungimento di uno scopo preciso. Lavolontà consiste quindi nella forza di spirito diretta dall'essere umano versoil fine, o i fini, che egli si propone di realizzare nella sua vita, o anchesolamente nel potere impiegato nelle sue azioni semplici e quotidiane. Esempidi volontà possono essere il desiderio di lasciare un'eredità ai figli e/o aiparenti, o il proposito di comprare una casa. Generalmente la volontàrappresenta la facoltà di una persona di scegliere e raggiungere consufficiente convinzione un dato obiettivo. Da un punto di vista esclusivo, lavolontà di una persona è la sua capacità di non farsi condizionare dalle altrepersone. In questo senso, la volontà si può accomunare alla parola assertività.Quello di volontà è un concetto fondamentale e a lungo dibattuto nell'ambitodella filosofia, in quanto inestricabilmente legato all'interpretazione deiconcetti di libertà e virtù. Particolarmente problematico è poi il suo rapportocon le interpretazioni meccanicistiche del mondo. Se l'uomo sia capace di attivolitivi – H. P. GRICE: WILLING AND VOLITING -- che, in quanto tali, rompono ilmeccanicismo della realtà, o se invece la sua volontà sia determinata da una leggeche regola l'universo, e sia quindi snaturata e priva di ogni valore morale.Sono qui evidenti i rapporti col concetto di libertà. La concezione intellettualistica deiGreci Socrate, testa in marmo al Museodel Louvre – Parigi. Una visione intellettualistica della volontà, condizionatadal sapere, era nelle tesi di Socrate basate sul principio della naturaleattrazione verso il bene e dell'involontarietà del male. L’uomo per sua naturaè orientato a scegliere ciò che è bene per lui. La virtù è scienza, e consistenel dominio di sé e nella capacità di dare ascolto alle esigenze dell'anima. Senon si fa il bene, è perché non lo si conosce. Il male quindi non dipende dauna libera volontà, ma è la conseguenza dell'ignoranza umana che scambia ilmale per bene, proiettando quest'ultimo sui piaceri o su qualitàesteriori. L’accademia approfondìquest'aspetto dell'etica socratica, in particolare nel Gorgia e nelFilebo. Anche per il Lizio un'azionevolontaria e libera è quella che nasce dall'individuo e non da condizionantifattori esterni, purché sia predisposta dal soggetto con un'adeguata conoscenzadi tutte le circostanze particolari che contornano la scelta. Tanto piùaccurata sarà questa indagine tanto più libera sarà la scelta corrispondente. NelPORTICO è centrale il tema della volontà di che aderisce perfettamente al suodovere – kathèkon --, obbedendo a una forza che non agisce esteriormente su dilui, bensì dall'interno. Siccome tutto avviene secondo necessità, la volontàconsiste nell'accettare con favore il destino, qualunque esso sia, altrimentisi è comunque destinati a farsi trascinare da esso contro voglia. Il dovere delPORTICO non è quindi da intendersi come un esercizio forzato di vita, ma semprecome il risultato di una libera scelta, effettuata in conformità con la leggedel lògos. E poiché il bene consiste appunto nel vivere secondo RAGIONE, ilmale è solo ciò che in apparenza vi si oppone.Plotino, rifacendosi all’accademia, sostenne analogamente che il malenon ha consistenza, essendo soltanto una privazione del bene che è l'unoassoluto. La volontà consiste quindi nella capacità di ritornare all'origineindifferenziata del tutto attraverso l'estasi, la quale però non può essere maiil risultato di un'azione pianificata o deliberata. Si ha infatti in Plotino larivalutazione del procedere inconscio, dato che il pensiero cosciente epuramente logico non è sufficiente. Lo stesso uno genera da sé i livellispirituali a lui inferiori non in vista di uno scopo finale, ma in una manieranon razionalizzabile, poiché l'attività giustificatrice della ragione prende adagire solo ad un certo punto della discesa in poi. Il concetto di volontàdivenne centrale nella filosofia per la sua stretta relazione con i concetti dipeccato e virtù. Si pensi alla difficoltà di definire o concepire una colpa inassenza della possibilità di determinare le proprie azioni. La filosofia accentual'aspetto volontaristico del neoplatonismo, a scapito di quellointellettualistico, riprendendo ad esempio da Plotino il concetto dell'origineimperscrutabile della volontà divina, ma attribuendovi decisamente il connotatodi persona, come soggetto che agisce intenzionalmente in vista di un fine. La BUONA VOLONTA [cf. H. P. GRICE, “Ill-WILL”],e e non più LA RAZIONALITA, è quella che consente di volgersi allarealizzazione del bene. Ma non è possibile raggiungere quest'ultimo senzal'intervento divino elargitore della grazia – ‘Grice’s grace’ --, mezzoessenziale di liberazione dell'uomo. La volontà non potrebbe indirizzarsi albene, corrotta com'è dalla schiavitù delle passioni corporee, se non ci fossela rinascita dell'uomo operata da Cristo. Agostino, dipinto di Antonello daMessina- Palazzo Abatellis – Palermo. Permase tuttavia l'aspetto conoscitivodella volontà, che si verifica attraverso un'illuminazione dell'intelletto peropera dello Spirito Santo. Volontà e conoscenza rimasero così per Agostinoindissolubilmente legati. Non si può credere senza capire, e non si può capiresenza credere. La virtù che ne scaturisce divenne così la volontà di aderire aldisegno divino. In polemica contro Pelagio, Agostino aggiunse che la volontàumana è stata irrimediabilmente corrotta dal peccato originale, che hainficiato la nostra capacità di compiere delle scelte, e quindi la nostrastessa libertà. A causa del peccato originale nessun uomo sarebbe degno dellasalvezza, ma Dio può scegliere in anticipo chi salvare, illuminandolo su cosa èbene, e infondendogli anche la volontà effettiva di perseguirlo, volontà chealtrimenti sarebbe facile preda delle tentazioni malvagie Ciò non toglie chel'uomo possegga un libero arbitrio, ossia la capacità razionale di sceglieretra il bene e il male, ma senza l'intervento divino una tale scelta non avrebbealcuna efficacia realizzativa, sarebbe cioè preda di inerzia o arrendevolezza. Il conflitto tra la scelta operata dal liberoarbitrio e l'impossibilità di attuarla secondo libertà denota una condizione diduplicità della volontà: non si tratta di un disaccordo tra la volontà el'intelletto, né tra due principi contrapposti in forma manichea, bensì di unconflitto tutto interno alla volontà, che è come dilaniata: sente di volere, manon completamente, e quindi in un certo senso vorrebbe volere. Il comando dellavolontà riguarda se stessa, non altro da sé. Quindi non è tutta la volontà checomanda; per questo il suo comando non si realizza. Se fosse tutta, infatti,non comanderebbe di essere, poiché già sarebbe. Allora le volontà sono due,poiché nessuna è intera e nell'una è presente ciò che è assente nell'altra. Agostino,Confessioni; Opera Omnia d’Agostino, cur. della Nuova Biblioteca Agostiniana Roma,Città Nuova. Intelletto e volontà nella Scolastica Tommaso d'Aquino, dipinto di Fra Angelico -Museo Nazionale di San Marco - Firenze Il connubio tra intelletto e volontàpermase nelle opere di Scoto Eriugena, e soprattutto d’Aquino, secondo cui illibero arbitrio non è in contraddizione con la predestinazione alla salvezza,poiché la libertà umana e l'azione divina della grazia tendono ad unico fine,ed hanno una medesima causa, cioè Dio. AQUINO, come FIDANZA (si veda), sostenneinoltre che l'uomo ha sinderesi, ovvero la naturale disposizione e tendenza albene e alla conoscenza di tale bene. Per Bonaventura tuttavia la volontà ha ilprimato sull'intelletto. All'internodella scuola francescana di cui Bonaventura era stato il capostipite, DunsScoto si spinse più in là, diventando assertore della dottrina delvolontarismo, secondo cui Dio sarebbe animato da una volontà incomprensibile earbitraria, in gran parte slegata da criteri razionali che altrimenti nelimiterebbero la libertà d'azione. Questa posizione ebbe come conseguenza uncrescente fideismo, ossia una fiducia cieca in Dio, non motivata da argomenti. Alfideismo adere OCCAM, esponente della corrente nominalista, il qualeradicalizzò la teologia di Scoto, affermando che Dio non ha creato il mondo per«intelletto e volontà» come sostene Aquino, ma per sola volontà, e dunque inmodo arbitrario, senza né regole né leggi. Come Dio, anche l'essere umano è deltutto libero, e solo questa libertà può fondare la moralità dell'uomo, la cuisalvezza però non è frutto della predestinazione, né delle sue opere. Èsoltanto la volontà di Dio che determina, in modo del tutto inconoscibile, ildestino del singolo essere umano. Ledispute tra Lutero, Erasmo, CalvinoMartin Lutero - dipinto di Lucas Cranach il Vecchio - chiesa diSant'Anna, Augusta (Germania) Con l'avvento della Riforma, Lutero fa propria lateoria della predestinazione negando alla radice l'esistenza del liberoarbitrio. Non è LA BUONA VOLONTA [cf. H. P. GRICE, “ILL-WILL”] che consenteall'uomo di salvarsi, ma solo la fede, infusa dalla grazia divina. È solo Dio,quello absconditus della tradizione occamista, a spingerlo in direzione delladannazione o della salvezza. La volontà umana è posta tra i due, Dio e Satana,come un giumento, il quale, se sul dorso abbia Dio, vuole andare e va dovevuole Dio,se invece sul suo dorso si sia assiso Satana, allora vuole andare eva dove vuole Satana, e non è sua facoltà di correre e cercare l'uno o l'altrocavalcatore, ma i due cavalcatori contendono fra loro per averlo e possederlo-- Lutero, De servo arbitrio. Alla dottrina del servo arbitrio invano Erasmoreplica che il libero arbitrio è stato sì viziato ma non distruttocompletamente dal peccato originale, e che senza un minimo di libertà da partedell'uomo la giustizia e la misericordia divina diventano prive di significato.Alla concezione volontaristica di Dio aderì tra gli altri Calvino, cheradicalizzò il concetto di predestinazione fino a interpretarlo in un sensorigorosamente determinista. È la Provvidenza a guidare gli uomini,indipendentemente dai loro meriti, sulla base della prescienza e onnipotenzadivina. L'uomo tuttavia può ricevere alcuni "segni" del propriodestino ultraterreno in base al successo o meno ottenuto nella propria vitapolitica ed economica. La dottrinamolinista e giansenista Giansenio -Incisione di Jean Morin Anche all'interno della chiesa cattolica, che pure siera schierata contro le tesi di Lutero e Calvino, iniziarono una serie didispute sul concetto di volontà. Secondo Molina la salvezza era semprepossibile per l'uomo dotato di buona volontà. Egli sostenne che: la prescienza di Dio e la libera volontàumana sono compatibili, poiché Dio può ben prevedere nella sua onnipotenza la futuraadesione dell'uomo alla grazia da lui elargita; questo piano di salvezza siattua per una valenza positiva attribuita alla volontà umana, in quanto neppureil peccato originale ha spento l'aspirazione dell'uomo alla salvezza. A lui sicontrappose Giansenio, fautore di un ritorno ad Agostino: secondo Gianseniol'uomo è corrotto dalla concupiscenza, per cui senza la grazia è destinato apeccare e compiere il male; questa corruzione viene trasmessa ereditariamente.Il punto centrale del sistema di Agostino risiedeva per i giansenisti nella differenzaessenziale tra il governo divino della grazia prima e dopo la caduta di Adamo.All'atto della creazione Dio avrebbe dotato l'uomo di piena libertà e della«grazia sufficiente», ma questi l'aveva persa con il peccato originale. AlloraDio avrebbe deciso di donare, attraverso la morte e resurrezione di Cristo, una«grazia efficace» agli uomini da lui predestinati, resi giusti dalla fede edalle opere. Le divergenze tra le dueposizioni, che diedero vita a una disputa tra i religiosi di Port-Royal e igesuiti molinisti, saranno risolte con il formulario Regiminis apostolicis del1665. La concezione del pensiero modernoNell'ambito della concezione religiosa della libertà il pensiero moderno haassunto una visione razionalista con Cartesio che, identificando la volontà conla libertà, concepiva quest'ultima in senso intellettuale come sceltaimpegnativa di cercare la verità tramite il dubbio. Una cattiva volontà è ciòche può essere di ostacolo in questa ricerca e causa l'insorgere deglierrori. Mentre però Cartesio si arenònella duplice accezione di res cogitans e res extensa, attribuendo assoluta volontàalla prima e passività meccanica alla seconda, Spinoza si propose diconciliarle in un'unica sostanza, riprendendo il tema stoico di un Dioimmanente alla Natura, dove tutto avviene secondo necessità. La libera volontàdell'uomo dunque non è altro che la capacità di accettare la legge universaleineluttabile che domina l'universo. Leibniz - dipinto di Christoph BernhardFrancke - Herzog Anton Ulrich-Museum - Braunschweig Leibniz Leibniz accettal'idea della volontà come semplice autonomia dell'uomo, ossia accettazione diuna legge che egli stesso riconosce come tale, ma cercando di conciliarla conla concezione cristiana della libertà individuale e della conseguenteresponsabilità. Egli ricorse pertanto al concetto di monade, ossia "centrodi forza" dotato di una propria volontà, che sussiste insieme ad altreinfinite monadi, tutte inserite in un quadro di armonia prestabilita, la qualeperò non è dominata da una razionalità rigidamente meccanica. Si tratta di unarazionalità superiore, voluta da Dio per un'esigenza di moralità, dacomprendere in un'ottica finalistica, nella quale anche il male trova la suagiustificazione: come elemento che nonostante tutto concorre al bene e che all'infinitosi risolve in quest'ultimo. Da Kant aHegel Kant - Herzog Anton Ulrich-Museum.Per Kant la volontà è lo strumento che ci permette di agire, obbedendo sia agliimperativi ipotetici (in vista di un obiettivo), sia a quelli categorici,dettati unicamente dalla legge morale. Solo nel caso dell’IMPERATIVO CATEGORICOla volontà è pura, perché in tal caso non comanda alcunché di particolare: essaè formale, cioè prescrive solo come la volontà debba atteggiarsi, non qualisingoli atti deve compiere. In un mondodominato dalle leggi deterministiche della natura (fenomeni), la volontà moraleè ciò che rende possibile la libertà, perché obbedisce ad un comando che essastessa si è liberamente dato, non certo in maniera arbitraria, bensìconformemente alla sua natura razionale (noumeno). Essa però non comanda il bene.Per Kant l'unica cosa buona è la volontà intrinsecamente buona. Riprendendo il Kant della Critica delGiudizio, Fichte e Schelling esaltano la volontà come assoluta attivitàdell'Io, o dello Spirito, in contrapposizione alla passività del non-io, odella Natura, nell'ottica però di un rapporto dialettico che si risolve nellasupremazia dell'etica per il primo, o dell'arte per il secondo. Per Hegelinvece un tale rapporto si risolve nella supremazia della Ragione dialetticastessa, dando adito alle critiche di chi, come Schelling, sostennel'impossibilità di ricondurre un libero atto di volontà entro il rigido schemarazionale della dialettica. Schopenhauer e Nietzsche Schopenhauer - dipinto di JulesLunteschütz Lo stesso argomento indettaglio: Pensiero di Schopenhauer § Il mondo come volontà e Volontà dipotenza. Il tema della volontà è centrale nel pensiero di Schopenhauer, ilquale, riprendendo Kant, sostenne che l'essenza del noumeno è proprio lavolontà. In polemica contro Hegel, secondo Schopenhauer la natura e il mondonon hanno un'origine razionale, ma nascono da un istinto irrazionale di vita,da una pulsione informe e incontrollata che è appunto volontà. Non c'è dunquespazio per l'ottimismo della ragione, dal momento che questa volontà di viveresfrenata e arbitraria è causa di sofferenza. Da questa se ne esce attraverso lasublimazione e la presa di coscienza che il mondo è l'oggettivazione dellavolontà, cioè è una mia stessa rappresentazione, fenomenica e illusoria (velodi Maya): concetto di origine orientale e in parte neoplatonica, che si traducenel desiderio della vita stessa (eros) di diventare finalmente consapevole disé; questa consapevolezza coincide con l'auto-negazione della volontà epermette così di uscire dal ciclo insensato dei desideri, morti erinascite. A differenza di Schopenhauer,Nietzsche esaltava questa volontà di vivere sfrenata e irrazionale, ponendo inprimo piano il valore dell'aspetto vitale e "dionisiaco" dell'essereumano, in contrapposizione a quello riflessivo e "apollineo". Solodalla volontà di potenza, cioè dalla volontà che vuole se stessa e il proprioaccrescimento senza sosta, nasce la possibilità infinita del rinnovamento edella vita. La rigidità della ragione, viceversa, che costringe la realtàdentro uno schema, è una non-volontà, alleata della morte perché nega lapossibilità del cambiamento che è l'essenza del vivere. La volontà di potenzapertanto non si afferma come desiderio concreto di uno o più oggetti specifici,ma come il meccanismo stesso del desiderio nel suo funzionamento incessante:soffermarsi sulle forme che essa produce sarebbe morire, e quindi deve ognivolta paradossalmente negarle per potersi riaffermare di nuovo, in una continuaoscillazione. Questioni sociologiche Nelcampo della sociologia, Tönnies ha proposto una «teoria della volontà» chedistingue due diverse forme di volontà: una basata sulla natura, cioè sulsentimento di appartenenza e sulla partecipazione spontanea alla comunità -- Wesenwillen;l'altra costruita artificialmente, fondata essenzialmente sulla convenienza esullo scambio economico, da cui deriva la moderna società post-industriale – Kürwillen.Questa concezione sociologica influenzò anche i filosofi Barth, Gusti e Jacoby.Lessico e modi di dire Frasi fatte e combinazioni di parole di usofrequente della parola volontà sono: «le ultime volontà», riferita in generealle decisioni prese in punto di morte; «volontà di ferro», a indicarnel'energica fermezza e costanza. Tipica di Vittorio ALFIERI (si veda) è il motto«volli, sempre volli, fortissimamente volli», con la quale il drammaturgosettecentesco spronava se stesso a studiare ininterrottamente facendosi legarealla sedia per poter acquisire una valida cultura classica a partire daiventisette anni. Socrate ha espressamente identificato la libertà conl'enkràteia. Prima di lui la libertà aveva un significato quasi esclusivamentegiuridico e politico; con lui assume il significato morale di dominio dellarazionalità sull'animalità. Reale, Il pensiero antico, Vita e Pensiero, Milano.Tutta la mia attività, lo sapete, è questa: vado in giro cercando di persuaderegiovani e vecchi a non pensare al fisico, al denaro con tanto appassionatointeresse. Oh! pensate piuttosto all'anima: cercate che l'anima possa divenirbuona, perfetta» (cit. da Apologia di Socrate, trad. di Turolla, Milano-Roma. Aristotele, EticaNicomachea. IL PORTICO in proposito paragona la relazione uomo-Universo aquella di un cane legato ad un carro. Il cane ha due possibilità: seguirearmoniosamente la marcia del carro o resisterle. La strada da percorrere saràla stessa in entrambi i casi. L'idea centrale di questa metafora è espressa inmodo sintetico e preciso da Seneca, quando sostiene: «Il destino guida chi loaccetta, e trascina chi è riluttante -- Seneca, Epist. Mathieu, Come leggerePlotino, Bompiani, Milano. Questo è il senso della celebre affermazioneagostiniana credo ut intelligam, e intelligo ut credam. Agostino si rifaceva inproposito alle parole di Paolo di Tarso. C'è in me il desiderio del bene, manon la capacità di attuarlo; io infatti non compio il bene che voglio, ma ilmale che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io afarlo, ma il peccato che abita in me. Lettera ai Romani, su laparola. Perone, Ferretti,Ciancio, Storia del pensiero filosofico, Torino, SEI. Trad. in DonatellaPagliacci, Volere e amare: Agostino e la conversione del desiderio. Città Nuova. Lutero, De servo arbitrio -- cit.in Memorie di religione, di morale e di letteratura, Modena. Erasmo daRotterdam, De libero arbitrio. In esso, particolarmente incisivo è l'esempioche Erasmo presenta per supportare la sua soluzione, di un padre e il suofigliolo che vuole cogliere un frutto. Il padre alza nelle sue braccia ilfiglio che ancora non sa camminare, che cade e che fa degli sforzi disordinati;gli mostra un frutto posato davanti a lui; il bambino vuole correre aprenderlo, ma la sua debolezza è tale che cadrebbe se il padre non losostenesse e guidasse. È quindi solo grazie alla conduzione del padre (laGrazia di Dio) che il bambino arriva al frutto che sempre suo padre gli offre;ma il bambino non sarebbe riuscito ad alzarsi se il padre non l'avessesostenuto, non avrebbe visto il frutto se il padre non glielo avesse mostrato,non sarebbe potuto avanzare senza la guida del padre, non avrebbe potutoprendere il frutto se il padre non glielo avesse concesso. Cosa potrà arrogarsiil bambino come sua autonoma azione? Malgrado nulla avrebbe potuto compiere conle sue forze senza la Grazia, ciò nonostante ha pur fatto qualcosa. Cartesio,Principia. Spinoza, Ethica. Egli sostenne infatti che «quando si discuteintorno alla libertà del volere o del libero arbitrio, non si domanda se l'uomopossa far ciò che vuole, bensì se nella sua volontà vi sia sufficienteindipendenza -- Leibniz, Nuovi saggi. Schelling, Filosofia della rivelazione. Tönnies,Gemeinschaft und Gesellschaft. Abhandlungdes Communismus und des Socialismus als empirischer Culturformen; Gemeinschaftund Gesellschaft. Grundbegriffe der reinen Soziologie, WissenschaftlicheBuchgesellschaft, Darmstadt, Dizionario dei modi di dire, Hoepli editore.Espressionetratta dalla Lettera responsiva a Ranieri de' Calsabigi, scritta da Alfieri. Alfieri,cur. Bartolucci. Brianese, La volontà di potenza di Nietzsche e il problemafilosofico del superuomo, Paravia, Costa, La paideia della volontà. Una letturadella dottrina filosofica di Epitteto, Anicia, Dorschel, The Authority of Will,in "The Philosophical Forum", Horn, L'arte della vita nell'antichità.Felicità e morale da Socrate ai neoplatonici, a cura di E. Spinelli, Carocci, Manca,Il primato della volontà in Agostino e Massimo il Confessore, Armando, Müller,Volontà di potenza e nichilismo. Nietzsche e Heidegger, a cura di C. La Rocca,Parnaso; Nietzsche, La volontà di potenza. Scritti postumi per un progetto, acura di G. Raio, Newton & Compton, Pagliacci, Volere e amare: Agostino e laconversione del desiderio, Città Nuova; Ricoeur, Filosofia della volontà, acura di M. Bonato, Marietti; Schopenhauer, Il primato della volontà, a cura diG. Gurisatti, Adelphi; Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione,a cura di A. Vigliani, Mondadori; Schopenhauer, Sulla volontà nella natura, BURRizzoli; SEVERINO (si veda), Verità, volontà, destino, Mimesis; Severino, Labuona fede. Sui fondamenti della morale, BUR Rizzoli; Vecchio, Volontà eessere. Saggio di filosofia prima, Gangemi, Voci correlate Desiderio(filosofia) Elicito Etica Libero arbitrio Volontà di potenza -- lemma didizionario «volontà» -- volontà, in Dizionario di filosofia, Istitutodell'Enciclopedia Italiana, will, su Enciclopedia Britannica. Filosofia PsicologiaSociologia Categorie: Etica Concetti e principi filosofici. Giuseppe Zamboni.Zamboni. Keywords: psicologia del volere, volere, l’io, sopra-sensibile,volere, volizione, volitum – the will -- Refs.: H. P. Grice, “Gnoseologia,” TheGrice Papers, BANC MSS 90/135c, Bancroft, University of California, Berkeley.Luigi Speranza, “Grice e Zamboni, L’io,” The Swimming-Pool Library, VillaSperanza, Liguria.

Grice e Zanini: ragione conversazionale e simpatia conversazionale -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Legnano) Essential Italian philosopher. Grice: “If Zanini likes Smith for his ‘eticadella simpatia,’ I happen to prefer Englishman Butler, for his sermons onself-love and benevolence!” -- Grice: “There are some resemblances between whatZanini intelligently calls “the rhetorics, sic in plural, of truth, and my ideaof theoretical argument as a sort of deep-down practical argument.” Filosofo italiano. Si laurea in filosofia a Padova con CURI -- si veda:Luigi Speranza, “GRICE E CURI”. Borsistapresso la Fondazione Einaudi di Torino, ove studia con LOMBARDINI. Insegna filosofiaa Le Marche. I suoi saggi sono indirizzati, in particolare, al rapporto tra filosofiapolitica e filosofia dell’economia. È tra i principali interpreti di Smith e diSchumpeter.Saggi principali: Filosofie del soggetto: soggettività ecostituzione, Palma, Palermo; Keynes: una provocazione metodologica, Bertani,Verona; Schumpeter impolitico, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani,Roma; Il moderno come residuo: lemmi, Pellicani, Roma; Genesi imperfetta: ilgoverno delle passioni in Smith, Giappichelli, Torino; Modernità e nomadismo, Calusca,Padova; Smith: economia, morale, diritto, Mondadori, Milano; Liberilibri,Macerata; Macchine di pensiero: Schumpeter, Keynes, Marx, Ombre corte, Verona; Schumpeter,Mondadori, Milano; Lessico postfordista, Feltrinelli, Milano; Retoriche dellaverità. Stupore ed evento, Mimesis, Milano; Filosofia economica. Fondamentieconomici e categorie politiche, Bollati, Torino; L'ordine del DISCORSO economico.LINGUAGGIO delle ricchezze e pratiche di governo, Ombre corte, Verona; Schumpeter:principi e forme delle scienze sociali, Mulino, Bologna; Negri, Una traccia; Belfa*gor”,Garin, L'etica della simpatia; L'indice; Salanti, L'economia politica comecritica della società, note sparse; Filosofia economia. Fondamenti economici ecategorie politiche, Quaderni del Dipartimento di Ingegneria gestionale, Bergamo.Caruso, Alla ricerca della filosofia economica, Storia del pensiero economico, Fumagalli,Sfera politica e sfera economica: un difficile rapporto. A proposito di"Filosofia economica" “Economiapolitica.” MLOL, Horizons Radio Radicale, univpm. Sito italiano per lafilosofia, su swif. Intervista suSchumpeter. Video Mediaset, Legnago. Sympathy, di Brown. La simpatia, nell’usocomune, indica un'inclinazione positiva verso un'ALTRA PERSONA, o più ingenerale rispetto a un concetto o un'idea -- συν-πάσχω, letteralmente, patireinsieme, provare emozioni con.. -- Nel suo significato etimologico il termineindica quindi un sentimento di partecipazione alle emozioni altrui, siano essepositive o negative. Lo stato psicologico della simpatia ha tratti in comunecon quello dell'empatia, ma anche divergenti. Empatia e l’abilità di percepiree sentire direttamente ed in modo esperienziale le emozioni di un'altra personacosì come lei le sente, indipendentemente dalla condivisione della sua visionedella realtà. Simpatia e la percezione di situazioni in maniera simile adun'altra persona. Questo quindi implica preoccupazione, partecipazione, odesiderio di alleviare i sentimenti negativi che l'altro sta provando. Perquesto è possibile provare SIMPATIA, MA NON EMPATIA, quando si senteinternamente la voglia di AIUTARLO, ma non proviamo in modo diretto edinteriore il suo sentimento di dolore (empatia). C’e empatia e simpatia quandosi percepiscono i sentimenti dell'altra persona (empatia) e si sente la vogliadi AIUTARLA. Costellazioni dell'emisferoceleste settentrionale raffigurate come esseri senzienti in un gigantesco zodiaco,ovvero giro degli animali (da Harmonia Macrocosmica di Cellarius. Magiasimpatica. Nella filosofia antica, la simpatia, «sentire assieme», venne intesanon solo come un sentimento umano di natura psichica o emotiva, ma come unaforza cosmica, capace di pervadere ogni creatura e persino gl’elementi fisici.Alla base di questa forza vi era secondo IL PORTICO una concordanza occulta frai vari aspetti della realtà, dovuta alla penetrazione universale dello stessoLogos-Fuoco, principio di coesione, di movimento, e di vita. Come in ungigantesco organismo vivente, abitato da una sola grande anima, le varie partidell'universo comunicavano tra loro vibrando all'unisono, attraversati dalmedesimo respiro o soffio spirituale, pneuma, che crea quella interdipendenzain virtù della quale ogni singolo accadimento si ripercuoteva su ogni altraregione del mondo. Simpatia e quindi ilriverbero o l'influenza che un punto colpito da un evento esercita su un altrosituato anche a distanza. L'uomozodiacale in un manoscritto medico che illustra le relazioni di simpatia deivari organi con le corrispondenti entità del macrocosmo. Supponendo che lanatura formi un tutto ben collegato e coerente che l'intero universo sia uno ILPORTICO ha raccolto più di un esempio a sostegno di questa tesi. Se si toccanole corde di una lira, le altre corde risuonano. Le ostriche e tutte leconchiglie crescono e si restringono di volume insieme alle fasi della Luna. Ilflusso e il riflusso delle maree sono controllati dai moti lunari-- CICERONE,De divinatione. Secondo Plotino la simpatia è come una singola corda tesa che,toccata a un'estremità, trasmette il movimento all'altra estremità. Il termine puoestendersi all'animismo come nell'occultista Bolo di Mende, il quale parla diconsonanze astrologiche, misteriosofiche e alchimistiche tra oggetti inanimatied esseri viventi. Nel Rinascimentol'argomento e affrontato da diversi filosofi, tra cui FICINO (si veda), Paracelso,CARDANO (si veda), CAMPANELLA (si veda), e PORTA (si veda), che concepivano ununiverso animato da reciproche simpatie e antipatie. Essi traducenooperativamente questa teoria nella pratica della magia naturale, basata in granparte sui fenomeni simpatetici. I maggiori teorici del fenomeno della simpatia,sebbene limitata all'ambito sentimentale dell'essere umano, sono Hume, Smith, eScheler. Un ritorno alla concezione cosmica della simpatia si è avuto inseguito in Schopenhauer, che parla di Mitleid ossia di compassione morale perla sofferenza altrui, e nella filosofia antroposofica, per la quale la simpatiacompenetra la vita soggettiva dell'anima con sentimenti di attrazione, anti-teticia quelli di repulsione che invece rendono possibile il distacco proprio dellaconoscenza oggettiva. Simpatia, su treccani; Zapelli, Simpatia, antipatia,empatia: la regia del pathos, su else-where.it. Empatia, simpatia, contagioemotivo: le differenze, su tesionline. Festugière, La Révélation d'HermèsTrismégiste. Plotino, Enneadi; Compagni, La magia naturale: il contributoitaliano alla storia del Pensiero, treccani; Ernst, Il Rinascimento: magia eastrologia, su treccani, Enciclopedia Treccani - Storia della Scienza; Calogero,Simpatia, su treccani, EnciclopediaItaliana. Le forze della simpatia sono poste così in relazione con quelle delvolere, e dell'antipatia con quelle del pensare, cfr. Simpatia-volere;antipatia-pensare, su anthropos conosci te stesso. Hume, Trattato sulla naturaumana, Bompiani, Milano; Scheler, Essenza e forme della simpatia, Angeli, Milano.Antipatia Compassione (filosofia) Empatia Intelligenza emotiva Magia simpaticaPolvere di simpatia Similia similibus curantur Sincronicità Sistema simpatico-- il lemma di dizionario «simpatia» Antropologia Filosofia PsicologiaCategorie: Concetti e principi filosofici Emozioni e sentimenti Magia. Adelino Zanini.Adelfino Zanini. Zanini. Keyword: eticadella simpatia, simpatia, empatia, impassibile, non passibile, impatetico,impassionato, compassione --. Refs.:Luigi Speranza, “Grice and Zanini: the rhetorics of truth,” The Swimming-PoolLibrary, Villa Grice, Liguria, Italia; H. P. Grice, “Zanini,” The Grice Papers,BANC MSS 90/135c, University of California, Berkeley.

Grice e Zanotti: ragione conversazionale e forza viva – filosofia italiana – Luigi Speranza (Bologna). Filosofo italiano. Saggi: Della forza dei corpi chechiamiamo la forza viva, Filosofia morale; De viribus centralibus, Bononiae,Lelio dalla Volpe; Ragionamento sopra la filosofia, Paradossi, Epistolario. Grice: “Zanotti’s point is conceptual. We calla body animated. Suppose the king dies – his corpse is that of a dead animal.But is a dead animal an animal? The whole point of calling an animal ‘animal’is that his body is self-animated – i. e. self-moves, as a plant does. Plants,remember, are alive and animal at heart! Now Zanotti goes one step further.Instead of sticking with verbs (‘she walks in beauty like the night’) he goesto render the thing abstract into what he calls ‘forza’ – so we had to get ridof the spirit or animus or inspiration. Now we have the élan or ‘vital force’. ‘Forza’ rings the wrong bells, since there is nothingforceful about it. William James famously said to a chair, ‘Move towards me’.‘I fail.’ While one can animate one’s own body when one is alive, one cannotanimate any other body – Mary Shelley notwithstanding!” Slanciovitale è un'espressione nota soprattutto nell'ambito della filosofia francese l’élanvital, di solito usata nella parapsicologia, nella new Age, nella scienzespirituali e filosofiche e nella correnti artistiche del dadaismo e delfauvismo. Nella filosofia antica di Posidonio si ipotizza il concetto di unasorta di forza vitale, ritenuta come emanata dal sole verso tutte le creatureviventi sulla superficie terrestre. Nelle filosofie orientali si teorizza il ki-- un concetto delle energie fondamentali dell'universo, di cui fanno parte lanatura e le funzioni della mente umana -- e la kundalini -- un'energiaresiduale della creazione, meglio nota come ‘shakti’ che si trova in ogniessere umano. In particolare ‘kundalini’ corrisponde alla forza generativa incontrapposizione alle altre due forme di energia tradizionali cioè ‘prana’ oenergia vitale, e ‘fohat,’ o energia di movimento. In Occidente la teoria dello slancio vitale appartienepropriamente alle filosofie vitalistiche sviluppatesi in opposizione alpositivismo e all'idealismo ai quali si rimprovera di aver ridotto la filosofiaad una riflessione astratta sulla realtà della vita che dove invece esseredefinita tornando alla concretezza. Schopenhaueraccentra la sua filosofia sulla volontà di VIVERE, concetto alla base difenomeni biologici e spirituali che hanno come loro essenza una forza IRRAZIONALEe cieca che rende vano ogni tentativo degl’uomini di dare senso e direzionealla loro stessa esistenza. Contrariamente alla visione pessimista diSchopenhauer, Nietzsche, pur riconoscendo L’IMPOSSIBILITA DI RAZIONALIZZARE l'esistenza,come e avvenuto da Socrate in poi, con il risultato di far cadere l'uomo in unrinunciatario nichilismo, tuttavia profetizza l'avvento di un oltre-uomo capacedi accettare e superare il dolore dell'esistenza ricorrendo alle sue terrestriforze vitali. L'espressione "slancio vitale" è stata usataspecificatamente da Bergson nel suo Evoluzione creatrice, in cui affronta laquestione della auto-organizzazione e della morfogenesi spontanea di tutte lecose della natura. Secondo Bergson vi è una continua differenziazione nellosviluppo della VITA in varie direttrici evolutive, per esempio lungo la lineaorganico-inorganico, che spiega l'evoluzione delle forme viventi. Quando siamobambini, spiega Bergson, il nostro futuro sviluppo è caratterizzato da unnumero imprecisato di tendenze. Pensiamo di volta in volta, mentre cresciamo,che faremo il pompiere, il giornalista, l'esploratore..ecc, ma poi alla fineuna sola di queste strade diverrà reale. Nella natura avviene altrettanto. All'iniziosi dipanano molte vie evolutive, alcune di queste si bloccano, e altre inveceproseguono, e la forza vitale, la spinta creatrice che e nella linea disviluppo che si è fermata, prosegue, confluisce e dà forza alle linee checontinuano ad evolversi con uno slancio vitale. È come dire che, dalle scimmieantropomorfe, lo SCIMPANZE [H. P. GRICE, “READ ‘CHIMP’ LIT.”] rappresenta unalinea evolutiva che, all'inizio, continua la sua evoluzione, che poi si èfermata, mentre lo slancio vitale prosegue in un'altra direzione che portaall'hom*o sapiens. Inizialmente, nell'ambiente letterario e para-scientifico deisalotti francesi e ipotizzato che l'energia vitale degl’esseri viventi,vegetali e animali, potesse essere tradotta e misurata come fosse energiaelettrica, orgonica, prendendo spunto dal concetto bergsoniano di corrente divita Pur confermando scientificamenteuna minima attività bio-elettrica di tutti gl’organismi viventi, Huxleysuccessivamente ne smente l'analogia con l'élan vital, usando quest'ultimotermine, energia vitale, in un uso più metaforico. L'effetto più clamoroso della teoria delloslancio vitale si ha nel campo artistico dove venne ripresa l'idea bergsonianache l'uomo dove fare della propria vita una creazione estetica. Le avanguardiemoderne come il dadaismo fanno proprio questo progetto tentando di superare ladistinzione tra l'opera artistica e il suo creatore esprimendo così nell'artela loro naturale gioia di vivere (bonheur de vivre). Anche l'espressionismorisentì di questo aspetto del pensiero di Bergson. Nicola, Atlante illustratodi Filosofia, Giunti. Un'espressione simile, ‘vital force,’ si ritrova in Emerson.Fornero, Salvatore Tassinari, Le filosofie, Pearson Italia. Voci correlate: aura(paranormale) Bergson Ki (filosofia) Kundalini Orgone Vitalismo, élan vital, suEnciclopedia Britannica. Portale Filosofia: accedi alle voci di Wikipedia chetrattano di Filosofia Categoria: Concetti e principi filosofici. Keywords: forzaviva. Refs.: H. P. Grice, “Zanottiand me,” The Grice Papers, BANC MSS 90/135c, The Bancroft Library, TheUniversity of California, Berkeley. Luigi Speranza, “Gricee Zanotti: la forza viva,” The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Zimara: la questione del primo cognito o la ragioneconversazionale dei parepatetici del liceo o lizio -- filosofia italiana –Luigi Speranza (Galatina). Essential Italian philosopher. Grice: “Zimarais a testimony that Aristotle is popular without Oxford!” Filosofoitaliano. Si laurea a Padova e vi insegna.Sindaco di Galatina. Si reca a Napoli per difendere la città dai soprusi deiDuchi Castriota. Insegna filosofia a Salerno con la stesura di una guida alleopere di Aristotele o del liceo o lizio. Cura la pubblicazione di alcune operedi Alberto Magno e di Giovanni di Jandun.Dizionario di filosofia. Cantimori, Enciclopedia Italiana. Saggi: Quæstio deprimo cognito, Papie, Iacob de Burgofranco impresse, Studi galatinesi illustri, Guida Biografica, TorGraf Galatina, Galatina. Treccani,Enciclopedia italiana. Grice: “It is amazing how much Zimara loved Aristotle,at least for those who don’t love him that much!” Grice: “Zimara liked toretell the story of why he preferred to refer to Aristotle’s philosophy as thatof the ‘lizio’ – the ‘lizio’ is the antiquated Italian way and spelling forHellenic ‘lykaeon.’ This represents Apollo – in the statue at the gymn -- ginnasio,’since they were naked -- where Aristotlewalked around. ‘Peripato’ is obscene; lizio rings the right bell, and, alsoavoids to refer to the thing as ‘Aristotelian,’ avoiding what Frege calls aproper name!” Marco Antonio (Marcantonio) Zimara o Zimarrao Zima. Zimara. Keywords: Aristotle, illiceo, la filosofia del liceo, filosofia liceale. Refs.: H. P. Grice, The Grice Papers, BANC MSS90/135c -- Luigi Speranza, “Grice e Zimara: Aristotle within and withoutOxford,” The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Zini: la ragione conversazionale del ivstvm quia -- ⸠ -- ivssvm-- filosofia italiana – Luigi Speranza (Firenze). Filosofo italiano. Grice: “Like me, Zini has been interestedin the Graeco-Roman concept of ‘ius.’” -- Saggi: Proprietà individuale e proprietàcollettiva, Torino, Bocca, Il pentimento e la morale ascetica, Torino, Bocca; Giustizia:storia d’una idea – cfr. Grice on ‘justice’ in Thrasymachus – Torino, Bocca, --cf. Grice, “Justice in Plato’s Republic,” “Social justice,” The Grice Papers--; La morale al bivio, Torino, Bocca, La doppia maschera dell'universo: filosofiadel tempo e dello spazio, Torino, Bocca, Il congresso dei morti, Roma, Partitocomunista d'Italia, ed. con introduzione di Bergami e prefazione di Nesi, Calabritto,Mattia e Fortunato; Poesia e verità, Milano, Corbaccio, I fratelli nemici:dialoghi e miti, Torino, Einaudi, La tragedia del proletariato in Italia:diario, prefazione di Bergami, Milano, Feltrinelli, Appunti di vita torinese, Firenze,Olschki, Pagine di vita torinese: note del diario, Torino, Centro studipiemontesi. Grice enjoyed Zini’s approach. “Zini’s philosophy on justice is divided in six parts. The first is on thereal and the ideal -- il reale e l’ideale --; the second is “la giustizia comeidea ed emozione” -- fairness as idea and as emotion --; the third, “i fruttidel lavoro e la loro distribuzione scondo giustizia,” The fruits of labour andtheir distribution according to fairness; the fourth is “Libertà odegualiglianza” -- Grice: “Note the ‘od,’ which need not be exclusive” --; the fifthis “Analissi del merito,” an analysis of merit, and the last is “La penariparatrice,” literally the pain that repairs, the punishment that teaches, oratones.” Grice: “In liberty or freedom versus equality, Zini approaches the ROMANattitude, rather brusque to those who rather strike an Anglo-Saxon attitude!” –Grice: “An apt way to describe the underlying conceptual difference between"malum in se" and "malum prohibitum" is "iussum quiaiustum" and "iustum quia iussum", namely something that iscommanded (iussum) because it is just (iustum) and something that is just(iustum) because it is commanded (iussum). In symbols: ivstvm ⸠ ivssvm. Zini. Keywords:ius, iustum quia iussum. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Zini”; H. P. Grice,“Justice from Plato to Zini: the history of an idea, alla Berlin,” LuigiSperanza, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia, The GricePapers, BANC MSS 90/135c, The Bancroft Library, The University of California,Berkeley.

Grice e Zolla: la ragione conversazionale e la discesa d’Enea all’Ade –filosofia italiana -- Luigi Speranza (Venezia). EssentialItalian philosopher. Filosofo italiano. Saggi: Etica e estetica, Spaziani,Torino, L’eclissi dell'intellettuale, Bompiani, Milano, Volgarità e dolore, Bompiani,Milano, Le origini del trascendentalismo, Storia e Letteratura, Roma, Storiadel fantasticare, Bompiani, Milano, Le potenze dell'anima: morfologia dellospirito nella storia della cultura, anatomia dell'uomo spirituale-- cf. Grice,“the power structure of the soul” -- Bompiani, Milano; Il letterato e losciamano, Bompiani, Milano, Che cos'è la tradizione romana? Bompiani, Milano, Lemeraviglie della natura: introduzione all'alchimia, Bompiani, Milano,Archetipi, Marsilio, Venezia; L'androg-gino: l'umana nostalgia dell'interezza, Red,Como – GIOVE ANDROGINO; Incontro con l'andro-gino:l'esperienza della completezza sessuale, GIOVE ANDROGINO, Como Aure: i luoghi ei riti, Marsilio, Venezia, L'amante invisibile: l'erotica sciamanica nellereligioni, nella letteratura e nella legittimazione politica, Marsilio, Venezia,Sincretismo, Guida, Napoli; Verità segrete esposte in evidenza: sincretismo efantasia, contemplazione e l’esoterico, Marsilio, Venezia; Discorsi metafisici,Guida, Napoli; Uscite dal mondo, Adelphi, Milano; La luce; La ricerca del sacro,Tallone, Alpignano Ioan Petru Culianu, Tallone, Alpignano, Lo stupore infantile,Adelphi, Milano; Le tre vie, Adelphi, Milan; Un destino itinerante:conversazioni tra oriente ed occidente, Marsilio, Venezia; La nube del telaio: RAZIONALITAe irrazionalità tra oriente ed occidente, Mondadori, Milano; La filosofiaperenne: incontro fra oriente ed occidente, Mondadori, Milano; Catabasi e anastasi,Tallone, Alpignano; La discesa d’ENEA all'Ade – VIDE VIRGILIO -- Adelphi,Milano; La ri-surrezione di BACCO; Minuetto all'inferno, Einaudi, Torino; Ceciliao la disattenzione, Garzanti, Milano; Il moralista, Garzanti, Milano; Saggi Bompiani,Milano; La psicanalisi, Garzanti, Milano; Dickinson: selected poems and letters,Mursia, Milano; Il marchese de Sade, Longanesi, Milano; Il mistico Vitters, Garzanti,Milano; Melville, Clarel, Einaudi, Torino; Adelphi, Milano; Hawthorne, Felton ol'elisir della vita, Neri Pozza, Vicenza; Garzanti, Milano; Il super-uomo e isuoi simboli, Nuova Italia, Firenze; Florenskij, Le porte regali; Saggiosull'icona, Adelphi, Milano; “Novecento” Lucarini, Roma; L'esotismo nellaletteratura, Nuova Italia, Liguori, Napoli; Il dio dell'ebbrezza: antologia deidionisiaci, Einaudi, Torino; Conoscenza religiosa, Storia e Letteratura, Roma; Gl’arcanidel potere: elzeviri, Rizzoli, Milano; Gli usi dell'immaginazione e il declinodell’occidente, A.I.R.E.Z., Montepulciano; Filosofia perenne e mente naturale, Venezia;Il serpente di bronzo: scritti ante-signani di critica sociale, Venezia, Civiltàindigene dell’Italia, Storia e Letteratura, Roma; Archetipi. Aure. Veritàsegrete. Dioniso errante. Tutto ciò che conosciamo ignorandolo, Marsilio,Venezia. Contiene Archetipi, aure e verità segrete esposte in evidenza el'introduzione all'antologia Il dio dell'ebbrezza, Le tre vie. Soluzionisovrumane, Marchianò, Marsilio, Venezia, La catabasis d’ENEA – VIRGILIO (siveda). Arrivo a Cuma. Enea cerca la Sibilla. Racconto sulla fondazione deltempio da parte di Dedalo e descrizione di esso. Acate conduce la SibillaDeifobe d’Enea. La Sibilla prescrive sacrifici. L’antro della Sibilla. La sibillainvoca Apollo. Apollo esorta Enea a non indugiare. Responsi della Sibilla suifuturi contingenti. Enea chiede alla Sibilla di fargli da guida perl’oltretomba. Deifobe allora gli dice di trovare un ramo d’oro nel bosco comeofferta a Proserpina e di trovare e seppellire un compagno. Acate ed Enearitornano dall’antro e trovano Miseno morto. Enea e i suoi compagni vanno nelbosco per preparare la pira. Appaiono alcune colombe ad Enea e lo guidano alramo d’oro. Esequie per Miseno. Sacrifici di fronte all’antro dell'Ade. Alsorgere del sole Enea e la sibilla s’introducono nella grotta. Invocazione di VIRGILIOagli dei inferi. Inizia il viaggio agl’inferi. Descrizione del vestibolo, dovesono raggruppate le personificazioni dei mali e tanti mostri bivaccano: la chimera,l'idra, i centauri, le scille, le arpie, il centimano Briareo, le gorgoni eGerione. Arrivo fino a Caronte. La sibilla dà spiegazioni sulla sorte degli’insepolti.Enea tra questi scorge Leucaspi e Oronte, i lici periti nella tempesta marina. Eneascorge Palinuro e chiede della sua fine. Palinuro chiede di essere sepolto. LaSibilla gli dice che ci penseranno gl’abitanti di quei luoghi sollecitati daprodigi celesti. I due proseguono. Caronte li rampogna e attacca Enea perché ANIMAVIVA. La Sibilla lo fa tacere e gli mostra il ramo d’oro. Appare Cerbero, ma laSibilla la addormenta con una focaccia. Appaiono i primi morti nell'Ade vero eproprio, ovvero i bambini e i condannati a morte ingiustamente. Poi i suicidi,i morti per amore, tra cui Didone. Enea le parla, ma questa se ne va senzarispondere. Incontro coi morti in guerra, tra cui i compagni d’Enea. Dialogocon Deifobo, il quale racconta la sua fine, causata dall’inganno di Elena. LaSibilla tronca la conversazione esortando Enea a raggiungere in fretta i campi elisi.I due proseguono e vedono il Tartaro, dove sono i giganti, i titani, l’idra, egli spiriti di coloro che furono malvagi in vita, tra cui Issione, Piritoo,Teseo, Flegias, tutti puniti per le loro nefandezze. Ingresso nei campi elisidove sono i beati. Museo accompagna Enea da Anchise. Anchise spiega al figliola sorte delle anime. Anchise illustra la progenie ROMANA. SILVIO, successoredi ASCANIO, figlio di Enea e Lavinia, Proca, Capys, Numitore, Silvio Enea, ROMOLO,OTTAVIANO, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio il Superbo,Bruto, i Deci, i Drusi, Manlio Torquato, Furio Camillo, GIULIO CESARE, Pompeo,Lucio Mummio, Lucio Emilio Paolo, Catone -- Censore o Uticense -- Aulo CornelioCosso, i Gracchi, gli Scipioni, Caio Fabrizio Luscino, Serrano, i Fabi, QuintoFabio Massimo Verrucoso. Cenni di Anchise su Marco Claudio Marcello, figlioadottivo e genero d’OTTAVIANO. Anchise profetizza ad Enea le guerre che duovesostenere e lo accompagna all'uscita dell'Ade. Enea torna dai compagni, coiquali si imbarca verso Gaeta La guerra latina. Enea alla corte del re Latino, oliosu tela di Bol, Amsterdam, Rijksmuseum. ENEA e i suoi compagni salpano da Cumae giungono in un porto della Campania situato a Nord. Qui muore Caieta, lanutrice di Enea, nell'Esperia. Stanchissimi e affamati -- tanto da mangiare lemense, piatti di focaccia dura, proprio come avevano previsto le arpie -- sbarcanoalla foce del Tevere. Enea decide quindi di inviare Ilioneo come ambasciatore alre del luogo, Latino. Questi accoglie con favore l'emissario di Enea, e glidice di essere a conoscenza che Dardano, il capostipite del gruppo d’Enea, enato nella città etrusca di Corito, ab sede Tyrrena Corythi. Ilioneo risponde: Daqui ebbe origine Dardano. Qui Apollo ci spinge con ordini continui. In ognicaso Latino si mostra favorevole ad accogliere Enea e i suoi compagni perchésuo padre, il dio italico Fauno, gli ha pre-annunciato che l'unione di unostraniero con sua figlia Lavinia genera una stirpe eroica e gloriosa. Perquesto motivo, il re ha in precedenza rifiutato di concedere Lavinia in moglieal re dei Rutuli, Turno, anche lui semidio in quanto figlio della ninfa Venilia.La volontà degli dei si manifesta anche attraverso prodigi. La piega che gl’eventistanno prendendo non piace a Giunone che con l'aiuto di Aletto, una delle furie,rende geloso Turno e spinge la moglie del re, Amata, a fuggire nei boschi conla figlia e a fomentare l'odio verso gli stranieri nella popolazione locale.L'uccisione d’Almone, colpito alla gola da una freccia durante una rissa fra gl’italicie Enea e i suoi compagni, provocata dalla furia, scatena la guerra. Turno,nonostante il parere contrario di Latino, raduna un esercito da inviare contro Eneai suoi compagni. Il suo alleato principale è Mezenzio, il re etrusco di Cere,cacciato dai sudditi per la sua crudeltà. Vi sono poi, tra gl’altri, Clauso,principe dei Sabini, alla testa di un corpo militare particolarmente imponente.I due semi-dei italici Ceculo e Messapo, figli rispettivamente di Vulcano eNettuno, Ufente, capo deg’equi, Umbrone, condottiero dei marsi e noto serparo, Virbio,re di Aricia e nipote di Teseo, la vergine guerriera Camilla, regina dei volsci.Sepoltura di Caieta. Enea riparte. Enea e i suoi compagni passano vicinoall’isola di Circe. Enea e i suoi compagni avvistano la foce del Tevereall’alba, e si fermano. Invocazione di Virgilio a Erato. Racconto sulle originidel re Latino. Turno vuole in sposa Lavinia, ma i presagi divini fanno esitareLatino. Qquest’ultimo chiede auspici all’oracolo di Fauno, il quale gli dice didare in sposa la figlia a un genero straniero che sta per arrivare. Magrobanchetto di Enea e i suoi compagni, e quindi avverarsi della profezia diCeleno. Preghiere di Enea cui rispondono tre lampi di Giove. Ambasciata per lapace inviata a Latino mentre Enea costruisce una cittadella fortificata. Latinoaccoglie Enea e i suoi compagni e chiede cosa lo spinga a lui. Ilioneo rispondeche il volere degli dei li ha condotti in quei luoghi. Latino pensa agl’oracolidi Fauno, li accoglie benevolmente e chiede di far venire Enea esponendo a loroil vaticinio. Il re ricambia i doni. Giunone scorge le sorgenti case di Enea ei suoi compagni, se ne duole e promette come dote a Lavinia una guerra; poi sidirige d’Aletto e la esorta a portare discordia. La Furia si dirige nel LAZIO ecorrompe Amata, moglie di Latino, la quale si lamenta col marito per averprivato Turno della mano di Lavinia, ma il re non si fa convincere. Amataimpazzisce per la città e porta sua figlia nella foresta. Le altre donne sonocolpite dalla medesima furia e la raggiungono in una specie di baccanale. Alettova da Turno prendendo le sembianze della sacerdotessa di Giunone, esortandolo aguerreggiare con Enea e i suoi compagni, ma Turno la deride. Aletto s’infuria elo corrompe, facendo sì che dichiari guerra. Aletto si dirige su Enea e i suoicompagni. Ascanio sta cacciando, e la furia fa in modo che egli ferisca a morteUN CERVO SACRO. I contadini allora si armano ed Enea e i suoi compagniaccorrono d’Ascanio. Combattimento tra le due parti. Aletto va trionfante daGiunone e torna agl’inferi su suo ordine. Giunone fa scoppiare definitivamentela guerra, mentre Latino si dispera e scaglia una maledizione su Turno. Aperturadelle porte del tempio di Giano da parte di Giunone, poiché Latino non vuolefarlo. Preparativi della guerra. Invocazione alle Muse. Presentazione deicondottieri italici: Mezenzio col figlio Lauso, Aventino, Catillo, Cora,Ceculo, Messapo, Clauso, Aleso, Ebalo, Ufente, Umbrone, Virbio, Turno, Camilla.Zolla. Keywords: fantasticare,Bacco, la discesa d’Enea all’Ade. Refs.: H. P. Grice, The Grice Papers, BANCMSS 90/135c, The Bancroft Library, The University of California, Berkeley.

Grice e Zopiro: arma virvmque cano -- la ragione conversazionale a Roma – filosofiaitaliana – l’arma del filosofo a Cumae -- Luigi Speranza (Taranto). Filosofo italiano. Pythagorean. Giamblico. Heappears to specialise in mechanical matters, and in particular the design andconstruction of weapons. His skills are evidently in demand and there arereports of him working in places as far apart as Miletus and Cumae. Grice:“That he is of ‘Hellenic’ – so-called, and thus not properly Roman -- origin isevident by the fact that his name starts with a ‘Z,’ a letter which Catonemanaged to expel from the Latin alphabet. Catone would say: ‘z’ is the sound acorpse makes just before it becomes one’ – rudely. He probably knew. Giamblico,of Calcide, seems to have been very familiar with Italian geography, since helists all these ‘Pythagoreans,’ who managed to settle (while the sect wasbanned in Crotone) all over the place. Taranto is close enough, but it seemsindeed that Zopiro’s skills led him as far as Cumae. Recall taxis or ubers wereunknown then!’. The concept of a weapon was well known to Aeneas and Hemingway--. In Anglo-Saxon, a weaponed man meant a man, i. e. a man (gender-neutral)with a penis. For Grice’s Play-Group. The Swimming-PoolLibrary.

Grice e Zorzi: la ragione conversazionale e l’armonia del mondo --filosofia italiana – Luigi Speranza (Venezia). Essential Italian philosopher. Grice: “For somereason, in the Veneto area, they cannot pronounce the /dg/, which becomes /z/as everyone who is familiar with Giorgone – as in Quine’s infamous example --would know!”. Filosofo italiano. Saggi: L'armonia del mondo,Campanini, Pensiero occidentale, Bompiani, Milano; De harmonia mundi, Firenze, Finestra;L'Elegante, poema e commento, Maillard, Arché, Milano Paris. Onda, Le vicendecostruttive della chiesa e del convento, Il progetto di Sansovino e il memorialedi Z.; La teoria ermetica di Z., La chiesa di San Francesco della Vigna e il suoconvento, Venezia, San Francesco della Vigna; Campanini, Le fonti dell’armoniadel mondo di Z., Ca' Foscari”; Campanini, La struttura simbolica dell’armoniadel mondo di Z., Materia Giudaica; Argento, Il cardinale e l'architetto: Aleandroe il rinascimento adriatico, Apostrofo, Cremona. Grice: “Zorzi is an interesting one, as a proof that, in Italy, theytake the Hebrew language seriously! They call it a classic, even! I wish I hadlearned some all those years I boarded at Clifton – especially since I willlater make use of ‘Fiat lux’!” – Grice: “While the concept of ‘harmonia mundi’may claim a Judaeo-Christian heritage, as the Italians put it – a heritage theylack! --, it is SO EASY to reconstruct the ‘harmonia mundi’ in purely Aryan,that is, Pythagorean terms! The root of ‘mundo’ are complex enough, and theEnglish language lacks the concept, preferring vir-hood, ‘world,’ instead.‘Harmonia’ is possibly so hellenic that CICERONE never cared to find the properRoman indigenous cognate! Zorzi. Keywords: armonia conversazionale. Refs.: H. P. Grice, The Grice Papers, BANC MSS 90/135c, The BancroftLibrary, The University of California, Berkeley, Luigi Speranza, “Grice eZorzi: l’armonia del mondo,” pel gruppo di gioco di H. P. Grice, TheSwimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Zucca: la ragione conversazionale e il filosofo di filosofi --filosofia italiana – Luigi Speranza (Villaurbana). Filosofoitaliano. Grice: “I like his surname. Mine means ‘pig;’ his means ‘pumpkin’!”-- zúcca prov. zucs, sucs; a. fr. suc/cosse/; vuolsi derivi dalla voce popolarecu-cuzza, v. q. voce, soppressa la prima sillaba e trasposte le lettere delrimanente. Altri dal gr. sikya, zucca, Diez.Pianta annuale della famiglia delle curbitacee con lo stello rampicante, lefoglie grandi, cuoriformi, rotonde, e i frutti buoni a mangiare, grossi e divaria rotondità -- rum. cucurbitu; mod. prov. cougourdo; mod. fr. courge; persimilit. La testa umana; deriv.: zuccata; zucchétta-étto -- quella berrettarossa che portano i cardinalli -otto-íno-one. Grice: “The metaphor is an interesting one. I’m not called ‘Grice’because I look like a pig, but Zucca _is_ called ‘Zucca’ because, as the dizionarioetimologico puts it – ‘per similit. la testa umana’!" Saggi: L'uomo e l'infinito, Imola, Sociale; Il lamento del genio: parodia,Sassari, Gallizzi; Dopo il dolore: canto, Chiari, Rivetti; Il grande enigma, Modena,Formiggini; Le lotte dell'individuo, Rivista di filosofia”, Modena, Formiggini;Essere e non essere, Rivista di Filosofia; Roma, Formiggini; Pensieri, Rivistasarda, Leggenda e realtà, Rivista sarda, Ardigò [si veda] e il vescovo diMantova: un'intervista nel sogno, Rivista sarda, Roma, Ferri; Un filosofo di unfilosofo, Mediterranea; I rapporti fra l'individuo e l'universo, Padova, Milani.Antioco Zucca. Zucca. Keywords: un filosofo di un filosofo. Refs.: LuigiSperanza, “Un filosofo di un filosofo: Grice e Zucca,” -- H. P. Grice, TheGrice Papers, BANC, MSS The Bancroft Library, The University of California,Berkeley. Luigi Speranza, TheSwimming-Pool Library, for the Anglo-Italian Club, Villa Speranza, Liguria.

Grice e Zubiena: l’implicatura demoniaca e la ragione conversazionale-- corpi e corpi -- filosofia fascista – filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Filosofoitaliano. Grice: “Perhaps without knowing, Zubiena has explored a crucialconcept in Greco-Roman philosophy, that of ‘daimone,’ – ‘il demoniaco,’ asZubiena calls it, focusing on its iconography.” Grice: “I would call Zubiena theItalian G. W. H. Parkinson. Like G. W. H. Parkinson, Zubiena edits a volume on‘semantics.’ And I would also call him the Italian A. G. N. Flew. Like A. G. N.Flew, Zubiena edits a volume on “Language and philosophy.”” Filosofo italiano. Zubienabears what Italians, and everybody else, for that matter, call a‘topographical’ cognomen. ‘Zubiena,’ or ‘Zubien-a’ “inpiemontese” -- comune italiano della provincia di Biella in Piemonte. Insegna aRoma. Fonda l'archivio di filosofia e organizza i colloqui Castelli -- Grice: “Zubienashould have called these colloquia the Zubiena colloquia” --, incontri cheriuniscono filosofi per discutere temi diversi. Vicino all'esistenzialismo, Z. parteda una posizione spiritualista. Si caratterizza per uno stile filosofico daltratto auto-biografico. Si interessa di temi legati al rapporto tra RAGIONE,arte, e religione. Introduce ildibattito sulla de-mitizzazione. Grice: “In general, since Evola, Italianphilosophers should know better, and avoid the Greek or Hellenic mystic conceptof the ‘mythos’ and replace it for the very relatable one of ‘legend.’ In Z. convergono suggestioni tratte da Agostino, Kierkegaard, Šestov, eHeidegger, in una ricerca volta a delineare una filosofia della storia italianasulla base della considerazione del concetto di peccato – ‘that Ciceronelacked’ -- Grice. Nei colloqui ‘Z.’ convennenofilosofi di rilievo della scena fenomenologica ed ermeneutica. Vi fanno la lorocomparsa Gouhier, Breton, Brun, Bruaire, Tilliette, Lacan, Ricœur, Lévinas,Ellul, Argan, Starobinski, Benveniste, ECO [vide], Scholem, Vahanian, e GIANNINI[vide]. Z. prende il suo posto, come organizzatore dei colloqui e direttoredell'archivio di filosofia, Olivetti. Panikkar e suo grande amico e collaboratore.Saggi: Il tempo esaurito, Bussola, Roma; Presupposti di una filosofia dellastoria, Milani, Padova; Il demone, Electa, Milano – cf. H. P. GRICE on J. L.ACKRILL on eudaemon and kakodaemon --, Pensieri e giornate, Milani, Padova; Simboloe immagine, Rinascimento, Roma; Il tempo invertebrato, Milani, Padova; Paradossidel senso commune, Milani, Padova – cf. H. P. GRICE, “THE PHILOSOPHER’SPARADOXES AND COMMON SENSE”; La de-mitizzazione, Milani, Padova, Il tempo inqualificabile,Milani, Padova; Diari, Milano, archivio di filosofia, Padova, Olivetti, Lafilosofia cristiana, Città Nuova, Roma; Prini, L'esistenzialismo teologico, Filosofiacattolica, Laterza, Roma. Enciclopedia Treccani, Sapienza Roma, Filosofia dellareligione, esistenzialismo teologia RAZIONALE. Archivio di filosofia. Sichirollo,Enciclopedia italiana, appendice, Roma, istituto dell'Enciclopedia Italiana, EpiscopaleItaliana. Enrico Castelli Gattinara di Zubiena. Keywords: simbolo; parabola;diavolo; l’individuo e lo stato, la corporazione, demonio, vita beata. Refs.:Luigi Speranza: “Grice, Flew, Parkinson, and Zubiena,” Luigi Speranza, “Grice eZubiena: implicature demoniache,” pel gruppo di gioco di H. P. Grice, TheSwimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

GRICE ITALICO A/Z VWZ (2024)

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